Valida la notifica della sentenza all’ente presso la sede secondaria

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Notifica postale
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Processo tributario 
È rituale la notifica effettuata dal contribuente tramite servizio postale all’ufficio comunale che ha emesso l’atto impugnato anche se diverso dal domicilio eletto.
Nel processo tributario, il regime della notifica dell’atto processuale è speciale rispetto a quello del rito ordinario ed è prevista anche la cosiddetta “notificazione diretta” che può essere effettuata con due modalità: la spedizione del plico tramite raccomandata o la consegna dell’atto all’impiegato addetto che ne rilascia ricevuta sulla copia.
In ambito tributario, è rituale la notifica della sentenza di primo grado, effettuata direttamente a mezzo posta, presso un ufficio diverso rispetto al domicilio eletto?
La questione viene rimessa alla Corte di Cassazione Sezioni Unite la quale, con la sentenza dell’11 luglio 2022 n. 21884, risponde affermativamente. Infatti, è valida la notifica della sentenza in  prima istanza effettuata direttamente dal contribuente tramite il servizio postale, all’ente locale non presso la sede principale indicata negli atti difensivi, ma presso altro ufficio comunale diversamente ubicato, che abbia emesso (o non abbia adottato) l’atto oggetto del contenzioso.
La decisione è espressione del principio di effettività della tutela giurisdizionale in virtù del quale occorre ridurre al massimo le ipotesi di inammissibilità dei rimedi giurisdizionali; inoltre, si fonda sul carattere impugnatorio del processo tributario che attribuisce la qualità di parte necessaria all’organo che ha emesso l’atto o il provvedimento impugnato.
Una società agiva contro il Comune ritenendo illegittimo il silenzio-diniego avverso l’istanza di rimborso del canone sostitutivo dell’imposta sulla pubblicità (versato ex art. 62 d.lgs. 446/1997) per gli anni da 2009 a 2013. In primo grado, la Commissione tributaria provinciale accoglieva il ricorso, mentre, in sede di gravame, la Commissione tributaria regionale riformava integralmente la decisione di prime cure considerando legittimo il silenzio-diniego dell’amministrazione comunale. In particolare, per quanto qui rileva, la Commissione tributaria regionale non accoglieva l’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata dalla società. Secondo l’appellata, il Comune avrebbe depositato l’appello ben oltre il termine di 60 giorni (termine breve) decorrente dalla notifica della sentenza di primo grado. Detta notifica era avvenuta non presso il domicilio eletto dal Comune, ma presso il servizio di polizia amministrativa, a mani proprie di un soggetto non individuato. Per il giudicante, la notifica era affetta da nullità e inidonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione, pertanto, l’appello del Comune doveva considerarsi tempestivo.
È proprio sul tema della validità (o meno) della notifica effettuata presso un luogo diverso dal domicilio eletto che interviene la Corte di Cassazione nella sua più autorevole composizione.
Il processo tributario è disciplinato dal d.lgs. 546/1992, il cosiddetto Codice del processo tributario.
Per quanto riguarda le notifiche, l’art. 16 c. 2 d. lgs. cit. dispone che:
• le notificazioni sono fatte secondo le norme degli artt. 137 e seguenti del Codice di procedura civile, salvo quanto disposto dall’ art. 17 d. lgs.
L’art. 16 c. 3 introduce due forme ulteriori di notificazione con modalità diretta che il contribuente può eseguire senza il ministero dell’ufficiale giudiziario o dell’avvocato autorizzato dall’ordine forense:
• direttamente a mezzo del servizio postale mediante spedizione dell’atto in plico senza busta raccomandato con avviso di ricevimento, sul quale non sono apposti segni o indicazioni dai quali possa desumersi il contenuto dell’atto,
• oppure all’ufficio del Ministero delle finanze ed all’ente locale mediante consegna dell’atto all’impiegato addetto che ne rilascia ricevuta sulla copia.
Come si può notare, l’art. 16 c. 2 d. lgs. fa salvo quanto previsto dall’art. 17, la cui disciplina, quindi, prevale su quella prevista dal codice di rito ordinario.
Secondo l’art. 17 c. 1 d. lgs., le comunicazioni e le notificazioni sono fatte, salva la consegna in mani proprie, nel domicilio eletto o, in mancanza, nella residenza o nella sede dichiarata dalla parte all’atto della sua costituzione in giudizio.
Per completezza espositiva, si ricorda che, anche nel processo tributario, sono state introdotte le notifiche telematiche (art. 16 bis d. lgs.).
Per quanto riguarda i termini per l’impugnazione, l’art. 51 dispone che il termine per impugnare la sentenza della commissione tributaria sia di 60 giorni (“termine breve”), decorrente dalla sua notificazione ad istanza di parte, salvo quanto disposto dall’ art. 38, comma 3.
L’art. 38 c. 3 prevede che, se nessuna delle parti provvede alla notificazione della sentenza, si applica l’art. 327 c. 1 del Codice di procedura civile, ossia si applica il “termine lungo” di 6 mesi.
La questione rimessa alla Corte Suprema di Cassazione, Sezioni Unite riguarda la notificazione dell’atto processuale e, in particolare, della sentenza di primo grado, effettuata ai sensi degli artt. 16 e 17 del d.lgs. 546/1992. In particolare, ci si domanda:
«se, in tema di notificazioni nel processo tributario, sia rituale, o meno, la consegna della sentenza di primo grado a un ufficio dell’ente locale che non sia ubicato anche nella sua sede principale indicata negli atti difensivi, ma sia comunque riconducibile all’ufficio che ha emanato l’atto impositivo impugnato o (come nella specie) non ha emanato l’atto richiesto».
Nel caso in oggetto:
• la notifica della sentenza di primo grado all’amministrazione comunale è stata effettuata direttamente a mezzo posta,
• non presso il domicilio eletto, ossia la sede dell’ufficio tributi in persona del cui dirigente l’ente si è costituito in giudizio,
• ma presso altro ufficio comunale, già destinatario dell’istanza di rimborso proposta dal contribuente e che non aveva emesso l’atto richiesto.
Secondo il giudice del gravame, la sentenza di primo grado andava notificata presso il domicilio eletto dal Comune. Infatti, l’art. 17 d. lgs. dispone che, solo nel caso di mancanza di elezione di domicilio, la notificazione possa avvenire presso la residenza o sede dichiarata nell’atto di costituzione. Per questa ragione, la notifica è stata considerata nulla – in quanto effettuata in luogo diverso dal domicilio eletto – e inidonea a far decorre il termine breve.
Invece, il ricorrente ritiene che l’art. 17 consenta la notifica tramite consegna a mani proprie, anche in luogo diverso dal domicilio eletto, infatti, la norma fa sempre salva tale modalità.
La Corte Suprema di Cassazione considera fondata la doglianza.
Per risolvere la questione sottoposta al suo scrutinio la Corte Suprema di Cassazione parte dal dettato normativo, ossia dal Codice del processo tributario (d.lgs. 546/1992). In particolare, ricorda che:
• i giudici tributari applicano le norme del processo tributario e per quanto da esse non disposto e con esse compatibili le norme del Codice di procedura civile (art. 1 c. 2 d.lgs. 546/1992),
• alle impugnazioni delle sentenze delle commissioni tributarie si applicano le disposizioni sulle impugnazioni del Codice di procedura civile (titolo III, capo I, del libro II), e fatto salvo quanto disposto dal codice del processo tributario (art. 49 d.lgs. 546/1992).
Dal contesto normativo è agevole desumere la specialità del rito tributario. Le disposizioni che prevedono la prevalenza della norma processuale tributaria – ove esistente – su quella del codice di rito ordinario, che si applica solo in via sussidiaria e in quanto compatibile (Corte Suprema di Cassazione SS. UU. 8053/2014 e 14916/2016). Nel caso del ricorso alla Corte Suprema di Cassazione (art. 62 c. 1 d.lgs. 546/1992) è prevista la prevalenza delle norme processuali ordinarie dal momento che non esiste un “giudizio tributario di legittimità”.
Da quanto sopra emerge un regime differenziato tra:
• processo che si svolge dinnanzi alle commissioni tributarie,
• e giudizio civile di legittimità.
Tale differenza incide anche sull’individuazione della disciplina da applicare in caso di notificazione.
Come già ricordato, l’art. 16 c. 2 d. lgs. deroga alle regole disposte dal Codice di procedura civile, facendo salva la disciplina dell’art. 17 d.lgs.
Dal tenore letterale dell’art. 17 d. lgs. emerge che, nel processo tributario, rispetto alla notifica della sentenza di primo grado da eseguire presso il domicilio eletto dalla parte, o, in mancanza di elezione di domicilio, nella residenza o sede dichiarata dalla parte stessa, prevale la facoltà alternativa di eseguire la notifica con consegna in mani proprie quale modalità idonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione (ex art. 38 d.lgs.).
Infatti, come sopra ricordato, la Corte Suprema di Cassazione Sezioni Unite ha già avuto modo di sottolineare la specialità del rito tributario rispetto a quello ordinario (Corte Suprema di Cassazione SS. UU. 14916/2016). La disciplina delle notificazioni si estende «con carattere di specialità e, quindi, di prevalenza» alla fase di impugnazione. Tale circostanza emerge anche dalla lettura dell’art. 38 c. 2 d. lgs. che è stato modificato nel 2010 (ex d.l. 40/2010) ed ha operato un espresso richiamo alla disciplina delle notificazioni previste dall’art. 16 d. lgs. cit. Pertanto, la notifica può avvenire:
• seguendo le regole dettate dall’art. 137 c.p.c. e seguenti
• ma anche tramite la notificazione cosiddetta “diretta” (ex art. 16 c. 3 d. lgs.).
Dalla notifica così effettuata decorre il termine di 60 giorni per proporre appello (termine breve) in difetto trova applicazione quanto disposto dall’art. 327 c.p.c. (termine lungo).
Le forme di notificazione diretta: diverse e alternative tra loro
Il regime di notificazione nel processo tributario è speciale rispetto a quello previsto dal codice di rito ordinario e ciò emerge:
• dal già citato art. 16 d. lgs. cit. che rinvia all’art. 17 come eccezione rispetto alla disciplina dettata dall’art. 137 e ss. c.p.c.,
• dalla previsione di una notificazione diretta (art. 16 c. 3 d. lgs. cit.) che può avvenire a) tramite raccomandata ordinaria senza intermediazione dell’ufficiale giudiziario e non in base alle regole della legge 890/1982, e b) tramite consegna dell’atto all’impiegato addetto che ne rilascia ricevuta sulla copia.
Le forme di notificazione diretta sono diverse e alternative tra loro (Corte Suprema di Cassazione SS.UU. 13452/2017 e 13453/2017; Corte Suprema di Cassazione 299/2020), infatti:
• nella prima (sub a) l’atto in plico è spedito per posta e la prova della ricezione è data dall’avviso di ricevimento;
• nella seconda (sub b) l’atto è consegnato all’impiegato addetto e la prova della consegna è data dalla “ricevuta sulla copia” rilasciata dal ricevente.
Per quanto riguarda, la notifica a mezzo posta nel processo tributario può avvenire:
• secondo le regole dettate dall’art. 149 c.p.c., nel rispetto della legge 890/1982, stante il richiamo operato dall’art. 16 d. lgs. cit all’art. 137 e ss. c.p.c.,
• oppure tramite la notifica diretta del plico raccomandato (art. 16 c. 3 d. lgs.).
La notifica diretta tramite servizio postale universale è caratterizzata da «modalità semplificate che, data anche la spiccata specificità del processo tributario non violano gli artt. 3 e 24 Cost.» (Corte Suprema di Cassazione SS. UU. 13452/2017 e 13453/2017).
Il principio di effettività della tutela giurisdizionale
Un solo precedente della Corte Suprema di Cassazione(1) ha considerato rituale la notificazione dell’atto processuale effettuata presso un ufficio periferico e non presso la sede principale (Corte Suprema di Cassazione 20851/2010). La giurisprudenza(2) considera valida la notifica effettuata presso un ufficio dell’Agenzia delle entrate non territorialmente competente in quanto diverso da quello che ha emesso l’atto impositivo. A tale conclusione si è giunti considerando il carattere unitario dell’Agenzia delle Entrate. «Al tempo stesso, si è dato risalto ai principi di collaborazione e buona fede, in forza dei quali, alla luce del principio di buon andamento (art. 97 Cost.), deve essere improntata l’azione dell’amministrazione pubblica, per cui l’atto del privato che venga indirizzato all’organo esattamente individuato, benché privo di competenza per esigenze organizzative specifiche ad esso, produce gli effetti che la legge gli riconnette, essendo onere dell’ufficio curarne la trasmissione a quello competente». Oltre a ciò, viene in rilievo il principio della tutela dell’affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica che, in ambito tributario, è codificato dall’art. 10 dello statuto dei diritti del contribuente (legge 212/2000). Il citato orientamento giurisprudenziale ha fatto leva sul principio di effettività della tutela giurisdizionale in virtù del quale occorre ridurre al massimo le ipotesi di inammissibilità dei rimedi giurisdizionali; inoltre, si fonda sul carattere impugnatorio del processo tributario che attribuisce la qualità di parte necessaria all’organo che ha emesso l’atto o il provvedimento impugnato.
La Corte Suprema di Cassazione mette in evidenza i diversi principi che vengono in rilievo al fine di risolvere la questione sottoposta al suo esame:
• il principio di affidamento del cittadino nel buon andamento della funzione pubblica,
• il carattere impugnatorio del processo tributario,
• la specialità del rito in tema di notificazioni degli atti del processo tributario e, in particolare, della sentenza emessa nel giudizio di merito,
• e il principio dell’effettività della tutela giurisdizionale, “nella sua essenziale tensione verso una decisione di merito” (Corte Suprema di Cassazione SS.UU. 13453/2017).
In particolare, quest’ultimo principio impone all’interprete di evitare un eccessivo formalismo e trova il proprio punto fermo:
• nelle garanzie costituzionali (artt. 24 e 111 Cost.),
• nelle norme sovranazionali (art. 24 Carta di Nizza, art. 19 TUE, art. 6 CEDU).
I principi di cui sopra hanno trovato espressione nell’orientamento giurisprudenziale secondo cui la notifica della decisione ai fini della decorrenza del termine breve per proporre ricorso può essere effettuata all’Agenzia delle Entrate presso la sede centrale o presso un ufficio periferico. Infatti, è stata attribuita agli uffici periferici la stessa capacità di stare in giudizio già attribuita agli uffici che hanno emesso l’atto impugnato (Corte Suprema di Cassazione 1954/2020; Corte Suprema di Cassazione 27976/2020).
In relazione alla posizione dell’ente impositore occorre valorizzare quanto disposto dall’art. 11 c. 3 d. lgs. cit., infatti, «anche nel caso dell’ente locale la legge sul processo tributario viene a configurare una legittimazione passiva concorrente,
• sia in capo al legale rappresentante dell’ente stesso (per cui, nel caso del comune, essa farà capo, di norma, al sindaco, salvo diverse previsioni statutarie),
• sia in capo al dirigente ufficio tributi».
La Corte Suprema di Cassazione considera fondato il primo motivo di ricorso, in quanto la notifica effettuata dal contribuente è valida e l’appello del Comune risulta inammissibile perché proposto oltre il termine breve per formulare l’appello. La sentenza della Commissione tributaria regionale viene cassata senza rinvio e le spese compensate tra le parti in ragione della peculiarità della fattispecie oggetto di cognizione.
Infine, viene enunciano il seguente principio di diritto:
• «La notifica, effettuata dal contribuente direttamente tramite il servizio postale, ai sensi dell’art. 16, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992, della sentenza di primo grado all’ente locale non presso la sede principale indicata negli atti difensivi, ma presso altro ufficio comunale diversamente ubicato, che abbia emesso (o non abbia adottato) l’atto oggetto del contenzioso, è valida e, quindi, idonea, ai sensi del combinato disposto degli artt. 38, comma 2, e 51, comma 2, del medesimo d.lgs. n. 546 del 1992, a far decorrere il termine di sessanta giorni per impugnare».
NOTE
[1] La Corte Suprema di Cassazione, Sezioni Unite evidenzia come, relativamente alla notifica della sentenza di primo grado effettuata presso l’ufficio periferico dell’ente comunale impositore si rinvenga un solo precedente (Cass. 20851/2010). Tale decisione ha ammesso la validità della notifica indirizzata all’amministrazione in una sede diversa da quella legale, nondimeno, non risolve il problema della validità della consegna a mani anche se non disposta al legale rappresentante dell’ente locale. Altre decisioni hanno dichiarato la nullità della notifica per violazione dell’art. 17 d. lgs. 546/1992 (Cass. 4222/2015; Cass. 4616/2018; Cass. 10776/2018; Cass. 27400/2020).
[2] Cass., 15 dicembre 2004, n. 23349; Cass., 26 gennaio 2008, n. 1925; Cass., 17 dicembre 2008, n. 29465; Cass., 3 luglio 2009, n. 15718; Cass., 30 dicembre 2011, n. 30753; Cass., 21 gennaio 2015, n. 1113; Cass., 11 marzo 2015, n. 4862; Cass., 24 settembre 2015, n. 18936; Cass., 23 ottobre 2015, n. 21593.