Riunione Giunta Esecutiva del 29.03.2005

Atti della riunione della Giunta Esecutiva del 29 marzo 2005 svoltasi a Firenze

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D.Lgs. n. 82 del 7.03.2005 – Codice dell’amministrazione digitale

DECRETO LEGISLATIVO 7 marzo 2005, n. 82(1).

Codice dell’amministrazione digitale.

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 16 maggio 2005, n. 112, S.O.

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76, 87 e 117, secondo comma, lettera r), della Costituzione;

Visto l’articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, recante disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri;

Visto l’articolo 10 della legge 29 luglio 2003, n. 229, recante interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione – legge di semplificazione 2001;

Vista la legge 7 agosto 1990, n. 241, recante nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi;

Visto il decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, recante norme in materia di sistemi informativi automatizzati delle amministrazioni pubbliche, a norma dell’articolo 2, comma 1, lettera mm), della legge 23 ottobre 1992, n. 421;

Visto il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, recante disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri;

Visto il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa (Testo A), di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445;

Visto il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche;

Visto il decreto legislativo 23 gennaio 2002, n. 10, recante attuazione della direttiva 1999/93/CE relativa ad un quadro comunitario per le firme elettroniche;

Visto il decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante codice in materia di protezione dei dati personali;

Vista la legge 9 gennaio 2004, n. 4, recante disposizioni per favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici;

Visto il decreto legislativo 20 febbraio 2004, n. 52, recante attuazione della direttiva 2001/115/CE che semplifica ed armonizza le modalità di fatturazione in materia di IVA;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione dell’11 novembre 2004;

Esperita la procedura di notifica alla Commissione europea di cui alla direttiva 98/34/CE del 22 giugno 1998 del Parlamento europeo e del Consiglio, modificata dalla direttiva 98/48/CE del 20 luglio 1998 del Parlamento europeo e del Consiglio, attuata dalla legge 21 giugno 1986, n. 317, così come modificata dal decreto legislativo 23 novembre 2000, n. 427;

Acquisito il parere della Conferenza unificata, ai sensi dell’articolo 8, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, espresso nella riunione del 13 gennaio 2005;

Sentito il Garante per la protezione dei dati personali;

Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi nell’adunanza del 7 febbraio 2005;

Acquisito il parere delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 4 marzo 2005;

Sulla proposta del Ministro per l’innovazione e le tecnologie, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, con il Ministro dell’economia e delle finanze, con il Ministro dell’interno, con il Ministro della giustizia, con il Ministro delle attività produttive e con il Ministro delle comunicazioni;

Emana il seguente decreto legislativo:

Capo I

Principi generali

Sezione I

Definizioni, finalità e ambito di applicazione

Art. 1. Definizioni.

1. Ai fini del presente codice si intende per:

a) allineamento dei dati: il processo di coordinamento dei dati presenti in più archivi finalizzato alla verifica della corrispondenza delle informazioni in essi contenute;

b) autenticazione informatica: la validazione dell’insieme di dati attribuiti in modo esclusivo ed univoco ad un soggetto, che ne distinguono l’identità nei sistemi informativi, effettuata attraverso opportune tecnologie anche al fine di garantire la sicurezza dell’accesso (2);

c) carta d’identità elettronica: il documento d’identità munito di fotografia del titolare rilasciato su supporto informatico dalle amministrazioni comunali con la prevalente finalità di dimostrare l’identità anagrafica del suo titolare;

d) carta nazionale dei servizi: il documento rilasciato su supporto informatico per consentire l’accesso per via telematica ai servizi erogati dalle pubbliche amministrazioni;

e) certificati elettronici: gli attestati elettronici che collegano all’identità del titolare i dati utilizzati per verificare le firme elettroniche (3);

f) certificato qualificato: il certificato elettronico conforme ai requisiti di cui all’allegato I della direttiva 1999/93/CE, rilasciati da certificatori che rispondono ai requisiti di cui all’allegato II della medesima direttiva;

g) certificatore: il soggetto che presta servizi di certificazione delle firme elettroniche o che fornisce altri servizi connessi con queste ultime;

h) chiave privata: l’elemento della coppia di chiavi asimmetriche, utilizzato dal soggetto titolare, mediante il quale si appone la firma digitale sul documento informatico;

i) chiave pubblica: l’elemento della coppia di chiavi asimmetriche destinato ad essere reso pubblico, con il quale si verifica la firma digitale apposta sul documento informatico dal titolare delle chiavi asimmetriche;

l) dato a conoscibilità limitata: il dato la cui conoscibilità è riservata per legge o regolamento a specifici soggetti o categorie di soggetti;

m) dato delle pubbliche amministrazioni: il dato formato, o comunque trattato da una pubblica amministrazione;

n) dato pubblico: il dato conoscibile da chiunque;

o) disponibilità: la possibilità di accedere ai dati senza restrizioni non riconducibili a esplicite norme di legge;

p) documento informatico: la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti;

q) firma elettronica: l’insieme dei dati in forma elettronica, allegati oppure connessi tramite associazione logica ad altri dati elettronici, utilizzati come metodo di identificazione informatica (4);

r) firma elettronica qualificata: la firma elettronica ottenuta attraverso una procedura informatica che garantisce la connessione univoca al firmatario, creata con mezzi sui quali il firmatario può conservare un controllo esclusivo e collegata ai dati ai quali si riferisce in modo da consentire di rilevare se i dati stessi siano stati successivamente modificati, che sia basata su un certificato qualificato e realizzata mediante un dispositivo sicuro per la creazione della firma (5);

s) firma digitale: un particolare tipo di firma elettronica qualificata basata su un sistema di chiavi crittografiche, una pubblica e una privata, correlate tra loro, che consente al titolare tramite la chiave privata e al destinatario tramite la chiave pubblica, rispettivamente, di rendere manifesta e di verificare la provenienza e l’integrità di un documento informatico o di un insieme di documenti informatici;

t) fruibilità di un dato: la possibilità di utilizzare il dato anche trasferendolo nei sistemi informativi automatizzati di un’altra amministrazione;

u) gestione informatica dei documenti: l’insieme delle attività finalizzate alla registrazione e segnatura di protocollo, nonché alla classificazione, organizzazione, assegnazione, reperimento e conservazione dei documenti amministrativi formati o acquisiti dalle amministrazioni, nell’ambito del sistema di classificazione d’archivio adottato, effettuate mediante sistemi informatici;

v) originali non unici: i documenti per i quali sia possibile risalire al loro contenuto attraverso altre scritture o documenti di cui sia obbligatoria la conservazione, anche se in possesso di terzi;

z) pubbliche amministrazioni centrali: le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le istituzioni universitarie, gli enti pubblici non economici nazionali, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN), le agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 (6);

aa) titolare: la persona fisica cui è attribuita la firma elettronica e che ha accesso ai dispositivi per la creazione della firma elettronica;

bb) validazione temporale: il risultato della procedura informatica con cui si attribuiscono, ad uno o più documenti informatici, una data ed un orario opponibili ai terzi.

(2) Lettera così modificata dall’art. 1, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

(3) Lettera così modificata dall’art. 1, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

(4) Lettera così modificata dall’art. 1, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

(5) Lettera così modificata dall’art. 1, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

(6) Vedi, anche, l’art. 48, D.L. 25 giugno 2008, n. 112.

Art. 2. Finalità e ambito di applicazione.

1. Lo Stato, le regioni e le autonomie locali assicurano la disponibilità, la gestione, l’accesso, la trasmissione, la conservazione e la fruibilità dell’informazione in modalità digitale e si organizzano ed agiscono a tale fine utilizzando con le modalità più appropriate le tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

2. Le disposizioni del presente codice si applicano alle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, salvo che sia diversamente stabilito, nel rispetto della loro autonomia organizzativa e comunque nel rispetto del riparto di competenza di cui all’articolo 117 della Costituzione.

2-bis. Tutte le disposizioni previste dal presente codice per le pubbliche amministrazioni si applicano, ove possibile tecnicamente e a condizione che non si producano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica ovvero, direttamente o indirettamente, aumenti di costi a carico degli utenti, anche ai soggetti privati preposti all’esercizio di attività amministrative (7).

3. Le disposizioni di cui al capo II concernenti i documenti informatici, le firme elettroniche, i pagamenti informatici, i libri e le scritture, le disposizioni di cui al capo III, relative alla formazione, gestione, alla conservazione, nonché le disposizioni di cui al capo IV relative alla trasmissione dei documenti informatici si applicano anche ai privati ai sensi dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.

4. Le disposizioni di cui al capo V, concernenti l’accesso ai documenti informatici, e la fruibilità delle informazioni digitali si applicano anche ai gestori di servizi pubblici ed agli organismi di diritto pubblico.

5. Le disposizioni del presente codice si applicano nel rispetto della disciplina rilevante in materia di trattamento dei dati personali e, in particolare, delle disposizioni del codice in materia di protezione dei dati personali approvato con decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. I cittadini e le imprese hanno, comunque, diritto ad ottenere che il trattamento dei dati effettuato mediante l’uso di tecnologie telematiche sia conformato al rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità dell’interessato (8).

6. Le disposizioni del presente codice non si applicano limitatamente all’esercizio delle attività e funzioni di ordine e sicurezza pubblica, difesa e sicurezza nazionale, e consultazioni elettorali.

(7) Comma aggiunto dal comma 5 dell’art. 36, L. 18 giugno 2009, n. 69.

(8) Comma così modificato dall’art. 2, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

Sezione II

Diritti dei cittadini e delle imprese

Art. 3. Diritto all’uso delle tecnologie.

1. I cittadini e le imprese hanno diritto a richiedere ed ottenere l’uso delle tecnologie telematiche nelle comunicazioni con le pubbliche amministrazioni e con i gestori di pubblici servizi statali nei limiti di quanto previsto nel presente codice (9).

1-bis. Il principio di cui al comma 1 si applica alle amministrazioni regionali e locali nei limiti delle risorse tecnologiche ed organizzative disponibili e nel rispetto della loro autonomia normativa (10).

1-ter. La tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo è disciplinata dal codice del processo amministrativo (11).

(9) Comma così modificato dall’art. 3, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

(10) Comma aggiunto dall’art. 3, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

(11) Comma aggiunto dall’art. 3, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159 e poi così sostituito dal comma 17 dell’art. 3 dell’allegato 4 al D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, a decorrere dal 16 settembre 2010, ai sensi di quanto disposto dall’art. 2 dello stesso provvedimento.

Art. 4. Partecipazione al procedimento amministrativo informatico.

1. La partecipazione al procedimento amministrativo e il diritto di accesso ai documenti amministrativi sono esercitabili mediante l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione secondo quanto disposto dagli articoli 59 e 60 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.

2. Ogni atto e documento può essere trasmesso alle pubbliche amministrazioni con l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione se formato ed inviato nel rispetto della vigente normativa.

Art. 5. Effettuazione dei pagamenti con modalità informatiche.

1. A decorrere dal 30 giugno 2007, le pubbliche amministrazioni centrali con sede nel territorio italiano consentono l’effettuazione dei pagamenti ad esse spettanti, a qualsiasi titolo dovuti, con l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

Art. 6. Utilizzo della posta elettronica certificata.

1. Le pubbliche amministrazioni centrali utilizzano la posta elettronica certificata, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, per ogni scambio di documenti e informazioni con i soggetti interessati che ne fanno richiesta e che hanno preventivamente dichiarato il proprio indirizzo di posta elettronica certificata.

2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche alle pubbliche amministrazioni regionali e locali salvo che non sia diversamente stabilito.

2-bis. Le pubbliche amministrazioni regionali e locali hanno facoltà di assegnare ai cittadini residenti caselle di posta elettronica certificata atte alla trasmissione di documentazione ufficiale (12).

(12) Comma aggiunto dalla lettera a) del comma 1 dell’art. 34, L. 18 giugno 2009, n. 69. Vedi, anche, il comma 2 dello stesso art. 34.

Art. 7. Qualità dei servizi resi e soddisfazione dell’utenza.

1. Le pubbliche amministrazioni centrali provvedono alla riorganizzazione ed aggiornamento dei servizi resi; a tale fine sviluppano l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, sulla base di una preventiva analisi delle reali esigenze dei cittadini e delle imprese, anche utilizzando strumenti per la valutazione del grado di soddisfazione degli utenti.

2. Entro il 31 maggio di ciascun anno le pubbliche amministrazioni centrali trasmettono al Ministro delegato per la funzione pubblica e al Ministro delegato per l’innovazione e le tecnologie una relazione sulla qualità dei servizi resi e sulla soddisfazione dell’utenza.

Art. 8. Alfabetizzazione informatica dei cittadini.

1. Lo Stato promuove iniziative volte a favorire l’alfabetizzazione informatica dei cittadini con particolare riguardo alle categorie a rischio di esclusione, anche al fine di favorire l’utilizzo dei servizi telematici delle pubbliche amministrazioni.

Art. 9. Partecipazione democratica elettronica.

1. Lo Stato favorisce ogni forma di uso delle nuove tecnologie per promuovere una maggiore partecipazione dei cittadini, anche residenti all’estero, al processo democratico e per facilitare l’esercizio dei diritti politici e civili sia individuali che collettivi.

Art. 10. Sportelli per le attività produttive.

1. Lo sportello unico di cui all’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 20 ottobre 1998, n. 447, è realizzato in modalità informatica ed eroga i propri servizi verso l’utenza anche in via telematica.

2. Gli sportelli unici consentono l’invio di istanze, dichiarazioni, documenti e ogni altro atto trasmesso dall’utente in via telematica e sono integrati con i servizi erogati in rete dalle pubbliche amministrazioni.

3. Al fine di promuovere la massima efficacia ed efficienza dello sportello unico, anche attraverso l’adozione di modalità omogenee di relazione con gli utenti nell’intero territorio nazionale, lo Stato, d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, individua uno o più modelli tecnico-organizzativi di riferimento, tenendo presenti le migliori esperienze realizzate che garantiscano l’interoperabilità delle soluzioni individuate.

4. Lo Stato realizza, nell’ambito di quanto previsto dal sistema pubblico di connettività di cui al presente decreto, un sistema informatizzato per le imprese relativo ai procedimenti di competenza delle amministrazioni centrali anche ai fini di quanto previsto all’articolo 11 (13).

(13) Comma così modificato dall’art. 4, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

Art. 11. Registro informatico degli adempimenti amministrativi per le imprese.

1. Presso il Ministero delle attività produttive, che si avvale a questo scopo del sistema informativo delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, è istituito il Registro informatico degli adempimenti amministrativi per le imprese, di seguito denominato «Registro», il quale contiene l’elenco completo degli adempimenti amministrativi previsti dalle pubbliche amministrazioni per l’avvio e l’esercizio delle attività di impresa, nonché i dati raccolti dalle amministrazioni comunali negli archivi informatici di cui all’articolo 24, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. Il Registro, che si articola su base regionale con apposite sezioni del sito informatico, fornisce, ove possibile, il supporto necessario a compilare in via elettronica la relativa modulistica.

2. È fatto obbligo alle amministrazioni pubbliche, nonché ai concessionari di lavori e ai concessionari e gestori di servizi pubblici, di trasmettere in via informatica al Ministero delle attività produttive l’elenco degli adempimenti amministrativi necessari per l’avvio e l’esercizio dell’attività di impresa.

3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle attività produttive e del Ministro delegato per l’innovazione e le tecnologie, sono stabilite le modalità di coordinamento, di attuazione e di accesso al Registro, nonché di connessione informatica tra le diverse sezioni del sito (14).

4. Il Registro è pubblicato su uno o più siti telematici, individuati con decreto del Ministro delle attività produttive.

5. Del Registro possono avvalersi le autonomie locali, qualora non provvedano in proprio, per i servizi pubblici da loro gestiti.

6. All’onere derivante dall’attuazione del presente articolo si provvede ai sensi dell’articolo 21, comma 2, della legge 29 luglio 2003, n. 229.

(14) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.P.C.M. 3 aprile 2006, n. 200.

Sezione III

Organizzazione delle pubbliche amministrazioni rapporti fra Stato, regioni e autonomie locali

Art. 12. Norme generali per l’uso delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni nell’azione amministrativa.

1. Le pubbliche amministrazioni nell’organizzare autonomamente la propria attività utilizzano le tecnologie dell’informazione e della comunicazione per la realizzazione degli obiettivi di efficienza, efficacia, economicità, imparzialità, trasparenza, semplificazione e partecipazione.

1-bis. Gli organi di governo nell’esercizio delle funzioni di indirizzo politico ed in particolare nell’emanazione delle direttive generali per l’attività amministrativa e per la gestione ai sensi del comma 1 dell’articolo 14 del decreto legislativo n. 165 del 2001, promuovono l’attuazione delle disposizioni del presente decreto (15).

1-ter. I dirigenti rispondono dell’osservanza ed attuazione delle disposizioni di cui al presente decreto ai sensi e nei limiti degli articoli 21 e 55 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ferme restando le eventuali responsabilità penali, civili e contabili previste dalle norme vigenti (16).

2. Le pubbliche amministrazioni adottano le tecnologie dell’informazione e della comunicazione nei rapporti interni, tra le diverse amministrazioni e tra queste e i privati, con misure informatiche, tecnologiche, e procedurali di sicurezza, secondo le regole tecniche di cui all’articolo 71.

3. Le pubbliche amministrazioni operano per assicurare l’uniformità e la graduale integrazione delle modalità di interazione degli utenti con i servizi informatici da esse erogati, qualunque sia il canale di erogazione, nel rispetto della autonomia e della specificità di ciascun erogatore di servizi.

4. Lo Stato promuove la realizzazione e l’utilizzo di reti telematiche come strumento di interazione tra le pubbliche amministrazioni ed i privati.

5. Le pubbliche amministrazioni utilizzano le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, garantendo, nel rispetto delle vigenti normative, l’accesso alla consultazione, la circolazione e lo scambio di dati e informazioni, nonché l’interoperabilità dei sistemi e l’integrazione dei processi di servizio fra le diverse amministrazioni nel rispetto delle regole tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 71.

5-bis. Le pubbliche amministrazioni implementano e consolidano i processi di informatizzazione in atto, ivi compresi quelli riguardanti l’erogazione in via telematica di servizi a cittadini ed imprese anche con l’intervento di privati (17).

(15) Comma aggiunto dall’art. 5, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

(16) Comma aggiunto dall’art. 5, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

(17) Comma aggiunto dall’art. 5, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

13. Formazione informatica dei dipendenti pubblici.

1. Le pubbliche amministrazioni nella predisposizione dei piani di cui all’articolo 7-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e nell’ambito delle risorse finanziarie previste dai piani medesimi, attuano anche politiche di formazione del personale finalizzate alla conoscenza e all’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

Art. 14. Rapporti tra Stato, regioni e autonomie locali.

1. In attuazione del disposto dell’articolo 117, secondo comma, lettera r), della Costituzione, lo Stato disciplina il coordinamento informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale, dettando anche le regole tecniche necessarie per garantire la sicurezza e l’interoperabilità dei sistemi informatici e dei flussi informativi per la circolazione e lo scambio dei dati e per l’accesso ai servizi erogati in rete dalle amministrazioni medesime.

2. Lo Stato, le regioni e le autonomie locali promuovono le intese e gli accordi e adottano, attraverso la Conferenza unificata, gli indirizzi utili per realizzare un processo di digitalizzazione dell’azione amministrativa coordinato e condiviso e per l’individuazione delle regole tecniche di cui all’articolo 71.

3. Lo Stato, ai fini di quanto previsto ai commi 1 e 2, istituisce organismi di cooperazione con le regioni e le autonomie locali, promuove intese ed accordi tematici e territoriali, favorisce la collaborazione interregionale, incentiva la realizzazione di progetti a livello locale, in particolare mediante il trasferimento delle soluzioni tecniche ed organizzative, previene il divario tecnologico tra amministrazioni di diversa dimensione e collocazione territoriale.

3-bis. Ai fini di quanto previsto ai commi 1, 2 e 3, è istituita senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, presso la Conferenza unificata, previa delibera della medesima che ne definisce la composizione e le specifiche competenze, una Commissione permanente per l’innovazione tecnologica nelle regioni e negli enti locali con funzioni istruttorie e consultive (18).

(18) Comma aggiunto dall’art. 6, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

Art. 15. Digitalizzazione e riorganizzazione.

1. La riorganizzazione strutturale e gestionale delle pubbliche amministrazioni volta al perseguimento degli obiettivi di cui all’articolo 12, comma 1, avviene anche attraverso il migliore e più esteso utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nell’àmbito di una coordinata strategia che garantisca il coerente sviluppo del processo di digitalizzazione.

2. In attuazione del comma 1, le pubbliche amministrazioni provvedono in particolare a razionalizzare e semplificare i procedimenti amministrativi, le attività gestionali, i documenti, la modulistica, le modalità di accesso e di presentazione delle istanze da parte dei cittadini e delle imprese, assicurando che l’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione avvenga in conformità alle prescrizioni tecnologiche definite nelle regole tecniche di cui all’articolo 71.

3. La digitalizzazione dell’azione amministrativa è attuata dalle pubbliche amministrazioni con modalità idonee a garantire la partecipazione dell’Italia alla costruzione di reti transeuropee per lo scambio elettronico di dati e servizi fra le amministrazioni dei Paesi membri dell’Unione europea (19).

(19) Con D.M. 17 giugno 2008 (Gazz. Uff. 3 luglio 2008, n. 154) sono state approvate le specifiche tecniche per la trasmissione dei dati ai fini della cooperazione applicativa con i servizi di emergenza.

Art. 16. Competenze del Presidente del Consiglio dei Ministri in materia di innovazione e tecnologie.

1. Per il perseguimento dei fini di cui al presente codice, il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro delegato per l’innovazione e le tecnologie, nell’attività di coordinamento del processo di digitalizzazione e di coordinamento e di valutazione dei programmi, dei progetti e dei piani di azione formulati dalle pubbliche amministrazioni centrali per lo sviluppo dei sistemi informativi:

a) definisce con proprie direttive le linee strategiche, la pianificazione e le aree di intervento dell’innovazione tecnologica nelle pubbliche amministrazioni centrali, e ne verifica l’attuazione;

b) valuta, sulla base di criteri e metodiche di ottimizzazione della spesa, il corretto utilizzo delle risorse finanziarie per l’informatica e la telematica da parte delle singole amministrazioni centrali;

c) sostiene progetti di grande contenuto innovativo, di rilevanza strategica, di preminente interesse nazionale, con particolare attenzione per i progetti di carattere intersettoriale;

d) promuove l’informazione circa le iniziative per la diffusione delle nuove tecnologie;

e) detta norme tecniche ai sensi dell’articolo 71 e criteri in tema di pianificazione, progettazione, realizzazione, gestione, mantenimento dei sistemi informativi automatizzati delle pubbliche amministrazioni centrali e delle loro interconnessioni, nonché della loro qualità e relativi aspetti organizzativi e della loro sicurezza.

2. Il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro delegato per l’innovazione e le tecnologie riferisce annualmente al Parlamento sullo stato di attuazione del presente codice.

Art. 17. Strutture per l’organizzazione, l’innovazione e le tecnologie.

1. Le pubbliche amministrazioni centrali garantiscono l’attuazione delle linee strategiche per la riorganizzazione e digitalizzazione dell’amministrazione definite dal Governo. A tale fine le predette amministrazioni individuano un centro di competenza cui afferiscono i compiti relativi a:

a) coordinamento strategico dello sviluppo dei sistemi informativi, in modo da assicurare anche la coerenza con gli standard tecnici e organizzativi comuni;

b) indirizzo e coordinamento dello sviluppo dei servizi, sia interni che esterni, forniti dai sistemi informativi dell’amministrazione;

c) indirizzo, coordinamento e monitoraggio della sicurezza informatica;

d) accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici e promozione dell’accessibilità anche in attuazione di quanto previsto dalla legge 9 gennaio 2004, n. 4;

e) analisi della coerenza tra l’organizzazione dell’amministrazione e l’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, al fine di migliorare la soddisfazione dell’utenza e la qualità dei servizi nonché di ridurre i tempi e i costi dell’azione amministrativa;

f) cooperazione alla revisione della riorganizzazione dell’amministrazione ai fini di cui alla lettera e);

g) indirizzo, coordinamento e monitoraggio della pianificazione prevista per lo sviluppo e la gestione dei sistemi informativi;

h) progettazione e coordinamento delle iniziative rilevanti ai fini di una più efficace erogazione di servizi in rete a cittadini e imprese mediante gli strumenti della cooperazione applicativa tra pubbliche amministrazioni, ivi inclusa la predisposizione e l’attuazione di accordi di servizio tra amministrazioni per la realizzazione e compartecipazione dei sistemi informativi cooperativi;

i) promozione delle iniziative attinenti l’attuazione delle direttive impartite dal Presidente del Consiglio dei Ministri o dal Ministro delegato per l’innovazione e le tecnologie;

j) pianificazione e coordinamento del processo di diffusione, all’interno dell’amministrazione, dei sistemi di posta elettronica, protocollo informatico, firma digitale e mandato informatico, e delle norme in materia di sicurezza, accessibilità e fruibilità.

1-bis. Ciascun Ministero istituisce un unico centro di competenza, salva la facoltà delle Agenzie di istituire un proprio centro (20).

(20) Comma aggiunto dall’art. 7, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

Art. 18. Conferenza permanente per l’innovazione tecnologica.

1. È istituita la Conferenza permanente per l’innovazione tecnologica con funzioni di consulenza al Presidente del Consiglio dei Ministri, o al Ministro delegato per l’innovazione e le tecnologie, in materia di sviluppo ed attuazione dell’innovazione tecnologica nelle amministrazioni dello Stato.

2. La Conferenza permanente per l’innovazione tecnologica è presieduta da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei Ministri designato dal Presidente del Consiglio dei Ministri o dal Ministro delegato per l’innovazione e le tecnologie; ne fanno parte il Presidente del Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione (d’ora in poi CNIPA), i componenti del CNIPA, il Capo del Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie, nonché i responsabili delle funzioni di cui all’articolo 17.

3. La Conferenza permanente per l’innovazione tecnologica si riunisce con cadenza almeno semestrale per la verifica dello stato di attuazione dei programmi in materia di innovazione tecnologica e del piano triennale di cui all’articolo 9 del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39.

4. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, o il Ministro delegato per l’innovazione e le tecnologie, provvede, con proprio decreto, a disciplinare il funzionamento della Conferenza permanente per l’innovazione tecnologica.

5. La Conferenza permanente per l’innovazione tecnologica può sentire le organizzazioni produttive e di categoria.

6. La Conferenza permanente per l’innovazione tecnologica opera senza rimborsi spese o compensi per i partecipanti a qualsiasi titolo dovuti, compreso il trattamento economico di missione; dal presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.

Art. 19. Banca dati per la legislazione in materia di pubblico impiego.

1. È istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica, una banca dati contenente la normativa generale e speciale in materia di rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni.

2. La Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica, cura l’aggiornamento periodico della banca dati di cui al comma 1, tenendo conto delle innovazioni normative e della contrattazione collettiva successivamente intervenuta, e assicurando agli utenti la consultazione gratuita.

3. All’onere derivante dall’attuazione del presente articolo si provvede ai sensi dell’articolo 21, comma 3, della legge 29 luglio 2003, n. 229.

Capo II

Documento informatico e firme elettroniche; pagamenti, libri e scritture

Sezione I

Documento informatico

Art. 20. Documento informatico.

1. Il documento informatico da chiunque formato, la registrazione su supporto informatico e la trasmissione con strumenti telematici conformi alle regole tecniche di cui all’articolo 71 sono validi e rilevanti agli effetti di legge, ai sensi delle disposizioni del presente codice (21).

1-bis. L’idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta è liberamente valutabile in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità ed immodificabilità, fermo restando quanto disposto dal comma 2 (22).

2. Il documento informatico sottoscritto con firma elettronica qualificata o con firma digitale, formato nel rispetto delle regole tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 71, che garantiscano l’identificabilità dell’autore, l’integrità e l’immodificabilità del documento, si presume riconducibile al titolare del dispositivo di firma ai sensi dell’articolo 21, comma 2, e soddisfa comunque il requisito della forma scritta, anche nei casi previsti, sotto pena di nullità, dall’articolo 1350, primo comma, numeri da 1 a 12 del codice civile (23).

3. Le regole tecniche per la formazione, per la trasmissione, la conservazione, la duplicazione, la riproduzione e la validazione temporale dei documenti informatici sono stabilite ai sensi dell’articolo 71; la data e l’ora di formazione del documento informatico sono opponibili ai terzi se apposte in conformità alle regole tecniche sulla validazione temporale (24).

4. Con le medesime regole tecniche sono definite le misure tecniche, organizzative e gestionali volte a garantire l’integrità, la disponibilità e la riservatezza delle informazioni contenute nel documento informatico.

5. Restano ferme le disposizioni di legge in materia di protezione dei dati personali.

(21) Comma così modificato dall’art. 8, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

(22) Comma aggiunto dall’art. 8, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

(23) Comma così sostituito dall’art. 8, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

(24) Comma così modificato dall’art. 8, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

Art. 21. Valore probatorio del documento informatico sottoscritto.

1. Il documento informatico, cui è apposta una firma elettronica, sul piano probatorio è liberamente valutabile in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità e immodificabilità (25).

2. Il documento informatico, sottoscritto con firma digitale o con un altro tipo di firma elettronica qualificata, ha l’efficacia prevista dall’articolo 2702 del codice civile. L’utilizzo del dispositivo di firma si presume riconducibile al titolare, salvo che questi dia prova contraria (26).

3. L’apposizione ad un documento informatico di una firma digitale o di un altro tipo di firma elettronica qualificata basata su un certificato elettronico revocato, scaduto o sospeso equivale a mancata sottoscrizione. La revoca o la sospensione, comunque motivate, hanno effetto dal momento della pubblicazione, salvo che il revocante, o chi richiede la sospensione, non dimostri che essa era già a conoscenza di tutte le parti interessate.

4. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche se la firma elettronica è basata su un certificato qualificato rilasciato da un certificatore stabilito in uno Stato non facente parte dell’Unione europea, quando ricorre una delle seguenti condizioni:

a) il certificatore possiede i requisiti di cui alla direttiva 1999/93/CE del 13 dicembre 1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, ed è accreditato in uno Stato membro;

b) il certificato qualificato è garantito da un certificatore stabilito nella Unione europea, in possesso dei requisiti di cui alla medesima direttiva;

c) il certificato qualificato, o il certificatore, è riconosciuto in forza di un accordo bilaterale o multilaterale tra l’Unione europea e Paesi terzi o organizzazioni internazionali.

5. Gli obblighi fiscali relativi ai documenti informatici ed alla loro riproduzione su diversi tipi di supporto sono assolti secondo le modalità definite con uno o più decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro delegato per l’innovazione e le tecnologie.

(25) Comma così modificato dall’art. 9, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

(26) Comma così modificato dall’art. 9, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

Art. 22. Documenti informatici originali e copie. Formazione e conservazione (27).

1. Gli atti formati con strumenti informatici, i dati e i documenti informatici delle pubbliche amministrazioni costituiscono informazione primaria ed originale da cui è possibile effettuare, su diversi tipi di supporto, riproduzioni e copie per gli usi consentiti dalla legge.

2. Nelle operazioni riguardanti le attività di produzione, immissione, conservazione, riproduzione e trasmissione di dati, documenti ed atti amministrativi con sistemi informatici e telematici, ivi compresa l’emanazione degli atti con i medesimi sistemi, devono essere indicati e resi facilmente individuabili sia i dati relativi alle amministrazioni interessate, sia il soggetto che ha effettuato l’operazione.

3. Le copie su supporto informatico di documenti formati in origine su altro tipo di supporto sostituiscono, ad ogni effetto di legge, gli originali da cui sono tratte, se la loro conformità all’originale è assicurata dal funzionario a ciò delegato nell’ambito dell’ordinamento proprio dell’amministrazione di appartenenza, mediante l’utilizzo della firma digitale e nel rispetto delle regole tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 71.

4. Le regole tecniche in materia di formazione e conservazione di documenti informatici delle pubbliche amministrazioni sono definite ai sensi dell’articolo 71, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, nonché d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e sentito il Garante per la protezione dei dati personali.

(27) Rubrica così sostituita dall’art. 10, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

Art. 23. Copie di atti e documenti informatici.

1. All’articolo 2712 del codice civile dopo le parole: «riproduzioni fotografiche» è inserita la seguente: «, informatiche».

2. I duplicati, le copie, gli estratti del documento informatico, anche se riprodotti su diversi tipi di supporto, sono validi a tutti gli effetti di legge, se conformi alle vigenti regole tecniche.

2-bis. Le copie su supporto cartaceo di documento informatico, anche sottoscritto con firma elettronica qualificata o con firma digitale, sostituiscono ad ogni effetto di legge l’originale da cui sono tratte se la loro conformità all’originale in tutte le sue componenti è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato (28).

3. I documenti informatici contenenti copia o riproduzione di atti pubblici, scritture private e documenti in genere, compresi gli atti e documenti amministrativi di ogni tipo, spediti o rilasciati dai depositari pubblici autorizzati e dai pubblici ufficiali, hanno piena efficacia, ai sensi degli articoli 2714 e 2715 del codice civile, se ad essi è apposta o associata, da parte di colui che li spedisce o rilascia, una firma digitale o altra firma elettronica qualificata.

4. Le copie su supporto informatico di qualsiasi tipologia di documenti analogici originali, formati in origine su supporto cartaceo o su altro supporto non informatico, sostituiscono ad ogni effetto di legge gli originali da cui sono tratte se la loro conformità all’originale è assicurata da chi lo detiene mediante l’utilizzo della propria firma digitale e nel rispetto delle regole tecniche di cui all’articolo 71 (29).

5. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri possono essere individuate particolari tipologie di documenti analogici originali unici per le quali, in ragione di esigenze di natura pubblicistica, permane l’obbligo della conservazione dell’originale analogico oppure, in caso di conservazione ottica sostitutiva, la loro conformità all’originale deve essere autenticata da un notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato con dichiarazione da questi firmata digitalmente ed allegata al documento informatico (30).

6. La spedizione o il rilascio di copie di atti e documenti di cui al comma 3, esonera dalla produzione e dalla esibizione dell’originale formato su supporto cartaceo quando richieste ad ogni effetto di legge.

7. Gli obblighi di conservazione e di esibizione di documenti previsti dalla legislazione vigente si intendono soddisfatti a tutti gli effetti di legge a mezzo di documenti informatici, se le procedure utilizzate sono conformi alle regole tecniche dettate ai sensi dell’articolo 71 di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

(28) Comma aggiunto dall’art. 11, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

(29) Comma così sostituito dal comma 12 dell’art. 16, D.L. 29 novembre 2008, n. 185.

(30) Comma così sostituito dal comma 12 dell’art. 16, D.L. 29 novembre 2008, n. 185.

Sezione II

Firme elettroniche e certificatori (31)

Art. 24. Firma digitale.

1. La firma digitale deve riferirsi in maniera univoca ad un solo soggetto ed al documento o all’insieme di documenti cui è apposta o associata.

2. L’apposizione di firma digitale integra e sostituisce l’apposizione di sigilli, punzoni, timbri, contrassegni e marchi di qualsiasi genere ad ogni fine previsto dalla normativa vigente.

3. Per la generazione della firma digitale deve adoperarsi un certificato qualificato che, al momento della sottoscrizione, non risulti scaduto di validità ovvero non risulti revocato o sospeso.

4. Attraverso il certificato qualificato si devono rilevare, secondo le regole tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 71, la validità del certificato stesso, nonché gli elementi identificativi del titolare e del certificatore e gli eventuali limiti d’uso.

(31) Vedi, anche, il D.P.C.M. 30 marzo 2009.

Art. 25. Firma autenticata.

1. Si ha per riconosciuta, ai sensi dell’articolo 2703 del codice civile, la firma digitale o altro tipo di firma elettronica qualificata autenticata dal notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato.

2. L’autenticazione della firma digitale o di altro tipo di firma elettronica qualificata consiste nell’attestazione, da parte del pubblico ufficiale, che la firma è stata apposta in sua presenza dal titolare, previo accertamento della sua identità personale, della validità del certificato elettronico utilizzato e del fatto che il documento sottoscritto non è in contrasto con l’ordinamento giuridico.

3. L’apposizione della firma digitale o di altro tipo di firma elettronica qualificata da parte del pubblico ufficiale ha l’efficacia di cui all’articolo 24, comma 2.

4. Se al documento informatico autenticato deve essere allegato altro documento formato in originale su altro tipo di supporto, il pubblico ufficiale può allegare copia informatica autenticata dell’originale, secondo le disposizioni dell’articolo 23, comma 5.

Art. 26. Certificatori.

1. L’attività dei certificatori stabiliti in Italia o in un altro Stato membro dell’Unione europea è libera e non necessita di autorizzazione preventiva. Detti certificatori o, se persone giuridiche, i loro legali rappresentanti ed i soggetti preposti all’amministrazione, devono possedere i requisiti di onorabilità richiesti ai soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso le banche di cui all’articolo 26 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni.

2. L’accertamento successivo dell’assenza o del venir meno dei requisiti di cui al comma 1 comporta il divieto di prosecuzione dell’attività intrapresa.

3. Ai certificatori qualificati e ai certificatori accreditati che hanno sede stabile in altri Stati membri dell’Unione europea non si applicano le norme del presente codice e le relative norme tecniche di cui all’articolo 71 e si applicano le rispettive norme di recepimento della direttiva 1999/93/CE.

Art. 27. Certificatori qualificati.

1. I certificatori che rilasciano al pubblico certificati qualificati devono trovarsi nelle condizioni previste dall’articolo 26.

2. I certificatori di cui al comma 1, devono inoltre:

a) dimostrare l’affidabilità organizzativa, tecnica e finanziaria necessaria per svolgere attività di certificazione;

b) utilizzare personale dotato delle conoscenze specifiche, dell’esperienza e delle competenze necessarie per i servizi forniti, in particolare della competenza a livello gestionale, della conoscenza specifica nel settore della tecnologia delle firme elettroniche e della dimestichezza con procedure di sicurezza appropriate e che sia in grado di rispettare le norme del presente codice e le regole tecniche di cui all’articolo 71;

c) applicare procedure e metodi amministrativi e di gestione adeguati e conformi a tecniche consolidate;

d) utilizzare sistemi affidabili e prodotti di firma protetti da alterazioni e che garantiscano la sicurezza tecnica e crittografica dei procedimenti, in conformità a criteri di sicurezza riconosciuti in ambito europeo e internazionale e certificati ai sensi dello schema nazionale di cui all’articolo 35, comma 5;

e) adottare adeguate misure contro la contraffazione dei certificati, idonee anche a garantire la riservatezza, l’integrità e la sicurezza nella generazione delle chiavi private nei casi in cui il certificatore generi tali chiavi.

3. I certificatori di cui al comma 1, devono comunicare, prima dell’inizio dell’attività, anche in via telematica, una dichiarazione di inizio di attività al CNIPA, attestante l’esistenza dei presupposti e dei requisiti previsti dal presente codice.

4. Il CNIPA procede, d’ufficio o su segnalazione motivata di soggetti pubblici o privati, a controlli volti ad accertare la sussistenza dei presupposti e dei requisiti previsti dal presente codice e dispone, se del caso, con provvedimento motivato da notificare all’interessato, il divieto di prosecuzione dell’attività e la rimozione dei suoi effetti, salvo che, ove ciò sia possibile, l’interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro il termine prefissatogli dall’amministrazione stessa.

Art. 28. Certificati qualificati.

1. I certificati qualificati devono contenere almeno le seguenti informazioni:

a) indicazione che il certificato elettronico rilasciato è un certificato qualificato;

b) numero di serie o altro codice identificativo del certificato;

c) nome, ragione o denominazione sociale del certificatore che ha rilasciato il certificato e lo Stato nel quale è stabilito;

d) nome, cognome o uno pseudonimo chiaramente identificato come tale e codice fiscale del titolare del certificato;

e) dati per la verifica della firma, cioè i dati peculiari, come codici o chiavi crittografiche pubbliche, utilizzati per verificare la firma elettronica corrispondenti ai dati per la creazione della stessa in possesso del titolare;

f) indicazione del termine iniziale e finale del periodo di validità del certificato;

g) firma elettronica del certificatore che ha rilasciato il certificato, realizzata in conformità alle regole tecniche ed idonea a garantire l’integrità e la veridicità di tutte le informazioni contenute nel certificato medesimo (32).

2. In aggiunta alle informazioni di cui al comma 1, fatta salva la possibilità di utilizzare uno pseudonimo, per i titolari residenti all’estero cui non risulti attribuito il codice fiscale, si deve indicare il codice fiscale rilasciato dall’autorità fiscale del Paese di residenza o, in mancanza, un analogo codice identificativo, quale ad esempio un codice di sicurezza sociale o un codice identificativo generale.

3. Il certificato qualificato può contenere, ove richiesto dal titolare o dal terzo interessato, le seguenti informazioni, se pertinenti allo scopo per il quale il certificato è richiesto (33):

a) le qualifiche specifiche del titolare, quali l’appartenenza ad ordini o collegi professionali, la qualifica di pubblico ufficiale, l’iscrizione ad albi o il possesso di altre abilitazioni professionali, nonché poteri di rappresentanza (34);

b) i limiti d’uso del certificato, inclusi quelli derivanti dalla titolarità delle qualifiche e dai poteri di rappresentanza di cui alla lettera a) ai sensi dell’articolo 30, comma 3 (35).

c) limiti del valore degli atti unilaterali e dei contratti per i quali il certificato può essere usato, ove applicabili.

4. Il titolare, ovvero il terzo interessato se richiedente ai sensi del comma 3, comunicano tempestivamente al certificatore il modificarsi o venir meno delle circostanze oggetto delle informazioni di cui al presente articolo.

(32) Lettera così modificata dall’art. 12, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

(33) Alinea così modificato dall’art. 12, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

(34) Lettera così modificata dall’art. 12, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

(35) Lettera così sostituita dall’art. 12, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

Art. 29. Accreditamento.

1. I certificatori che intendono conseguire il riconoscimento del possesso dei requisiti del livello più elevato, in termini di qualità e di sicurezza, chiedono di essere accreditati presso il CNIPA.

2. Il richiedente deve rispondere ai requisiti di cui all’articolo 27, ed allegare alla domanda oltre ai documenti indicati nel medesimo articolo il profilo professionale del personale responsabile della generazione dei dati per la creazione e per la verifica della firma, della emissione dei certificati e della gestione del registro dei certificati nonché l’impegno al rispetto delle regole tecniche.

3. Il richiedente, se soggetto privato, in aggiunta a quanto previsto dal comma 2, deve inoltre:

a) avere forma giuridica di società di capitali e un capitale sociale non inferiore a quello necessario ai fini dell’autorizzazione alla attività bancaria ai sensi dell’articolo 14 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385;

b) garantire il possesso, oltre che da parte dei rappresentanti legali, anche da parte dei soggetti preposti alla amministrazione e dei componenti degli organi preposti al controllo, dei requisiti di onorabilità richiesti ai soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso banche ai sensi dell’articolo 26 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385.

4. La domanda di accreditamento si considera accolta qualora non venga comunicato all’interessato il provvedimento di diniego entro novanta giorni dalla data di presentazione della stessa.

5. Il termine di cui al comma 4, può essere sospeso una sola volta entro trenta giorni dalla data di presentazione della domanda, esclusivamente per la motivata richiesta di documenti che integrino o completino la documentazione presentata e che non siano già nella disponibilità del CNIPA o che questo non possa acquisire autonomamente. In tale caso, il termine riprende a decorrere dalla data di ricezione della documentazione integrativa.

6. A seguito dell’accoglimento della domanda, il CNIPA dispone l’iscrizione del richiedente in un apposito elenco pubblico, tenuto dal CNIPA stesso e consultabile anche in via telematica, ai fini dell’applicazione della disciplina in questione.

7. Il certificatore accreditato può qualificarsi come tale nei rapporti commerciali e con le pubbliche amministrazioni.

8. Sono equiparati ai certificatori accreditati ai sensi del presente articolo i certificatori accreditati in altri Stati membri dell’Unione europea ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 1999/93/CE.

9. Alle attività previste dal presente articolo si fa fronte nell’ambito delle risorse del CNIPA, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Art. 30. Responsabilità del certificatore.

1. Il certificatore che rilascia al pubblico un certificato qualificato o che garantisce al pubblico l’affidabilità del certificato è responsabile, se non prova d’aver agito senza colpa o dolo, del danno cagionato a chi abbia fatto ragionevole affidamento:

a) sull’esattezza e sulla completezza delle informazioni necessarie alla verifica della firma in esso contenute alla data del rilascio e sulla loro completezza rispetto ai requisiti fissati per i certificati qualificati;

b) sulla garanzia che al momento del rilascio del certificato il firmatario detenesse i dati per la creazione della firma corrispondenti ai dati per la verifica della firma riportati o identificati nel certificato;

c) sulla garanzia che i dati per la creazione e per la verifica della firma possano essere usati in modo complementare, nei casi in cui il certificatore generi entrambi;

d) sull’adempimento degli obblighi a suo carico previsti dall’articolo 32.

2. Il certificatore che rilascia al pubblico un certificato qualificato è responsabile, nei confronti dei terzi che facciano affidamento sul certificato stesso, dei danni provocati per effetto della mancata o non tempestiva registrazione della revoca o non tempestiva sospensione del certificato, secondo quanto previsto. dalle regole tecniche di cui all’articolo 71, salvo che provi d’aver agito senza colpa.

3. Il certificato qualificato può contenere limiti d’uso ovvero un valore limite per i negozi per i quali può essere usato il certificato stesso, purché i limiti d’uso o il valore limite siano riconoscibili da parte dei terzi e siano chiaramente evidenziati nel certificato secondo quanto previsto dalle regole tecniche di cui all’articolo 71. Il certificatore non è responsabile dei danni derivanti dall’uso di un certificato qualificato che ecceda i limiti posti dallo stesso o derivanti dal superamento del valore limite (36).

(36) Comma così modificato dall’art. 13, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

Art. 31. Vigilanza sull’attività di certificazione.

1. Il CNIPA svolge funzioni di vigilanza e controllo sull’attività dei certificatori qualificati e accreditati.

Art. 32. Obblighi del titolare e del certificatore.

1. Il titolare del certificato di firma è tenuto ad assicurare la custodia del dispositivo di forma e ad adottare tutte le misure organizzative e tecniche idonee ad evitare danno ad altri; è altresì tenuto ad utilizzare personalmente il dispositivo di firma (37).

2. Il certificatore è tenuto ad adottare tutte le misure organizzative e tecniche idonee ad evitare danno a terzi (38).

3. Il certificatore che rilascia, ai sensi dell’articolo 19, certificati qualificati deve inoltre:

a) provvedere con certezza alla identificazione della persona che fa richiesta della certificazione;

b) rilasciare e rendere pubblico il certificato elettronico nei modi o nei casi stabiliti dalle regole tecniche di cui all’articolo 71, nel rispetto del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e successive modificazioni;

c) specificare, nel certificato qualificato su richiesta dell’istante, e con il consenso del terzo interessato, i poteri di rappresentanza o altri titoli relativi all’attività professionale o a cariche rivestite, previa verifica della documentazione presentata dal richiedente che attesta la sussistenza degli stessi;

d) attenersi alle regole tecniche di cui all’articolo 71;

e) informare i richiedenti in modo compiuto e chiaro, sulla procedura di certificazione e sui necessari requisiti tecnici per accedervi e sulle caratteristiche e sulle limitazioni d’uso delle firme emesse sulla base del servizio di certificazione;

f) non rendersi depositario di dati per la creazione della firma del titolare;

g) procedere alla tempestiva pubblicazione della revoca e della sospensione del certificato elettronico in caso di richiesta da parte del titolare o del terzo dal quale derivino i poteri del titolare medesimo, di perdita del possesso o della compromissione del dispositivo di firma, di provvedimento dell’autorità, di acquisizione della conoscenza di cause limitative della capacità del titolare, di sospetti abusi o falsificazioni, secondo quanto previsto dalle regole tecniche di cui all’articolo 71;

h) garantire un servizio di revoca e sospensione dei certificati elettronici sicuro e tempestivo nonché garantire il funzionamento efficiente, puntuale e sicuro degli elenchi dei certificati di firma emessi, sospesi e revocati;

i) assicurare la precisa determinazione della data e dell’ora di rilascio, di revoca e di sospensione dei certificati elettronici;

j) tenere registrazione, anche elettronica, di tutte le informazioni relative al certificato qualificato dal momento della sua emissione almeno per venti anni anche al fine di fornire prova della certificazione in eventuali procedimenti giudiziari (39);

k) non copiare, né conservare, le chiavi private di firma del soggetto cui il certificatore ha fornito il servizio di certificazione;

l) predisporre su mezzi di comunicazione durevoli tutte le informazioni utili ai soggetti che richiedono il servizio di certificazione, tra cui in particolare gli esatti termini e condizioni relative all’uso del certificato, compresa ogni limitazione dell’uso, l’esistenza di un sistema di accreditamento facoltativo e le procedure di reclamo e di risoluzione delle controversie; dette informazioni, che possono essere trasmesse elettronicamente, devono essere scritte in linguaggio chiaro ed essere fornite prima dell’accordo tra il richiedente il servizio ed il certificatore;

m) utilizzare sistemi affidabili per la gestione del registro dei certificati con modalità tali da garantire che soltanto le persone autorizzate possano effettuare inserimenti e modifiche, che l’autenticità delle informazioni sia verificabile, che i certificati siano accessibili alla consultazione del pubblico soltanto nei casi consentiti dal titolare del certificato e che l’operatore possa rendersi conto di qualsiasi evento che comprometta i requisiti di sicurezza. Su richiesta, elementi pertinenti delle informazioni possono essere resi accessibili a terzi che facciano affidamento sul certificato.

4. Il certificatore è responsabile dell’identificazione del soggetto che richiede il certificato qualificato di firma anche se tale attività è delegata a terzi.

5. Il certificatore raccoglie i dati personali solo direttamente dalla persona cui si riferiscono o previo suo esplicito consenso, e soltanto nella misura necessaria al rilascio e al mantenimento del certificato, fornendo l’informativa prevista dall’articolo 13 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. I dati non possono essere raccolti o elaborati per fini diversi senza l’espresso consenso della persona cui si riferiscono.

(37) Comma così modificato dall’art. 14, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

(38) Comma così modificato dall’art. 14, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

(39) Lettera così modificata dall’art. 14, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

Art. 33. Uso di pseudonimi.

1. In luogo del nome del titolare il certificatore può riportare sul certificato elettronico uno pseudonimo, qualificandolo come tale. Se il certificato è qualificato, il certificatore ha l’obbligo di conservare le informazioni relative alla reale identità del titolare per almeno dieci anni dopo la scadenza del certificato stesso.

Art. 34. Norme particolari per le pubbliche amministrazioni e per altri soggetti qualificati.

1. Ai fini della sottoscrizione, ove prevista, di documenti informatici di rilevanza esterna, le pubbliche amministrazioni:

a) possono svolgere direttamente l’attività di rilascio dei certificati qualificati avendo a tale fine l’obbligo di accreditarsi ai sensi dell’articolo 29; tale attività può essere svolta esclusivamente nei confronti dei propri organi ed uffici, nonché di categorie di terzi, pubblici o privati. I certificati qualificati rilasciati in favore di categorie di terzi possono essere utilizzati soltanto nei rapporti con l’Amministrazione certificante, al di fuori dei quali sono privi di ogni effetto ad esclusione di quelli rilasciati da collegi e ordini professionali e relativi organi agli iscritti nei rispettivi albi e registri; con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri per la funzione pubblica e per l’innovazione e le tecnologie e dei Ministri interessati, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono definite le categorie di terzi e le caratteristiche dei certificati qualificati (40);

b) possono rivolgersi a certificatori accreditati, secondo la vigente normativa in materia di contratti pubblici.

2. Per la formazione, gestione e sottoscrizione di documenti informatici aventi rilevanza esclusivamente interna ciascuna amministrazione può adottare, nella propria autonomia organizzativa, regole diverse da quelle contenute nelle regole tecniche di cui all’articolo 71 (41).

3. Le regole tecniche concernenti la qualifica di pubblico ufficiale, l’appartenenza ad ordini o collegi professionali, l’iscrizione ad albi o il possesso di altre abilitazioni sono emanate con decreti di cui all’articolo 71 di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, con il Ministro della giustizia e con gli altri Ministri di volta in volta interessati, sulla base dei princìpi generali stabiliti dai rispettivi ordinamenti.

4. Nelle more della definizione delle specifiche norme tecniche di cui al comma 3, si applicano le norme tecniche vigenti in materia di firme digitali.

5. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del presente codice le pubbliche amministrazioni devono dotarsi di idonee procedure informatiche e strumenti software per la verifica delle firme digitali secondo quanto previsto dalle regole tecniche di cui all’articolo 71.

(40) Lettera così modificata dall’art. 15, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

(41) Comma così modificato dall’art. 15, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

Art. 35. Dispositivi sicuri e procedure per la generazione della firma.

1. I dispositivi sicuri e le procedure utilizzate per la generazione delle firme devono presentare requisiti di sicurezza tali da garantire che la chiave privata:

a) sia riservata;

b) non possa essere derivata e che la relativa firma sia protetta da contraffazioni;

c) possa essere sufficientemente protetta dal titolare dall’uso da parte di terzi.

2. I dispositivi sicuri e le procedure di cui al comma 1 devono garantire l’integrità dei documenti informatici a cui la firma si riferisce. I documenti informatici devono essere presentati al titolare, prima dell’apposizione della firma, chiaramente e senza ambiguità, e si deve richiedere conferma della volontà di generare la firma secondo quanto previsto dalle regole tecniche di cui all’articolo 71.

3. Il secondo periodo del comma 2 non si applica alle firme apposte con procedura automatica. L’apposizione di firme con procedura automatica è valida se l’attivazione della procedura medesima è chiaramente riconducibile alla volontà del titolare e lo stesso renda palese la sua adozione in relazione al singolo documento firmato automaticamente.

4. I dispositivi sicuri di firma sono sottoposti alla valutazione e certificazione di sicurezza ai sensi dello schema nazionale per la valutazione e certificazione di sicurezza nel settore della tecnologia dell’informazione di cui al comma 5.

5. La conformità dei requisiti di sicurezza dei dispositivi per la creazione di una firma qualificata prescritti dall’allegato III della direttiva 1999/93/CE è accertata, in Italia, in base allo schema nazionale per la valutazione e certificazione di sicurezza nel settore della tecnologia dell’informazione, fissato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, o, per sua delega, del Ministro per l’innovazione e le tecnologie, di concerto con i Ministri delle comunicazioni, delle attività produttive e dell’economia e delle finanze. Lo schema nazionale la cui attuazione non deve determinare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato ed individua l’organismo pubblico incaricato di accreditare i centri di valutazione e di certificare le valutazioni di sicurezza. Lo schema nazionale può prevedere altresì la valutazione e la certificazione relativamente ad ulteriori criteri europei ed internazionali, anche riguardanti altri sistemi e prodotti afferenti al settore suddetto.

6. La conformità ai requisiti di sicurezza dei dispositivi sicuri per la creazione di una firma qualificata a quanto prescritto dall’allegato III della direttiva 1999/93/CE è inoltre riconosciuta se certificata da un organismo all’uopo designato da un altro Stato membro e notificato ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 1, lettera b), della direttiva stessa.

Art. 36. Revoca e sospensione dei certificati qualificati.

1. Il certificato qualificato deve essere a cura del certificatore:

a) revocato in caso di cessazione dell’attività del certificatore salvo quanto previsto dal comma 2 dell’articolo 37 (42);

b) revocato o sospeso in esecuzione di un provvedimento dell’autorità;

c) revocato o sospeso a seguito di richiesta del titolare o del terzo dal quale derivano i poteri del titolare, secondo le modalità previste nel presente codice;

d) revocato o sospeso in presenza di cause limitative della capacità del titolare o di abusi o falsificazioni.

2. Il certificato qualificato può, inoltre, essere revocato o sospeso nei casi previsti dalle regole tecniche di cui all’articolo 71.

3. La revoca o la sospensione del certificato qualificato, qualunque ne sia la causa, ha effetto dal momento della pubblicazione della lista che lo contiene. Il momento della pubblicazione deve essere attestato mediante adeguato riferimento temporale.

4. Le modalità di revoca o sospensione sono previste nelle regole tecniche di cui all’articolo 71.

(42) Lettera così modificata dall’art. 16, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

Art. 37. Cessazione dell’attività.

1. Il certificatore qualificato o accreditato che intende cessare l’attività deve, almeno sessanta giorni prima della data di cessazione, darne avviso al CNIPA e informare senza indugio i titolari dei certificati da lui emessi specificando che tutti i certificati non scaduti al momento della cessazione saranno revocati.

2. Il certificatore di cui al comma 1 comunica contestualmente la rilevazione della documentazione da parte di altro certificatore o l’annullamento della stessa. L’indicazione di un certificatore sostitutivo evita la revoca di tutti i certificati non scaduti al momento della cessazione.

3. Il certificatore di cui al comma 1 indica altro depositario del registro dei certificati e della relativa documentazione.

4. Il CNIPA rende nota la data di cessazione dell’attività del certificatore accreditato tramite l’elenco di cui all’articolo 29, comma 6.

Sezione III

Pagamenti, libri e scritture (43)

Art. 38. Pagamenti informatici.

1. Il trasferimento in via telematica di fondi tra pubbliche amministrazioni e tra queste e soggetti privati è effettuato secondo le regole tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 71 di concerto con i Ministri per la funzione pubblica, della giustizia e dell’economia e delle finanze, sentiti il Garante per la protezione dei dati personali e la Banca d’Italia.

(43) Rubrica così sostituita dall’art. 17, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

Art. 39. Libri e scritture.

1. I libri, i repertori e le scritture, ivi compresi quelli previsti dalla legge sull’ordinamento del notariato e degli archivi notarili, di cui sia obbligatoria la tenuta possono essere formati e conservati su supporti informatici in conformità alle disposizioni del presente codice e secondo le regole tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 71.

Capo III

Formazione, gestione e conservazione dei documenti informatici

Art. 40. Formazione di documenti informatici.

1. Le pubbliche amministrazioni che dispongono di idonee risorse tecnologiche formano gli originali dei propri documenti con mezzi informatici secondo le disposizioni di cui al presente codice e le regole tecniche di cui all’articolo 71.

2. Fermo restando quanto previsto dal comma 1, la redazione di documenti originali su supporto cartaceo, nonché la copia di documenti informatici sul medesimo supporto è consentita solo ove risulti necessaria e comunque nel rispetto del principio dell’economicità.

3. Con apposito regolamento, da emanarsi entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del presente codice, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sulla proposta dei Ministri delegati per la funzione pubblica, per l’innovazione e le tecnologie e del Ministro per i beni e le attività culturali, sono individuate le categorie di documenti amministrativi che possono essere redatti in originale anche su supporto cartaceo in relazione al particolare valore di testimonianza storica ed archivistica che sono idonei ad assumere.

4. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, con propri decreti, fissa la data dalla quale viene riconosciuto il valore legale degli albi, elenchi, pubblici registri ed ogni altra raccolta di dati concernenti stati, qualità personali e fatti già realizzati dalle amministrazioni, su supporto informatico, in luogo dei registri cartacei.

Art. 41. Procedimento e fascicolo informatico.

1. Le pubbliche amministrazioni gestiscono i procedimenti amministrativi utilizzando le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, nei casi e nei modi previsti dalla normativa vigente.

2. La pubblica amministrazione titolare del procedimento può raccogliere in un fascicolo informatico gli atti, i documenti e i dati del procedimento medesimo da chiunque formati; all’atto della comunicazione dell’avvio del procedimento ai sensi dell’articolo 8 della legge 7 agosto 1990, n. 241, comunica agli interessati le modalità per esercitare in via telematica i diritti di cui all’articolo 10 della citata legge 7 agosto 1990, n. 241.

2-bis. Il fascicolo informatico è realizzato garantendo la possibilità di essere direttamente consultato ed alimentato da tutte le amministrazioni coinvolte nel procedimento. Le regole per la costituzione e l’utilizzo del fascicolo sono conformi ai principi di una corretta gestione documentale ed alla disciplina della formazione, gestione, conservazione e trasmissione del documento informatico, ivi comprese le regole concernenti il protocollo informatico ed il sistema pubblico di connettività, e comunque rispettano i criteri dell’interoperabilità e della cooperazione applicativa; regole tecniche specifiche possono essere dettate ai sensi dell’articolo 71, di concerto con il Ministro della funzione pubblica (44).

2-ter. Il fascicolo informatico reca l’indicazione:

a) dell’amministrazione titolare del procedimento, che cura la costituzione e la gestione del fascicolo medesimo;

b) delle altre amministrazioni partecipanti;

c) del responsabile del procedimento;

d) dell’oggetto del procedimento;

e) dell’elenco dei documenti contenuti, salvo quanto disposto dal comma 2-quater (45).

2-quater. Il fascicolo informatico può contenere aree a cui hanno accesso solo l’amministrazione titolare e gli altri soggetti da essa individuati; esso è formato in modo da garantire la corretta collocazione, la facile reperibilità e la collegabilità, in relazione al contenuto ed alle finalità, dei singoli documenti; è inoltre costituito in modo da garantire l’esercizio in via telematica dei diritti previsti dalla citata legge n. 241 del 1990 (46).

3. Ai sensi degli articoli da 14 a 14-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, previo accordo tra le amministrazioni coinvolte, la conferenza dei servizi è convocata e svolta avvalendosi degli strumenti informatici disponibili, secondo i tempi e le modalità stabiliti dalle amministrazioni medesime.

(44) Comma aggiunto dall’art. 18, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

(45) Comma aggiunto dall’art. 18, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

(46) Comma aggiunto dall’art. 18, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

Art. 42. Dematerializzazione dei documenti delle pubbliche amministrazioni.

1. Le pubbliche amministrazioni valutano in termini di rapporto tra costi e benefici il recupero su supporto informatico dei documenti e degli atti cartacei dei quali sia obbligatoria o opportuna la conservazione e provvedono alla predisposizione dei conseguenti piani di sostituzione degli archivi cartacei con archivi informatici, nel rispetto delle regole tecniche adottate ai sensi dell’articolo 71.

Art. 43. Riproduzione e conservazione dei documenti.

1. I documenti degli archivi, le scritture contabili, la corrispondenza ed ogni atto, dato o documento di cui è prescritta la conservazione per legge o regolamento, ove riprodotti su supporti informatici sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge, se la riproduzione sia effettuata in modo da garantire la conformità dei documenti agli originali e la loro conservazione nel tempo, nel rispetto delle regole tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 71.

2. Restano validi i documenti degli archivi, le scritture contabili, la corrispondenza ed ogni atto, dato o documento già conservati mediante riproduzione su supporto fotografico, su supporto ottico o con altro processo idoneo a garantire la conformità dei documenti agli originali.

3. I documenti informatici, di cui è prescritta la conservazione per legge o regolamento, possono essere archiviati per le esigenze correnti anche con modalità cartacee e sono conservati in modo permanente con modalità digitali.

4. Sono fatti salvi i poteri di controllo del Ministero per i beni e le attività culturali sugli archivi delle pubbliche amministrazioni e sugli archivi privati dichiarati di notevole interesse storico ai sensi delle disposizioni del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

Art. 44. Requisiti per la conservazione dei documenti informatici.

1. Il sistema di conservazione dei documenti informatici garantisce:

a) l’identificazione certa del soggetto che ha formato il documento e dell’amministrazione o dell’area organizzativa omogenea di riferimento di cui all’articolo 50, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445;

b) l’integrità del documento;

c) la leggibilità e l’agevole reperibilità dei documenti e delle informazioni identificative, inclusi i dati di registrazione e di classificazione originari;

d) il rispetto delle misure di sicurezza previste dagli articoli da 31 a 36 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dal disciplinare tecnico pubblicato in allegato B a tale decreto.

Capo IV

Trasmissione informatica dei documenti

Art. 45. Valore giuridico della trasmissione.

1. I documenti trasmessi da chiunque ad una pubblica amministrazione con qualsiasi mezzo telematico o informatico, ivi compreso il fax, idoneo ad accertarne la fonte di provenienza, soddisfano il requisito della forma scritta e la loro trasmissione non deve essere seguita da quella del documento originale.

2. Il documento informatico trasmesso per via telematica si intende spedito dal mittente se inviato al proprio gestore, e si intende consegnato al destinatario se reso disponibile all’indirizzo elettronico da questi dichiarato, nella casella di posta elettronica del destinatario messa a disposizione dal gestore.

Art. 46. Dati particolari contenuti nei documenti trasmessi.

1. Al fine di garantire la riservatezza dei dati sensibili o giudiziari di cui all’articolo 4, comma 1, lettere d) ed e), del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, i documenti informatici trasmessi ad altre pubbliche amministrazioni per via telematica possono contenere soltanto le informazioni relative a stati, fatti e qualità personali previste da legge o da regolamento e indispensabili per il perseguimento delle finalità per le quali sono acquisite.

Art. 47. Trasmissione dei documenti attraverso la posta elettronica tra le pubbliche amministrazioni.

1. Le comunicazioni di documenti tra le pubbliche amministrazioni avvengono di norma mediante l’utilizzo della posta elettronica; esse sono valide ai fini del procedimento amministrativo una volta che ne sia verificata la provenienza.

2. Ai fini della verifica della provenienza le comunicazioni sono valide se:

a) sono sottoscritte con firma digitale o altro tipo di firma elettronica qualificata;

b) ovvero sono dotate di protocollo informatizzato;

c) ovvero è comunque possibile accertarne altrimenti la provenienza, secondo quanto previsto dalla normativa vigente o dalle regole tecniche di cui all’articolo 71;

d) ovvero trasmesse attraverso sistemi di posta elettronica certificata di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68.

3. Entro otto mesi dalla data di entrata in vigore del presente codice le pubbliche amministrazioni centrali provvedono a (47):

a) istituire almeno una casella di posta elettronica istituzionale ed una casella di posta elettronica certificata ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, per ciascun registro di protocollo;

b) utilizzare la posta elettronica per le comunicazioni tra l’amministrazione ed i propri dipendenti, nel rispetto delle norme in materia di protezione dei dati personali e previa informativa agli interessati in merito al grado di riservatezza degli strumenti utilizzati.

(47) Alinea così modificato dall’art. 19, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

Art. 48. Posta elettronica certificata.

1. La trasmissione telematica di comunicazioni che necessitano di una ricevuta di invio e di una ricevuta di consegna avviene mediante la posta elettronica certificata ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68.

2. La trasmissione del documento informatico per via telematica, effettuata mediante la posta elettronica certificata, equivale, nei casi consentiti dalla legge, alla notificazione per mezzo della posta.

3. La data e l’ora di trasmissione e di ricezione di un documento informatico trasmesso mediante posta elettronica certificata sono opponibili ai terzi se conformi alle disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, ed alle relative regole tecniche.

Art. 49. Segretezza della corrispondenza trasmessa per via telematica.

1. Gli addetti alle operazioni di trasmissione per via telematica di atti, dati e documenti formati con strumenti informatici non possono prendere cognizione della corrispondenza telematica, duplicare con qualsiasi mezzo o cedere a terzi a qualsiasi titolo informazioni anche in forma sintetica o per estratto sull’esistenza o sul contenuto di corrispondenza, comunicazioni o messaggi trasmessi per via telematica, salvo che si tratti di informazioni per loro natura o per espressa indicazione del mittente destinate ad essere rese pubbliche.

2. Agli effetti del presente codice, gli atti, i dati e i documenti trasmessi per via telematica si considerano, nei confronti del gestore del sistema di trasporto delle informazioni, di proprietà del mittente sino a che non sia avvenuta la consegna al destinatario.

Capo V

Dati delle pubbliche amministrazioni e servizi in rete

Sezione I

Dati delle pubbliche amministrazioni

Art. 50. Disponibilità dei dati delle pubbliche amministrazioni.

1. I dati delle pubbliche amministrazioni sono formati, raccolti, conservati, resi disponibili e accessibili con l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione che ne consentano la fruizione e riutilizzazione, alle condizioni fissate dall’ordinamento, da parte delle altre pubbliche amministrazioni e dai privati; restano salvi i limiti alla conoscibilità dei dati previsti dalle leggi e dai regolamenti, le norme in materia di protezione dei dati personali ed il rispetto della normativa comunitaria in materia di riutilizzo delle informazioni del settore pubblico.

2. Qualunque dato trattato da una pubblica amministrazione, con le esclusioni di cui all’articolo 2, comma 6, salvi i casi previsti dall’articolo 24 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e nel rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali, è reso accessibile e fruibile alle altre amministrazioni quando l’utilizzazione del dato sia necessaria per lo svolgimento dei compiti istituzionali dell’amministrazione richiedente, senza oneri a carico di quest’ultima, salvo il riconoscimento di eventuali costi eccezionali sostenuti dall’amministrazione cedente; è fatto comunque salvo il disposto dell’articolo 43, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.

3. Al fine di rendere possibile l’utilizzo in via telematica dei dati di una pubblica amministrazione da parte dei sistemi informatici di altre amministrazioni l’amministrazione titolare dei dati predispone, gestisce ed eroga i servizi informatici allo scopo necessari, secondo le regole tecniche del sistema pubblico di connettività di cui al presente decreto (48) (49).

(48) Comma così modificato dall’art. 20, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

(49) Vedi, anche, i commi da 21 a 23 dell’art. 37, D.L. 4 luglio 2006, n. 223.

Art. 51. Sicurezza dei dati.

1. Le norme di sicurezza definite nelle regole tecniche di cui all’articolo 71 garantiscono l’esattezza, la disponibilità, l’accessibilità, l’integrità e la riservatezza dei dati.

2. I documenti informatici delle pubbliche amministrazioni devono essere custoditi e controllati con modalità tali da ridurre al minimo i rischi di distruzione, perdita, accesso non autorizzato o non consentito o non conforme alle finalità della raccolta.

Art. 52. Accesso telematico ai dati e documenti delle pubbliche amministrazioni.

1. L’accesso telematico a dati, documenti e procedimenti è disciplinato dalle pubbliche amministrazioni secondo le disposizioni del presente codice e nel rispetto delle disposizioni di legge e di regolamento in materia di protezione dei dati personali, di accesso ai documenti amministrativi, di tutela del segreto e di divieto di divulgazione. I regolamenti che disciplinano l’esercizio del diritto di accesso sono pubblicati su siti pubblici accessibili per via telematica.

Art. 53. Caratteristiche dei siti.

1. Le pubbliche amministrazioni centrali realizzano siti istituzionali su reti telematiche che rispettano i princìpi di accessibilità, nonché di elevata usabilità e reperibilità, anche da parte delle persone disabili, completezza di informazione, chiarezza di linguaggio, affidabilità, semplicità dì consultazione, qualità, omogeneità ed interoperabilità. Sono in particolare resi facilmente reperibili e consultabili i dati di cui all’articolo 54 (50).

2. Il CNIPA svolge funzioni consultive e di coordinamento sulla realizzazione e modificazione dei siti delle amministrazioni centrali.

3. Lo Stato promuove intese ed azioni comuni con le regioni e le autonomie locali affinché realizzino siti istituzionali con le caratteristiche di cui al comma 1.

(50) Periodo aggiunto dall’art. 21, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

Art. 54. Contenuto dei siti delle pubbliche amministrazioni.

1. I siti delle pubbliche amministrazioni contengono necessariamente i seguenti dati pubblici (51):

a) l’organigramma, l’articolazione degli uffici, le attribuzioni e l’organizzazione di ciascun ufficio anche di livello dirigenziale non generale, i nomi dei dirigenti responsabili dei singoli uffici, nonché il settore dell’ordinamento giuridico riferibile all’attività da essi svolta, corredati dai documenti anche normativi di riferimento (52);

b) l’elenco delle tipologie di procedimento svolte da ciascun ufficio di livello dirigenziale non generale, il termine per la conclusione di ciascun procedimento ed ogni altro termine procedimentale, il nome del responsabile e l’unità organizzativa responsabile dell’istruttoria e di ogni altro adempimento procedimentale, nonché dell’adozione del provvedimento finale, come individuati ai sensi degli articoli 2, 4 e 5 della legge 7 agosto 1990, n. 241;

c) le scadenze e le modalità di adempimento dei procedimenti individuati ai sensi degli articoli 2 e 4 della legge 7 agosto 1990, n. 241;

d) l’elenco completo delle caselle di posta elettronica istituzionali attive, specificando anche se si tratta di una casella di posta elettronica certificata di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68;

e) le pubblicazioni di cui all’articolo 26 della legge 7 agosto 1990, n. 241, nonché i messaggi di informazione e di comunicazione previsti dalla legge 7 giugno 2000, n. 150;

f) l’elenco di tutti i bandi di gara e di concorso;

g) l’elenco dei servizi forniti in rete già disponibili e dei servizi di futura attivazione, indicando i tempi previsti per l’attivazione medesima.

2. Le amministrazioni centrali che già dispongono di propri siti realizzano quanto previsto dal comma 1 entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del presente codice (53).

2-bis. Il principio di cui al comma 1 si applica alle amministrazioni regionali e locali nei limiti delle risorse tecnologiche e organizzative disponibili e nel rispetto della loro autonomia normativa (54).

2-ter. Entro il 30 giugno 2009, le amministrazioni pubbliche che già dispongono di propri siti sono tenute a pubblicare nella pagina iniziale del loro sito un indirizzo di posta elettronica certificata a cui il cittadino possa rivolgersi per qualsiasi richiesta ai sensi del presente codice. Le amministrazioni devono altresì assicurare un servizio che renda noti al pubblico i tempi di risposta, le modalità di lavorazione delle pratiche e i servizi disponibili (55).

2-quater. Entro il 31 dicembre 2009 le amministrazioni pubbliche che già dispongono di propri siti devono pubblicare il registro dei processi automatizzati rivolti al pubblico. Tali processi devono essere dotati di appositi strumenti per la verifica a distanza da parte del cittadino dell’avanzamento delle pratiche (56).

3. I dati pubblici contenuti nei siti delle pubbliche amministrazioni sono fruibili in rete gratuitamente e senza necessità di autenticazione informatica.

4. Le pubbliche amministrazioni garantiscono che le informazioni contenute sui siti siano conformi e corrispondenti alle informazioni contenute nei provvedimenti amministrativi originali dei quali si fornisce comunicazione tramite il sito.

4-bis. La pubblicazione telematica produce effetti di pubblicità legale nei casi e nei modi espressamente previsti dall’ordinamento (57).

(51) Alinea così modificato dall’art. 22, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

(52) Lettera così modificata dall’art. 22, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

(53) Comma così modificato dall’art. 22, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

(54) Comma aggiunto dall’art. 22, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

(55) Comma aggiunto dalla lettera b) del comma 1 dell’art. 34, L. 18 giugno 2009, n. 69. Vedi, anche, il comma 2 dello stesso art. 34.

(56) Comma aggiunto dalla lettera b) del comma 1 dell’art. 34, L. 18 giugno 2009, n. 69. Vedi, anche, il comma 2 dello stesso art. 34.

(57) Comma aggiunto dall’art. 22, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

Art. 55. Consultazione delle iniziative normative del Governo.

1. La Presidenza del Consiglio dei Ministri può pubblicare su sito telematico le notizie relative ad iniziative normative del Governo, nonché i disegni di legge di particolare rilevanza, assicurando forme di partecipazione del cittadino in conformità con le disposizioni vigenti in materia di tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento di dati personali. La Presidenza del Consiglio dei Ministri può inoltre pubblicare atti legislativi e regolamentari in vigore, nonché i massimari elaborati da organi di giurisdizione.

2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sono individuate le modalità di partecipazione del cittadino alla consultazione gratuita in via telematica.

Art. 56. Dati identificativi delle questioni pendenti dinanzi all’autorità giudiziaria di ogni ordine e grado (58).

1. I dati identificativi delle questioni pendenti dinanzi al giudice amministrativo e contabile sono resi accessibili a chi vi abbia interesse mediante pubblicazione sul sistema informativo interno e sul sito istituzionale della rete Internet delle autorità emananti.

2. Le sentenze e le altre decisioni del giudice amministrativo e contabile, rese pubbliche mediante deposito in segreteria, sono contestualmente inserite nel sistema informativo interno e sul sito istituzionale della rete Internet, osservando le cautele previste dalla normativa in materia di tutela dei dati personali.

2-bis. I dati identificativi delle questioni pendenti, le sentenze e le altre decisioni depositate in cancelleria o segreteria dell’autorità giudiziaria di ogni ordine e grado sono, comunque, rese accessibili ai sensi dell’articolo 51 del codice in materia di protezione dei dati personali approvato con decreto legislativo n. 196 del 2003 (59).

(58) Rubrica così modificata dall’art. 23, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

(59) Comma aggiunto dall’art. 23, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

Art. 57. Moduli e formulari.

1. Le pubbliche amministrazioni provvedono a definire e a rendere disponibili anche per via telematica l’elenco della documentazione richiesta per i singoli procedimenti, i moduli e i formulari validi ad ogni effetto di legge, anche ai fini delle dichiarazioni sostitutive di certificazione e delle dichiarazioni sostitutive di notorietà.

2. Trascorsi ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del presente codice, i moduli o i formulari che non siano stati pubblicati sul sito non possono essere richiesti ed i relativi procedimenti possono essere conclusi anche in assenza dei suddetti moduli o formulari.

Art. 57-bis. Indice degli indirizzi delle pubbliche amministrazioni.

1. Al fine di assicurare la trasparenza delle attività istituzionali è istituito l’indice degli indirizzi delle amministrazioni pubbliche, nel quale sono indicati la struttura organizzativa, l’elenco dei servizi offerti e le informazioni relative al loro utilizzo, gli indirizzi di posta elettronica da utilizzare per le comunicazioni e per lo scambio di informazioni e per l’invio di documenti a tutti gli effetti di legge fra le amministrazioni e fra le amministrazioni ed i cittadini.

2. Per la realizzazione e la gestione dell’indice si applicano le regole tecniche di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 31 ottobre 2000, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 272 del 21 novembre 2000. La realizzazione e la gestione dell’indice è affidato al CNIPA.

3. Le amministrazioni aggiornano gli indirizzi ed i contenuti dell’indice con cadenza almeno semestrale, salvo diversa indicazione del CNIPA. La mancata comunicazione degli elementi necessari al completamento dell’indice e del loro aggiornamento è valutata ai fini della responsabilità dirigenziale e dell’attribuzione della retribuzione di risultato ai dirigenti responsabili (60).

(60) Articolo aggiunto dall’art. 17, comma 29, D.L. 1° luglio 2009, n. 78, come modificato dalla relativa legge di conversione.

Sezione II

Fruibilità dei dati

Art. 58. Modalità della fruibilità del dato.

1. Il trasferimento di un dato da un sistema informativo ad un altro non modifica la titolarità del dato.

2. Le pubbliche amministrazioni possono stipulare tra loro convenzioni finalizzate alla fruibilità informatica dei dati di cui siano titolari.

3. Il CNIPA, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, definisce schemi generali di convenzioni finalizzate a favorire la fruibilità informatica dei dati tra le pubbliche amministrazioni centrali e, d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra le amministrazioni centrali medesime e le regioni e le autonomie locali (61).

(61) Comma così modificato dall’art. 24, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

Art. 59. Dati territoriali.

1. Per dato territoriale si intende qualunque informazione geograficamente localizzata.

2. È istituito il Comitato per le regole tecniche sui dati territoriali delle pubbliche amministrazioni, con il compito di definire le regole tecniche per la realizzazione delle basi dei dati territoriali, la documentazione, la fruibilità e lo scambio dei dati stessi tra le pubbliche amministrazioni centrali e locali in coerenza con le disposizioni del presente decreto che disciplinano il sistema pubblico di connettività (62).

3. Per agevolare la pubblicità dei dati di interesse generale, disponibili presso le pubbliche amministrazioni a livello nazionale, regionale e locale, presso il CNIPA è istituito il Repertorio nazionale dei dati territoriali.

4. Ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con uno o più decreti sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri o, per sua delega, del Ministro per l’innovazione e le tecnologie, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono definite la composizione e le modalità per il funzionamento del Comitato di cui al comma 2 (63).

5. Ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con uno o più decreti sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri o, per sua delega, del Ministro per l’innovazione e le tecnologie di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, per i profili relativi ai dati ambientali, sentito il Comitato per le regole tecniche sui dati territoriali delle pubbliche amministrazioni, e sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 luglio 1998, n. 281, sono definite le regole tecniche per la definizione del contenuto del repertorio nazionale dei dati territoriali, nonché delle modalità di prima costituzione e di successivo aggiornamento dello stesso, per la formazione, la documentazione e lo scambio dei dati territoriali detenuti dalle singole amministrazioni competenti, nonché le regole ed i costi per l’utilizzo dei dati stessi tra le pubbliche amministrazioni centrali e locali e da parte dei privati (64).

6. La partecipazione al Comitato non comporta oneri né alcun tipo di spese ivi compresi compensi o gettoni di presenza. Gli eventuali rimborsi per spese di viaggio sono a carico delle amministrazioni direttamente interessate che vi provvedono nell’àmbito degli ordinari stanziamenti di bilancio.

7. Agli oneri finanziari di cui al comma 3 si provvede con il fondo di finanziamento per i progetti strategici del settore informatico di cui all’articolo 27, comma 2, della legge 16 gennaio 2003, n. 3.

7-bis. Nell’ambito dei dati territoriali di interesse nazionale rientra la base dei dati catastali gestita dall’Agenzia del territorio. Per garantire la circolazione e la fruizione dei dati catastali conformemente alle finalità ed alle condizioni stabilite dall’articolo 50, il direttore dell’Agenzia del territorio, di concerto con il Comitato per le regole tecniche sui dati territoriali delle pubbliche amministrazioni e previa intesa con la Conferenza unificata, definisce con proprio decreto entro la data del 30 giugno 2006, in coerenza con le disposizioni che disciplinano il sistema pubblico di connettività, le regole tecnico economiche per l’utilizzo dei dati catastali per via telematica da parte dei sistemi informatici di altre amministrazioni (65).

(62) Comma così modificato dall’art. 25, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

(63) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 2 maggio 2006, n. 237.

(64) Comma così modificato dall’art. 5, comma 4, D.Lgs. 27 gennaio 2010, n. 32.

(65) Comma aggiunto dall’art. 25, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159. In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il comma 54 dell’art. 37, D.L. 4 luglio 2006, n. 223 e il D.Dirett. 13 novembre 2007.

Art. 60. Base di dati di interesse nazionale.

1. Si definisce base di dati di interesse nazionale l’insieme delle informazioni raccolte e gestite digitalmente dalle pubbliche amministrazioni, omogenee per tipologia e contenuto e la cui conoscenza è utilizzabile dalle pubbliche amministrazioni per l’esercizio delle proprie funzioni e nel rispetto delle competenze e delle normative vigenti.

2. Ferme le competenze di ciascuna pubblica amministrazione, le basi di dati di interesse nazionale costituiscono, per ciascuna tipologia di dati, un sistema informativo unitario che tiene conto dei diversi livelli istituzionali e territoriali e che garantisce l’allineamento delle informazioni e l’accesso alle medesime da parte delle pubbliche amministrazioni interessate. La realizzazione di tali sistemi informativi e le modalità di aggiornamento sono attuate secondo le regole tecniche sul sistema pubblico di connettività di cui all’articolo 16 del decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 42.

3. Le basi di dati di interesse nazionale sono individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro delegato per l’innovazione e le tecnologie, di concerto con i Ministri di volta in volta interessati, d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, nelle materie di competenza e sentito il Garante per la protezione dei dati personali. Con il medesimo decreto sono altresì individuate le strutture responsabili della gestione operativa di ciascuna base di dati e le caratteristiche tecniche del sistema informativo di cui al comma 2.

4. Agli oneri finanziari di cui al presente articolo si provvede con il fondo di finanziamento per i progetti strategici del settore informatico di cui all’articolo 27, comma 2, della legge 16 gennaio 2003, n. 3.

Art. 61. Delocalizzazione dei registri informatici.

1. Fermo restando il termine di cui all’articolo 40, comma 4, i pubblici registri immobiliari possono essere formati e conservati su supporti informatici in conformità alle disposizioni del presente codice, secondo le regole tecniche stabilite dall’articolo 71, nel rispetto della normativa speciale e dei principi stabiliti dal codice civile. In tal caso i predetti registri possono essere conservati anche in luogo diverso dall’Ufficio territoriale competente.

Art. 62. Indice nazionale delle anagrafi.

1. L’Indice nazionale delle anagrafi (INA), di cui all’articolo 1 della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, è realizzato con strumenti informatici e nel rispetto delle regole tecniche concernenti il sistema pubblico di connettività, in coerenza con le quali il Ministero dell’interno definisce le regole di sicurezza per l’accesso e per la gestione delle informazioni anagrafiche e fornisce i servizi di convalida delle informazioni medesime ove richiesto per l’attuazione della normativa vigente (66).

(66) Comma così modificato dall’art. 26, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

Sezione III

Servizi in rete

Art. 63. Organizzazione e finalità dei servizi in rete.

1. Le pubbliche amministrazioni centrali individuano le modalità di erogazione dei servizi in rete in base a criteri di valutazione di efficacia, economicità ed utilità e nel rispetto dei principi di eguaglianza e non discriminazione, tenendo comunque presenti le dimensioni dell’utenza, la frequenza dell’uso e l’eventuale destinazione all’utilizzazione da parte di categorie in situazioni di disagio.

2. Le pubbliche amministrazioni centrali progettano e realizzano i servizi in rete mirando alla migliore soddisfazione delle esigenze degli utenti, in particolare garantendo la completezza del procedimento, la certificazione dell’esito e l’accertamento del grado di soddisfazione dell’utente.

3. Le pubbliche amministrazioni collaborano per integrare i procedimenti di rispettiva competenza al fine di agevolare gli adempimenti di cittadini ed imprese e rendere più efficienti i procedimenti che interessano più amministrazioni, attraverso idonei sistemi di cooperazione.

Art. 64. Modalità di accesso ai servizi erogati in rete dalle pubbliche amministrazioni.

1. La carta d’identità elettronica e la carta nazionale dei servizi costituiscono strumenti per l’accesso ai servizi erogati in rete dalle pubbliche amministrazioni per i quali sia necessaria l’autenticazione informatica.

2. Le pubbliche amministrazioni possono consentire l’accesso ai servizi in rete da esse erogati che richiedono l’autenticazione informatica anche con strumenti diversi dalla carta d’identità elettronica e dalla carta nazionale dei servizi, purché tali strumenti consentano di accertare l’identità del soggetto che richiede l’accesso. L’accesso con carta d’identità elettronica e carta nazionale dei servizi è comunque consentito indipendentemente dalle modalità di accesso predisposte dalle singole amministrazioni.

3. Ferma restando la disciplina riguardante le trasmissioni telematiche gestite dal Ministero dell’economia e delle finanze e dalle agenzie fiscali, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro delegato per l’innovazione e le tecnologie, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica e d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, è fissata la data, comunque non successiva al 31 dicembre 2007 (67), a decorrere dalla quale non è più consentito l’accesso ai servizi erogati in rete dalle pubbliche amministrazioni, con strumenti diversi dalla carta d’identità elettronica e dalla carta nazionale dei servizi. [È prorogato alla medesima data il termine relativo alla procedura di accertamento preventivo del possesso della Carta di identità elettronica (CIE), di cui all’articolo 8, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 2 marzo 2004, n. 117, limitatamente alle richieste di emissione di Carte nazionali dei servizi (CNS) da parte dei cittadini non residenti nei comuni in cui è diffusa la CIE] (68).

(67) Per la proroga del termine vedi il comma 120 dell’art. 1, L. 24 dicembre 2007, n. 244, l’art. 35, D.L. 31 dicembre 2007, n. 248 e il comma 5 dell’art. 1, D.L. 30 dicembre 2009, n. 194, come sostituito dalla relativa legge di conversione.

(68) Periodo aggiunto dall’art. 27, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159 e poi soppresso dal comma 3 dell’art. 37, L. 18 giugno 2009, n. 69.

Art. 65. Istanze e dichiarazioni presentate alle pubbliche amministrazioni per via telematica.

1. Le istanze e le dichiarazioni presentate alle pubbliche amministrazioni per via telematica ai sensi dell’articolo 38, commi 1 e 3, del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, sono valide:

a) se sottoscritte mediante la firma digitale, il cui certificato è rilasciato da un certificatore accreditato;

b) ovvero, quando l’autore è identificato dal sistema informatico con l’uso della carta d’identità elettronica o della carta nazionale dei servizi, nei limiti di quanto stabilito da ciascuna amministrazione ai sensi della normativa vigente;

c) ovvero quando l’autore è identificato dal sistema informatico con i diversi strumenti di cui all’articolo 64, comma 2, nei limiti di quanto stabilito da ciascuna amministrazione ai sensi della normativa vigente e fermo restando il disposto dell’articolo 64, comma 3;

c-bis) ovvero quando l’autore è identificato dal sistema informatico attraverso le credenziali di accesso relative all’utenza personale di posta elettronica certificata di cui all’articolo 16-bis del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2 (69).

2. Le istanze e le dichiarazioni inviate o compilate sul sito secondo le modalità previste dal comma 1 sono equivalenti alle istanze e alle dichiarazioni sottoscritte con firma autografa apposta in presenza del dipendente addetto al procedimento; resta salva la facoltà della pubblica amministrazione di stabilire i casi in cui è necessaria la sottoscrizione mediante la firma digitale (70).

3. Dalla data di cui all’articolo 64, comma 3, non è più consentito l’invio di istanze e dichiarazioni con le modalità di cui al comma 1, lettera c).

4. Il comma 2 dell’articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, è sostituito dal seguente:

«2. Le istanze e le dichiarazioni inviate per via telematica sono valide se effettuate secondo quanto previsto dall’articolo 65 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82».

(69) Lettera aggiunta dall’art. 17, comma 28, D.L. 1° luglio 2009, n. 78.

(70) Comma così modificato dall’art. 28, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

Sezione IV

Carte elettroniche

Art. 66. Carta d’identità elettronica e carta nazionale dei servizi.

1. Le caratteristiche e le modalità per il rilascio della carta d’identità elettronica e dell’analogo documento, rilasciato a seguito della denuncia di nascita e prima del compimento del quindicesimo anno di età, sono definite con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato su proposta del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, con il Ministro per l’innovazione e le tecnologie e con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Garante per la protezione dei dati personali e d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

2. Le caratteristiche e le modalità per il rilascio, per la diffusione e l’uso della carta nazionale dei servizi sono definite con uno o più regolamenti, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, adottati su proposta congiunta dei Ministri per la funzione pubblica e per l’innovazione e le tecnologie, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Garante per la protezione dei dati personali e d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, nel rispetto dei seguenti princìpi:

a) all’emissione della carta nazionale dei servizi provvedono, su richiesta del soggetto interessato, le pubbliche amministrazioni che intendono rilasciarla;

b) l’onere economico di produzione e rilascio della carta nazionale dei servizi è a carico delle singole amministrazioni che le emettono;

c) eventuali indicazioni di carattere individuale connesse all’erogazione dei servizi al cittadino, sono possibili nei limiti di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196;

d) le pubbliche amministrazioni che erogano servizi in rete devono consentirne l’accesso ai titolari della carta nazionale dei servizi indipendentemente dall’ente di emissione, che è responsabile del suo rilascio;

e) la carta nazionale dei servizi può essere utilizzata anche per i pagamenti informatici tra soggetti privati e pubbliche amministrazioni, secondo quanto previsto dalla normativa vigente.

3. La carta d’identità elettronica e l’analogo documento, rilasciato a seguito della denuncia di nascita e prima del compimento del quindicesimo anno di età, devono contenere:

a) i dati identificativi della persona;

b) il codice fiscale.

4. La carta d’identità elettronica e l’analogo documento, rilasciato a seguito della denuncia di nascita e prima del compimento del quindicesimo anno di età, possono contenere, a richiesta dell’interessato ove si tratti di dati sensibili:

a) l’indicazione del gruppo sanguigno;

b) le opzioni di carattere sanitario previste dalla legge;

c) i dati biometrici indicati col decreto di cui al comma 1, con esclusione, in ogni caso, del DNA;

d) tutti gli altri dati utili al fine di razionalizzare e semplificare l’azione amministrativa e i servizi resi al cittadino, anche per mezzo dei portali, nel rispetto della normativa in materia di riservatezza;

e) le procedure informatiche e le informazioni che possono o debbono essere conosciute dalla pubblica amministrazione e da altri soggetti, occorrenti per la firma elettronica.

5. La carta d’identità elettronica e la carta nazionale dei servizi possono essere utilizzate quali strumenti di autenticazione telematica per l’effettuazione di pagamenti tra soggetti privati e pubbliche amministrazioni, secondo le modalità stabilite con le regole tecniche di cui all’articolo 71, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Banca d’Italia.

6. Con decreto del Ministro dell’interno, del Ministro per l’innovazione e le tecnologie e del Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Garante per la protezione dei dati personali e d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono dettate le regole tecniche e di sicurezza relative alle tecnologie e ai materiali utilizzati per la produzione della carta di identità elettronica, del documento di identità elettronico e della carta nazionale dei servizi, nonché le modalità di impiego.

7. Nel rispetto della disciplina generale fissata dai decreti di cui al presente articolo e delle vigenti disposizioni in materia di protezione dei dati personali, le pubbliche amministrazioni, nell’ambito dei rispettivi ordinamenti, possono sperimentare modalità di utilizzazione dei documenti di cui al presente articolo per l’erogazione di ulteriori servizi o utilità.

8. Le tessere di riconoscimento rilasciate dalle amministrazioni dello Stato ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 luglio 1967, n. 851, possono essere realizzate anche con modalità elettroniche e contenere le funzionalità della carta nazionale dei servizi per consentire l’accesso per via telematica ai servizi erogati in rete dalle pubbliche amministrazioni (71).

8-bis. Fino al 31 dicembre 2011, la carta nazionale dei servizi e le altre carte elettroniche ad essa conformi possono essere rilasciate anche ai titolari di carta di identità elettronica (72).

(71) Vedi, anche, le regole tecniche stabilite con D.P.C.M. 24 maggio 2010.

(72) Comma aggiunto dal comma 1 dell’art. 37, L. 18 giugno 2009, n. 69 e poi così modificato dal comma 101 dell’art. 2, L. 23 dicembre 2009, n. 191, a decorrere dal 1° gennaio 2010 ai sensi di quanto disposto dal comma 253 del citato art. 2 della medesima L. 23 dicembre 2009, n. 191.

Capo VI

Sviluppo, acquisizione e riuso di sistemi informatici nelle pubbliche amministrazioni

Art. 67. Modalità di sviluppo ed acquisizione.

1. Le pubbliche amministrazioni centrali, per i progetti finalizzati ad appalti di lavori e servizi ad alto contenuto di innovazione tecnologica, possono selezionare uno o più proposte utilizzando il concorso di idee di cui all’articolo 57 del decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554.

2. Le amministrazioni appaltanti possono porre a base delle gare aventi ad oggetto la progettazione, o l’esecuzione, o entrambe, degli appalti di cui al comma 1, le proposte ideative acquisite ai sensi del comma 1, previo parere tecnico di congruità del CNIPA; alla relativa procedura è ammesso a partecipare, ai sensi dell’articolo 57, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554, anche il soggetto selezionato ai sensi del comma 1, qualora sia in possesso dei relativi requisiti soggettivi.

Art. 68. Analisi comparativa delle soluzioni.

1. Le pubbliche amministrazioni, nel rispetto della legge 7 agosto 1990, n. 241, e del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, acquisiscono, secondo le procedure previste dall’ordinamento, programmi informatici a seguito di una valutazione comparativa di tipo tecnico ed economico tra le seguenti soluzioni disponibili sul mercato:

a) sviluppo di programmi informatici per conto e a spese dell’amministrazione sulla scorta dei requisiti indicati dalla stessa amministrazione committente;

b) riuso di programmi informatici sviluppati per conto e a spese della medesima o di altre amministrazioni;

c) acquisizione di programmi informatici di tipo proprietario mediante ricorso a licenza d’uso;

d) acquisizione di programmi informatici a codice sorgente aperto;

e) acquisizione mediante combinazione delle modalità di cui alle lettere da a) a d).

2. Le pubbliche amministrazioni nella predisposizione o nell’acquisizione dei programmi informatici, adottano soluzioni informatiche che assicurino l’interoperabilità e la cooperazione applicativa, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 42, e che consentano la rappresentazione dei dati e documenti in più formati, di cui almeno uno di tipo aperto, salvo che ricorrano peculiari ed eccezionali esigenze.

3. Per formato dei dati di tipo aperto si intende un formato dati reso pubblico e documentato esaustivamente.

4. Il CNIPA istruisce ed aggiorna, con periodicità almeno annuale, un repertorio dei formati aperti utilizzabili nelle pubbliche amministrazioni e delle modalità di trasferimento dei formati.

Art. 69. Riuso dei programmi informatici.

1. Le pubbliche amministrazioni che siano titolari di programmi applicativi realizzati su specifiche indicazioni del committente pubblico, hanno obbligo di darli in formato sorgente, completi della documentazione disponibile, in uso gratuito ad altre pubbliche amministrazioni che li richiedono e che intendano adattarli alle proprie esigenze, salvo motivate ragioni.

2. Al fine di favorire il riuso dei programmi informatici di proprietà delle pubbliche amministrazioni, ai sensi del comma 1, nei capitolati o nelle specifiche di progetto è previsto ove possibile, che i programmi appositamente sviluppati per conto e a spese dell’amministrazione siano facilmente portabili su altre piattaforme.

3. Le pubbliche amministrazioni inseriscono, nei contratti per l’acquisizione di programmi informatici, di cui al comma 1, clausole che garantiscano il diritto di disporre dei programmi ai fini del riuso da parte della medesima o di altre amministrazioni.

4. Nei contratti di acquisizione di programmi informatici sviluppati per conto e a spese delle amministrazioni, le stesse possono includere clausole, concordate con il fornitore, che tengano conto delle caratteristiche economiche ed organizzative di quest’ultimo, volte a vincolarlo, per un determinato lasso di tempo, a fornire, su richiesta di altre amministrazioni, servizi che consentono il riuso delle applicazioni. Le clausole suddette definiscono le condizioni da osservare per la prestazione dei servizi indicati.

Art. 70. Banca dati dei programmi informatici riutilizzabili.

1. Il CNIPA, previo accordo con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, valuta e rende note applicazioni tecnologiche realizzate dalle pubbliche amministrazioni, idonee al riuso da parte di altre pubbliche amministrazioni.

2. Le pubbliche amministrazioni centrali che intendono acquisire programmi applicativi valutano preventivamente la possibilità di riuso delle applicazioni analoghe rese note dal CNIPA ai sensi del comma 1, motivandone l’eventuale mancata adozione.

Capo VII

Regole tecniche

Art. 71. Regole tecniche.

1. Le regole tecniche previste nel presente codice sono dettate, con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro delegato per l’innovazione e le tecnologie, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica e con le amministrazioni di volta in volta indicate nel presente codice, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, ed il Garante per la protezione dei dati personali nelle materie di competenza, previa acquisizione obbligatoria del parere tecnico del CNIPA in modo da garantire la coerenza tecnica con le regole tecniche sul sistema pubblico di connettività e con le regole di cui al disciplinare pubblicato in allegato B al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (73).

1-bis. Entro nove mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri emanati su proposta del Ministro delegato per l’innovazione e le tecnologie, sentito il Ministro per la funzione pubblica, d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono adottate le regole tecniche e di sicurezza per il funzionamento del sistema pubblico di connettività (74).

1-ter. Le regole tecniche di cui al presente codice sono dettate in conformità alle discipline risultanti dal processo di standardizzazione tecnologica a livello internazionale ed alle normative dell’Unione europea (75).

2. Le regole tecniche vigenti nelle materie del presente codice restano in vigore fino all’adozione delle regole tecniche adottate ai sensi del presente articolo.

(73) Comma così modificato dall’art. 29, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

(74) Comma aggiunto dall’art. 29, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159. Con D.P.C.M. 1° aprile 2008 (Gazz. Uff. 21 giugno 2008, n. 144) sono state approvate le regole tecniche e di sicurezza previste dal presente comma All’individuazione delle regole tecniche per le modalità di presentazione della comunicazione unica e per l’immediato trasferimento dei dati tra le Amministrazioni interessate si è provveduto con D.P.C.M. 6 maggio 2009.

(75) Comma aggiunto dall’art. 29, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

Capo VIII

Sistema pubblico di connettività e rete internazionale della pubblica amministrazione (76)

Sezione I

Definizioni relative al sistema pubblico di connettività

Art. 72.  Definizioni relative al sistema pubblico di connettività.

1. Ai fini del presente decreto si intende per:

a) «trasporto di dati»: i servizi per la realizzazione, gestione ed evoluzione di reti informatiche per la trasmissione di dati, oggetti multimediali e fonia;

b) «interoperabilità di base»: i servizi per la realizzazione, gestione ed evoluzione di strumenti per lo scambio di documenti informatici fra le pubbliche amministrazioni e tra queste e i cittadini;

c) «connettività»: l’insieme dei servizi di trasporto di dati e di interoperabilità di base;

d) «interoperabilità evoluta»: i servizi idonei a favorire la circolazione, lo scambio di dati e informazioni, e l’erogazione fra le pubbliche amministrazioni e tra queste e i cittadini;

e) «cooperazione applicativa»: la parte del sistema pubblico di connettività finalizzata all’interazione tra i sistemi informatici delle pubbliche amministrazioni per garantire l’integrazione dei metadati, delle informazioni e dei procedimenti amministrativi (77).

(76) L’attuale Capo VIII, comprendente gli articoli da 72 a 87, è stato aggiunto dall’art. 30, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

(77) L’attuale Capo VIII, comprendente gli articoli da 72 a 87, è stato aggiunto dall’art. 30, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

Art. 73.  Sistema pubblico di connettività (SPC).

1. Nel rispetto dell’articolo 117, secondo comma, lettera r), della Costituzione, e nel rispetto dell’autonomia dell’organizzazione interna delle funzioni informative delle regioni e delle autonomie locali il presente Capo definisce e disciplina il Sistema pubblico di connettività (SPC), al fine di assicurare il coordinamento informativo e informatico dei dati tra le amministrazioni centrali, regionali e locali e promuovere l’omogeneità nella elaborazione e trasmissione dei dati stessi, finalizzata allo scambio e diffusione delle informazioni tra le pubbliche amministrazioni e alla realizzazione di servizi integrati.

2. Il SPC è l’insieme di infrastrutture tecnologiche e di regole tecniche, per lo sviluppo, la condivisione, l’integrazione e la diffusione del patrimonio informativo e dei dati della pubblica amministrazione, necessarie per assicurare l’interoperabilità di base ed evoluta e la cooperazione applicativa dei sistemi informatici e dei flussi informativi, garantendo la sicurezza, la riservatezza delle informazioni, nonché la salvaguardia e l’autonomia del patrimonio informativo di ciascuna pubblica amministrazione.

3. La realizzazione del SPC avviene nel rispetto dei seguenti principi:

a) sviluppo architetturale ed organizzativo atto a garantire la natura federata, policentrica e non gerarchica del sistema;

b) economicità nell’utilizzo dei servizi di rete, di interoperabilità e di supporto alla cooperazione applicativa;

c) sviluppo del mercato e della concorrenza nel settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (78).

(78) L’attuale Capo VIII, comprendente gli articoli da 72 a 87, è stato aggiunto dall’art. 30, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

Art. 74.  Rete internazionale delle pubbliche amministrazioni.

1. Il presente decreto definisce e disciplina la Rete internazionale delle pubbliche amministrazioni, interconnessa al SPC. La Rete costituisce l’infrastruttura di connettività che collega, nel rispetto della normativa vigente, le pubbliche amministrazioni con gli uffici italiani all’estero, garantendo adeguati livelli di sicurezza e qualità (79).

(79) L’attuale Capo VIII, comprendente gli articoli da 72 a 87, è stato aggiunto dall’art. 30, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

Sezione II

Sistema pubblico di connettività SPC

Art. 75.  Partecipazione al Sistema pubblico di connettività.

1. Al SPC partecipano tutte le amministrazioni di cui all’articolo 2, comma 2.

2. Il comma 1 non si applica alle amministrazioni di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, limitatamente all’esercizio delle sole funzioni di ordine e sicurezza pubblica, difesa nazionale, consultazioni elettorali.

3. Ai sensi dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 11 novembre 1994, n. 680, nonché dell’articolo 25 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, è comunque garantita la connessione con il SPC dei sistemi informativi degli organismi competenti per l’esercizio delle funzioni di sicurezza e difesa nazionale, nel loro esclusivo interesse e secondo regole tecniche che assicurino riservatezza e sicurezza. È altresì garantita la possibilità di connessione al SPC delle autorità amministrative indipendenti (80).

(80) L’attuale Capo VIII, comprendente gli articoli da 72 a 87, è stato aggiunto dall’art. 30, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

Art. 76. Scambio di documenti informatici nell’ambito del Sistema pubblico di connettività.

1. Gli scambi di documenti informatici tra le pubbliche amministrazioni nell’ambito del SPC, realizzati attraverso la cooperazione applicativa e nel rispetto delle relative procedure e regole tecniche di sicurezza, costituiscono invio documentale valido ad ogni effetto di legge (81).

(81) L’attuale Capo VIII, comprendente gli articoli da 72 a 87, è stato aggiunto dall’art. 30, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

Art. 77.  Finalità del Sistema pubblico di connettività.

1. Al SPC sono attribuite le seguenti finalità:

a) fornire un insieme di servizi di connettività condivisi dalle pubbliche amministrazioni interconnesse, definiti negli aspetti di funzionalità, qualità e sicurezza, ampiamente graduabili in modo da poter soddisfare le differenti esigenze delle pubbliche amministrazioni aderenti al SPC;

b) garantire l’interazione della pubblica amministrazione centrale e locale con tutti gli altri soggetti connessi a Internet, nonché con le reti di altri enti, promuovendo l’erogazione di servizi di qualità e la miglior fruibilità degli stessi da parte dei cittadini e delle imprese;

c) fornire un’infrastruttura condivisa di interscambio che consenta l’interoperabilità tra tutte le reti delle pubbliche amministrazioni esistenti, favorendone lo sviluppo omogeneo su tutto il territorio nella salvaguardia degli investimenti effettuati;

d) fornire servizi di connettività e cooperazione alle pubbliche amministrazioni che ne facciano richiesta, per permettere l’interconnessione delle proprie sedi e realizzare così anche l’infrastruttura interna di comunicazione;

e) realizzare un modello di fornitura dei servizi multifornitore coerente con l’attuale situazione di mercato e le dimensioni del progetto stesso;

f) garantire lo sviluppo dei sistemi informatici nell’ambito del SPC salvaguardando la sicurezza dei dati, la riservatezza delle informazioni, nel rispetto dell’autonomia del patrimonio informativo delle singole amministrazioni e delle vigenti disposizioni in materia di protezione dei dati personali (82).

(82) L’attuale Capo VIII, comprendente gli articoli da 72 a 87, è stato aggiunto dall’art. 30, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

Art. 78.  Compiti delle pubbliche amministrazioni nel Sistema pubblico di connettività.

1. Le pubbliche amministrazioni nell’ambito della loro autonomia funzionale e gestionale adottano nella progettazione e gestione dei propri sistemi informativi, ivi inclusi gli aspetti organizzativi, soluzioni tecniche compatibili con la cooperazione applicativa con le altre pubbliche amministrazioni, secondo le regole tecniche di cui all’articolo 71, comma 1-bis.

2. Per le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, le responsabilità di cui al comma 1 sono attribuite al dirigente responsabile dei sistemi informativi automatizzati, di cui all’articolo 10, comma 1, dello stesso decreto legislativo (83).

2-bis. Le pubbliche amministrazioni centrali e periferiche di cui all’articolo 1, comma 1, lettera z), del presente codice, inclusi gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative e le istituzioni universitarie, nei limiti di cui all’articolo 1, comma 449, secondo periodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono tenute, a decorrere dal 1° gennaio 2008 e comunque a partire dalla scadenza dei contratti relativi ai servizi di fonia in corso alla data predetta ad utilizzare i servizi «Voce tramite protocollo Internet» (VoIP) previsti dal sistema pubblico di connettività o da analoghe convenzioni stipulate da CONSIP (84).

2-ter. Il CNIPA effettua azioni di monitoraggio e verifica del rispetto delle disposizioni di cui al comma 2-bis (85).

2-quater. Il mancato adeguamento alle disposizioni di cui al comma 2-bis comporta la riduzione, nell’esercizio finanziario successivo, del 30 per cento delle risorse stanziate nell’anno in corso per spese di telefonia (86).

(83) L’attuale Capo VIII, comprendente gli articoli da 72 a 87, è stato aggiunto dall’art. 30, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

(84) Comma aggiunto dal comma 591 dell’art. 2, L. 24 dicembre 2007, n. 244. Vedi, anche, il comma 1 dell’art. 36, L. 18 giugno 2009, n. 69 e il D.M. 9 aprile 2009.

(85) Comma aggiunto dal comma 591 dell’art. 2, L. 24 dicembre 2007, n. 244. Vedi, anche, il D.M. 9 aprile 2009.

(86) Comma aggiunto dal comma 591 dell’art. 2, L. 24 dicembre 2007, n. 244. Vedi, anche, il D.M. 9 aprile 2009.

Art. 79.  Commissione di coordinamento del Sistema pubblico di connettività.

1. È istituita la Commissione di coordinamento del SPC, di seguito denominata: «Commissione», preposta agli indirizzi strategici del SPC.

2. La Commissione:

a) assicura il raccordo tra le amministrazioni pubbliche, nel rispetto delle funzioni e dei compiti spettanti a ciascuna di esse;

b) approva le linee guida, le modalità operative e di funzionamento dei servizi e delle procedure per realizzare la cooperazione applicativa fra i servizi erogati dalle amministrazioni;

c) promuove l’evoluzione del modello organizzativo e dell’architettura tecnologica del SPC in funzione del mutamento delle esigenze delle pubbliche amministrazioni e delle opportunità derivanti dalla evoluzione delle tecnologie;

d) promuove la cooperazione applicativa fra le pubbliche amministrazioni, nel rispetto delle regole tecniche di cui all’articolo 71;

e) definisce i criteri e ne verifica l’applicazione in merito alla iscrizione, sospensione e cancellazione dagli elenchi dei fornitori qualificati SPC di cui all’articolo 82;

f) dispone la sospensione e cancellazione dagli elenchi dei fornitori qualificati di cui all’articolo 82;

g) verifica la qualità e la sicurezza dei servizi erogati dai fornitori qualificati del SPC;

h) promuove il recepimento degli standard necessari a garantire la connettività, l’interoperabilità di base e avanzata, la cooperazione applicativa e la sicurezza del Sistema.

3. Le decisioni della Commissione sono assunte a maggioranza semplice o qualificata dei componenti in relazione all’argomento in esame. La Commissione a tale fine elabora, entro tre mesi dal suo insediamento, un regolamento interno da approvare con maggioranza qualificata dei suoi componenti (87).

(87) L’attuale Capo VIII, comprendente gli articoli da 72 a 87, è stato aggiunto dall’art. 30, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

Art. 80.  Composizione della Commissione di coordinamento del sistema pubblico di connettività.

1. La Commissione è formata da diciassette componenti incluso il Presidente di cui al comma 2, scelti tra persone di comprovata professionalità ed esperienza nel settore, nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri: otto componenti sono nominati in rappresentanza delle amministrazioni statali previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sette dei quali su proposta del Ministro per l’innovazione e le tecnologie ed uno su proposta del Ministro per la funzione pubblica; i restanti otto sono nominati su designazione della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Uno dei sette componenti proposti dal Ministro per l’innovazione e le tecnologie è nominato in rappresentanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Quando esamina questioni di interesse della rete internazionale della pubblica amministrazione la Commissione è integrata da un rappresentante del Ministero degli affari esteri, qualora non ne faccia già parte.

2. Il Presidente del Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione è componente di diritto e presiede la Commissione. Gli altri componenti della Commissione restano in carica per un biennio e l’incarico è rinnovabile.

3. La Commissione è convocata dal Presidente e si riunisce almeno quattro volte l’anno.

4. L’incarico di Presidente o di componente della Commissione e la partecipazione alle riunioni della Commissione non danno luogo alla corresponsione di alcuna indennità, emolumento, compenso e rimborso spese e le amministrazioni interessate provvedono agli oneri di missione nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

5. Per i necessari compiti istruttori la Commissione si avvale del Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione, di seguito denominato: «CNIPA» e sulla base di specifiche convenzioni, di organismi interregionali e territoriali.

6. La Commissione può avvalersi, nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, della consulenza di uno o più organismi di consultazione e cooperazione istituiti con appositi accordi ai sensi dell’articolo 9, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

7. Ai fini della definizione degli sviluppi strategici del SPC, in relazione all’evoluzione delle tecnologie dell’informatica e della comunicazione, la Commissione può avvalersi, nell’ambito delle risorse finanziarie assegnate al CNIPA a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di consulenti di chiara fama ed esperienza in numero non superiore a cinque secondo le modalità definite nei regolamenti di cui all’articolo 87 (88).

(88) L’attuale Capo VIII, comprendente gli articoli da 72 a 87, è stato aggiunto dall’art. 30, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

Art. 81.  Ruolo del Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione.

1. Il CNIPA, nel rispetto delle decisioni e degli indirizzi forniti dalla Commissione, anche avvalendosi di soggetti terzi, gestisce le risorse condivise del SPC e le strutture operative preposte al controllo e supervisione delle stesse, per tutte le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 2, comma 2.

2. Il CNIPA, anche avvalendosi di soggetti terzi, cura la progettazione, la realizzazione, la gestione e l’evoluzione del SPC per le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39 (89).

(89) L’attuale Capo VIII, comprendente gli articoli da 72 a 87, è stato aggiunto dall’art. 30, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

Art. 82.  Fornitori del Sistema pubblico di connettività.

1. Sono istituiti uno o più elenchi di fornitori a livello nazionale e regionale in attuazione delle finalità di cui all’articolo 77.

2. I fornitori che ottengono la qualificazione SPC ai sensi dei regolamenti previsti dall’articolo 87, sono inseriti negli elenchi di competenza nazionale o regionale, consultabili in via telematica, esclusivamente ai fini dell’applicazione della disciplina di cui al presente decreto, e tenuti rispettivamente dal CNIPA a livello nazionale e dalla regione di competenza a livello regionale. I fornitori in possesso dei suddetti requisiti sono denominati fornitori qualificati SPC.

3. I servizi per i quali è istituito un elenco, ai sensi del comma 1, sono erogati, nell’ambito del SPC, esclusivamente dai soggetti che abbiano ottenuto l’iscrizione nell’elenco di competenza nazionale o regionale.

4. Per l’iscrizione negli elenchi dei fornitori qualificati SPC è necessario che il fornitore soddisfi almeno i seguenti requisiti:

a) disponibilità di adeguate infrastrutture e servizi di comunicazioni elettroniche;

b) esperienza comprovata nell’ambito della realizzazione gestione ed evoluzione delle soluzioni di sicurezza informatica;

c) possesso di adeguata rete commerciale e di assistenza tecnica;

d) possesso di adeguati requisiti finanziari e patrimoniali, anche dimostrabili per il tramite di garanzie rilasciate da terzi qualificati.

5. Limitatamente ai fornitori dei servizi di connettività dovranno inoltre essere soddisfatti anche i seguenti requisiti:

a) possesso dei necessari titoli abilitativi di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, per l’ambito territoriale di esercizio dell’attività;

b) possesso di comprovate conoscenze ed esperienze tecniche nella gestione delle reti e servizi di comunicazioni elettroniche, anche sotto il profilo della sicurezza e della protezione dei dati (90).

(90) L’attuale Capo VIII, comprendente gli articoli da 72 a 87, è stato aggiunto dall’art. 30, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

Art. 83. Contratti quadri.

1. Al fine della realizzazione del SPC, il CNIPA a livello nazionale e le regioni nell’ambito del proprio territorio, per soddisfare esigenze di coordinamento, qualificata competenza e indipendenza di giudizio, nonché per garantire la fruizione, da parte delle pubbliche amministrazioni, di elevati livelli di disponibilità dei servizi e delle stesse condizioni contrattuali proposte dal miglior offerente, nonché una maggiore affidabilità complessiva del sistema, promuovendo, altresì, lo sviluppo della concorrenza e assicurando la presenza di più fornitori qualificati, stipulano, espletando specifiche procedure ad evidenza pubblica per la selezione dei contraenti, nel rispetto delle vigenti norme in materia, uno o più contratti-quadro con più fornitori per i servizi di cui all’articolo 77, con cui i fornitori si impegnano a contrarre con le singole amministrazioni alle condizioni ivi stabilite.

2. Le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, sono tenute a stipulare gli atti esecutivi dei contratti-quadro con uno o più fornitori di cui al comma 1, individuati dal CNIPA. Gli atti esecutivi non sono soggetti al parere del CNIPA e, ove previsto, del Consiglio di Stato. Le amministrazioni non ricomprese tra quelle di cui al citato art. 1, comma 1, del decreto legislativo n. 39 del 1993, hanno facoltà di stipulare gli atti esecutivi di cui al presente articolo (91).

(91) L’attuale Capo VIII, comprendente gli articoli da 72 a 87, è stato aggiunto dall’art. 30, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

Art. 84.  Migrazione della Rete unitaria della pubblica amministrazione.

1. Le Amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, aderenti alla Rete unitaria della pubblica amministrazione, presentano al CNIPA, secondo le indicazioni da esso fornite, i piani di migrazione verso il SPC, da attuarsi entro diciotto mesi dalla data di approvazione del primo contratto quadro di cui all’articolo 83, comma 1, termine di cessazione dell’operatività della Rete unitaria della pubblica amministrazione.

2. Dalla data di entrata in vigore del presente articolo ogni riferimento normativo alla Rete unitaria della pubblica amministrazione si intende effettuato al SPC (92).

(92) L’attuale Capo VIII, comprendente gli articoli da 72 a 87, è stato aggiunto dall’art. 30, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

Sezione III

Rete internazionale della pubblica amministrazione e compiti del CNIPA

Art. 85.  Collegamenti operanti per il tramite della Rete internazionale delle pubbliche amministrazioni.

1. Le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, che abbiano l’esigenza di connettività verso l’estero, sono tenute ad avvalersi dei servizi offerti dalla Rete internazionale delle pubbliche amministrazioni, interconnessa al SPC.

2. Le pubbliche amministrazioni di cui al comma 1, che dispongono di reti in ambito internazionale sono tenute a migrare nella Rete internazionale delle pubbliche amministrazioni entro il 15 marzo 2007, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 75, commi 2 e 3.

3. Le amministrazioni non ricomprese tra quelle di cui all’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, ivi incluse le autorità amministrative indipendenti, possono aderire alla Rete internazionale delle pubbliche amministrazioni (93).

(93) L’attuale Capo VIII, comprendente gli articoli da 72 a 87, è stato aggiunto dall’art. 30, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

Art. 86.  Compiti e oneri del CNIPA.

1. Il CNIPA cura la progettazione, la realizzazione, la gestione ed evoluzione della Rete internazionale delle pubbliche amministrazioni, previo espletamento di procedure concorsuali ad evidenza pubblica per la selezione dei fornitori e mediante la stipula di appositi contratti-quadro secondo modalità analoghe a quelle di cui all’articolo 83.

2. Il CNIPA, al fine di favorire una rapida realizzazione del SPC, per un periodo almeno pari a due anni a decorrere dalla data di approvazione dei contratti-quadro di cui all’articolo 83, comma 1, sostiene i costi delle infrastrutture condivise, a valere sulle risorse già previste nel bilancio dello Stato.

3. Al termine del periodo di cui al comma 2, i costi relativi alle infrastrutture condivise sono a carico dei fornitori proporzionalmente agli importi dei contratti di fornitura, e una quota di tali costi è a carico delle pubbliche amministrazioni relativamente ai servizi da esse utilizzati. I costi, i criteri e la relativa ripartizione tra le amministrazioni sono determinati annualmente con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta della Commissione, previa intesa con la Conferenza unificata cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, salvaguardando eventuali intese locali finalizzate a favorire il pieno ingresso nel SPC dei piccoli Comuni nel rispetto di quanto previsto dal comma 5.

4. Il CNIPA sostiene tutti gli oneri derivanti dai collegamenti in ambito internazionale delle amministrazioni di cui all’articolo 85, comma 1, per i primi due anni di vigenza contrattuale, decorrenti dalla data di approvazione del contratto quadro di cui all’articolo 83; per gli anni successivi ogni onere è a carico della singola amministrazione contraente proporzionalmente ai servizi acquisiti.

5. Le amministrazioni non ricomprese tra quelle di cui all’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, che aderiscono alla Rete internazionale delle pubbliche amministrazioni, ai sensi dell’articolo 85, comma 3, ne sostengono gli oneri relativi ai servizi che utilizzano (94).

(94) L’attuale Capo VIII, comprendente gli articoli da 72 a 87, è stato aggiunto dall’art. 30, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

Art. 87.  Regolamenti.

1. Ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con uno o più decreti sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri o, per sua delega, del Ministro per l’innovazione e le tecnologie, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono adottati regolamenti per l’organizzazione del SPC, per l’avvalimento dei consulenti di cui all’articolo 80, comma 7, e per la determinazione dei livelli minimi dei requisiti richiesti per l’iscrizione agli elenchi dei fornitori qualificati del SPC di cui all’articolo 82 (95).

(95) L’attuale Capo VIII, comprendente gli articoli da 72 a 87, è stato aggiunto dall’art. 30, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

Capo IX

Disposizioni transitorie finali e abrogazioni (96)

Art. 88. Norme transitorie per la firma digitale.

1. I documenti sottoscritti con firma digitale basata su certificati rilasciati da certificatori iscritti nell’elenco pubblico già tenuto dall’Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione sono equivalenti ai documenti sottoscritti con firma digitale basata su certificati rilasciati da certificatori accreditati (97).

(96) Capo così rinumerato dall’art. 31, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

(97) Articolo così rinumerato dall’art. 31, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

Art. 89. Aggiornamenti.

1. La Presidenza del Consiglio dei Ministri adotta gli opportuni atti di indirizzo e di coordinamento per assicurare che i successivi interventi normativi, incidenti sulle materie oggetto di riordino siano attuati esclusivamente mediante la modifica o l’integrazione delle disposizioni contenute nel presente codice (98).

(98) Articolo così rinumerato dall’art. 31, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

Art. 90. Oneri finanziari.

1. All’attuazione del presente decreto si provvede nell’àmbito delle risorse previste a legislazione vigente (99).

(99) Articolo così rinumerato dall’art. 31, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

Art. 91. Abrogazioni.

1. Dalla data di entrata in vigore del presente testo unico sono abrogati:

a) il decreto legislativo 23 gennaio 2002, n. 10;

b) gli articoli 1, comma 1, lettere t), u), v), z), aa), bb), cc), dd), ee), ff), gg), hh), ii), ll), mm), nn), oo); 2, comma 1, ultimo periodo; 6; 8; 9; 10; 11; 12; 13; 14; 17; 20; 22; 23; 24; 25; 26; 27; 27-bis; 28; 28-bis; 29; 29-bis; 29-ter; 29-quater; 29-quinquies; 29-sexies; 29-septies; 29-octies; 36, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6; 51; del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 (Testo A);

c) l’articolo 26, comma 2, lettere a), e), h), della legge 27 dicembre 2002, n. 289;

d) articolo 27, comma 8, lettera b), della legge 16 gennaio 2003, n. 3;

e) gli articoli 16, 17, 18 e 19 della legge 29 luglio 2003, n. 229.

2. Le abrogazioni degli articoli 2, comma 1, ultimo periodo, 6, commi 1 e 2; 10; 36, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 (Testo A), si intendono riferite anche al decreto legislativo 28 dicembre 2000, n. 443 (Testo B).

3. Le abrogazioni degli articoli 1, comma 1, lettere t), u), v), z), aa), bb), cc), dd), ee), ff), gg), hh), ii), ll), mm), nn), oo); 6, commi 3 e 4; 8; 9; 11; 12; 13; 14; 17; 20; 22; 23; 24; 25; 26; 27; 27-bis; 28; 28-bis; 29; 29-bis; 29-ter; 29-quater; 29-quinquies; 29-sexies; 29-septies; 29-octies; 51 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 (Testo A), si intendono riferite anche al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 444 (Testo C) (100).

3-bis. L’articolo 15, comma 1, della legge 15 marzo 1997, n. 59, è abrogato (101).

3-ter. Il decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 42, è abrogato (102).

(100) Articolo così rinumerato dall’art. 31, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

(101) Comma aggiunto dall’art. 32, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

(102) Comma aggiunto dall’art. 32, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

Art. 92. Entrata in vigore del codice.

1. Le disposizioni del presente codice entrano in vigore a decorrere dal 1° gennaio 2006 (103).

(103) Articolo così rinumerato dall’art. 31, D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.

Tabella di corrispondenza dei riferimenti previgenti al codice delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni (104)

Articolato del codice Riferimento previgente
Articolo 1
(Definizioni)
comma 1, lettera a) = =
lettera b) = =
lettera c) = =
lettera d) Art. 1, comma 1, lettera bb), D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
lettera e) Art. 1, comma 1, lettera t), D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
lettera f) Art. 1, comma 1, lettera aa), D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
lettera g) Art. 1, comma 1, lettera u), D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
lettera h) Art. 22, comma 1, lettera c), D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
lettera i) Art. 22, comma 1, lettera d), D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
lettera l) = =
lettera m) = =
lettera n) = =
lettera o) = =
lettera p) = =
lettera q) Art. 1, comma 1, lettera b), D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
lettera r) Art. 1, comma 1, lettera n), D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
lettera s) Art. 1, comma 1, lettera ee), D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
lettera t) Art. 1, comma 1, lettera cc), D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
lettera u) Art. 1, comma 1, lettera q), D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
lettera v) = =
lettera z) Art. 22, comma 1, lettera h), D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
Articolo 2 = =
(Finalità e àmbito di applicazione)
Articolo 3 = =
(Diritto all’uso delle tecnologie)
Articolo 4 = =
(Partecipazione al procedimento
amministrativo informatico)
Articolo 5 = =
(Effettuazione dei pagamenti con
modalità – informatiche)
Articolo 6 = =
(Utilizzo della posta elettronica
certificata)
Articolo 7 = =
(Qualità dei servizi resi e soddisfazione
dell’utenza)
Articolo 8 = =
(Alfabetizzazione informatica dei
cittadini)
Articolo 9 = =
(Partecipazione democratica elettronica)
Articolo 10 = =
(Sportelli per le attività produttive)
Articolo 11 = =
(Registro informatico degli adempimenti
amministrativi per le imprese)
Articolo 12 = =
(Norme generali per l’uso delle
tecnologie dell’informazione e delle
comunicazioni nell’azione
amministrativa)
Articolo 13 = =
(Formazione informatica dei dipendenti
pubblici)
Articolo 14 = =
(Rapporti tra Stato, Regioni e autonomie
locali)
Articolo 15 = =
(Digitalizzazione e riorganizzazione)
Articolo 16 = =
(Competenze del Presidente del Consiglio
dei Ministri in materia di innovazione
tecnologica)
Articolo 17
(Strutture per l’organizzazione,
l’innovazione e le tecnologie)
comma 1, lettera a) Art. 26, comma 2, lettera a), legge 27 dicembre 2002, n. 289
lettera b) Art. 26, comma 2, lettera e), legge 27 dicembre 2002, n. 289
lettera c) Art. 27, comma 1, legge 16 gennaio 2003, n. 3
lettera d) Art. 26, comma 2, lettera h), legge 27 dicembre 2002, n. 289
lettera e) = =
comma 1- bis = =
comma 2 = =
comma 3 = =
Articolo 18
(Conferenza permanente per l’innovazione
tecnologica)
Articolo 19
(Banca dati per la legislazione in materia
di pubblico impiego)
Articolo 20
(Documento informatico) = =
comma 1 Articolo 8, comma 1, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 2 = =
comma 3 Articolo 8, comma 2, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 4 Articolo 8, comma 3, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 5 Articolo 8, comma 4, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
Articolo 21
(Valore probatorio del documento
informatico sottoscritto)
comma 1 Articolo 10, comma 2, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 2 Articolo 10, commi 1 e 3, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 3 Articolo 29- quater, comma 1, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 4 Articolo 10, comma 5, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 5 Articolo 10, comma 6, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
Articolo 22
(Documenti informatici delle pubbliche
amministrazioni)
comma 1 Articolo 9, comma 1, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 2 Articolo 9, comma 2, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 2- bis = =
comma 3 = =
comma 4 Articolo 9, comma 4, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
Articolo 23
(Copie di atti e documenti informatici)
comma 1 = =
comma 2 Articolo 20, comma 1, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 2- bis = =
comma 3 Articolo 20, comma 2, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 4 Articolo 20, comma 3, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 5 Articolo 20, comma 3, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 6 Articolo 20, comma 4, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 7 Articolo 20, comma 5, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
Articolo 24
(Firma digitale)
comma 1 Articolo 23, comma 1, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 2 Articolo 23, comma 4, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 3 Articolo 23, comma 2, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 4 Articolo 23, comma 5, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
Articolo 25
(Firma autenticata)
comma 1 Articolo 24, comma 1, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 2 Articolo 24, comma 2, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 3 Articolo 24, comma 3, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 4 Articolo 24, comma 4, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
Articolo 26
(Certificatori)
comma 1 Articolo 26, comma 1, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 2 Articolo 26, comma 2, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 3 Articolo 26, comma 3, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
Articolo 27
(Certificatori qualificati)
comma 1 Articolo 27, comma 1, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 2 Articolo 27, comma 2, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 3 Articolo 27, comma 3, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 4 Articolo 27, comma 4, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
Articolo 28
(Certificati qualificati)
comma 1, lettera a) Articolo 27- bis, c. 1, lettera a), D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
lettera b) Articolo 27- bis, c. 1, lettera b), D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
lettera c) Articolo 27- bis, c. 1, lettera c), D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
lettera d) Articolo 27- bis, c. 1, lettera d), D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
lettera e) Articolo 27- bis, c. 1, lettera e), D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
lettera f) Articolo 27- bis, c. 1, lettera f), D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
lettera g) Articolo 27- bis, c. 1, lettera g), D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 2 Articolo 27- bis, comma 2, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 3 Articolo 27- bis, comma 3, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 4 = =
Articolo 29
(Accreditamento)
comma 1 Articolo 28, comma 1, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 2 Articolo 28, comma 2, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 3 Articolo 28, comma 3, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 4 Articolo 28, comma 4, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 5 Articolo 28, comma 5, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 6 Articolo 28, comma 6, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 7 Articolo 28, comma 7, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 8 = =
Articolo 30
(Responsabilità del certificatore)
comma 1, lettera a) Articolo 28- bis, c. 1, lettera a), D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
lettera b) Articolo 28- bis, c. 1, lettera b), D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
lettera c) Articolo 28- bis, c. 1, lettera c), D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
lettera d) = =
comma 2 Articolo 28- bis, c. 2, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 3 Articolo 28- bis, c. 3, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
Articolo 31
(Vigilanza sull’attività di certificazione)
comma 1 Articolo 29, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
Articolo 32
(Obblighi del titolare e del certificatore)
comma 1 Articolo 29- bis, comma 1, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 2 Articolo 29- bis, comma 1, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 3 Articolo 29- bis, comma 2, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 4 = =
comma 5 = =
Articolo 33
(Uso di pseudonimi)
comma 1 Articolo 29- ter, comma 1, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
Articolo 34
(Norme particolari per le pubbliche
amministrazioni e per altri soggetti
qualificati)
comma 1 Articolo 29- quinquies, c. 1, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 2 Articolo 29- quinquies, c. 2, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 3 Articolo 29- quinquies, c. 3, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 4 = =
comma 5 = =
Articolo 35
(Dispositivi sicuri e procedure per la
generazione della firma)
comma 1 Articolo 29- sexies, comma 1, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 2 Articolo 29- sexies, comma 2, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 3 Articolo 29- sexies, comma 3, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 4 Articolo 29- sexies, comma 4, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 5 Articolo 10, comma 1, decreto legislativo 23 gennaio 2002, n. 10
comma 6 Articolo 10, comma 3, decreto legislativo 23 gennaio 2002, n. 10
Articolo 36
(Revoca e sospensione dei certificati
qualificati)
comma 1 Articolo 29- septies, comma 1, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 2 Articolo 29- septies, comma 2, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 3 Articolo 29- septies, comma 3, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 4 Articolo 29- septies, comma 4, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
Articolo 37
(Cessazione dell’attività)
comma 1 Articolo 29- octies, comma 1, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 2 Articolo 29- octies, comma 2, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 3 Articolo 29- octies, comma 3, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 4 Articolo 29- octies, comma 4, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
Articolo 38
(Pagamenti informatici)
comma 1 Articolo 12, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
Articolo 39
(Libri e scritture)
comma 1 Articolo 13, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
Articolo 40
(Formazione di documenti informatici)
comma 1 = =
comma 2 = =
comma 3 = =
comma 4 = =
Articolo 41
(Procedimento e fascicolo informatico)
comma 1 = =
comma 2 = =
comma 2- bis = =
comma 2- ter = =
comma 2- quater = =
comma 3 = =
Articolo 42
(Sviluppo dei sistemi informativi delle
pubbliche amministrazioni)
comma 1 Articolo 51, comma 3, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
Articolo 43
(Riproduzione e conservazione dei
documenti)
comma 1 Articolo 6, comma 1, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 2 = =
comma 3 = =
comma 4 Articolo 6, comma 4, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
Articolo 44
(Requisiti per la conservazione dei
documenti informatici)
comma 1, lettera a) = =
lettera b) = =
lettera c) = =
lettera d) = =
Articolo 45 LIBRO II
(Valore giuridico della trasmissione)
comma 1 Articolo 43, comma 6, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 2 Articolo 14, comma 1, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
Articolo 46
(Dati particolari contenuti nei documenti
trasmessi)
comma 1
Articolo 47
(Trasmissione dei documenti attraverso
la posta elettronica nelle pubbliche
amministrazioni)
comma 1 = =
comma 2 = =
comma 3 = =
Articolo 48
(Posta elettronica certificata)
comma 1 LIBRO II
comma 2 Articolo 14, comma 3, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 3 Articolo 14, comma 2, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
Articolo 49
(Segretezza della corrispondenza trasmessa
per via telematica)
comma 1 Articolo 17, comma 1, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 2 Articolo 17, comma 2, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
Articolo 50
(Disponibilità dei dati delle pubbliche
amministrazioni)
comma 1 = =
comma 2 = =
comma 3 = =
Articolo 51
(Sicurezza dei dati)
comma 1 = =
comma 2 = =
Articolo 52
(Accesso telematico ai dati e documenti
delle pubbliche amministrazioni)
comma 1 = =
Articolo 53
(Caratteristiche dei siti)
comma 1 = =
comma 2 = =
comma 3 = =
Articolo 54
(Contenuto dei siti delle pubbliche
amministrazioni)
comma 1 = =
comma 2 = =
comma 2- bis = =
comma 3 = =
comma 4 = =
comma 4- bis = =
Articolo 55
(Consultazione delle iniziative normative
del Governo)
comma 1
comma 2
comma 2- bis = =
Articolo 56
(Dati identificativi delle questioni pendenti
dinanzi al giudice amministrativo e
contabile)
comma 1
comma 2
comma 2- bis
Articolo 57
(Moduli e formulari)
comma 1 Articolo 9, comma 3, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 2 = =
Articolo 58
(Modalità della fruibilità del dato)
comma 1 = =
comma 2 = =
comma 3 = =
Articolo 59 LIBRO II
(Dati territoriali)
comma 1 = =
comma 2 = =
comma 3 = =
comma 4 = =
comma 5 = =
comma 6 = =
comma 7 = =
comma 7- bis = =
Articolo 60 LIBRO III
(Base di dati di interesse nazionale)
comma 1 = =
comma 2 = =
comma 3 = =
comma 4 = =
Articolo 61 LIBRO II
(Delocalizzazione dei registri informatici)
comma 1 = =
Articolo 62 LIBRO II
(Indice nazionale delle anagrafi)
comma 1 = =
Articolo 63
(Organizzazione e finalità dei servizi in
rete)
comma 1 = =
comma 2 = =
comma 3 = =
Articolo 64
(Modalità di accesso ai servizi erogati in
rete dalle pubbliche amministrazioni)
comma 1 = =
comma 2 = =
comma 3 Articolo 12, decreto legislativo n. 10/2002
Articolo 65
(Istanze e dichiarazioni presentate alle
pubbliche amministrazioni per via
telematica)
comma 1, lettera a) Articolo 38, comma 2, lettera a), D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
lettera b) Articolo 38, comma 2, lettera b), D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
lettera c) Articolo 38, comma 4, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 2 = =
comma 3 = =
comma 4 = =
Articolo 66
(Carta d’identità elettronica e carta
nazionale dei servizi)
comma 1 Articolo 36, comma 1, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 2 Articolo 27, comma 8, lettera b), L. 16 gennaio 2003, n. 3
comma 3 Articolo 36, comma 2, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 4 Articolo 36, comma 3, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 5 Articolo 36, comma 4, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 6 Articolo 36, comma 5, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
comma 7 Articolo 36, comma 6, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
Articolo 67
(Modalità di sviluppo ed acquisizione)
comma 1 = =
comma 2 = =
comma 3 = =
Articolo 68
(Analisi comparativa delle soluzioni)
comma 1 = =
comma 2 = =
comma 3 = =
comma 4 = =
Articolo 69
(Riuso dei programmi informatici)
comma 1 Articolo 25, comma 1, L. 24 novembre 2000, n. 340
comma 2 = =
comma 3 = =
comma 4 = =
Articolo 70
(Banca dati dei programmi informatici
riutilizzabili)
comma 1 = =
comma 2 = =
Articolo 71
(Regole tecniche)
comma 1 Articolo 8, comma 2, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445
LIBRO II
comma 1- bis Articolo 16, comma 1, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
comma 1- ter = =
comma 2 = =
Articolo 72 Articolo 1, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
(Definizioni relative alSistema
pubblico di connettività)
comma 1 Articolo 11, comma 1, D.Lgs. 23 gennaio 2002, n. 10
Articolo 1, comma 1, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
Articolo 73 Articolo 2, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
(Sistema pubblico di connettività)
comma 1 Articolo 2, comma 1, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
comma 2 Articolo 2, comma 2, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
comma 3 Articolo 2, comma 3, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
Articolo 74 Articolo 3, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
(Rete internazionale delle
pubbliche amministrazioni)
comma 1 Articolo 3, comma 1, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
Articolo 75 Articolo 4, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
(Partecipazione alSistema
pubblico di connettività)
comma 1 Articolo 4, comma 1, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
comma 2 Articolo 4, comma 2, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
comma 3 Articolo 4, comma 3, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
Articolo 76
(Scambio di documenti informatici Articolo 5, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
nell’ambito del sistema pubblico di
connettività)
comma 1 Articolo 5, comma 1, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
Articolo 77
(Finalità del Sistema pubblico di Articolo 6, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
connettività)
comma 1 Articolo 6, comma 1, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
Articolo 78
(Compito delle pubbliche amministrazioni Articolo 7, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
nel sistema pubblico di connettività)
comma 1 Articolo 7, comma 1, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
comma 2 Articolo 7, comma 2, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
Articolo 79
(Commissione di coordinamento del Sistema Articolo 8, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
pubblico di connettività)
comma 1 Articolo 8, comma 1, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
comma 2 Articolo 8, comma 2, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
comma 3 Articolo 8, comma 3, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
Articolo 80
(Composizione della Commissione di
coordinamento del Sistema pubblico di Articolo 9, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
connettività)
comma 1 Articolo 9, comma 1, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
comma 2 Articolo 9, comma 2, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
comma 3 Articolo 9, comma 3, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
comma 4 Articolo 9, comma 4, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
comma 5 Articolo 9, comma 5, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
comma 6 Articolo 9, comma 6, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
comma 7 Articolo 9, comma 7, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
Articolo 81
(Ruolo del Centro Nazionale per
l’informatica nella pubblica
amministrazione)
comma 1 Articolo 10, comma 1, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
comma 2 Articolo 10, comma 2, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
Articolo 82
( Fornitori del Sistema pubblico di Articolo 11, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
connettività)
comma 1 Articolo 11, comma 1, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
comma 2 Articolo 11, comma 2, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
comma 3 Articolo 11, comma 3, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
comma 4 Articolo 11, comma 4, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
comma 5 Articolo 11, comma 5, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
Articolo 83
( Contratti quadro) Articolo 12, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
comma 1 Articolo 12, comma 1, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
comma 2 Articolo 12, comma 2, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
Articolo 84
( Migrazione della Rete unitaria della Articolo 13, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
pubblica amministrazione)
comma 1 Articolo 13, comma 1, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
comma 2 Articolo 13, comma 2, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
Articolo 85
( Collegamenti operanti per il tramite della Articolo 14, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
rete internazionale delle pubbliche
amministrazioni)
comma 1 Articolo 14, comma 1, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
comma 2 Articolo 14, comma 2, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
comma 3 Articolo 14, comma 3, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
Articolo 86
( Compiti ed oneri del CNIPA)
comma 1 Art. 15, comma 1, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
comma 2 Articolo 18, comma 1, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
comma 3 Articolo 18, comma 2, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
comma 4 Articolo 18, comma 3, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
comma 5 Articolo 18, comma 4, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
Articolo 87
( Regolamenti)
comma 1 Articolo 17, comma 1, D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42
Articolo 88
( Norme transitorie per la firma digitale)
comma 1 Articolo 72, D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82
Articolo 89
( Aggiornamenti)
comma 1 Articolo 73, D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82
Articolo 90
( Oneri finanziari)
comma 1 Articolo 74, D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82
Articolo 91
(Abrogazioni)
comma 1 Articolo 75, comma 1, D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82
comma 2 Articolo 75, comma 2, D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82
comma 3 Articolo 75, comma 3, D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82
comma 3- bis Articolo 32, comma 1, D.Lgs. correttivo ed integrativo del D.Lgs. 7
marzo 2005, n. 82
comma 3- ter Articolo 32, comma 1, D.Lgs. correttivo ed integrativo del D.Lgs. 7
marzo 2005, n. 82
Articolo 92
(Entrata in vigore del Codice)
comma 1 Articolo 76, comma 1, D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82

(104) Tabella così sostituita a seguito delle modifiche apportate al presente decreto dal D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159.


Cass. civ. Sez. V, (ud. 13-10-2004) 02-03-2005, n. 4377

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RIGGIO Ugo – Presidente

Dott. MONACI Stefano – rel. Consigliere

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

INDUSTRIA OLEARIA BIAGIO MATALUNI s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via Boccioni n. 4, presso l’Avv. Francesco D’Ayala Valva, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

Amministrazione dell’Economia e delle Finanze, Agenzia delle Entrate elettivamente rappresentate e difese dall’Avvocatura Generale dello Stato, e domiciliate presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 215/3/02 della Commissione Tributaria Regionale della Campania.

Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 13 ottobre 2004 dal Relatore Cons. Dott. Stefano Monaci;

Udito l’Avv. Francesco D’Ayala Valva;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. APICE Umberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

Svolgimento del processo
1. La controversia ha per oggetto l’impugnazione, da parte della contribuente Industria Olearia Biagio Mataluni s.r.l., di una cartella, emessa dall’agenzia delle entrate di Benevento portante la somma di L. 255.676.200 per IVA, relativa all’anno 1984, oltre ad interessi e sanzioni.

La società proponeva ricorso eccependo la illegittimità e la nullità della cartella di pagamento in quanto la stessa non sarebbe stata preceduta dalla notificazione dell’avviso rettifica.

La commissione provinciale respingeva il ricorso, e questa sentenza veniva confermata, con altra sentenza n. 215/3/02, in data 25 settembre/12 novembre 2002, dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania.

La pronunzia di appello rilevava che, secondo quando risultava dalla relata, la notificazione dell’avviso di rettifica era stata effettuata in Montesarchio alla via Benevento, indicata come sede effettiva della società, a mani del signor Mataluni Giuseppe indicato, a sua volta come addetto alla società ed incaricato di ricevere gli atti.

Riteneva che in mancanza di querela di falso la commissione non potesse disconoscere nè che il signor Mataluni Giuseppe rivestisse quelle qualità nè che la sede effettiva della società fosse situata a quell’indirizzo.

Da questi elementi desumeva la validità della notificazione dell’avviso di accertamento, aggiungendo anche che non sussistevano specifiche censure contro la notificazione della cartella di pagamento.

2. Con ricorso per Cassazione notificato l’11 giugno 2003 propone ricorso per Cassazione, con un motivo, la società Industria Olearia Biagio Mataluni s.r.l., con sede legale in Montesarchio, alla via San Rocco, in persona del legale rappresentante signor Biagio Mataluni.

Resiste l’amministrazione finanziaria con controricorso notificato 18 luglio 2003.

Con due successive istanze di prelievo, depositate in cancelleria rispettivamente il 3 ed 17 ottobre 2003, la società ha chiesto la fissazione dell’udienza di discussione, allegando motivi di urgenza in quanto il concessionario del servizio di riscossione avrebbe manifestato l’intenzione di procedere esecutivamente alla riscossione coattiva del carico tributario iscritto a ruolo e questo avrebbe comportato gravi danni alla società contribuente.

Motivi della decisione
1. Con l’unico motivo di impugnazione la società contribuente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 139, 140, 145 e 148 c.p.c. e dell’art. 60 del D.P.R. n. 600/1973, nonchè l’omessa pronuncia sul punto decisivo della controversia.

Sostiene innanzi tutto che la notificazione doveva essere effettuata nel domicilio della società mediante consegna al destinatario dell’atto.

Nel ritenere legittima la notificazione dell’avviso la sentenza si sarebbe basata sui presupposto che il messo notificatore avrebbe constatato che in via San Rocco n. 10 di fatto non vi sarebbe stata la sede della società e che da informazioni assunte sarebbe risultato che quest’ultima si era trasferita in via Benevento.

Secondo il ricorrente in realtà nella relazione di notificazione non vi sarebbe traccia di queste circostanze di fatto.

Il giudice non avrebbe motivato sull’eccezione relativa alla illegittima indicazione del luogo di consegna dell’atto da parte del notificante e di conseguente illegittimità della notificazione.

2. Il ricorrente sostiene anche che per contestare la validità di quella notificazione non era necessario procedere a querela di falso, perchè non si contestava affatto la veridicità del fatto che il messo notificatore avesse incontrato il signor Giuseppe Mataluni; si negava, invece, che quest’ultimo, consegnatario dell’atto, avesse un qualsiasi rapporto con la Industria Olearia Biagio Mataluni s.r.l.

Inoltre, dichiarando che non poteva esaminare il punto se non in presenza di una querela di falso il giudice avrebbe implicitamente dichiarata l’impossibilità di giudicare sul contenuto della relata.

Il giudice stesso non si sarebbe pronunziato, inoltre, sulle eccezioni relative all’inidoneità del consegnatario signor Giuseppe Mataluni a ricevere l’atto, dato che quest’ultimo non avrebbe avuto rapporti con la società e sarebbe stato reperito in un sito a sua volta ad essa estraneo.

La ricorrente argomenta che una notificazione era valida soltanto in presenza di un collegamento funzionale tra il destinatario dell’atto, il luogo in cui l’atto stesso veniva consegnato e la persona fisica del consegnatario.

Nel caso di specie questo non sarebbe avvenuto, e la sua mancanza avrebbe comportato un vizio non sanabile di quella notificazione.

Secondo la ricorrente il procedimento di notificazione adottato sarebbe assolutamente estraneo alle previsioni degli artt. 60 del D.P.R. n. 600/1973, e 145 c.p.c., e non rientrerebbe neppure nella disciplina prevista per i casi di irreperibilità.

In particolare l’atto avrebbe dovuto essere consegnato presso la sede sociale, e questo non sarebbe avvenuto.

3. Nel controricorso l’amministrazione eccepisce preliminarmente che la controparte sarebbe priva di interesse ad agire rispetto all’azione proposta di impugnazione della cartella di pagamento sostenendo che l’unico effetto di un suo accoglimento sarebbe stato quello di paralizzare l’azione esecutiva, e ricordando che la mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili adottati precedentemente ad un atto notificato ne consentiva l’impugnazione unitamente a quest’ultimo.

Nel merito sostiene che il ricorso è infondato e che la procedura seguita per la notificazione dell’atto presupposto era stata corretta. Gravava in ogni caso sulla società destinataria della notificazione l’onere di dimostrare la non veridicità dell’esistenza della propria sede presso un determinato indirizzo o l’estraneità alla ricezione della persona ivi rinvenuta.

4. Il ricorso è fondato, e deve essere accolto.

Va precisato innanzi tutto – per chiarezza – che, anche se l’oggetto della controversia è costituito dall’impugnazione della cartella di pagamento, in realtà lo snodo centrale della materia del contendere, e dello stesso ricorso per Cassazione, è quelle della regolarità della notificazione dell’avviso di accertamento che ha preceduto la cartella.

L’avviso di accertamento non costituisce peraltro un atto del procedimento, ma piuttosto un atto prodromico al procedimento, ma che rimane esterno rispetto allo stesso.

Il fascicolo (d’ufficio) degli atti del procedimento doveva contenere l’atto impugnato, vale a dire, nel caso di specie, la cartella di pagamento, ma non doveva contenere, invece, atti antecedenti, non direttamente impugnati in quel giudizio.

Proprio per questo l’avviso di accertamento non doveva essere allegato agli atti del procedimento (ed, innanzi tutto, al ricorso introduttivo); e di fatto non lo è, come è facile constatare attraverso un riscontro diretto che in questo caso la Corte può effettuare essa stessa essendo stato dedotto un vizio di carattere procedurale: gli atti del procedimento contengono, infatti, come atto impugnato la cartella esattoriale, ed essa soltanto.

Le modalità della notificazione dell’avviso potranno essere ricostruite perciò (nei limiti in cui potranno esserlo) soltanto in base a quanto risulta dall’accertamento di fatto contenuto nella sentenza impugnata, ma non attraverso un esame diretto dell’atto.

5. La commissione tributaria regionale ha fondato la propria decisione – che ha ritenuto, in sostanza, la regolarità di quella notificazione – sulla efficacia di prova fino a querela di falso che la qualità di pubblico ufficiale dell’agente notificante imprime alla relazione di notificazione.

Non è esatto che di fronte alla attestazione di un pubblico ufficiale che abbia il potere di attribuire pubblica fede ai propri atti (in questo caso la relazione di notificazione dell’agente notificante), ed in mancanza di una querela di falso, sia precluso al giudice esaminare in concreto le doglianze della parte relative alla legittimità di un atto di notificazione, nel caso specifico quelle della contribuente relative alla regolarità della notificazione dell’avviso di accertamento.

Su questo punto la motivazione della sentenza impugnata appare inesatta o quanto meno insufficiente.

Come giustamente rileva la ricorrente, in realtà il potere di attribuzione di pubblica fede è limitato soltanto agli atti che il pubblico ufficiale attesta di avere effettuato, ed ai fatti che attesta essere avvenuti in sua presenza, ma non può coprire tutte le circostanze comunque riportate nella relazione di notifica.

Nel caso di specie ha attestato – con accertamento che fa fede fino a querela di falso – di avere consegnato la copia notificata dell’avviso di accertamento al signor Mataluni Giuseppe in via Benevento.

Questa circostanza, di per se stessa, nella sua materialità, non è contestata.

Non fa parte, invece, dell’accertamento privilegiato contenuto nella relazione di notificazione, e non fa fede fino a querela di falso, la circostanza che quella di via Benevento fosse la sede effettiva della società contribuente, e neppure quella che il signor Mataluni Giuseppe, cui era stato consegnato materialmente il documento, fosse autorizzato a ricevere atti notificati alla società. A tutto concedere, non risulta che l’ufficiale notificante avesse ricompreso nel proprio accertamento privilegiato queste due circostanze, che non possono dirsi accertate con una prova che faccia fede fino a querela di falso.

Per quanto risulta del contenuto della relazione di notificazione (e per quanto se ne può dedurre) la copia notificata dell’avviso di accertamento è stata consegnata ad un soggetto che, (verosimilmente) si è dichiarato qualificato a ricevere gli atti per conto della società, ma che non è specificamente provato che lo fosse effettivamente ed in modo ufficiale (anche se per la verità, ha il medesimo cognome che è riportato nella denominazione della società), e, soprattutto, che la notificazione è stata effettuata ad un indirizzo, quello di via Benevento, in cui (verosimilmente) esiste un impianto o un ufficio riconducibile alla società Biagio Mataluni s.r.l., ma presso cui non risulta positivamente che sia stata trasferita, anche solo in via di fatto, la sede della società.

In realtà le circostanze controverse (i poteri del signor Giuseppe Mataluni, e la sede, anche solo di fatto, della società Biagio Mataluni s.r.l.) avrebbero essere accertate dal giudice del merito, e dovranno essere oggetto di una nuova indagine da parte del giudice di rinvio.

6. Non va dimenticato, peraltro, che ogni contribuente che non sia stato in condizione di impugnare in precedenza un atto preliminare a causa della nullità della notificazione di esso, è rimesso in termine dalla notificazione di un atto successivo che ne consegua per impugnare anche il primo atto unitamente al secondo. Nel caso di specie la contribuente società Biagio Mataluni s.r.l è stata rimessa in termine per impugnare anche l’avviso di accertamento unitamente alla cartella di pagamento.

In concreto, peraltro, ha impugnato la cartella, ma non ha impugnato unitamente ad essa – come avrebbe potuto – anche il precedente avviso di accertamento.

Occorre, inoltre, valutare se in concreto la proposizione del giudizio, e il fatto di essere stato rimesso in termine per impugnare, valgano a sanare eventuali irregolarità non solo della notificazione dell’atto impugnato, vale a dire della cartella, ma anche di quella dell’avviso di accertamento che ne costituiva il presupposto; questa valutazione dovrà essere effettuata alla luce dei principi di diritto recentemente affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui “la natura sostanziale e non processuale (nè assimilabile a quella processuale) dell’avviso di accertamento tributario – che costituisce un atto amministrativo autoritativo attraverso il quale l’amministrazione enuncia le ragioni della pretesa tributaria – non osta all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria. Pertanto, l’applicazione per l’avviso di accertamento, in virtù dell’art. 60 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, delle norme sulle notificazioni nel processo civile comporta, quale logica necessità, l’applicazione del regime delle nullità e delle sanatorie per quelle dettato, con la conseguenza che la proposizione del ricorso del contribuente produce l’effetto di sanare la nullità della notificazione dell’avviso di accertamento per raggiungimento dello scopo dell’atto, ex art. 156 cod. proc. civ. Tuttavia, tale sanatoria può operare soltanto se il conseguimento dello scopo avvenga prima della scadenza del termine di decadenza – previsto dalle singole leggi d’imposta – per l’esercizio del potere di accertamento” (Cass. civ., Sezioni Unite, 5 ottobre 2004, n. 19854).

7. Conclusivamente, dunque, il ricorso deve essere accolto, e la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania cassata, mentre la causa deve essere rinviata, per un nuovo esame, ad un giudice di rinvio, che si individua in una diversa sezione della stessa commissione tributaria regionale, che provvederà anche alla liquidazione delle spese di questa fase di legittimità.

P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Campania.

Così deciso in Roma, il 13 ottobre 2004.

Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2005


Cass. civ. Sez. Unite, Ord., 13-01-2005, n. 458

NOTIFICAZIONE (MAT. CIV.)

Notificazione in genere alle amministrazioni dello Stato a mezzo posta a persone non residenti o irreperibili

Nullità

Rinnovazione della notificazione

TERMINI PROCESS. CIV.

Termini processuali in genere

Riferimenti normativi

CPC Art.139

CPC Art.140

CPC Art.291

CPC Art.369

CPCATT Art.48

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CORONA Rafaele – Primo Presidente f.f.

Dott. CRISTARELLA ORESTANO Francesco – Presidente di sezione

Dott. ELEFANTE Antonino – Consigliere

Dott. CRISCUOLO Alessandro – Consigliere

Dott. PROTO Vincenzo – rel. Consigliere

Dott. ALTIERI Enrico – Consigliere

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Consigliere

Dott. LO PIANO Michele – Consigliere

Dott. EVANGELISTA Stefanomaria – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

CARDIA GIANNI IN PROPRIO E PER I COEREDI DI BENVENUTO CARDIA;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale di Roma,sez. 18 n. 223/18/97 pronunciata il 15/10/1997, depositata il 29/01/98;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 21/10/04 dal Consigliere Dott. Alessandro CRISCUOLO;

udito l’Avvocato Gianni DE BELLIS, dell’Avvocatura Generale dello Stato;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MACCARONE Vincenzo che ha concluso per l’ammissibilità del ricorso.

La Corte Suprema di Cassazione – Sezioni Unite Civili – riunita in Camera di consiglio;

esaminati gli atti;

Svolgimento del processo

CONSIDERATO

L’8 novembre 1994 l’Ufficio delle imposte dirette di Roma notificò al signor Gianni Cardia, quale erede del padre Benvenuto, un avviso di mora concernente redditi del de cuius prodotti negli anni 1978 – 1979 ed assoggettati ad IRPEF e ad ILOR. Il Cardia propose ricorso alla Commissione tributaria di primo grado di Roma, adducendo di non essere tenuto a rispondere dell’obbligazione perchè aveva accettato l’eredità con beneficio d’inventario.

Il ricorso fu accolto dalla Commissione tributaria adita e l’ufficio finanziario propose appello, affermando:

a) che, ai sensi dell’art. 16, 3 comma, del D.P.R. n. 636 del 1973, l’avviso di mora non può essere impugnato qualora sia stato preceduto dalla notifica della cartella esattoriale;

b) che, ai sensi dell’art. 53 del D.P.R. n. 602 del 1973, contro l’avviso di mora è ammesso soltanto ricorso all’Intendente di finanza, ora Direzione regionale delle entrate;

c) che, comunque, l’accettazione dell’eredità col beneficio d’inventario non annulla la figura dell’erede ma produce soltanto l’effetto di distinguere il patrimonio del defunto da quello dell’erede stesso, ai sensi dell’art. 490 del codice civile.

La Commissione tributaria regionale di Roma, con sentenza depositata il 29 gennaio 1998, respinse l’impugnazione considerando:

1) che l’onere di provare l’avvenuta notifica della cartella incombeva all’ufficio, sicchè in difetto di tale prova il ricorso alla Commissione tributaria era legittimo, non ricorrendo gli estremi per l’applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973;

2) che, quanto al disposto dell’art. 490 cod. civ., l’effetto del beneficio d’inventario consiste proprio nel mantenere distinto il patrimonio del defunto da quello dell’erede, per cui quest’ultimo non è tenuto al pagamento dei debiti ereditari e dei legati oltre il valore dei beni pervenuti;

3) che, in ordine all’eventuale decadenza dal beneficio (peraltro non eccepita dall’ufficio), in applicazione del principio dettato dall’art. 2697 cod. civ. chi intende far valere un credito contro un chiamato all’eredità del debitore, affermandolo erede di quello ope legis. ai sensi dell’art. 485 cod. civ., ha l’onere di provare il possesso di quell’eredità da parte del detto chiamato, mentre nella specie l’ufficio nulla aveva dedotto, onde la pronunzia impugnata doveva trovare conferma.

Avverso la suddetta sentenza il Ministero delle finanze (oggi Ministero dell’economia e delle finanze) ha proposto ricorso per Cassazione, affidato a due motivi, nei confronti del Cardia in proprio e per i coeredi di Benvenuto Cardia.

L’intimato non ha svolto attività difensiva in questa sede.

La quinta sezione civile di questa Corte, con ordinanza depositata il 24 giugno 2003, ha rilevato che la notificazione del ricorso era stata eseguita ai sensi dell’art. 140 c.p.c., che non risultava depositato l’avviso di ricevimento della raccomandata inviata al contribuente il 15 marzo 1999 e che l’intimato non aveva svolto difese. Ha osservato, quindi, che si doveva stabilire se, in difetto dell’avviso di ricevimento, la notifica fosse da considerare inesistente, con conseguente inammissibilità dell’impugnazione (come affermato in alcune sentenza di questa Corte), oppure se, in adesione ad un diverso orientamento, dovesse ritenersi che, ai fini del perfezionamento della notifica avvenuta ai sensi dell’art. 140 c.p.c., fosse sufficiente l’espletamento delle tre formalità prescritte dalla citata norma, essendo irrilevante il momento dell’effettiva ricezione del plico raccomandato contenente l’avviso dell’avvenuto deposito e non necessaria l’allegazione dell’avviso di ricevimento all’originale dell’atto.

L’ordinanza ha proseguito rimarcando che detta problematica – sia pure sotto il diverso profilo della compatibilità, con gli artt. 3 e 24 Cost., degli artt. 149 c.p.c. e 4, comma 3, della legge 20 novembre 1982 n. 890 – ha formato oggetto della pronunzia della Corte costituzionale n. 477 del 26 novembre 2002, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 149 c.p.c. e dell’art. 4, comma 3, della legge n. 890 del 1982, nella parte in cui era stabilito che la notificazione si perfezionasse, per il notificante, alla data di ricezione dell’atto da parte del destinatario anzichè a quella (antecedente) di consegna dell’atto medesimo all’ufficiale giudiziario. Ed ha aggiunto che, alla luce dei principi costituzionali richiamati in tale pronunzia, dei quali è stata sottolineata la portata generale, deve essere risolto il contrasto interpretativo manifestatosi nella giurisprudenza di questa Corte in ordine agli effetti da collegare alla mancata produzione dell’avviso di ricevimento della raccomandata con la quale l’ufficiale giudiziario da notizia del compimento delle formalità (ex art. 140 c.p.c.) al destinatario dell’atto, ravvisando quindi una questione di massima di particolare importanza, la cui definizione è necessaria per decidere la controversia de qua. Pertanto il ricorso è stato rimesso al Primo Presidente per eventuale assegnazione alle Sezioni unite. A tanto si è provveduto e la causa è stata rimessa all’odierna udienza di discussione, all’esito della quale la Corte:

OSSERVA

Motivi della decisione

1. Come emerge dalla relazione in calce al ricorso per Cassazione proposto dal Ministero delle finanze, tale ricorso (diretto ad impugnare la decisione della Commissione tributaria regionale di Roma depositata il 29 gennaio 1998) fu notificato al destinatario ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civile. Il deposito della copia dell’atto nella casa comunale risulta effettuato il 13 febbraio 1999, ma si tratta di un evidente errore materiale in quanto l’atto reca la data dell’11 marzo 1999, onde è impossibile che il detto adempimento abbia avuto luogo quasi un mese prima della formazione del ricorso, sicchè nella relata, dove si legge “13/2/99”, deve leggersi in realtà “13/3/99”, come si desume anche dalle annotazioni esistenti sulla prima pagina del ricorso stesso. Sempre dalla relazione di notifica, poi, si trae l’eseguita affissione dell’avviso del deposito e la spedizione della raccomandata con avviso di ricevimento prevista dall’ultima parte del citato art. 140 (spedizione avvenuta il 15 marzo 1999). Detto avviso, però, non si trova allegato al ricorso, nè risulta comunque prodotto, mentre l’intimato (come sopra si è detto) non ha svolto in questa sede attività difensiva.

2. Muovendo da tali rilievi (e richiamando la sentenza della Corte costituzionale n. 477 del 2002) l’ordinanza della quinta sezione civile di questa Corte ha ravvisato un contrasto di giurisprudenza, e comunque una questione di massima di particolare importanza, in ordine agli effetti collegabili alla mancata produzione in giudizio dell’avviso di ricevimento della raccomandata con la quale l’ufficiale giudiziario da notizia al destinatario della notificazione, eseguita con le modalità di cui al citato art. 140.

Più esattamente, la questione rimessa all’esame delle sezioni unite può essere riassunta nei seguenti termini, se, in caso di notifica del ricorso per Cassazione ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ. eseguita con il compimento delle formalità prescritte (deposito della copia dell’atto nella casa comunale, affissione dell’avviso di deposito – ora in busta chiusa e sigillata: art. 174 d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196 – alla porta dell’abitazione o dell’ufficio o dell’azienda del destinatario, spedizione della raccomandata con avviso di ricevimento), la mancata allegazione di tale avviso determini l’inesistenza o la nullità della notificazione; e se sulla risposta a tale quesito influisca la sentenza della Corte costituzionale n. 477 del 2002, la quale ha anticipato per il notificante il perfezionamento della notificazione, eseguita col mezzo della posta, alla data di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario, facendo salvo per il destinatario il perfezionamento della notifica alla data della ricezione dell’atto stesso.

3. Il contrasto di giurisprudenza segnalato dall’ordinanza di rimessione in effetti non è ravvisabile, perchè i due orientamenti ipotizzati in conflitto riguardano due modalità diverse di notificazione: il primo orientamento (cui si riferiscono le sentenze, richiamate nella suddetta ordinanza, n. 8403 del 1999, n. 965 del 1999, n. 6599 del 1995, n. 2419 del 1995, n. 338 del 1995) concerne le notificazioni degli atti eseguite mediante il servizio postale (art. 149 cod. proc. civ. e legge 20 novembre 1982, n. 890); il secondo (cui si riferiscono le sentenze n. 4307 del 1999, n. 6060 del 1997, n. 6187 del 1994, n. 5825/SU del 1981 e Corte cost. 28 novembre 1986, n. 250) attiene alle notificazioni effettuate ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civile. Il primo tipo di procedimento notificatorio vede come centrale, nella sua struttura complessiva, l’attività affidata all’agente postale, mentre nel secondo la notificazione è eseguita direttamente dall’ufficiale giudiziario e si perfeziona con la spedizione (ad opera dello stesso ufficiale giudiziario) della raccomandata con avviso di ricevimento. La diversità esistente tra i due procedimenti (e, in particolare, la circostanza che, nella notifica a mezzo posta, l’avviso di ricevimento costituisce prova dell’eseguita notificazione) giustifica i differenti approdi ermeneutici cui la giurisprudenza era pervenuta (salvi gli effetti dei recenti interventi della Corte costituzionale), sicchè non può ravvisarsi in proposito alcun contrasto.

Il caso in esame riguarda la notifica di un ricorso eseguita ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civile. In ordine a tale norma, ed all’interpretazione finora data ad essa dalla giurisprudenza, ad avviso del collegio una nuova riflessione si rende necessaria, nel quadro delle considerazioni che seguono.

4. Da lungo tempo nella giurisprudenza di questa Corte è stato affermato il principio secondo cui la notificazione, eseguita ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ., si perfeziona – dopo il deposito dell’atto nella casa comunale (costituente il momento essenziale di o quello specifico procedimento notificatorio) e l’affissione dell’avviso del deposito alla porta dell’abitazione, dell’ufficio o dell’azienda del destinatario – con la spedizione a quest’ultimo della raccomandata con avviso di ricevimento, senza che assumano rilevanza, ai fini del perfezionamento della notifica, nè la consegna della raccomandata al destinatario nè l’allegazione dell’avviso di ricevimento all’originale dell’atto notificato (ex multis e tra le più recenti: Cass., 20 febbraio 2004, n. 3389; 20 novembre 2000, n. 14986; 29 aprile 1999, n. 4307; 5 luglio 1997 n. 6060).

Sul punto questa Corte ebbe a pronunziarsi anche a sezioni unite (sentenza 5 novembre 1981, n. 5825, seguita anche da altre pronunzie), ribadendo il principio che la notificazione effettuata ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ. si perfeziona, dopo il deposito della copia dell’atto nella casa comunale e l’affissione dell’avviso alla porta dell’abitazione, dell’ufficio o dell’azienda del destinatario, con la spedizione a quest’ultimo di raccomandata con avviso di ricevimento, contenente notizia del detto deposito, mentre resta a tal fine irrilevante l’effettiva consegna della raccomandata al destinatario, ovvero l’allegazione dell’avviso di ricevimento sottoscritto dallo stesso o da altra persona legittimata (principio ritenuto conforme agli artt. 3 e 24 della Costituzione, sul presupposto che le menzionate formalità fossero idonee a porre l’atto nella sfera di conoscibilità del destinatario, senza a alcun pregiudizio per il suo diritto di difesa e per il principio di uguaglianza).

Anche la Corte delle leggi si è collocata nella stessa prospettiva (Corte cost., sentenza n. 213 del 1975, ordinanza n. 76 del 1976, sentenza n. 250 del 1986, e, sia pure incidenter tantum. ordinanza n. 97 del 2004, in motivazione).

5. Peraltro la stessa Corte costituzionale, con sentenza n. 477 del 26 novembre 2002, relativa alle notificazioni degli atti a mezzo posta e alle comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziali, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 149 cod. proc. civ. e dell’art. 4, comma terzo, della legge 20 novembre 1982, n. 90, nella parte in cui prevede che la notificazione si perfeziona, per il notificante, alla data di ricezione dell’atto da parte del destinatario anzichè a quella, antecedente, di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario. La Corte delle leggi, dopo aver posto in luce che, in forza degli artt. 3 e 24 Cost., le garanzie di conoscibilità dell’atto, da parte del destinatario, devono coordinarsi con l’interesse del notificante a non vedersi addebitato l’esito intempestivo di un procedimento notificatorio parzialmente sottratto ai suoi poteri d’impulso (principio di portata generale), ha affermato che gli effetti della notificazione a mezzo posta devono essere ricollegati – per quanto riguarda il notificante – al solo compimento delle formalità a lui direttamente imposte dalla legge, ossia alla consegna dell’atto da notificare all’ufficiale giudiziario (essendo la successiva attività di quest’ultimo e dei suoi ausiliari, come l’agente postale, sottratta in toto al controllo e alla sfera di disponibilità del medesimo notificante), fermo restando per il destinatario il principio del perfezionamento della notificazione soltanto alla data di ricezione dell’atto, attestata dall’avviso di ricevimento, con la conseguente decorrenza da quella stessa data di qualsiasi termine imposto al destinatario medesimo.

Con successiva pronuncia (n. 28 del 2004) la Corte costituzionale ha affermato che – per effetto della citata sentenza n. 477 del 2002 – “risulta ormai presente nell’ordinamento processuale civile, tra le norme generali sulle notificazioni degli atti, principio secondo il quale – relativamente alla funzione che sul piano processuale cioè come atto della sequenza del processo, la notificazione è destinata a svolgere per il notificante – il momento in cui la notifica si deve considerare perfezionata per il medesimo deve distinguersi da quello in cui essa si perfeziona per il destinatario”. Per conseguenza, alla luce di tale principio le norme in tema di notificazioni di atti processuali – compreso l’art. 140 cod. proc. civ. (ord. n. 97 del 12 marzo 2004, cit.) – vanno interpretate, senza necessità di ulteriori interventi da parte del giudice delle leggi, nel senso che la notificazione si perfezione nei confronti del notificante, al momento della consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario.

6. Ne deriva che l’orientamento di questa Corte, sopra richiamato, non può più trovare conferma nella parte in cui affermava che la notifica eseguita ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ. si perfezionava, dopo il deposito della copia dell’atto e l’affissione dell’avviso relativo al deposito stesso, con la spedizione ai destinatario della raccomandala con avviso di ricevimento. A seguito delle menzionate pronunzie della Corte costituzionale il principio è che, anche per le notificazioni eseguite ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ., al fine del rispetto di un termine pendente a carico del notificante (nella specie, termine d’impugnazione con ricorso per Cassazione) è sufficiente che l’atto, notificato con il rito di cui alla citata norma, sia stato consegnato all’ufficiale giudiziario entro il predetto termine, mentre le formalità previste dal detto art. 140 possono essere eseguite anche in un momento successivo (in tali sensi, peraltro, questa Corte si è già espressa: Cass., 4 maggio 2004, n. 8447). Il consolidamento di tale effetto – che può definirsi provvisorio o anticipato – a vantaggio del notificante dipende comunque dal perfezionamento del procedimento notificatorio nei confronti del destinatario, perfezionamento che resta ancorato al momento in cui l’atto è ricevuto dal destinatario o perviene nella sua sfera di conoscibilità.

In questo quadro si può aggiungere (per completezza d’indagine) che l’effetto anticipato a vantaggio del notificante riguarda il termine pendente al momento in cui l’atto è consegnato all’ufficiale giudiziario per la notifica. Tale effetto, invero, è correlato all’esigenza di tutelare, nell’ambito applicativo degli artt. 3 e 24 della Costituzione, il diritto di difesa del notificante, anche sotto il profilo del principio di ragionevolezza, nonchè l’interesse del medesimo notificante a non vedersi addebitato l’esito intempestivo di un procedimento notificatorio parzialmente sottratto ai suoi poteri d’impulso (v. Corte cost., sentenze n. 477 del 2002 e, prima ancora, n. 69 del 1994). Ragioni analoghe, invece, non sussistono quando il momento in cui la notifica si perfeziona sia rilevante non per l’osservanza di un termine pendente nei confronti del notificante, bensì per stabilire il dies a quo relativo alla decorrenza di un termine successivo del processo (o del grado o della fase processuale). In tali casi (e, più in generale, a fini diversi dall’osservanza di un termine pendente) il dies a quo prende a decorrere dal momento in cui il procedimento notificatorio si perfeziona anche per il destinatario dell’atto. Così sembra orientata anche la Corte delle leggi, secondo la quale, poiché la notificazione si perfeziona per il notificante con la consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario, da quel momento possono essere compiute dal medesimo notificante le attività che presuppongono la notificazione dell’atto introduttivo del giudizio, ferma restando, in ogni caso, la decorrenza del termine finale dalla consegna al destinatario (cfr. Corte cost., 2 aprile 2004, n. 107).

In altre parole, dal momento della consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario il notificante può compiere le attività che presuppongono la notificazione dell’atto stesso, ma la scadenza del termine finale per il compimento di queste attività si continua a calcolare a far tempo dal perfezionamento della notificazione nei confronti del destinatario.

Ne segue che il termine di venti giorni per il deposito del ricorso per Cassazione (termine stabilito a pena d’improcedibilità e decorrente, ai sensi dell’art. 369, primo comma, cod. proc. civ., dall’ultima notificazione alle parti contro le quali il ricorso stesso è proposto) continua ad avere come dies a quo quello della notificazione perfezionata nei confronti del destinatario (o dei destinatari) dell’atto.

7. Si deve ora verificare se, ed eventualmente con quali integrazioni, l’orientamento seguito da questa Corte circa il momento perfezionativo del procedimento notificatorio disciplinato dall’art. 140 cod. proc. civ., nei confronti del destinatario della notificazione, debba trovare conferma. E tale indagine richiede alcune considerazioni preliminari. L’intero sistema delle notificazioni, nella diversità di procedimenti in cui si articola, si fonda su ragionevoli presunzioni di conoscenza dell’atto da parte del soggetto al quale la notifica è rivolta, non essendo esigibile che quest’ultimo ne abbia sempre una conoscenza concreta (realizzabile soltanto nell’ipotesi di notificazione in mani proprie: art. 138 cod. proc. civ.), perché il perseguimento di un tale risultato finirebbe per rendere troppo difficile l’esercizio del diritto costituzionale di agire in giudizio e si porrebbe, quindi, in contrasto con l’art. 24, primo comma, della Costituzione.

Ma anche il diritto di resistere ad una pretesa è espressione di una situazione giuridica costituzionalmente tutelata, in quanto costituente esercizio del diritto di difesa (art. 24, comma secondo, Cost.), che postula un’effettiva instaurazione del contraddittorio, indispensabile per garantire il giusto processo (art. 111, primo e secondo comma, Cost.).

Pertanto, in un equo bilanciamento delle posizioni del notificante e del destinatario della notificazione, un’interpretazione costituzionalmente orientata della normativa al riguardo impone che le garanzie di conoscibilità dell’atto da parte del destinatario medesimo siano ispirate ad un criterio di effettività, come effettiva (e non soltanto formale) deve essere la tutela del contraddittorio. E ciò vuoi dire che devono essere valorizzati tutti gli elementi idonei a perseguire il detto criterio di effettività.

Ciò posto, e venendo all’esame dell’art. 140 cod. proc. civ., si osserva che nel procedimento disciplinato da detta norma la consegna della copia conforme dell’atto – rivelatasi impossibile nella residenza, nella dimora o nel domicilio del destinatario (localizzati nella casa di abitazione di quest’ultimo, o nel luogo in cui egli ha l’ufficio o esercita l’industria o il commercio: così Cass., s. u., 5 novembre 1981, n. 5825), per irreperibilità, incapacità o rifiuto delle persone indicate nell’art. 139 – viene eseguita dall’ufficiale giudiziario mediante deposito nella casa del comune in cui la notificazione deve avere luogo. Tale deposito, pur costituendo formalità essenziale del procedimento de quo. non è idoneo da solo a porre la copia dell’atto nella sfera di conoscibilità del destinatario, che non ha modo di essere informato del detto adempimento. Perciò la norma stabilisce una prima formalità integrativa, costituita dall’affissione – alla porta dell’abitazione o dell’ufficio o dell’azienda del destinatario – ad opera dell’ufficiale giudiziario di un avviso dell’avvenuto deposito, contenente gli elementi di cui all’art. 48 disp. att. cod. proc. civile. Ma anche questo secondo adempimento non è ritenuto dalla legge sufficiente, stante la sua precarietà che può tradursi nella sottrazione o, comunque, nella dispersione dell’avviso. Pertanto la norma richiede una formalità ulteriore e cioè la “notizia” (dell’avvenuto deposito) che l’ufficiale giudiziario deve dare al destinatario mediante raccomandata con avviso di ricevimento.

Il dettato della norma realmente impone di ritenere che, con il compimento del terzo adempimento (e quindi con la spedizione della raccomandata), la notificazione debba considerarsi perfezionata nei confronti del destinatario dell’atto. E ciò non soltanto perché in tal senso orientano il tenore testuale della disposizione e la struttura del procedimento in essa contemplato ma anche perché, essendo essa diretta a disciplinare un effetto legale tipico (di conoscibilità), sul piano logico è ragionevole ritenere che il legislatore abbia inteso ancorare tale effetto ad una data certa qua è quella derivante dalla spedizione della raccomandata stessa.

Da questo risultato ermeneutico, tuttavia, ad avviso del collegio non può desumersi – come, invece, l’orientamento fin qui seguito ha affermato – che l’allegazione dell’avviso di ricevimento all’originale dell’atto sia adempimento privo di rilevanza. In primo luogo, se il legislatore avesse considerato ravviso di ricevimento privo di rilevanza, non avrebbe richiesto che la raccomandata di cui all’art. 140 cod. proc. civ. ne fosse corredata. E non a caso, quando la legge, in base ad una scelta operata nell’ambito della discrezionalità legislativa, ha ritenuto sufficiente che la notizia di una avvenuta notificazione fosse data a mezzo di raccomandata semplice, ha disposto in tal senso (v. art. 139, comma terzo, cod. proc. civ., in caso di consegna della copia a mani del portiere o del vicino di casa, che è formalità ben più affidabile dell’affissione di un avviso alla porta, onde si spiega il minor rigore della modalità di trasmissione della “notizia”). Non giova addurre che, nel caso di notificazione a mezzo del servizio postale, l’allegazione all’originale dell’avviso di ricevimento è espressamente prevista (art. 149, comma secondo, ult. parte, cod. proc. civ. e art. 5, primo comma, legge n. 890 del 1982). In tali casi, invero, il detto avviso costituisce prova dell’eseguita notificazione (nei confronti del destinatario dell’atto, dopo Corte cost., n. 477 del 2002), dunque è parte integrante della relazione di notifica e perciò ben si spiega l’espressa previsione normativa.

Nel procedimento disciplinato dall’art. 140, invece, la notificazione si compie con la spedizione della raccomandata, che come atto della sequenza del processo perfeziona l’effetto di conoscibilità legale nei confronti del destinatario. Tuttavia, non diversamente da quanto avviene per il perfezionamento della notificazione nei confronti del notificante, anche per il destinatario si tratta di un effetto provvisorio o anticipato, destinato a consolidarsi con l’allegazione, all’originale dell’atto, dell’avviso di ricevimento le cui risultanze possono confermare o smentire che la notifica abbia raggiunto lo scopo cui era destinata. Al riguardo occorre considerare che la notificazione eseguita ai sensi dell’art. 140 ora citato postula che sia stato esattamente individuato il luogo di residenza, dimora o domicilio del destinatario stesso e che la copia da notificare non sia stata consegnata per difficoltà di ordine materiale, quali la momentanea assenza, l’incapacità o il rifiuto delle persone indicate nell’art. 139 del codice di rito (così Cass., 16 luglio 2004, n. 13183). Dall’avviso di ricevimento, e dalle annotazioni che l’agente postale appone su di esso quando lo restituisce al mittente, può emergere che la raccomandata non è stata consegnata perché il destinatario risulta trasferito (è il caso preso in esame dalla sentenza ora richiamata) oppure deceduto o, ancora, per altre ragioni le quali comunque rivelano che l’atto in realtà non è pervenuto nella sfera di conoscibilità dell’interessato e che, dunque, l’effetto legale tipico, a tale evento ancorato, non si è prodotto.

In tali ipotesi sembra palese che la notifica debba essere considerata nulla (non inesistente, a meno che l’atto non sia stato indirizzato verso un luogo privo di qualsiasi collegamento con il destinatario) e che, quindi, debba essere rinnovata ai sensi dell’art. 291 cod. proc. civile. Infatti, le suddette risultanze rendono quanto meno incerto, e possono addirittura escludere, che il luogo in cui l’ufficiale giudiziario ha svolto l’attività prevista dall’art. 140 cod. proc. civ. sia quello di effettiva ed attuale residenza, dimora o domicilio del destinatario, con i conseguenti riflessi sulla validità della notifica effettuata. Si tratta, dunque, di una verifica necessaria, postulata del resto dalla stessa previsione normativa nel momento in cui richiede che la spedizione della raccomandata abbia luogo con avviso di ricevimento. Ne consegue che quest’ultimo deve essere allegato all’originale dell’atto e che la sua mancanza, rendendo impossibile il suddetto controllo, determina la nullità della notificazione, peraltro sanabile con la costituzione dell’intimato oppure con la rinnovazione della notifica stessa ai sensi dell’art. 291 cod. proc. civile.

8. Conclusivamente, devono essere affermati i seguenti principi di diritto:

“Qualora il ricorso per Cassazione sìa stato notificato ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ., al fine del rispetto del termine d’impugnazione è sufficiente che il ricorso stesso sia stato consegnato all’ufficiale giudiziario entro il predetto termine, fermo restando che il consolidamento di tale effetto anticipato per il notificante dipende dal perfezionamento del procedimento notificatorio) nei confronti del destinatario, procedimento che, nei casi disciplinati dall’art. 140 cod. proc. civ., prevede il compimento degli adempimenti da tale norma stabiliti (deposito della copia dell’atto nella casa del comune dove la notificazione deve eseguirsi, affissione dell’avviso del deposito in busta chiusa e sigillata alla porta dell’abitazione o dell’ufficio o dell’azienda del destinatario, notizia del deposito al destinatario mediante raccomandata con avviso di ricevimento).

Nei casi di cui sopra, il termine per il deposito del ricorso,stabilito a pena d’improcedibilità dall’art. 369, primo comma, cod. proc. civ., decorre dal perfezionamento della notifica per il destinatario.

Nei casi suddetti la notificazione nei confronti del destinatario dell’atto si ha per eseguita con il compimento dell’ultimo degli adempimenti prescritti (spedizione della raccomandata con avviso di ricevimento). Tuttavia, poichè tale adempimento persegue lo scopo di consentire la verifica che l’atto sia pervenuto nella sfera di conoscibilità del destinatario, l’avviso di ricevimento deve essere allegato all’atto notificato e la sua mancanza provoca la nullità della notificazione, che resta sanata dalla costituzione dell’intimato o dalla rinnovazione della notifica ai sensi dell’art. 291 cod. proc. civile”.

Nel caso in esame, pur risultando compiute le formalità di cui al citato art. 140, l’avviso di ricevimento del plico raccomandato(inviato al contribuente il 15 marzo 1999) non si trova allegato al ricorso nè si rinviene negli atti, mentre l’intimato non ha svolto difese in questa sede.

Pertanto deve essere disposta la nuova notifica del ricorso per Cassazione all’intimato, nei sensi di cui al dispositivo.

P.Q.M.

La Corte ordina la nuova notificazione del ricorso per Cassazione all’intimato, entro il termine di giorni sessanta dalla comunicazione della presente ordinanza, e rinvia la causa a nuovo ruolo.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte Suprema di Cassazione, il 21 ottobre 2004.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2005


T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, (ud. 08-11-2004) 27-12-2004, n. 17353

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO

– Sezione I-quater –

ha pronunciato la seguente

Sentenza

sul ricorso n. 7033 del 2004, proposto da Ericsson Telecomunicazione S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Franco Alesi e Gennaro Contardi ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo, situato in Roma, via Tuscolana n. 1020

contro

il Comune di Patrica (Frosinone), in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. Aldo Ceci ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Anna Maria Venchi, situato in Roma, viale Mazzini n. 142

per l’annullamento

della nota 8 aprile 2004, prot. n. 2246, con cui il Responsabile dell’Ufficio Tecnico del Comune di Patrica (Frosinone) ha comunicato, fra l’altro, alla Ericsson Tlc S.p.A. che la comunicazione della Ericsson Tlc S.p.A. 2 aprile 2004, prot. n. SWI-04:0357, di ripresa dei lavori si intende sospesa in attesa di chiarimenti, nonché tutti gli atti preparatori, preordinati, presupposti e consequenziali, comunque connessi;

nonché per la condanna

del Comune di Pratica (Frosinone), in persona del Sindaco p.t. e del responsabile del Procedimento, al risarcimento dei danni subiti e subendi;

Visto il ricorso con la relativa documentazione;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza dell’8 novembre 2004 il Ref. Antonella MANGIA; uditi, altresì, i procuratori delle parti come da verbale;

Ritenuto in fatto ed in diritto quanto segue:

Svolgimento del processo
In data 11.3.2002 la ricorrente presentava istanza di concessione edilizia per la realizzazione di una stazione radio base sistema (dcs/gsm/umts), ubicata sull’immobile di proprietà del sig. Iacovissi, in Patrica (FR), via Celletta snc..

In data 16 ottobre 2002, rendeva noto che detta istanza “vale come denuncia di inizio attività ai sensi dell’art. 12, comma 2, del decreto legislativo n. 198/2002…… essendo l’impianto con potenza in singola antenna inferiore a 20 Watt e realizzato in tecnologia GSM 900MHz e DCS 1800 MHZ”.

Con nota n. 5731 del 5.9.2003, l’Amministrazione comunicava alla ricorrente di avere notificato al sig. Iacovissi, proprietario dell’immobile, l’ordinanza n. 11/2003 di immediata sospensione dei lavori e di rimessa in pristino dello stato dei luoghi ai sensi degli artt. 4 e 6 della Legge n. 47 del 1985 per avere eseguito abusivamente lavori edili.

Con lettera pervenuta all’Amministrazione il 2.4.2004, la ricorrente comunicava: – di aver sospeso temporaneamente i lavori “al fine di non ostacolare le attività amministrative”; – la ripresa dei lavori, considerato che “i lavori di cui alla ns. Denuncia Inizio Attività del 16.10.2002………nulla hanno a che vedere con le opere contestate nella” comunicazione dell’Amministrazione del 5.9.2003.

Con nota in data 8.4.2004, prot. n. 2246, il Comune di Patrica significava che: – le opere di cui alla comunicazione del 5.9.2003 ricadono sulla particella catastatale n. 358 fl. n. 24; – i manufatti ed i lavori realizzati senza autorizzazione dal sig. Iacovissi ricadono sulla medesima particella. Chiedeva, pertanto, alla ricorrente “in virtù di quali norme urbanistiche le opere da Voi richieste con D.I.A. del 16.10.2002 nulla hanno a che vedere con le opere contestate”. In attesa dei chiarimenti richiesti, sospendeva la “comunicazione” della Ericsson di “ripresa lavori”.

Avverso il provvedimento di cui è stata data in ultimo evidenza la ricorrente solleva i seguenti motivi di impugnativa:

1. Eccesso di potere. Errore nei motivi e nei presupposti. Sviamento di potere. Illogicità manifesta. L’ordinanza n. 11/03, notificata il 4 luglio 2003, ha cessato di avere efficacia 30 (trenta) giorni dopo l’emissione e, comunque, il 3 agosto 2003 (trenta giorni dalla notifica) per cui i lavori potevano ben essere ripresi. Peraltro, i lavori “de quo” erano autorizzati per silenzio assenso, formatosi in data 14 gennaio 2003, sulla D.I.A. del 16 ottobre 2002, ex art. 6 del D.Lgs. n. 198/2002 (novella ribadita anche dall’art. 87 del D.Lgs. n. 259/2003). Entro l’anno dalla formazione del silenzio assenso e precisamente in data 25.6.2003, e’ stata data comunicazione di inizio lavori. Anche i lavori richiamati nell’ordinanza n. 11/03 sono stati autorizzati per il predetto silenzio assenso.

2. Violazione e falsa interpretazione dell’art. 6 del decreto legislativo 4 settembre 1002, n. 198, ora abrogato, dell’art. 136 Cost., della Legge n. 1 del 1948 e dell’art. 87 del decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259 Codice delle Comunicazioni Elettroniche e dell’art. 4 del Decreto Legge 14 novembre 2003, n. 315, convertito in Legge 16 gennaio 2004, n. 5. Sulla D.I.A. del 16 ottobre si e’ formato il silenzio assenso in data 14 gennaio 2003, non essendo stato comunicato il rigetto entro 90 giorni dalla sua presentazione. Al riguardo non può, dunque, spiegare effetti la sentenza di incostituzionalità del D.Lgs. n. 198/2002 perché il rapporto era da ritenersi definitivo.

3. Eccesso di potere. Contraddittorietà tra provvedimenti della stessa Amministrazione. L’atto impugnato e’ in contrasto con il silenzio assenso di cui sopra.

4. Violazione del principio di tutela dell’affidamento dei terzi.

5. Gravi motivi ed irreparabili danni.

Da ultimo, la Ericsson richiede il risarcimento dei danni per equivalente, con condanna al pagamento di una somma pari all’accertando mancato utile di impresa, ovvero anche nelle forme di cui all’art. 35, comma 2, D.Lgs.. n. 80/1998, ovvero comunque ricorrendo al criterio equitativo di cui all’art. 1226 c.c..

Il Comune di Patrica si è costituito resistendo. In particolare, con memorie depositate in data 29 luglio 2004 e 24 agosto 2004, ha chiesto la remissione della controversia alla Sezione Staccata di Latina ed eccepito irricevibilità per tardività dell’impugnativa, atteso che il provvedimento impugnato era già pienamente conosciuto dalla ricorrente sin dal giorno 8.4.2004, essendo stato comunicato tramite telefax presso la sede legale di quest’ultima. Ha eccepito ancora l’inammissibilità del ricorso adducendo la carenza di contenuto provvedimentale dell’atto impugnato, da ritenersi, tra l’altro, confermativo di atti precedentemente assunti. Nel merito, ha contestato la formazione del silenzio assenso perché la D.I.A. prevedeva la trasformazione di immobili abusivamente realizzati e non era corredata delle necessarie autorizzazioni di Legge (tra cui, quella inerente al vincolo idrogeologico, pervenuta solo in data 9.4.2003, ma poi susseguita dall’ordinanza n. 11/03 del 4.7.2003, non impugnata); ha rilevato, ancora l’impossibilita’ di ritenere il rapporto esaurito o definito alla data di pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 303/03 a causa dell’assenza della materiale realizzazione dell’opera nonché l’impossibilita’ di considerare una mera D.I.A. come titolo idoneo a consentire la trasformazione di opere abusive, per le quali il proprietario ha, tra l’altro, chiesto concessione in sanatoria ex D.L. n. 269/03, a dimostrazione della necessita’ del titolo concessorio.

Alla Camera di Consiglio del 25 agosto 2004, il difensore dell’Amministrazione ha rinunciato all’istanza di remissione alla Sezione Staccata di Latina, sollevata ex art. 32 della Legge n. 1034 del 1971.

Il ricorrente ha rinunciato all’istanza di sospensione nella prospettiva della trattazione del ricorso nel merito a breve.

E’ stato, cosi’, disposto il rinvio all’udienza pubblica dell’8.11.2004.

Con memoria depositata in data 28 ottobre 2004, la ricorrente ha ribattuto all’eccezione di tardività affermando che: – la notifica a mezzo fax non ha valore legale, se non espressamente autorizzata dal giudice; – il numero di fax cui è stato inviato il provvedimento non è quello del legale rappresentante p.t. della società ricorrente, bensì quello dell’ufficio legale distaccato; – l’8 aprile 2004 era giovedì santo ed il fax e’ stato spedito dopo le 16,30. Essendo stati concessi come festivi il venerdì santo ed il martedì 13 aprile, il fax è stato di fatto letto il mercoledì 14 aprile 2004, sicché, anche volendo considerare la legale conoscenza come avvenuta in tale data, il ricorso e’ tempestivo. Il ricorrente ha rilevato che l’ordinanza n. 11/2003 aveva efficacia temporalmente limitata e contestato il carattere meramente confermativo del provvedimento impugnato. Nel merito, ha asserito che l’istanza di sanatoria del sig. Iacovissi non è relativa all’area oggetto dell’intervento e che non esiste vincolo paesistico. Da ultimo, ha ribadito la formazione del silenzio assenso in data 14 gennaio 2004.

Con memoria depositata in data 26 ottobre 2004, il Comune di Patrica ha insistito sull’irricevibilità del ricorso e sull’inammissibilità dello stesso, già in precedenza eccepite, rilevando, in aggiunta, che la ricorrente mira non all’annullamento della nota in epigrafe bensì ad un’inammissibile pronuncia di accertamento. Ha, ancora, rilevato l’inammissibilità del ricorso “per carenza di interesse”, perché – anche volendo porsi nell’ottica ricostruttiva della vicenda esposta dalla ricorrente – il presunto assenso tacito sarebbe venuto meno, peraltro già da prima dell’emanazione del provvedimento impugnato, non essendo state le opere realizzate entro 12 mesi a partire dal 14.1.2004. Da ultimo, ha evidenziato che, considerando l’atto impugnato alla stregua di un’ordinanza di sospensione dei lavori, sarebbero esauriti i 45 gg., con ulteriore inammissibilità dell’azione.

Il ricorso e’ stato trattenuto per la decisione alla pubblica udienza dell’8 novembre 2004.

Motivi della decisione
1. Il ricorso è irricevibile in quanto tardivamente proposto.

Il Comune ha depositato in atti il fax di trasmissione del provvedimento in epigrafe, inviato in data 8 aprile 2004, dando, altresì, prova dell’avvenuta ricezione da parte del destinatario per mezzo dell’allegazione dell’apposita nota di conferma.

Appare, pertanto, doveroso rilevare che la ricorrente e’ stata resa edotta dei contenuti della determinazione in contestazione già in tale data e che, dunque, avrebbe dovuto proporre l’impugnazione nel termine perentorio di sessanta giorni a far tempo dalla stessa e cioè entro il 7 giugno 2004, mentre il ricorso è stato consegnato all’ufficiale giudiziario – il quale si e’, poi, avvalso del servizio postale (cfr. Corte Cost., sent. n. 447 del 2002 e sent. n. 28 del 2004) – soltanto in data 12 giugno 2004.

In conformità all”orientamento già espresso in numerose altre pronunce giurisprudenziali (cfr. TAR Piemonte, sent. n. 1190 del 2002; TAR Lazio, Latina, sent. n. 620 del 14 giugno 2001), il Collegio rileva, infatti, che:

– il fax costituisce un sistema basato su linee di trasmissione di dati e su apparecchiature che consentono di documentare sia la partenza del messaggio dall’apparato trasmittente sia – attraverso il c.d. rapporto di trasmissione – la ricezione del messaggio in quello ricevente, sicuramente atto a garantire l’effettività della comunicazione;

– ciò consente di affermare che la comunicazione via fax di un provvedimento rappresenta uno strumento idoneo – in carenza di espresse prescrizioni che dispongano altrimenti – a determinare la piena conoscenza del provvedimento stesso ed a far decorrere termini perentori di Legge;

– in base a tale rilievo, trova indiscussa applicazione il disposto di cui all’art. 21, comma 1, della Legge n. 1034 del 1971, che impone la notifica del ricorso “entro il termine di sessanta giorni da quello in cui l’interessato………..ne abbia comunque avuto conoscenza….”;

– a nulla rileva che l’Amministrazione provveda in un secondo momento alla comunicazione per mezzo posta del medesimo provvedimento e che il ricorso risulti tempestivo rispetto a quest’ultima comunicazione, atteso che la conoscenza via fax pone – in applicazione dei rilievi gia’ formulati – l’interessato nella indubbia condizione di proporre censure.

Nel caso di specie, risultano prodotti dall’Amministrazione elementi idonei a fornire prova della ricezione in data 8 aprile 2004 del documento da parte del destinatario. E’ stata, infatti, allegata la nota di conferma che da’ atto che il rapporto di trasmissione e’ avvenuto regolarmente. Per contro, il destinatario e cioè la ricorrente non e’ stata in grado di fornire la prova contraria, la quale non avrebbe potuto che concentrarsi sulla funzionalità dell’apparecchio ricevente (cfr. C.d.S., sent. n. 2207 del 24 aprile 2002).

In considerazione dei rilievi formulati dalla ricorrente in ordine alla comunicazione in argomento, va ancora posto in risalto che:

l’indicazione di un numero “telefax” sulla carta intestata di una società e’ idoneo a far presumere che detto numero costituisca il telefax della società e non il telefax – ad esempio – di un ufficio distaccato. Appare, pertanto, ragionevole affermare che, attraverso l’indicazione sulla carta intestata di un determinato indirizzo telefax, un soggetto espressamente legittimi i terzi all’invio di fax al numero indicato. Ne consegue che tale soggetto, responsabile dell’insorgenza di un ben definito stato di affidamento, non può poi lamentare che il fax e’ giunto non alla sede legale ma ad un ufficio privo di poteri direzionali al fine di contestare la validità della comunicazione ricevuta. Del resto, non vi e’ chi non veda come la condivisione della posizione della ricorrente – in spregio dell’affidamento ingenerato – porrebbe quest’ultima nella condizione di indubbio vantaggio di contestare le comunicazioni ogni volta che ciò possa ritornarle utile e di ammetterne, invece, la ricezione nell’ipotesi opposta. Da ultimo, il Collegio non può non rilevare che le asserzioni della ricorrente risultano prive del minimo supporto probatorio;

la ricorrente segnala che il fax risulta spedito dopo le 16,30 dell’8 aprile 2004, che l’8 aprile era giovedì santo e che erano stati concessi come festivi per recupero aziendale sia il venerdì santo che il successivo martedì 13 aprile. Per mezzo della richiamata esposizione, la ricorrente afferma che il fax è stato di fatto letto il mercoledì 14 aprile e che, dunque, il termine per impugnare sarebbe scaduto il 14 giugno, atteso che il 13 era festivo. Anche tali affermazioni non sono meritevoli di considerazione. Ritenendo che la ricorrente evidenzi le circostanze sopra riportate al fine di ricondurre la piena conoscenza del provvedimento ad un’epoca successiva alla data in cui e’ avvenuta la comunicazione via fax, va riscontrata la totale irrilevanza – ai fini della conoscenza dei provvedimenti amministrativi – di circostanze di carattere meramente soggettivo, attinenti, tra l’altro, a scelte non preventivabili. E’, infatti, noto che il termine per il ricorso giurisdizionale avverso un provvedimento inizia a decorrere quando si realizza la conoscenza ovvero l’equipollente presunzione legale di conoscenza (cfr, tra le altre, TAR Veneto, sent. n. 2195 del 29 giugno 2004 e sent. n. 5134 del 7 ottobre 2003). Si intende cosi’ affermare che la conoscenza del provvedimento rilevante ai sensi dell’art. 21 della Legge n. 1034 del 1971 – da ancorare ad elementi univoci e sicuri (TAR Lombardia, Milano, SEZIONE II, sent. n. 2664 del 24 giugno 2004) – si verifica ogni volta che il provvedimento e’ portato nella sfera di conoscibilità legale del destinatario perché, in tale modo, il legittimato all’impugnazione e’ posto nella concreta possibilità di rendersi conto del contenuto del provvedimento e, dunque, della sua lesività, con totale ininfluenza – in relazione alla decorrenza del termine di sessanta giorni – di situazioni transitorie attinenti al destinatario dell’atto, non conosciute ne’ conoscibili, come anche di specifiche scelte soggettive del medesimo soggetto, quale, ad esempio, l’espressa volontà di non prendere visione della corrispondenza ricevuta. Come e’ stata riconosciuta la sufficienza – al fine di provare la data certa di conoscenza del provvedimento impugnato – dell’esibizione in giudizio da parte dell’Amministrazione della copia della raccomandata di trasmissione del provvedimento stesso e dell’avviso di ritorno (cfr. C.d.S., sent. n. 2264 del 12 aprile 2001), va riconosciuta la sufficienza – al medesimo fine – dell’esibizione del fax e della nota di conferma o, meglio, del rapporto di trasmissione, idoneo ad attestare che la trasmissione e’ avvenuta regolarmente (cfr. C.d.S., sent. n. 2207/02, già citata). Anche volendo spostare l’attenzione sul computo dei termini, la totale ininfluenza delle circostanze addotte dalla ricorrente permane. Come già affermato in giurisprudenza, nel nostro ordinamento vige la regola secondo cui i termini si calcolano secondo il calendario comune, non computando il giorno iniziale e con proroga di diritto al primo giorno seguente non festivo se il giorno di scadenza è festivo; a tale regola deve essere riconosciuta una generale applicazione e non può, quindi, essere disattesa in virtù di estensioni in via analogica di disposizioni che – prevedendo deroghe – debbono essere definite di carattere eccezionale (C.d.S., sent. n. 5374 del 9 ottobre 2002). Da ultimo, ma sicuramente non meno importante, va segnalato che la ricorrente non produce alcun elemento atto a comprovare le circostanze in esame.

2. Per le ragioni illustrate, il ricorso va dichiarato irricevibile perché presentato fuori termine.

Le spese di giudizio sono liquidate a favore del Comune di Pratica in Euro 2.000,00, salvi oneri fiscali e previdenziali.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio – Sezione I quater dichiara irricevibile il ricorso n. 7033/2004.

Condanna la Ericsson Telecomunicazioni S.p.A. al pagamento delle spese di giudizio, liquidate a favore del Comune di Pratica in Euro 2.000,00, salvi oneri fiscali e previdenziali.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di Consiglio dell’8 novembre 2004.

Dr. Pio GUERRIERI – Presidente

Dr.ssa Gabriella DE MICHELE – Consigliere

Dr.ssa Antonella MANGIA- Referendario- Relatore – Estensore


Cass. civ., Sez. V, Sent., (data ud. 27/10/2004) 15/12/2004, n. 23349

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RIGGIO Ugo – Presidente

Dott. EBNER Vittorio Glauco – Consigliere

Dott. SOTGIU Simonetta – Consigliere

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – rel. Consigliere

Dott. FERRARA Ettore – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

BETZ DEARBORN SPA, in persona del liquidatore e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DI VILLA MASSIMO 57, presso lo studio dell’avvocato GUIDO BROCCHIERI, che la difende unitamente agli avvocati GIANFRANCO MACCONI, EUGENIO DELLA VALLE, giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 158/02 della Commissione tributaria regionale di ROMA, depositata il 09/01/03;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 27/10/04 dal Consigliere Dott. Maria Rosaria CULTRERA;

udito per il ricorrente, l’Avvocato dello Stato GIORDANO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorse;

udito per il resistente, l’Avvocato DELLA VALLE (con delega), che ha chiesto l’inammissibilitàin subordine il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MACCARONE Vincenzo che ha concluso per l’inammissibilità; in subordine l’accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo
L’Agenzia delle Entrate ufficio di Roma 3 ha impugnato innanzi alla Commissione tributaria regionale del Lazio la sentenza n. 27/43/2001, emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Roma, con cui è stato accolto il ricorso proposto dalla società BETZ DEARBORN s.p.a. già BETZ SUD s.p.a., avverso il silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso dell’imposta proporzionale di registro, versata in L. 48.910.000, in sede di registrazione dell’atto di fusione per incorporazione, senza concambio, della s.r.l. MISAN di cui deteneva per l’intero le quote. La doglianza era fondata sul richiamo alla direttiva CEE n. 85/303. Nel contraddittorio della controparte, l’organo di gravame ha dichiarato inammissibile l’appello, sul rilievo che la censura ivi mossa si fonda sulla trattazione di un argomento di causa nuovo rispetto alla prospettazione della difesa svolta in sede di prima istanza, dal momento che l’amministrazione con l’atto d’impugnazione ha richiamato il principio elaborato dalla Corte di Giustizia, e confermato dalla Corte di Cassazione, secondo cui le disposizioni comunitarie non ostano alla riscossione dell’imposta di registro in caso di fusione per incorporazione, così modificando l’impostazione difensiva assunta in precedenza, secondo la quale la direttiva comunitaria invocata da controparte non poteva avere diretta applicazione nel nostro ordinamento, in mancanza del decreto legislativo di recepimento, non ancora adottato all’atto del versamento dell’imposta controversa.

Contro questa decisione l’amministrazione finanziaria e l’Agenzia delle Entrare ricorrono per Cassazione con unico mezzo. Resiste la controparte.

Motivi della decisione
L’amministrazione finanziaria ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 57 del d.lgs n. 546/92, dell’art. 4 lett. b) della tariffa allegata al d.p.r. n. 131/86, dell’art. 177 del Trattato CE 20 marzo 1957 e dei principi di diritto comunitario in tema di vincolatività delle pronunce della Corte di giustizia in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.. Denuncia duplice errore, commesso dall’organo di gravame sia nell’aver erroneamente ritenuto sussistente la violazione del jus novum in sede di gravame, sia per aver imputato all’ufficio intempestività nelle eccezioni oggetto d’appello. Sotto il primo profilo, rileva che la diversa impostazione difensiva assunta in sede d’impugnazione, nella quale in buona sostanza è stata eccepita l’esatta applicazione della direttiva CEE invocata da controparte, non ha determinato immutazione nè del petitum nè della causa petendi. Con l’atto di gravame l’Agenzia appellante non ha inteso, invero, convalidare il decisum dei primi giudici, bensì, senza mutare la tesi sostanziale già dedotta in prima istanza, ha contestato il criterio di legittimità che ha sorretto la decisione ad essa sfavorevole, richiamando statuizioni interpretative vincolanti provenienti dal giudice comunitario, alle quali la Commissione regionale avrebbe dovuto adeguarsi d’ufficio. Il resistente replica osservando che(in sostanza, in primo grado l’amministrazione finanziaria non contestò che la direttiva citata non si applicasse alla fattispecie, ma che non avesse piuttosto valore cogente, e dunque non fosse applicabile siccome non era stata ancora recepita in una norma interna. In sede d’appello, incentrò invece il nucleo dell’eccezione sull’interpretazione della direttiva alla quale i giudici di prima istanza avrebbero dovuto adeguarsi così ampliando il thema decidendum.

Richiama inoltre l’eccezione d’inammissibilità dell’appello già dedotta in quella sede, e sulla quale l’organo di gravame non si è pronunciato, ribadendo che esso è tardivo dal momento che è stato proposto oltre il termine breve di 60 giorni sancito nell’art. 51 del d.lgs n. 546/92, rilevando a sostegno che Sentenza della Commissione provinciale è stata notificata all’Agenzia delle entrate-Ufficio di Roma 1 – il giorno 13.4.01, mentre l’atto d’impugnazione è stato notificato il 14.3.2002. Per sostenere l’eccezione, osserva che non assume rilevanza la circostanza che la competenza territoriale in ordine alla controversia fosse attribuita all’ufficio di Roma 3, che in effetti propose l’impugnazione, dal momento che la notifica della pronuncia di primo grado venne effettuata in conformità all’avviso di segreteria, nè può ritenersi che la ripartizione di competenze in seno all’Agenzia abbia efficacia anche esterna. Nel merito confuta l’interpretazione della direttiva offerta dalla Corte di Giustizia UE n. c-152/97 del 27.10.98 alla quale si richiama la ricorrente, osservando che essa non è conforme ai principi ispiratori della direttiva più volte richiamata. Merita esame in linea preliminare, per evidenti ragioni di priorità logica, l’eccezione d’inammissibilità dell’appello per tardività della sua proposizione, che il resistente ha in questa sede riproposto.

Al riguardo deve affermarsi, anzitutto, l’ammissibilità della sua deduzione in sede di controricorso, siccome il resistente è stato vittorioso nel precedente grado di giudizio e dunque, non avendo interesse alla presente impugnazione, non aveva l’onere di proporre ricorso incidentale, ben potendo chiedere che la questione fosse esaminata e finalmente decisa, dal momento che l’organo di gravame non si è pronunciato su di essa essendo rimasta assorbita nella decisione assunta. In questo caso è pacifico che, ai fini della devoluzione, è sufficiente che l’eccezione già dedotta venga riproposta, unitamente alle difese proprie del giudizio d’impugnazione, in modo da evitare la presunzione di rinuncia posta dall’art. 346 c.p.c. (cfr. per tutte Cass. n. 7919 e n. 10966 del 2004). Nel merito l’eccezione è fondata.

Dall’esame degli atti, alla cui verifica si può accedere anche in questa sede in considerazione della natura processuale del vizio denunciato, emerge che effettivamente la sentenza della Commissione provinciale, che era stata notificata all’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Roma 1- in data 13-4-2001 venne impugnata da quest’ultimo organo – Ufficio di Roma 3- con atto del, 14-3-02 ben oltre il termine sancito nell’art. 51 del d.lgs n. 546/92. Ne discende la palese inammissibilità dell’appello. La destinataria della notifica – Agenzia delle Entrate – evidentemente non tenne conto della notifica della pronuncia, e non poteva certamente imputare al contribuente il fatto che, per una ripartizione tutta interna alla sua articolazione territoriale, l’adempimento fosse stato effettuato presso uno dei suoi uffici, che ricevette peraltro l’atto senza muovere obiezioni, diverso da quello che ne sarebbe stato l’effettivo destinatario, e che infatti propose l’impugnazione. La distinzione tra i suddetti uffici della medesima Agenzia è espressione di una distribuzione delle competenze ad essa intrinseca, disposta con un atto interno, vale a dire con i decreti direttoriali n. 10/3349/99 del 27.12.99 e n. 5591 del 15.1.2000, richiamati in controricorso e in relazione ai quali l’attuale ricorrente non adduce alcuna replica- che hanno natura oggettiva e soggettiva di atti amministrativi e sono privi di efficacia verso il pubblico degli utenti.

Per logico corollario, la notifica della sentenza è sicuramente andata a buon fine, e quindi, essendo inutilmente decorso il termine di sessanta giorni stabilito nella norma citata, il potere dell’Agenzia di proporre l’appello si era ormai consumato.

Giova richiamare a conferma il principio ricavabile dalla previsione dell’art. 5 della legge n. 249 del 18.3.68, che stabilisce che <le istanze o i ricorsi rivolti nel termine previsto dalla legge ad organi diversi da quello competente ma appartenenti alla medesima amministrazione centrale, non sono soggetti a dichiarazione d’irricevibilità per scadenza del termino, che può trovare applicazione nel caso di specie, dal momento che gli uffici dell’Agenzia operanti sul territorio romano rappresentano articolazione del medesimo organo – appunto l’Agenzia delle Entrate, e sono privi di autonoma e distinta soggettività giuridica, essendo costituiti i in buona sostanza, in funzione di un sistema di organizzazione finalizzato ad una più adeguata e razionale distribuzione interna del lavoro. Resta dunque inalterata la struttura soggettiva del rapporto col contribuente che s’instaura e permane, a dispetto di ogni altro avvicendamento interno tra i vari uffici, fra il medesimo e l’Agenzia considerata.

Oltretutto l’azione dell’amministrazione pubblica deve essere improntata ai principi di collaborazione e buona fede, e. dunque, ne discende che se l’atto del privato è stato indirizzato all’organo esattamente individuato, benchè privo di competenza per esigenze organizzative specifiche ad esso, esso produce gli effetti che la legge gli riconnette, essendo onere dell’ufficio ricevente curarne la trasmissione a quello competente.

Questa esegesi trova conforto nel principio espresso nel precedente di questa Corte n. 14212 del 28.7.2004, che, in un caso in cui si discuteva della presentazione ad organo incompetente di istanza di rimborso ai fini della formazione del silenzio rifiuto, ha sostenuto che la presentazione della domanda ad organo incompetente della medesima amministrazione centrale impedisce la decadenza (contra v. Cass. n. 6258/2004).

Tutto questo comporta che la declaratoria d’inammissibilità dell’appello deve essere confermata, seppur per ragioni diverse da quelle ravvisate dal giudice del gravame, correggendo quindi la motivazione della pronuncia impugnata, ai sensi dell’art. 384 con 2 c.p.c., nel senso che l’appello dell’Agenzia delle Entrate devesi dichiarare inammissibile perchè proposto oltre il termine di 60 gg. dalla notifica della sentenza gravata.

Ogni altra questione resta assorbita.

Ne discende il rigetto del presente ricorso.

Considerata la natura della questione trattata, appare opportuno disporre la compensazione integrale delle spese di giudizio.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2004.

Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2004


Cons. Stato Sez. IV, 14-12-2004, n. 8072

Svolgimento del processo
Gli odierni appellati sono proprietari di immobile di civile abitazione, sito in S.G. L. alla Via N. S. n. 15, e confinante con altro immobile di proprietà dei coniugi P., del quale il Comune, con c.e. n. 1407 del 2001, ha autorizzato la ristrutturazione con aumento di volumetria.

Adito dagli interessati il TAR Basilicata ha annullato, con la sentenza in epigrafe indicata, tale concessione ritenendola viziata per violazione dell’art. 10 delle Norme Tecniche del Piano di recupero di Zona.

La sentenza stessa è impugnata, con separati ricorsi, dal Comune e dai controinteressati soccombenti in prime cure, i quali ne chiedono l’integrale riforma.

Gli appellanti privati ripropongono le eccezioni in rito già versate in primo grado e disattese dal Tribunale.

Si sono costituiti gli appellati, insistendo per il rigetto dell’appello.

All’Udienza del 13 luglio 2004 i ricorsi sono stati trattenuti in decisione.

Motivi della decisione
Gli appelli, proposti avverso la stessa sentenza, vanno perciò riuniti.

Essi non sono fondati.

Con il primo motivo gli appellanti privati tornano ad eccepire la tardività del ricorso originario, asseritamente proposto quando era già scaduto il termine perentorio nella specie decorrente dalla pubblicazione all’albo pretorio della concessione, o in subordine dalla data di inizio dei lavori o, infine, dalla data di acquisita conoscenza fattuale dell’esistenza del titolo.

Come osservato dal Tribunale l’eccezione non ha pregio, avendo la giurisprudenza di questo Consiglio da tempo chiarito che la mera affissione dell’atto all’albo pretorio del Comune non costituisce formalità idonea per la decorrenza del termine per l’impugnazione di una concessione edilizia e che la data dalla quale far decorrere il detto termine è quella dell’ultimazione (e non dell’inizio) dei lavori, considerando che solo da quel momento gli interessati possono avere la piena consapevolezza dell’esistenza e dell’entità delle violazioni urbanistiche commesse (cfr. fra le recenti Csi. 7.10.2003 n.322).

D’altra parte, anche volendo far riferimento alla data in cui i ricorrenti avrebbero acquisito de facto conoscenza del titolo il gravame rimane tempestivo, dovendosi ovviamente considerare l’intervenuta sospensione feriale.

Con il secondo motivo gli appellanti tornano a dedurre la nullità della notifica del ricorso originario, perchè effettuata da U.G. incompetente.

L’eccezione va disattesa.

Al riguardo è pacifico che la notificazione del ricorso ai signori P., residenti in Milano, è stata effettuata a mezzo posta da U.G. addetto all’ufficio avente sede presso il Tribunale di Matera, da ritenersi quindi in effetti incompetente per territorio.

Come è noto, infatti, la L. 20.11.1982 n. 890 ha attribuito all’ufficiale giudiziario la facoltà di ricorrere, in genere, alla notificazione degli atti a mezzo posta, senza nulla immutare quanto alla competenza territoriale, con la conseguenza che l’ufficiale giudiziario, a norma degli artt. 106 e 107 D.P.R. 15 dicembre 1959 n. 1229, è tuttora incompetente per le notificazioni da eseguirsi al di fuori del mandamento (ora circondario: cfr. Cass. 27.3.2002 n. 3632) ove ha sede l’ufficio al quale è addetto, anche in caso di notifica a mezzo posta, eccettuata l’ipotesi – non ricorrente nel caso in esame, in cui era adito il TAR Basilicata con sede in Potenza – della notificazione degli atti relativi ad affari di competenza delle Autorità giudiziarie di detta sede. e degli atti stragiudiziali.

Fermo quanto sopra, si rileva però che la giurisprudenza amministrativa è da tempo orientata nel senso che la violazione delle norme sulla competenza degli ufficiali giudiziari non comporta la nullità della notificazione, ma una mera irregolarità, che assume rilievo nei confronti dell’ufficiale giudiziario incompetente ma è ininfluente sulla ritualità della notificazione (cfr. Ap. 23.3.1982 n. 4 nonchè, fra le recenti V Sez. 25.2.1999 n. 224).

D’altra parte, anche la Suprema Corte ha da tempo chiarito che l’incompetenza territoriale dell’ufficiale giudiziario determina la nullità solamente relativa della notificazione, che, quindi, è suscettibile di essere sanata con effetto retroattivo dalla costituzione dell’intimato, anche nel caso in cui questa sia avvenuta dichiaratamente al solo scopo di eccepire tale incompetenza. (cfr., con riferimento alla notifica del ricorso per cassazione, Cass. Sez. lavoro 11.6.2004 n. 11140).

Con il terzo motivo gli appellanti eccepiscono il difetto di interesse al ricorso in capo agli odierni appellati, i quali non avrebbero dimostrato nè il loro stabile collegamento col bene oggetto della concessione nè il danno che per effetto di questa deriverebbe loro.

L’eccezione non ha alcun pregio.

In proposito si ricorda che l’art. 31 L. 17.8.1942 n. 1150, modificato dalla L. 6.8.1967 n. 765, che consente a ” chiunque ” di impugnare le concessioni edilizie ritenute illegittime, deve essere inteso nel senso che – con l’ovvia esclusione di ogni azione popolare al riguardo – va riconosciuta una posizione di interesse legittimo in capo al proprietario di un immobile sito nella zona interessata alla costruzione o a chi si trovi in una situazione di stabile collegamento con la zona stessa, senza che, peraltro, debba essere data dimostrazione della sussistenza di un interesse qualificato alla tutela giurisdizionale.

Ne consegue che ha interesse a ricorrere il soggetto che faccia valere un interesse giuridicamente protetto di natura urbanistica, qual è quello all’osservanza delle prescrizioni regolatrici dell’edificazione, senza che occorra procedere in concreto ad alcuna ulteriore indagine al fine di accertare se i lavori assentiti dall’atto impugnato comportino un effettivo pregiudizio per il soggetto che propone l’impugnazione (ad es. V Sez. 15.9.2003 n. 5172).

Tanto premesso sul piano processuale, va poi osservato che da molteplici atti contenuti nel fascicolo di primo grado risulta in modo inequivocabile che i coniugi Di Cera sono – come da essi asserito nel contesto del gravame originario – comproprietari di immobile confinante con quello degli odierni appellanti ed oggetto della contestata ristrutturazione, di talchè appare realmente impossibile ipotizzare l’eccepita carenza di interesse.

Nel merito, sia il Comune che i privati censurano la sentenza impugnata nella parte in cui ha rilevato l’illegittimità del titolo concessorio conseguente alla violazione della disciplina edilizia applicabile.

L’assunto è infondato.

L’art. 10 delle N.T.A. del Piano di recupero della Zona B1 del P.R.G. vigente nel Comune di San G. L. (all’interno della quale ricade l’immobile in controversia) consente interventi di nuova edificazione (con ampliamento di volumetria per chiusura di spazi aperti infra-sagoma) o di sopraelevazione (con aumento di volumetria in verticale, nei limiti imposti dalle tavole di progetto) ma in entrambi i casi solo all’esito o per mezzo di demolizioni “parziali” del fabbricato esistente.

In ogni caso – sempre ai sensi delle citate Norme – gli interventi de quibus possono essere realizzati sulla base di un progetto, unitariamente definito per ciascuna unità minima di intervento, che preveda elementi di raccordo con la restante parte dell’ambito e rispetti le parti preesistenti e gli elementi strutturali di particolare rilievo o interesse.

Ne consegue, come precisamente evidenziato dal Tribunale, che in base al piano di recupero e alle disposizioni ora richiamate, nel caso in esame erano da ritenersi consentiti solo quegli interventi di ristrutturazione i quali, pur comportando incremento delle volumetrie, rispettassero il tessuto esistente, salva ovviamente la possibilità (espressamente contemplata) delle demolizioni parziali.

A fonte di tale contesto normativo, la relazione tecnica che accompagna il progetto – poi assentito con la concessione impugnata – è inequivoca nel prevedere la completa demolizione dell’esistente e la sua ricostruzione con nuova struttura in cemento armato, così disegnando una tipologia di intervento che esula palesemente dal novero delle possibilità consentite.

Diversamente da come sostengono gli appellanti, la circostanza che la successiva demolizione non abbia interessato integralmente i due muri laterali dell’edificio non appare rilevante, in primo luogo perchè non sembra ragionevolmente sostenibile che la salvaguardia di tali elementi costruttivi fosse realmente contemplata nel progetto cui si riferisce la citata relazione e la cui realizzazione è stata appunto consentita dal Comune mediante il rilascio del titolo impugnato in primo grado.

Ma, a parte tale dirimente rilievo, resta che il progetto stesso – come peraltro prescritto dalle N.T.A. – attiene al singolo edificio e non può interessare le proprietà confinanti, con la conseguenza che la demolizione dell’immobile in controversia, per come appunto contemplata nel progetto riferibile all’unità minima di intervento, rimane giuridicamente totale, nonostante la sopravvivenza dei muri di divisione con gli edifici contigui (da presumersi in comunione forzosa ex art. 880 cod. civ.), i quali del resto non avrebbero potuto essere rimossi integralmente, per ovvie ragioni pratiche, senza causare la rovina delle altrui proprietà.

Le considerazioni sin qui svolte conducono al rigetto degli appelli, con assorbimento delle ulteriori censure già non esaminate dal Tribunale e qui riproposte dagli appellati.

Le spese del grado, per quanto concerne il ricorso n. 211, seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo in favore delle parti costituite.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando, respinge gli appelli in epigrafe.

Condanna gli appellanti P. e C. in solido al pagamento in favore degli appellati costituiti di Euro 2.500,00 per le spese del grado.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.


Riunione Giunta Esecutiva del 1.12.2004

Atti della riunione della Giunta Esecutiva del 1 dicembre 2004 svoltasi a Bologna

Leggi: Verbale GE 01 12 2004


Corte Suprema di Cassazione, Sez. Unite, n. 19854 del 05.10.2004

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRIECO Angelo – Primo Presidente f.f.

Dott. ELEFANTE Antonino – Consigliere

Dott. PROTO Vincenzo – Consigliere

Dott. ALTIERI Enrico – rel. Consigliere

Dott. LO PIANO Michele – Consigliere

Dott. MORELLI Mario Rosario – Consigliere

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Consigliere

Dott. VIDIRI Guido – Consigliere

Dott. MARZIALE Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

DI VITO ADALGISA, PIETROSANTO MAFALDA, DI VITO GIOVANNI, DI VITO IMMACOLATA, DI VITO MARCO, DI VITO RITA, DI VITO MARIA PIA, DI VITO MARIANO, TUTTI IN PROPRIO E NELLA QUALITA’ DI EREDI DI VITO ELISEO, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FABIO MASSIMO 33, presso lo studio dell’avvocato FRANCA FAIOLA, rappresentati e difesi dall’avvocato WALTER TAMMETTA, giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale di Roma n. 64/25/98 depositata il 07/07/98;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/06/04 dal Consigliere Dott. Enrico ALTIERI;

udito l’Avvocato Walter TAMMETTA;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. IANNELLI Domenico che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo

Con avviso di liquidazione notificato ad Eliseo Di Vito il 10 giugno 1996, l’ufficio del Registro di Formia rettificava, ai fini dell’in.v.i.m., il valore finale di un complesso immobiliare conferito in una costituenda società in nome collettivo, a seguito della contestuale trasformazione di una impresa familiare. Essendo il Di Vito deceduto, la notificazione era stata effettuata a mani della figlia Rita Di Vito.

Gli eredi del Di Vito proponevano ricorso alla commissione tributaria provinciale di Latina, deducendo preliminarmente la nullità della notificazione, perchè non effettuata agli eredi collettivamente ed impersonalmente. La commissione respingeva il ricorso.

Proponevano appello gli eredi e la commissione tributaria regionale del Lazio accoglieva il gravame con sentenza del 7 luglio 1998, ritenendo la nullità dell’avviso di liquidazione, in quanto notificato nel domicilio del de cujus ad uno solo degli eredi, e non, come stabilito dall’art. 65 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, a tutti gli eredi, impersonalmente e collettivamente.

L’Amministrazione finanziaria proponeva ricorso per Cassazione, sulla base di due motivi.

Col primo mezzo sosteneva la nullità della sentenza, in relazione agli articoli 111 Cost., 36, n. 4, d.l.vo n. 546/92, e 360, n. 4, cod. proc. civ., in quanto la stessa avrebbe acriticamente accolto la tesi dei contribuenti, omettendo l’esposizione dei motivi in fatto e in diritto sui quali la decisione si è fondata.

Col secondo mezzo, denunciando violazione e falsa applicazione degli articoli 65 del d.P.R. n. 600/73, 156 e 160 cod. proc. civ., nonchè omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, sostiene che il citato art. 65 dispone che gli eredi del contribuente devono comunicare all’ufficio delle imposte del domicilio fiscale del dante causa le proprie generalità e il proprio domicilio fiscale e che la notifica degli atti concernenti il dante causa può essere effettuata agli eredi impersonalmente e collettivamente nell’ultimo domicilio del de cujus.

In mancanza di tale comunicazione, l’ufficio aveva regolarmente notificato l’avviso di liquidazione mediante consegna ad una figlia.

In ogni caso, il tempestivo ricorso di tutti gli eredi alla commissione tributaria provinciale competente dimostrava che l’atto aveva raggiunto il suo scopo, rendendosi applicabile il principio sancito dall’art. 156, richiamato dall’art. 160, cod. proc. civ..

Stante il contrasto formatosi sulla applicabilità delle sanatorie di cui agli articoli 156 e 160 cod. proc. civ. alla notificazione dell’accertamento tributario nella giurisprudenza della Sezione tributaria, quest’ultima, con ordinanza del 12 marzo 2003, rimetteva la causa al Primo Presidente, il quale ne disponeva l’assegnazione alle Sezioni Unite.

2. Il contrasto di giurisprudenza.

Nella sentenza del 12 settembre 2002, n. 17762, la Sezione tributaria, uniformandosi alle precedenti pronunce della prima Sezione 7 aprile 1994, n. 3294, e 9 giugno 1997, n. 5100, e a quella della stessa Sezione tributaria 29 maggio 2001, n. 7284, affermava che la notificazione dell’avviso di accertamento affetta da nullità rimane sanata, con effetto ex tunc, dalla tempestiva proposizione del ricorso del contribuente, atteso che, da un lato, l’avviso di accertamento ha natura di provocatio ad opponendum, la cui notificazione è preordinata all’impugnazione e, dall’altro, l’art. 60, primo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (dettato in materia di accertamento delle imposte sui redditi, ma applicabile anche in tema di imposta di registro ed in.v.im.) richiama espressamente, per gli avvisi ed altri atti che devono essere notificati al contribuente, “le norme stabilite dagli articoli 137 e seguenti del codice di procedura civile”, così rendendo applicabile l’art. 160 del codice medesimo, il quale, attraverso il rinvio al precedente articolo 156, prevede che la nullità non possa essere dichiarata quando l’atto ha raggiunto il suo scopo.

Tale sentenza si è posta in consapevole contrasto con le sentenze della Sezione tributaria 21 aprile 2001, n. 5924, e 11 marzo 2002, n. 3513, nelle quali è stato affermato che l’avviso di accertamento non è un atto processuale, nè è funzionale al processo – la cui instaurazione si correla non già alla notificazione dell’avviso di accertamento o di qualsiasi atto impositivo impugnabile, che ne costituisce un semplice antecedente, ma alla proposizione del ricorso di cui agli articoli 15 e seguenti del d.P.R. n. 636/1972 e, successivamente, 18 e 20 del d.l.vo n. 546 del 1992 – ma è atto amministrativo, esplicativo della potestà impositiva dell’amministrazione finanziaria. Da ciò deriva l’inapplicabilità della disciplina della sanatoria delle nullità delle notificazioni degli atti processuali all’avviso di accertamento e, quindi, non può ritenersi, alla stregua di tale disciplina, che la proposizione del ricorso da parte del contribuente avverso l’atto notificato possa produrre l’effetto di impedire, in ogni caso, la verificazione della decadenza di diritto sostanziale, correlata alla mancata tempestiva e valida notifica di detto avviso prevista dall’art. 43, primo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973.

Motivi della decisione

3.1. Il primo motivo deve essere rigettato, in quanto la decisione impugnata, contrariamente a quanto affermato dalla difesa dell’Amministrazione, contiene sufficienti elementi per cogliere la ratio della decisione impugnata ed una valutazione delle critiche ad essa rivolte, che non costituiscono un mero rinvio al contenuto della pronuncia di primo grado.

3.2. Merita, invece, accoglimento il secondo motivo, dovendosi seguire la tesi dell’applicabilità della sanatoria di cui agli articoli 156 e 160 cod. proc. civ., anche se per ragioni non del tutto coincidenti con quelle poste a base delle citate decisioni della Corte.

Si deve rilevare, anzitutto, che il problema viene posto soprattutto in relazione ai termini di decadenza previsti dalle singole leggi d’imposta per l’esercizio dei poteri di accertamento, di rettifica e di riscossione, essendo stato sostenuto, quale conseguenza dell’applicabilità del regime di sanatoria previsto per la notifica degli atti processuali, che la sanatoria (costituita, nella specie, dalla tempestiva proposizione del ricorso da parte di tutti i legittimati) comporti un’attribuzione di validità ex tunc alla notificazione di atti di accertamento e, quindi, impedisca il verificarsi della decadenza.

E’ da escludersi, peraltro, che l’applicazione del regime di sanatoria previsto dalla legge processuale civile sia una mera conseguenza della natura pre processuale o quasi processuale dell’accertamento tributario, il quale, in tale ottica, viene definito come una mera provocatio ad opponendum. L’atto in questione, costituisce, infatti, come tutti gli atti amministrativi autoritativi, lo strumento attraverso il quale – in ossequio ai principi di tipicità e nominatività – l’amministrazione enuncia nei confronti del destinatario ciò che deve essere per lui di diritto nel caso concreto; per quanto attiene all’imposizione fiscale, le ragioni e il contenuto della pretesa tributaria. Il momento processuale, che è meramente eventuale, laddove necessaria ed indefettibile è l’emanazione dell’atto di accertamento, quando non vi sia stato spontaneo ed esatto adempimento dell’obbligazione tributaria, si ricollega all’atto, sia perchè la tutela giurisdizionale si esercita – secondo il sistema processuale vigente – attraverso un meccanismo d’impugnazione dello stesso, sia perchè l’enunciazione della pretesa tributaria costituisce, al contempo, l’oggetto del processo. Tali elementi di collegamento non possono, pertanto, qualificare l’accertamento come un atto di natura assimilata a quella processuale, cosa che, d’altra parte, non sarebbe sostenibile per qualsiasi altro atto amministrativo nei cui confronti sia prevista una tutela giurisdizionale di tipo impugnatorio.

La natura sostanziale dell’atto in questione non costituisce, però, un ostacolo insormontabile all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando, come nella specie, vi sia un espresso richiamo nella disciplina tributaria. Per quanto concerne le notificazioni, l’impiego del procedimento di notificazione nel processo civile risponde ad evidenti necessità di garanzia del contribuente e non è nuovo nell’ordinamento: un esempio significativo – che, come si dirà in seguito, ha dato luogo a pronunce giurisprudenziali nelle quali si è posto il problema della sanatoria per conseguimento dello scopo – è costituito dal decreto di espropriazione secondo l’art. 51 della legge fondamentale 25 giugno 1865, n. 2359, il quale stabilisce che il decreto di espropriazione “deve, a cura dell’espropriante, essere notificato a forma delle citazioni ai proprietari espropriati”.

Ciò posto, pur in difetto di un espresso richiamo, l’applicazione delle forme sulla notificazione comporta, quale necessità logica, quella del regime delle nullità (in particolare, quella di origine giurisprudenziale sulla differenza tra nullità e inesistenza) e quella sulle sanatorie, che costituisce una sorta di limite alla dichiarazione di nullità, non essendovi alcun principio o ragione sistematica per ritenere che in materia di notificazione di atti di accertamento, pur regolata dal codice di procedura civile, viga un regime diverso. La sanatoria del raggiungimento dello scopo per atti non processuali non è, del resto, estranea al sistema: appare significativo che per gli atti impugnabili dinanzi al giudice amministrativo la piena conoscenza dell’atto – secondo gli articoli 36 del r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, e 21, comma 1^, della legge 6 dicembre 1971, n. 1024 – costituisce vicenda equipollente alla sua notificazione ed è perciò idonea a far decorrere il termine di decadenza per proporre il ricorso al giudice amministrativo.

Tanto premesso, si deve affrontare il problema dell’operatività della sanatoria in relazione alla decadenza dall’esercizio del potere di accertamento.

Secondo le Sezioni Unite, l’applicazione della sanatoria del raggiungimento dello scopo nel caso di impugnazione dell’atto la cui notificazione sia affetta da nullità significa che, se il contribuente mostra di aver avuto piena conoscenza del contenuto dell’atto e ha potuto adeguatamente esercitare il proprio diritto di difesa, lo stesso contribuente non potrà, in via di principio, dedurre i vizi relativi alla notificazione a sostegno di una domanda di annullamento. A diverse conclusioni deve, peraltro, pervenirsi se la sanatoria, costituita dalla proposizione del ricorso alle commissioni sia intervenuta quando il termine per l’esercizio del potere di accertamento è scaduto. In tale ipotesi, infatti, il meccanismo della sanatoria deve essere combinato con quello, indefettibile, della decadenza dall’esercizio del potere, per cui la sanatoria può verificarsi solo se avvenuta prima del decorso del termine di decadenza. Vi è da rilevare, infatti, che la notificazione costituisce un elemento essenziale della fattispecie necessaria per evitare la decadenza dell’amministrazione. In altri termini, dall’esercizio del diritto di difesa mediante proposizione del ricorso non può mai derivare una convalida ex tunc di un atto imperfetto, di per sè inidoneo ad evitare la decadenza.

Si tratta di una conseguenza dell’applicazione di principi generali, nei casi in cui la legge pone limiti temporali all’esercizio di poteri amministrativi. Si consideri, ad esempio, l’ipotesi del decreto di espropriazione emesso successivamente alla scadenza del termine indicato nella dichiarazione di pubblica utilità: in tale caso, secondo la giurisprudenza della Corte, l’atto si considera emesso in carenza di potere e nessun effetto sanante può derivare da una sua impugnazione dinanzi al giudice amministrativo.

Una consolidata giurisprudenza della Corte ha affermato che l’applicazione del regime processuale della notificazione al decreto di espropriazione – formalità che segna, secondo il secondo comma dell’art. 51 della legge n. 2359 del 1865, l’inizio del termine di decadenza per proporre opposizione alla stima – non consente di ritenere che, attraverso la sanatoria per raggiungimento dello scopo, l’espropriato che abbia proposto opposizione deducendo il vizio della notificazione possa considerarsi decaduto, in quanto la decadenza ha natura sostanziale. Nella sentenza n. 2318/90 la Corte ha affermato che la nullità della notificazione del decreto di espropriazione ha carattere sostanziale, e non processuale e, nell’ambito del procedimento espropriativo, impedisce il decorso del termine di decadenza per l’opposizione alla stima. Pertanto, anche se gl’interessati possono proporre opposizione anche subito dopo l’emanazione del decreto ablativo, non possono ritenersi soggetti al termine di decadenza, che per essi mai aveva iniziato a decorrere.

Quindi non può trovare applicazione il principio della sanatoria della notificazione nulla per il raggiungimento dello scopo, nell’ipotesi in cui l’atto sia comunque venuto a conoscenza dell’interessato.

Identico principio è stato affermato nella sentenza 319/87, nella quale la Corte ha ritenuto che, in caso di nullità della citazione contenente un atto di riscatto di fondi agrari, la sanatoria (consistente nella costituzione del convenuto) non può evitare la decadenza dall’esercizio del diritto di riscatto.

In altri termini, per ritornare all’accertamento tributario, la nullità della sua notificazione può essere sanata relativamente al conseguimento della finalità dell’atto di portare a conoscenza del destinatario i termini della pretesa tributaria e consentirgli, così, un’adeguata difesa, ma non mai nel senso di attribuire ex tunc validità a un intempestivo atto di esercizio del potere di accertamento, salvo che il conseguimento dello scopo avvenga entro il termine previsto dalle singole leggi d’imposta per l’esercizio di tale potere.

Vi è da considerare, inoltre, che la sanatoria del raggiungimento dello scopo non può eliminare gli effetti della decadenza, neppure quando questa ha natura processuale. Nella sentenza n. 9342/97 le Sezioni Unite hanno affermato che la tardiva notificazione della citazione in riassunzione è un atto per sua natura e ab origine inidoneo ad evitare la decadenza di cui all’art. 392 cod. proc. civ., per cui nessuna sanatoria può conseguire alla costituzione del convenuto, essendo l’atto ab origine inidoneo a produrre effetti.

Identica soluzione è stata adottata in tema di nullità della notificazione dell’appello ad alcune parti, in relazione alla quale la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che la sanatoria, costituita dalla costituzione degli appellati, non può impedire la decadenza se la costituzione sia avvenuta successivamente alla scadenza del termine per proporre l’impugnazione.

Poste questi premesse, necessarie per delimitare gli effetti dell’applicazione della sanatoria, che può evitare la decadenza dal potere di accertamento soltanto ove sia intervenuta prima della scadenza del termine (per riferirsi al caso di specie, ove il ricorso alla commissione di primo grado sia proposto entro tale termine), vi è, comunque, da rilevare che la decadenza dell’amministrazione finanziaria dal potere di accertamento – secondo una consolidata giurisprudenza della Corte – non produce l’inesistenza degli atti impositivi successivamente emanati, per cui anche in tal caso il contribuente ha l’onere di dedurre la decadenza come specifico vizio nel ricorso introduttivo dinanzi alle commissioni tributarie, escludendosi un potere di declaratoria ex officio del giudice. E’ evidente, altresì, che la proposizione di un ricorso introduttivo nel quale si faccia valere, da sola o con altri vizi, la decadenza dell’amministrazione finanziaria dall’esercizio del potere di accertamento non svolgerà in nessun caso un indiscriminato effetto sanante nei confronti di tale vizio.

Applicando tali principi al caso di specie, il vizio dedotto deve essere indubbiamente ricondotto all’ipotesi di nullità e non a quello dell’inesistenza, essendo stata la notifica effettuata a uno degli eredi, persona non priva di un collegamento col destinatario previsto, e cioè gli eredi collettivamente e impersonalmente. E’ del pari evidente che l’ufficio finanziario era a conoscenza del decesso di Eliseo Di Vito, per cui non può essere addebitata agli eredi alcuna conseguenza per la mancata segnalazione all’ufficio del decesso e dei nominativi degli eredi. Avendo tutti gli eredi proposto ricorso avverso l’avviso di liquidazione dinanzi alla commissione tributaria provinciale, svolgendo adeguate difese e così dimostrando di avere una piena conoscenza del contenuto dell’atto impugnato, il vizio della notificazione non poteva essere dichiarato dal giudice.

Mentre, nella specie, nessuna questione era stata svolta dai ricorrenti sulla decadenza dell’ufficio del potere di accertamento.

L’accoglimento della censura comporta la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della commissione tributaria regionale del Lazio, la quale dovrà, pertanto, esaminare gli altri motivi dedotti dai contribuenti a sostegno dell’appello e decidere anche sulle spese della presente fase.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite;

accoglie il secondo motivo e rigetta il primo; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della commissione tributaria regionale del Lazio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 3 giugno 2004.

Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2004

Riferimenti normativi

CPC Art.137

CPC Art.156

CPC Art.160

DPR 29-09-1973 n. 600, Art. 42

DPR 29-09-1973 n. 600, Art. 43

DPR 29-09-1973 n. 600, Art. 60


Convenzione Proveco Software

Testo della convenzione stipulata con la ditta Ditta Proveco S.r.l. di Firenze:

CONVENZIONE fra L’Associazione A.N.N.A. Associazione Nazionale Notifiche Atti, legalmente rappresentata dal Sig. Tacchini Pietro, con sede a Verona in Via dei Rusteghi, 14, codice fiscale n. 93164240231; e la Ditta Proveco , Via Rinuccini 38 – 50144 Firenze (FI) – P. I.: 03962640482, legalmente rappresentata dal Sig. Enrico Bendinelli si conviene quanto segue:

A tutti i Comuni che si assoceranno all’Associazione A.N.N.A. verrà fornita a titolo gratuito una versione light del software di gestione delle notifiche MC3 prodotto dalla ditta Proveco Computer, la quale praticherà uno sconto del 15% sul contratto di manutenzione annuo e del 25% sull’acquisto dei moduli aggiuntivi, sia per coloro che già possiedono il software MC3 sia per quelli che lo acquisteranno; La presente convenzione è valida fino al 31.12.2099 e si rinnoverà tacitamente di anno in anno. E’ fatta salva la possibilità per le parti di disdettare il presente accordo con un preavviso scritto di almeno due mesi. Sulle erogazioni relative ad operazioni presentate anteriormente alla disdetta, saranno applicate le modalità e condizioni contemplate dalla presente convenzione. Tutte le pattuizioni a valere sul presente accordo saranno definite mediante semplice scambio di lettere. Le parti convengono che nel caso di eventuali controversie inerenti alla presente convenzione, Foro competente sarà quello di Bologna.

Proveco Computer  S.r.l. Associazione Nazionale Notifiche Atti

Padova lì 11 giugno 2004


Convenzione Maggioli Editore

La presente convenzione è operante salvo quanto previsto dall’art. 8, legge n. 15/2020

Il disposto dell’art. 8(1) della L. 15 del 13.02.2020 modifica quanto previsto dalla legge 27 luglio 2011, n. 128, in materia di sconti sul prezzo di vendita dei libri. Pertanto quanto previsto dalla convenzione di applicare uno sconto del 15% sul prezzo di copertina dei volumi editi dalla Maggioli Editore deve intendersi del 5%.

Testo della convenzione

L’anno DUEMILAQUATTRO, addi 05 del mese di Agosto tra l’ASSOCIAZIONE NAZIONALE NOTIFICHE ATTI con sede legale in Verona, Via dei Quattro Rusteghi, 14, c.f. 93164240231, nella persona del Presidente Tacchini Pietro, di seguito indicata -per brevità- come ANNA, e MAGGIOLI SPA, con sede legale in Santarcangelo di Romagna (RN), Via del Carpino n. 8, iscritta al registro delle Imprese di Rimini, Rea n. 219107, p.iva 020664400405, nella persona dell’Amministratore Delegato, Dott. Paolo Maggioli, di seguito indicata per brevità – come Gruppo Maggioli,
premesso che

a) il Gruppo Maggioli è azienda leader in Italia per la fornitura di beni e servizi alla Pubblica Amministrazione;

b) ANNA, Associazione Nazionale senza scopo di lucro, regolarmente costituita con atto pubblico e dotata di personalità giuridica, intende rappresentare la figura del messo notificatore, valorizzandone il ruolo e supportandolo nel suo processo di crescita professionale;

c) il patrimonio destinato agli scopi associativi di ANNA è costituito dalle quote associative e dai contributi/elargizioni di Enti Pubblici e privati e persone o Società che, a qualsiasi titolo, pervengono all’Associazione;

d) tra le principali finalità statutarie dell’ANNA riveste particolare importanza l’assistenza tecnico-giuridica a tutti gli Associati, allo scopo di facilitare e migliorare lo svolgimento dei compiti di istituto;

e) l’assistenza tecnico-giuridica di cui al punto d) viene assicurata mediante attività editoriali, modulistica, programmi informatici, corsi di formazione/ aggiornamento, consulenza;

f) ANNA è interessata a promuovere i prodotti e servizi del Gruppo Maggioli, ritenendo che l’utilizzo di tali strumenti possa agevolare il corretto ed efficiente svolgimento dei compiti assegnati ai messi notificatori;

g) il Gruppo Maggioli è disponibile ad attivare con ANNA un’apposita convenzione, al fine di proporre agli Associati i propri prodotti e servizi a condizioni economiche agevolate;

h) la convenzione di cui al punto g) si propone anche lo scopo di avviare una collaborazione tra il Gruppo Maggioli e ANNA per la progettazione e commercializzazione di nuovi prodotti e servizi da proporre agli Associati
si conviene quanto appresso:

1.- le premesse sono parte integrante, sostanziale ed inscindibile dalla presente convenzione;

2.- il Gruppo Maggioli si impegna a riconoscere agli Associati ANNA le seguenti agevolazioni di acquisto:
– sconto del 15% sull’acquisto dei prodotti e servizi Maggioli Editore, ordinati direttamente alla Casa Editrice ;
– sconto del 15% sull’acquisto della modulistica Maggioli Modulgrafica;
– sconto del 10% sul programma informatico per la gestione delle notifiche commercializzato da Maggioli Informatica;
– sconto del 15% sulla quota di partecipazione delle iniziative di studio Cisel&Issel;

3.- Dal canto suo, ANNA si impegna a quanto segue:

3.1.- informare i propri Associati, attraverso la propria “campagna associativa” e il sito internet, circa le agevolazioni concesse di cui al punto 2);

3.2.- promuovere i prodotti del Gruppo Maggioli in occasione di incontri, corsi e seminari di studio che l’Associazione promuoverà autonomamente;

4.- ANNA e il Gruppo Maggioli si impegnano a collaborare per la realizzazione congiunta di nuovi prodotti e servizi da proporre agli Associati, secondo forme e modalità da stabilire con appositi ed autonomi accordi;

5.- la presente convenzione decorre dalla data odierna ed avrà validità per due anni; la stessa si intenderà automaticamente rinnovata per l’anno successivo, salvo disdetta di una delle due parti che dovrà essere inviata con R.R. entro tre mesi dalla data di scadenza della convenzione. In ogni caso, è concessa facoltà ad entrambe le parti di recedere in qualsiasi momento dalla presente convenzione previo preavviso di mesi tre da comunicarsi per iscritto mediante raccomandata R.R.;

Letto, approvato e sottoscritto.

Santarcangelo di Romagna, 05 agosto 2004

(1) Art. 8. Modifiche alla legge 27 luglio 2011, n. 128, in materia di sconti sul prezzo di vendita dei libri. Relazione alle Camere

In vigore dal 25 marzo 2020
1. Il comma 2 dell’articolo 1 della legge 27 luglio 2011, n. 128, è sostituito dal seguente:
«2. Tale disciplina mira a contribuire allo sviluppo del settore librario, al sostegno della creatività letteraria, alla promozione del libro e della lettura, alla diffusione della cultura e, anche attraverso il contrasto di pratiche limitative della concorrenza, alla tutela del pluralismo dell’informazione e dell’offerta editoriale».
2. I commi 2, 3 e 4 dell’articolo 2 della legge 27 luglio 2011, n. 128, sono sostituiti dai seguenti:
«2. La vendita di libri ai consumatori finali, da chiunque e con qualsiasi modalità effettuata, è consentita con uno sconto fino al 5 per cento del prezzo apposto ai sensi del comma 1. Il limite massimo di sconto di cui al primo periodo è elevato al 15 per cento per i libri adottati dalle istituzioni scolastiche come libri di testo. I limiti massimi di sconto di cui al primo e al secondo periodo si applicano anche alle vendite di libri effettuate per corrispondenza o tramite piattaforme digitali nella rete internet. I limiti massimi di sconto di cui al primo e al secondo periodo non si applicano alle vendite di libri alle biblioteche, purché i libri siano destinati all’uso dell’istituzione, restando esclusa la loro rivendita.
3. Per un solo mese all’anno, per ciascun marchio editoriale, le case editrici possono offrire sul prezzo di vendita dei propri libri uno sconto maggiore del limite di cui al comma 2, primo periodo, ma comunque non superiore al 20 per cento del prezzo apposto ai sensi del comma 1. L’offerta è consentita nei soli mesi dell’anno, con esclusione del mese di dicembre, stabiliti con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, da adottare, in sede di prima attuazione, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. L’offerta non può riguardare titoli pubblicati nei sei mesi precedenti a quello in cui si svolge la promozione. E’ fatta salva la facoltà dei venditori al dettaglio, che devono in ogni caso essere informati e messi in grado di partecipare alle medesime condizioni, di non aderire a tali campagne promozionali.
3-bis. In uno dei mesi individuati ai sensi del comma 3, una sola volta all’anno, i punti di vendita possono offrire sconti sui libri con la percentuale massima del 15 per cento.
4. Sono vietate iniziative commerciali, da chiunque promosse, che accordino sconti superiori ai limiti previsti dal comma 2, anche nel caso in cui prevedano la sostituzione dello sconto diretto con la consegna di buoni spesa utilizzabili contestualmente o successivamente all’acquisto dei libri sui quali sono riconosciuti».
3. Decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e con l’autorità di Governo competente in materia di informazione e di editoria, con riguardo alle rispettive competenze, predispone e trasmette alle Camere una relazione sugli effetti dell’applicazione delle disposizioni dell’articolo 2 della legge 27 luglio 2011, n. 128, come modificato dal presente articolo, sul settore del libro.
4. All’articolo 3 della legge 27 luglio 2011, n. 128, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 3 è abrogato;
b) alla rubrica, le parole: «Relazione al Parlamento» sono soppresse.


La notificazione degli atti costituisce un’importante funzione che l’Ente Locale svolge per sè e per le altre Pubbliche Amministrazioni

L’applicazione pratica delle norme sulle notificazioni presenta particolari difficoltà, non sempre evidenti, dovute anche ad indirizzi non costanti, o ancora peggio contrastanti, della giurisprudenza e della prassi ministeriale.
La responsabilità conseguente alle notifiche errate viene imputata, da consolidata giurisprudenza contabile, non solo ai Messi, ma anche alle Amministrazioni comunali (Corte dei conti, sez. I centr., 18 marzo 1999, n. 74, Sett. Giur. 1999, 151; Corte dei conti, Lazio, 15 marzo 1999, 205/EL, Sett. Giur. 1999, 356), e ciò comporta la necessità di un impegno costante di aggiornamento e approfondimento da parte dei Messi.
Il “Progetto per la valorizzazione del Messo comunale”, iniziativa dell’Associazione che ha come obiettivo principale quello di riqualificare la figura e il ruolo del Messo Comunale attraverso la conoscenza dei principi fondamentali del Procedimento notificatorio. L’Associazione attraverso tale iniziativa, che si svolgerà su tutto il territorio nazionale, intende dare il proprio contributo affinché sia la più possibile uniforme l’applicazione delle norme che regolano il Procedimento notificatorio.
Spesso nei piccoli Enti, la realtà con cui ci si raffronta è lo strumento della tradizione e della prassi, non più sufficiente, in tempi di notevoli mutamenti normativi, ad affrontare con la dovuta sicurezza e serenità lo svolgimento di un’attività indispensabile nel nostro ordinamento.
La figura del Messo Comunale riveste una posizione delicata e importante nell’ambito dell’organico comunale, provvedendo alla notificazione di atti indirizzati a soggetti pubblici e privati.
La qualifica di Pubblico ufficiale, rivestita dal Messo Comunale nell’esercizio delle sue funzioni, assume particolare rilevanza sia per le garanzie riconosciute alla stessa, sia per le responsabilità che ad essa fanno capo.


Riunione Giunta Esecutiva del 24.05.2004

Atti della riunione della Giunta Esecutiva del 24 maggio 2004 svoltasi a Padova

Leggi: Verbale GE 24 05 2004


Cass. civ. Sez. V, (ud. 18-06-2003) 06-05-2004, n. 8625

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FAVARA Ugo – Presidente –

Dott. CICALA Mario – Consigliere –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – Consigliere –

Dott. BIELLI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

s.n.c. A.R. di R.G. & C., con sede a Campobasso, in persona dell’amministratore unico G.R., elettivamente domiciliata in Roma, via xxx, presso l’avv. Giuseppe Petrucciani, rappresentata e difesa, per procura a margine del ricorso, dagli avvocati Angelo Cima e Pietro Colucci del foro di Campobasso;

– ricorrente –

contro

Comune di Campobasso;

– intimato non costituito –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Molise n. 184/2/99 dell’8 aprile 1999, depositata l’8 giugno 1999, notificata il 6 luglio 1999.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica Udienza del 18 giugno 2003 dal Relatore Consigliere Dott. Stefano Bielli;

Udito il P.M. in persona del sostituto Procuratore Generale Dott. Umberto De Augustinis, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
1. Con avviso di accertamento emesso il 22 dicembre 1995, il Comune di Campobasso rettificava, per il 1990 (richiedendone il maggiore importo, con le correlative sanzioni pecuniarie), l’Imposta comunale per l’esercizio di imprese, arti e professioni (ICIAP) a carico della s.n.c. A.R. di R.G. & C., modificando da mq. 72, 50 a mq. 200 la superficie denunciata il 27 giugno 1960 dalla contribuente come utilizzata per lo svolgimento dell’attività di concessionaria F. (in via xxx).

2. Con sentenza n. 203/3/1996 del 30 ottobre 1996, depositata l’11 gennaio 1997, la Commissione tributaria provinciale di Campobasso respingeva il ricorso proposto dalla s.n.c., contro l’avviso.

3. La società impugnava tale decisione, affermando di aver utilizzato dal 1991 un locale di mq. 126, sito in contrada xxx, mentre il locale di mq. 220, sito in via xxx, era rimasto inutilizzato per il 1990 e per il 1991 (per fitto a terzi, ristrutturazione e per essere stata iniziata in esso – dalla società – l’attività di vendita di autovetture solo dall’11 marzo 1991) ed osservando che il presupposto dell’ICIAP era l’effettivo utilizzo dei locali e non già, come invece, per la TARSU, il loro mero possesso.

con sentenza n. 184/2/99 dell’8 aprile 1999, depositata l’8 giugno 1999 e notificata il 6 luglio 1999, la Commissione tributaria regionale del Molise, in parziale riforma della predetta sentenza, appellata dalla contribuente, annullava le sanzioni pecuniarie indicate nell’avviso di accertamento e compensava le spese di lite, osservando: a) che il Comune, già nel corso del giudizio di primo grado, aveva dimostrato che l’accertamento della maggiore superficie era basato su elementi certi, tratti dalla dichiarazione della stessa contribuente ai fini della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani per il 1990, relativa ad un locale di mq. 220 (superficie indicata nell’avviso ICIAP limitatamente a mq. 200) destinato ad attività commerciale, tali da smentire l’assunto della società di aver utilizzato la maggiore superficie solo a partire dal 1992; b) che, a prescindere dai diversi criteri ispiratori della TARSU e dell’ICIAP, appariva difficile che, relativamente alla stessa attività, fosse stata dichiarata dalla società una superficie diversa; c) che, pertanto, ricorrevano le condizioni per l’assoggettamento al tributo, secondo quanto indicato nell’avviso; d) che le modifiche normative concernenti i tributi locali e le oggettive difficoltà per i contribuenti di far fronte ai molteplici obblighi a loro carico giustificavano la decisione di non applicare le sanzioni.

4. Con ricorso notificato il 16 settembre 1999 e depositato il 29 settembre 1999, la s.n.c. A.R. di R.G. & C. ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale, articolando quattro motivi.

5. Non si costituisce in giudizio l’intimato Comune di Campobasso.

Motivi della decisione
1. Con i proposti motivi di impugnazione, la società ricorrente complessivamente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 4 della l. n. 144 del 1989, 62 del d. lgs. n. 507 del 1993; lamenta l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza su punti decisivi della controversia; si duole della carenza di motivazione “degli atti impositivi”.

2. Più in particolare, con il primo motivo, la contribuente ripropone, sotto il profilo della violazione di legge, l’assunto, già prospettato in appello, secondo cui, per l’applicazione dell’ICIAP, la superficie deve essere utilizzata per lo svolgimento di un’attività imprenditoriale, artistica o professionale (insediamento), mentre per l’applicazione della TARSU è sufficiente “l’occupazione o la detenzione di locali ed aree scoperte, a qualsiasi uso adibite” (art. 49 del d.lgs. n. 22 del 1997, come modificato dall’art. 1, comma 28, della l. n. 426 del 1998).

3. Il motivo è infondato, perché la ratio decidendi della sentenza non si basa sull’irrilevanza del modo di utilizzazione dei locali in questione, ma sull’accertamento, in punto di fatto, dell’esistenza, in essi, di un insediamento produttivo (“destinazione ad attività commerciale”).

Mentre la ricorrente afferma che il locale di mq. 220, nel 1990, non era adibito ad attività commerciale, la sentenza impugnata asserisce che nei locali della s.n.c. veniva svolta la “stessa attività” e che, in particolare, il locale di mq. 220 aveva una “destinazione ad attività commerciale”: la dichiarazione della contribuente, ai fini TARSU, relativa ad una superficie di mq. 220, viene richiamata nella sentenza di appello solo per dimostrare che l’entità della superficie (utilizzata – come affermato dal giudice regionale – per la “stessa attività”) non poteva essere diversa.

Si è dunque in presenza di un insindacabile accertamento in fatto del giudice merito, non già della denunciata violazione di legge.

4. Con il secondo motivo, la ricorrente si duole dell’insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza, in quanto questa non avrebbe fornito risposta in ordine alla contestazione dell’equiparazione dei presupposti della TARSU e dell’ICIAP.

5. Il motivo è infondato, perché non attiene al vizio di motivazione circa l’accertamento (in punto di fatto) dell’attività commerciale svolta nel locale di via xxx, ma solo all’asserita erronea equiparazione dei presupposti dei due tributi. Come già osservato nel p. 3.-, il giudice di appello ha deciso sulla base del non censurato rilievo che nel locale di via xxx veniva esercitata attività commerciale, con conseguente applicabilità dell’ICIAP, senza prospettare alcuna equiparazione dei presupposti dell’ICIAP e della TARSU “a prescindere dai diversi criteri ispiratori dei due tributi”).

6. Con il terzo motivo, la società lamenta il difetto di motivazione dell’avviso di accertamento impugnato.

7. Il motivo è inammissibile, perché non prospettato in appello (v. il p. 3. – della parte narrativa di questa sentenza, nel quale sono riassunti i motivi di appello).

8. Con il quarto motivo, viene denunciata la nullità della notifica della sentenza della commissione regionale, perché eseguita dal messo comunale, senza l’autorizzazione del Presidente del Tribunale.

9. Il motivo è inammissibile per carenza di interesse, avendo la società proposto tempestivo ricorso in relazione alla data dell’asseritamente nulla notificazione, dimostrando di aver ricevuto la comunicazione dell’atto e di averne preso piena cognizione, difendendosi nel merito: di qui l’irrilevanza della censura. Al riguardo è qui sufficiente ricordare che la notificazione di un atto processuale eseguita dal messo comunale senza la specifica autorizzazione del Presidente del tribunale, prevista dall’art. 34 del d.P.R. n. 1229 del 1959, come modificato dalla l. n. 546 del 1962, è affetta da nullità e non da inesistenza, con la conseguenza che è sanabile non solo a seguito della costituzione in giudizio della parte, ma anche in ogni altro caso in cui sia raggiunta la prova dell’avvenuta comunicazione dell’atto al notificato (v., tra le altre, Cass., n. 9395 del 1995; n. 1585 del 1996; n. 770 del 1999).

10. La mancata costituzione dell’intimato esclude ogni pronuncia sulle spese di questo grado di giudizio.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 18 giugno 2003.

Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2004.


Cass. civ. Sez. I, (ud. 13-01-2004) 06-04-2004, n. 6761

La s.r.l. A. proponeva opposizione avverso la sentenza, resa il 20 luglio 1995, con cui il Tribunale di Bologna ne aveva dichiarato d’ufficio il fallimento. In particolare, l’opponente deduceva la nullità della notifica del decreto di convocazione in Camera di consiglio a, nel merito, l’insussistenza dello stato di insolvenza. Quanto al primo punto, che interessa in questa sede, l’opponente esponeva che essa aveva sede in Bologna via C. con numero civico originariamente contrassegnato con il n. 1. e successivamente, a seguito di una variazione di numerazione intervenuta in data 15 maggio 1995, con il n. 15/A; che il suo amministratore, D.R., era residente nella stessa via C. al n. 1.; che l’ufficiale giudiziario nella relata concernente il tentativo di notifica effettuato il 17 maggio 1995 aveva attestato che la s.r.l. A. ed il suo amministratore non risultavano conosciuti al numero civico 1. di via C.; che, pertanto, l’ufficiale giudiziario non aveva usato la diligenza ordinaria per rinvenire i destinatari delle notifiche e la relata doveva ritenersi falsa laddove aveva fatto menzione di ricerche svolte e di informazioni assunta.

La Corte Suprema di Cassazione

Sezione I

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Angelo GRIECO – Presidente

Dott. Ugo Riccardo PANEBIANCO – Consigliere

Dott. Donato PLENTEDA – Consigliere

Dott. Carlo PICCININNI – Consigliere

Dott. Sergio DI AMATO – Rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

Sentenza

sul ricorso proposto da:

FALLIMENTO A. S.R.L. in persona del Curatore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE DELLE MILIZIE 1 presso l’avvocato PIETRO SCIUBBA che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALFREDO ROSSI, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

A. S.R.L., in persona dell’Amministratore Unico pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA LUNGOTEVERE FLAMINIO 76, presso l’avvocato ANTONELLA FAIETA, rappresentata e difesa dagli avvocati FAUSTO PACIFICO, FRANCESCO GASPARDINI, LORENZO GIUSTO, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sent. n. 1029/00 della Corte d’Appello di BOLOGNA, depositata il 27 luglio 2000;

udita la relazione dalla causa svolta nella pubblica udienza del 13 gennaio 2004 dal Consigliere Dott. Sergio DI AMATO;

udito il p.m. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. APICE Umberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
La s.r.l. A. proponeva opposizione avverso la sentenza, resa il 20 luglio 1995, con cui il Tribunale di Bologna ne aveva dichiarato d’ufficio il fallimento. In particolare, l’opponente deduceva la nullità della notifica del decreto di convocazione in Camera di consiglio a, nel merito, l’insussistenza dello stato di insolvenza. Quanto al primo punto, che interessa in questa sede, l’opponente esponeva che essa aveva sede in Bologna via C. con numero civico originariamente contrassegnato con il n. 1. e successivamente, a seguito di una variazione di numerazione intervenuta in data 15 maggio 1995, con il n. 15/A; che il suo amministratore, D.R., era residente nella stessa via C. al n. 1.; che l’ufficiale giudiziario nella relata concernente il tentativo di notifica effettuato il 17 maggio 1995 aveva attestato che la s.r.l. A. ed il suo amministratore non risultavano conosciuti al numero civico 1. di via C.; che, pertanto, l’ufficiale giudiziario non aveva usato la diligenza ordinaria per rinvenire i destinatari delle notifiche e la relata doveva ritenersi falsa laddove aveva fatto menzione di ricerche svolte e di informazioni assunta.

Il fallimento si costituiva contestando la fondatezza dell’opposizione. Nel corso del giudizio di primo grado la società opponente impugnava con querela di falso la relata di notifica.

Il Tribunale di Bologna, con sentenza del 15 luglio 1998, rigettava sia l’opposizione che la querela di falso e, per quanto qui ancora interessa, osservava: 1) che la sede legale della s.r.l. A. doveva identificarsi con la residenza del suo amministratore e che entrambe, dalle certificazioni pubbliche, risultavano al n. 19 di via C.; 2) che, pertanto, o la società e l’amministratore avevano effettivamente sede e residenza al n. 1. oppure la società, indipendentemente dalla numerazione successivamente attribuita dal Comune, aveva sede in uno dei locali (un magazzino ed un’autorimessa) cui si accedeva dal cancello, originariamente senza numero, adiacente al n. 19; 3) che in questa seconda ipotesi, di fatto riconducibile alla tesi dell’opponente, vi era una discrasia tra situazione reale e situazione resa conoscibile ai terzi, senza che vi fosse la prova dell’esistenza in loco di indicazioni idonee a consentire il reperimento degli interessati; 4) che non vi era prova che l’ufficiale giudiziario non avesse svolto adeguati accertamenti e che nella situazione descritta non si poteva ritenere che l’ufficiale giudiziario fosse tenuto ad una sistematica interrogazione di tutti i vicini.

Avverso detta sentenza la s.r.l. A. proponeva appello che la Corte di Bologna accoglieva, con sentenza del 27 luglio 2000, osservando che: 1) era infondata l’eccezione sollevata dal fallimento di inammissibilità dell’appello per mancata indicazione degli specifici motivi di gravame correlati alla motivazione della sentenza impugnata; infatti, nella specie la riproposizione di difese analoghe a quelle svolte nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado si convertiva nella specifica esposizione delle doglianze svolte dalla parte soccombente nei confronti della sentenza che non aveva accolto la prospettazione dell’opponente; in particolare, affermando che l’ufficiale giudiziario non si trovava nell’impossibilità di individuare sede della società e residenza dell’amministratore, l’appellante aveva contestato la fondatala dalla argomentazione dal primo giudice in ordine alla assenza dalla indicazione dei nominativi ed al mancato assolvimento dell’onere di far coincidere la situazione di fatto con quella dichiarata o almeno, nel caso di una qualche discrasia, di porre in essere gli accorgimenti per ovviarvi; 2) non costituiva domanda nuova, come assunto dal fallimento, la deduzione della nullità della notificazione per genericità della relazione dell’ufficiale giudiziario; infatti, l’atto di citazione evidenziava i medesimi motivi di nullità della notificazione dedotti con l’appello e nelle conclusioni finali del giudizio di primo grado, assunte all’udienza del 2 aprile 1998, l’opponente aveva insistito nella dichiarazione di nullità della sentenza per violazione del diritto di difesa del debitore, richiamando in tal modo anche i motivi di nullità esposti originariamente; 3) quanto alla nullità della notificazione, indipendentemente dalla questione della coincidenza o meno della sede dalla società e della residenza dell’amministratore, era certo che entrambe non avevano subito variazioni così come non era cambiata la situazione reale dei luoghi che rendeva evidente come l’area cortilizia, alla quale era stata attribuita una autonoma numerazione, fosse comunque annessa all’edificio contrassegnato con il n. 1.; 4) in tale situazione non poteva sostenersi che fosse onere della società o del suo amministratore attuare una qualche comunicazione ai terzi, considerato anche che società ed amministratore erano rimasti rintracciabili nei medesimi luoghi in cui si trovavano da anni, come era dimostrato da numerose notifiche andata a buon fine sia prima che dopo l’omessa notifica del 17 maggio 1995 (compresa la notificazione della sentenza dichiarativa di fallimento ad opera dello stesso ufficiale giudiziario); 5) in tale situazione, infine, si doveva ritenere generica ed insufficiente la relazione dell’ufficiale giudiziario che nell’occasione si era limitato ad attestare che “da informazioni e ricerche assunte in loco” il destinatario non risultava conosciuto al civico indicato, senza fornire ulteriori precisazioni tali da consentire il necessario controllo sulla completezza delle notizie effettivamente raccolte e sulla regolarità del procedimento ed evidenziando, anzi, che nessuna ricerca anagrafica era stata effettuata presso il Comune; 6) in contrario non assumeva rilievo la circostanza, del resto neppure provata in modo certo, che i nominativi della società e del suo amministratore non figurassero dinanzi alla porta di ingresso dello stabile di via C. e neppure dinanzi al cancello dell’area cortilizia, atteso che tale circostanza non escludeva, comunque, la possibilità dall’ufficiale giudiziario di accertare, tramite una più attenta ricerca, che la società ed il suo amministratore avevano ivi la propria sede ed il proprio domicilio. Pertanto, la Corte di Bologna, ritenuta la nullità della successiva notificazione effettuata ai sensi dell’art. 143 c.p.c., dichiarava la nullità della sentenza di fallimento della s.r.l. A..

Avverso detta sentenza il fallimento della s.r.l. A. propone ricorso per Cassazione, deducendo cinque motivi. La s.r.l. A. resiste con controricorso.

Motivi della decisione
Con il primo motivo il fallimento ricorrente lamenta la violazione dell’art. 342 c.p.c. ed il vizio di motivazione, deducendo che la riproposizione di difese analoghe a quelle svolte nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado era motivo di inammissibilità dell’appello per mancanza di adeguate critiche alla motivazione della sentenza impugnata; la Corte di appello, inoltre, non aveva spiegato perché la riproposizione delle difese si convertisse nella specifica esposizione delle doglianze né aveva indicato i punti di correlazione tra l’appello e la sentenza.

Il motivo è infondato. In tema di giudizio di appello, la ricorrenza dalla specificità dei motivi non può essere definita in via generala ed assoluta, ma va correlata con la motivazione della sentenza impugnata e deve ritenersi sussistente quando alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengono contrapposte quelle dell’appellato in modo da incrinare il fondamento logico – giuridico delle prime, come nell’ipotesi in cui l’appellante, pur non procedendo all’esplicito esame dei passaggi argomentativi della sentenza, svolga i motivi di appello in modo incompatibile con la complessiva argomentazione della decisione impugnata; infatti, l’esame dei singoli passaggi argomentativi e inutile, una volta che l’appellante abbia esposto argomentazioni incompatibili con le stesse premesse del ragionamento della sentenza impugnata (cfr. Cass. 23 ottobre 2003, n. 15936). Pertanto, riproponendo il rilievo di un domicilio e di una sede legale che non avevano subito modificazioni, se non una nuova numerazione accertabile con ricerche anagrafiche, e di una documentata rintracciabilità che era rimasta ferma nel tempo, l’appellante aveva contestato chiaramente le stesse premesse del ragionamento del primo giudice, secondo il quale sussisteva una discrasia tra risultanze legali e situazione di fatto che rendeva necessaria la presenza in loco di indicazioni per consentire di rintracciare i destinatari.

Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione dell’art. 345 c.p.c. nonché il vizio di motivazione, lamentando che la Corte di merito aveva escluso la novità della domanda di nullità della notificazione per genericità della relata, senza tenere conto del tenore delle conclusioni assunte in primo grado, con le quali era stata chiesta la dichiarazione di falsità delle affermazioni contenute nella stessa relata.

Il motivo e infondato. La Corte di merito, contrariamente a quanto assume il fallimento ricorrente, ha espressamente preso in considerazione le conclusioni della s.r.l. A. nel giudizio di primo grado e le ha confrontate con le conclusioni dell’atto di citazione, affermando, con motivazione immune di vizi logici e giuridici, che l’accertamento della nullità della notificazione non poteva ritenersi abbandonato considerato che lo stesso era compreso nell’onnicomprensiva richiesta di declaratoria della nullità della sentenza dichiarativa di fallimento per violazione dei diritti di difesa.

Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione degli artt. 112 e 324 c.p.c. e dell’art. 2909 c.c., lamentando che la Corte di merito aveva disatteso il giudicato formatosi sull’accertamento della sede della società, che la sentenza di primo grado aveva individuato in via C.1. presso l’abitazione dell’amministratore.

Il motivo e infondato. La Corte di merito, come riferito in narrativa, ha espressamente affermato l’indifferenza della pretesa coincidenza tra il domicilio dell’amministratore e la sede della società ed ha fondato la decisione sulla insufficienza e genericità delle indagini che, sulla base della relata di notifica, l’ufficiale giudiziario risultava avere svolto in una situazione nella quale era stata dimostrata la reperibilità dei destinatari all’indirizzo indicato. Il motivo, pertanto, non coglie la ratio decidendi.

Con il quarto motivo il ricorrente deduce violazione degli art. 2475 c.c. n. 2, art. 2383 c.c., quarto comma, come richiamato dall’art. 2487 c.c., secondo comma, e art. 2193 c.c., lamentando che erroneamente la Corte di appello aveva ritenuto che l’ufficiale giudiziario fosse tenuto ad effettuare ricerche presso l’ufficio anagrafico e non fossero sufficienti le ricerche presso la sede della società ed il domicilio dell’amministratore risultanti dal registro delle imprese; inoltre, il ricorrente deduce la violazione dell’art. 2697 c.c., affermando che l’onere di provare l’esistenza di indicazioni atte a rintracciare la società e l’amministratore destinatari dalle notifichi doveva ritenersi a carico di chi ne sosteneva la nullità.

Il motivo e infondato. Il passaggio dalla notifica presso la sede della società ovvero, ove ciò non sia possibile, presso il domicilio del suo amministratore alla notifica prevista dall’art. 143 c.p.c. (Cass. s.u. 4 giugno 2002, n. 8091) presuppone che la società ed il suo amministratore non siano reperibili rispettivamente presso la sede risultante dal registro delle imprese e presso il domicilio anagrafico. La sussistenza del predetto presupposto di irreperibilità può ricorrere anche in una situazione nella quale, come nella specie, nel corso del giudizio si accerti che la società ed il suo amministratore siano stati in concreto rintracciati in altre precedenti e successive occasioni rispettivamente presso la sede risultante dal registro delle imprese e presso la residenza anagrafica; ciò, tuttavia, richiede che l’ufficiale giudiziario abbia svolto ricerche e chiesto informazioni in nodo adeguato, così da consentire di presumere che i diversi esiti di altre notificazioni siano riconducibili non ad una doverosa e diligente attività di ricerca dei destinatari, ma a circostanze fortunate non sempre ripetibili; inoltre, 4 necessario che, come previsto dall’art. 148 c.p.c., di detta attività si dia atto specificamente nella relazione di notifica. Pertanto, esattamente la Corta di appello ha ritenuto insuscettibile di valutazione, al fine di ritenere l’irreperibilità, l’attività di ricerca risultante da una relazione nella quale l’ufficiale giudiziario si limiti a riferire che “da informazioni e ricerche assunte in loco” il destinatario non risultava conosciuto al civico indicato; infatti, il generico tenore della relazione non consente di avere contezza dell’attività in concreto svolta né di verificare che siano state svolte le indagini e raccolte le informazioni che la situazione consentiva (Cass. 28 marzo 1987, n. 3025).

In tale situazione, inoltre, la Corte di merito ha esattamente ritenuto assorbita ogni questione in ordine alla pretesa assenza di indicazioni utili a rintracciare i destinatari. Infatti, l’indicazione del nome o della denominazione sociale sui citofoni o sulla cassetta postale o in altro modo non è oggetto di un obbligo di legge (Cass. 16 luglio 2003, n. 11138) e rappresenta soltanto un onere configurabile quando la situazione dei luoghi non consente di rintracciare il destinatario, malgrado doverose e diligenti ricerche sul posto. Proprio tale presupposto, tuttavia, è risultato mancante nella fattispecie, caratterizzata, da un lato, da un contesto in cui la sede ed il domicilio dei destinatari sono rimasti stabili e altre notifichi, in momenti precedenti e successivi, sono andate a buon fine e, dall’altro, dalla genericità delle ricerche attestate dall’ufficiale giudiziario.

Con il quinto motivo il ricorrente deduce la violazione degli art. 324 c.p.c. e art. 2909 c.c. per non avere tenuto presente, ai fini della decisione, il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado relativamente al rigetto della querela di falso; da ciò, infatti, discendeva l’incontestabilità tra le parti della veridicità della relata di notifica laddove l’ufficiale giudiziario aveva affermato che “da informazioni assunte e ricerche esperite in loco” i destinatari non risultavano conosciuti al civico indicato. Pertanto, in violazione del giudicato la Corte di appello aveva affermato che la “relata … era del tutto insufficiente”.

Il motivo è infondato. Il giudicato sulla querela di falso se rende incontestabile la veridicità dall’affermazione che sulla base delle informazioni assunte e delle ricerche esperite l’ufficiale giudiziario non aveva potuto rintracciare i destinatari, non pregiudica alcuna valutazione sulla sufficienza e specificità di tali ricerche ed informazioni.

Soccorrono giusti motivi per compensare le spese di giudizio.

P.Q.M.
rigetta il ricorso; compensa le spese di giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 gennaio 2004.

Depositato in Cancelleria il 6 aprile 2004