Sottoscrizione autografa degli atti amministrativi

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Sottoscrizione autografa
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Il Consiglio di Stato con sentenza emessa in data 17 aprile 2023 ha rigettato il motivo di gravame con il quale l’appellante ha censurato la sentenza di primo grado nella parte in cui ha ritenuto infondata la doglianza afferente alla mancanza della sottoscrizione autografa del Responsabile Area Urbanistica Edilizia del Comune del provvedimento di rigetto della domanda in sanatoria evidenziando come la giustificazione addotta dal Comune, in ordine alle procedure utilizzate per la formazione degli originali e delle copie conformi all’epoca dell’adozione dell’atto, non potesse ritenersi sufficiente ai fini della totale irrilevanza della firma.

Ad avviso dell’appellante sarebbe stata necessaria, infatti, almeno un’attestazione di conformità della copia all’originale ad opera di un pubblico ufficiale autorizzato, non potendo ritenersi sufficiente l’apposizione della dicitura “firmato” sul duplicato del provvedimento.

In replica a quanto dedotto dalla parte appellante, l’Amministrazione comunale ha ribadito quanto già esposto in primo grado in ordine alle procedure informatiche in uso all’epoca dell’adozione del provvedimento impugnato, che avrebbero consentito la stampa di un unico originale cartaceo e di una pluralità di copie, la cui conformità sarebbe stata attestata dal funzionario, in qualità di autore dell’atto.

Il Consiglio di Stato ritiene corretto il ragionamento logico-giuridico proposto dal T.A.R. a sostegno della reiezione del motivo “in quanto l’assenza di sottoscrizione non può ritenersi invalidante qualora risulti possibile e inequivocabile l’accertamento circa la concreta riconducibilità dell’atto al suo autore.

Invero, in virtù del principio di correttezza e buona fede cui devono essere improntati i rapporti tra Pubblica Amministrazione e cittadino, l’autografia della sottoscrizione non può essere qualificata in termini di requisito di esistenza o validità giuridica degli atti amministrativi ove concorrano ulteriori elementi testuali (indicazione dell’ente competente, qualifica, ufficio di appartenenza del funzionario che lo ha adottato), emergenti anche dal contesto documentativo dell’atto, che consentano di individuare la sicura provenienza e l’attribuibilità dell’atto al suo autore (Consiglio di Stato, sez. II, 24/01/2023, n. 793; Consiglio di Stato, sez. V, 28/5/2012, n. 3119; Consiglio di Stato, sez. IV, 11/5/2007, n. 2325).

Inoltre, come già affermato, anche qualora si ritenesse che l’atto fosse inesistente, ci si troverebbe comunque al cospetto di un’ipotesi di silenzio-diniego prevista ex lege, atteso che l’art. 36 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, dispone che il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncino sulla richiesta di permesso in sanatoria entro il termine di sessanta giorni, decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata.(…)”.