Pubblico impiego: in pensione con 40 anni di contributi

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Roma, 13 feb. (askanews) - Nel 2017 i pensionati sono 16 milioni (-23mila rispetto al 2016, -738mila rispetto al 2008) e percepiscono in media un reddito pensionistico lordo di 17.886 euro (+306 euro sull'anno precedente). Le donne sono il 52,5% e ricevono in media importi annui di quasi 6mila euro più bassi di quelli degli uomini. Continuano ad ampliarsi le differenze territoriali: l'importo medio delle pensioni nel Nord-est è del 20,7% più alto di quello nel Mezzogiorno (18,2% nel 2016, 8,8% nel 1983, primo anno per cui i dati sono disponibili).
E' la fotografia scattata dall'Istat nel report "Condizioni di vita dei pensionati" relativo agli anni
2016-2017.

Nel 2016 e nel 2017 - è l'analisi dell'Istat - si confermano alcune tendenze in atto da alcuni anni: la progressiva diminuzione dei pensionati e dei percettori di pensione che risultano occupati, la riduzione del divario reddituale e il relativo miglioramento delle condizioni di vita delle famiglie con pensionati rispetto a quelle senza.

 In termini di importi medi, le differenze di genere rimangono marcate anche se in riduzione: per le pensioni di vecchiaia +72,6% a favore degli uomini nel 2005, +62,1% nel 2016, +60% nel 2017).  

Il reddito pensionistico netto dei pensionati residenti in Italia nel 2016 risulta in media pari a 14.567 euro annui (+1,8% rispetto al 2015).

 Il cumulo di più trattamenti pensionistici sullo stesso beneficiario è meno frequente tra i pensionati di vecchiaia - riguarda il 28,2% dei pensionati - mentre è molto più diffuso tra i pensionati superstiti (67,4%), in grande maggioranza donne (86,5%).

 Continuano a scendere i percettori di pensione che risultano occupati (411mila nel 2017, da 432mila del 2016; -20,3% rispetto al 2011), uomini in tre casi su quattro. L'85% svolge un lavoro autonomo, i due terzi risiedono al Nord e quasi il 50% ha un titolo di studio superiore alla licenza media (è circa un quarto per il complesso dei pensionati).
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Si estende la possibilità delle pubbliche amministrazioni di mandare in pensione i propri dipendenti: i 40 anni di anzianità per far scattare il recesso unilaterale sono conteggiati sui contributi e non più sul servizio effettivo come era previsto all’art. 6 comma 3 della legge delega n.15/2009 che aveva modificato, restringendolo, l’ambito di applicazione della norma introdotta dalla manovra finanziaria nell’estate del 2008. Di conseguenza, dal 5 agosto scorso è possibile mandare in pensione – con atto unilaterale – i dipendenti pubblici con 40 anni di contributi. Lo stabilisce la legge 3 agosto 2009 n. 102 di conversione del decreto anticrisi (78/2009). Al fine di chiarire le ricadute sui destinatari della legge n. 15/2009, in vigore da marzo ad agosto di quest’anno, e per meglio illustrare l’ambito di applicazione della norma, il ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione, Renato Brunetta, ha emanato il 16 settembre scorso una apposita circolare che conferma in generale quanto già illustrato con la circolare n. 10 del 2008. La nuova circolare chiarisce che la norma si applica anche ai dirigenti, con la sola esclusione dei magistrati, dei professori universitari e dei dirigenti medici responsabili di struttura complessa. Per i comparti difesa, sicurezza ed esteri, la determinazione dei criteri e delle modalità di applicazione è demandata ad appositi decreti del Presidente del Consiglio. La circolare n. 4/2009 chiarisce inoltre il carattere eccezionale dell’intervento limitato al triennio 2009-2011. La norma è immediatamente applicabile ed è valida fino al 31 dicembre 2011. L’amministrazione, si legge nella circolare, esercita la facoltà di risoluzione unilaterale nell’ambito del potere datoriale con l’unica condizione del preavviso di 6 mesi.