REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9040 del 2017, proposto da
-OMISSIS- rappresentato e difeso dall’avvocato Giuseppe Zaccaglino, domiciliato in via digitale come da pubblici registri;
contro
Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato in via digitale come da pubblici registri e domicilio fisico in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del T.R.G.A. – della Provincia di Trento – Sezione Unica n. -OMISSIS- resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 dicembre 2022 il Cons. Fabrizio D’Alessandri e nessuno presente per le parti;
Svolgimento del processo
Parte appellante impugna la sentenza n.-OMISSIS-pronunciata dalla Sezione Unica del Tribunale Regionale Giustizia Amministrativa di Trento.
In particolare, l’odierno appellante, sottufficiale dell’aeronautica militare con il grado di maresciallo di prima classe, ha prestato attività nell’ambito dei servizi di meteorologia e climatologia dell’arma, con assegnazione presso il teleposto meteo di -OMISSIS-e, da ultimo, presso il teleposto meteo del -OMISSIS-
Nel 2008 il maresciallo, a seguito di diverbi professionali, ha subito un’aggressione da parte di un collega, e, successivamente a tale episodio, si è manifestata la patologia di seguito indicata, che ha dato origine ai provvedimenti qui impugnati.
Nel 2014 l’Amministrazione ha riconosciuto l’infermità “disturbo d’ansia in trattamento”, diagnosticata all’odierno appellante, come dipendente da causa di servizio (con decreto n. 672/D datato 14.03.2014), senza l’indicazione di ascrivibilità tabellare ai fini dell’equo indennizzo, non essendo il quadro clinico stabilizzato.
Successivamente, dopo un periodo di più di due anni di assenza dal servizio, la C.M.O. ha visitato il militare in data 24.10.2016 e, con verbale modello BL/S n. ACMOII167472 datato 24.10.2016, ha diagnosticato l’esistenza di un “disturbo dell’adattamento con umore depresso in trattamento” e lo ha giudicato non idoneo permanentemente al servizio militare, con collocamento in congedo assoluto e reimpiego nelle corrispondenti aree funzionali del personale civile del Ministero della difesa.
E’ stato, altresì, negato l’accertamento della interdipendenza o l’aggravamento da infermità già riconosciuta dipendente da causa di servizio.
L’infermità da ultimo diagnosticata corrisponde, secondo la suddetta commissione medica, alla tabella B del D.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834.
In sede di visita sopra indicata, l’odierno appellante è stato assistito dal proprio medico di fiducia, specialista in medicina legale, che ha formulato osservazioni ed eccezioni, in merito a una diversa valutazione medico legale rispetto a quella effettuata dalla CMO, relativa alla menomazione dell’integrità psico-fisica-sensoriale.
Lo stesso medico ha redatto anche propria relazione peritale in data 12.12.2016, nella quale ha concluso per una corretta attribuzione delle menomazioni subite, valutandole come corrispondenti alla V categoria della precitata tabella A della norma di riferimento.
Di pari tenore risulterebbero, inoltre, altre certificazioni mediche prodotte dall’odierno appellante.
Quest’ultimo, ritenendo che la sua patologia sia ascrivibile alla V categoria della tabella A del richiamato D.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834, ha impugnato dinanzi al T.A.R. il provvedimento gravato, contestando la determinazione della categoria e della tabella di ascrivibilità.
In particolare, l’odierno appellante, come dallo stesso dedotto, non ha impugnato il verbale che lo ha dichiarato inidoneo permanentemente al servizio militare incondizionato, in quanto non contesta l’affezione patologica esistente, bensì l’assegnazione a tabella e categoria effettuata dall’organismo sanitario militare che ha valutato la menomazione dovuta all’infermità ritenendola corrispondente alla tabella B di cui al D.P.R. n. 834 del 1981.
A seguito della notificazione del decreto ministeriale della Direzione Generale per il personale militare, con il quale è stato disposto il collocamento in congedo assoluto, con effetto dalla data del 24.10.16, l’odierno appellante ha proposto motivi aggiunti.
Nello specifico ha contestato che il decreto gravato, notificato al dipendente, non risulta sottoscritto dal dirigente della 5^ Divisione, delegato con D.Dirig. n. 0700883 del 2016. Lo stesso, infatti, non risulterebbe sottoscritto né in forma cartacea, né in forma digitale e, in ogni caso, qualora si dovesse considerare come sottoscritto, sarebbe stato sottoscritto da un soggetto non abilitato.
La parte appellante ha, altresì, lamentato l’inidoneità della copia semplice (ovverosia non autentica) del decreto notificata all’odierno appellante a finalità legali, quale quella di determinare l’interruzione del rapporto di servizio.
L’adito T.A.R., con la sentenza gravata in questa sede ha rigettato sia il ricorso introduttivo che quello per motivi aggiunti.
L’appellante ha gravato la suindicata sentenza sostenendo l’erroneità e la carenza di motivazione del giudizio della C.M.O. che ha ascritto la patologia alla tabella B, in contrasto, peraltro, con altri pareri medico-legali che l’hanno, invece, riconosciuta come rientrante nella tabella A.
Ciò a fronte della decisione del giudice di prime cure di non disporre una verificazione o consulenza tecnica d’ufficio, pur in presenza di una questione inerente a una valutazione tecnica.
Quanto al gravame sui motivi aggiunti, l’appellante invoca il travisamento dei fatti da parte del T.A.R. che ha ritenuto che il decreto di congedo depositato in atti sia stato sottoscritto digitalmente dal titolare del potere di firma.
Il Giudice avrebbe omesso di osservare che il decreto depositato in giudizio dall’Amministrazione è diverso da quello partecipato al dipendente prima della causa e della proposizione dei motivi aggiunti.
Il decreto partecipato al ricorrente è, infatti, sottoscritto digitalmente da soggetto terzo non corrispondente al titolare del potere di firma del decreto di congedo.
L’Amministrazione, in corso di causa, ha provveduto a integrare e depositare il decreto regolarmente sottoscritto digitalmente dal dirigente della divisione ma l’atto notificato al ricorrente è, in effetti, sottoscritto digitalmente da diverso soggetto e ciò sarebbe documentalmente incontrovertibile.
Per tale ragione il ricorso per motivi aggiunti avrebbe dovuto essere accolto per un vizio fondamentale dell’atto gravato e cioè la sottoscrizione da parte di soggetto sprovvisto dei poteri di firma.
Analogamente, anche la doglianza espressa avverso la notifica senza valenza legale di una mera fotocopia del decreto di congedo avrebbe dovuto essere rilevata e opportunamente considerata dal Collegio di primo grado mentre, invece, quanto attuato è stato ritenuto pienamente legittimo.
La medesima parte appellante, invocando l’effetto devolutivo dell’appello, ha, infine, riproposto per intero i motivi di impugnazione prodotti in primo grado, nel ricorso principale e in quello per motivi aggiunti, riportandoli integralmente.
Si è costituta in giudizio l’Amministrazione appellata, a mezzo dell’Avvocatura Generale dello Stato.
Nelle more del giudizio l’Amministrazione, con verbale del 7.01.20219, ha riconosciuto all’appellante un’infermità ascritta alla tabella A categoria VIII e, conseguentemente la spettanza del trattamento di quiescenza privilegiato a partire dal 25/10/2016. Conseguentemente l’INPS, con determina n. 166693 del 14.10.2019, ha corrisposto il pagamento del trattamento di quiescenza privilegiato.
L’adito Consiglio, con ordinanza n. -OMISSIS-ha chiesto alle parti chiarimenti “Atteso che, all’esito del depositato Verbale sanitario mod. BL/B n. 2 del 7.01.20219, che ha attribuito all’appellante un’infermità ascritta alla tabella A categoria VIII, e della corresponsione del trattamento di quiescenza privilegiato, è indispensabile acquisire dalle parti puntuali chiarimenti in ordine alla persistenza dell’interesse alla decisione dell’appello”.
I richiesti chiarimenti non sono stati resi dalle parti in quanto l’Amministrazione è rimasta silente, mentre parte ricorrente si è limitata meramente a dichiarare la sussistenza dell’interesse a ottenere una sentenza di merito, senza indicarne le ragioni.
Con ordinanza n. -OMISSIS- è stata reiterata richiesta di chiarimenti “Visto che l’adito Consiglio, con ordinanza n. -OMISSIS-ha disposto adempimenti istruttori e, in particolare, ha richiesto alle parti chiarimenti con la seguente motivazione “atteso che, all’esito del depositato Verbale sanitario mod. BL/B n. 2 del 7.01.20219, che ha attribuito all’appellante un’infermità ascritta alla tabella A categoria VIII, e della corresponsione del trattamento di quiescenza privilegiato, è indispensabile acquisire dalle parti puntuali chiarimenti in ordine alla persistenza dell’interesse alla decisione dell’appello”; Rilevato che l’appellante ha depositato una mera dichiarazione di persistenza dell’interesse senza indicare le ragioni per cui, alla luce dell’intervenuto riconoscimento, permangono delle ragioni di concreta utilità alla definizione del giudizio di appello, mentre nulla ha indicato in merito l’Amministrazione intimata; Ritenuta la necessità, ai fini del decidere, di acquisire dall’Amministrazione e dal ricorrente chiarimenti in ordine ai concreti effetti dell’intervenuta ascrizione, con il verbale sanitario mod. BL/B n. 2 del 7.01.20219, dell’infermità alla tabella A categoria VIII, in relazione alla sussistenza dell’attualità dell’interesse a ricorrere nel presente giudizio”.
Sia l’Amministrazione che l’appellante hanno reso i richiesti ulteriori chiarimenti.
L’appello è stato trattenuto in decisione all’udienza pubblica del 13.12.2022.
Motivi della decisione
1) Il ricorso deve essere rigettato.
2) Quanto all’interesse a ricorrere oggetto di richiesta di chiarimenti per entrambe le parti, il Collegio ritiene che il suddetto interesse si possa considerare persistente.
Infatti, da un lato, l’Amministrazione non ha ammesso l’ascrivibilità inziale della patologia attribuita alla Categoria 8^ (ora riconosciuta dal verbale BL/B n. 2 del 07.01.2019 della C.M.O. di -OMISSIS-) al momento dell’impugnata valutazione da parte della C.M.O. di -OMISSIS-, nel verbale n. II154895 del 24.10.2016, che l’aveva ricondotta alla Tabella B; dall’altro, tale nuova valutazione è stata effettuata, e ha spiegato i suoi effetti, solo ai fini del trattamento pensionistico di privilegio (corrisposto dal 25/10/2016) e non rispetto all’equo indennizzo.
3) Nel merito il ricorso si rivela infondato.
Come suindicato, l’infermità “disturbo dell’adattamento con ansia ed umore depresso misti cronico in trattamento” è stata riconosciuta dall’Amministrazione come ascrivibile alla tabella A categoria VIII solo a seguito dell’accertamento contenuto nel Verbale sanitario del 7.1.2019 e ai fini del trattamento pensionistico privilegiato.
Da ciò non è evincibile che a tale categoria fosse ascrivibile l’indicata infermità al momento della valutazione impugnata effettuata diverso tempo prima (verbale del 24.10.2016).
4) In sede di appello parte appellante ha altresì ribadito l’erroneità della sentenza sostanzialmente in quanto: – l’esito di inidoneità permanente al servizio militare con collocamento in congedo assoluto risulta incompatibile con l’assegnazione alla tabella B del D.P.R. n. 834 del 1981, dovendo riconnettersi a patologie classificabili nella tabella A; – nella tabella B, allegata al D.P.R. n. 834 del 1981, non si rinvengono tipologie di patologia sofferte dalla medesima parte, presenti invece nella tabella A. La medesima parte appellante deduce, altresì, la mancata assunzione da parte del giudice di primo grado di una verificazione.
Cita al riguardo precedenti giurisprudenziali che classificano la patologia disturbo dell’adattamento con ansia ed umore depresso nell’ambito della più volte richiamata tabella A, nonché le perizie di medici specialisti di fiducia.
5) Il Collegio rileva come sia granitica la giurisprudenza che sussume i giudizi medico legali formulati dalle commissioni mediche come rientranti nell’ambito della discrezionalità tecnica dell’Amministrazione, con la conseguenza che gli stessi non sono sindacabili se non nei casi di manifesta abnormità, illogicità, travisamento ed erroneità.
Nel caso di specie, il Collegio concorda con la valutazione del giudice di primo grado secondo cui non risultano profili di manifesta illogicità, travisamento ed erroneità che soli possano giustificare il sindacato del giudice sul giudizio diagnostico in esame.
Il giudice infatti in tali casi non può sostituire la valutazione dell’organo amministrativo cui la legge attribuisce la tutela dell’interesse pubblico nell’apprezzamento del caso concreto, poiché, così facendo, invaderebbe una sfera propria della pubblica amministrazione.
La parte può contestare ab intrinseco il nucleo dell’apprezzamento complesso della discrezionalità tecnica, ma in tal caso ha l’onere di metterne seriamente in discussione l’attendibilità tecnico-scientifica. Se questo onere non viene assolto e si fronteggiano soltanto opinioni divergenti, tutte parimenti plausibili, il giudice deve dare prevalenza alla posizione espressa dall’organo istituzionalmente (e legalmente) investito della competenza ad adottare decisioni in attuazione dell’interesse pubblico, rispetto alla prospettazione individuale dell’interessato.
La sentenza impugnata ha rilevato come la diagnosi sia coerente con quelle precedenti effettuate dalla commissione medica e con le plurime certificazioni riguardanti l’infermità dell’interessato, sin dal 2009, e come la patologia sia ascrivibile nell’ambito della voce 2207 (nevrosi ansiosa), corrispondente alla tabella B.
Sul punto la parte appellante non ha specificamente evidenziato elementi di illogicità della sussunzione della patologia sofferta nell’ambito della voce ascrivibile a nevrosi ansiosa, limitandosi a fornire interpretazioni alternative delle risultanze mediche e prospettando la sussumibilità della patologia quale “Sindrome neurosiche lievi ma persistenti”, piuttosto che “Isteronevrosi di media gravità” oppure “psiconevrosi di media entità”.
In tal senso, pertanto, la parte appellante ha chiesto al giudice di sostituire il suo giudizio alla discrezionalità tecnica dell’Amministrazione al fine di inquadrare diversamente, quando al contrario avrebbe dovuto fornire elementi volti a comprovare l’illogicità della classificazione operata dall’Amministrazione e confermata dal giudice di prime cure.
Il sindacato sulla discrezionalità tecnica si sarebbe potuto positivamente effettuare solo nel caso in cui fosse stato positivamente dimostrato che la classificazione operata dall’amministrazione fosse affetta da travisamento di fatti, manifesta illogicità, palese incongruità, potendo il giudice valutare ab externo tali profili.
6) Infondata è altresì la censura d’appello relativa alla circostanza che l’esito di inidoneità permanente al servizio militare con collocamento in congedo assoluto risulta incompatibile con l’assegnazione alla tabella B.
Il Collegio rileva innanzitutto come l’appellante non abbia specificamente criticato il ragionamento del giudice di prime cure sul punto, limitandosi a riproporre le censure di primo grado, in violazione del principio di specificità dei motivi di appello.
In ogni caso il Collegio ritiene di condividere l’iter argomentativo del T.A.R. che ha evidenziato
l’insussistenza di espresse disposizioni di legge che impediscono il riconoscimento dell’inidoneità al servizio militare in caso di patologie sussumibili nella tabella B del D.P.R. n. 834 del 1981, e rileva altresì che la direttiva del comando logistico dell’esercito, dipartimento di sanità, MDE24363/33204/Sez.Med.Leg/10.3.4.1 del 18 marzo 2009 precisa che “i limiti di categoria nell’ambito delle tabelle indicati al fine della idoneità non possono comunque essere applicati in modo tassativo, e che la valutazione dell’idoneità non segue i medesimi criteri dell’invalidità e non consegue automaticamente all’ascrivibilità a una determinata categoria e tabella. Pertanto la direttiva consente margini elastici di applicazione che, nella fattispecie, risultano essere giustificati dalla rilevata assunzione di psicofarmaci, determinante l’inidoneità al servizio indipendentemente dalla tabella in cui è annoverata la patologia”
7) Anche la censura d’appello riguardante il rigetto del ricorso per motivi aggiunti è infondata.
Il Consiglio concorda con la sentenza gravata che ha rilevato come sia, comunque, determinante la circostanza che l’Amministrazione abbia prodotto in primo grado copia del decreto dirigenziale che presenta la firma digitale del Dirigente abilitato, e dalla quale si evince che lo stesso decreto è stato sottoscritto digitalmente la stessa data di protocollo dell’atto del 2.12.2016.
L’atto quindi è stato effettivamente sottoscritto e dal soggetto competente e abilitato e non vi è quindi spazio per contestare l’inesistenza della sottoscrizione – con conseguente nullità secondo il tenore della norma dell’art. 21-septies, lett. a) della L. n. 241 del 1990 – vizi di forma invalidanti o profili di incompetenza.
Semmai la questione controversa si sposta sulla valenza della circostanza, asserita dall’appellante, che allo stesso sarebbe stata notificata una copia priva di firma e non autenticata.
Sul punto il Collegio ritiene di aderire a quanto indicato in sentenza ovverosia che “non essendo prevista nel caso di specie una formale notifica e trattandosi di una comunicazione mediante consegna a mani del decreto dirigenziale con il quale è stato disposto il collocamento in congedo assoluto, la copia autentica non è necessaria”.
Inoltre, la notifica in forma non corretta non sarebbe idonea a inficiare l’atto, risultando la stessa condizione di efficacia, ma non di validità dell’atto, stante anche che il collocamento a riposo ha una sua decorrenza autonoma specificamente indicata nel 24 ottobre 2016 e, pertanto, non dipende dalla data di notifica.
Anche fosse vero che la copia notificata all’appellante fosse priva di firma, la notifica ha conseguito lo scopo di rendere conoscibile l’atto, né può dirsi che non risultasse certa la provenienza dello stesso, per cui la mancanza di sottoscrizione si presenterebbe quale elemento meramente formale inidoneo a inficiare l’atto.
Ciò tanto più in presenza del principio giurisprudenziale secondo cui la stessa mancanza di sottoscrizione di un atto non è idonea a metterne in discussione la validità e gli effetti nei casi in cui detta omissione, come nella fattispecie in esame, non metta in dubbio la riferibilità dell’atto stesso all’organo competente (T.A.R. Sicilia Catania Sez. II, 12-11-2019, n. 2713 Cons Stato sez. IV 5 ottobre 2010 n. 7309; 11 maggio 2007 n. 2325; 23 febbraio2007 n. 981;Sez. VI, 7 giugno 2011, n. 3414; Sez. VI, 10 dicembre 2010, n. 8702; 5 dicembre 2010, n. 7309; 18 settembre 2009, n. 5622;18 dicembre 2007, n. 6517).
Nell’atto in questione era, infatti, chiaramente indicata l’autorità emanante e il nominativo del firmatario.
Tale principio deve ritenersi tanto più valido qualora, come nel caso di specie, il provvedimento sia stato effettivamente sottoscritto e solo la copia notificata al privato sia priva di sottoscrizione.
8). L’appello di palesa, infine, inammissibile nella parte in cui ha riproposto integralmente i motivi di impugnazione formulati in primo grado, sia nel ricorso principale che in quello per motivi aggiunti.
E, infatti, principio consolidato che in ambito amministrativo il principio della specificità dei motivi di impugnazione, posto dalla normativa di cui all’art. 101, comma 1, del D.Lgs. n. 104 del 2010, impone che sia rivolta una critica puntuale alle ragioni poste a fondamento della sentenza impugnata, non essendo sufficiente la mera riproposizione dei motivi contenuti nel ricorso introduttivo (Cons. Stato Sez. VI, 11/01/2021, n. 342).
Innanzi al Consiglio di Stato, la pura e semplice riproposizione dei motivi di ricorso di primo grado (in assenza di una specifica indicazione dei motivi in concreto assorbiti e delle ragioni per cui ciascuno di essi viene riproposto in relazione alle diverse statuizioni della sentenza gravata), si pone in contrasto con il generale principio della specificità dei motivi di appello nonché con il principio secondo cui è inammissibile la mera riproposizione dei motivi di primo grado, senza che sia sviluppata alcuna confutazione della statuizione del primo giudice (Cons. Stato Sez. II, 04/01/2021, n. 111).
9) Per le suesposte ragioni l’appello deve essere in parte rigettato, in parte dichiarato inammissibile, nei sensi esposti in motivazione.
Le specifiche circostanze inerenti al ricorso in esame costituiscono elementi che militano per l’applicazione dell’art. 92 c.p.c., come richiamato espressamente dall’art. 26, comma 1, c.p.a. e depongono per la compensazione delle spese del grado di giudizio di appello tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, in parte lo rigetta, in parte lo dichiara inammissibile..
Compensa le spese del grado di giudizio di appello tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e all’articolo 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all’articolo 2-septies del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal D.Lgs. 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.
Conclusione
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 dicembre 2022 con l’intervento dei magistrati:
Oberdan Forlenza, Presidente
Antonella Manzione, Consigliere
Francesco Guarracino, Consigliere
Giancarlo Carmelo Pezzuto, Consigliere
Fabrizio D’Alessandri, Consigliere, Estensore