P.A.: CONCORSI ADDIO prima occorre ricollocare tutti i dipendenti di tutte le province

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La legge di stabilità ha imposto ai comuni di destinare tutte le risorse per le assunzioni agli esuberi delle province, oltre che ai vincitori dei propri concorsi, ma la Corte dei Conti chiarisce che il vincolo va letto in chiave nazionale e non territoriale.

In altre parole, prima che un comune possa bandire nuovi concorsi o di “pescare” dalle graduatorie di un ente vicino, occorre che tutti gli esuberi delle province italiane siano stati ricollocati, e non basta esaurire il bacino della provincia in cui il comune si trova.

La Corte dei Conti (sezione autonomie, deliberazione 19/2015), insomma, sceglie la via più rigorosa nell’applicazione della corsia preferenziale per gli ex provinciali aperta dal comma 424 legge 190/2014; una scelta coerente con l’obiettivo della norma – nata per evitare che il personale “di troppo” negli enti di area vasta resti senza posto mentre gli enti locali bandiscono nuovi concorsi – ma che determina più di un problema applicativo.

Per due ragioni. La prima è legata al fatto che l’elenco degli “esuberi” provinciali è ancora di là da venire, dal momento che molte regioni continuano a essere in ritardo nella redistribuzione delle funzioni, e quindi degli organici. In secondo luogo, per un comune ad esempio piemontese o lombardo è molto più semplice indirizzare la lettera di assunzione al vincitore del concorso di un ente confinante, piuttosto che a un «soprannumerario» di una provincia lontana.

Di conseguenza, il principio fissato dalla legge di stabilità rischia di tradursi per molti enti in un blocco sostanziale delle assunzioni.

L’unica deroga è prevista per i profili «infungibili», cioè per quelle professionalità che sono necessarie al comune ma che in provincia non si trovano perché estranee alle funzioni dell’ente di area vasta. Anche in questo caso, l’eccezione prevista dalla stessa legge di stabilità è interpretata in modo rigido dalla magistratura contabile: la deroga scatta solo per le professionalità «specifiche e legalmente qualificate», attestate da titoli di studio quando lo prevede la legge.

In questi casi, l’ente può effettuare assunzioni “libere” dopo aver constatato l’inesistenza di una professionalità analoga fra il personale