Riunione Giunta Esecutiva del 17.03.2004

Atti della riunione della Giunta Esecutiva riunitasi il 17 marzo 2004 a San Giovanni Lupatoto (VR)

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Corte cost., Sent., (data ud. 13/01/2004) 23/01/2004, n. 28

La Corte Costituzionale

ha pronunciato la seguente

Sentenza

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 139 e 148 del codice di procedura civile promosso con ordinanza del 3 gennaio 2003 emessa dal Tribunale di Milano, sezione distaccata di Rho, nel procedimento civile vertente tra Luisa Rosa Trezzi ed altra e Maria Ida Versetti ed altri, iscritta al n. 252 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell’anno 2003.

Udito nella camera di consiglio del 12 novembre 2003 il Giudice relatore Franco Bile.

Svolgimento del processo
1. – Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Milano, sezione distaccata di Rho, nel corso di un procedimento civile di opposizione all’esecuzione ex art. 615 del codice di procedura civile – a seguito di eccezione, formulata dalla parte opposta, di decadenza degli opponenti per inosservanza del termine perentorio assegnato dal giudice per la notifica del ricorso introduttivo e del decreto di fissazione dell’udienza di comparizione – ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 139 e 148 cod. proc. civ., «nella parte in cui prevede che le notificazioni si perfezionino, per il notificante, alla data di perfezionamento delle formalità di notifica poste in essere dall’ufficiale giudiziario e da questi attestate nella relazione di notificazione, anziché alla data, antecedente, di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario».

Rilevato che, di fronte all’eccezione, gli opponenti hanno replicato di avere eseguito tempestivamente gli adempimenti loro attribuiti e che il ritardo con cui erano state effettuate le notifiche era dovuto esclusivamente all’attività dell’ufficiale giudiziario, sottratta al controllo ed alla disponibilità del notificante, il rimettente osserva che con sentenza n. 477 del 2002 la Corte ha già dichiarato l’illegittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 149 cod. proc. civ. e dell’art. 4, comma terzo, della legge 20 novembre 1982, n. 890 (Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari), in materia di notificazioni a mezzo del servizio postale, nella parte in cui prevedeva che la notificazione si perfezionasse, per il notificante, alla data di ricezione dell’atto da parte del destinatario, anziché a quella, antecedente, di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario.

Secondo il giudice a quo, i principi posti a fondamento di tale decisione «sono suscettibili di trovare applicazione anche rispetto alle notificazioni effettuate senza fare ricorso al servizio postale», quali quelle c.d. “a mani del destinatario” ai sensi dell’art. 139 cod. proc. civ., che, per effetto del combinato disposto con il successivo art. 148, si perfezionano con il compimento di tutte le formalità nelle quali si articola il procedimento di notifica e, quindi, con la consegna di copia dell’atto e con la attestazione da parte dell’ufficiale giudiziario delle operazioni a tal proposito compiute.

Richiamata anche la sentenza di questa Corte n. 69 del 1994, il rimettente conclude che anche nel caso di specie il contrasto con tali parametri può essere evitato, ricollegando gli effetti della notificazione – per quanto riguarda il notificante – al solo compimento delle formalità a lui direttamente imposte dalla legge, ossia alla consegna dell’atto da notificare all’ufficiale giudiziario, essendo la successiva attività di quest’ultimo e dei suoi ausiliari completamente sottratta al controllo ed alla sfera di disponibilità del notificante medesimo, fermo invece restando per il destinatario il principio del perfezionamento della notificazione alla data della ricezione dell’atto, come attestata nella relazione di notifica redatta dall’ufficiale giudiziario.

Motivi della decisione
1. – Il Tribunale di Milano, sezione distaccata di Rho, prospetta la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 139 e 148 del codice di procedura civile, «nella parte in cui prevede che le notificazioni si perfezionino, per il notificante, alla data di perfezionamento delle formalità di notifica poste in essere dall’ufficiale giudiziario e da questi attestate nella relazione di notificazione, anziché alla data, antecedente, di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario».

Secondo il rimettente questa disciplina contrasterebbe con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, per le stesse ragioni poste dalla sentenza di questa Corte n. 477 del 2002 a base della dichiarata illegittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 149 cod. proc. civ. e dell’art. 4, comma terzo, della legge 20 novembre 1982, n. 890 (Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari), nella parte in cui prevedeva che quella forma di notificazione si perfezionasse, per il notificante, alla data di ricezione dell’atto da parte del destinatario, anziché a quella, antecedente, di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario.

2. – La questione è infondata.

3. – Già con la sentenza n. 69 del 1994, questa Corte – chiamata a valutare la legittimità costituzionale delle norme relative alla notificazione all’estero, con particolare riferimento alla notifica di un provvedimento di sequestro ante causam – ha affermato che, ai sensi degli artt. 3 e 24 della Costituzione, le garanzie di conoscibilità dell’atto da parte del destinatario della notificazione debbono coordinarsi con l’interesse del notificante a non vedersi addebitato l’esito intempestivo del procedimento notificatorio per la parte sottratta alla sua disponibilità. E ne ha ricavato la conclusione che la notifica si perfeziona, per il notificante, con il compimento delle sole formalità che non sfuggono alla sua disponibilità, con la conseguente dichiarazione di illegittimità costituzionale – per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione – degli artt. 142, terzo comma, 143, terzo comma, e 680, primo comma, cod. proc. civ., nella parte in cui non prevedevano che la notificazione all’estero del decreto che autorizza il sequestro si perfezionasse, ai fini dell’osservanza del prescritto termine, con il tempestivo compimento delle formalità imposte al notificante dalle convenzioni internazionali e dagli artt. 30 e 75 del D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 200 (Disposizioni sulle funzioni e sui poteri consolari).

Questa soluzione è stata poi confermata dalla sentenza n. 358 del 1996, che – proprio in ragione di tale conferma – ha dichiarato non fondata la questione di costituzionalità dell’art. 669-octies cod. proc. civ., a proposito della notificazione all’estero dell’atto introduttivo del procedimento cautelare uniforme, nel frattempo introdotto dalla novella del 1990.

Con la successiva sentenza n. 477 del 2002 questa Corte ha qualificato i principi posti a base delle precedenti decisioni come di portata generale, e perciò riferibili «ad ogni tipo di notificazione» ed in particolare a quella eseguita a mezzo del servizio postale. Ne è seguita la dichiarazione di illegittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 149 cod. proc. civ. e dell’art. 4, terzo comma, della legge 20 novembre 1982, n. 890 (Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari), essendo palesemente irragionevole, oltre che lesivo del diritto di difesa del notificante, che un effetto di decadenza possa discendere dal ritardo nel compimento di attività riferibili non al notificante, ma a soggetti diversi (l’ufficiale giudiziario e l’agente postale suo ausiliario), e perciò del tutto estranee alla sua disponibilità.

4. – Per effetto delle ricordate sentenze – ed in particolare della n. 477 del 2002 – risulta ormai presente nell’ordinamento processuale civile, fra le norme generali sulle notificazioni degli atti, il principio secondo il quale – relativamente alla funzione che sul piano processuale, cioè come atto della sequenza del processo, la notificazione è destinata a svolgere per il notificante – il momento in cui la notifica si deve considerare perfezionata per il medesimo deve distinguersi da quello in cui essa si perfeziona per il destinatario; pur restando fermo che la produzione degli effetti che alla notificazione stessa sono ricollegati è condizionata al perfezionamento del procedimento notificatorio anche per il destinatario e che, ove a favore o a carico di costui la legge preveda termini o adempimenti o comunque conseguenze dalla notificazione decorrenti, gli stessi debbano comunque calcolarsi o correlarsi al momento in cui la notifica si perfeziona nei suoi confronti.

Più specificamente il principio di scissione fra i due momenti di perfezionamento della notificazione nei termini ora indicati si rinviene nell’art. 149 cod. proc. civ., per effetto della sentenza n. 477 del 2002 (e nell’art. 142, anche in combinato disposto con il terzo comma dell’art. 143, per effetto della sentenza n. 69 del 1994).

5. – Il principio della distinzione fra i due diversi momenti di perfezionamento delle notificazioni degli atti processuali – affermato dalla ricordata giurisprudenza additiva di questa Corte, con gli effetti prima indicati – è ormai decisivo per l’interpretazione delle altre norme del codice di procedura civile sulle notificazioni.

Al riguardo, gli artt. 138, 139, 140, 141, 143, 144, 145 e 146 – adoperando a proposito dell’attività di notificazione i verbi «eseguire», «fare», «consegnare» ed altri di portata equivalente – di certo non enunciano espressamente una regola contraria alla scissione fra i due momenti di perfezionamento e nemmeno mostrano di accogliere per implicito il principio del momento di perfezionamento unico.

In presenza di un tale dato normativo neutro, l’interprete è vincolato a tener conto del ricordato principio enunciato da questa Corte ai fini del rispetto del canone della c.d. interpretazione sistematica. In base ad essa la regola generale della distinzione fra i due momenti di perfezionamento delle notificazioni – non contenuta esplicitamente nelle norme citate – deve essere desunta da quella ormai espressamente prevista dall’art. 149 cod. proc. civ. per la notificazione a mezzo posta, e conseguentemente applicata anche alla notificazione eseguita direttamente dall’ufficiale giudiziario.

In ragione di tali rilievi, le norme censurate vanno interpretate nel senso che la notificazione si perfeziona nei confronti del notificante, secondo quanto sopra specificato, al momento della consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario. Pertanto la questione sollevata dal rimettente deve essere dichiarata non fondata.

P.Q.M.
La Corte Costituzionale

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 139 e 148 del codice di procedura civile, sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di Milano, sezione distaccata di Rho, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 gennaio 2004.


Corte cost., (ud. 10-12-2003) 19-12-2003, n. 360

La Corte Costituzionale

ha pronunciato la seguente

Sentenza

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 60, ultimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), promosso con ordinanza del 13 maggio 2002 dalla Commissione tributaria provinciale di Trapani sul ricorso proposto da Salerno Ugo contro l’Agenzia delle Entrate, Ufficio di Trapani, iscritta al n. 130 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell’anno 2003.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 12 novembre 2003 il Giudice relatore Annibale Marini.

Svolgimento del processo
1. – Con ordinanza del 14 febbraio 2002, depositata il 13 maggio 2002 e pervenuta presso la cancelleria della Corte Costituzionale in data 20 febbraio 2003, la Commissione tributaria provinciale di Trapani ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 60, ultimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), nella parte in cui prevede che le variazioni e le modificazioni dell’indirizzo del contribuente, non risultanti dalla dichiarazione annuale dei redditi, abbiano effetto, ai fini delle notificazioni, dal sessantesimo giorno successivo a quello dell’avvenuta variazione anagrafica, ed in ogni caso nella parte in cui non prevede che abbiano immediatamente effetto, ai medesimi fini, anche le variazioni e le modificazioni comunque conosciute dall’amministrazione finanziaria.

Il rimettente riferisce che il giudizio a quo ha ad oggetto la impugnazione di una cartella di pagamento emessa per imposte maturate negli anni 1992 e 1993 e che l’impugnazione stessa si fonda su un vizio della notificazione, in quanto eseguita presso un indirizzo ove il ricorrente non risultava più essere né domiciliato né residente, avendo trasferito, a seguito della separazione personale, la propria residenza ed abitazione in altro luogo ubicato, come il precedente, nel territorio del Comune di Erice.

Riferisce, altresì, il rimettente che il contribuente aveva comunque dato comunicazione all’amministrazione finanziaria dell’avvenuta variazione di indirizzo e che l’amministrazione nel costituirsi ha affermato la validità della notificazione, effettuata presso il precedente indirizzo sulla base dell’art. 60, ultimo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973 a tenore del quale «le variazioni e le modificazioni dell’indirizzo non risultanti dalla dichiarazione annuale hanno effetto, ai fini delle notificazioni, dal sessantesimo giorno successivo a quello dell’avvenuta variazione anagrafica».

La disposizione invocata dall’amministrazione – che imporrebbe, evidentemente, il rigetto del ricorso – contrasta, tuttavia, secondo la Commissione rimettente, con il principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 della Costituzione, comportando la validità di una notificazione effettuata presso un indirizzo diverso da quello risultante dall’anagrafe del Comune di residenza; e ciò anche nel caso in cui, come nella specie, dell’avvenuta variazione anagrafica l’amministrazione sia stata posta a conoscenza dallo stesso contribuente.

La norma censurata sarebbe, altresì, lesiva dei principi di efficienza e buon andamento della pubblica amministrazione, enunciati dall’art. 97 della Costituzione, ponendosi in contrasto con il dovere di leale collaborazione nei confronti degli amministrati, che – secondo il rimettente – comporta lo svolgimento di quella minima attività istruttoria volta ad individuare l’esatto indirizzo del destinatario dell’atto.

Risulterebbe leso, infine, il diritto di difesa, garantito dall’art. 24 della Costituzione, in quanto la norma impugnata potrebbe in concreto impedire al contribuente, ignaro della notificazione dell’atto da impugnare, di agire in giudizio a tutela dei propri diritti ed interessi legittimi.

2. – È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la infondatezza della questione.

Con successiva memoria illustrativa, depositata nell’imminenza della Camera di consiglio, l’Avvocatura dello Stato, motivando le proprie conclusioni, osserva che la norma impugnata realizza un «equilibrato contemperamento» fra l’esigenza di speditezza ed efficienza della amministrazione finanziaria ed il diritto di difesa del contribuente, in quanto pur prevedendo un’evidente facilitazione per l’ufficio impositore non sarebbe tale da sacrificare in misura irragionevole la posizione del destinatario dell’atto, il quale, conoscendo il contenuto della norma impugnata, avrebbe l’onere di verificare «se mai l’ufficio impositore gli ha notificato alcunché» al precedente indirizzo.

In tal modo, secondo l’Avvocatura, si realizzerebbe, in conformità a quanto previsto dall’art. 97 della Costituzione, quella leale, reciproca collaborazione fra fisco e contribuente, cui fa riferimento l’art. 10 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente).

Le medesime considerazioni condurrebbero, anche, ad escludere – ad avviso della parte pubblica – qualsiasi violazione del principio di ragionevolezza.

Motivi della decisione
1. – La Commissione tributaria provinciale di Trapani dubita, in riferimento agli artt. 3, 24 e 97 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 60, ultimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), nella parte in cui prevede che le variazioni e le modificazioni dell’indirizzo del contribuente, non risultanti dalla dichiarazione annuale dei redditi, abbiano effetto, ai fini delle notificazioni, solamente dal sessantesimo giorno successivo a quello della avvenuta variazione anagrafica, ed in ogni caso nella parte in cui non prevede che abbiano immediato effetto, ai medesimi fini, le variazioni e le modificazioni di indirizzo comunque conosciute dall’amministrazione finanziaria.

Ad avviso del rimettente, la norma impugnata, consentendo all’amministrazione finanziaria di effettuare la notificazione in un luogo diverso dall’effettivo indirizzo del destinatario, quale risultante dai registri anagrafici, sarebbe irragionevolmente lesiva del diritto di difesa del contribuente e contrasterebbe con i principi di efficienza e buon andamento della pubblica amministrazione.

2. – La questione è fondata.

Questa Corte ha avuto modo di affermare che un limite inderogabile alla discrezionalità del legislatore nella disciplina delle notificazioni è rappresentato dall’esigenza di garantire al notificatario l’effettiva possibilità di una tempestiva conoscenza dell’atto notificato e, quindi, l’esercizio del suo diritto di difesa (sentenza n. 346 del 1998).

Il legislatore può, dunque, nell’esercizio della sua discrezionalità, prevedere che le variazioni di indirizzo, ai fini delle notificazioni da effettuarsi da parte dell’amministrazione finanziaria, non abbiano un effetto immediato, agevolando, in tal modo, l’attività dei relativi uffici ed assicurando una migliore tutela degli interessi di carattere generale di cui sono portatori. Tale differimento di efficacia, pur legittimo in linea di principio, va, tuttavia, contenuto entro limiti tali da non pregiudicare, sacrificando l’effettiva possibilità di conoscenza dell’atto da parte del destinatario, l’esercizio del suo diritto di difesa.

Pregiudizio che certamente si verifica ove l’anzidetto differimento sia stabilito, come nella previsione di cui alla norma impugnata, per un periodo di tempo (sessanta giorni) non solo eccessivamente lungo, ma addirittura pari al termine di impugnazione dell’atto dinanzi alle commissioni tributarie.

Va, dunque, dichiarata l’illegittimità costituzionale della norma impugnata, restando comunque riservata al legislatore l’individuazione di un diverso e più congruo termine per l’opponibilità della variazione anagrafica all’amministrazione finanziaria.

P.Q.M.
La Corte Costituzionale

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 60, ultimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), nella parte in cui prevede che le variazioni e le modificazioni dell’indirizzo del contribuente, non risultanti dalla dichiarazione annuale, hanno effetto, ai fini delle notificazioni, dal sessantesimo giorno successivo a quello della avvenuta variazione anagrafica.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 dicembre 2003.


Cass. civ. Sez. I, (ud. 23-06-2003) 02-12-2003, n. 18385

La Corte Suprema di Cassazione

Sezione I

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Antonio SAGGIO – Presidente

Dott. Vincenzo PROTO – Consigliere

Dott. Maria Gabriella LUCCIOLI – Consigliere

Dott. Francesco FELICETTI – Consigliere

Dott. Onofrio FITTIPALDI – Rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

MANCINI ORAZIO, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA SALLUSTIO 9, presso l’avvocato BARTOLO SPALLINA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ROBERTO LOMBARDI, giusta procura speciale per Notaio Mario Iannella di Benevento, rep. n. 269097 dell’8 agosto 2000;

– ricorrente –

contro

MANCINI FELICE, MANCINI GIOCONDINA, elettivamente domiciliati in ROMA VIA BAIAMONTI 4, presso l’avvocato LUIGI BARULLI, rappresentati e difesi dall’avvocato GIOVANNI GRASSI, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sent. n. 339/00 del Tribunale di BENEVENTO, depositata il 26 aprile 2000;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23 giugno 2003 dal Consigliere Dott. Onofrio FITTIPALDI;

udito per il ricorrente l’Avvocato Spallina che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito per il resistente l’Avvocato Grassi che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Raffaele PALMIERI che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato, ai sensi dell’art. 143 c.p.c. il 19 dicembre 1995, il sig. Mancini Orazio conveniva, innanzi al Pretore di Benevento, i signori Mancini Felice e Mancini Giocondina, chiedendo che fossero riconosciuti il suo diritto di proprietà su di una serie di beni immobili, per avvenuta usucapione degli stessi, e la concomitante invalidità dell’atto per notaio Iazzeolla del 9 marzo 1995 con il quale i convenuti risultavano avere acquistato, dai precedenti proprietari, i beni in questione.

Il Pretore, ritenuta la contumacia dei non costituitisi convenuti, con sentenza del 20 gennaio 1999, rigettata, per carenza di legittimazione attiva, la domanda di dichiarazione di invalidità, accoglieva l’altra domanda relativa alla usucapione.

Proponevano appello, con atto notificato il 22 febbraio 1999, il Mancini Felice e Mancini Giocondina, eccependo la nullità della notifica dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, per l’essere esso stato notificato ai sensi dell’art. 143 c.p.c., nonché contestando nel merito il fondamento dell’accolta domanda e quindi concludendo, in via principale, perché, previa dichiarazione della nullità della notifica dell’atto introduttivo di I grado, gli atti fossero rimessi al primo giudice, ed, in via gradata, perché venisse rigettata nel merito la domanda del Mancini Orazio.

Allo scopo chiedevano, fra l’altro, interrogatorio formale diretto a dimostrare che l’appellato – a loro dire – ben conosceva la circostanza che essi si erano trasferiti in Canada.

Resisteva il Mancini Orazio.

Il Tribunale, dopo alcuni provvedimenti rivolti ad assicurare l’integrità del contraddittorio nei confronti della Mancini Giocondina, accoglieva il gravame, rilevando:

a) come la notifica di un atto giudiziario ai sensi dell’art. 143 c.p.c., in tanto può ritenersi legittimamente eseguita nei confronti di destinatario che si sia trasferito all’estero, in quanto la residenza, la dimora o il domicilio estero non risultino conosciuti e sussista l’oggettiva impossibilità della loro individuazione, malgrado l’esperimento delle indagini suggerite, nel caso concreto, dalla comune diligenza, le quali debbono risultare dalla stessa relazione dell’ufficiale notificatore;

b) come, nella fattispecie risultassero effettuate relazioni di notifica negative solo con riguardo al comune di Casalduni nel quale i convenuti avevano eletto domicilio nell’atto di compravendita;

c) come nessuna ricerca risultasse invece effettuata in Pontelandolfo, luogo di ultima residenza dei destinatari, da parte dell’ufficiale notificatore;

d) come l’irreperibilità risultasse – conseguentemente – essere stata accertata esclusivamente in base ai certificati anagrafici rilasciati dal Comune;

e) come si rendesse pertanto configurabile la fattispecie della “ignoranza colpevole” (Cass. 3358/91); f) come la causa andasse pertanto rimessa al giudice di primo grado.

Ricorre per cassazione il Mancini Orazio sulla base di 1 motivo.

Resistono, con controricorso assistito da memoria, gli intimati.

Motivi della decisione
Con il suo motivo il ricorrente, nel dedurre “violazione e falsa applicazione dell’art. 143 c.p.c. – omessa e/o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia”, lamenta l’erroneità – a suo dire – dell’impugnata sentenza, posto che, risultando ignota la residenza all’estero dei due convenuti, e rendendosi pertanto impossibile il ricorso alle modalità di notificazione di cui all’art. 142 c.p.c., l’unica formalità di notifica praticabile nella fattispecie si era resa appunto quella nei fatti da esso Mancini seguita, ed operata ai sensi dell’art. 143 c.p.c.

Il ricorrente pone più in particolare in luce, fra l’altro:

a) l’impossibilità di procedere a ricerche nel comune di Pontelandolfo – luogo di ultima residenza noto dei convenuti prima della loro cancellazione per irreperibilità al censimento del 1991 – una volta che il certificato anagrafico del suddetto comune li dava appunto – cancellati per irreperibilità;

b) il profilo per cui la diligenza nelle ricerche pretesa – in questi casi – dall’ordinamento sia pur sempre quella ordinaria (non comportando di certo essa l’onere di eseguire indagini straordinarie), e per cui essa, nella fattispecie concreta, si fosse già adeguatamente espressa, posto che esso Mancini si era preso cura di tentare la notifica nel domicilio contrattuale eletto in Casalduni;

c) l’ulteriore profilo per cui si rendesse pertanto del tutto illogica e perciò inesigibile, nella fattispecie concreta, pur di fronte ad una certificazione anagrafica del luogo di ultima residenza nota (Pontelandolfo), attestante l’irreperibilità della controparte, l’effettuazione di un preliminare tentativo di notifica proprio nel luogo di tale ultima residenza;

d) il fatto che il Tribunale di Benevento abbia del tutto omesso di considerare che, nella fattispecie, gli appellanti, comunque, nessuna prova avessero fornito della utilità in concreto di un tentativo di notifica eventualmente esperito in Pontelandolfo, ovvero della possibilità di conseguire, in quel luogo, attraverso i terzi, notizie ed informazioni circa la loro residenza all’estero.

Il motivo si rivela infondato e non può pertanto trovare alcun accoglimento.

Ed infatti, premesso come in fatto risulti incontestato (ed emerga, in ogni caso, anche dalla – consentita, dato il tipo di vizio lamentato – visione diretta degli atti processuali) come, in sede di notifica dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, l’ufficiale giudiziario abbia fatto precedere le formalità di cui all’art. 143 c.p.c. (deposito dell’atto nella casa comunale di Pontelandolfo) dal solo tentativo di notifica compiuto in Casalduni (luogo di un domicilio eletto dai convenuti, in un contratto intercorso con terzi), va ribadito, ancora una volta, il principio già altre volte affermato da questa Suprema Corte, secondo cui il ricorso alle formalità di notifica di cui all’art. 143 c.p.c. non possa mai essere affidato alle mere risultanze di una certificazione anagrafica, ma presupponga comunque e sempre che, nel luogo di ultima residenza nota siano compiute effettive ricerche (per tutte, vedi, oltre alla richiamata Cass. 3358/91: Cass. n. 3799/97; Cass. n. 6257/97; Cass. n. 4399/2001) e che di esse l’ufficiale giudiziario dia espresso conto; il che equivale a dire che – quantomeno – in una fattispecie del genere, l’ufficiale giudiziario debba comunque preliminarmente concretamente accedere nel luogo di ultima residenza nota, al fine – fra l’altro – di attingere, anche nell’ipotesi di riscontrata assenza di addetti o incaricati alla ricezione della notifica, comunque eventuali notizie utili in ordine alla residenza attuale del destinatario della notificazione.

Va posto più in particolare in luce come, tutto il complesso di esigenze già sottolineate e poste in luce con la ben nota pronuncia delle Sezioni Unite di questa Suprema Corte n. 6737/2002 non possa ritenersi di certo soddisfatto attraverso il mero rinvio alle risultanze anagrafiche.

Il ricorso va pertanto rigettato,

Con condanna del ricorrente alla refusione delle spese di questa ulteriore fase, che si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alla refusione delle spese di questa fase in favore dei resistenti, che liquida in € 900,00 ciascuno per onorari ed in € 100,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.

Così deciso nella Camera di Consiglio della I Sezione civile della Suprema corte di Cassazione il 23 giugno 2003.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 2 DIC. 2003


Cass. civ. Sez. V, (ud. 11-03-2003) 28-10-2003, n. 16164

La Corte Suprema di Cassazione

Sezione V

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Francesco Cristarella ORESTANO – Presidente

Dott. Mario CICALA – Consigliere

Dott. Michele D’ALONZO – Consigliere

Dott. Stefano SCHIRÒ – Cons. Rel.

Dott. Francesco Antonio GENOVESE – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

ISENI MARIO, elettivamente domiciliato in Roma, via della Mercede 52, presso l’avv. Mario Menghini, che lo rappresenta e difende unitamente all’avv. Gianpaolo Alice, del Foro di Biella, per procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AMMINISTRAZIONE DELLE FINANZE, in persona del Ministro delle finanze “pro tempore”;

– intimata –

avverso la sent. n. 144/22/98 della Commissione tributaria regionale del Piemonte, Sezione n. 22, depositata il 28 dicembre 1998;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza in data 11 marzo 2003 dal relatore, cons. Stefano Schirò;

udito l’avv. Gianpaolo Alice per il ricorrente;

udito il Pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale, dott. Ennio Attilio Sepe, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorso.

Svolgimento del processo
Con ricorso presentato il 25 marzo 1996 alla Commissione tributaria di primo grado di Novara, Mario Iseni si opponeva agli avvisi di accertamento emessi dall’Ufficio delle imposte dirette di Borgomanero, con i quali erano stati rettificati i redditi d’impresa ai fini Irpef ed Ilor per gli anni 1988 e 1989.

Con tale ricorso il contribuente deduceva che:

1) la notificazione degli avvisi di accertamento era stata eseguita il 10 gennaio 1985 con consegna a mani di tale Ilaria Chiabotti, persona a lui del tutto sconosciuta e con la quale non aveva intrattenuto rapporto alcuno;

2) conseguentemente egli aveva avuto conoscenza degli avvisi di accertamento solo con la successiva notifica della cartella esattoriale, eseguita il 7 febbraio 1996.

Il contribuente chiedeva pertanto l’annullamento degli avvisi di accertamento o, in via subordinata, la riammissione in termini.

L’ufficio finanziario resisteva al ricorso, affermando che:

a – gli avvisi di accertamento erano stati notificati dal messo del Comune di San Maurizio d’Opaglio presso il domicilio del contribuente, in via Roma 104, secondo le disposizioni dell’art. 60 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600;

b – il messo comunale, non avendo trovato il contribuente presso la casa di abitazione, aveva consegnato la copia degli atti a persona addetta alla casa, a norma dell’art. 139, comma 2, c.p.c., mediante consegna a Ilaria Chiabotti, qualificatasi coadiuvante.

La Commissione tributaria provinciale di Novara accoglieva il ricorso, dichiarando l’illegittimità della notifica degli avvisi di accertamento e l’invalidità della successiva iscrizione a ruolo.

L’Ufficio proponeva appello davanti alla Commissione tributaria regionale del Piemonte, censurando la decisione impugnata per aver imputato all’amministrazione l’onere della prova in ordine alla veridicità di quanto attestato nella relata di notifica circa i rapporti intercorrenti tra il destinatario e il consegnatario dell’atto, incombendo invece al contribuente, destinatario dell’atto, dimostrare i fatti indicati a sostegno della dedotta illegittimità della notifica. Produceva inoltre rapporto del messo comunale che aveva effettuato la notifica, nel quale si confermava che la consegnataria Chiabotti si era qualificata come coadiuvante del destinatario Mario Iseni.

L’adita Commissione tributaria regionale, con sentenza del 28 dicembre 1998, accoglieva l’appello.

Ha proposto ricorso per cassazione l’Iseni sulla base di quattro motivi.

L’amministrazione finanziaria non si è costituita.

Motivi della decisione
Con il primo e il secondo motivo, da esaminare congiuntamente in quanto strettamente connessi, il ricorrente denuncia la nullità della sentenza impugnata per mancanza di motivazione, in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e in subordine il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto decisivo della controversia relativo alla regolarità della notificazione degli avvisi di accertamento, deducendo che la commissione regionale – nell’accogliere l’appello dell’Ufficio sulla base della seguente motivazione: “Questa Commissione Tributaria Regionale condivide pienamente le motivazioni dell’”appello dell’Ufficio e le ritiene interamente fondate. Pertanto le fa proprie e qui si intendono riportate a motivazione della riforma della sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Novara” – ha aderito totalmente alle tesi sostenute dall’appellante, fornendo una motivazione apparente, inidonea a chiarire le ragioni poste a base della decisione.

I due motivi sono infondati.

In base all’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e all’art. 118 disp.att.c.p.c., la mancanza o l’estrema concisione della motivazione in diritto determinano la nullità della sentenza solo quando rendano impossibile l’individuazione dell’oggetto della decisione e delle ragioni poste a fondamento dei dispositivo. Tale principio è applicabile anche al nuovo rito tributario, come disciplinato dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in forza del generale rinvio materiale alle norme del codice di rito compatibili (e dunque anche alle sue disposizioni di attuazione), contenuto nell’art. 1, comma 2, del citato decreto (Cass. 12 febbraio 2001, n. 1944. Cass. 12 marzo 2002, n. 3547).

Ricorre invece il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, denunciabile con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, qualora nel ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate, tali da non consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione (Cass. 31 marzo 2000, n. 3928. Cass. 14 febbraio 2003, n. 2222).

Alla luce dei criteri enunciati, non ricorrono nel caso di specie né la nullità della sentenza per totale mancanza di motivazione, né il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione.

Infatti la commissione regionale, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, non ha acriticamente aderito alle tesi dell’ufficio genericamente richiamate, ma ha specificamente menzionato le argomentazioni in diritto svolte dall’appellante con i relativi richiami giurisprudenziali, con una meticolosità che ne presuppone l’implicita valutazione, e le ha fatte proprie, condividendole una ad una e ponendole a base della propria decisione, la quale pertanto risulta sorretta da adeguata motivazione in diritto in ordine a tutte le questioni giuridicamente rilevanti nella fattispecie.

Non può invero affermarsi la mancanza o l’insufficienza della motivazione solo perché le argomentazioni poste dal giudice a base della propria decisione coincidono con le prospettazioni di una delle parti, se il giudice tali prospettazioni di parte abbia esaminato, valutato e fatto proprie, recependole nella motivazione del provvedimento.

In particolare, la decisione qui impugnata è sorretta dalle seguenti argomentazioni specificamente enunciate:

1) la notificazione degli avvisi di accertamento è stata effettuata a persona addetta alla casa ai sensi dell’art. 139, comma 2, c.p.c.;

2) nessuna norma prevede che l’agente notificatore indaghi sulla veridicità delle dichiarazioni rese dal consegnatario in ordine al suo rapporto di famiglia o di lavoro con il destinatario;

3) è necessario invece che il notificatore trovi il consegnatario in uno dei luoghi indicati dall’art. 139 c.p.c. (abitazione, ufficio, azienda) e che lo stesso consegnatario si qualifiche come persona di famiglia o dipendente del destinatario.

4) la commissione provinciale ha erroneamente attribuito all’Ufficio l’onere della prova della asserita mancata notificazione, onere invece gravante sul contribuente che ha affermato di non aver ricevuto gli avvisi di accertamento;

5) è il contribuente, pertanto – posto che la dichiarazione, contenuta nella relata dell’atto, dell’avvenuta notificazione da parte dell’ufficiale notificatore fa prova fino a querela di falso -, che avrebbe dovuto dimostrare che, al momento della notifica, la Chiabotti non era presente nella sua abitazione o non si era qualificata al messo notificatore come addetta alla casa o comunque come persona abilitata a ricevere la notificazione;

6) l’Ufficio ha allegato all’atto di appello un rapporto redatto dal messo che ha effettuato la notifica di cui trattasi, nel quale si conferma che la consegnataria Chiabotti si è qualificata coadiuvante del destinatario Iseni.

Va rilevato infine che nessun vizio di contraddizione, peraltro neppure specificamente enunciato dal ricorrente, emerge dal collegamento logico degli elementi argomentativi indicati e fatti propri dalla commissione regionale.

Con il terzo motivo viene denunciata, in via ulteriormente subordinata., violazione e falsa applicazione dell’art. 139, comma 2, c.p.c., degli artt. 42, comma 1, e 60 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 60, e dell’art. 2697 c.c., nonché vizio di omessa e insufficiente motivazione.

Il contribuente deduce al riguardo che:

a – l’efficacia probatoria privilegiata della relata di notificazione non si estende al contenuto sostanziale delle dichiarazioni rese dalla consegnataria al notificatore e in particolare, per quel che qui rileva, in ordine alla situazione di convivenza (con il destinatario dell’atto), o alla qualifica di coadiuvante (dello stesso destinatario) riferite alla consegnataria medesima;

b – le dichiarazioni della consegnataria riportate nella relata di notifica possono pertanto essere oggetto di prova contraria da parte dell’interessato e non sono suscettibili di essere integrate da successive dichiarazioni del notificatore;

c – correttamente la sentenza di primo grado, preso atto della contestazione da parte del contribuente in ordine alla veridicità della qualifica di coadiuvante della consegnataria Chiabotti, aveva posto a carico del richiedente la notificazione la prova della effettiva sussistenza delle condizioni di regolarità della notificazione medesima, prova che non era stata fornita;

d – la figura del coadiuvante non è ricompresa tra quelle tipicamente previste dall’art. 139, comma 2, c.p.c. con riferimento alle persone, diverse dal destinatario, alle quali l’atto può essere consegnato e comunque, nella specie, alla notificazione non era seguita la spedizione a mezzo lettera raccomandata dell’avviso al destinatario dell’avvenuta notifica, come previsto dall’art. 139, comma 4, c.p.c.

La censura è infondata in quanto si pone in contrasto con i principi, elaborati dalla giurisprudenza, in tema di notificazione di un atto eseguita a mani di persona di famiglia o addetta alla casa, all’ufficio, o all’azienda.

Si è infatti ripetutamente affermato che, in caso di notificazione ai sensi dell’art. 139, comma 2, c.p.c., la qualità di persona di famiglia o di addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda di chi ha ricevuto l’atto si presume “iuris tantum” dalle dichiarazioni recepite dall’ufficiale giudiziario nella relata di notifica, ma che incombe al destinatario dell’atto, che contesti la validità della notificazione, fornire la prova contraria (Cass. 24 luglio 1992, n. 8920; Cass. 13 aprile 2001, n. 5547) e in particolare allegare e provare l’inesistenza di alcun rapporto con il consegnatario, comportante una delle qualità sopraindicate (Cass. 17 aprile 1996, n. 332, ord.), oppure la occasionalità della presenza del consegnatario (Cass. 26 maggio 1999, n. 5109).

Inoltre, sempre nell’ipotesi di notificazione eseguita ai sensi dell’art. 131 c.p.c., comma 2, non è necessario l’ulteriore adempimento dell’avviso al destinatario, a mezzo lettera raccomandata, dell’avvenuta notificazione, avviso invece previsto dal quarto comma del menzionato articolo solo in caso di notifica al portiere o al vicino di casa (Cass. 24 luglio 1992, n. 8920).

Quanto all’uso nella relata di notifica della qualifica di coadiuvante, riferita alla consegnataria, è da ritenere che l’espressione utilizzata sia equivalente a quella di addetta alla casa indicata nell’art. 139, comma 2, c.p.c., intendendo la norma far comunque riferimento a peculiari rapporti sostanziali, anche di natura provvisoria o precaria, tra consegnatario e destinatario dell’atto che, indipendentemente dall’espressione letterale utilizzata nella relata, facciano presumere che il secondo venga successivamente edotto dal primo dell’avvenuta notificazione (Cass. 17 aprile 1996, n. 332, ord.; Cass. 13 aprile 2001, n. 5547).

Con il quarto motivo il ricorrente denunzia l’invalidità della notificazione della sentenza impugnati, in quanto

a) effettuata senza indicazione del soggetto richiedente e senza identificazione del soggetto che ha ricevuto l’atto;

b) eseguita a mani della propria moglie e non al difensore costituito e nel domicilio eletto.

La doglianza è inammissibile per carenza d’interesse, atteso che la notifica del ricorso è stata comunque tempestivamente eseguita nel rispetto sia del termine breve, di cui all’art. 325, comma 2, c.p.c., decorrente dalla data di notificazione della sentenza impugnata, che di quello lungo, ai sensi dell’art. 327, comma 2, c.p.c., a decorrere dalla data di pubblicazione della medesima sentenza.

Il ricorso, privo di fondamento, va conseguentemente rigettato e nulla deve disporsi in ordine alle spese processuali, non essendosi costituita l’Amministrazione intimata.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, l’11 marzo 2003.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 28 OTT. 2003


DM 6 agosto 2003(1). Aggiornamento del compenso spettante per la notifica di atti delle pubbliche amministrazioni da parte dei messi comunali (2) (3).

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 11 settembre 2003, n. 211 e ripubblicato nella Gazz. Uff. 27 ottobre 2003, n. 250.
(2) Vedi, ora, il D.M. 3 ottobre 2006.
(3) Emanato dal Ministero dell’economia e delle finanze.

IL MINISTRO DELL’ECONOMIA

E DELLE FINANZE

di concerto con

IL MINISTRO DELL’INTERNO

Visto il decreto interministeriale 14 marzo 2000 – emanato ai sensi dell’art. 10, comma 2, della legge 3 agosto 1999, n. 265 – pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 130 in data 6 giugno 2000, che fissa in L. 10.000 l’importo spettante ai comuni per la notifica degli atti delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, a mezzo dei messi comunali;

Considerato che, ex art. 1, comma 2 del cennato decreto interministeriale, la somma spettante per ogni singolo atto notificato è aggiornata ogni tre anni in relazione all’andamento dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati accertato dall’ISTAT, con decreto interministeriale del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’interno;

Decreta:

1.   1. Le pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, possono avvalersi, per le notificazioni dei propri atti, qualora non sia possibile eseguirle utilmente mediante il servizio postale o le altre forme previste dalla legge, dei messi comunali.

2. Al comune che vi provvede spetta, a decorrere dal 1° aprile 2003, per ogni singolo atto notificato la somma di Euro 5,56, oltre alle spese di spedizione a mezzo posta raccomandata con avviso di ricevimento secondo le tariffe vigenti nelle ipotesi previste dall’art. 140 del codice di procedura civile. La suddetta somma è aggiornata ogni tre anni in relazione all’andamento dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati accertato dall’ISTAT, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’interno.

3. L’ente locale richiede, con cadenza semestrale, alle singole amministrazioni la liquidazione ed il pagamento delle somme spettanti per tutte le notificazioni effettuate per conto delle stesse amministrazioni, allegando la documentazione giustificativa. Alla liquidazione ed al pagamento delle somme dovute, per tutte le notificazioni effettuate per conto della stessa amministrazione dello Stato, provvede, con cadenza semestrale, il dipendente ufficio periferico avente sede nella provincia di appartenenza dell’ente locale interessato.

4. Le relative spese sono poste a carico della pertinente unità previsionale di base all’uopo individuata da ciascuna amministrazione (4).

 

(4) Vedi, ora, il D.M. 3 ottobre 2006


D.Lgs. n. 196 del 30.06.2003

DECRETO LEGISLATIVO 30 giugno 2003, n. 196(1).

Codice in materia di protezione dei dati personali (2).

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 29 luglio 2003, n. 174, S.O.

(2) Per l’attuazione nelle pubbliche amministrazioni delle disposizioni contenute nel presente decreto, con particolare riguardo alla gestione delle risorse umane, vedi la Dir.Min. 11 febbraio 2005, n. 1/2005.

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Visto l’articolo 1 della legge 24 marzo 2001, n. 127, recante delega al Governo per l’emanazione di un testo unico in materia di trattamento dei dati personali;

Visto l’articolo 26 della legge 3 febbraio 2003, n. 14, recante disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee (legge comunitaria 2002);

Vista la legge 31 dicembre 1996, n. 675, e successive modificazioni;

Vista la legge 31 dicembre 1996, n. 676, recante delega al Governo in materia di tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali;

Vista la direttiva 95/46/CE del 24 ottobre 1995, del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione dei dati;

Vista la direttiva 2002/58/CE del 12 luglio 2002, del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 9 maggio 2003;

Sentito il Garante per la protezione dei dati personali;

Acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 27 giugno 2003;

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro per la funzione pubblica e del Ministro per le politiche comunitarie, di concerto con i Ministri della giustizia, dell’economia e delle finanze, degli affari esteri e delle comunicazioni;

Emana il seguente decreto legislativo:

Parte I – Disposizioni generali

TITOLO I

Principi generali.

1. Diritto alla protezione dei dati personali.

1. Chiunque ha diritto alla protezione dei dati personali che lo riguardano. Le notizie concernenti lo svolgimento delle prestazioni di chiunque sia addetto ad una funzione pubblica e la relativa valutazione non sono oggetto di protezione della riservatezza personale (3).

(3) Periodo aggiunto dal comma 9 dell’art. 4, L. 4 marzo 2009, n. 15.

2. Finalità.

1. Il presente testo unico, di seguito denominato «codice», garantisce che il trattamento dei dati personali si svolga nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità dell’interessato, con particolare riferimento alla riservatezza, all’identità personale e al diritto alla protezione dei dati personali.

2. Il trattamento dei dati personali è disciplinato assicurando un elevato livello di tutela dei diritti e delle libertà di cui al comma 1 nel rispetto dei princìpi di semplificazione, armonizzazione ed efficacia delle modalità previste per il loro esercizio da parte degli interessati, nonché per l’adempimento degli obblighi da parte dei titolari del trattamento (4).

(4) Vedi, anche, il Provv. 19 giugno 2008.

3. Principio di necessità nel trattamento dei dati.

1. I sistemi informativi e i programmi informatici sono configurati riducendo al minimo l’utilizzazione di dati personali e di dati identificativi, in modo da escluderne il trattamento quando le finalità perseguite nei singoli casi possono essere realizzate mediante, rispettivamente, dati anonimi od opportune modalità che permettano di identificare l’interessato solo in caso di necessità.

4. Definizioni.

1. Ai fini del presente codice si intende per:

a) «trattamento», qualunque operazione o complesso di operazioni, effettuati anche senza l’ausilio di strumenti elettronici, concernenti la raccolta, la registrazione, l’organizzazione, la conservazione, la consultazione, l’elaborazione, la modificazione, la selezione, l’estrazione, il raffronto, l’utilizzo, l’interconnessione, il blocco, la comunicazione, la diffusione, la cancellazione e la distruzione di dati, anche se non registrati in una banca di dati;

b) «dato personale», qualunque informazione relativa a persona fisica, persona giuridica, ente od associazione, identificati o identificabili, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale;

c) «dati identificativi», i dati personali che permettono l’identificazione diretta dell’interessato;

d) «dati sensibili», i dati personali idonei a rivelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l’adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale;

e) «dati giudiziari», i dati personali idonei a rivelare provvedimenti di cui all’articolo 3, comma 1, lettere da a) a o) e da r) a u), del D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti, o la qualità di imputato o di indagato ai sensi degli articoli 60 e 61 del codice di procedura penale;

f) «titolare», la persona fisica, la persona giuridica, la pubblica amministrazione e qualsiasi altro ente, associazione od organismo cui competono, anche unitamente ad altro titolare, le decisioni in ordine alle finalità, alle modalità del trattamento di dati personali e agli strumenti utilizzati, ivi compreso il profilo della sicurezza;

g) «responsabile», la persona fisica, la persona giuridica, la pubblica amministrazione e qualsiasi altro ente, associazione od organismo preposti dal titolare al trattamento di dati personali;

h) «incaricati», le persone fisiche autorizzate a compiere operazioni di trattamento dal titolare o dal responsabile;

i) «interessato», la persona fisica, la persona giuridica, l’ente o l’associazione cui si riferiscono i dati personali;

l) «comunicazione», il dare conoscenza dei dati personali a uno o più soggetti determinati diversi dall’interessato, dal rappresentante del titolare nel territorio dello Stato, dal responsabile e dagli incaricati, in qualunque forma, anche mediante la loro messa a disposizione o consultazione;

m) «diffusione», il dare conoscenza dei dati personali a soggetti indeterminati, in qualunque forma, anche mediante la loro messa a disposizione o consultazione;

n) «dato anonimo», il dato che in origine, o a seguito di trattamento, non può essere associato ad un interessato identificato o identificabile;

o) «blocco», la conservazione di dati personali con sospensione temporanea di ogni altra operazione del trattamento;

p) «banca di dati», qualsiasi complesso organizzato di dati personali, ripartito in una o più unità dislocate in uno o più siti;

q) «Garante», l’autorità di cui all’articolo 153, istituita dalla legge 31 dicembre 1996, n. 675.

2. Ai fini del presente codice si intende, inoltre, per:

a) «comunicazione elettronica», ogni informazione scambiata o trasmessa tra un numero finito di soggetti tramite un servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico. Sono escluse le informazioni trasmesse al pubblico tramite una rete di comunicazione elettronica, come parte di un servizio di radiodiffusione, salvo che le stesse informazioni siano collegate ad un abbonato o utente ricevente, identificato o identificabile;

b) «chiamata», la connessione istituita da un servizio telefonico accessibile al pubblico, che consente la comunicazione bidirezionale in tempo reale;

c) «reti di comunicazione elettronica», i sistemi di trasmissione, le apparecchiature di commutazione o di instradamento e altre risorse che consentono di trasmettere segnali via cavo, via radio, a mezzo di fibre ottiche o con altri mezzi elettromagnetici, incluse le reti satellitari, le reti terrestri mobili e fisse a commutazione di circuito e a commutazione di pacchetto, compresa Internet, le reti utilizzate per la diffusione circolare dei programmi sonori e televisivi, i sistemi per il trasporto della corrente elettrica, nella misura in cui sono utilizzati per trasmettere i segnali, le reti televisive via cavo, indipendentemente dal tipo di informazione trasportato;

d) «rete pubblica di comunicazioni», una rete di comunicazioni elettroniche utilizzata interamente o prevalentemente per fornire servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico;

e) «servizio di comunicazione elettronica», i servizi consistenti esclusivamente o prevalentemente nella trasmissione di segnali su reti di comunicazioni elettroniche, compresi i servizi di telecomunicazioni e i servizi di trasmissione nelle reti utilizzate per la diffusione circolare radiotelevisiva, nei limiti previsti dall’articolo 2, lettera c), della direttiva 2002/21/CE del 7 marzo 2002, del Parlamento europeo e del Consiglio;

f) «abbonato», qualunque persona fisica, persona giuridica, ente o associazione parte di un contratto con un fornitore di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico per la fornitura di tali servizi, o comunque destinatario di tali servizi tramite schede prepagate;

g) «utente», qualsiasi persona fisica che utilizza un servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico, per motivi privati o commerciali, senza esservi necessariamente abbonata;

h) «dati relativi al traffico», qualsiasi dato sottoposto a trattamento ai fini della trasmissione di una comunicazione su una rete di comunicazione elettronica o della relativa fatturazione;

i) «dati relativi all’ubicazione», ogni dato trattato in una rete di comunicazione elettronica che indica la posizione geografica dell’apparecchiatura terminale dell’utente di un servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico;

l) «servizio a valore aggiunto», il servizio che richiede il trattamento dei dati relativi al traffico o dei dati relativi all’ubicazione diversi dai dati relativi al traffico, oltre a quanto è necessario per la trasmissione di una comunicazione o della relativa fatturazione;

m) «posta elettronica», messaggi contenenti testi, voci, suoni o immagini trasmessi attraverso una rete pubblica di comunicazione, che possono essere archiviati in rete o nell’apparecchiatura terminale ricevente, fino a che il ricevente non ne ha preso conoscenza.

3. Ai fini del presente codice si intende, altresì, per:

a) «misure minime», il complesso delle misure tecniche, informatiche, organizzative, logistiche e procedurali di sicurezza che configurano il livello minimo di protezione richiesto in relazione ai rischi previsti nell’articolo 31;

b) «strumenti elettronici», gli elaboratori, i programmi per elaboratori e qualunque dispositivo elettronico o comunque automatizzato con cui si effettua il trattamento;

c) «autenticazione informatica», l’insieme degli strumenti elettronici e delle procedure per la verifica anche indiretta dell’identità;

d) «credenziali di autenticazione», i dati ed i dispositivi, in possesso di una persona, da questa conosciuti o ad essa univocamente correlati, utilizzati per l’autenticazione informatica;

e) «parola chiave», componente di una credenziale di autenticazione associata ad una persona ed a questa nota, costituita da una sequenza di caratteri o altri dati in forma elettronica;

f) «profilo di autorizzazione», l’insieme delle informazioni, univocamente associate ad una persona, che consente di individuare a quali dati essa può accedere, nonché i trattamenti ad essa consentiti;

g) «sistema di autorizzazione», l’insieme degli strumenti e delle procedure che abilitano l’accesso ai dati e alle modalità di trattamento degli stessi, in funzione del profilo di autorizzazione del richiedente.

4. Ai fini del presente codice si intende per:

a) «scopi storici», le finalità di studio, indagine, ricerca e documentazione di figure, fatti e circostanze del passato;

b) «scopi statistici», le finalità di indagine statistica o di produzione di risultati statistici, anche a mezzo di sistemi informativi statistici;

c) «scopi scientifici», le finalità di studio e di indagine sistematica finalizzata allo sviluppo delle conoscenze scientifiche in uno specifico settore.

5. Oggetto ed àmbito di applicazione.

1. Il presente codice disciplina il trattamento di dati personali, anche detenuti all’estero, effettuato da chiunque è stabilito nel territorio dello Stato o in un luogo comunque soggetto alla sovranità dello Stato.

2. Il presente codice si applica anche al trattamento di dati personali effettuato da chiunque è stabilito nel territorio di un Paese non appartenente all’Unione europea e impiega, per il trattamento, strumenti situati nel territorio dello Stato anche diversi da quelli elettronici, salvo che essi siano utilizzati solo ai fini di transito nel territorio dell’Unione europea. In caso di applicazione del presente codice, il titolare del trattamento designa un proprio rappresentante stabilito nel territorio dello Stato ai fini dell’applicazione della disciplina sul trattamento dei dati personali.

3. Il trattamento di dati personali effettuato da persone fisiche per fini esclusivamente personali è soggetto all’applicazione del presente codice solo se i dati sono destinati ad una comunicazione sistematica o alla diffusione. Si applicano in ogni caso le disposizioni in tema di responsabilità e di sicurezza dei dati di cui agli articoli 15 e 31.

6. Disciplina del trattamento.

1. Le disposizioni contenute nella presente Parte si applicano a tutti i trattamenti di dati, salvo quanto previsto, in relazione ad alcuni trattamenti, dalle disposizioni integrative o modificative della Parte II.

TITOLO II

Diritti dell’interessato.

7. Diritto di accesso ai dati personali ed altri diritti.

1. L’interessato ha diritto di ottenere la conferma dell’esistenza o meno di dati personali che lo riguardano, anche se non ancora registrati, e la loro comunicazione in forma intelligibile.

2. L’interessato ha diritto di ottenere l’indicazione:

a) dell’origine dei dati personali;

b) delle finalità e modalità del trattamento;

c) della logica applicata in caso di trattamento effettuato con l’ausilio di strumenti elettronici;

d) degli estremi identificativi del titolare, dei responsabili e del rappresentante designato ai sensi dell’articolo 5, comma 2;

e) dei soggetti o delle categorie di soggetti ai quali i dati personali possono essere comunicati o che possono venirne a conoscenza in qualità di rappresentante designato nel territorio dello Stato, di responsabili o incaricati.

3. L’interessato ha diritto di ottenere:

a) l’aggiornamento, la rettificazione ovvero, quando vi ha interesse, l’integrazione dei dati;

b) la cancellazione, la trasformazione in forma anonima o il blocco dei dati trattati in violazione di legge, compresi quelli di cui non è necessaria la conservazione in relazione agli scopi per i quali i dati sono stati raccolti o successivamente trattati;

c) l’attestazione che le operazioni di cui alle lettere a) e b) sono state portate a conoscenza, anche per quanto riguarda il loro contenuto, di coloro ai quali i dati sono stati comunicati o diffusi, eccettuato il caso in cui tale adempimento si rivela impossibile o comporta un impiego di mezzi manifestamente sproporzionato rispetto al diritto tutelato.

4. L’interessato ha diritto di opporsi, in tutto o in parte:

a) per motivi legittimi al trattamento dei dati personali che lo riguardano, ancorché pertinenti allo scopo della raccolta;

b) al trattamento di dati personali che lo riguardano a fini di invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale.

8. Esercizio dei diritti.

1. I diritti di cui all’articolo 7 sono esercitati con richiesta rivolta senza formalità al titolare o al responsabile, anche per il tramite di un incaricato, alla quale è fornito idoneo riscontro senza ritardo.

2. I diritti di cui all’articolo 7 non possono essere esercitati con richiesta al titolare o al responsabile o con ricorso ai sensi dell’articolo 145, se i trattamenti di dati personali sono effettuati:

a) in base alle disposizioni del decreto-legge 3 maggio 1991, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 luglio 1991, n. 197, e successive modificazioni, in materia di riciclaggio;

b) in base alle disposizioni del decreto-legge 31 dicembre 1991, n. 419, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 1992, n. 172, e successive modificazioni, in materia di sostegno alle vittime di richieste estorsive;

c) da Commissioni parlamentari d’inchiesta istituite ai sensi dell’articolo 82 della Costituzione;

d) da un soggetto pubblico, diverso dagli enti pubblici economici, in base ad espressa disposizione di legge, per esclusive finalità inerenti alla politica monetaria e valutaria, al sistema dei pagamenti, al controllo degli intermediari e dei mercati creditizi e finanziari, nonché alla tutela della loro stabilità;

e) ai sensi dell’articolo 24, comma 1, lettera f), limitatamente al periodo durante il quale potrebbe derivarne un pregiudizio effettivo e concreto per lo svolgimento delle investigazioni difensive o per l’esercizio del diritto in sede giudiziaria;

f) da fornitori di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico relativamente a comunicazioni telefoniche in entrata, salvo che possa derivarne un pregiudizio effettivo e concreto per lo svolgimento delle investigazioni difensive di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 397;

g) per ragioni di giustizia, presso uffici giudiziari di ogni ordine e grado o il Consiglio superiore della magistratura o altri organi di autogoverno o il Ministero della giustizia;

h) ai sensi dell’articolo 53, fermo restando quanto previsto dalla legge 1° aprile 1981, n. 121.

3. Il Garante, anche su segnalazione dell’interessato, nei casi di cui al comma 2, lettere a), b), d), e) ed f), provvede nei modi di cui agli articoli 157, 158 e 159 e, nei casi di cui alle lettere c), g) ed h) del medesimo comma, provvede nei modi di cui all’articolo 160.

4. L’esercizio dei diritti di cui all’articolo 7, quando non riguarda dati di carattere oggettivo, può avere luogo salvo che concerna la rettificazione o l’integrazione di dati personali di tipo valutativo, relativi a giudizi, opinioni o ad altri apprezzamenti di tipo soggettivo, nonché l’indicazione di condotte da tenersi o di decisioni in via di assunzione da parte del titolare del trattamento.

9. Modalità di esercizio.

1. La richiesta rivolta al titolare o al responsabile può essere trasmessa anche mediante lettera raccomandata, telefax o posta elettronica. Il Garante può individuare altro idoneo sistema in riferimento a nuove soluzioni tecnologiche. Quando riguarda l’esercizio dei diritti di cui all’articolo 7, commi 1 e 2, la richiesta può essere formulata anche oralmente e in tal caso è annotata sinteticamente a cura dell’incaricato o del responsabile.

2. Nell’esercizio dei diritti di cui all’articolo 7 l’interessato può conferire, per iscritto, delega o procura a persone fisiche, enti, associazioni od organismi. L’interessato può, altresì, farsi assistere da una persona di fiducia.

3. I diritti di cui all’articolo 7 riferiti a dati personali concernenti persone decedute possono essere esercitati da chi ha un interesse proprio, o agisce a tutela dell’interessato o per ragioni familiari meritevoli di protezione.

4. L’identità dell’interessato è verificata sulla base di idonei elementi di valutazione, anche mediante atti o documenti disponibili o esibizione o allegazione di copia di un documento di riconoscimento. La persona che agisce per conto dell’interessato esibisce o allega copia della procura, ovvero della delega sottoscritta in presenza di un incaricato o sottoscritta e presentata unitamente a copia fotostatica non autenticata di un documento di riconoscimento dell’interessato. Se l’interessato è una persona giuridica, un ente o un’associazione, la richiesta è avanzata dalla persona fisica legittimata in base ai rispettivi statuti od ordinamenti.

5. La richiesta di cui all’articolo 7, commi 1 e 2, è formulata liberamente e senza costrizioni e può essere rinnovata, salva l’esistenza di giustificati motivi, con intervallo non minore di novanta giorni.

10. Riscontro all’interessato.

1. Per garantire l’effettivo esercizio dei diritti di cui all’articolo 7 il titolare del trattamento è tenuto ad adottare idonee misure volte, in particolare:

a) ad agevolare l’accesso ai dati personali da parte dell’interessato, anche attraverso l’impiego di appositi programmi per elaboratore finalizzati ad un’accurata selezione dei dati che riguardano singoli interessati identificati o identificabili;

b) a semplificare le modalità e a ridurre i tempi per il riscontro al richiedente, anche nell’àmbito di uffici o servizi preposti alle relazioni con il pubblico.

2. I dati sono estratti a cura del responsabile o degli incaricati e possono essere comunicati al richiedente anche oralmente, ovvero offerti in visione mediante strumenti elettronici, sempre che in tali casi la comprensione dei dati sia agevole, considerata anche la qualità e la quantità delle informazioni. Se vi è richiesta, si provvede alla trasposizione dei dati su supporto cartaceo o informatico, ovvero alla loro trasmissione per via telematica.

3. Salvo che la richiesta sia riferita ad un particolare trattamento o a specifici dati personali o categorie di dati personali, il riscontro all’interessato comprende tutti i dati personali che riguardano l’interessato comunque trattati dal titolare. Se la richiesta è rivolta ad un esercente una professione sanitaria o ad un organismo sanitario si osserva la disposizione di cui all’articolo 84, comma 1.

4. Quando l’estrazione dei dati risulta particolarmente difficoltosa il riscontro alla richiesta dell’interessato può avvenire anche attraverso l’esibizione o la consegna in copia di atti e documenti contenenti i dati personali richiesti.

5. Il diritto di ottenere la comunicazione in forma intelligibile dei dati non riguarda dati personali relativi a terzi, salvo che la scomposizione dei dati trattati o la privazione di alcuni elementi renda incomprensibili i dati personali relativi all’interessato.

6. La comunicazione dei dati è effettuata in forma intelligibile anche attraverso l’utilizzo di una grafia comprensibile. In caso di comunicazione di codici o sigle sono forniti, anche mediante gli incaricati, i parametri per la comprensione del relativo significato.

7. Quando, a seguito della richiesta di cui all’articolo 7, commi 1 e 2, lettere a), b) e c) non risulta confermata l’esistenza di dati che riguardano l’interessato, può essere chiesto un contributo spese non eccedente i costi effettivamente sopportati per la ricerca effettuata nel caso specifico.

8. Il contributo di cui al comma 7 non può comunque superare l’importo determinato dal Garante con provvedimento di carattere generale, che può individuarlo forfettariamente in relazione al caso in cui i dati sono trattati con strumenti elettronici e la risposta è fornita oralmente. Con il medesimo provvedimento il Garante può prevedere che il contributo possa essere chiesto quando i dati personali figurano su uno speciale supporto del quale è richiesta specificamente la riproduzione, oppure quando, presso uno o più titolari, si determina un notevole impiego di mezzi in relazione alla complessità o all’entità delle richieste ed è confermata l’esistenza di dati che riguardano l’interessato (5).

9. Il contributo di cui ai commi 7 e 8 è corrisposto anche mediante versamento postale o bancario, ovvero mediante carta di pagamento o di credito, ove possibile all’atto della ricezione del riscontro e comunque non oltre quindici giorni da tale riscontro.

(5) Per la determinazione del contributo di cui al presente comma vedi la Del. Garante protez. dati pers. 23 dicembre 2004, n. 14.

TITOLO III

Regole generali per il trattamento dei dati.

Capo I – Regole per tutti i trattamenti

11. Modalità del trattamento e requisiti dei dati.

1. I dati personali oggetto di trattamento sono:

a) trattati in modo lecito e secondo correttezza;

b) raccolti e registrati per scopi determinati, espliciti e legittimi, ed utilizzati in altre operazioni del trattamento in termini compatibili con tali scopi;

c) esatti e, se necessario, aggiornati;

d) pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali sono raccolti o successivamente trattati;

e) conservati in una forma che consenta l’identificazione dell’interessato per un periodo di tempo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti o successivamente trattati.

2. I dati personali trattati in violazione della disciplina rilevante in materia di trattamento dei dati personali non possono essere utilizzati.

12. Codici di deontologia e di buona condotta.

1. Il Garante promuove nell’àmbito delle categorie interessate, nell’osservanza del principio di rappresentatività e tenendo conto dei criteri direttivi delle raccomandazioni del Consiglio d’Europa sul trattamento di dati personali, la sottoscrizione di codici di deontologia e di buona condotta per determinati settori, ne verifica la conformità alle leggi e ai regolamenti anche attraverso l’esame di osservazioni di soggetti interessati e contribuisce a garantirne la diffusione e il rispetto.

2. I codici sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana a cura del Garante e, con decreto del Ministro della giustizia, sono riportati nell’allegato A) del presente codice (6).

3. Il rispetto delle disposizioni contenute nei codici di cui al comma 1 costituisce condizione essenziale per la liceità e correttezza del trattamento dei dati personali effettuato da soggetti privati e pubblici.

4. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche al codice di deontologia per i trattamenti di dati per finalità giornalistiche promosso dal Garante nei modi di cui al comma 1 e all’articolo 139.

(6) Nell’allegato A al presente decreto è stato disposto l’inserimento dei seguenti codici di deontologia e di buona condotta:

– per i trattamenti dati personali per scopi statistici e scientifici e per i sistemi informativi gestiti da soggetti privati in tema di crediti al consumo, affidabilità e puntualità nei pagamenti, con D.M. 14 gennaio 2005 (Gazz. Uff. 29 gennaio 2005, n. 23);

– per i dati trattati per svolgere investigazioni difensive o per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, con D.M. 2 dicembre 2008 (Gazz. Uff. 24 dicembre 2008, n. 300).

13. Informativa.

1. L’interessato o la persona presso la quale sono raccolti i dati personali sono previamente informati oralmente o per iscritto circa:

a) le finalità e le modalità del trattamento cui sono destinati i dati;

b) la natura obbligatoria o facoltativa del conferimento dei dati;

c) le conseguenze di un eventuale rifiuto di rispondere;

d) i soggetti o le categorie di soggetti ai quali i dati personali possono essere comunicati o che possono venirne a conoscenza in qualità di responsabili o incaricati, e l’àmbito di diffusione dei dati medesimi;

e) i diritti di cui all’articolo 7;

f) gli estremi identificativi del titolare e, se designati, del rappresentante nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 5 e del responsabile. Quando il titolare ha designato più responsabili è indicato almeno uno di essi, indicando il sito della rete di comunicazione o le modalità attraverso le quali è conoscibile in modo agevole l’elenco aggiornato dei responsabili. Quando è stato designato un responsabile per il riscontro all’interessato in caso di esercizio dei diritti di cui all’articolo 7, è indicato tale responsabile.

2. L’informativa di cui al comma 1 contiene anche gli elementi previsti da specifiche disposizioni del presente codice e può non comprendere gli elementi già noti alla persona che fornisce i dati o la cui conoscenza può ostacolare in concreto l’espletamento, da parte di un soggetto pubblico, di funzioni ispettive o di controllo svolte per finalità di difesa o sicurezza dello Stato oppure di prevenzione, accertamento o repressione di reati.

3. Il Garante può individuare con proprio provvedimento modalità semplificate per l’informativa fornita in particolare da servizi telefonici di assistenza e informazione al pubblico (7).

4. Se i dati personali non sono raccolti presso l’interessato, l’informativa di cui al comma 1, comprensiva delle categorie di dati trattati, è data al medesimo interessato all’atto della registrazione dei dati o, quando è prevista la loro comunicazione, non oltre la prima comunicazione.

5. La disposizione di cui al comma 4 non si applica quando:

a) i dati sono trattati in base ad un obbligo previsto dalla legge, da un regolamento o dalla normativa comunitaria;

b) i dati sono trattati ai fini dello svolgimento delle investigazioni difensive di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 397, o, comunque, per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento;

c) l’informativa all’interessato comporta un impiego di mezzi che il Garante, prescrivendo eventuali misure appropriate, dichiari manifestamente sproporzionati rispetto al diritto tutelato, ovvero si riveli, a giudizio del Garante, impossibile (8).

(7) Con Provv.Garante protez. dati pers. 19 luglio 2006 (Gazz. Uff. 8 agosto 2006, n. 183) è stata individuata l’informativa semplificata per i medici di base.

(8) Vedi, anche, il Provv.Garante protez. dati pers. 18 gennaio 2007 e il comma 1-bis dell’art. 44, D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, aggiunto dalla relativa legge di conversione. Per il differimento dell’adempimento degli obblighi di informativa previsti dal presente articolo vedi i commi 5 e 6 dell’art. 1, O.P.C.M. 17 giugno 2009, n. 3781.

14. Definizione di profili e della personalità dell’interessato.

1. Nessun atto o provvedimento giudiziario o amministrativo che implichi una valutazione del comportamento umano può essere fondato unicamente su un trattamento automatizzato di dati personali volto a definire il profilo o la personalità dell’interessato.

2. L’interessato può opporsi ad ogni altro tipo di determinazione adottata sulla base del trattamento di cui al comma 1, ai sensi dell’articolo 7, comma 4, lettera a), salvo che la determinazione sia stata adottata in occasione della conclusione o dell’esecuzione di un contratto, in accoglimento di una proposta dell’interessato o sulla base di adeguate garanzie individuate dal presente codice o da un provvedimento del Garante ai sensi dell’articolo 17.

15. Danni cagionati per effetto del trattamento.

1. Chiunque cagiona danno ad altri per effetto del trattamento di dati personali è tenuto al risarcimento ai sensi dell’articolo 2050 del codice civile.

2. Il danno non patrimoniale è risarcibile anche in caso di violazione dell’articolo 11.

16. Cessazione del trattamento.

1. In caso di cessazione, per qualsiasi causa, di un trattamento i dati sono:

a) distrutti;

b) ceduti ad altro titolare, purché destinati ad un trattamento in termini compatibili agli scopi per i quali i dati sono raccolti;

c) conservati per fini esclusivamente personali e non destinati ad una comunicazione sistematica o alla diffusione;

d) conservati o ceduti ad altro titolare, per scopi storici, statistici o scientifici, in conformità alla legge, ai regolamenti, alla normativa comunitaria e ai codici di deontologia e di buona condotta sottoscritti ai sensi dell’articolo 12.

2. La cessione dei dati in violazione di quanto previsto dal comma 1, lettera b), o di altre disposizioni rilevanti in materia di trattamento dei dati personali è priva di effetti.

17. Trattamento che presenta rischi specifici.

1. Il trattamento dei dati diversi da quelli sensibili e giudiziari che presenta rischi specifici per i diritti e le libertà fondamentali, nonché per la dignità dell’interessato, in relazione alla natura dei dati o alle modalità del trattamento o agli effetti che può determinare, è ammesso nel rispetto di misure ed accorgimenti a garanzia dell’interessato, ove prescritti.

2. Le misure e gli accorgimenti di cui al comma 1 sono prescritti dal Garante in applicazione dei princìpi sanciti dal presente codice, nell’àmbito di una verifica preliminare all’inizio del trattamento, effettuata anche in relazione a determinate categorie di titolari o di trattamenti, anche a seguito di un interpello del titolare (9).

(9) In attuazione di quanto disposto dal presente articolo vedi il Provv.Garante protez. dati pers. 27 ottobre 2005 e il Provv. 17 gennaio 2008.

Capo II – Regole ulteriori per i soggetti pubblici

18. Princìpi applicabili a tutti i trattamenti effettuati da soggetti pubblici.

1. Le disposizioni del presente capo riguardano tutti i soggetti pubblici, esclusi gli enti pubblici economici.

2. Qualunque trattamento di dati personali da parte di soggetti pubblici è consentito soltanto per lo svolgimento delle funzioni istituzionali.

3. Nel trattare i dati il soggetto pubblico osserva i presupposti e i limiti stabiliti dal presente codice, anche in relazione alla diversa natura dei dati, nonché dalla legge e dai regolamenti.

4. Salvo quanto previsto nella Parte II per gli esercenti le professioni sanitarie e gli organismi sanitari pubblici, i soggetti pubblici non devono richiedere il consenso dell’interessato.

5. Si osservano le disposizioni di cui all’articolo 25 in tema di comunicazione e diffusione.

19. Princìpi applicabili al trattamento di dati diversi da quelli sensibili e giudiziari.

1. Il trattamento da parte di un soggetto pubblico riguardante dati diversi da quelli sensibili e giudiziari è consentito, fermo restando quanto previsto dall’articolo 18, comma 2, anche in mancanza di una norma di legge o di regolamento che lo preveda espressamente.

2. La comunicazione da parte di un soggetto pubblico ad altri soggetti pubblici è ammessa quando è prevista da una norma di legge o di regolamento. In mancanza di tale norma la comunicazione è ammessa quando è comunque necessaria per lo svolgimento di funzioni istituzionali e può essere iniziata se è decorso il termine di cui all’articolo 39, comma 2, e non è stata adottata la diversa determinazione ivi indicata.

3. La comunicazione da parte di un soggetto pubblico a privati o a enti pubblici economici e la diffusione da parte di un soggetto pubblico sono ammesse unicamente quando sono previste da una norma di legge o di regolamento.

20. Princìpi applicabili al trattamento di dati sensibili.

1. Il trattamento dei dati sensibili da parte di soggetti pubblici è consentito solo se autorizzato da espressa disposizione di legge nella quale sono specificati i tipi di dati che possono essere trattati e di operazioni eseguibili e le finalità di rilevante interesse pubblico perseguite.

2. Nei casi in cui una disposizione di legge specifica la finalità di rilevante interesse pubblico, ma non i tipi di dati sensibili e di operazioni eseguibili, il trattamento è consentito solo in riferimento ai tipi di dati e di operazioni identificati e resi pubblici a cura dei soggetti che ne effettuano il trattamento, in relazione alle specifiche finalità perseguite nei singoli casi e nel rispetto dei princìpi di cui all’articolo 22, con atto di natura regolamentare adottato in conformità al parere espresso dal Garante ai sensi dell’articolo 154, comma 1, lettera g), anche su schemi tipo.

3. Se il trattamento non è previsto espressamente da una disposizione di legge i soggetti pubblici possono richiedere al Garante l’individuazione delle attività, tra quelle demandate ai medesimi soggetti dalla legge, che perseguono finalità di rilevante interesse pubblico e per le quali è conseguentemente autorizzato, ai sensi dell’articolo 26, comma 2, il trattamento dei dati sensibili. Il trattamento è consentito solo se il soggetto pubblico provvede altresì a identificare e rendere pubblici i tipi di dati e di operazioni nei modi di cui al comma 2.

4. L’identificazione dei tipi di dati e di operazioni di cui ai commi 2 e 3 è aggiornata e integrata periodicamente (10).

(10) In attuazione di quanto disposto dal presente articolo si è provveduto, per il Ministero degli affari esteri, con D.M. 23 giugno 2004, n. 225; per l’Istituto nazionale di fisica nucleare, con Provv. 16 dicembre 2005; per la Consob, con Del.Consob 8 febbraio 2006, n. 15318; per il Garante per la protezione dei dati personali, con Del.Garante protez. dati pers. 29 dicembre 2005, n. 26; per l’ENIT, con D.M. 3 marzo 2006 (pubblicato, per comunicato, nella Gazz. Uff. 23 marzo 2006, n. 69); per l’Istituto nazionale di astrofisica, con Del. 8 novembre 2005, n. 98/2005 (pubblicata, per comunicato, nella Gazz. Uff. 19 aprile 2006, n. 91); per il Ministero della difesa, con D.M. 13 aprile 2006, n. 203 (Gazz. Uff. 1° giugno 2006, n. 126); per la Corte dei conti, con Del.C.C. 10 maggio 2006, n. 2/2006/Del.; per il Consiglio superiore della magistratura, con Del.C.S.M. 10 maggio 2006; per gli uffici della giustizia amministrativa, con Decr. 12 maggio 2006; per l’Ufficio italiano dei Cambi con Provv. 25 maggio 2006 (Gazz. Uff. 1° giugno 2006, n. 126), abrogato dall’art. 3, Provv.Banca Italia 21 dicembre 2007; per l’Istituto nazionale per il commercio estero (ICE) con Del. 16 giugno 2006, n. 216/06 (pubblicata, per comunicato, nella Gazz. Uff. 24 luglio 2006, n. 170); per l’Ente nazionale per l’aviazione civile (ENAC) con Comunicato 26 giugno 2006 (Gaz. Uff. 26 giugno 2006, n. 146); per il Consorzio per l’area di ricerca scientifica e tecnologica di Trieste con Det. 14 luglio 2006, n. 4 (Gazz. Uff. 4 agosto 2006, n. 180); per l’Istituto nazionale per studio ed esperienze di architettura navale con Disp. 19 luglio 2006, n. 1 (Gazz. Uff. 27 luglio 2006, n. 173); per il Ministero dell’interno con D.M. 21 giugno 2006, n. 244 (Gazz. Uff. 9 agosto 2006, n. 184, n. S.O.); per l’Istituto di studi e analisi economica (ISAE) con D.M. 3 agosto 2006 (Gazz.Uff. 29 novembre 2006, n. 278); per l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) con Del. 9 maggio 2006, n. 163 (pubblicata, per comunicato, nella Gazz. Uff. 29 novembre 2006, n. 278); per la Presidenza del Consiglio dei Ministri con D.P.C.M. 30 novembre 2006, n. 312; per il Ministero della pubblica istruzione con D.M. 7 dicembre 2006, n. 305; per il Ministero della giustizia con D.M. 12 dicembre 2006, n. 306; per l’ENEA con D.M. 19 dicembre 2006 (Gazz. Uff. 22 gennaio 2007, n. 17); per l’Istituto nazionale di ricerca metrologica (I.N.RI.M.) con Decr. 28 dicembre 2006 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2007, n. 27); per la Stazione zoologica «Anton Dohrn» di Napoli con Provv. 2 gennaio 2007 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2007, n. 27); per l’ISTAT con D.P.C.M. 26 ottobre 2006 (Gazz. Uff. 13 febbraio 2007, n. 36); per la magistratura militare con Del.C.M.M. 9 gennaio 2007; per il Ministero delle infrastrutture con D.M. 9 febbraio 2007, n. 21 (Gazz. Uff. 16 marzo 2007, n. 63); per il Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione (CNIPA) con D.P.C.M. 28 dicembre 2006, n. 318; per il Ministero dell’università e della ricerca con D.M. 28 febbraio 2007, n. 54; per l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture con Provv. 28 febbraio 2007 (Gazz. Uff. 27 aprile 2007, n. 97); per il Consiglio nazionale delle ricerche con Provv. 12 aprile 2007 (Gazz. Uff. 5 maggio 2007, n. 103); per il Ministero dello sviluppo economico con D.M. 7 marzo 2007, n. 58 (Gazz. Uff. 8 maggio 2007, n. 105); per il Ministero del commercio internazionale con D.M. 12 marzo 2007, n. 59 (Gazz. Uff. 9 maggio 2007, n. 106); per l’Istituto nazionale di economia agraria (INEA) con D.M. 10 aprile 2007 (pubblicato, per comunicato, nella Gazz. Uff. 9 maggio 2007, n. 106); per il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria con Decr. 3 aprile 2007 (Gazz. Uff. 31 maggio 2007, n. 125); per l’Automobile Club d’Italia e gli Automobile Club provinciali e locali con Comunicato 31 maggio 2007 (Gazz. Uff. 31 maggio 2007, n. 125); per il Ministero delle comunicazioni con D.M. 7 maggio 2007, n. 69 (Gazz. Uff. 12 giugno 2007, n. 134); per l’Avvocatura generale dello Stato e le Avvocature distrettuali con D.P.C.M. 30 marzo 2007, n. 71 (Gazz. Uff. 14 giugno 2007, n. 136); per il Ministero della solidarietà sociale con D.M. 4 maggio 2007, n. 80 (Gazz. Uff. 23 giugno 2007, n. 144); per l’Istituto italiano di medicina sociale con D.M. 17 aprile 2007 (Gazz. Uff. 13 luglio 2007, n. 161); per il Ministero dei trasporti con D.M. 16 maggio 2007, n. 100 (Gazz. Uff. 19 luglio 2007, n. 166); per il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare con D.M. 22 maggio 2007, n. 105 (Gazz. Uff. 24 luglio 2007, n. 170); per l’Autorità di bacino del fiume Arno con Del. 19 giugno 2007, n. 203 (pubblicata, per comunicato, nella Gazz. Uff. 31 luglio 2007, n. 176); per l’Ente nazionale di assistenza magistrale (ENAM) con Decr. 19 luglio 2006 (pubblicato, per comunicato, nella Gazz. Uff. 6 agosto 2007, n. 181); per l’Istituto Superiore di Sanità con Decr. 17 luglio 2007 (Gazz. Uff. 25 agosto 2007, n. 197, S.O.); per l’Autorità di bacino del fiume Serchio con Del. 19 giugno 2007, n. 160 (pubblicata, per comunicato, nella Gazz. Uff. 28 agosto 2007, n. 199); per l’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (INVALSI) con D.M. 6 agosto 2007 (pubblicato, per comunicato, nella Gazz. Uff. 15 settembre 2007, n. 215); per l’Ente nazionale di assistenza e previdenza per i pittori e gli scultori, musicisti, gli scrittori e gli autori drammatici con Comunicato 6 ottobre 2007 (Gazz. Uff. 6 ottobre 2007, n. 233); per il Ministero del lavoro e della previdenza sociale con D.M. 3 agosto 2007, n. 168 (Gazz. Uff. 15 ottobre 2007, n. 240); per l’Unione nazionale per l’incremento delle razze equine (UNIRE) con D.M. 17 settembre 2007 (pubblicato, per comunicato, nella Gazz. Uff. 17 ottobre 2007, n. 242); per l’Autorità di bacino dei fiumi Liri – Garigliano e Volturno con Del. 19 giugno 2007, n. 6 (pubblicata, per comunicato, nella Gazz. Uff. 18 ottobre 2007, n. 243); per il Ministero per i beni e le attività culturali con D.M. 28 agosto 2007, n. 173; per l’Autorità di bacino dei fiumi Isonzo,Tagliamento, Livenza, Piave e Brenta-Bacchiglione con Del. 19 giugno 2007, n. 7 (pubblicata, per comunicato, nella Gazz. Uff. 17 novembre 2007, n. 268); per il Ministero della politiche agricole alimentari e forestali con D.M. 12 novembre 2007, n. 241 (Gazz. Uff. 22 dicembre 2007, n. 297); per il Ministero dell’economia e delle finanze con D.M. 29 novembre 2007, n. 255 (Gazz. Uff. 9 gennaio 2008, n. 7, S.O.); per l’Ente Irriguo Umbro-Toscano di Arezzo con D.M. 8 gennaio 2008 (pubblicato, per comunicato, nella Gazz. Uff. 6 febbraio 2008, n. 31); per il Ministero della salute con D.M. 12 dicembre 2007, n. 277 (Gazz. Uff. 18 marzo 2008, n. 66, S.O.); per l’Agenzia del territorio con Provv. 30 aprile 2008 (pubblicato nel sito internet dell’Agenzia del territorio il 9 maggio 2008); per l’Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione (INRAN) con D.M. 29 aprile 2008 (pubblicato, per comunicato, nella Gazz. Uff. 10 giugno 2008, n. 134); per l’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL) con Comunicato 14 agosto 2008 (Gazz. Uff. 14 agosto 2008, n. 190); per l’Agenzia delle entrate con Provv. 22 gennaio 2008 (pubblicato nel sito internet dell’Agenzia delle entrate il 21 maggio 2008); per l’Agenzia delle dogane con Reg. 1 aprile 2009.

21. Princìpi applicabili al trattamento di dati giudiziari.

1. Il trattamento di dati giudiziari da parte di soggetti pubblici è consentito solo se autorizzato da espressa disposizione di legge o provvedimento del Garante che specifichino le finalità di rilevante interesse pubblico del trattamento, i tipi di dati trattati e di operazioni eseguibili.

2. Le disposizioni di cui all’articolo 20, commi 2 e 4, si applicano anche al trattamento dei dati giudiziari (11).

(11) In attuazione di quanto disposto dal presente articolo si è provveduto, per il Ministero degli affari esteri, con D.M. 23 giugno 2004, n. 225; per l’Istituto nazionale di fisica nucleare, con Provv. 16 dicembre 2005; per la Consob, con Del.Consob 8 febbraio 2006, n. 15318; per il Garante per la protezione dei dati personali, con Del.Garante protez. dati pers. 29 dicembre 2005, n. 26; per l’ENIT, con D.M. 3 marzo 2006 (pubblicato, per comunicato, nella Gazz. Uff. 23 marzo 2006, n. 69); per l’Istituto nazionale di astrofisica, con Del. 8 novembre 2005, n. 98/2005 (pubblicata, per comunicato, nella Gazz. Uff. 19 aprile 2006, n. 91); per il Ministero della difesa, con D.M. 13 aprile 2006, n. 203 (Gazz. Uff. 1° giugno 2006, n. 126); per la Corte dei conti, con Del.C.C. 10 maggio 2006, n. 2/2006/Del.; per il Consiglio superiore della magistratura, con Del.C.S.M. 10 maggio 2006; per gli uffici della giustizia amministrativa, con Decr. 12 maggio 2006; per l’Ufficio italiano dei Cambi con Provv. 25 maggio 2006 (Gazz. Uff. 1° giugno 2006, n. 126), abrogato dall’art. 3, Provv.Banca Italia 21 dicembre 2007; per l’Istituto nazionale per il commercio estero (ICE) con Del. 16 giugno 2006, n. 216/06 (pubblicata, per comunicato, nella Gazz. Uff. 24 luglio 2006, n. 170); per l’Ente nazionale per l’aviazione civile (ENAC) con Comunicato 26 giugno 2006 (Gaz. Uff. 26 giugno 2006, n. 146); per il Consorzio per l’area di ricerca scientifica e tecnologica di Trieste con Det. 14 luglio 2006, n. 4 (Gazz. Uff. 4 agosto 2006, n. 180); per l’Istituto nazionale per studio ed esperienze di architettura navale con Disp. 19 luglio 2006, n. 1 (Gazz. Uff. 27 luglio 2006, n. 173); per il Ministero dell’interno con D.M. 21 giugno 2006, n. 244 (Gazz. Uff. 9 agosto 2006, n. 184, n. S.O.); per l’Istituto di studi e di analisi economica (ISAE) con D.M. 3 agosto 2006 (Gazz.Uff. 29 novembre 2006, n. 278); per l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) con Del. 9 maggio 2006, n. 163 (pubblicata, per comunicato, nella Gazz. Uff. 29 novembre 2006, n. 278); per la Presidenza del Consiglio dei Ministri con D.P.C.M. 30 novembre 2006, n. 312; per il Ministero della pubblica istruzione con D.M. 7 dicembre 2006, n. 305; per il Ministero della giustizia con D.M. 12 dicembre 2006, n. 306; per l’ENEA con D.M. 19 dicembre 2006 (Gazz. Uff. 22 gennaio 2007, n. 17); per l’Istituto nazionale di ricerca metrologica (I.N.RI.M.) con Decr. 28 dicembre 2006 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2007, n. 27); per la Stazione zoologica «Anton Dohrn» di Napoli con Provv. 2 gennaio 2007 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2007, n. 27); per l’ISTAT con D.P.C.M. 26 ottobre 2006 (Gazz. Uff. 13 febbraio 2007, n. 36); per la magistratura militare con Del.C.M.M. 9 gennaio 2007; per il Ministero delle infrastrutture con D.M. 9 febbraio 2007, n. 21 (Gazz. Uff. 16 marzo 2007, n. 63); per il Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione (CNIPA) con D.P.C.M. 28 dicembre 2006, n. 318; per il Ministero dell’università e della ricerca con D.M. 28 febbraio 2007, n. 54; per l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture con Provv. 28 febbraio 2007 (Gazz. Uff. 27 aprile 2007, n. 97); per il Consiglio nazionale delle ricerche con Provv. 12 aprile 2007 (Gazz. Uff. 5 maggio 2007, n. 103); per il Ministero dello sviluppo economico con D.M. 7 marzo 2007, n. 58 (Gazz. Uff. 8 maggio 2007, n. 105); per il Ministero del commercio internazionale con D.M. 12 marzo 2007, n. 59 (Gazz. Uff. 9 maggio 2007, n. 106); per l’Istituto nazionale di economia agraria (INEA) con D.M. 10 aprile 2007 (pubblicato, per comunicato, nella Gazz. Uff. 9 maggio 2007, n. 106); per il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria con Decr. 3 aprile 2007 (Gazz. Uff. 31 maggio 2007, n. 125); per l’Automobile Club d’Italia e gli Automobile Club provinciali e locali con Comunicato 31 maggio 2007 (Gazz. Uff. 31 maggio 2007, n. 125); per il Ministero delle comunicazioni con D.M. 7 maggio 2007, n. 69 (Gazz. Uff. 12 giugno 2007, n. 134); per l’Avvocatura generale dello Stato e le Avvocature distrettuali con D.P.C.M. 30 marzo 2007, n. 71 (Gazz. Uff. 14 giugno 2007, n. 136); per il Ministero della solidarietà sociale con D.M. 4 maggio 2007, n. 80 (Gazz. Uff. 23 giugno 2007, n. 144); per l’Istituto italiano di medicina sociale con D.M. 17 aprile 2007 (Gazz. Uff. 13 luglio 2007, n. 161); per il Ministero dei trasporti con D.M. 16 maggio 2007, n. 100 (Gazz. Uff. 19 luglio 2007, n. 166); per il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare con D.M. 22 maggio 2007, n. 105 (Gazz. Uff. 24 luglio 2007, n. 170); per l’Autorità di bacino del fiume Arno con Del. 19 giugno 2007, n. 203 (pubblicata, per comunicato, nella Gazz. Uff. 31 luglio 2007, n. 176); per l’Ente nazionale di assistenza magistrale (ENAM) con Decr. 19 luglio 2006 (pubblicato, per comunicato, nella Gazz. Uff. 6 agosto 2007, n. 181); per l’Istituto Superiore di Sanità con Decr. 17 luglio 2007 (Gazz. Uff. 25 agosto 2007, n. 197, S.O.); per l’Autorità di bacino del fiume Serchio con Del. 19 giugno 2007, n. 160 (pubblicata, per comunicato, nella Gazz. Uff. 28 agosto 2007, n. 199); per l’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (INVALSI) con D.M. 6 agosto 2007 (pubblicato, per comunicato, nella Gazz. Uff. 15 settembre 2007, n. 215); per l’Ente nazionale di assistenza e previdenza per i pittori e gli scultori, musicisti, gli scrittori e gli autori drammatici con Comunicato 6 ottobre 2007 (Gazz. Uff. 6 ottobre 2007, n. 233); per il Ministero del lavoro e della previdenza sociale con D.M. 3 agosto 2007, n. 168 (Gazz. Uff. 15 ottobre 2007, n. 240); per l’Unione nazionale per l’incremento delle razze equine (UNIRE) con D.M. 17 settembre 2007 (pubblicato, per comunicato, nella Gazz. Uff. 17 ottobre 2007, n. 242); per l’Autorità di bacino dei fiumi Liri – Garigliano e Volturno con Del. 19 giugno 2007, n. 6 (pubblicata, per comunicato, nella Gazz. Uff. 18 ottobre 2007, n. 243); per il Ministero per i beni e le attività culturali con D.M. 28 agosto 2007, n. 173; per l’Autorità di bacino dei fiumi Isonzo,Tagliamento, Livenza, Piave e Brenta-Bacchiglione con Del. 19 giugno 2007, n. 7 (pubblicata, per comunicato, nella Gazz. Uff. 17 novembre 2007, n. 268); per il Ministero della politiche agricole alimentari e forestali con D.M. 12 novembre 2007, n. 241 (Gazz. Uff. 22 dicembre 2007, n. 297); per il Ministero dell’economia e delle finanze con D.M. 29 novembre 2007, n. 255 (Gazz. Uff. 9 gennaio 2008, n. 7, S.O.); per l’Ente Irriguo Umbro-Toscano di Arezzo con D.M. 8 gennaio 2008 (pubblicato, per comunicato, nella Gazz. Uff. 6 febbraio 2008, n. 31); per il Ministero della salute con D.M. 12 dicembre 2007, n. 277 (Gazz. Uff. 18 marzo 2008, n. 66, S.O.); per l’Agenzia del territorio con Provv. 30 aprile 2008 (pubblicato nel sito internet dell’Agenzia del territorio il 9 maggio 2008); per l’Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione (INRAN) con D.M. 29 aprile 2008 (pubblicato, per comunicato, nella Gazz. Uff. 10 giugno 2008, n. 134); per l’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL) con Comunicato 14 agosto 2008 (Gazz. Uff. 14 agosto 2008, n. 190); per l’Agenzia delle entrate con Provv. 22 gennaio 2008 (pubblicato nel sito internet dell’Agenzia delle entrate il 21 maggio 2008); per l’Agenzia delle dogane con Reg. 1 aprile 2009.

22. Princìpi applicabili al trattamento di dati sensibili e giudiziari.

1. I soggetti pubblici conformano il trattamento dei dati sensibili e giudiziari secondo modalità volte a prevenire violazioni dei diritti, delle libertà fondamentali e della dignità dell’interessato.

2. Nel fornire l’informativa di cui all’articolo 13 i soggetti pubblici fanno espresso riferimento alla normativa che prevede gli obblighi o i compiti in base alla quale è effettuato il trattamento dei dati sensibili e giudiziari.

3. I soggetti pubblici possono trattare solo i dati sensibili e giudiziari indispensabili per svolgere attività istituzionali che non possono essere adempiute, caso per caso, mediante il trattamento di dati anonimi o di dati personali di natura diversa.

4. I dati sensibili e giudiziari sono raccolti, di regola, presso l’interessato.

5. In applicazione dell’articolo 11, comma 1, lettere c), d) ed e), i soggetti pubblici verificano periodicamente l’esattezza e l’aggiornamento dei dati sensibili e giudiziari, nonché la loro pertinenza, completezza, non eccedenza e indispensabilità rispetto alle finalità perseguite nei singoli casi, anche con riferimento ai dati che l’interessato fornisce di propria iniziativa. Al fine di assicurare che i dati sensibili e giudiziari siano indispensabili rispetto agli obblighi e ai compiti loro attribuiti, i soggetti pubblici valutano specificamente il rapporto tra i dati e gli adempimenti. I dati che, anche a seguito delle verifiche, risultano eccedenti o non pertinenti o non indispensabili non possono essere utilizzati, salvo che per l’eventuale conservazione, a norma di legge, dell’atto o del documento che li contiene. Specifica attenzione è prestata per la verifica dell’indispensabilità dei dati sensibili e giudiziari riferiti a soggetti diversi da quelli cui si riferiscono direttamente le prestazioni o gli adempimenti.

6. I dati sensibili e giudiziari contenuti in elenchi, registri o banche di dati, tenuti con l’ausilio di strumenti elettronici, sono trattati con tecniche di cifratura o mediante l’utilizzazione di codici identificativi o di altre soluzioni che, considerato il numero e la natura dei dati trattati, li rendono temporaneamente inintelligibili anche a chi è autorizzato ad accedervi e permettono di identificare gli interessati solo in caso di necessità.

7. I dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale sono conservati separatamente da altri dati personali trattati per finalità che non richiedono il loro utilizzo. I medesimi dati sono trattati con le modalità di cui al comma 6 anche quando sono tenuti in elenchi, registri o banche di dati senza l’ausilio di strumenti elettronici.

8. I dati idonei a rivelare lo stato di salute non possono essere diffusi.

9. Rispetto ai dati sensibili e giudiziari indispensabili ai sensi del comma 3, i soggetti pubblici sono autorizzati ad effettuare unicamente le operazioni di trattamento indispensabili per il perseguimento delle finalità per le quali il trattamento è consentito, anche quando i dati sono raccolti nello svolgimento di compiti di vigilanza, di controllo o ispettivi.

10. I dati sensibili e giudiziari non possono essere trattati nell’àmbito di test psico-attitudinali volti a definire il profilo o la personalità dell’interessato. Le operazioni di raffronto tra dati sensibili e giudiziari, nonché i trattamenti di dati sensibili e giudiziari ai sensi dell’articolo 14, sono effettuati solo previa annotazione scritta dei motivi.

11. In ogni caso, le operazioni e i trattamenti di cui al comma 10, se effettuati utilizzando banche di dati di diversi titolari, nonché la diffusione dei dati sensibili e giudiziari, sono ammessi solo se previsti da espressa disposizione di legge.

12. Le disposizioni di cui al presente articolo recano princìpi applicabili, in conformità ai rispettivi ordinamenti, ai trattamenti disciplinati dalla Presidenza della Repubblica, dalla Camera dei deputati, dal Senato della Repubblica e dalla Corte costituzionale.

Capo III – Regole ulteriori per privati ed enti pubblici economici

23. Consenso.

1. Il trattamento di dati personali da parte di privati o di enti pubblici economici è ammesso solo con il consenso espresso dell’interessato.

2. Il consenso può riguardare l’intero trattamento ovvero una o più operazioni dello stesso.

3. Il consenso è validamente prestato solo se è espresso liberamente e specificamente in riferimento ad un trattamento chiaramente individuato, se è documentato per iscritto, e se sono state rese all’interessato le informazioni di cui all’articolo 13.

4. Il consenso è manifestato in forma scritta quando il trattamento riguarda dati sensibili (12).

(12) Vedi, anche, il comma 1-bis dell’art. 44, D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, aggiunto dalla relativa legge di conversione.

24. Casi nei quali può essere effettuato il trattamento senza consenso.

1. Il consenso non è richiesto, oltre che nei casi previsti nella Parte II, quando il trattamento:

a) è necessario per adempiere ad un obbligo previsto dalla legge, da un regolamento o dalla normativa comunitaria;

b) è necessario per eseguire obblighi derivanti da un contratto del quale è parte l’interessato o per adempiere, prima della conclusione del contratto, a specifiche richieste dell’interessato;

c) riguarda dati provenienti da pubblici registri, elenchi, atti o documenti conoscibili da chiunque, fermi restando i limiti e le modalità che le leggi, i regolamenti o la normativa comunitaria stabiliscono per la conoscibilità e pubblicità dei dati;

d) riguarda dati relativi allo svolgimento di attività economiche, trattati nel rispetto della vigente normativa in materia di segreto aziendale e industriale;

e) è necessario per la salvaguardia della vita o dell’incolumità fisica di un terzo. Se la medesima finalità riguarda l’interessato e quest’ultimo non può prestare il proprio consenso per impossibilità fisica, per incapacità di agire o per incapacità di intendere o di volere, il consenso è manifestato da chi esercita legalmente la potestà, ovvero da un prossimo congiunto, da un familiare, da un convivente o, in loro assenza, dal responsabile della struttura presso cui dimora l’interessato. Si applica la disposizione di cui all’articolo 82, comma 2;

f) con esclusione della diffusione, è necessario ai fini dello svolgimento delle investigazioni difensive di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 397, o, comunque, per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento, nel rispetto della vigente normativa in materia di segreto aziendale e industriale;

g) con esclusione della diffusione, è necessario, nei casi individuati dal Garante sulla base dei princìpi sanciti dalla legge, per perseguire un legittimo interesse del titolare o di un terzo destinatario dei dati, anche in riferimento all’attività di gruppi bancari e di società controllate o collegate, qualora non prevalgano i diritti e le libertà fondamentali, la dignità o un legittimo interesse dell’interessato;

h) con esclusione della comunicazione all’esterno e della diffusione, è effettuato da associazioni, enti od organismi senza scopo di lucro, anche non riconosciuti, in riferimento a soggetti che hanno con essi contatti regolari o ad aderenti, per il perseguimento di scopi determinati e legittimi individuati dall’atto costitutivo, dallo statuto o dal contratto collettivo, e con modalità di utilizzo previste espressamente con determinazione resa nota agli interessati all’atto dell’informativa ai sensi dell’articolo 13;

i) è necessario, in conformità ai rispettivi codici di deontologia di cui all’allegato A), per esclusivi scopi scientifici o statistici, ovvero per esclusivi scopi storici presso archivi privati dichiarati di notevole interesse storico ai sensi dell’articolo 6, comma 2, del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, di approvazione del testo unico in materia di beni culturali e ambientali o, secondo quanto previsto dai medesimi codici, presso altri archivi privati.

25. Divieti di comunicazione e diffusione.

1. La comunicazione e la diffusione sono vietate, oltre che in caso di divieto disposto dal Garante o dall’autorità giudiziaria:

a) in riferimento a dati personali dei quali è stata ordinata la cancellazione, ovvero quando è decorso il periodo di tempo indicato nell’articolo 11, comma 1, lettera e);

b) per finalità diverse da quelle indicate nella notificazione del trattamento, ove prescritta.

2. È fatta salva la comunicazione o diffusione di dati richieste, in conformità alla legge, da forze di polizia, dall’autorità giudiziaria, da organismi di informazione e sicurezza o da altri soggetti pubblici ai sensi dell’articolo 58, comma 2, per finalità di difesa o di sicurezza dello Stato o di prevenzione, accertamento o repressione di reati.

26. Garanzie per i dati sensibili.

1. I dati sensibili possono essere oggetto di trattamento solo con il consenso scritto dell’interessato e previa autorizzazione del Garante, nell’osservanza dei presupposti e dei limiti stabiliti dal presente codice, nonché dalla legge e dai regolamenti.

2. Il Garante comunica la decisione adottata sulla richiesta di autorizzazione entro quarantacinque giorni, decorsi i quali la mancata pronuncia equivale a rigetto. Con il provvedimento di autorizzazione, ovvero successivamente, anche sulla base di eventuali verifiche, il Garante può prescrivere misure e accorgimenti a garanzia dell’interessato, che il titolare del trattamento è tenuto ad adottare.

3. Il comma 1 non si applica al trattamento:

a) dei dati relativi agli aderenti alle confessioni religiose e ai soggetti che con riferimento a finalità di natura esclusivamente religiosa hanno contatti regolari con le medesime confessioni, effettuato dai relativi organi, ovvero da enti civilmente riconosciuti, sempre che i dati non siano diffusi o comunicati fuori delle medesime confessioni. Queste ultime determinano idonee garanzie relativamente ai trattamenti effettuati, nel rispetto dei princìpi indicati al riguardo con autorizzazione del Garante;

b) dei dati riguardanti l’adesione di associazioni od organizzazioni a carattere sindacale o di categoria ad altre associazioni, organizzazioni o confederazioni a carattere sindacale o di categoria.

4. I dati sensibili possono essere oggetto di trattamento anche senza consenso, previa autorizzazione del Garante:

a) quando il trattamento è effettuato da associazioni, enti od organismi senza scopo di lucro, anche non riconosciuti, a carattere politico, filosofico, religioso o sindacale, ivi compresi partiti e movimenti politici, per il perseguimento di scopi determinati e legittimi individuati dall’atto costitutivo, dallo statuto o dal contratto collettivo, relativamente ai dati personali degli aderenti o dei soggetti che in relazione a tali finalità hanno contatti regolari con l’associazione, ente od organismo, sempre che i dati non siano comunicati all’esterno o diffusi e l’ente, associazione od organismo determini idonee garanzie relativamente ai trattamenti effettuati, prevedendo espressamente le modalità di utilizzo dei dati con determinazione resa nota agli interessati all’atto dell’informativa ai sensi dell’articolo 13;

b) quando il trattamento è necessario per la salvaguardia della vita o dell’incolumità fisica di un terzo. Se la medesima finalità riguarda l’interessato e quest’ultimo non può prestare il proprio consenso per impossibilità fisica, per incapacità di agire o per incapacità di intendere o di volere, il consenso è manifestato da chi esercita legalmente la potestà, ovvero da un prossimo congiunto, da un familiare, da un convivente o, in loro assenza, dal responsabile della struttura presso cui dimora l’interessato. Si applica la disposizione di cui all’articolo 82, comma 2;

c) quando il trattamento è necessario ai fini dello svolgimento delle investigazioni difensive di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 397, o, comunque, per far valere o difendere in sede giudiziaria un diritto, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento. Se i dati sono idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale, il diritto deve essere di rango pari a quello dell’interessato, ovvero consistente in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile;

d) quando è necessario per adempiere a specifici obblighi o compiti previsti dalla legge, da un regolamento o dalla normativa comunitaria per la gestione del rapporto di lavoro, anche in materia di igiene e sicurezza del lavoro e della popolazione e di previdenza e assistenza, nei limiti previsti dall’autorizzazione e ferme restando le disposizioni del codice di deontologia e di buona condotta di cui all’articolo 111.

5. I dati idonei a rivelare lo stato di salute non possono essere diffusi.

27. Garanzie per i dati giudiziari.

1. Il trattamento di dati giudiziari da parte di privati o di enti pubblici economici è consentito soltanto se autorizzato da espressa disposizione di legge o provvedimento del Garante che specifichino le rilevanti finalità di interesse pubblico del trattamento, i tipi di dati trattati e di operazioni eseguibili.

TITOLO IV

Soggetti che effettuano il trattamento.

28. Titolare del trattamento.

1. Quando il trattamento è effettuato da una persona giuridica, da una pubblica amministrazione o da un qualsiasi altro ente, associazione od organismo, titolare del trattamento è l’entità nel suo complesso o l’unità od organismo periferico che esercita un potere decisionale del tutto autonomo sulle finalità e sulle modalità del trattamento, ivi compreso il profilo della sicurezza.

29. Responsabile del trattamento.

1. Il responsabile è designato dal titolare facoltativamente.

2. Se designato, il responsabile è individuato tra soggetti che per esperienza, capacità ed affidabilità forniscano idonea garanzia del pieno rispetto delle vigenti disposizioni in materia di trattamento, ivi compreso il profilo relativo alla sicurezza.

3. Ove necessario per esigenze organizzative, possono essere designati responsabili più soggetti, anche mediante suddivisione di compiti.

4. I compiti affidati al responsabile sono analiticamente specificati per iscritto dal titolare.

5. Il responsabile effettua il trattamento attenendosi alle istruzioni impartite dal titolare il quale, anche tramite verifiche periodiche, vigila sulla puntuale osservanza delle disposizioni di cui al comma 2 e delle proprie istruzioni.

30. Incaricati del trattamento.

1. Le operazioni di trattamento possono essere effettuate solo da incaricati che operano sotto la diretta autorità del titolare o del responsabile, attenendosi alle istruzioni impartite.

2. La designazione è effettuata per iscritto e individua puntualmente l’àmbito del trattamento consentito. Si considera tale anche la documentata preposizione della persona fisica ad una unità per la quale è individuato, per iscritto, l’àmbito del trattamento consentito agli addetti all’unità medesima.

TITOLO V

Sicurezza dei dati e dei sistemi.

Capo I – Misure di sicurezza

31. Obblighi di sicurezza.

1. I dati personali oggetto di trattamento sono custoditi e controllati, anche in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico, alla natura dei dati e alle specifiche caratteristiche del trattamento, in modo da ridurre al minimo, mediante l’adozione di idonee e preventive misure di sicurezza, i rischi di distruzione o perdita, anche accidentale, dei dati stessi, di accesso non autorizzato o di trattamento non consentito o non conforme alle finalità della raccolta.

32. Particolari titolari.

1. Il fornitore di un servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico adotta ai sensi dell’articolo 31 idonee misure tecniche e organizzative adeguate al rischio esistente, per salvaguardare la sicurezza dei suoi servizi, l’integrità dei dati relativi al traffico, dei dati relativi all’ubicazione e delle comunicazioni elettroniche rispetto ad ogni forma di utilizzazione o cognizione non consentita.

2. Quando la sicurezza del servizio o dei dati personali richiede anche l’adozione di misure che riguardano la rete, il fornitore del servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico adotta tali misure congiuntamente con il fornitore della rete pubblica di comunicazioni. In caso di mancato accordo, su richiesta di uno dei fornitori, la controversia è definita dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni secondo le modalità previste dalla normativa vigente.

3. Il fornitore di un servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico informa gli abbonati e, ove possibile, gli utenti, se sussiste un particolare rischio di violazione della sicurezza della rete, indicando, quando il rischio è al di fuori dell’àmbito di applicazione delle misure che il fornitore stesso è tenuto ad adottare ai sensi dei commi 1 e 2, tutti i possibili rimedi e i relativi costi presumibili. Analoga informativa è resa al Garante e all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

Capo II – Misure minime di sicurezza

33. Misure minime.

1. Nel quadro dei più generali obblighi di sicurezza di cui all’articolo 31, o previsti da speciali disposizioni, i titolari del trattamento sono comunque tenuti ad adottare le misure minime individuate nel presente capo o ai sensi dell’articolo 58, comma 3, volte ad assicurare un livello minimo di protezione dei dati personali (13).

(13) Per la sospensione dell’applicazione del presente articolo vedi il comma 9 dell’art. 1, O.P.C.M. 17 giugno 2009, n. 3781.

34. Trattamenti con strumenti elettronici.

1. Il trattamento di dati personali effettuato con strumenti elettronici è consentito solo se sono adottate, nei modi previsti dal disciplinare tecnico contenuto nell’allegato B), le seguenti misure minime :

a) autenticazione informatica;

b) adozione di procedure di gestione delle credenziali di autenticazione;

c) utilizzazione di un sistema di autorizzazione;

d) aggiornamento periodico dell’individuazione dell’àmbito del trattamento consentito ai singoli incaricati e addetti alla gestione o alla manutenzione degli strumenti elettronici;

e) protezione degli strumenti elettronici e dei dati rispetto a trattamenti illeciti di dati, ad accessi non consentiti e a determinati programmi informatici;

f) adozione di procedure per la custodia di copie di sicurezza, il ripristino della disponibilità dei dati e dei sistemi;

g) tenuta di un aggiornato documento programmatico sulla sicurezza;

h) adozione di tecniche di cifratura o di codici identificativi per determinati trattamenti di dati idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale effettuati da organismi sanitari.

1-bis. Per i soggetti che trattano soltanto dati personali non sensibili e che trattano come unici dati sensibili quelli costituiti dallo stato di salute o malattia dei propri dipendenti e collaboratori anche a progetto, senza indicazione della relativa diagnosi, ovvero dall’adesione ad organizzazioni sindacali o a carattere sindacale, la tenuta di un aggiornato documento programmatico sulla sicurezza è sostituita dall’obbligo di autocertificazione, resa dal titolare del trattamento ai sensi dell’articolo 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, di trattare soltanto tali dati in osservanza delle altre misure di sicurezza prescritte. In relazione a tali trattamenti, nonché a trattamenti comunque effettuati per correnti finalità amministrative e contabili, in particolare presso piccole e medie imprese, liberi professionisti e artigiani, il Garante, sentito il Ministro per la semplificazione normativa, individua con proprio provvedimento, da aggiornare periodicamente, modalità semplificate di applicazione del disciplinare tecnico di cui all’Allegato B) in ordine all’adozione delle misure minime di cui al comma 1 (14).

(14) Comma aggiunto dall’art. 29, comma 1, D.L. 25 giugno 2008, n. 112, come modificato dalla relativa legge di conversione. Vedi, anche, il comma 2 del suddetto articolo 1. In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il Provv. 27 novembre 2008. Per la sospensione dell’applicazione del presente articolo vedi il comma 9 dell’art. 1, O.P.C.M. 17 giugno 2009, n. 3781.

35. Trattamenti senza l’ausilio di strumenti elettronici.

1. Il trattamento di dati personali effettuato senza l’ausilio di strumenti elettronici è consentito solo se sono adottate, nei modi previsti dal disciplinare tecnico contenuto nell’allegato B), le seguenti misure minime:

a) aggiornamento periodico dell’individuazione dell’àmbito del trattamento consentito ai singoli incaricati o alle unità organizzative;

b) previsione di procedure per un’idonea custodia di atti e documenti affidati agli incaricati per lo svolgimento dei relativi compiti;

c) previsione di procedure per la conservazione di determinati atti in archivi ad accesso selezionato e disciplina delle modalità di accesso finalizzata all’identificazione degli incaricati (15).

(15) Per la sospensione dell’applicazione del presente articolo vedi il comma 9 dell’art. 1, O.P.C.M. 17 giugno 2009, n. 3781.

36. Adeguamento.

1. Il disciplinare tecnico di cui all’allegato B), relativo alle misure minime di cui al presente capo, è aggiornato periodicamente con decreto del Ministro della giustizia di concerto con il Ministro per le innovazioni e le tecnologie e il Ministro per la semplificazione normativa, in relazione all’evoluzione tecnica e all’esperienza maturata nel settore (16).

(16) Comma così modificato dal comma 5-bis dell’art. 29, D.L. 25 giugno 2008, n. 112, aggiunto dalla relativa legge di conversione.

TITOLO VI

Adempimenti

37. Notificazione del trattamento.

1. Il titolare notifica al Garante il trattamento di dati personali cui intende procedere, solo se il trattamento riguarda:

a) dati genetici, biometrici o dati che indicano la posizione geografica di persone od oggetti mediante una rete di comunicazione elettronica;

b) dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale, trattati a fini di procreazione assistita, prestazione di servizi sanitari per via telematica relativi a banche di dati o alla fornitura di beni, indagini epidemiologiche, rilevazione di malattie mentali, infettive e diffusive, sieropositività, trapianto di organi e tessuti e monitoraggio della spesa sanitaria;

c) dati idonei a rivelare la vita sessuale o la sfera psichica trattati da associazioni, enti od organismi senza scopo di lucro, anche non riconosciuti, a carattere politico, filosofico, religioso o sindacale;

d) dati trattati con l’ausilio di strumenti elettronici volti a definire il profilo o la personalità dell’interessato, o ad analizzare abitudini o scelte di consumo, ovvero a monitorare l’utilizzo di servizi di comunicazione elettronica con esclusione dei trattamenti tecnicamente indispensabili per fornire i servizi medesimi agli utenti;

e) dati sensibili registrati in banche di dati a fini di selezione del personale per conto terzi, nonché dati sensibili utilizzati per sondaggi di opinione, ricerche di mercato e altre ricerche campionarie;

f) dati registrati in apposite banche di dati gestite con strumenti elettronici e relative al rischio sulla solvibilità economica, alla situazione patrimoniale, al corretto adempimento di obbligazioni, a comportamenti illeciti o fraudolenti.

1-bis. La notificazione relativa al trattamento dei dati di cui al comma 1 non è dovuta se relativa all’attività dei medici di famiglia e dei pediatri di libera scelta, in quanto tale funzione è tipica del loro rapporto professionale con il Servizio sanitario nazionale (17).

2. Il Garante può individuare altri trattamenti suscettibili di recare pregiudizio ai diritti e alle libertà dell’interessato, in ragione delle relative modalità o della natura dei dati personali, con proprio provvedimento adottato anche ai sensi dell’articolo 17. Con analogo provvedimento pubblicato sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana il Garante può anche individuare, nell’àmbito dei trattamenti di cui al comma 1, eventuali trattamenti non suscettibili di recare detto pregiudizio e pertanto sottratti all’obbligo di notificazione (18).

3. La notificazione è effettuata con unico atto anche quando il trattamento comporta il trasferimento all’estero dei dati.

4. Il Garante inserisce le notificazioni ricevute in un registro dei trattamenti accessibile a chiunque e determina le modalità per la sua consultazione gratuita per via telematica, anche mediante convenzioni con soggetti pubblici o presso il proprio Ufficio. Le notizie accessibili tramite la consultazione del registro possono essere trattate per esclusive finalità di applicazione della disciplina in materia di protezione dei dati personali.

(17) Comma aggiunto dall’art. 2-quinquies, D.L. 29 marzo 2004, n. 81, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(18) Con Del.Garante protez. dati pers. 31 marzo 2004, n. 1 (Gazz. Uff. 6 aprile 2004, n. 81) sono stati individuati i casi da sottrarre all’obbligo di notificazione al Garante.

38. Modalità di notificazione.

1. La notificazione del trattamento è presentata al Garante prima dell’inizio del trattamento ed una sola volta, a prescindere dal numero delle operazioni e della durata del trattamento da effettuare, e può anche riguardare uno o più trattamenti con finalità correlate.

2. La notificazione è validamente effettuata solo se è trasmessa attraverso il sito del Garante, utilizzando l’apposito modello, che contiene la richiesta di fornire tutte e soltanto le seguenti informazioni:

a) le coordinate identificative del titolare del trattamento e, eventualmente, del suo rappresentante, nonché le modalità per individuare il responsabile del trattamento se designato;

b) la o le finalità del trattamento;

c) una descrizione della o delle categorie di persone interessate e dei dati o delle categorie di dati relativi alle medesime;

d) i destinatari o le categorie di destinatari a cui i dati possono essere comunicati;

e) i trasferimenti di dati previsti verso Paesi terzi;

f) una descrizione generale che permetta di valutare in via preliminare l’adeguatezza delle misure adottate per garantire la sicurezza del trattamento (19).

3. Il Garante favorisce la disponibilità del modello per via telematica e la notificazione anche attraverso convenzioni stipulate con soggetti autorizzati in base alla normativa vigente, anche presso associazioni di categoria e ordini professionali.

4. Una nuova notificazione è richiesta solo anteriormente alla cessazione del trattamento o al mutamento di taluno degli elementi da indicare nella notificazione medesima.

5. Il Garante può individuare altro idoneo sistema per la notificazione in riferimento a nuove soluzioni tecnologiche previste dalla normativa vigente.

6. Il titolare del trattamento che non è tenuto alla notificazione al Garante ai sensi dell’articolo 37 fornisce le notizie contenute nel modello di cui al comma 2 a chi ne fa richiesta, salvo che il trattamento riguardi pubblici registri, elenchi, atti o documenti conoscibili da chiunque.

(19) Comma così sostituito dall’art. 29, comma 4, D.L. 25 giugno 2008, n. 112, come modificato dalla relativa legge di conversione. Vedi, anche, il comma 5 del suddetto articolo. Con Del. 22 ottobre 2008 (Gazz. Uff. 9 dicembre 2008, n. 287) sono state introdotte alcune semplificazioni al modello di cui al presente comma.

39. Obblighi di comunicazione.

1. Il titolare del trattamento è tenuto a comunicare previamente al Garante le seguenti circostanze:

a) comunicazione di dati personali da parte di un soggetto pubblico ad altro soggetto pubblico non prevista da una norma di legge o di regolamento, effettuata in qualunque forma anche mediante convenzione;

b) trattamento di dati idonei a rivelare lo stato di salute previsto dal programma di ricerca biomedica o sanitaria di cui all’articolo 110, comma 1, primo periodo.

2. I trattamenti oggetto di comunicazione ai sensi del comma 1 possono essere iniziati decorsi quarantacinque giorni dal ricevimento della comunicazione salvo diversa determinazione anche successiva del Garante.

3. La comunicazione di cui al comma 1 è inviata utilizzando il modello predisposto e reso disponibile dal Garante, e trasmessa a quest’ultimo per via telematica osservando le modalità di sottoscrizione con firma digitale e conferma del ricevimento di cui all’articolo 38, comma 2, oppure mediante telefax o lettera raccomandata.

40. Autorizzazioni generali.

1. Le disposizioni del presente codice che prevedono un’autorizzazione del Garante sono applicate anche mediante il rilascio di autorizzazioni relative a determinate categorie di titolari o di trattamenti, pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

41. Richieste di autorizzazione.

1. Il titolare del trattamento che rientra nell’àmbito di applicazione di un’autorizzazione rilasciata ai sensi dell’articolo 40 non è tenuto a presentare al Garante una richiesta di autorizzazione se il trattamento che intende effettuare è conforme alle relative prescrizioni.

2. Se una richiesta di autorizzazione riguarda un trattamento autorizzato ai sensi dell’articolo 40 il Garante può provvedere comunque sulla richiesta se le specifiche modalità del trattamento lo giustificano.

3. L’eventuale richiesta di autorizzazione è formulata utilizzando esclusivamente il modello predisposto e reso disponibile dal Garante e trasmessa a quest’ultimo per via telematica, osservando le modalità di sottoscrizione e conferma del ricevimento di cui all’articolo 38, comma 2. La medesima richiesta e l’autorizzazione possono essere trasmesse anche mediante telefax o lettera raccomandata.

4. Se il richiedente è invitato dal Garante a fornire informazioni o ad esibire documenti, il termine di quarantacinque giorni di cui all’articolo 26, comma 2, decorre dalla data di scadenza del termine fissato per l’adempimento richiesto.

5. In presenza di particolari circostanze, il Garante può rilasciare un’autorizzazione provvisoria a tempo determinato.

TITOLO VII

Trasferimento dei dati all’estero.

42. Trasferimenti all’interno dell’Unione europea.

1. Le disposizioni del presente codice non possono essere applicate in modo tale da restringere o vietare la libera circolazione dei dati personali fra gli Stati membri dell’Unione europea, fatta salva l’adozione, in conformità allo stesso codice, di eventuali provvedimenti in caso di trasferimenti di dati effettuati al fine di eludere le medesime disposizioni.

43. Trasferimenti consentiti in Paesi terzi.

1. Il trasferimento anche temporaneo fuori del territorio dello Stato, con qualsiasi forma o mezzo, di dati personali oggetto di trattamento, se diretto verso un Paese non appartenente all’Unione europea è consentito quando:

a) l’interessato ha manifestato il proprio consenso espresso o, se si tratta di dati sensibili, in forma scritta;

b) è necessario per l’esecuzione di obblighi derivanti da un contratto del quale è parte l’interessato o per adempiere, prima della conclusione del contratto, a specifiche richieste dell’interessato, ovvero per la conclusione o per l’esecuzione di un contratto stipulato a favore dell’interessato;

c) è necessario per la salvaguardia di un interesse pubblico rilevante individuato con legge o con regolamento o, se il trasferimento riguarda dati sensibili o giudiziari, specificato o individuato ai sensi degli articoli 20 e 21;

d) è necessario per la salvaguardia della vita o dell’incolumità fisica di un terzo. Se la medesima finalità riguarda l’interessato e quest’ultimo non può prestare il proprio consenso per impossibilità fisica, per incapacità di agire o per incapacità di intendere o di volere, il consenso è manifestato da chi esercita legalmente la potestà, ovvero da un prossimo congiunto, da un familiare, da un convivente o, in loro assenza, dal responsabile della struttura presso cui dimora l’interessato. Si applica la disposizione di cui all’articolo 82, comma 2;

e) è necessario ai fini dello svolgimento delle investigazioni difensive di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 397, o, comunque, per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, sempre che i dati siano trasferiti esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento, nel rispetto della vigente normativa in materia di segreto aziendale e industriale;

f) è effettuato in accoglimento di una richiesta di accesso ai documenti amministrativi, ovvero di una richiesta di informazioni estraibili da un pubblico registro, elenco, atto o documento conoscibile da chiunque, con l’osservanza delle norme che regolano la materia;

g) è necessario, in conformità ai rispettivi codici di deontologia di cui all’allegato A), per esclusivi scopi scientifici o statistici, ovvero per esclusivi scopi storici presso archivi privati dichiarati di notevole interesse storico ai sensi dell’articolo 6, comma 2, del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, di approvazione del testo unico in materia di beni culturali e ambientali o, secondo quanto previsto dai medesimi codici, presso altri archivi privati;

h) il trattamento concerne dati riguardanti persone giuridiche, enti o associazioni.

44. Altri trasferimenti consentiti.

1. Il trasferimento di dati personali oggetto di trattamento, diretto verso un Paese non appartenente all’Unione europea, è altresì consentito quando è autorizzato dal Garante sulla base di adeguate garanzie per i diritti dell’interessato:

a) individuate dal Garante anche in relazione a garanzie prestate con un contratto o mediante regole di condotta esistenti nell’ambito di società appartenenti a un medesimo gruppo. L’interessato può far valere i propri diritti nel territorio dello Stato, in base al presente codice, anche in ordine all’inosservanza delle garanzie medesime (20);

b) individuate con le decisioni previste dagli articoli 25, paragrafo 6, e 26, paragrafo 4, della direttiva 95/46/CE del 24 ottobre 1995, del Parlamento europeo e del Consiglio, con le quali la Commissione europea constata che un Paese non appartenente all’Unione europea garantisce un livello di protezione adeguato o che alcune clausole contrattuali offrono garanzie sufficienti.

(20) Lettera così modificata dal comma 5-bis dell’art. 29, D.L. 25 giugno 2008, n. 112, aggiunto dalla relativa legge di conversione.

45. Trasferimenti vietati.

1. Fuori dei casi di cui agli articoli 43 e 44, il trasferimento anche temporaneo fuori del territorio dello Stato, con qualsiasi forma o mezzo, di dati personali oggetto di trattamento, diretto verso un Paese non appartenente all’Unione europea, è vietato quando l’ordinamento del Paese di destinazione o di transito dei dati non assicura un livello di tutela delle persone adeguato. Sono valutate anche le modalità del trasferimento e dei trattamenti previsti, le relative finalità, la natura dei dati e le misure di sicurezza.

Parte II – Disposizioni relative a specifici settori

TITOLO I

Trattamenti in àmbito giudiziario.

Capo I – Profili generali

46. Titolari dei trattamenti.

1. Gli uffici giudiziari di ogni ordine e grado, il Consiglio superiore della magistratura, gli altri organi di autogoverno e il Ministero della giustizia sono titolari dei trattamenti di dati personali relativi alle rispettive attribuzioni conferite per legge o regolamento.

2. Con decreto del Ministro della giustizia sono individuati, nell’allegato C) al presente codice, i trattamenti non occasionali di cui al comma 1 effettuati con strumenti elettronici, relativamente a banche di dati centrali od oggetto di interconnessione tra più uffici o titolari. I provvedimenti con cui il Consiglio superiore della magistratura e gli altri organi di autogoverno di cui al comma 1 individuano i medesimi trattamenti da essi effettuati sono riportati nell’allegato C) con decreto del Ministro della giustizia.

47. Trattamenti per ragioni di giustizia.

1. In caso di trattamento di dati personali effettuato presso uffici giudiziari di ogni ordine e grado, presso il Consiglio superiore della magistratura, gli altri organi di autogoverno e il Ministero della giustizia, non si applicano, se il trattamento è effettuato per ragioni di giustizia, le seguenti disposizioni del codice:

a) articoli 9, 10, 12, 13 e 16, da 18 a 22, 37, 38, commi da 1 a 5, e da 39 a 45;

b) articoli da 145 a 151.

2. Agli effetti del presente codice si intendono effettuati per ragioni di giustizia i trattamenti di dati personali direttamente correlati alla trattazione giudiziaria di affari e di controversie, o che, in materia di trattamento giuridico ed economico del personale di magistratura, hanno una diretta incidenza sulla funzione giurisdizionale, nonché le attività ispettive su uffici giudiziari. Le medesime ragioni di giustizia non ricorrono per l’ordinaria attività amministrativo-gestionale di personale, mezzi o strutture, quando non è pregiudicata la segretezza di atti direttamente connessi alla predetta trattazione.

48. Banche di dati di uffici giudiziari.

1. Nei casi in cui l’autorità giudiziaria di ogni ordine e grado può acquisire in conformità alle vigenti disposizioni processuali dati, informazioni, atti e documenti da soggetti pubblici, l’acquisizione può essere effettuata anche per via telematica. A tale fine gli uffici giudiziari possono avvalersi delle convenzioni-tipo stipulate dal Ministero della giustizia con soggetti pubblici, volte ad agevolare la consultazione da parte dei medesimi uffici, mediante reti di comunicazione elettronica, di pubblici registri, elenchi, schedari e banche di dati, nel rispetto delle pertinenti disposizioni e dei princìpi di cui agli articoli 3 e 11 del presente codice.

49. Disposizioni di attuazione.

1. Con decreto del Ministro della giustizia sono adottate, anche ad integrazione del D.M. 30 settembre 1989, n. 334 del Ministro di grazia e giustizia, le disposizioni regolamentari necessarie per l’attuazione dei princìpi del presente codice nella materia penale e civile.

Capo II – Minori

50. Notizie o immagini relative a minori.

1. Il divieto di cui all’articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448, di pubblicazione e divulgazione con qualsiasi mezzo di notizie o immagini idonee a consentire l’identificazione di un minore si osserva anche in caso di coinvolgimento a qualunque titolo del minore in procedimenti giudiziari in materie diverse da quella penale.

Capo III – Informatica giuridica

51. Princìpi generali.

1. Fermo restando quanto previsto dalle disposizioni processuali concernenti la visione e il rilascio di estratti e di copie di atti e documenti, i dati identificativi delle questioni pendenti dinanzi all’autorità giudiziaria di ogni ordine e grado sono resi accessibili a chi vi abbia interesse anche mediante reti di comunicazione elettronica, ivi compreso il sito istituzionale della medesima autorità nella rete Internet.

2. Le sentenze e le altre decisioni dell’autorità giudiziaria di ogni ordine e grado depositate in cancelleria o segreteria sono rese accessibili anche attraverso il sistema informativo e il sito istituzionale della medesima autorità nella rete Internet, osservando le cautele previste dal presente capo.

52. Dati identificativi degli interessati.

1. Fermo restando quanto previsto dalle disposizioni concernenti la redazione e il contenuto di sentenze e di altri provvedimenti giurisdizionali dell’autorità giudiziaria di ogni ordine e grado, l’interessato può chiedere per motivi legittimi, con richiesta depositata nella cancelleria o segreteria dell’ufficio che procede prima che sia definito il relativo grado di giudizio, che sia apposta a cura della medesima cancelleria o segreteria, sull’originale della sentenza o del provvedimento, un’annotazione volta a precludere, in caso di riproduzione della sentenza o provvedimento in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, l’indicazione delle generalità e di altri dati identificativi del medesimo interessato riportati sulla sentenza o provvedimento.

2. Sulla richiesta di cui al comma 1 provvede in calce con decreto, senza ulteriori formalità, l’autorità che pronuncia la sentenza o adotta il provvedimento. La medesima autorità può disporre d’ufficio che sia apposta l’annotazione di cui al comma 1, a tutela dei diritti o della dignità degli interessati.

3. Nei casi di cui ai commi 1 e 2, all’atto del deposito della sentenza o provvedimento, la cancelleria o segreteria vi appone e sottoscrive anche con timbro la seguente annotazione, recante l’indicazione degli estremi del presente articolo: «In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi di…..».

4. In caso di diffusione anche da parte di terzi di sentenze o di altri provvedimenti recanti l’annotazione di cui al comma 2, o delle relative massime giuridiche, è omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi dell’interessato.

5. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 734-bis del codice penale relativamente alle persone offese da atti di violenza sessuale, chiunque diffonde sentenze o altri provvedimenti giurisdizionali dell’autorità giudiziaria di ogni ordine e grado è tenuto ad omettere in ogni caso, anche in mancanza dell’annotazione di cui al comma 2, le generalità, altri dati identificativi o altri dati anche relativi a terzi dai quali può desumersi anche indirettamente l’identità di minori, oppure delle parti nei procedimenti in materia di rapporti di famiglia e di stato delle persone.

6. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche in caso di deposito di lodo ai sensi dell’articolo 825 del codice di procedura civile. La parte può formulare agli arbitri la richiesta di cui al comma 1 prima della pronuncia del lodo e gli arbitri appongono sul lodo l’annotazione di cui al comma 3, anche ai sensi del comma 2. Il collegio arbitrale costituito presso la camera arbitrale per i lavori pubblici ai sensi dell’articolo 32 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, provvede in modo analogo in caso di richiesta di una parte.

7. Fuori dei casi indicati nel presente articolo è ammessa la diffusione in ogni forma del contenuto anche integrale di sentenze e di altri provvedimenti giurisdizionali.

TITOLO II

Trattamenti da parte di forze di polizia.

Capo I – Profili generali

53. Àmbito applicativo e titolari dei trattamenti.

1. Al trattamento di dati personali effettuato dal Centro elaborazione dati del Dipartimento di pubblica sicurezza o da forze di polizia sui dati destinati a confluirvi in base alla legge, ovvero da organi di pubblica sicurezza o altri soggetti pubblici per finalità di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, prevenzione, accertamento o repressione dei reati, effettuati in base ad espressa disposizione di legge che preveda specificamente il trattamento, non si applicano le seguenti disposizioni del codice:

a) articoli 9, 10, 12, 13 e 16, da 18 a 22, 37, 38, commi da 1 a 5, e da 39 a 45;

b) articoli da 145 a 151.

2. Con decreto del Ministro dell’interno sono individuati, nell’allegato C) al presente codice, i trattamenti non occasionali di cui al comma 1 effettuati con strumenti elettronici, e i relativi titolari.

54. Modalità di trattamento e flussi di dati.

1. Nei casi in cui le autorità di pubblica sicurezza o le forze di polizia possono acquisire in conformità alle vigenti disposizioni di legge o di regolamento dati, informazioni, atti e documenti da altri soggetti, l’acquisizione può essere effettuata anche per via telematica. A tal fine gli organi o uffici interessati possono avvalersi di convenzioni volte ad agevolare la consultazione da parte dei medesimi organi o uffici, mediante reti di comunicazione elettronica, di pubblici registri, elenchi, schedari e banche di dati, nel rispetto delle pertinenti disposizioni e dei princìpi di cui agli articoli 3 e 11. Le convenzioni-tipo sono adottate dal Ministero dell’interno, su conforme parere del Garante, e stabiliscono le modalità dei collegamenti e degli accessi anche al fine di assicurare l’accesso selettivo ai soli dati necessari al perseguimento delle finalità di cui all’articolo 53.

2. I dati trattati per le finalità di cui al medesimo articolo 53 sono conservati separatamente da quelli registrati per finalità amministrative che non richiedono il loro utilizzo.

3. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 11, il Centro elaborazioni dati di cui all’articolo 53 assicura l’aggiornamento periodico e la pertinenza e non eccedenza dei dati personali trattati anche attraverso interrogazioni autorizzate del casellario giudiziale e del casellario dei carichi pendenti del Ministero della giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313, o di altre banche di dati di forze di polizia, necessarie per le finalità di cui all’articolo 53.

4. Gli organi, uffici e comandi di polizia verificano periodicamente i requisiti di cui all’articolo 11 in riferimento ai dati trattati anche senza l’ausilio di strumenti elettronici, e provvedono al loro aggiornamento anche sulla base delle procedure adottate dal Centro elaborazioni dati ai sensi del comma 3, o, per i trattamenti effettuati senza l’ausilio di strumenti elettronici, mediante annotazioni o integrazioni dei documenti che li contengono.

55. Particolari tecnologie.

1. Il trattamento di dati personali che implica maggiori rischi di un danno all’interessato, con particolare riguardo a banche di dati genetici o biometrici, a tecniche basate su dati relativi all’ubicazione, a banche di dati basate su particolari tecniche di elaborazione delle informazioni e all’introduzione di particolari tecnologie, è effettuato nel rispetto delle misure e degli accorgimenti a garanzia dell’interessato prescritti ai sensi dell’articolo 17 sulla base di preventiva comunicazione ai sensi dell’articolo 39.

56. Tutela dell’interessato.

1. Le disposizioni di cui all’articolo 10, commi 3, 4 e 5, della legge 1° aprile 1981, n. 121, e successive modificazioni, si applicano anche, oltre che ai dati destinati a confluire nel Centro elaborazione dati di cui all’articolo 53, a dati trattati con l’ausilio di strumenti elettronici da organi, uffici o comandi di polizia.

57. Disposizioni di attuazione.

1. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della giustizia, sono individuate le modalità di attuazione dei princìpi del presente codice relativamente al trattamento dei dati effettuato per le finalità di cui all’articolo 53 dal Centro elaborazioni dati e da organi, uffici o comandi di polizia, anche ad integrazione e modifica del decreto del Presidente della Repubblica 3 maggio 1982, n. 378, e in attuazione della Raccomandazione R (87) 15 del Consiglio d’Europa del 17 settembre 1987, e successive modificazioni. Le modalità sono individuate con particolare riguardo:

a) al principio secondo cui la raccolta dei dati è correlata alla specifica finalità perseguita, in relazione alla prevenzione di un pericolo concreto o alla repressione di reati, in particolare per quanto riguarda i trattamenti effettuati per finalità di analisi;

b) all’aggiornamento periodico dei dati, anche relativi a valutazioni effettuate in base alla legge, alle diverse modalità relative ai dati trattati senza l’ausilio di strumenti elettronici e alle modalità per rendere conoscibili gli aggiornamenti da parte di altri organi e uffici cui i dati sono stati in precedenza comunicati;

c) ai presupposti per effettuare trattamenti per esigenze temporanee o collegati a situazioni particolari, anche ai fini della verifica dei requisiti dei dati ai sensi dell’articolo 11, dell’individuazione delle categorie di interessati e della conservazione separata da altri dati che non richiedono il loro utilizzo;

d) all’individuazione di specifici termini di conservazione dei dati in relazione alla natura dei dati o agli strumenti utilizzati per il loro trattamento, nonché alla tipologia dei procedimenti nell’àmbito dei quali essi sono trattati o i provvedimenti sono adottati;

e) alla comunicazione ad altri soggetti, anche all’estero o per l’esercizio di un diritto o di un interesse legittimo, e alla loro diffusione, ove necessaria in conformità alla legge;

f) all’uso di particolari tecniche di elaborazione e di ricerca delle informazioni, anche mediante il ricorso a sistemi di indice.

TITOLO III

Difesa e sicurezza dello stato.

Capo I – Profili generali

58. Disposizioni applicabili.

1. Ai trattamenti effettuati dagli organismi di cui agli articoli 3, 4 e 6 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, ovvero sui dati coperti da segreto di Stato ai sensi dell’articolo 12 della medesima legge, le disposizioni del presente codice si applicano limitatamente a quelle previste negli articoli da 1 a 6, 11, 14, 15, 31, 33, 58, 154, 160 e 169.

2. Ai trattamenti effettuati da soggetti pubblici per finalità di difesa o di sicurezza dello Stato, in base ad espresse disposizioni di legge che prevedano specificamente il trattamento, le disposizioni del presente codice si applicano limitatamente a quelle indicate nel comma 1, nonché alle disposizioni di cui agli articoli 37, 38 e 163.

3. Le misure di sicurezza relative ai dati trattati dagli organismi di cui al comma 1 sono stabilite e periodicamente aggiornate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, con l’osservanza delle norme che regolano la materia.

4. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sono individuate le modalità di applicazione delle disposizioni applicabili del presente codice in riferimento alle tipologie di dati, di interessati, di operazioni di trattamento eseguibili e di incaricati, anche in relazione all’aggiornamento e alla conservazione.

TITOLO IV

Trattamenti in àmbito pubblico.

Capo I – Accesso a documenti amministrativi

59. Accesso a documenti amministrativi.

1. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 60, i presupposti, le modalità, i limiti per l’esercizio del diritto di accesso a documenti amministrativi contenenti dati personali, e la relativa tutela giurisdizionale, restano disciplinati dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e dalle altre disposizioni di legge in materia, nonché dai relativi regolamenti di attuazione, anche per ciò che concerne i tipi di dati sensibili e giudiziari e le operazioni di trattamento eseguibili in esecuzione di una richiesta di accesso. Le attività finalizzate all’applicazione di tale disciplina si considerano di rilevante interesse pubblico.

60. Dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale.

1. Quando il trattamento concerne dati idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale, il trattamento è consentito se la situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare con la richiesta di accesso ai documenti amministrativi è di rango almeno pari ai diritti dell’interessato, ovvero consiste in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile.

Capo II – Registri pubblici e albi professionali

61. Utilizzazione di dati pubblici.

1. Il Garante promuove, ai sensi dell’articolo 12, la sottoscrizione di un codice di deontologia e di buona condotta per il trattamento dei dati personali provenienti da archivi, registri, elenchi, atti o documenti tenuti da soggetti pubblici, anche individuando i casi in cui deve essere indicata la fonte di acquisizione dei dati e prevedendo garanzie appropriate per l’associazione di dati provenienti da più archivi, tenendo presente quanto previsto dalla Raccomandazione n. R (91)10 del Consiglio d’Europa in relazione all’articolo 11.

2. Agli effetti dell’applicazione del presente codice i dati personali diversi da quelli sensibili o giudiziari, che devono essere inseriti in un albo professionale in conformità alla legge o ad un regolamento, possono essere comunicati a soggetti pubblici e privati o diffusi, ai sensi dell’articolo 19, commi 2 e 3, anche mediante reti di comunicazione elettronica. Può essere altresì menzionata l’esistenza di provvedimenti che dispongono la sospensione o che incidono sull’esercizio della professione.

3. L’ordine o collegio professionale può, a richiesta della persona iscritta nell’albo che vi ha interesse, integrare i dati di cui al comma 2 con ulteriori dati pertinenti e non eccedenti in relazione all’attività professionale.

4. A richiesta dell’interessato l’ordine o collegio professionale può altresì fornire a terzi notizie o informazioni relative, in particolare, a speciali qualificazioni professionali non menzionate nell’albo, ovvero alla disponibilità ad assumere incarichi o a ricevere materiale informativo a carattere scientifico inerente anche a convegni o seminari.

Capo III – Stato civile, anagrafi e liste elettorali

62. Dati sensibili e giudiziari.

1. Si considerano di rilevante interesse pubblico, ai sensi degli articoli 20 e 21, le finalità relative alla tenuta degli atti e dei registri dello stato civile, delle anagrafi della popolazione residente in Italia e dei cittadini italiani residenti all’estero, e delle liste elettorali, nonché al rilascio di documenti di riconoscimento o al cambiamento delle generalità.

63. Consultazione di atti.

1. Gli atti dello stato civile conservati negli Archivi di Stato sono consultabili nei limiti previsti dall’articolo 107 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490.

Capo IV – Finalità di rilevante interesse pubblico

64. Cittadinanza, immigrazione e condizione dello straniero.

1. Si considerano di rilevante interesse pubblico, ai sensi degli articoli 20 e 21, le finalità di applicazione della disciplina in materia di cittadinanza, di immigrazione, di asilo, di condizione dello straniero e del profugo e sullo stato di rifugiato.

2. Nell’àmbito delle finalità di cui al comma 1 è ammesso, in particolare, il trattamento dei dati sensibili e giudiziari indispensabili:

a) al rilascio e al rinnovo di visti, permessi, attestazioni, autorizzazioni e documenti anche sanitari;

b) al riconoscimento del diritto di asilo o dello stato di rifugiato, o all’applicazione della protezione temporanea e di altri istituti o misure di carattere umanitario, ovvero all’attuazione di obblighi di legge in materia di politiche migratorie;

c) in relazione agli obblighi dei datori di lavoro e dei lavoratori, ai ricongiungimenti, all’applicazione delle norme vigenti in materia di istruzione e di alloggio, alla partecipazione alla vita pubblica e all’integrazione sociale.

3. Il presente articolo non si applica ai trattamenti di dati sensibili e giudiziari effettuati in esecuzione degli accordi e convenzioni di cui all’articolo 154, comma 2, lettere a) e b), o comunque effettuati per finalità di difesa o di sicurezza dello Stato o di prevenzione, accertamento o repressione dei reati, in base ad espressa disposizione di legge che prevede specificamente il trattamento.

65. Diritti politici e pubblicità dell’attività di organi.

1. Si considerano di rilevante interesse pubblico, ai sensi degli articoli 20 e 21, le finalità di applicazione della disciplina in materia di:

a) elettorato attivo e passivo e di esercizio di altri diritti politici, nel rispetto della segretezza del voto, nonché di esercizio del mandato degli organi rappresentativi o di tenuta degli elenchi dei giudici popolari;

b) documentazione dell’attività istituzionale di organi pubblici.

2. I trattamenti dei dati sensibili e giudiziari per le finalità di cui al comma 1 sono consentiti per eseguire specifici compiti previsti da leggi o da regolamenti fra i quali, in particolare, quelli concernenti:

a) lo svolgimento di consultazioni elettorali e la verifica della relativa regolarità;

b) le richieste di referendum, le relative consultazioni e la verifica delle relative regolarità;

c) l’accertamento delle cause di ineleggibilità, incompatibilità o di decadenza, o di rimozione o sospensione da cariche pubbliche, ovvero di sospensione o di scioglimento degli organi;

d) l’esame di segnalazioni, petizioni, appelli e di proposte di legge di iniziativa popolare, l’attività di commissioni di inchiesta, il rapporto con gruppi politici;

e) la designazione e la nomina di rappresentanti in commissioni, enti e uffici.

3. Ai fini del presente articolo, è consentita la diffusione dei dati sensibili e giudiziari per le finalità di cui al comma 1, lettera a), in particolare con riguardo alle sottoscrizioni di liste, alla presentazione delle candidature, agli incarichi in organizzazioni o associazioni politiche, alle cariche istituzionali e agli organi eletti.

4. Ai fini del presente articolo, in particolare, è consentito il trattamento di dati sensibili e giudiziari indispensabili:

a) per la redazione di verbali e resoconti dell’attività di assemblee rappresentative, commissioni e di altri organi collegiali o assembleari;

b) per l’esclusivo svolgimento di una funzione di controllo, di indirizzo politico o di sindacato ispettivo e per l’accesso a documenti riconosciuto dalla legge e dai regolamenti degli organi interessati per esclusive finalità direttamente connesse all’espletamento di un mandato elettivo.

5. I dati sensibili e giudiziari trattati per le finalità di cui al comma 1 possono essere comunicati e diffusi nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti. Non è comunque consentita la divulgazione dei dati sensibili e giudiziari che non risultano indispensabili per assicurare il rispetto del principio di pubblicità dell’attività istituzionale, fermo restando il divieto di diffusione dei dati idonei a rivelare lo stato di salute.

66. Materia tributaria e doganale.

1. Si considerano di rilevante interesse pubblico, ai sensi degli articoli 20 e 21, le attività dei soggetti pubblici dirette all’applicazione, anche tramite i loro concessionari, delle disposizioni in materia di tributi, in relazione ai contribuenti, ai sostituti e ai responsabili di imposta, nonché in materia di deduzioni e detrazioni e per l’applicazione delle disposizioni la cui esecuzione è affidata alle dogane.

2. Si considerano inoltre di rilevante interesse pubblico, ai sensi degli articoli 20 e 21, le attività dirette, in materia di imposte, alla prevenzione e repressione delle violazioni degli obblighi e alla adozione dei provvedimenti previsti da leggi, regolamenti o dalla normativa comunitaria, nonché al controllo e alla esecuzione forzata dell’esatto adempimento di tali obblighi, alla effettuazione dei rimborsi, alla destinazione di quote d’imposta, e quelle dirette alla gestione ed alienazione di immobili statali, all’inventario e alla qualificazione degli immobili e alla conservazione dei registri immobiliari.

67. Attività di controllo e ispettive.

1. Si considerano di rilevante interesse pubblico, ai sensi degli articoli 20 e 21, le finalità di:

a) verifica della legittimità, del buon andamento, dell’imparzialità dell’attività amministrativa, nonché della rispondenza di detta attività a requisiti di razionalità, economicità, efficienza ed efficacia per le quali sono, comunque, attribuite dalla legge a soggetti pubblici funzioni di controllo, di riscontro ed ispettive nei confronti di altri soggetti;

b) accertamento, nei limiti delle finalità istituzionali, con riferimento a dati sensibili e giudiziari relativi ad esposti e petizioni, ovvero ad atti di controllo o di sindacato ispettivo di cui all’articolo 65, comma 4.

68. Benefìci economici ed abilitazioni.

1. Si considerano di rilevante interesse pubblico, ai sensi degli articoli 20 e 21, le finalità di applicazione della disciplina in materia di concessione, liquidazione, modifica e revoca di benefìci economici, agevolazioni, elargizioni, altri emolumenti e abilitazioni.

2. Si intendono ricompresi fra i trattamenti regolati dal presente articolo anche quelli indispensabili in relazione:

a) alle comunicazioni, certificazioni ed informazioni previste dalla normativa antimafia;

b) alle elargizioni di contributi previsti dalla normativa in materia di usura e di vittime di richieste estorsive;

c) alla corresponsione delle pensioni di guerra o al riconoscimento di benefìci in favore di perseguitati politici e di internati in campo di sterminio e di loro congiunti;

d) al riconoscimento di benefìci connessi all’invalidità civile;

e) alla concessione di contributi in materia di formazione professionale;

f) alla concessione di contributi, finanziamenti, elargizioni ed altri benefìci previsti dalla legge, dai regolamenti o dalla normativa comunitaria, anche in favore di associazioni, fondazioni ed enti;

g) al riconoscimento di esoneri, agevolazioni o riduzioni tariffarie o economiche, franchigie, o al rilascio di concessioni anche radiotelevisive, licenze, autorizzazioni, iscrizioni ed altri titoli abilitativi previsti dalla legge, da un regolamento o dalla normativa comunitaria.

3. Il trattamento può comprendere la diffusione nei soli casi in cui ciò è indispensabile per la trasparenza delle attività indicate nel presente articolo, in conformità alle leggi, e per finalità di vigilanza e di controllo conseguenti alle attività medesime, fermo restando il divieto di diffusione dei dati idonei a rivelare lo stato di salute.

69. Onorificenze, ricompense e riconoscimenti.

1. Si considerano di rilevante interesse pubblico, ai sensi degli articoli 20 e 21, le finalità di applicazione della disciplina in materia di conferimento di onorificenze e ricompense, di riconoscimento della personalità giuridica di associazioni, fondazioni ed enti, anche di culto, di accertamento dei requisiti di onorabilità e di professionalità per le nomine, per i profili di competenza del soggetto pubblico, ad uffici anche di culto e a cariche direttive di persone giuridiche, imprese e di istituzioni scolastiche non statali, nonché di rilascio e revoca di autorizzazioni o abilitazioni, di concessione di patrocini, patronati e premi di rappresentanza, di adesione a comitati d’onore e di ammissione a cerimonie ed incontri istituzionali.

70. Volontariato e obiezione di coscienza.

1. Si considerano di rilevante interesse pubblico, ai sensi dell’articolo 20 e 21, le finalità di applicazione della disciplina in materia di rapporti tra i soggetti pubblici e le organizzazioni di volontariato, in particolare per quanto riguarda l’elargizione di contributi finalizzati al loro sostegno, la tenuta di registri generali delle medesime organizzazioni e la cooperazione internazionale.

2. Si considerano, altresì, di rilevante interesse pubblico le finalità di applicazione della legge 8 luglio 1998, n. 230, e delle altre disposizioni di legge in materia di obiezione di coscienza.

71. Attività sanzionatorie e di tutela.

1. Si considerano di rilevante interesse pubblico, ai sensi degli articoli 20 e 21, le finalità:

a) di applicazione delle norme in materia di sanzioni amministrative e ricorsi;

b) volte a far valere il diritto di difesa in sede amministrativa o giudiziaria, anche da parte di un terzo, anche ai sensi dell’articolo 391-quater del codice di procedura penale, o direttamente connesse alla riparazione di un errore giudiziario o in caso di violazione del termine ragionevole del processo o di un’ingiusta restrizione della libertà personale.

2. Quando il trattamento concerne dati idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale, il trattamento è consentito se il diritto da far valere o difendere, di cui alla lettera b) del comma 1, è di rango almeno pari a quello dell’interessato, ovvero consiste in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile.

72. Rapporti con enti di culto.

1. Si considerano di rilevante interesse pubblico, ai sensi degli articoli 20 e 21, le finalità relative allo svolgimento dei rapporti istituzionali con enti di culto, confessioni religiose e comunità religiose.

73. Altre finalità in àmbito amministrativo e sociale.

1. Si considerano di rilevante interesse pubblico, ai sensi degli articoli 20 e 21, nell’àmbito delle attività che la legge demanda ad un soggetto pubblico, le finalità socio-assistenziali, con particolare riferimento a:

a) interventi di sostegno psico-sociale e di formazione in favore di giovani o di altri soggetti che versano in condizioni di disagio sociale, economico o familiare;

b) interventi anche di rilievo sanitario in favore di soggetti bisognosi o non autosufficienti o incapaci, ivi compresi i servizi di assistenza economica o domiciliare, di telesoccorso, accompagnamento e trasporto;

c) assistenza nei confronti di minori, anche in relazione a vicende giudiziarie;

d) indagini psico-sociali relative a provvedimenti di adozione anche internazionale;

e) compiti di vigilanza per affidamenti temporanei;

f) iniziative di vigilanza e di sostegno in riferimento al soggiorno di nomadi;

g) interventi in tema di barriere architettoniche.

2. Si considerano, altresì, di rilevante interesse pubblico, ai sensi degli articoli 20 e 21, nell’àmbito delle attività che la legge demanda ad un soggetto pubblico, le finalità:

a) di gestione di asili nido;

b) concernenti la gestione di mense scolastiche o la fornitura di sussidi, contributi e materiale didattico;

c) ricreative o di promozione della cultura e dello sport, con particolare riferimento all’organizzazione di soggiorni, mostre, conferenze e manifestazioni sportive o all’uso di beni immobili o all’occupazione di suolo pubblico;

d) di assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica;

e) relative alla leva militare;

f) di polizia amministrativa anche locale, salvo quanto previsto dall’articolo 53, con particolare riferimento ai servizi di igiene, di polizia mortuaria e ai controlli in materia di ambiente, tutela delle risorse idriche e difesa del suolo;

g) degli uffici per le relazioni con il pubblico;

h) in materia di protezione civile;

i) di supporto al collocamento e all’avviamento al lavoro, in particolare a cura di centri di iniziativa locale per l’occupazione e di sportelli-lavoro;

l) dei difensori civici regionali e locali.

Capo V – Particolari contrassegni

74. Contrassegni su veicoli e accessi a centri storici.

1. I contrassegni rilasciati a qualunque titolo per la circolazione e la sosta di veicoli a servizio di persone invalide, ovvero per il transito e la sosta in zone a traffico limitato, e che devono essere esposti su veicoli, contengono i soli dati indispensabili ad individuare l’autorizzazione rilasciata e senza l’apposizione di diciture dalle quali può essere individuata la persona fisica interessata (21).

2. Per fini di cui al comma 1, le generalità e l’indirizzo della persona fisica interessata sono riportati sui contrassegni con modalità che non consentono la loro diretta visibilità se non in caso di richiesta di esibizione o di necessità di accertamento (22).

3. La disposizione di cui al comma 2 si applica anche in caso di fissazione a qualunque titolo di un obbligo di esposizione sui veicoli di copia del libretto di circolazione o di altro documento.

4. Per il trattamento dei dati raccolti mediante impianti per la rilevazione degli accessi di veicoli ai centri storici ed alle zone a traffico limitato continuano, altresì, ad applicarsi le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 1999, n. 250.

(21) Comma così modificato dalla lettera a) del comma 1 dell’art. 58, L. 29 luglio 2010, n. 120.

(22) Comma così sostituito dalla lettera b) del comma 1 dell’art. 58, L. 29 luglio 2010, n. 120.

TITOLO V

Trattamento di dati personali in àmbito sanitario.

Capo I – Princìpi generali

75. Àmbito applicativo.

1. Il presente titolo disciplina il trattamento dei dati personali in àmbito sanitario.

76. Esercenti professioni sanitarie e organismi sanitari pubblici.

1. Gli esercenti le professioni sanitarie e gli organismi sanitari pubblici, anche nell’àmbito di un’attività di rilevante interesse pubblico ai sensi dell’articolo 85, trattano i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute:

a) con il consenso dell’interessato e anche senza l’autorizzazione del Garante, se il trattamento riguarda dati e operazioni indispensabili per perseguire una finalità di tutela della salute o dell’incolumità fisica dell’interessato;

b) anche senza il consenso dell’interessato e previa autorizzazione del Garante, se la finalità di cui alla lettera a) riguarda un terzo o la collettività.

2. Nei casi di cui al comma 1 il consenso può essere prestato con le modalità semplificate di cui al capo II.

3. Nei casi di cui al comma 1 l’autorizzazione del Garante è rilasciata, salvi i casi di particolare urgenza, sentito il Consiglio superiore di sanità.

Capo II – Modalità semplificate per informativa e consenso

77. Casi di semplificazione.

1. Il presente capo individua modalità semplificate utilizzabili dai soggetti di cui al comma 2:

a) per informare l’interessato relativamente ai dati personali raccolti presso il medesimo interessato o presso terzi, ai sensi dell’articolo 13, commi 1 e 4;

b) per manifestare il consenso al trattamento dei dati personali nei casi in cui ciò è richiesto ai sensi dell’articolo 76;

c) per il trattamento dei dati personali.

2. Le modalità semplificate di cui al comma 1 sono applicabili:

a) dagli organismi sanitari pubblici;

b) dagli altri organismi privati e dagli esercenti le professioni sanitarie;

c) dagli altri soggetti pubblici indicati nell’articolo 80.

78. Informativa del medico di medicina generale o del pediatra.

1. Il medico di medicina generale o il pediatra di libera scelta informano l’interessato relativamente al trattamento dei dati personali, in forma chiara e tale da rendere agevolmente comprensibili gli elementi indicati nell’articolo 13, comma 1.

2. L’informativa può essere fornita per il complessivo trattamento dei dati personali necessario per attività di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, svolte dal medico o dal pediatra a tutela della salute o dell’incolumità fisica dell’interessato, su richiesta dello stesso o di cui questi è informato in quanto effettuate nel suo interesse.

3. L’informativa può riguardare, altresì, dati personali eventualmente raccolti presso terzi, ed è fornita preferibilmente per iscritto, anche attraverso carte tascabili con eventuali allegati pieghevoli, includendo almeno gli elementi indicati dal Garante ai sensi dell’articolo 13, comma 3, eventualmente integrati anche oralmente in relazione a particolari caratteristiche del trattamento (23).

4. L’informativa, se non è diversamente specificato dal medico o dal pediatra, riguarda anche il trattamento di dati correlato a quello effettuato dal medico di medicina generale o dal pediatra di libera scelta, effettuato da un professionista o da altro soggetto, parimenti individuabile in base alla prestazione richiesta, che:

a) sostituisce temporaneamente il medico o il pediatra;

b) fornisce una prestazione specialistica su richiesta del medico e del pediatra;

c) può trattare lecitamente i dati nell’àmbito di un’attività professionale prestata in forma associata;

d) fornisce farmaci prescritti;

e) comunica dati personali al medico o pediatra in conformità alla disciplina applicabile.

5. L’informativa resa ai sensi del presente articolo evidenzia analiticamente eventuali trattamenti di dati personali che presentano rischi specifici per i diritti e le libertà fondamentali, nonché per la dignità dell’interessato, in particolare in caso di trattamenti effettuati:

a) per scopi scientifici, anche di ricerca scientifica e di sperimentazione clinica controllata di medicinali, in conformità alle leggi e ai regolamenti, ponendo in particolare evidenza che il consenso, ove richiesto, è manifestato liberamente;

b) nell’àmbito della teleassistenza o telemedicina;

c) per fornire altri beni o servizi all’interessato attraverso una rete di comunicazione elettronica.

(23) Con Provv.Garante protez. dati pers. 19 luglio 2006 (Gazz. Uff. 8 agosto 2006, n. 183) è stata individuata l’informativa semplificata per i medici di base.

79. Informativa da parte di organismi sanitari.

1. Gli organismi sanitari pubblici e privati possono avvalersi delle modalità semplificate relative all’informativa e al consenso di cui agli articoli 78 e 81 in riferimento ad una pluralità di prestazioni erogate anche da distinti reparti ed unità dello stesso organismo o di più strutture ospedaliere o territoriali specificamente identificati.

2. Nei casi di cui al comma 1 l’organismo o le strutture annotano l’avvenuta informativa e il consenso con modalità uniformi e tali da permettere una verifica al riguardo da parte di altri reparti ed unità che, anche in tempi diversi, trattano dati relativi al medesimo interessato.

3. Le modalità semplificate di cui agli articoli 78 e 81 possono essere utilizzate in modo omogeneo e coordinato in riferimento all’insieme dei trattamenti di dati personali effettuati nel complesso delle strutture facenti capo alle aziende sanitarie.

4. Sulla base di adeguate misure organizzative in applicazione del comma 3, le modalità semplificate possono essere utilizzate per più trattamenti di dati effettuati nei casi di cui al presente articolo e dai soggetti di cui all’articolo 80.

80. Informativa da parte di altri soggetti pubblici.

1. Oltre a quanto previsto dall’articolo 79, possono avvalersi della facoltà di fornire un’unica informativa per una pluralità di trattamenti di dati effettuati, a fini amministrativi e in tempi diversi, rispetto a dati raccolti presso l’interessato e presso terzi, i competenti servizi o strutture di soggetti pubblici operanti in àmbito sanitario o della prevenzione e sicurezza del lavoro.

2. L’informativa di cui al comma 1 è integrata con appositi e idonei cartelli ed avvisi agevolmente visibili al pubblico, affissi e diffusi anche nell’àmbito di pubblicazioni istituzionali e mediante reti di comunicazione elettronica, in particolare per quanto riguarda attività amministrative di rilevante interesse pubblico che non richiedono il consenso degli interessati.

81. Prestazione del consenso.

1. Il consenso al trattamento dei dati idonei a rivelare lo stato di salute, nei casi in cui è necessario ai sensi del presente codice o di altra disposizione di legge, può essere manifestato con un’unica dichiarazione, anche oralmente. In tal caso il consenso è documentato, anziché con atto scritto dell’interessato, con annotazione dell’esercente la professione sanitaria o dell’organismo sanitario pubblico, riferita al trattamento di dati effettuato da uno o più soggetti e all’informativa all’interessato, nei modi indicati negli articoli 78, 79 e 80.

2. Quando il medico o il pediatra fornisce l’informativa per conto di più professionisti ai sensi dell’articolo 78, comma 4, oltre quanto previsto dal comma 1, il consenso è reso conoscibile ai medesimi professionisti con adeguate modalità, anche attraverso menzione, annotazione o apposizione di un bollino o tagliando su una carta elettronica o sulla tessera sanitaria, contenente un richiamo al medesimo articolo 78, comma 4, e alle eventuali diverse specificazioni apposte all’informativa ai sensi del medesimo comma.

82. Emergenze e tutela della salute e dell’incolumità fisica.

1. L’informativa e il consenso al trattamento dei dati personali possono intervenire senza ritardo, successivamente alla prestazione, nel caso di emergenza sanitaria o di igiene pubblica per la quale la competente autorità ha adottato un’ordinanza contingibile ed urgente ai sensi dell’articolo 117 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.

2. L’informativa e il consenso al trattamento dei dati personali possono altresì intervenire senza ritardo, successivamente alla prestazione, in caso di:

a) impossibilità fisica, incapacità di agire o incapacità di intendere o di volere dell’interessato, quando non è possibile acquisire il consenso da chi esercita legalmente la potestà, ovvero da un prossimo congiunto, da un familiare, da un convivente o, in loro assenza, dal responsabile della struttura presso cui dimora l’interessato;

b) rischio grave, imminente ed irreparabile per la salute o l’incolumità fisica dell’interessato.

3. L’informativa e il consenso al trattamento dei dati personali possono intervenire senza ritardo, successivamente alla prestazione, anche in caso di prestazione medica che può essere pregiudicata dall’acquisizione preventiva del consenso, in termini di tempestività o efficacia.

4. Dopo il raggiungimento della maggiore età l’informativa è fornita all’interessato anche ai fini della acquisizione di una nuova manifestazione del consenso quando questo è necessario.

83. Altre misure per il rispetto dei diritti degli interessati.

1. I soggetti di cui agli articoli 78, 79 e 80 adottano idonee misure per garantire, nell’organizzazione delle prestazioni e dei servizi, il rispetto dei diritti, delle libertà fondamentali e della dignità degli interessati, nonché del segreto professionale, fermo restando quanto previsto dalle leggi e dai regolamenti in materia di modalità di trattamento dei dati sensibili e di misure minime di sicurezza.

2. Le misure di cui al comma 1 comprendono, in particolare:

a) soluzioni volte a rispettare, in relazione a prestazioni sanitarie o ad adempimenti amministrativi preceduti da un periodo di attesa all’interno di strutture, un ordine di precedenza e di chiamata degli interessati prescindendo dalla loro individuazione nominativa;

b) l’istituzione di appropriate distanze di cortesia, tenendo conto dell’eventuale uso di apparati vocali o di barriere;

c) soluzioni tali da prevenire, durante colloqui, l’indebita conoscenza da parte di terzi di informazioni idonee a rivelare lo stato di salute;

d) cautele volte ad evitare che le prestazioni sanitarie, ivi compresa l’eventuale documentazione di anamnesi, avvenga in situazioni di promiscuità derivanti dalle modalità o dai locali prescelti;

e) il rispetto della dignità dell’interessato in occasione della prestazione medica e in ogni operazione di trattamento dei dati;

f) la previsione di opportuni accorgimenti volti ad assicurare che, ove necessario, possa essere data correttamente notizia o conferma anche telefonica, ai soli terzi legittimati, di una prestazione di pronto soccorso;

g) la formale previsione, in conformità agli ordinamenti interni delle strutture ospedaliere e territoriali, di adeguate modalità per informare i terzi legittimati in occasione di visite sulla dislocazione degli interessati nell’àmbito dei reparti, informandone previamente gli interessati e rispettando eventuali loro contrarie manifestazioni legittime di volontà;

h) la messa in atto di procedure, anche di formazione del personale, dirette a prevenire nei confronti di estranei un’esplicita correlazione tra l’interessato e reparti o strutture, indicativa dell’esistenza di un particolare stato di salute;

i) la sottoposizione degli incaricati che non sono tenuti per legge al segreto professionale a regole di condotta analoghe al segreto professionale.

2-bis. Le misure di cui al comma 2 non si applicano ai soggetti di cui all’articolo 78, che ottemperano alle disposizioni di cui al comma 1 secondo modalità adeguate a garantire un rapporto personale e fiduciario con gli assistiti, nel rispetto del codice di deontologia sottoscritto ai sensi dell’articolo 12 (24).

(24) Comma aggiunto dall’art. 2-quinquies, D.L. 29 marzo 2004, n. 81, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

84. Comunicazione di dati all’interessato.

1. I dati personali idonei a rivelare lo stato di salute possono essere resi noti all’interessato o ai soggetti di cui all’articolo 82, comma 2, lettera a), da parte di esercenti le professioni sanitarie ed organismi sanitari, solo per il tramite di un medico designato dall’interessato o dal titolare. Il presente comma non si applica in riferimento ai dati personali forniti in precedenza dal medesimo interessato.

2. Il titolare o il responsabile possono autorizzare per iscritto esercenti le professioni sanitarie diversi dai medici, che nell’esercizio dei propri compiti intrattengono rapporti diretti con i pazienti e sono incaricati di trattare dati personali idonei a rivelare lo stato di salute, a rendere noti i medesimi dati all’interessato o ai soggetti di cui all’articolo 82, comma 2, lettera a). L’atto di incarico individua appropriate modalità e cautele rapportate al contesto nel quale è effettuato il trattamento di dati.

Capo III – Finalità di rilevante interesse pubblico

85. Compiti del Servizio sanitario nazionale.

1. Fuori dei casi di cui al comma 2, si considerano di rilevante interesse pubblico, ai sensi degli articoli 20 e 21, le finalità che rientrano nei compiti del Servizio sanitario nazionale e degli altri organismi sanitari pubblici relative alle seguenti attività:

a) attività amministrative correlate a quelle di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione dei soggetti assistiti dal Servizio sanitario nazionale, ivi compresa l’assistenza degli stranieri in Italia e dei cittadini italiani all’estero, nonché di assistenza sanitaria erogata al personale navigante ed aeroportuale;

b) programmazione, gestione, controllo e valutazione dell’assistenza sanitaria;

c) vigilanza sulle sperimentazioni, farmacovigilanza, autorizzazione all’immissione in commercio e all’importazione di medicinali e di altri prodotti di rilevanza sanitaria;

d) attività certificatorie;

e) l’applicazione della normativa in materia di igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro e di sicurezza e salute della popolazione;

f) le attività amministrative correlate ai trapianti d’organo e di tessuti, nonché alle trasfusioni di sangue umano, anche in applicazione della legge 4 maggio 1990, n. 107;

g) instaurazione, gestione, pianificazione e controllo dei rapporti tra l’amministrazione ed i soggetti accreditati o convenzionati del Servizio sanitario nazionale.

2. Il comma 1 non si applica ai trattamenti di dati idonei a rivelare lo stato di salute effettuati da esercenti le professioni sanitarie o da organismi sanitari pubblici per finalità di tutela della salute o dell’incolumità fisica dell’interessato, di un terzo o della collettività, per i quali si osservano le disposizioni relative al consenso dell’interessato o all’autorizzazione del Garante ai sensi dell’articolo 76.

3. All’identificazione dei tipi di dati idonei a rivelare lo stato di salute e di operazioni su essi eseguibili è assicurata ampia pubblicità, anche tramite affissione di una copia o di una guida illustrativa presso ciascuna azienda sanitaria e presso gli studi dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta.

4. Il trattamento di dati identificativi dell’interessato è lecito da parte dei soli soggetti che perseguono direttamente le finalità di cui al comma 1. L’utilizzazione delle diverse tipologie di dati è consentita ai soli incaricati, preposti, caso per caso, alle specifiche fasi delle attività di cui al medesimo comma, secondo il principio dell’indispensabilità dei dati di volta in volta trattati.

86. Altre finalità di rilevante interesse pubblico.

1. Fuori dei casi di cui agli articoli 76 e 85, si considerano di rilevante interesse pubblico, ai sensi degli articoli 20 e 21, le finalità, perseguite mediante trattamento di dati sensibili e giudiziari, relative alle attività amministrative correlate all’applicazione della disciplina in materia di:

a) tutela sociale della maternità e di interruzione volontaria della gravidanza, con particolare riferimento a quelle svolte per la gestione di consultori familiari e istituzioni analoghe, per l’informazione, la cura e la degenza delle madri, nonché per gli interventi di interruzione della gravidanza;

b) stupefacenti e sostanze psicotrope, con particolare riferimento a quelle svolte al fine di assicurare, anche avvalendosi di enti ed associazioni senza fine di lucro, i servizi pubblici necessari per l’assistenza socio-sanitaria ai tossicodipendenti, gli interventi anche di tipo preventivo previsti dalle leggi e l’applicazione delle misure amministrative previste;

c) assistenza, integrazione sociale e diritti delle persone handicappate effettuati, in particolare, al fine di:

1) accertare l’handicap ed assicurare la funzionalità dei servizi terapeutici e riabilitativi, di aiuto personale e familiare, nonché interventi economici integrativi ed altre agevolazioni;

2) curare l’integrazione sociale, l’educazione, l’istruzione e l’informazione alla famiglia del portatore di handicap, nonché il collocamento obbligatorio nei casi previsti dalla legge;

3) realizzare comunità-alloggio e centri socio riabilitativi;

4) curare la tenuta degli albi degli enti e delle associazioni ed organizzazioni di volontariato impegnati nel settore.

2. Ai trattamenti di cui al presente articolo si applicano le disposizioni di cui all’articolo 85, comma 4.

Capo IV – Prescrizioni mediche

87. Medicinali a carico del Servizio sanitario nazionale.

1. Le ricette relative a prescrizioni di medicinali a carico, anche parziale, del Servizio sanitario nazionale sono redatte secondo il modello di cui al comma 2, conformato in modo da permettere di risalire all’identità dell’interessato solo in caso di necessità connesse al controllo della correttezza della prescrizione, ovvero a fini di verifiche amministrative o per scopi epidemiologici e di ricerca, nel rispetto delle norme deontologiche applicabili.

2. Il modello cartaceo per le ricette di medicinali relative a prescrizioni di medicinali a carico, anche parziale, del Servizio sanitario nazionale, di cui agli allegati 1, 3, 5 e 6 del D.M. 11 luglio 1988, n. 350 del Ministro della sanità, e al capitolo 2, paragrafo 2.2.2. del relativo disciplinare tecnico, è integrato da un tagliando predisposto su carta o con tecnica di tipo copiativo e unito ai bordi delle zone indicate nel comma 3.

3. Il tagliando di cui al comma 2 è apposto sulle zone del modello predisposte per l’indicazione delle generalità e dell’indirizzo dell’assistito, in modo da consentirne la visione solo per effetto di una momentanea separazione del tagliando medesimo che risulti necessaria ai sensi dei commi 4 e 5.

4. Il tagliando può essere momentaneamente separato dal modello di ricetta, e successivamente riunito allo stesso, quando il farmacista lo ritiene indispensabile, mediante sottoscrizione apposta sul tagliando, per una effettiva necessità connessa al controllo della correttezza della prescrizione, anche per quanto riguarda la corretta fornitura del farmaco.

5. Il tagliando può essere momentaneamente separato nei modi di cui al comma 3 anche presso i competenti organi per fini di verifica amministrativa sulla correttezza della prescrizione, o da parte di soggetti legittimati a svolgere indagini epidemiologiche o di ricerca in conformità alla legge, quando è indispensabile per il perseguimento delle rispettive finalità.

6. Con decreto del Ministro della salute, sentito il Garante, può essere individuata una ulteriore soluzione tecnica diversa da quella indicata nel comma 1, basata sull’uso di una fascetta adesiva o su altra tecnica equipollente relativa anche a modelli non cartacei.

88. Medicinali non a carico del Servizio sanitario nazionale.

1. Nelle prescrizioni cartacee di medicinali soggetti a prescrizione ripetibile non a carico, anche parziale, del Servizio sanitario nazionale, le generalità dell’interessato non sono indicate.

2. Nei casi di cui al comma 1 il medico può indicare le generalità dell’interessato solo se ritiene indispensabile permettere di risalire alla sua identità, per un’effettiva necessità derivante dalle particolari condizioni del medesimo interessato o da una speciale modalità di preparazione o di utilizzazione.

89. Casi particolari.

1. Le disposizioni del presente capo non precludono l’applicazione di disposizioni normative che prevedono il rilascio di ricette che non identificano l’interessato o recanti particolari annotazioni, contenute anche nel decreto-legge 17 febbraio 1998, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 aprile 1998, n. 94.

2. Nei casi in cui deve essere accertata l’identità dell’interessato ai sensi del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, le ricette sono conservate separatamente da ogni altro documento che non ne richiede l’utilizzo.

2-bis. Per i soggetti di cui all’articolo 78, l’attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 87, comma 3, e 88, comma 1, è subordinata ad un’esplicita richiesta dell’interessato (25).

(25) Comma aggiunto dall’art. 2-quinquies, D.L. 29 marzo 2004, n. 81, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

Capo V – Dati genetici

90. Trattamento dei dati genetici e donatori di midollo osseo.

1. Il trattamento dei dati genetici da chiunque effettuato è consentito nei soli casi previsti da apposita autorizzazione rilasciata dal Garante sentito il Ministro della salute, che acquisisce, a tal fine, il parere del Consiglio superiore di sanità (26).

2. L’autorizzazione di cui al comma 1 individua anche gli ulteriori elementi da includere nell’informativa ai sensi dell’articolo 13, con particolare riguardo alla specificazione delle finalità perseguite e dei risultati conseguibili anche in relazione alle notizie inattese che possono essere conosciute per effetto del trattamento dei dati e al diritto di opporsi al medesimo trattamento per motivi legittimi.

3. Il donatore di midollo osseo, ai sensi della legge 6 marzo 2001, n. 52, ha il diritto e il dovere di mantenere l’anonimato sia nei confronti del ricevente sia nei confronti di terzi.

(26) L’autorizzazione prevista dal presente comma è stata rilasciata con Provv. Garante protez. dati pers. 22 febbraio 2007.

Capo VI – Disposizioni varie

91. Dati trattati mediante carte.

1. Il trattamento in ogni forma di dati idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale eventualmente registrati su carte anche non elettroniche, compresa la carta nazionale dei servizi, o trattati mediante le medesime carte è consentito se necessario ai sensi dell’articolo 3, nell’osservanza di misure ed accorgimenti prescritti dal Garante nei modi di cui all’articolo 17.

92. Cartelle cliniche.

1. Nei casi in cui organismi sanitari pubblici e privati redigono e conservano una cartella clinica in conformità alla disciplina applicabile, sono adottati opportuni accorgimenti per assicurare la comprensibilità dei dati e per distinguere i dati relativi al paziente da quelli eventualmente riguardanti altri interessati, ivi comprese informazioni relative a nascituri.

2. Eventuali richieste di presa visione o di rilascio di copia della cartella e dell’acclusa scheda di dimissione ospedaliera da parte di soggetti diversi dall’interessato possono essere accolte, in tutto o in parte, solo se la richiesta è giustificata dalla documentata necessità:

a) di far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria ai sensi dell’articolo 26, comma 4, lettera c), di rango pari a quello dell’interessato, ovvero consistente in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile;

b) di tutelare, in conformità alla disciplina sull’accesso ai documenti amministrativi, una situazione giuridicamente rilevante di rango pari a quella dell’interessato, ovvero consistente in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile.

93. Certificato di assistenza al parto.

1. Ai fini della dichiarazione di nascita il certificato di assistenza al parto è sempre sostituito da una semplice attestazione contenente i soli dati richiesti nei registri di nascita. Si osservano, altresì, le disposizioni dell’articolo 109.

2. Il certificato di assistenza al parto o la cartella clinica, ove comprensivi dei dati personali che rendono identificabile la madre che abbia dichiarato di non voler essere nominata avvalendosi della facoltà di cui all’articolo 30, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, possono essere rilasciati in copia integrale a chi vi abbia interesse, in conformità alla legge, decorsi cento anni dalla formazione del documento.

3. Durante il periodo di cui al comma 2 la richiesta di accesso al certificato o alla cartella può essere accolta relativamente ai dati relativi alla madre che abbia dichiarato di non voler essere nominata, osservando le opportune cautele per evitare che quest’ultima sia identificabile.

94. Banche di dati, registri e schedari in àmbito sanitario.

1. Il trattamento di dati idonei a rivelare lo stato di salute contenuti in banche di dati, schedari, archivi o registri tenuti in àmbito sanitario, è effettuato nel rispetto dell’articolo 3 anche presso banche di dati, schedari, archivi o registri già istituiti alla data di entrata in vigore del presente codice e in riferimento ad accessi di terzi previsti dalla disciplina vigente alla medesima data, in particolare presso:

a) il registro nazionale dei casi di mesotelioma asbesto-correlati istituito presso l’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (Ispesl), di cui all’articolo 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 dicembre 2002, n. 308;

b) la banca di dati in materia di sorveglianza della malattia di Creutzfeldt-Jakob o delle varianti e sindromi ad essa correlate, di cui al D.M. 21 dicembre 2001 del Ministro della salute, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 8 del 10 gennaio 2002;

c) il registro nazionale delle malattie rare di cui all’articolo 3 del D.M. 18 maggio 2001, n. 279 del Ministro della sanità;

d) i registri dei donatori di midollo osseo istituiti in applicazione della legge 6 marzo 2001, n. 52;

e) gli schedari dei donatori di sangue di cui all’articolo 15 del D.M. 26 gennaio 2001 del Ministro della sanità, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 78 del 3 aprile 2001.

TITOLO VI

Istruzione.

Capo I – Profili generali

95. Dati sensibili e giudiziari.

1. Si considerano di rilevante interesse pubblico, ai sensi degli articoli 20 e 21, le finalità di istruzione e di formazione in àmbito scolastico, professionale, superiore o universitario, con particolare riferimento a quelle svolte anche in forma integrata.

96. Trattamento di dati relativi a studenti.

1. Al fine di agevolare l’orientamento, la formazione e l’inserimento professionale, anche all’estero, le scuole e gli istituti scolastici di istruzione secondaria, su richiesta degli interessati, possono comunicare o diffondere, anche a privati e per via telematica, dati relativi agli esiti scolastici, intermedi e finali, degli studenti e altri dati personali diversi da quelli sensibili o giudiziari, pertinenti in relazione alle predette finalità e indicati nell’informativa resa agli interessati ai sensi dell’articolo 13. I dati possono essere successivamente trattati esclusivamente per le predette finalità.

2. Resta ferma la disposizione di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1998, n. 249, sulla tutela del diritto dello studente alla riservatezza. Restano altresì ferme le vigenti disposizioni in materia di pubblicazione dell’esito degli esami mediante affissione nell’albo dell’istituto e di rilascio di diplomi e certificati.

TITOLO VII

Trattamento per scopi storici, statistici o scientifici.

Capo I – Profili generali

97. Àmbito applicativo.

1. Il presente titolo disciplina il trattamento dei dati personali effettuato per scopi storici, statistici o scientifici.

98. Finalità di rilevante interesse pubblico.

1. Si considerano di rilevante interesse pubblico, ai sensi degli articoli 20 e 21, le finalità relative ai trattamenti effettuati da soggetti pubblici:

a) per scopi storici, concernenti la conservazione, l’ordinamento e la comunicazione dei documenti detenuti negli archivi di Stato e negli archivi storici degli enti pubblici, secondo quanto disposto dal decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, di approvazione del testo unico in materia di beni culturali e ambientali, come modificato dal presente codice;

b) che fanno parte del sistema statistico nazionale (Sistan) ai sensi del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322, e successive modificazioni;

c) per scopi scientifici.

99. Compatibilità tra scopi e durata del trattamento.

1. Il trattamento di dati personali effettuato per scopi storici, statistici o scientifici è considerato compatibile con i diversi scopi per i quali i dati sono stati in precedenza raccolti o trattati.

2. Il trattamento di dati personali per scopi storici, statistici o scientifici può essere effettuato anche oltre il periodo di tempo necessario per conseguire i diversi scopi per i quali i dati sono stati in precedenza raccolti o trattati.

3. Per scopi storici, statistici o scientifici possono comunque essere conservati o ceduti ad altro titolare i dati personali dei quali, per qualsiasi causa, è cessato il trattamento.

100. Dati relativi ad attività di studio e ricerca.

1. Al fine di promuovere e sostenere la ricerca e la collaborazione in campo scientifico e tecnologico i soggetti pubblici, ivi comprese le università e gli enti di ricerca, possono con autonome determinazioni comunicare e diffondere, anche a privati e per via telematica, dati relativi ad attività di studio e di ricerca, a laureati, dottori di ricerca, tecnici e tecnologi, ricercatori, docenti, esperti e studiosi, con esclusione di quelli sensibili o giudiziari.

2. Resta fermo il diritto dell’interessato di opporsi per motivi legittimi ai sensi dell’articolo 7, comma 4, lettera a).

3. I dati di cui al presente articolo non costituiscono documenti amministrativi ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241.

4. I dati di cui al presente articolo possono essere successivamente trattati per i soli scopi in base ai quali sono comunicati o diffusi.

Capo II – Trattamento per scopi storici

101. Modalità di trattamento.

1. I dati personali raccolti per scopi storici non possono essere utilizzati per adottare atti o provvedimenti amministrativi sfavorevoli all’interessato, salvo che siano utilizzati anche per altre finalità nel rispetto dell’articolo 11.

2. I documenti contenenti dati personali, trattati per scopi storici, possono essere utilizzati, tenendo conto della loro natura, solo se pertinenti e indispensabili per il perseguimento di tali scopi. I dati personali diffusi possono essere utilizzati solo per il perseguimento dei medesimi scopi.

3. I dati personali possono essere comunque diffusi quando sono relativi a circostanze o fatti resi noti direttamente dall’interessato o attraverso suoi comportamenti in pubblico.

102. Codice di deontologia e di buona condotta.

1. Il Garante promuove ai sensi dell’articolo 12 la sottoscrizione di un codice di deontologia e di buona condotta per i soggetti pubblici e privati, ivi comprese le società scientifiche e le associazioni professionali, interessati al trattamento dei dati per scopi storici.

2. Il codice di deontologia e di buona condotta di cui al comma 1 individua, in particolare:

a) le regole di correttezza e di non discriminazione nei confronti degli utenti da osservare anche nella comunicazione e diffusione dei dati, in armonia con le disposizioni del presente codice applicabili ai trattamenti di dati per finalità giornalistiche o di pubblicazione di articoli, saggi e altre manifestazioni del pensiero anche nell’espressione artistica;

b) le particolari cautele per la raccolta, la consultazione e la diffusione di documenti concernenti dati idonei a rivelare lo stato di salute, la vita sessuale o rapporti riservati di tipo familiare, identificando casi in cui l’interessato o chi vi abbia interesse è informato dall’utente della prevista diffusione di dati;

c) le modalità di applicazione agli archivi privati della disciplina dettata in materia di trattamento dei dati a scopi storici, anche in riferimento all’uniformità dei criteri da seguire per la consultazione e alle cautele da osservare nella comunicazione e nella diffusione.

103. Consultazione di documenti conservati in archivi.

1. La consultazione dei documenti conservati negli archivi di Stato, in quelli storici degli enti pubblici e in archivi privati è disciplinata dal decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, di approvazione del testo unico in materia di beni culturali e ambientali, come modificato dal presente codice.

Capo III – Trattamento per scopi statistici o scientifici

104. Àmbito applicativo e dati identificativi per scopi statistici o scientifici.

1. Le disposizioni del presente capo si applicano ai trattamenti di dati per scopi statistici o, in quanto compatibili, per scopi scientifici.

2. Agli effetti dell’applicazione del presente capo, in relazione ai dati identificativi si tiene conto dell’insieme dei mezzi che possono essere ragionevolmente utilizzati dal titolare o da altri per identificare l’interessato, anche in base alle conoscenze acquisite in relazione al progresso tecnico.

105. Modalità di trattamento.

1. I dati personali trattati per scopi statistici o scientifici non possono essere utilizzati per prendere decisioni o provvedimenti relativamente all’interessato, né per trattamenti di dati per scopi di altra natura.

2. Gli scopi statistici o scientifici devono essere chiaramente determinati e resi noti all’interessato, nei modi di cui all’articolo 13 anche in relazione a quanto previsto dall’articolo 106, comma 2, lettera b), del presente codice e dall’articolo 6-bis del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322, e successive modificazioni.

3. Quando specifiche circostanze individuate dai codici di cui all’articolo 106 sono tali da consentire ad un soggetto di rispondere in nome e per conto di un altro, in quanto familiare o convivente, l’informativa all’interessato può essere data anche per il tramite del soggetto rispondente.

4. Per il trattamento effettuato per scopi statistici o scientifici rispetto a dati raccolti per altri scopi, l’informativa all’interessato non è dovuta quando richiede uno sforzo sproporzionato rispetto al diritto tutelato, se sono adottate le idonee forme di pubblicità individuate dai codici di cui all’articolo 106.

106. Codici di deontologia e di buona condotta.

1. Il Garante promuove ai sensi dell’articolo 12 la sottoscrizione di uno o più codici di deontologia e di buona condotta per i soggetti pubblici e privati, ivi comprese le società scientifiche e le associazioni professionali, interessati al trattamento dei dati per scopi statistici o scientifici (27).

2. Con i codici di cui al comma 1 sono individuati, tenendo conto, per i soggetti già compresi nell’àmbito del Sistema statistico nazionale, di quanto già previsto dal decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322, e successive modificazioni, e, per altri soggetti, sulla base di analoghe garanzie, in particolare:

a) i presupposti e i procedimenti per documentare e verificare che i trattamenti, fuori dai casi previsti dal medesimo decreto legislativo n. 322 del 1989, siano effettuati per idonei ed effettivi scopi statistici o scientifici;

b) per quanto non previsto dal presente codice, gli ulteriori presupposti del trattamento e le connesse garanzie, anche in riferimento alla durata della conservazione dei dati, alle informazioni da rendere agli interessati relativamente ai dati raccolti anche presso terzi, alla comunicazione e diffusione, ai criteri selettivi da osservare per il trattamento di dati identificativi, alle specifiche misure di sicurezza e alle modalità per la modifica dei dati a seguito dell’esercizio dei diritti dell’interessato, tenendo conto dei princìpi contenuti nelle pertinenti raccomandazioni del Consiglio d’Europa;

c) l’insieme dei mezzi che possono essere ragionevolmente utilizzati dal titolare del trattamento o da altri per identificare l’interessato, anche in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico;

d) le garanzie da osservare ai fini dell’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 24, comma 1, lettera i), e 43, comma 1, lettera g), che permettono di prescindere dal consenso dell’interessato, tenendo conto dei princìpi contenuti nelle predette raccomandazioni;

e) modalità semplificate per la prestazione del consenso degli interessati relativamente al trattamento dei dati sensibili;

f) le regole di correttezza da osservare nella raccolta dei dati e le istruzioni da impartire al personale incaricato;

g) le misure da adottare per favorire il rispetto dei princìpi di pertinenza e non eccedenza dei dati e delle misure di sicurezza di cui all’articolo 31, anche in riferimento alle cautele volte ad impedire l’accesso da parte di persone fisiche che non sono incaricati e l’identificazione non autorizzata degli interessati, all’interconnessione dei sistemi informativi anche nell’àmbito del Sistema statistico nazionale e all’interscambio di dati per scopi statistici o scientifici da effettuarsi con enti ed uffici situati all’estero anche sulla base delle garanzie previste dall’articolo 44, comma 1, lettera a);

h) l’impegno al rispetto di regole di condotta degli incaricati che non sono tenuti in base alla legge al segreto d’ufficio o professionale, tali da assicurare analoghi livelli di sicurezza e di riservatezza.

(27) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il Provv.Garante protez. dati pers. 16 giugno 2004, n. 2.

107. Trattamento di dati sensibili.

1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 20 e fuori dei casi di particolari indagini statistiche o di ricerca scientifica previste dalla legge, il consenso dell’interessato al trattamento di dati sensibili, quando è richiesto, può essere prestato con modalità semplificate, individuate dal codice di cui all’articolo 106 e l’autorizzazione del Garante può essere rilasciata anche ai sensi dell’articolo 40.

108. Sistema statistico nazionale.

1. Il trattamento di dati personali da parte di soggetti che fanno parte del Sistema statistico nazionale, oltre a quanto previsto dal codice di deontologia e di buona condotta sottoscritto ai sensi dell’articolo 106, comma 2, resta inoltre disciplinato dal decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322, e successive modificazioni, in particolare per quanto riguarda il trattamento dei dati sensibili indicati nel programma statistico nazionale, l’informativa all’interessato, l’esercizio dei relativi diritti e i dati non tutelati dal segreto statistico ai sensi dell’articolo 9, comma 4, del medesimo decreto.

109. Dati statistici relativi all’evento della nascita.

1. Per la rilevazione dei dati statistici relativi agli eventi di nascita, compresi quelli relativi ai nati affetti da malformazioni e ai nati morti, nonché per i flussi di dati anche da parte di direttori sanitari, si osservano, oltre alle disposizioni di cui al D.M. 16 luglio 2001, n. 349 del Ministro della sanità, le modalità tecniche determinate dall’Istituto nazionale della statistica, sentito il Ministro della salute, dell’interno e il Garante.

110. Ricerca medica, biomedica ed epidemiologica.

1. Il consenso dell’interessato per il trattamento dei dati idonei a rivelare lo stato di salute, finalizzato a scopi di ricerca scientifica in campo medico, biomedico o epidemiologico, non è necessario quando la ricerca è prevista da un’espressa disposizione di legge che prevede specificamente il trattamento, ovvero rientra in un programma di ricerca biomedica o sanitaria previsto ai sensi dell’articolo 12-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, e per il quale sono decorsi quarantacinque giorni dalla comunicazione al Garante ai sensi dell’articolo 39. Il consenso non è inoltre necessario quando a causa di particolari ragioni non è possibile informare gli interessati e il programma di ricerca è oggetto di motivato parere favorevole del competente comitato etico a livello territoriale ed è autorizzato dal Garante anche ai sensi dell’articolo 40.

2. In caso di esercizio dei diritti dell’interessato ai sensi dell’articolo 7 nei riguardi dei trattamenti di cui al comma 1, l’aggiornamento, la rettificazione e l’integrazione dei dati sono annotati senza modificare questi ultimi, quando il risultato di tali operazioni non produce effetti significativi sul risultato della ricerca.

TITOLO VIII

Lavoro e previdenza sociale.

Capo I – Profili generali

111. Codice di deontologia e di buona condotta.

1. Il Garante promuove, ai sensi dell’articolo 12, la sottoscrizione di un codice di deontologia e di buona condotta per i soggetti pubblici e privati interessati al trattamento dei dati personali effettuato per finalità previdenziali o per la gestione del rapporto di lavoro, prevedendo anche specifiche modalità per l’informativa all’interessato e per l’eventuale prestazione del consenso relativamente alla pubblicazione degli annunci per finalità di occupazione di cui all’articolo 113, comma 3 e alla ricezione di curricula contenenti dati personali anche sensibili.

112. Finalità di rilevante interesse pubblico.

1. Si considerano di rilevante interesse pubblico, ai sensi degli articoli 20 e 21, le finalità di instaurazione e gestione da parte di soggetti pubblici di rapporti di lavoro di qualunque tipo, dipendente o autonomo, anche non retribuito o onorario o a tempo parziale o temporaneo, e di altre forme di impiego che non comportano la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato.

2. Tra i trattamenti effettuati per le finalità di cui al comma 1, si intendono ricompresi, in particolare, quelli effettuati al fine di:

a) applicare la normativa in materia di collocamento obbligatorio e assumere personale anche appartenente a categorie protette;

b) garantire le pari opportunità;

c) accertare il possesso di particolari requisiti previsti per l’accesso a specifici impieghi, anche in materia di tutela delle minoranze linguistiche, ovvero la sussistenza dei presupposti per la sospensione o la cessazione dall’impiego o dal servizio, il trasferimento di sede per incompatibilità e il conferimento di speciali abilitazioni;

d) adempiere ad obblighi connessi alla definizione dello stato giuridico ed economico, ivi compreso il riconoscimento della causa di servizio o dell’equo indennizzo, nonché ad obblighi retributivi, fiscali o contabili, relativamente al personale in servizio o in quiescenza, ivi compresa la corresponsione di premi e benefìci assistenziali;

e) adempiere a specifici obblighi o svolgere compiti previsti dalla normativa in materia di igiene e sicurezza del lavoro o di sicurezza o salute della popolazione, nonché in materia sindacale;

f) applicare, anche da parte di enti previdenziali ed assistenziali, la normativa in materia di previdenza ed assistenza ivi compresa quella integrativa, anche in applicazione del decreto legislativo 29 luglio 1947, n. 804 del Capo provvisorio dello Stato, riguardo alla comunicazione di dati, anche mediante reti di comunicazione elettronica, agli istituti di patronato e di assistenza sociale, alle associazioni di categoria e agli ordini professionali che abbiano ottenuto il consenso dell’interessato ai sensi dell’articolo 23 in relazione a tipi di dati individuati specificamente;

g) svolgere attività dirette all’accertamento della responsabilità civile, disciplinare e contabile ed esaminare i ricorsi amministrativi in conformità alle norme che regolano le rispettive materie;

h) comparire in giudizio a mezzo di propri rappresentanti o partecipare alle procedure di arbitrato o di conciliazione nei casi previsti dalla legge o dai contratti collettivi di lavoro;

i) salvaguardare la vita o l’incolumità fisica dell’interessato o di terzi;

l) gestire l’anagrafe dei pubblici dipendenti e applicare la normativa in materia di assunzione di incarichi da parte di dipendenti pubblici, collaboratori e consulenti;

m) applicare la normativa in materia di incompatibilità e rapporti di lavoro a tempo parziale;

n) svolgere l’attività di indagine e ispezione presso soggetti pubblici;

o) valutare la qualità dei servizi resi e dei risultati conseguiti.

3. La diffusione dei dati di cui alle lettere m), n) ed o) del comma 2 è consentita in forma anonima e, comunque, tale da non consentire l’individuazione dell’interessato.

Capo II – Annunci di lavoro e dati riguardanti prestatori di lavoro

113. Raccolta di dati e pertinenza.

1. Resta fermo quanto disposto dall’articolo 8 della legge 20 maggio 1970, n. 300.

Capo III – Divieto di controllo a distanza e telelavoro

114. Controllo a distanza.

1. Resta fermo quanto disposto dall’articolo 4 della legge 20 maggio 1970, n. 300.

115. Telelavoro e lavoro a domicilio.

1. Nell’àmbito del rapporto di lavoro domestico e del telelavoro il datore di lavoro è tenuto a garantire al lavoratore il rispetto della sua personalità e della sua libertà morale.

2. Il lavoratore domestico è tenuto a mantenere la necessaria riservatezza per tutto quanto si riferisce alla vita familiare.

Capo IV – Istituti di patronato e di assistenza sociale

116. Conoscibilità di dati su mandato dell’interessato.

1. Per lo svolgimento delle proprie attività gli istituti di patronato e di assistenza sociale, nell’àmbito del mandato conferito dall’interessato, possono accedere alle banche di dati degli enti eroganti le prestazioni, in relazione a tipi di dati individuati specificamente con il consenso manifestato ai sensi dell’articolo 23.

2. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali stabilisce con proprio decreto le linee-guida di apposite convenzioni da stipulare tra gli istituti di patronato e di assistenza sociale e gli enti eroganti le prestazioni.

TITOLO IX

Sistema bancario, finanziario ed assicurativo.

Capo I – Sistemi informativi

117. Affidabilità e puntualità nei pagamenti.

1. Il Garante promuove, ai sensi dell’articolo 12, la sottoscrizione di un codice di deontologia e di buona condotta per il trattamento dei dati personali effettuato nell’àmbito di sistemi informativi di cui sono titolari soggetti privati, utilizzati a fini di concessione di crediti al consumo o comunque riguardanti l’affidabilità e la puntualità nei pagamenti da parte degli interessati, individuando anche specifiche modalità per garantire la comunicazione di dati personali esatti e aggiornati nel rispetto dei diritti dell’interessato (28).

(28) Per il codice di deontologia previsto dal presente articolo vedi la Del.Garante protez. dati pers. 16 novembre 2004, n. 8.

118. Informazioni commerciali.

1. Il Garante promuove, ai sensi dell’articolo 12, la sottoscrizione di un codice di deontologia e di buona condotta per il trattamento dei dati personali effettuato a fini di informazione commerciale, prevedendo anche, in correlazione con quanto previsto dall’articolo 13, comma 5, modalità semplificate per l’informativa all’interessato e idonei meccanismi per garantire la qualità e l’esattezza dei dati raccolti e comunicati.

119. Dati relativi al comportamento debitorio.

1. Con il codice di deontologia e di buona condotta di cui all’articolo 118 sono altresì individuati termini armonizzati di conservazione dei dati personali contenuti, in particolare, in banche di dati, registri ed elenchi tenuti da soggetti pubblici e privati, riferiti al comportamento debitorio dell’interessato nei casi diversi da quelli disciplinati nel codice di cui all’articolo 117, tenendo conto della specificità dei trattamenti nei diversi àmbiti.

120. Sinistri.

1. L’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP) definisce con proprio provvedimento le procedure e le modalità di funzionamento della banca di dati dei sinistri istituita per la prevenzione e il contrasto di comportamenti fraudolenti nel settore delle assicurazioni obbligatorie per i veicoli a motore immatricolati in Italia, stabilisce le modalità di accesso alle informazioni raccolte dalla banca dati per gli organi giudiziari e per le pubbliche amministrazioni competenti in materia di prevenzione e contrasto di comportamenti fraudolenti nel settore delle assicurazioni obbligatorie, nonché le modalità e i limiti per l’accesso alle informazioni da parte delle imprese di assicurazione (29).

2. Il trattamento e la comunicazione ai soggetti di cui al comma 1 dei dati personali sono consentiti per lo svolgimento delle funzioni indicate nel medesimo comma.

3. Per quanto non previsto dal presente articolo si applicano le disposizioni dell’articolo 135 del codice delle assicurazioni private (30).

(29) Con Provv. 1° giugno 2009, n. 31 è stato emanato il regolamento recante la disciplina della banca dati sinistri di cui al presente comma.

(30) Comma così modificato, a decorrere dal 1° gennaio 2006, dall’art. 352 del Codice delle assicurazioni private di cui al D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209.

TITOLO X

Comunicazioni elettroniche.

Capo I – Servizi di comunicazione elettronica

121. Servizi interessati.

1. Le disposizioni del presente titolo si applicano al trattamento dei dati personali connesso alla fornitura di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico su reti pubbliche di comunicazioni.

122. Informazioni raccolte nei riguardi dell’abbonato o dell’utente.

1. Salvo quanto previsto dal comma 2, è vietato l’uso di una rete di comunicazione elettronica per accedere a informazioni archiviate nell’apparecchio terminale di un abbonato o di un utente, per archiviare informazioni o per monitorare le operazioni dell’utente (31).

2. Il codice di deontologia di cui all’articolo 133 individua i presupposti e i limiti entro i quali l’uso della rete nei modi di cui al comma 1, per determinati scopi legittimi relativi alla memorizzazione tecnica per il tempo strettamente necessario alla trasmissione della comunicazione o a fornire uno specifico servizio richiesto dall’abbonato o dall’utente, è consentito al fornitore del servizio di comunicazione elettronica nei riguardi dell’abbonato e dell’utente che abbiano espresso il consenso sulla base di una previa informativa ai sensi dell’articolo 13 che indichi analiticamente, in modo chiaro e preciso, le finalità e la durata del trattamento.

(31) In deroga a quanto disposto dal presente comma vedi il comma 4 dell’art. 7, D.L. 27 luglio 2005, n. 144.

123. Dati relativi al traffico.

1. I dati relativi al traffico riguardanti abbonati ed utenti trattati dal fornitore di una rete pubblica di comunicazioni o di un servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico sono cancellati o resi anonimi quando non sono più necessari ai fini della trasmissione della comunicazione elettronica, fatte salve le disposizioni dei commi 2, 3 e 5.

2. Il trattamento dei dati relativi al traffico strettamente necessari a fini di fatturazione per l’abbonato, ovvero di pagamenti in caso di interconnessione, è consentito al fornitore, a fini di documentazione in caso di contestazione della fattura o per la pretesa del pagamento, per un periodo non superiore a sei mesi, salva l’ulteriore specifica conservazione necessaria per effetto di una contestazione anche in sede giudiziale.

3. Il fornitore di un servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico può trattare i dati di cui al comma 2 nella misura e per la durata necessarie a fini di commercializzazione di servizi di comunicazione elettronica o per la fornitura di servizi a valore aggiunto, solo se l’abbonato o l’utente cui i dati si riferiscono hanno manifestato il proprio consenso, che è revocabile in ogni momento (32).

4. Nel fornire l’informativa di cui all’articolo 13 il fornitore del servizio informa l’abbonato o l’utente sulla natura dei dati relativi al traffico che sono sottoposti a trattamento e sulla durata del medesimo trattamento ai fini di cui ai commi 2 e 3.

5. Il trattamento dei dati personali relativi al traffico è consentito unicamente ad incaricati del trattamento che operano ai sensi dell’articolo 30 sotto la diretta autorità del fornitore del servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico o, a seconda dei casi, del fornitore della rete pubblica di comunicazioni e che si occupano della fatturazione o della gestione del traffico, di analisi per conto di clienti, dell’accertamento di frodi, o della commercializzazione dei servizi di comunicazione elettronica o della prestazione dei servizi a valore aggiunto. Il trattamento è limitato a quanto è strettamente necessario per lo svolgimento di tali attività e deve assicurare l’identificazione dell’incaricato che accede ai dati anche mediante un’operazione di interrogazione automatizzata.

6. L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni può ottenere i dati relativi alla fatturazione o al traffico necessari ai fini della risoluzione di controversie attinenti, in particolare, all’interconnessione o alla fatturazione.

(32) In deroga a quanto disposto dal presente comma vedi il comma 4 dell’art. 7, D.L. 27 luglio 2005, n. 144.

124. Fatturazione dettagliata.

1. L’abbonato ha diritto di ricevere in dettaglio, a richiesta e senza alcun aggravio di spesa, la dimostrazione degli elementi che compongono la fattura relativi, in particolare, alla data e all’ora di inizio della conversazione, al numero selezionato, al tipo di numerazione, alla località, alla durata e al numero di scatti addebitati per ciascuna conversazione.

2. Il fornitore del servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico è tenuto ad abilitare l’utente ad effettuare comunicazioni e a richiedere servizi da qualsiasi terminale, gratuitamente ed in modo agevole, avvalendosi per il pagamento di modalità alternative alla fatturazione, anche impersonali, quali carte di credito o di debito o carte prepagate.

3. Nella documentazione inviata all’abbonato relativa alle comunicazioni effettuate non sono evidenziati i servizi e le comunicazioni di cui al comma 2, né le comunicazioni necessarie per attivare le modalità alternative alla fatturazione.

4. Nella fatturazione all’abbonato non sono evidenziate le ultime tre cifre dei numeri chiamati. Ad esclusivi fini di specifica contestazione dell’esattezza di addebiti determinati o riferiti a periodi limitati, l’abbonato può richiedere la comunicazione dei numeri completi delle comunicazioni in questione.

5. Il Garante, accertata l’effettiva disponibilità delle modalità di cui al comma 2, può autorizzare il fornitore ad indicare nella fatturazione i numeri completi delle comunicazioni (33).

(33) Vedi, anche, il Provv. 13 marzo 2008.

125. Identificazione della linea.

1. Se è disponibile la presentazione dell’identificazione della linea chiamante, il fornitore del servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico assicura all’utente chiamante la possibilità di impedire, gratuitamente e mediante una funzione semplice, la presentazione dell’identificazione della linea chiamante, chiamata per chiamata. L’abbonato chiamante deve avere tale possibilità linea per linea.

2. Se è disponibile la presentazione dell’identificazione della linea chiamante, il fornitore del servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico assicura all’abbonato chiamato la possibilità di impedire, gratuitamente e mediante una funzione semplice, la presentazione dell’identificazione delle chiamate entranti.

3. Se è disponibile la presentazione dell’identificazione della linea chiamante e tale indicazione avviene prima che la comunicazione sia stabilita, il fornitore del servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico assicura all’abbonato chiamato la possibilità, mediante una funzione semplice e gratuita, di respingere le chiamate entranti se la presentazione dell’identificazione della linea chiamante è stata eliminata dall’utente o abbonato chiamante.

4. Se è disponibile la presentazione dell’identificazione della linea collegata, il fornitore del servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico assicura all’abbonato chiamato la possibilità di impedire, gratuitamente e mediante una funzione semplice, la presentazione dell’identificazione della linea collegata all’utente chiamante.

5. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche alle chiamate dirette verso Paesi non appartenenti all’Unione europea. Le disposizioni di cui ai commi 2, 3 e 4 si applicano anche alle chiamate provenienti da tali Paesi.

6. Se è disponibile la presentazione dell’identificazione della linea chiamante o di quella collegata, il fornitore del servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico informa gli abbonati e gli utenti dell’esistenza di tale servizio e delle possibilità previste ai commi 1, 2, 3 e 4.

126. Dati relativi all’ubicazione.

1. I dati relativi all’ubicazione diversi dai dati relativi al traffico, riferiti agli utenti o agli abbonati di reti pubbliche di comunicazione o di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico, possono essere trattati solo se anonimi o se l’utente o l’abbonato ha manifestato previamente il proprio consenso, revocabile in ogni momento, e nella misura e per la durata necessari per la fornitura del servizio a valore aggiunto richiesto.

2. Il fornitore del servizio, prima di richiedere il consenso, informa gli utenti e gli abbonati sulla natura dei dati relativi all’ubicazione diversi dai dati relativi al traffico che saranno sottoposti al trattamento, sugli scopi e sulla durata di quest’ultimo, nonché sull’eventualità che i dati siano trasmessi ad un terzo per la prestazione del servizio a valore aggiunto.

3. L’utente e l’abbonato che manifestano il proprio consenso al trattamento dei dati relativi all’ubicazione, diversi dai dati relativi al traffico, conservano il diritto di richiedere, gratuitamente e mediante una funzione semplice, l’interruzione temporanea del trattamento di tali dati per ciascun collegamento alla rete o per ciascuna trasmissione di comunicazioni.

4. Il trattamento dei dati relativi all’ubicazione diversi dai dati relativi al traffico, ai sensi dei commi 1, 2 e 3, è consentito unicamente ad incaricati del trattamento che operano ai sensi dell’articolo 30, sotto la diretta autorità del fornitore del servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico o, a seconda dei casi, del fornitore della rete pubblica di comunicazioni o del terzo che fornisce il servizio a valore aggiunto. Il trattamento è limitato a quanto è strettamente necessario per la fornitura del servizio a valore aggiunto e deve assicurare l’identificazione dell’incaricato che accede ai dati anche mediante un’operazione di interrogazione automatizzata.

127. Chiamate di disturbo e di emergenza.

1. L’abbonato che riceve chiamate di disturbo può richiedere che il fornitore della rete pubblica di comunicazioni o del servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico renda temporaneamente inefficace la soppressione della presentazione dell’identificazione della linea chiamante e conservi i dati relativi alla provenienza della chiamata ricevuta. L’inefficacia della soppressione può essere disposta per i soli orari durante i quali si verificano le chiamate di disturbo e per un periodo non superiore a quindici giorni.

2. La richiesta formulata per iscritto dall’abbonato specifica le modalità di ricezione delle chiamate di disturbo e nel caso in cui sia preceduta da una richiesta telefonica è inoltrata entro quarantotto ore.

3. I dati conservati ai sensi del comma 1 possono essere comunicati all’abbonato che dichiari di utilizzarli per esclusive finalità di tutela rispetto a chiamate di disturbo. Per i servizi di cui al comma 1 il fornitore assicura procedure trasparenti nei confronti degli abbonati e può richiedere un contributo spese non superiore ai costi effettivamente sopportati.

4. Il fornitore di una rete pubblica di comunicazioni o di un servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico predispone procedure trasparenti per garantire, linea per linea, l’inefficacia della soppressione dell’identificazione della linea chiamante, nonché, ove necessario, il trattamento dei dati relativi all’ubicazione, nonostante il rifiuto o il mancato consenso temporanei dell’abbonato o dell’utente, da parte dei servizi abilitati in base alla legge a ricevere chiamate d’emergenza. I servizi sono individuati con decreto del Ministro delle comunicazioni, sentiti il Garante e l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (34).

(34) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 27 aprile 2006.

128. Trasferimento automatico della chiamata.

1. Il fornitore di un servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico adotta le misure necessarie per consentire a ciascun abbonato, gratuitamente e mediante una funzione semplice, di poter bloccare il trasferimento automatico delle chiamate verso il proprio terminale effettuato da terzi.

129. Elenchi di abbonati.

1. Il Garante individua con proprio provvedimento, in cooperazione con l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ai sensi dell’articolo 154, comma 3, e in conformità alla normativa comunitaria, le modalità di inserimento e di successivo utilizzo dei dati personali relativi agli abbonati negli elenchi cartacei o elettronici a disposizione del pubblico, anche in riferimento ai dati già raccolti prima della data di entrata in vigore del presente codice.

2. Il provvedimento di cui al comma 1 individua idonee modalità per la manifestazione del consenso all’inclusione negli elenchi e, rispettivamente, all’utilizzo dei dati per le finalità di cui all’articolo 7, comma 4, lettera b), in base al principio della massima semplificazione delle modalità di inclusione negli elenchi a fini di mera ricerca dell’abbonato per comunicazioni interpersonali, e del consenso specifico ed espresso qualora il trattamento esuli da tali fini, nonché in tema di verifica, rettifica o cancellazione dei dati senza oneri.

130. Comunicazioni indesiderate.

1. L’uso di sistemi automatizzati di chiamata senza l’intervento di un operatore per l’invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale è consentito con il consenso dell’interessato.

2. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche alle comunicazioni elettroniche, effettuate per le finalità ivi indicate, mediante posta elettronica, telefax, messaggi del tipo Mms (Multimedia Messaging Service) o Sms (Short Message Service) o di altro tipo.

3. Fuori dei casi di cui ai commi 1 e 2, ulteriori comunicazioni per le finalità di cui ai medesimi commi effettuate con mezzi diversi da quelli ivi indicati, sono consentite ai sensi degli articoli 23 e 24 nonché ai sensi di quanto previsto dal comma 3-bis del presente articolo (35).

3-bis. In deroga a quanto previsto dall’articolo 129, il trattamento dei dati di cui all’articolo 129, comma 1, mediante l’impiego del telefono per le finalità di cui all’articolo 7, comma 4, lettera b), è consentito nei confronti di chi non abbia esercitato il diritto di opposizione, con modalità semplificate e anche in via telematica, mediante l’iscrizione della numerazione della quale è intestatario in un registro pubblico delle opposizioni (36).

3-ter. Il registro di cui al comma 3-bis è istituito con decreto del Presidente della Repubblica da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, acquisito il parere del Consiglio di Stato e delle Commissioni parlamentari competenti in materia, che si pronunciano entro trenta giorni dalla richiesta, nonché, per i relativi profili di competenza, il parere dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che si esprime entro il medesimo termine, secondo i seguenti criteri e princìpi generali:

a) attribuzione dell’istituzione e della gestione del registro ad un ente o organismo pubblico titolare di competenze inerenti alla materia;

b) previsione che l’ente o organismo deputato all’istituzione e alla gestione del registro vi provveda con le risorse umane e strumentali di cui dispone o affidandone la realizzazione e la gestione a terzi, che se ne assumono interamente gli oneri finanziari e organizzativi, mediante contratto di servizio, nel rispetto del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. I soggetti che si avvalgono del registro per effettuare le comunicazioni corrispondono tariffe di accesso basate sugli effettivi costi di funzionamento e di manutenzione. Il Ministro dello sviluppo economico, con proprio provvedimento, determina tali tariffe;

c) previsione che le modalità tecniche di funzionamento del registro consentano ad ogni utente di chiedere che sia iscritta la numerazione della quale è intestatario secondo modalità semplificate ed anche in via telematica o telefonica;

d) previsione di modalità tecniche di funzionamento e di accesso al registro mediante interrogazioni selettive che non consentano il trasferimento dei dati presenti nel registro stesso, prevedendo il tracciamento delle operazioni compiute e la conservazione dei dati relativi agli accessi;

e) disciplina delle tempistiche e delle modalità dell’iscrizione al registro, senza distinzione di settore di attività o di categoria merceologica, e del relativo aggiornamento, nonché del correlativo periodo massimo di utilizzabilità dei dati verificati nel registro medesimo, prevedendosi che l’iscrizione abbia durata indefinita e sia revocabile in qualunque momento, mediante strumenti di facile utilizzo e gratuitamente;

f) obbligo per i soggetti che effettuano trattamenti di dati per le finalità di cui all’articolo 7, comma 4, lettera b), di garantire la presentazione dell’identificazione della linea chiamante e di fornire all’utente idonee informative, in particolare sulla possibilità e sulle modalità di iscrizione nel registro per opporsi a futuri contatti;

g) previsione che l’iscrizione nel registro non precluda i trattamenti dei dati altrimenti acquisiti e trattati nel rispetto degli articoli 23 e 24 (37).

3-quater. La vigilanza e il controllo sull’organizzazione e il funzionamento del registro di cui al comma 3-bis e sul trattamento dei dati sono attribuiti al Garante (38).

4. Fatto salvo quanto previsto nel comma 1, se il titolare del trattamento utilizza, a fini di vendita diretta di propri prodotti o servizi, le coordinate di posta elettronica fornite dall’interessato nel contesto della vendita di un prodotto o di un servizio, può non richiedere il consenso dell’interessato, sempre che si tratti di servizi analoghi a quelli oggetto della vendita e l’interessato, adeguatamente informato, non rifiuti tale uso, inizialmente o in occasione di successive comunicazioni. L’interessato, al momento della raccolta e in occasione dell’invio di ogni comunicazione effettuata per le finalità di cui al presente comma, è informato della possibilità di opporsi in ogni momento al trattamento, in maniera agevole e gratuitamente.

5. È vietato in ogni caso l’invio di comunicazioni per le finalità di cui al comma 1 o, comunque, a scopo promozionale, effettuato camuffando o celando l’identità del mittente o senza fornire un idoneo recapito presso il quale l’interessato possa esercitare i diritti di cui all’articolo 7.

6. In caso di reiterata violazione delle disposizioni di cui al presente articolo il Garante può, provvedendo ai sensi dell’articolo 143, comma 1, lettera b), altresì prescrivere a fornitori di servizi di comunicazione elettronica di adottare procedure di filtraggio o altre misure praticabili relativamente alle coordinate di posta elettronica da cui sono stati inviate le comunicazioni.

(35) Comma così modificato dalla lettera a) del comma 1 dell’art. 20-bis, D.L. 25 settembre 2009, n. 135, aggiunto dalla relativa legge di conversione.

(36) Comma aggiunto dalla lettera b) del comma 1 dell’art. 20-bis, D.L. 25 settembre 2009, n. 135, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. Vedi, anche, il comma 2 dello stesso art. 20-bis.

(37) Comma aggiunto dalla lettera b) del comma 1 dell’art. 20-bis, D.L. 25 settembre 2009, n. 135, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(38) Comma aggiunto dalla lettera b) del comma 1 dell’art. 20-bis, D.L. 25 settembre 2009, n. 135, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

131. Informazioni ad abbonati e utenti.

1. Il fornitore di un servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico informa l’abbonato e, ove possibile, l’utente circa la sussistenza di situazioni che permettono di apprendere in modo non intenzionale il contenuto di comunicazioni o conversazioni da parte di soggetti ad esse estranei.

2. L’abbonato informa l’utente quando il contenuto delle comunicazioni o conversazioni può essere appreso da altri a causa del tipo di apparecchiature terminali utilizzate o del collegamento realizzato tra le stesse presso la sede dell’abbonato medesimo.

3. L’utente informa l’altro utente quando, nel corso della conversazione, sono utilizzati dispositivi che consentono l’ascolto della conversazione stessa da parte di altri soggetti.

132. Conservazione di dati di traffico per altre finalità.

1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 123, comma 2, i dati relativi al traffico telefonico, sono conservati dal fornitore per ventiquattro mesi dalla data di comunicazione, per finalità di accertamento e repressione dei reati, mentre, per le medesime finalità, i dati relativi al traffico telematico, esclusi comunque i contenuti delle comunicazioni, sono conservati dal fornitore per dodici mesi dalla data della comunicazione (39).

1-bis. I dati relativi alle chiamate senza risposta, trattati temporaneamente da parte dei fornitori di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico oppure di una rete pubblica di comunicazione, sono conservati per trenta giorni (40).

2. [Decorso il termine di cui al comma 1, i dati relativi al traffico telefonico, inclusi quelli concernenti le chiamate senza risposta, sono conservati dal fornitore per ulteriori ventiquattro mesi e quelli relativi al traffico telematico, esclusi comunque i contenuti delle comunicazioni, sono conservati per ulteriori sei mesi per esclusive finalità di accertamento e repressione dei delitti di cui all’articolo 407, comma 2, lettera a) del codice di procedura penale, nonché dei delitti in danno di sistemi informatici o telematici] (41).

3. Entro il termine di cui al comma 1, i dati sono acquisiti presso il fornitore con decreto motivato del pubblico ministero anche su istanza del difensore dell’imputato, della persona sottoposta alle indagini, della persona offesa e delle altre parti private. Il difensore dell’imputato o della persona sottoposta alle indagini può richiedere, direttamente al fornitore i dati relativi alle utenze intestate al proprio assistito con le modalità indicate dall’articolo 391-quater del codice di procedura penale, ferme restando le condizioni di cui all’articolo 8, comma 2, lettera f), per il traffico entrante (42).

4. [Dopo la scadenza del termine indicato al comma 1, il giudice autorizza l’acquisizione dei dati, con decreto motivato, se ritiene che sussistano sufficienti indizi dei delitti di cui all’articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, nonché dei delitti in danno di sistemi informatici o telematici] (43).

4-bis. [Nei casi di urgenza, quando vi è fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave pregiudizio alle indagini, il pubblico ministero dispone la acquisizione dei dati relativi al traffico telefonico con decreto motivato che è comunicato immediatamente, e comunque non oltre ventiquattro ore, al giudice competente per il rilascio dell’autorizzazione in via ordinaria. Il giudice, entro quarantotto ore dal provvedimento, decide sulla convalida con decreto motivato. Se il decreto del pubblico ministero non è convalidato nel termine stabilito, i dati acquisiti non possono essere utilizzati] (44).

4-ter. Il Ministro dell’interno o, su sua delega, i responsabili degli uffici centrali specialistici in materia informatica o telematica della Polizia di Stato, dell’Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, nonché gli altri soggetti indicati nel comma 1 dell’articolo 226 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, possono ordinare, anche in relazione alle eventuali richieste avanzate da autorità investigative straniere, ai fornitori e agli operatori di servizi informatici o telematici di conservare e proteggere, secondo le modalità indicate e per un periodo non superiore a novanta giorni, i dati relativi al traffico telematico, esclusi comunque i contenuti delle comunicazioni, ai fini dello svolgimento delle investigazioni preventive previste dal citato articolo 226 delle norme di cui al decreto legislativo n. 271 del 1989, ovvero per finalità di accertamento e repressione di specifici reati. Il provvedimento, prorogabile, per motivate esigenze, per una durata complessiva non superiore a sei mesi, può prevedere particolari modalità di custodia dei dati e l’eventuale indisponibilità dei dati stessi da parte dei fornitori e degli operatori di servizi informatici o telematici ovvero di terzi (45).

4-quater. Il fornitore o l’operatore di servizi informatici o telematici cui è rivolto l’ordine previsto dal comma 4-ter deve ottemperarvi senza ritardo, fornendo immediatamente all’autorità richiedente l’assicurazione dell’adempimento. Il fornitore o l’operatore di servizi informatici o telematici è tenuto a mantenere il segreto relativamente all’ordine ricevuto e alle attività conseguentemente svolte per il periodo indicato dall’autorità. In caso di violazione dell’obbligo si applicano, salvo che il fatto costituisca più grave reato, le disposizioni dell’articolo 326 del codice penale (46).

4-quinquies. I provvedimenti adottati ai sensi del comma 4-ter sono comunicati per iscritto, senza ritardo e comunque entro quarantotto ore dalla notifica al destinatario, al pubblico ministero del luogo di esecuzione il quale, se ne ricorrono i presupposti, li convalida. In caso di mancata convalida, i provvedimenti assunti perdono efficacia (47).

5. Il trattamento dei dati per le finalità di cui al comma 1 è effettuato nel rispetto delle misure e degli accorgimenti a garanzia dell’interessato prescritti ai sensi dell’articolo 17, volti a garantire che i dati conservati possiedano i medesimi requisiti di qualità, sicurezza e protezione dei dati in rete, nonchè a (48):

a) prevedere in ogni caso specifici sistemi di autenticazione informatica e di autorizzazione degli incaricati del trattamento di cui all’allegato B);

b) [disciplinare le modalità di conservazione separata dei dati una volta decorso il termine di cui al comma 1] (49);

c) [individuare le modalità di trattamento dei dati da parte di specifici incaricati del trattamento in modo tale che, decorso il termine di cui al comma 1, l’utilizzazione dei dati sia consentita solo nei casi di cui al comma 4 e all’articolo 7] (50);

d) indicare le modalità tecniche per la periodica distruzione dei dati, decorsi i termini di cui al comma 1 (51) (52) .

(39) Comma così modificato prima dall’art. 6, D.L. 27 luglio 2005, n. 144 e poi dall’art. 2, D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 109.

(40) Comma aggiunto dall’art. 2, D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 109, con la decorrenza indicata nell’art. 6 dello stesso decreto.

(41) Comma così modificato dall’art. 6, D.L. 27 luglio 2005, n. 144 e poi abrogato dall’art. 2, D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 109.

(42) Comma così modificato dall’art. 6, D.L. 27 luglio 2005, n. 144.

(43) Comma abrogato dall’art. 2, D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 109.

(44) Comma aggiunto dall’art. 6, D.L. 27 luglio 2005, n. 144, come modificato dalla relativa legge di conversione e poi abrogato dall’art. 2, D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 109.

(45) Comma aggiunto dall’art. 10, L. 18 marzo 2008, n. 48.

(46) Comma aggiunto dall’art. 10, L. 18 marzo 2008, n. 48.

(47) Comma aggiunto dall’art. 10, L. 18 marzo 2008, n. 48.

(48) Alinea così modificato dall’art. 2, D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 109.

(49) Lettera soppressa dall’art. 2, D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 109.

(50) Lettera soppressa dall’art. 2, D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 109

(51) Lettera così modificata dall’art. 2, D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 109. Vedi, anche, il Provv. 17 gennaio 2008.

(52) Articolo così sostituito dall’art. 3, D.L. 24 dicembre 2003, n. 354, come modificato dalla relativa legge di conversione. Vedi, anche, l’art. 3, D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 109.

Capo II – Internet e reti telematiche

133. Codice di deontologia e di buona condotta.

1. Il Garante promuove, ai sensi dell’articolo 12, la sottoscrizione di un codice di deontologia e di buona condotta per il trattamento dei dati personali effettuato da fornitori di servizi di comunicazione e informazione offerti mediante reti di comunicazione elettronica, con particolare riguardo ai criteri per assicurare ed uniformare una più adeguata informazione e consapevolezza degli utenti delle reti di comunicazione elettronica gestite da soggetti pubblici e privati rispetto ai tipi di dati personali trattati e alle modalità del loro trattamento, in particolare attraverso informative fornite in linea in modo agevole e interattivo, per favorire una più ampia trasparenza e correttezza nei confronti dei medesimi utenti e il pieno rispetto dei princìpi di cui all’articolo 11, anche ai fini dell’eventuale rilascio di certificazioni attestanti la qualità delle modalità prescelte e il livello di sicurezza assicurato.

Capo III – Videosorveglianza

134. Codice di deontologia e di buona condotta.

1. Il Garante promuove, ai sensi dell’articolo 12, la sottoscrizione di un codice di deontologia e di buona condotta per il trattamento dei dati personali effettuato con strumenti elettronici di rilevamento di immagini, prevedendo specifiche modalità di trattamento e forme semplificate di informativa all’interessato per garantire la liceità e la correttezza anche in riferimento a quanto previsto dall’articolo 11.

TITOLO XI

Libere professioni e investigazione privata.

Capo I – Profili generali

135. Codice di deontologia e di buona condotta.

1. Il Garante promuove, ai sensi dell’articolo 12, la sottoscrizione di un codice di deontologia e di buona condotta per il trattamento dei dati personali effettuato per lo svolgimento delle investigazioni difensive di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 397, o per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, in particolare da liberi professionisti o da soggetti che esercitano un’attività di investigazione privata autorizzata in conformità alla legge (53).

(53) In attuazione di quanto disposto dal presente articolo vedi la Del. 6 novembre 2008, n. 60.

TITOLO XII

Giornalismo ed espressione letteraria ed artistica.

Capo I – Profili generali

136. Finalità giornalistiche e altre manifestazioni del pensiero.

1. Le disposizioni del presente titolo si applicano al trattamento:

a) effettuato nell’esercizio della professione di giornalista e per l’esclusivo perseguimento delle relative finalità;

b) effettuato dai soggetti iscritti nell’elenco dei pubblicisti o nel registro dei praticanti di cui agli articoli 26 e 33 della legge 3 febbraio 1963, n. 69;

c) temporaneo finalizzato esclusivamente alla pubblicazione o diffusione occasionale di articoli, saggi e altre manifestazioni del pensiero anche nell’espressione artistica.

137. Disposizioni applicabili.

1. Ai trattamenti indicati nell’articolo 136 non si applicano le disposizioni del presente codice relative:

a) all’autorizzazione del Garante prevista dall’articolo 26;

b) alle garanzie previste dall’articolo 27 per i dati giudiziari;

c) al trasferimento dei dati all’estero, contenute nel Titolo VII della Parte I.

2. Il trattamento dei dati di cui al comma 1 è effettuato anche senza il consenso dell’interessato previsto dagli articoli 23 e 26 .

3. In caso di diffusione o di comunicazione dei dati per le finalità di cui all’articolo 136 restano fermi i limiti del diritto di cronaca a tutela dei diritti di cui all’articolo 2 e, in particolare, quello dell’essenzialità dell’informazione riguardo a fatti di interesse pubblico. Possono essere trattati i dati personali relativi a circostanze o fatti resi noti direttamente dagli interessati o attraverso loro comportamenti in pubblico.

138. Segreto professionale.

1. In caso di richiesta dell’interessato di conoscere l’origine dei dati personali ai sensi dell’articolo 7, comma 2, lettera a), restano ferme le norme sul segreto professionale degli esercenti la professione di giornalista, limitatamente alla fonte della notizia.

Capo II – Codice di deontologia

139. Codice di deontologia relativo ad attività giornalistiche.

1. Il Garante promuove ai sensi dell’articolo 12 l’adozione da parte del Consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti di un codice di deontologia relativo al trattamento dei dati di cui all’articolo 136, che prevede misure ed accorgimenti a garanzia degli interessati rapportate alla natura dei dati, in particolare per quanto riguarda quelli idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale. Il codice può anche prevedere forme semplificate per le informative di cui all’articolo 13.

2. Nella fase di formazione del codice, ovvero successivamente, il Garante, in cooperazione con il Consiglio, prescrive eventuali misure e accorgimenti a garanzia degli interessati, che il Consiglio è tenuto a recepire.

3. Il codice o le modificazioni od integrazioni al codice di deontologia che non sono adottati dal Consiglio entro sei mesi dalla proposta del Garante sono adottati in via sostitutiva dal Garante e sono efficaci sino a quando diviene efficace una diversa disciplina secondo la procedura di cooperazione.

4. Il codice e le disposizioni di modificazione ed integrazione divengono efficaci quindici giorni dopo la loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale ai sensi dell’articolo 12.

5. In caso di violazione delle prescrizioni contenute nel codice di deontologia, il Garante può vietare il trattamento ai sensi dell’articolo 143, comma 1, lettera c).

TITOLO XIII

Marketing diretto.

Capo I – Profili generali

140. Codice di deontologia e di buona condotta.

1. Il Garante promuove, ai sensi dell’articolo 12, la sottoscrizione di un codice di deontologia e di buona condotta per il trattamento dei dati personali effettuato a fini di invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta, ovvero per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale, prevedendo anche, per i casi in cui il trattamento non presuppone il consenso dell’interessato, forme semplificate per manifestare e rendere meglio conoscibile l’eventuale dichiarazione di non voler ricevere determinate comunicazioni.

Parte III – Tutela dell’interessato e sanzioni

TITOLO I

Tutela amministrativa e giurisdizionale.

Capo I – Tutela dinanzi al garante

Sezione I – Princìpi generali

141. Forme di tutela.

1. L’interessato può rivolgersi al Garante:

a) mediante reclamo circostanziato nei modi previsti dall’articolo 142, per rappresentare una violazione della disciplina rilevante in materia di trattamento di dati personali;

b) mediante segnalazione, se non è possibile presentare un reclamo circostanziato ai sensi della lettera a), al fine di sollecitare un controllo da parte del Garante sulla disciplina medesima;

c) mediante ricorso, se intende far valere gli specifici diritti di cui all’articolo 7 secondo le modalità e per conseguire gli effetti previsti nella sezione III del presente capo.

Sezione II – Tutela amministrativa

142. Proposizione dei reclami.

1. Il reclamo contiene un’indicazione per quanto possibile dettagliata dei fatti e delle circostanze su cui si fonda, delle disposizioni che si presumono violate e delle misure richieste, nonché gli estremi identificativi del titolare, del responsabile, ove conosciuto, e dell’istante.

2. Il reclamo è sottoscritto dagli interessati, o da associazioni che li rappresentano anche ai sensi dell’articolo 9, comma 2, ed è presentato al Garante senza particolari formalità. Il reclamo reca in allegato la documentazione utile ai fini della sua valutazione e l’eventuale procura, e indica un recapito per l’invio di comunicazioni anche tramite posta elettronica, telefax o telefono.

3. Il Garante può predisporre un modello per il reclamo da pubblicare nel Bollettino e di cui favorisce la disponibilità con strumenti elettronici.

143. Procedimento per i reclami.

1. Esaurita l’istruttoria preliminare, se il reclamo non è manifestamente infondato e sussistono i presupposti per adottare un provvedimento, il Garante, anche prima della definizione del procedimento:

a) prima di prescrivere le misure di cui alla lettera b), ovvero il divieto o il blocco ai sensi della lettera c), può invitare il titolare, anche in contraddittorio con l’interessato, ad effettuare il blocco spontaneamente;

b) prescrive al titolare le misure opportune o necessarie per rendere il trattamento conforme alle disposizioni vigenti (54);

c) dispone il blocco o vieta, in tutto o in parte, il trattamento che risulta illecito o non corretto anche per effetto della mancata adozione delle misure necessarie di cui alla lettera b), oppure quando, in considerazione della natura dei dati o, comunque, delle modalità del trattamento o degli effetti che esso può determinare, vi è il concreto rischio del verificarsi di un pregiudizio rilevante per uno o più interessati;

d) può vietare in tutto o in parte il trattamento di dati relativi a singoli soggetti o a categorie di soggetti che si pone in contrasto con rilevanti interessi della collettività.

2. I provvedimenti di cui al comma 1 sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana se i relativi destinatari non sono facilmente identificabili per il numero o per la complessità degli accertamenti (55).

(54) Vedi, anche, il Provv. 1° aprile 2010 e il Provv. 8 aprile 2010.

(55) Vedi, anche, la Del.Garante protez. dati pers. 24 maggio 2007, n. 21.

144. Segnalazioni.

1. I provvedimenti di cui all’articolo 143 possono essere adottati anche a seguito delle segnalazioni di cui all’articolo 141, comma 1, lettera b), se è avviata un’istruttoria preliminare e anche prima della definizione del procedimento.

Sezione III – Tutela alternativa a quella giurisdizionale (56)

145. Ricorsi.

1. I diritti di cui all’articolo 7 possono essere fatti valere dinanzi all’autorità giudiziaria o con ricorso al Garante.

2. Il ricorso al Garante non può essere proposto se, per il medesimo oggetto e tra le stesse parti, è stata già adita l’autorità giudiziaria.

3. La presentazione del ricorso al Garante rende improponibile un’ulteriore domanda dinanzi all’autorità giudiziaria tra le stesse parti e per il medesimo oggetto.

(56) Vedi, anche, il comma 4 dell’art. 25, L. 7 agosto 1990, n. 241, come sostituito dall’art. 17, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

146. Interpello preventivo.

1. Salvi i casi in cui il decorso del termine esporrebbe taluno a pregiudizio imminente ed irreparabile, il ricorso al Garante può essere proposto solo dopo che è stata avanzata richiesta sul medesimo oggetto al titolare o al responsabile ai sensi dell’articolo 8, comma 1, e sono decorsi i termini previsti dal presente articolo, ovvero è stato opposto alla richiesta un diniego anche parziale.

2. Il riscontro alla richiesta da parte del titolare o del responsabile è fornito entro quindici giorni dal suo ricevimento (57).

3. Entro il termine di cui al comma 2, se le operazioni necessarie per un integrale riscontro alla richiesta sono di particolare complessità, ovvero ricorre altro giustificato motivo, il titolare o il responsabile ne danno comunicazione all’interessato. In tal caso, il termine per l’integrale riscontro è di trenta giorni dal ricevimento della richiesta medesima (58).

(57) Per la proroga del termine previsto dal presente comma vedi il comma 7 dell’art. 1, O.P.C.M. 17 giugno 2009, n. 3781.

(58) Per la proroga del termine previsto dal presente comma vedi il comma 7 dell’art. 1, O.P.C.M. 17 giugno 2009, n. 3781.

147. Presentazione del ricorso.

1. Il ricorso è proposto nei confronti del titolare e indica:

a) gli estremi identificativi del ricorrente, dell’eventuale procuratore speciale, del titolare e, ove conosciuto, del responsabile eventualmente designato per il riscontro all’interessato in caso di esercizio dei diritti di cui all’articolo 7;

b) la data della richiesta presentata al titolare o al responsabile ai sensi dell’articolo 8, comma 1, oppure del pregiudizio imminente ed irreparabile che permette di prescindere dalla richiesta medesima;

c) gli elementi posti a fondamento della domanda;

d) il provvedimento richiesto al Garante;

e) il domicilio eletto ai fini del procedimento.

2. Il ricorso è sottoscritto dal ricorrente o dal procuratore speciale e reca in allegato:

a) la copia della richiesta rivolta al titolare o al responsabile ai sensi dell’articolo 8, comma 1;

b) l’eventuale procura;

c) la prova del versamento dei diritti di segreteria.

3. Al ricorso è unita, altresì, la documentazione utile ai fini della sua valutazione e l’indicazione di un recapito per l’invio di comunicazioni al ricorrente o al procuratore speciale mediante posta elettronica, telefax o telefono.

4. Il ricorso è rivolto al Garante e la relativa sottoscrizione è autenticata. L’autenticazione non è richiesta se la sottoscrizione è apposta presso l’Ufficio del Garante o da un procuratore speciale iscritto all’albo degli avvocati al quale la procura è conferita ai sensi dell’articolo 83 del codice di procedura civile, ovvero con firma digitale in conformità alla normativa vigente.

5. Il ricorso è validamente proposto solo se è trasmesso con plico raccomandato, oppure per via telematica osservando le modalità relative alla sottoscrizione con firma digitale e alla conferma del ricevimento prescritte ai sensi dell’articolo 38, comma 2, ovvero presentato direttamente presso l’Ufficio del Garante.

148. Inammissibilità del ricorso.

1. Il ricorso è inammissibile:

a) se proviene da un soggetto non legittimato;

b) in caso di inosservanza delle disposizioni di cui agli articoli 145 e 146;

c) se difetta di taluno degli elementi indicati nell’articolo 147, commi 1 e 2, salvo che sia regolarizzato dal ricorrente o dal procuratore speciale anche su invito dell’Ufficio del Garante ai sensi del comma 2, entro sette giorni dalla data della sua presentazione o della ricezione dell’invito. In tale caso, il ricorso si considera presentato al momento in cui il ricorso regolarizzato perviene all’Ufficio.

2. Il Garante determina i casi in cui è possibile la regolarizzazione del ricorso (59).

(59) La Del.Garante protez. dati pers. 23 dicembre 2004, n. 16 (Gazz. Uff. 21 marzo 2005, n. 66) ha disposto che la regolarizzazione dei ricorsi presentati al Garante ai sensi del presente comma è possibile nei seguenti casi:

a) quando il ricorso è sottoscritto da persona fisica o giuridica diversa dal ricorrente o dal procuratore speciale, oppure è trasmesso al Garante con corrispondenza diversa dal plico raccomandato o in modo difforme dalle altre modalità indicate nell’art. 147, comma 5;

b) qualora il ricorso difetti di uno o più dei dati identificativi di cui all’art. 147, comma 1, lettera a);

c) qualora manchi l’indicazione della data della richiesta presentata al titolare o al responsabile ai sensi dell’art. 8, comma 1, del codice o l’indicazione del pregiudizio imminente e irreparabile che permette di prescindere dalla richiesta medesima (art. 147, comma 1, lettera b);

d) quando il ricorso sia privo di una sottoscrizione autenticata secondo il disposto dell’art. 147, comma 4;

e) quando manchi l’indicazione degli elementi posti a fondamento della domanda (art. 147, comma 1, lettera c);

f) quando il ricorso non rechi l’indicazione del provvedimento richiesto al Garante (art. 147, comma 1, lettera d);

g) quando manchi l’indicazione del domicilio eletto ai fini del procedimento (art. 147, comma 1, lettera e);

h) qualora al ricorso non risultino allegate l’eventuale procura o la copia della richiesta rivolta al titolare o al responsabile ai sensi dell’art. 8, comma 1, del codice;

i) qualora difetti la prova del versamento dei diritti di segreteria (art. 147, comma 2, lettera c) o risulti imprecisa o incompleta la documentazione attestante che l’interessato si trova nelle condizioni previste dalla legge per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

149. Procedimento relativo al ricorso.

1. Fuori dei casi in cui è dichiarato inammissibile o manifestamente infondato, il ricorso è comunicato al titolare entro tre giorni a cura dell’Ufficio del Garante, con invito ad esercitare entro dieci giorni dal suo ricevimento la facoltà di comunicare al ricorrente e all’Ufficio la propria eventuale adesione spontanea. L’invito è comunicato al titolare per il tramite del responsabile eventualmente designato per il riscontro all’interessato in caso di esercizio dei diritti di cui all’articolo 7, ove indicato nel ricorso.

2. In caso di adesione spontanea è dichiarato non luogo a provvedere. Se il ricorrente lo richiede, è determinato in misura forfettaria l’ammontare delle spese e dei diritti inerenti al ricorso, posti a carico della controparte o compensati per giusti motivi anche parzialmente.

3. Nel procedimento dinanzi al Garante il titolare, il responsabile di cui al comma 1 e l’interessato hanno diritto di essere sentiti, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, e hanno facoltà di presentare memorie o documenti. A tal fine l’invito di cui al comma 1 è trasmesso anche al ricorrente e reca l’indicazione del termine entro il quale il titolare, il medesimo responsabile e l’interessato possono presentare memorie e documenti, nonché della data in cui tali soggetti possono essere sentiti in contraddittorio anche mediante idonea tecnica audiovisiva.

4. Nel procedimento il ricorrente può precisare la domanda nei limiti di quanto chiesto con il ricorso o a seguito di eccezioni formulate dal titolare.

5. Il Garante può disporre, anche d’ufficio, l’espletamento di una o più perizie. Il provvedimento che le dispone precisa il contenuto dell’incarico e il termine per la sua esecuzione, ed è comunicato alle parti le quali possono presenziare alle operazioni personalmente o tramite procuratori o consulenti designati. Il provvedimento dispone inoltre in ordine all’anticipazione delle spese della perizia.

6. Nel procedimento, il titolare e il responsabile di cui al comma 1 possono essere assistiti da un procuratore o da altra persona di fiducia.

7. Se gli accertamenti risultano particolarmente complessi o vi è l’assenso delle parti il termine di sessanta giorni di cui all’articolo 150, comma 2, può essere prorogato per un periodo non superiore ad ulteriori quaranta giorni.

8. Il decorso dei termini previsti dall’articolo 150, comma 2 e dall’articolo 151 è sospeso di diritto dal 1° agosto al 15 settembre di ciascun anno e riprende a decorrere dalla fine del periodo di sospensione. Se il decorso ha inizio durante tale periodo, l’inizio stesso è differito alla fine del periodo medesimo. La sospensione non opera nei casi in cui sussiste il pregiudizio di cui all’articolo 146, comma 1, e non preclude l’adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 150, comma 1.

150. Provvedimenti a seguito del ricorso.

1. Se la particolarità del caso lo richiede, il Garante può disporre in via provvisoria il blocco in tutto o in parte di taluno dei dati, ovvero l’immediata sospensione di una o più operazioni del trattamento. Il provvedimento può essere adottato anche prima della comunicazione del ricorso ai sensi dell’articolo 149, comma 1, e cessa di avere ogni effetto se non è adottata nei termini la decisione di cui al comma 2. Il medesimo provvedimento è impugnabile unitamente a tale decisione.

2. Assunte le necessarie informazioni il Garante, se ritiene fondato il ricorso, ordina al titolare, con decisione motivata, la cessazione del comportamento illegittimo, indicando le misure necessarie a tutela dei diritti dell’interessato e assegnando un termine per la loro adozione. La mancata pronuncia sul ricorso, decorsi sessanta giorni dalla data di presentazione, equivale a rigetto (60).

3. Se vi è stata previa richiesta di taluna delle parti, il provvedimento che definisce il procedimento determina in misura forfettaria l’ammontare delle spese e dei diritti inerenti al ricorso, posti a carico, anche in parte, del soccombente o compensati anche parzialmente per giusti motivi.

4. Il provvedimento espresso, anche provvisorio, adottato dal Garante è comunicato alle parti entro dieci giorni presso il domicilio eletto o risultante dagli atti. Il provvedimento può essere comunicato alle parti anche mediante posta elettronica o telefax.

5. Se sorgono difficoltà o contestazioni riguardo all’esecuzione del provvedimento di cui ai commi 1 e 2, il Garante, sentite le parti ove richiesto, dispone le modalità di attuazione avvalendosi, se necessario, del personale dell’Ufficio o della collaborazione di altri organi dello Stato.

6. In caso di mancata opposizione avverso il provvedimento che determina l’ammontare delle spese e dei diritti, o di suo rigetto, il provvedimento medesimo costituisce, per questa parte, titolo esecutivo ai sensi degli articoli 474 e 475 del codice di procedura civile.

(60) Sui termini per la pronuncia sui ricorsi vedi il comma 7 dell’art. 1, O.P.C.M. 17 giugno 2009, n. 3781.

151. Opposizione.

1. Avverso il provvedimento espresso o il rigetto tacito di cui all’articolo 150, comma 2, il titolare o l’interessato possono proporre opposizione con ricorso ai sensi dell’articolo 152. L’opposizione non sospende l’esecuzione del provvedimento.

2. Il tribunale provvede nei modi di cui all’articolo 152.

Capo II – Tutela giurisdizionale

152. Autorità giudiziaria ordinaria.

1. Tutte le controversie che riguardano, comunque, l’applicazione delle disposizioni del presente codice, comprese quelle inerenti ai provvedimenti del Garante in materia di protezione dei dati personali o alla loro mancata adozione, sono attribuite all’autorità giudiziaria ordinaria.

2. Per tutte le controversie di cui al comma 1 l’azione si propone con ricorso depositato nella cancelleria del tribunale del luogo ove risiede il titolare del trattamento.

3. Il tribunale decide in ogni caso in composizione monocratica.

4. Se è presentato avverso un provvedimento del Garante anche ai sensi dell’articolo 143, il ricorso è proposto entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento o dalla data del rigetto tacito. Se il ricorso è proposto oltre tale termine il giudice lo dichiara inammissibile con ordinanza ricorribile per cassazione.

5. La proposizione del ricorso non sospende l’esecuzione del provvedimento del Garante. Se ricorrono gravi motivi il giudice, sentite le parti, può disporre diversamente in tutto o in parte con ordinanza impugnabile unitamente alla decisione che definisce il grado di giudizio.

6. Quando sussiste pericolo imminente di un danno grave ed irreparabile il giudice può emanare i provvedimenti necessari con decreto motivato, fissando, con il medesimo provvedimento, l’udienza di comparizione delle parti entro un termine non superiore a quindici giorni. In tale udienza, con ordinanza, il giudice conferma, modifica o revoca i provvedimenti emanati con decreto.

7. Il giudice fissa l’udienza di comparizione delle parti con decreto con il quale assegna al ricorrente il termine perentorio entro cui notificarlo alle altre parti e al Garante. Tra il giorno della notificazione e l’udienza di comparizione intercorrono non meno di trenta giorni.

8. Se alla prima udienza il ricorrente non compare senza addurre alcun legittimo impedimento, il giudice dispone la cancellazione della causa dal ruolo e dichiara l’estinzione del processo, ponendo a carico del ricorrente le spese di giudizio.

9. Nel corso del giudizio il giudice dispone, anche d’ufficio, omettendo ogni formalità non necessaria al contraddittorio, i mezzi di prova che ritiene necessari e può disporre la citazione di testimoni anche senza la formulazione di capitoli.

10. Terminata l’istruttoria, il giudice invita le parti a precisare le conclusioni ed a procedere, nella stessa udienza, alla discussione orale della causa, pronunciando subito dopo la sentenza mediante lettura del dispositivo. Le motivazioni della sentenza sono depositate in cancelleria entro i successivi trenta giorni. Il giudice può anche redigere e leggere, unitamente al dispositivo, la motivazione della sentenza, che è subito dopo depositata in cancelleria.

11. Se necessario, il giudice può concedere alle parti un termine non superiore a dieci giorni per il deposito di note difensive e rinviare la causa all’udienza immediatamente successiva alla scadenza del termine per la discussione e la pronuncia della sentenza.

12. Con la sentenza il giudice, anche in deroga al divieto di cui all’articolo 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E), quando è necessario anche in relazione all’eventuale atto del soggetto pubblico titolare o responsabile, accoglie o rigetta la domanda, in tutto o in parte, prescrive le misure necessarie, dispone sul risarcimento del danno, ove richiesto, e pone a carico della parte soccombente le spese del procedimento.

13. La sentenza non è appellabile, ma è ammesso il ricorso per cassazione.

14. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche nei casi previsti dall’articolo 10, comma 5, della legge 1° aprile 1981, n. 121, e successive modificazioni.

TITOLO II

L’autorità.

Capo I – Il garante per la protezione dei dati personali

153. Il Garante.

1. Il Garante opera in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione.

2. Il Garante è organo collegiale costituito da quattro componenti, eletti due dalla Camera dei deputati e due dal Senato della Repubblica con voto limitato. I componenti sono scelti tra persone che assicurano indipendenza e che sono esperti di riconosciuta competenza delle materie del diritto o dell’informatica, garantendo la presenza di entrambe le qualificazioni.

3. I componenti eleggono nel loro àmbito un presidente, il cui voto prevale in caso di parità. Eleggono altresì un vice presidente, che assume le funzioni del presidente in caso di sua assenza o impedimento.

4. Il presidente e i componenti durano in carica quattro anni e non possono essere confermati per più di una volta; per tutta la durata dell’incarico il presidente e i componenti non possono esercitare, a pena di decadenza, alcuna attività professionale o di consulenza, né essere amministratori o dipendenti di enti pubblici o privati, né ricoprire cariche elettive (61).

5. All’atto dell’accettazione della nomina il presidente e i componenti sono collocati fuori ruolo se dipendenti di pubbliche amministrazioni o magistrati in attività di servizio; se professori universitari di ruolo, sono collocati in aspettativa senza assegni ai sensi dell’articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, e successive modificazioni. Il personale collocato fuori ruolo o in aspettativa non può essere sostituito.

6. Al presidente compete una indennità di funzione non eccedente, nel massimo, la retribuzione spettante al primo presidente della Corte di cassazione. Ai componenti compete un’indennità non eccedente nel massimo, i due terzi di quella spettante al presidente. Le predette indennità di funzione sono determinate dall’articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1998, n. 501, in misura tale da poter essere corrisposte a carico degli ordinari stanziamenti.

7. Alle dipendenze del Garante è posto l’Ufficio di cui all’articolo 156.

(61) Vedi, anche, l’art. 47-quater, D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, aggiunto dalla relativa legge di conversione.

154. Compiti.

1. Oltre a quanto previsto da specifiche disposizioni, il Garante, anche avvalendosi dell’Ufficio e in conformità al presente codice, ha il compito di:

a) controllare se i trattamenti sono effettuati nel rispetto della disciplina applicabile e in conformità alla notificazione, anche in caso di loro cessazione e con riferimento alla conservazione dei dati di traffico (62);

b) esaminare i reclami e le segnalazioni e provvedere sui ricorsi presentati dagli interessati o dalle associazioni che li rappresentano;

c) prescrivere anche d’ufficio ai titolari del trattamento le misure necessarie o opportune al fine di rendere il trattamento conforme alle disposizioni vigenti, ai sensi dell’articolo 143 (63);

d) vietare anche d’ufficio, in tutto o in parte, il trattamento illecito o non corretto dei dati o disporne il blocco ai sensi dell’articolo 143, e di adottare gli altri provvedimenti previsti dalla disciplina applicabile al trattamento dei dati personali;

e) promuovere la sottoscrizione di codici ai sensi dell’articolo 12 e dell’articolo 139;

f) segnalare al Parlamento e al Governo l’opportunità di interventi normativi richiesti dalla necessità di tutelare i diritti di cui all’articolo 2 anche a seguito dell’evoluzione del settore;

g) esprimere pareri nei casi previsti;

h) curare la conoscenza tra il pubblico della disciplina rilevante in materia di trattamento dei dati personali e delle relative finalità, nonché delle misure di sicurezza dei dati (64);

i) denunciare i fatti configurabili come reati perseguibili d’ufficio, dei quali viene a conoscenza nell’esercizio o a causa delle funzioni;

l) tenere il registro dei trattamenti formato sulla base delle notificazioni di cui all’articolo 37;

m) predisporre annualmente una relazione sull’attività svolta e sullo stato di attuazione del presente codice, che è trasmessa al Parlamento e al Governo entro il 30 aprile dell’anno successivo a quello cui si riferisce.

2. Il Garante svolge altresì, ai sensi del comma 1, la funzione di controllo o assistenza in materia di trattamento dei dati personali prevista da leggi di ratifica di accordi o convenzioni internazionali o da regolamenti comunitari e, in particolare:

a) dalla legge 30 settembre 1993, n. 388, e successive modificazioni, di ratifica ed esecuzione dei protocolli e degli accordi di adesione all’accordo di Schengen e alla relativa convenzione di applicazione;

b) dalla legge 23 marzo 1998, n. 93, e successive modificazioni, di ratifica ed esecuzione della convenzione istitutiva dell’Ufficio europeo di polizia (Europol);

c) dal regolamento (CE) n. 515/97 del 13 marzo 1997, del Consiglio, e dalla legge 30 luglio 1998, n. 291, e successive modificazioni, di ratifica ed esecuzione della convenzione sull’uso dell’informatica nel settore doganale;

d) dal regolamento (CE) n. 2725/2000 dell’11 dicembre 2000, del Consiglio, che istituisce l’«Eurodac» per il confronto delle impronte digitali e per l’efficace applicazione della convenzione di Dublino;

e) nel capitolo IV della convenzione n. 108 sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato di dati di carattere personale, adottata a Strasburgo il 28 gennaio 1981 e resa esecutiva con legge 21 febbraio 1989, n. 98, quale autorità designata ai fini della cooperazione tra Stati ai sensi dell’articolo 13 della convenzione medesima.

3. Il Garante coopera con altre autorità amministrative indipendenti nello svolgimento dei rispettivi compiti. A tale fine, il Garante può anche invitare rappresentanti di un’altra autorità a partecipare alle proprie riunioni, o essere invitato alle riunioni di altra autorità, prendendo parte alla discussione di argomenti di comune interesse; può richiedere, altresì, la collaborazione di personale specializzato addetto ad altra autorità.

4. Il Presidente del Consiglio dei ministri e ciascun ministro consultano il Garante all’atto della predisposizione delle norme regolamentari e degli atti amministrativi suscettibili di incidere sulle materie disciplinate dal presente codice.

5. Fatti salvi i termini più brevi previsti per legge, il parere del Garante è reso nei casi previsti nel termine di quarantacinque giorni dal ricevimento della richiesta. Decorso il termine, l’amministrazione può procedere indipendentemente dall’acquisizione del parere. Quando, per esigenze istruttorie, non può essere rispettato il termine di cui al presente comma, tale termine può essere interrotto per una sola volta e il parere deve essere reso definitivamente entro venti giorni dal ricevimento degli elementi istruttori da parte delle amministrazioni interessate.

6. Copia dei provvedimenti emessi dall’autorità giudiziaria in relazione a quanto previsto dal presente codice o in materia di criminalità informatica è trasmessa, a cura della cancelleria, al Garante (65).

(62) Lettera così modificata dall’art. 4, D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 109.

(63) Vedi, anche, il Provv.Garante protez. dati pers. 21 giugno 2006, il Provv.Garante protez. dati pers. 1° marzo 2007, il Provv. 7 febbraio 2008, il Provv. 29 aprile 2009, la Del. 16 luglio 2009, n. 26, il Provv. 1° aprile 2010, la Det. 8 aprile 2010 e il Provv. 8 aprile 2010.

(64) Vedi, anche, la Del.Garante protez. dati pers. 24 maggio 2007, n. 21, il Provv. 13 ottobre 2008 e il Provv. 27 novembre 2008.

(65) Vedi, anche, il comma 4 dell’art. 25, L. 7 agosto 1990, n. 241, come sostituito dall’art. 17, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

Capo II – L’ufficio del garante

155. Princìpi applicabili.

1. All’Ufficio del Garante, al fine di garantire la responsabilità e l’autonomia ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, e del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, si applicano i princìpi riguardanti l’individuazione e le funzioni del responsabile del procedimento, nonché quelli relativi alla distinzione fra le funzioni di indirizzo e di controllo, attribuite agli organi di vertice, e le funzioni di gestione attribuite ai dirigenti. Si applicano altresì le disposizioni del medesimo decreto legislativo n. 165 del 2001 espressamente richiamate dal presente codice.

156. Ruolo organico e personale.

1. All’Ufficio del Garante è preposto un segretario generale scelto anche tra magistrati ordinari o amministrativi.

2. Il ruolo organico del personale dipendente è stabilito nel limite di cento unità (66).

3. Con propri regolamenti pubblicati nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana, il Garante definisce:

a) l’organizzazione e il funzionamento dell’Ufficio anche ai fini dello svolgimento dei compiti di cui all’articolo 154 (67);

b) l’ordinamento delle carriere e le modalità di reclutamento del personale secondo le procedure previste dall’articolo 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001;

c) la ripartizione dell’organico tra le diverse aree e qualifiche (68);

d) il trattamento giuridico ed economico del personale, secondo i criteri previsti dalla legge 31 luglio 1997, n. 249 e successive modificazioni e, per gli incarichi dirigenziali, dagli articoli 19, comma 6, e 23-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, tenuto conto delle specifiche esigenze funzionali e organizzative. Nelle more della più generale razionalizzazione del trattamento economico delle autorità amministrative indipendenti, al personale è attribuito l’ottanta per cento del trattamento economico del personale dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni;

e) la gestione amministrativa e la contabilità, anche in deroga alle norme sulla contabilità generale dello Stato, l’utilizzo dell’avanzo di amministrazione nel quale sono iscritte le somme già versate nella contabilità speciale, nonché l’individuazione dei casi di riscossione e utilizzazione dei diritti di segreteria o di corrispettivi per servizi resi in base a disposizioni di legge secondo le modalità di cui all’articolo 6, comma 2, della legge 31 luglio 1997, n. 249.

4. L’Ufficio può avvalersi, per motivate esigenze, di dipendenti dello Stato o di altre amministrazioni pubbliche o di enti pubblici collocati in posizione di fuori ruolo o equiparati nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, ovvero in aspettativa ai sensi dell’articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, e successive modificazioni, in numero non superiore, complessivamente, a venti unità e per non oltre il venti per cento delle qualifiche dirigenziali, lasciando non coperto un corrispondente numero di posti di ruolo. Al personale di cui al presente comma è corrisposta un’indennità pari all’eventuale differenza tra il trattamento erogato dall’amministrazione o dall’ente di provenienza e quello spettante al personale di ruolo, sulla base di apposita tabella di corrispondenza adottata dal Garante, e comunque non inferiore al cinquanta per cento della retribuzione in godimento, con esclusione dell’indennità integrativa speciale.

5. In aggiunta al personale di ruolo, l’Ufficio può assumere direttamente dipendenti con contratto a tempo determinato, in numero non superiore a venti unità ivi compresi i consulenti assunti con contratto a tempo determinato ai sensi del comma 7.

6. Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 30 del decreto legislativo n. 165 del 2001.

7. Nei casi in cui la natura tecnica o la delicatezza dei problemi lo richiedono, il Garante può avvalersi dell’opera di consulenti, i quali sono remunerati in base alle vigenti tariffe professionali ovvero sono assunti con contratti a tempo determinato, di durata non superiore a due anni, che possono essere rinnovati per non più di due volte.

8. Il personale addetto all’Ufficio del Garante ed i consulenti sono tenuti al segreto su ciò di cui sono venuti a conoscenza, nell’esercizio delle proprie funzioni, in ordine a notizie che devono rimanere segrete.

9. Il personale dell’Ufficio del Garante addetto agli accertamenti di cui all’articolo 158 riveste, in numero non superiore a cinque unità, nei limiti del servizio cui è destinato e secondo le rispettive attribuzioni, la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria.

10. Le spese di funzionamento del Garante sono poste a carico di un fondo stanziato a tale scopo nel bilancio dello Stato e iscritto in apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze. Il rendiconto della gestione finanziaria è soggetto al controllo della Corte dei conti.

(66) Per l’incremento della dotazione organica vedi il comma 542 dell’art. 1, L. 27 dicembre 2006, n. 296.

(67) In attuazione di quanto disposto dalla presente lettera vedi la Del. Garante protez. dati pers. 14 dicembre 2007, n. 65 e la Del. Garante protez. dati pers. 14 dicembre 2007, n. 66.

(68) Con Del. Garante protez. dati pers. 18 dicembre 2003, n. 20 (Gazz. Uff. 30 gennaio 2004, n. 24) sono state approvate le modifiche alle dotazioni organiche del personale dipendente del Garante per la protezione dei dati personali.

Capo III – Accertamenti e controlli

157. Richiesta di informazioni e di esibizione di documenti.

1. Per l’espletamento dei propri compiti il Garante può richiedere al titolare, al responsabile, all’interessato o anche a terzi di fornire informazioni e di esibire documenti (69).

(69) Vedi, anche, il comma 4 dell’art. 25, L. 7 agosto 1990, n. 241, come sostituito dall’art. 17, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

158. Accertamenti.

1. Il Garante può disporre accessi a banche di dati, archivi o altre ispezioni e verifiche nei luoghi ove si svolge il trattamento o nei quali occorre effettuare rilevazioni comunque utili al controllo del rispetto della disciplina in materia di trattamento dei dati personali.

2. I controlli di cui al comma 1 sono eseguiti da personale dell’Ufficio. Il Garante si avvale anche, ove necessario, della collaborazione di altri organi dello Stato.

3. Gli accertamenti di cui al comma 1, se svolti in un’abitazione o in un altro luogo di privata dimora o nelle relative appartenenze, sono effettuati con l’assenso informato del titolare o del responsabile, oppure previa autorizzazione del presidente del tribunale competente per territorio in relazione al luogo dell’accertamento, il quale provvede con decreto motivato senza ritardo, al più tardi entro tre giorni dal ricevimento della richiesta del Garante quando è documentata l’indifferibilità dell’accertamento (70).

(70) Vedi, anche, il comma 4 dell’art. 25, L. 7 agosto 1990, n. 241, come sostituito dall’art. 17, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

159. Modalità.

1. Il personale operante, munito di documento di riconoscimento, può essere assistito ove necessario da consulenti tenuti al segreto ai sensi dell’articolo 156, comma 8. Nel procedere a rilievi e ad operazioni tecniche può altresì estrarre copia di ogni atto, dato e documento, anche a campione e su supporto informatico o per via telematica. Degli accertamenti è redatto sommario verbale nel quale sono annotate anche le eventuali dichiarazioni dei presenti.

2. Ai soggetti presso i quali sono eseguiti gli accertamenti è consegnata copia dell’autorizzazione del presidente del tribunale, ove rilasciata. I medesimi soggetti sono tenuti a farli eseguire e a prestare la collaborazione a tal fine necessaria. In caso di rifiuto gli accertamenti sono comunque eseguiti e le spese in tal caso occorrenti sono poste a carico del titolare con il provvedimento che definisce il procedimento, che per questa parte costituisce titolo esecutivo ai sensi degli articoli 474 e 475 del codice di procedura civile.

3. Gli accertamenti, se effettuati presso il titolare o il responsabile, sono eseguiti dandone informazione a quest’ultimo o, se questo è assente o non è designato, agli incaricati. Agli accertamenti possono assistere persone indicate dal titolare o dal responsabile.

4. Se non è disposto diversamente nel decreto di autorizzazione del presidente del tribunale, l’accertamento non può essere iniziato prima delle ore sette e dopo le ore venti, e può essere eseguito anche con preavviso quando ciò può facilitarne l’esecuzione.

5. Le informative, le richieste e i provvedimenti di cui al presente articolo e agli articoli 157 e 158 possono essere trasmessi anche mediante posta elettronica e telefax.

6. Quando emergono indizi di reato si osserva la disposizione di cui all’articolo 220 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (71).

(71) Vedi, anche, il comma 4 dell’art. 25, L. 7 agosto 1990, n. 241, come sostituito dall’art. 17, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

160. Particolari accertamenti.

1. Per i trattamenti di dati personali indicati nei titoli I, II e III della Parte II gli accertamenti sono effettuati per il tramite di un componente designato dal Garante.

2. Se il trattamento non risulta conforme alle disposizioni di legge o di regolamento, il Garante indica al titolare o al responsabile le necessarie modificazioni ed integrazioni e ne verifica l’attuazione. Se l’accertamento è stato richiesto dall’interessato, a quest’ultimo è fornito in ogni caso un riscontro circa il relativo esito, se ciò non pregiudica azioni od operazioni a tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica o di prevenzione e repressione di reati o ricorrono motivi di difesa o di sicurezza dello Stato.

3. Gli accertamenti non sono delegabili. Quando risulta necessario in ragione della specificità della verifica, il componente designato può farsi assistere da personale specializzato tenuto al segreto ai sensi dell’articolo 156, comma 8. Gli atti e i documenti acquisiti sono custoditi secondo modalità tali da assicurarne la segretezza e sono conoscibili dal presidente e dai componenti del Garante e, se necessario per lo svolgimento delle funzioni dell’organo, da un numero delimitato di addetti all’Ufficio individuati dal Garante sulla base di criteri definiti dal regolamento di cui all’articolo 156, comma 3, lettera a).

4. Per gli accertamenti relativi agli organismi di informazione e di sicurezza e ai dati coperti da segreto di Stato il componente designato prende visione degli atti e dei documenti rilevanti e riferisce oralmente nelle riunioni del Garante.

5. Nell’effettuare gli accertamenti di cui al presente articolo nei riguardi di uffici giudiziari, il Garante adotta idonee modalità nel rispetto delle reciproche attribuzioni e della particolare collocazione istituzionale dell’organo procedente. Gli accertamenti riferiti ad atti di indagine coperti dal segreto sono differiti, se vi è richiesta dell’organo procedente, al momento in cui cessa il segreto.

6. La validità, l’efficacia e l’utilizzabilità di atti, documenti e provvedimenti nel procedimento giudiziario basati sul trattamento di dati personali non conforme a disposizioni di legge o di regolamento restano disciplinate dalle pertinenti disposizioni processuali nella materia civile e penale (72).

(72) Vedi, anche, il comma 4 dell’art. 25, L. 7 agosto 1990, n. 241, come sostituito dall’art. 17, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

TITOLO III

Sanzioni.

Capo I – Violazioni amministrative

161. Omessa o inidonea informativa all’interessato.

1. La violazione delle disposizioni di cui all’articolo 13 è punita con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da seimila euro a trantaseimila euro (73).

(73) Comma così modificato dal comma 2 dell’art. 44, D.L. 30 dicembre 2008, n. 207.

162. Altre fattispecie.

1. La cessione dei dati in violazione di quanto previsto dall’articolo 16, comma 1, lettera b), o di altre disposizioni in materia di disciplina del trattamento dei dati personali è punita con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da diecimila euro a sessantamila euro (74).

2. La violazione della disposizione di cui all’articolo 84, comma 1, è punita con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da mille euro a seimila euro (75).

2-bis. In caso di trattamento di dati personali effettuato in violazione delle misure indicate nell’articolo 33 o delle disposizioni indicate nell’articolo 167 è altresì applicata in sede amministrativa, in ogni caso, la sanzione del pagamento di una somma da diecimila euro a centoventimila euro. Nei casi di cui all’articolo 33 è escluso il pagamento in misura ridotta (76).

2-ter. In caso di inosservanza dei provvedimenti di prescrizione di misure necessarie o di divieto di cui, rispettivamente, all’articolo 154, comma 1, lettere c) e d), è altresì applicata in sede amministrativa, in ogni caso, la sanzione del pagamento di una somma da trentamila euro a centottantamila euro (77).

2-quater. La violazione del diritto di opposizione nelle forme previste dall’articolo 130, comma 3-bis, e dal relativo regolamento è sanzionata ai sensi del comma 2-bis del presente articolo (78).

(74) Comma così modificato dalla lettera a) del comma 3 dell’art. 44, D.L. 30 dicembre 2008, n. 207.

(75) Comma così modificato dalla lettera b) del comma 3 dell’art. 44, D.L. 30 dicembre 2008, n. 207.

(76) Comma aggiunto dalla lettera c) del comma 3 dell’art. 44, D.L. 30 dicembre 2008, n. 207 e poi così modificato dal n. 1) della lettera c) del comma 1 dell’art. 20-bis, D.L. 25 settembre 2009, n. 135, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(77) Comma aggiunto dalla lettera c) del comma 3 dell’art. 44, D.L. 30 dicembre 2008, n. 207.

(78) Comma aggiunto dal n. 2) della lettera c) del comma 1 dell’art. 20-bis, D.L. 25 settembre 2009, n. 135, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

162-bis. Sanzioni in materia di conservazione dei dati di traffico.

1. Salvo che il fatto costituisca reato e salvo quanto previsto dall’articolo 5, comma 2, del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2006/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 marzo 2006, nel caso di violazione delle disposizioni di cui all’art. 132, commi 1 e 1-bis, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 euro a 50.000 euro (79).

(79) Articolo aggiunto dall’art. 5, D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 109 e poi così modificato dal comma 4 dell’art. 44, D.L. 30 dicembre 2008, n. 207.

163. Omessa o incompleta notificazione.

1. Chiunque, essendovi tenuto, non provvede tempestivamente alla notificazione ai sensi degli articoli 37 e 38, ovvero indica in essa notizie incomplete, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da ventimila euro a centoventimila euro (80).

(80) Comma così modificato dal comma 5 dell’art. 44, D.L. 30 dicembre 2008, n. 207.

164. Omessa informazione o esibizione al Garante.

1. Chiunque omette di fornire le informazioni o di esibire i documenti richiesti dal Garante ai sensi degli articoli 150, comma 2, e 157 è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da diecimila euro a sessantamila euro (81).

(81) Comma così modificato dal comma 6 dell’art. 44, D.L. 30 dicembre 2008, n. 207.

164-bis. Casi di minore gravità e ipotesi aggravate.

1. Se taluna delle violazioni di cui agli articoli 161, 162, 163 e 164 è di minore gravità, avuto altresì riguardo alla natura anche economica o sociale dell’attività svolta, i limiti minimi e massimi stabiliti dai medesimi articoli sono applicati in misura pari a due quinti.

2. In caso di più violazioni di un’unica o di più disposizioni di cui al presente Capo, a eccezione di quelle previste dagli articoli 162, comma 2, 162-bis e 164, commesse anche in tempi diversi in relazione a banche di dati di particolare rilevanza o dimensioni, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da cinquantamila euro a trecentomila euro. Non è ammesso il pagamento in misura ridotta.

3. In altri casi di maggiore gravità e, in particolare, di maggiore rilevanza del pregiudizio per uno o più interessati, ovvero quando la violazione coinvolge numerosi interessati, i limiti minimo e massimo delle sanzioni di cui al presente Capo sono applicati in misura pari al doppio.

4. Le sanzioni di cui al presente Capo possono essere aumentate fino al quadruplo quando possono risultare inefficaci in ragione delle condizioni economiche del contravventore (82).

(82) Articolo aggiunto dal comma 7 dell’art. 44, D.L. 30 dicembre 2008, n. 207.

165. Pubblicazione del provvedimento del Garante.

1. Nei casi di cui agli articoli del presente Capo può essere applicata la sanzione amministrativa accessoria della pubblicazione dell’ordinanza-ingiunzione, per intero o per estratto, in uno o più giornali indicati nel provvedimento che la applica. La pubblicazione ha luogo a cura e spese del contravventore (83).

(83) Comma così modificato dal comma 8 dell’art. 44, D.L. 30 dicembre 2008, n. 207.

166. Procedimento di applicazione.

1. L’organo competente a ricevere il rapporto e ad irrogare le sanzioni di cui al presente capo e all’articolo 179, comma 3, è il Garante. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni. I proventi, nella misura del cinquanta per cento del totale annuo, sono riassegnati al fondo di cui all’articolo 156, comma 10, e sono utilizzati unicamente per l’esercizio dei compiti di cui agli articoli 154, comma 1, lettera h), e 158.

Capo II – Illeciti penali

167. Trattamento illecito di dati.

1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarne per sé o per altri profitto o di recare ad altri un danno, procede al trattamento di dati personali in violazione di quanto disposto dagli articoli 18, 19, 23, 123, 126 e 130, ovvero in applicazione dell’articolo 129, è punito, se dal fatto deriva nocumento, con la reclusione da sei a diciotto mesi o, se il fatto consiste nella comunicazione o diffusione, con la reclusione da sei a ventiquattro mesi.

2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarne per sé o per altri profitto o di recare ad altri un danno, procede al trattamento di dati personali in violazione di quanto disposto dagli articoli 17, 20, 21, 22, commi 8 e 11, 25, 26, 27 e 45, è punito, se dal fatto deriva nocumento, con la reclusione da uno a tre anni.

168. Falsità nelle dichiarazioni e notificazioni al Garante.

1. Chiunque, nella notificazione di cui all’articolo 37 o in comunicazioni, atti, documenti o dichiarazioni resi o esibiti in un procedimento dinanzi al Garante o nel corso di accertamenti, dichiara o attesta falsamente notizie o circostanze o produce atti o documenti falsi, è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione da sei mesi a tre anni.

169. Misure di sicurezza.

1. Chiunque, essendovi tenuto, omette di adottare le misure minime previste dall’articolo 33 è punito con l’arresto sino a due anni (84).

2. All’autore del reato, all’atto dell’accertamento o, nei casi complessi, anche con successivo atto del Garante, è impartita una prescrizione fissando un termine per la regolarizzazione non eccedente il periodo di tempo tecnicamente necessario, prorogabile in caso di particolare complessità o per l’oggettiva difficoltà dell’adempimento e comunque non superiore a sei mesi. Nei sessanta giorni successivi allo scadere del termine, se risulta l’adempimento alla prescrizione, l’autore del reato è ammesso dal Garante a pagare una somma pari al quarto del massimo della sanzione stabilita per la violazione amministrativa. L’adempimento e il pagamento estinguono il reato. L’organo che impartisce la prescrizione e il pubblico ministero provvedono nei modi di cui agli articoli 21, 22, 23 e 24 del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, e successive modificazioni, in quanto applicabili (85).

(84) Comma così modificato dal comma 9 dell’art. 44, D.L. 30 dicembre 2008, n. 207.

(85) Comma così modificato dal comma 9 dell’art. 44, D.L. 30 dicembre 2008, n. 207.

170. Inosservanza di provvedimenti del Garante.

1. Chiunque, essendovi tenuto, non osserva il provvedimento adottato dal Garante ai sensi degli articoli 26, comma 2, 90, 150, commi 1 e 2, e 143, comma 1, lettera c), è punito con la reclusione da tre mesi a due anni.

171. Altre fattispecie.

1. La violazione delle disposizioni di cui agli articoli 113, comma 1, e 114 è punita con le sanzioni di cui all’articolo 38 della legge 20 maggio 1970, n. 300.

172. Pene accessorie.

1. La condanna per uno dei delitti previsti dal presente codice importa la pubblicazione della sentenza.

TITOLO IV

Disposizioni modificative, abrogative, transitorie e finali.

Capo I – Disposizioni di modifica

173. Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen.

1. La legge 30 settembre 1993, n. 388, e successive modificazioni, di ratifica ed esecuzione dei protocolli e degli accordi di adesione all’accordo di Schengen e alla relativa convenzione di applicazione, è così modificata:

a) … (86);

b) il comma 2 dell’articolo 10 è soppresso;

c) … (87);

d) l’articolo 12 è abrogato.

(86) Sostituisce il comma 2 dell’art. 9, L. 30 settembre 1993, n. 388.

(87) Sostituisce l’art. 11, L. 30 settembre 1993, n. 388.

174. Notifiche di atti e vendite giudiziarie.

1. … (88).

2. Al primo comma dell’articolo 138 del codice di procedura civile, le parole da: «può sempre eseguire» a «destinatario,» sono sostituite dalle seguenti: «esegue la notificazione di regola mediante consegna della copia nelle mani proprie del destinatario, presso la casa di abitazione oppure, se ciò non è possibile,».

3. Nel quarto comma dell’articolo 139 del codice di procedura civile, la parola: «l’originale» è sostituita dalle seguenti: «una ricevuta».

4. Nell’articolo 140 del codice di procedura civile, dopo le parole: «affigge avviso del deposito» sono inserite le seguenti: «in busta chiusa e sigillata».

5. All’articolo 142 del codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) … (89);

b) nell’ultimo comma le parole: «ai commi precedenti» sono sostituite dalle seguenti: «al primo comma».

6. Nell’articolo 143, primo comma, del codice di procedura civile, sono soppresse le parole da: «, e mediante» fino alla fine del periodo .

7. All’articolo 151, primo comma, del codice di procedura civile dopo le parole: «maggiore celerità» sono aggiunte le seguenti: «, di riservatezza o di tutela della dignità».

8. … (90).

9. … (91).

10. All’articolo 570, primo comma, del codice di procedura civile le parole: «del debitore,» sono soppresse e le parole da: «informazioni» fino alla fine sono sostituite dalle seguenti: «informazioni, anche relative alle generalità del debitore, possono essere fornite dalla cancelleria del tribunale a chiunque vi abbia interesse».

11. … (92).

12. … (93).

13. All’articolo 148 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) … (94);

b) … (95).

14. All’articolo 157, comma 6, del codice di procedura penale le parole: «è scritta all’esterno del plico stesso» sono sostituite dalle seguenti: «è effettuata nei modi previsti dall’articolo 148, comma 3».

15. … (96).

16. Alla legge 20 novembre 1982, n. 890, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) … (97);

b) all’articolo 8, secondo comma, secondo periodo, dopo le parole: «L’agente postale rilascia avviso» sono inserite le seguenti: «, in busta chiusa, del deposito».

(88) Aggiunge due commi, dopo il secondo, all’art. 137 del codice di procedura civile.

(89) Sostituisce con un unico comma gli originari primo e secondo comma dell’art. 142 del codice di procedura civile.

(90) Aggiunge un comma, dopo il primo, all’art. 250 del codice di procedura civile.

(91) Aggiunge un periodo al terzo comma dell’art. 490 del codice di procedura civile.

(92) Aggiunge un periodo al quarto comma dell’art. 14, L. 24 novembre 1981, n. 689.

(93) Aggiunge l’art. 15-bis al D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445.

(94) Sostituisce il comma 3 dell’art. 148 del codice di procedura penale.

(95) Aggiunge il comma 5-bis all’art. 148 del codice di procedura penale.

(96) Sostituisce il comma 1 dell’art. 80 delle disposizioni di attuazioni del codice di procedura penale approvate con D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 271.

(97) Aggiunge un periodo al primo comma dell’art. 2, L. 20 novembre 1982, n. 890.

175. Forze di polizia.

1. Il trattamento effettuato per il conferimento delle notizie ed informazioni acquisite nel corso di attività amministrative ai sensi dell’articolo 21, comma 1, della legge 26 marzo 2001, n. 128, e per le connessioni di cui al comma 3 del medesimo articolo è oggetto di comunicazione al Garante ai sensi dell’articolo 39, commi 2 e 3.

2. I dati personali trattati dalle forze di polizia, dagli organi di pubblica sicurezza e dagli altri soggetti di cui all’articolo 53, comma 1, senza l’ausilio di strumenti elettronici anteriormente alla data di entrata in vigore del presente codice, in sede di applicazione del presente codice possono essere ulteriormente trattati se ne è verificata l’esattezza, completezza ed aggiornamento ai sensi dell’articolo 11.

3. … (98).

(98) Sostituisce l’art. 10, L. 1° aprile 1981, n. 121.

176. Soggetti pubblici.

1. Nell’articolo 24, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241, dopo le parole: «mediante strumenti informatici» sono inserite le seguenti: «, fuori dei casi di accesso a dati personali da parte della persona cui i dati si riferiscono, «.

2. … (99).

3. … (100).

4. Al Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione continuano ad applicarsi l’articolo 6 del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, nonché le vigenti modalità di finanziamento nell’àmbito dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.

5. … (101).

6. La denominazione: «Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione» contenuta nella vigente normativa è sostituita dalla seguente: «Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione».

(99) Aggiunge il comma 1-bis all’art. 2, D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165.

(100) Sostituisce il comma 1 dell’art. 4, D.Lgs. 12 febbraio 1993, n. 39.

(101) Sostituisce il comma 1 dell’art. 5, D.Lgs. 12 febbraio 1993, n. 39.

177. Disciplina anagrafica, dello stato civile e delle liste elettorali.

1. Il comune può utilizzare gli elenchi di cui all’articolo 34, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, per esclusivo uso di pubblica utilità anche in caso di applicazione della disciplina in materia di comunicazione istituzionale.

2. … (102).

3. Il rilascio degli estratti degli atti dello stato civile di cui all’articolo 107 del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396 è consentito solo ai soggetti cui l’atto si riferisce, oppure su motivata istanza comprovante l’interesse personale e concreto del richiedente a fini di tutela di una situazione giuridicamente rilevante, ovvero decorsi settanta anni dalla formazione dell’atto.

4. Nel primo comma dell’articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223, sono soppresse le lettere d) ed e).

5. … (103).

(102) Sostituisce il comma 7 dell’art. 28, L. 4 maggio 1983, n. 184.

(103) Sostituisce il quinto comma dell’art. 51, D.P.R. 20 marzo 1967, n. 223.

178. Disposizioni in materia sanitaria.

1. Nell’articolo 27, terzo e quinto comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, in materia di libretto sanitario personale, dopo le parole: «il Consiglio sanitario nazionale» e prima della virgola sono inserite le seguenti: «e il Garante per la protezione dei dati personali».

2. All’articolo 5 della legge 5 giugno 1990, n. 135, in materia di AIDS e infezione da HIV, sono apportate le seguenti modifiche:

a) … (104).

b) nel comma 2, le parole: «decreto del Ministro della sanità» sono sostituite dalle seguenti: «decreto del Ministro della salute, sentito il Garante per la protezione dei dati personali».

3. … (105).

4. All’articolo 2, comma 1, del D.M. 11 febbraio 1997 del Ministro della sanità, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 72 del 27 marzo 1997, in materia di importazione di medicinali registrati all’estero, sono soppresse le lettere f) ed h).

5. Nel comma 1, primo periodo, dell’articolo 5-bis del decreto-legge 17 febbraio 1998, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 aprile 1998, n. 94, le parole da: «riguarda anche» fino alla fine del periodo sono sostituite dalle seguenti: «è acquisito unitamente al consenso relativo al trattamento dei dati personali».

(104) Sostituisce il comma 1 dell’art. 5, L. 5 giugno 1990, n. 135.

(105) Aggiunge un periodo al comma 3 dell’art. 5, D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 539.

179. Altre modifiche.

1. Nell’articolo 6 della legge 2 aprile 1958, n. 339, sono soppresse le parole: «; mantenere la necessaria riservatezza per tutto quanto si riferisce alla vita familiare» e: «garantire al lavoratore il rispetto della sua personalità e della sua libertà morale;».

2. Nell’articolo 38, primo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, sono soppresse le parole: «4,» e «,8».

3. Al comma 3 dell’articolo 12 del decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 185, in materia di contratti a distanza, sono aggiunte in fine le seguenti parole: «, ovvero, limitatamente alla violazione di cui all’articolo 10, al Garante per la protezione dei dati personali».

4. [ … (106).

(106) Il presente comma, abrogato dall’art. 184, D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, a decorrere dal 1° maggio 2004, ai sensi di quanto disposto dall’art. 183 dello stesso decreto, aggiunge l’art. 107-bis al D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490.

Capo II – Disposizioni transitorie

180. Misure di sicurezza.

1. Le misure minime di sicurezza di cui agli articoli da 33 a 35 e all’allegato B) che non erano previste dal decreto del Presidente della Repubblica 28 luglio 1999, n. 318, sono adottate entro il 31 marzo 2006 (107).

2. Il titolare che alla data di entrata in vigore del presente codice dispone di strumenti elettronici che, per obiettive ragioni tecniche, non consentono in tutto o in parte l’immediata applicazione delle misure minime di cui all’articolo 34 e delle corrispondenti modalità tecniche di cui all’allegato B), descrive le medesime ragioni in un documento a data certa da conservare presso la propria struttura.

3. Nel caso di cui al comma 2, il titolare adotta ogni possibile misura di sicurezza in relazione agli strumenti elettronici detenuti in modo da evitare, anche sulla base di idonee misure organizzative, logistiche o procedurali, un incremento dei rischi di cui all’articolo 31, adeguando i medesimi strumenti al più tardi entro il 30 giugno 2006 (108).

(107) Comma così modificato prima dall’art. 3, D.L. 24 giugno 2004, n. 158, poi dall’art. 6, D.L. 9 novembre 2004, n. 266 e dall’art. 6-bis, D.L. 30 dicembre 2004, n. 314, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, ed infine dall’art. 10, D.L. 30 dicembre 2005, n. 273.

(108) Comma così modificato prima dall’art. 3, D.L. 24 giugno 2004, n. 158, poi dall’art. 6, D.L. 9 novembre 2004, n. 266 e dall’art. 6-bis, D.L. 30 dicembre 2004, n. 314, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, ed infine dall’art. 10, D.L. 30 dicembre 2005, n. 273.

181. Altre disposizioni transitorie.

1. Per i trattamenti di dati personali iniziati prima del 1° gennaio 2004, in sede di prima applicazione del presente codice:

a) l’identificazione con atto di natura regolamentare dei tipi di dati e di operazioni ai sensi degli articoli 20, commi 2 e 3, e 21, comma 2, è effettuata, ove mancante, entro il 28 febbraio 2007 (109);

b) la determinazione da rendere nota agli interessati ai sensi dell’articolo 26, commi 3, lettera a), e 4, lettera a), è adottata, ove mancante, entro il 30 giugno 2004;

c) le notificazioni previste dall’articolo 37 sono effettuate entro il 30 aprile 2004;

d) le comunicazioni previste dall’articolo 39 sono effettuate entro il 30 giugno 2004;

e) [le modalità semplificate per l’informativa e la manifestazione del consenso, ove necessario, possono essere utilizzate dal medico di medicina generale, dal pediatra di libera scelta e dagli organismi sanitari anche in occasione del primo ulteriore contatto con l’interessato, al più tardi entro il 30 settembre 2004] (110);

f) l’utilizzazione dei modelli di cui all’articolo 87, comma 2, è obbligatoria a decorrere dal 1° gennaio 2005.

2. Le disposizioni di cui all’articolo 21-bis del decreto del Presidente della Repubblica 30 settembre 1963, n. 1409, introdotto dall’articolo 9 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 281, restano in vigore fino alla data di entrata in vigore del presente codice.

3. L’individuazione dei trattamenti e dei titolari di cui agli articoli 46 e 53, da riportare nell’allegato C), è effettuata in sede di prima applicazione del presente codice entro il 30 giugno 2004.

4. Il materiale informativo eventualmente trasferito al Garante ai sensi dell’articolo 43, comma 1, della legge 31 dicembre 1996, n. 675, utilizzato per le opportune verifiche, continua ad essere successivamente archiviato o distrutto in base alla normativa vigente.

5. L’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi dell’interessato ai sensi dell’articolo 52, comma 4, è effettuata sulle sentenze o decisioni pronunciate o adottate prima dell’entrata in vigore del presente codice solo su diretta richiesta dell’interessato e limitatamente ai documenti pubblicati mediante rete di comunicazione elettronica o sui nuovi prodotti su supporto cartaceo o elettronico. I sistemi informativi utilizzati ai sensi dell’articolo 51, comma 1, sono adeguati alla medesima disposizione entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente codice.

6. Le confessioni religiose che, prima dell’adozione del presente codice, abbiano determinato e adottato nell’àmbito del rispettivo ordinamento le garanzie di cui all’articolo 26, comma 3, lettera a), possono proseguire l’attività di trattamento nel rispetto delle medesime.

6-bis. Fino alla data in cui divengono efficaci le misure e gli accorgimenti prescritti ai sensi dell’articolo 132, comma 5, per la conservazione del traffico telefonico si osserva il termine di cui all’articolo 4, comma 2, del decreto legislativo 13 maggio 1998, n. 171 (111).

(109) Lettera così modificata prima dall’art. 3, D.L. 24 giugno 2004, n. 158, poi dall’art. 10, D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, come modificato dalla relativa legge di conversione, e dall’art. 1, D.L. 12 maggio 2006, n. 173, come sostituito dalla relativa legge di conversione, ed infine dal comma 1 dell’art. 6, D.L. 28 dicembre 2006, n. 300. In attuazione di quanto disposto dalla presente lettera vedi, per il Ministero degli affari esteri, il D.M. 23 giugno 2004, n. 225.

(110) Lettera abrogata dall’art. 2-quinquies, D.L. 29 marzo 2004, n. 81, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(111) Comma aggiunto dall’art. 4, D.L. 24 dicembre 2003, n. 354, come modificato dalla relativa legge di conversione.

182. Ufficio del Garante.

1. Al fine di assicurare la continuità delle attività istituzionali, in sede di prima applicazione del presente codice e comunque non oltre il 31 marzo 2004, il Garante:

a) può individuare i presupposti per l’inquadramento in ruolo, al livello iniziale delle rispettive qualifiche e nei limiti delle disponibilità di organico, del personale appartenente ad amministrazioni pubbliche o ad enti pubblici in servizio presso l’Ufficio del Garante in posizione di fuori ruolo o equiparato alla data di pubblicazione del presente codice;

b) può prevedere riserve di posti nei concorsi pubblici, unicamente nel limite del trenta per cento delle disponibilità di organico, per il personale non di ruolo in servizio presso l’Ufficio del Garante che abbia maturato un’esperienza lavorativa presso il Garante di almeno un anno.

Capo III – Abrogazioni

183. Norme abrogate.

1. Dalla data di entrata in vigore del presente codice sono abrogati:

a) la legge 31 dicembre 1996, n. 675;

b) la legge 3 novembre 2000, n. 325;

c) il decreto legislativo 9 maggio 1997, n. 123;

d) il decreto legislativo 28 luglio 1997, n. 255;

e) l’articolo 1 del decreto legislativo 8 maggio 1998, n. 135;

f) il decreto legislativo 13 maggio 1998, n. 171 (112);

g) il decreto legislativo 6 novembre 1998, n. 389;

h) il decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 51;

i) il decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 135;

l) il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 281, ad eccezione degli articoli 8, comma 1, 11 e 12;

m) il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 282;

n) il decreto legislativo 28 dicembre 2001, n. 467;

o) il decreto del Presidente della Repubblica 28 luglio 1999, n. 318.

2. Dalla data di entrata in vigore del presente codice sono abrogati gli articoli 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19 e 20 del decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1998, n. 501.

3. Dalla data di entrata in vigore del presente codice sono o restano, altresì, abrogati:

a) l’art. 5, comma 9, del D.M. 18 maggio 2001, n. 279 del Ministro della sanità, in materia di malattie rare;

b) l’articolo 12 della legge 30 marzo 2001, n. 152;

c) l’articolo 4, comma 3, della legge 6 marzo 2001, n. 52, in materia di donatori midollo osseo;

d) l’articolo 16, commi 2 e 3, del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, in materia di certificati di assistenza al parto;

e) l’art. 2, comma 5, del D.M. 27 ottobre 2000, n. 380 del Ministro della sanità, in materia di flussi informativi sui dimessi dagli istituti di ricovero;

f) l’articolo 2, comma 5-quater 1, secondo e terzo periodo, del decreto-legge 28 marzo 2000, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 maggio 2000, n. 137, e successive modificazioni, in materia di banca dati sinistri in àmbito assicurativo;

g) l’articolo 6, comma 4, del decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204, in materia di diffusione di dati a fini di ricerca e collaborazione in campo scientifico e tecnologico;

h) l’articolo 330-bis del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, in materia di diffusione di dati relativi a studenti;

i) l’articolo 8, quarto comma, e l’articolo 9, quarto comma, della legge 1° aprile 1981, n. 121.

4. Dalla data in cui divengono efficaci le disposizioni del codice di deontologia e di buona condotta di cui all’articolo 118, i termini di conservazione dei dati personali individuati ai sensi dell’articolo 119, eventualmente previsti da norme di legge o di regolamento, si osservano nella misura indicata dal medesimo codice.

(112) La presente lettera era stata sostituita dall’art. 5, D.L. 24 dicembre 2003, n. 354, poi soppressa dalla relativa legge di conversione.

Capo IV – Norme finali

184. Attuazione di direttive europee.

1. Le disposizioni del presente codice danno attuazione alla direttiva 96/45/CE del 24 ottobre 1995, del Parlamento europeo e del Consiglio, e alla direttiva 2002/58/CE del 12 luglio 2002, del Parlamento europeo e del Consiglio.

2. Quando leggi, regolamenti e altre disposizioni fanno riferimento a disposizioni comprese nella legge 31 dicembre 1996, n. 675, e in altre disposizioni abrogate dal presente codice, il riferimento si intende effettuato alle corrispondenti disposizioni del presente codice secondo la tavola di corrispondenza riportata in allegato.

3. Restano ferme le disposizioni di legge e di regolamento che stabiliscono divieti o limiti più restrittivi in materia di trattamento di taluni dati personali.

185. Allegazione dei codici di deontologia e di buona condotta.

1. L’allegato A) riporta, oltre ai codici di cui all’articolo 12, commi 1 e 4, quelli promossi ai sensi degli articoli 25 e 31 della legge 31 dicembre 1996, n. 675, e già pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana alla data di emanazione del presente codice.

186. Entrata in vigore.

1. Le disposizioni di cui al presente codice entrano in vigore il 1° gennaio 2004, ad eccezione delle disposizioni di cui agli articoli 156, 176, commi 3, 4, 5 e 6 e 182, che entrano in vigore il giorno successivo alla data di pubblicazione del presente codice. Dalla medesima data si osservano altresì i termini in materia di ricorsi di cui agli articoli 149, comma 8, e 150, comma 2.

Allegato A (113)

Codici di deontologia

A.1 Codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica. (Provvedimento del Garante del 29 luglio 1998, in G.U. 3 agosto 1998, n. 179) (114)

A.2 Codice di deontologia e di buona condotta per il trattamento di dati personali per scopi storici. (Provvedimento del Garante n. 8/P21 del 14 marzo 2001, in G.U. 5 aprile 2001, n. 80) (115)

A.3 Codice di deontologia e di buona condotta per i trattamenti di dati personali a scopi statistici e di ricerca scientifica effettuati nell’àmbito del Sistema statistico nazionale. (Provvedimento del Garante n. 13 del 31 luglio 2002, in G.U. 1° ottobre 2002, n. 230) (116)

A.4 Codice di deontologia e di buona condotta per i trattamenti di dati personali per scopi statistici e scientifici. (Provvedimento del Garante n. 2 del 16 giugno 2004, in G.U. 14 agosto 2004, n. 190, S.O.) (117)

A.5 Codice di deontologia e di buona condotta per i sistemi informativi gestiti da soggetti privati in tema di crediti al consumo, affidabilità e puntualità nei pagamenti. (Provvedimento del Garante n. 8 del 16 novembre 2004, in G.U. 23 dicembre 2004, n. 300) (118)

A.6 Codice di deontologia e di buona condotta per il trattamento dei dati personali effettuato per lo svolgimento delle investigazioni difensive di cui alla legge 7 dicembre 2000. (Del. 6 novembre 2008, n. 60, in G.U. 24 novembre 2008, n. 275) (119)

(113) Nell’allegato A al presente decreto è stato disposto l’inserimento dei seguenti codici di deontologia e di buona condotta:

– per i trattamenti dati personali per scopi statistici e scientifici e per i sistemi informativi gestiti da soggetti privati in tema di crediti al consumo, affidabilità e puntualità nei pagamenti, con D.M. 14 gennaio 2005 (Gazz. Uff. 29 gennaio 2005, n. 23);

– per i dati trattati per svolgere investigazioni difensive o per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, con D.M. 2 dicembre 2008 (Gazz. Uff. 24 dicembre 2008, n. 300).

(114) Il Provv.Garante protez. dati pers. 29 luglio 1998 è pubblicato autonomamente nell’Opera.

(115) Il Provv.Garante protez. dati pers. 14 marzo 2001, n. 8/P/2001 è pubblicato autonomamente nell’Opera.

(116) Il Provv.Garante protez. dati pers. 31 luglio 2002, n. 13 è pubblicato autonomamente nell’Opera.

(117) Il Provv.Garante protez. dati pers. 16 giugno 2004, n. 2 è pubblicato autonomamente nell’Opera.

(118) La Del. Garante protez. dati pers. 16 novembre 2004, n. 8 è pubblicata autonomamente nell’Opera.

(119) La Del. 6 novembre 2008, n. 60 è pubblicatà autonomamente nell’Opera.

Allegato B (120)

Disciplinare tecnico in materia di misure minime di sicurezza

(Artt. da 33 a 36 del codice)

Trattamenti con strumenti elettronici

Modalità tecniche da adottare a cura del titolare, del responsabile ove designato e dell’incaricato, in caso di trattamento con strumenti elettronici:

Sistema di autenticazione informatica

1. Il trattamento di dati personali con strumenti elettronici è consentito agli incaricati dotati di credenziali di autenticazione che consentano il superamento di una procedura di autenticazione relativa a uno specifico trattamento o a un insieme di trattamenti.

2. Le credenziali di autenticazione consistono in un codice per l’identificazione dell’incaricato associato a una parola chiave riservata conosciuta solamente dal medesimo oppure in un dispositivo di autenticazione in possesso e uso esclusivo dell’incaricato, eventualmente associato a un codice identificativo o a una parola chiave, oppure in una caratteristica biometrica dell’incaricato, eventualmente associata a un codice identificativo o a una parola chiave.

3. Ad ogni incaricato sono assegnate o associate individualmente una o più credenziali per l’autenticazione.

4. Con le istruzioni impartite agli incaricati è prescritto di adottare le necessarie cautele per assicurare la segretezza della componente riservata della credenziale e la diligente custodia dei dispositivi in possesso ed uso esclusivo dell’incaricato.

5. La parola chiave, quando è prevista dal sistema di autenticazione, è composta da almeno otto caratteri oppure, nel caso in cui lo strumento elettronico non lo permetta, da un numero di caratteri pari al massimo consentito; essa non contiene riferimenti agevolmente riconducibili all’incaricato ed è modificata da quest’ultimo al primo utilizzo e, successivamente, almeno ogni sei mesi. In caso di trattamento di dati sensibili e di dati giudiziari la parola chiave è modificata almeno ogni tre mesi.

6. Il codice per l’identificazione, laddove utilizzato, non può essere assegnato ad altri incaricati, neppure in tempi diversi.

7. Le credenziali di autenticazione non utilizzate da almeno sei mesi sono disattivate, salvo quelle preventivamente autorizzate per soli scopi di gestione tecnica.

8. Le credenziali sono disattivate anche in caso di perdita della qualità che consente all’incaricato l’accesso ai dati personali.

9. Sono impartite istruzioni agli incaricati per non lasciare incustodito e accessibile lo strumento elettronico durante una sessione di trattamento.

10. Quando l’accesso ai dati e agli strumenti elettronici è consentito esclusivamente mediante uso della componente riservata della credenziale per l’autenticazione, sono impartite idonee e preventive disposizioni scritte volte a individuare chiaramente le modalità con le quali il titolare può assicurare la disponibilità di dati o strumenti elettronici in caso di prolungata assenza o impedimento dell’incaricato che renda indispensabile e indifferibile intervenire per esclusive necessità di operatività e di sicurezza del sistema. In tal caso la custodia delle copie delle credenziali è organizzata garantendo la relativa segretezza e individuando preventivamente per iscritto i soggetti incaricati della loro custodia, i quali devono informare tempestivamente l’incaricato dell’intervento effettuato.

11. Le disposizioni sul sistema di autenticazione di cui ai precedenti punti e quelle sul sistema di autorizzazione non si applicano ai trattamenti dei dati personali destinati alla diffusione.

Sistema di autorizzazione

12. Quando per gli incaricati sono individuati profili di autorizzazione di àmbito diverso è utilizzato un sistema di autorizzazione.

13. I profili di autorizzazione, per ciascun incaricato o per classi omogenee di incaricati, sono individuati e configurati anteriormente all’inizio del trattamento, in modo da limitare l’accesso ai soli dati necessari per effettuare le operazioni di trattamento.

14. Periodicamente, e comunque almeno annualmente, è verificata la sussistenza delle condizioni per la conservazione dei profili di autorizzazione.

Altre misure di sicurezza

15. Nell’àmbito dell’aggiornamento periodico con cadenza almeno annuale dell’individuazione dell’àmbito del trattamento consentito ai singoli incaricati e addetti alla gestione o alla manutenzione degli strumenti elettronici, la lista degli incaricati può essere redatta anche per classi omogenee di incarico e dei relativi profili di autorizzazione.

16. I dati personali sono protetti contro il rischio di intrusione e dell’azione di programmi di cui all’art. 615-quinquies del codice penale, mediante l’attivazione di idonei strumenti elettronici da aggiornare con cadenza almeno semestrale.

17. Gli aggiornamenti periodici dei programmi per elaboratore volti a prevenire la vulnerabilità di strumenti elettronici e a correggerne difetti sono effettuati almeno annualmente. In caso di trattamento di dati sensibili o giudiziari l’aggiornamento è almeno semestrale.

18. Sono impartite istruzioni organizzative e tecniche che prevedono il salvataggio dei dati con frequenza almeno settimanale.

Documento programmatico sulla sicurezza

19. Entro il 31 marzo di ogni anno, il titolare di un trattamento di dati sensibili o di dati giudiziari redige anche attraverso il responsabile, se designato, un documento programmatico sulla sicurezza contenente idonee informazioni riguardo:

19.1. l’elenco dei trattamenti di dati personali;

19.2. la distribuzione dei compiti e delle responsabilità nell’àmbito delle strutture preposte al trattamento dei dati;

19.3. l’analisi dei rischi che incombono sui dati;

19.4. le misure da adottare per garantire l’integrità e la disponibilità dei dati, nonché la protezione delle aree e dei locali, rilevanti ai fini della loro custodia e accessibilità;

19.5. la descrizione dei criteri e delle modalità per il ripristino della disponibilità dei dati in seguito a distruzione o danneggiamento di cui al successivo punto 23;

19.6. la previsione di interventi formativi degli incaricati del trattamento, per renderli edotti dei rischi che incombono sui dati, delle misure disponibili per prevenire eventi dannosi, dei profili della disciplina sulla protezione dei dati personali più rilevanti in rapporto alle relative attività, delle responsabilità che ne derivano e delle modalità per aggiornarsi sulle misure minime adottate dal titolare. La formazione è programmata già al momento dell’ingresso in servizio, nonché in occasione di cambiamenti di mansioni, o di introduzione di nuovi significativi strumenti, rilevanti rispetto al trattamento di dati personali;

19.7. la descrizione dei criteri da adottare per garantire l’adozione delle misure minime di sicurezza in caso di trattamenti di dati personali affidati, in conformità al codice, all’esterno della struttura del titolare;

19.8. per i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale di cui al punto 24, l’individuazione dei criteri da adottare per la cifratura o per la separazione di tali dati dagli altri dati personali dell’interessato.

Ulteriori misure in caso di trattamento di dati sensibili o giudiziari

20. I dati sensibili o giudiziari sono protetti contro l’accesso abusivo, di cui all’art. 615-ter del codice penale, mediante l’utilizzo di idonei strumenti elettronici.

21. Sono impartite istruzioni organizzative e tecniche per la custodia e l’uso dei supporti rimovibili su cui sono memorizzati i dati al fine di evitare accessi non autorizzati e trattamenti non consentiti.

22. I supporti rimovibili contenenti dati sensibili o giudiziari se non utilizzati sono distrutti o resi inutilizzabili, ovvero possono essere riutilizzati da altri incaricati, non autorizzati al trattamento degli stessi dati, se le informazioni precedentemente in essi contenute non sono intelligibili e tecnicamente in alcun modo ricostruibili.

23. Sono adottate idonee misure per garantire il ripristino dell’accesso ai dati in caso di danneggiamento degli stessi o degli strumenti elettronici, in tempi certi compatibili con i diritti degli interessati e non superiori a sette giorni.

24. Gli organismi sanitari e gli esercenti le professioni sanitarie effettuano il trattamento dei dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale contenuti in elenchi, registri o banche di dati con le modalità di cui all’articolo 22, comma 6, del codice, anche al fine di consentire il trattamento disgiunto dei medesimi dati dagli altri dati personali che permettono di identificare direttamente gli interessati. I dati relativi all’identità genetica sono trattati esclusivamente all’interno di locali protetti accessibili ai soli incaricati dei trattamenti ed ai soggetti specificatamente autorizzati ad accedervi; il trasporto dei dati all’esterno dei locali riservati al loro trattamento deve avvenire in contenitori muniti di serratura o dispositivi equipollenti; il trasferimento dei dati in formato elettronico è cifrato.

Misure di tutela e garanzia

25. Il titolare che adotta misure minime di sicurezza avvalendosi di soggetti esterni alla propria struttura, per provvedere alla esecuzione riceve dall’installatore una descrizione scritta dell’intervento effettuato che ne attesta la conformità alle disposizioni del presente disciplinare tecnico.

26. Il titolare riferisce, nella relazione accompagnatoria del bilancio d’esercizio, se dovuta, dell’avvenuta redazione o aggiornamento del documento programmatico sulla sicurezza.

Trattamenti senza l’ausilio di strumenti elettronici

Modalità tecniche da adottare a cura del titolare, del responsabile, ove designato, e dell’incaricato, in caso di trattamento con strumenti diversi da quelli elettronici:

27. Agli incaricati sono impartite istruzioni scritte finalizzate al controllo ed alla custodia, per l’intero ciclo necessario allo svolgimento delle operazioni di trattamento, degli atti e dei documenti contenenti dati personali. Nell’àmbito dell’aggiornamento periodico con cadenza almeno annuale dell’individuazione dell’àmbito del trattamento consentito ai singoli incaricati, la lista degli incaricati può essere redatta anche per classi omogenee di incarico e dei relativi profili di autorizzazione.

28. Quando gli atti e i documenti contenenti dati personali sensibili o giudiziari sono affidati agli incaricati del trattamento per lo svolgimento dei relativi compiti, i medesimi atti e documenti sono controllati e custoditi dagli incaricati fino alla restituzione in maniera che ad essi non accedano persone prive di autorizzazione, e sono restituiti al termine delle operazioni affidate.

29. L’accesso agli archivi contenenti dati sensibili o giudiziari è controllato. Le persone ammesse, a qualunque titolo, dopo l’orario di chiusura, sono identificate e registrate. Quando gli archivi non sono dotati di strumenti elettronici per il controllo degli accessi o di incaricati della vigilanza, le persone che vi accedono sono preventivamente autorizzate.

(120) Vedi, anche, il Provv. 27 novembre 2008. Per la sospensione delle disposizioni contenute nel presente allegato vedi il comma 9 dell’art. 1, O.P.C.M. 17 giugno 2009, n. 3781.

Allegato C

Trattamenti non occasionali effettuati in àmbito giudiziario o per fini di polizia (artt. 46 e 53 del codice)

TAVOLA DI CORRISPONDENZA

DEI RIFERIMENTI PREVIGENTI

AL CODICE IN MATERIA

DI PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

ARTICOLATO DEL CODICE RIFERIMENTO PREVIGENTE
Parte I
Disposizioni generali
Titolo I
Princìpi generali
Art. 1 (Diritto alla protezione dei dati personali)
Art. 2 (Finalità) cfr. art. 1, dir. 95/46/CE;
comma 1 art. 1, comma 1, L. 31 dicembre 1996, n. 675
comma 2
Art. 3 (Principio di necessità del trattamento dei dati)
comma 1
Art. 4 (Definizioni)
comma 1, lett. a) cfr. art. 2, dir. 95/46 CE;
art. 1, comma 2, lett. b), L. n. 675/1996
lett. b) art. 1, comma 2, lett. c), L. n. 675/1996
lett. c) art. 10, comma 5, D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 281
lett. d) cfr. art. 22, comma 1, L. n. 675/1996
lett. e) cfr. art. 24, comma 1, L. n. 675/1996
lett. f) art. 1, comma 2, lett. d), L. n. 675/1996
lett. g) art. 1, comma 2, lett. e), L. n. 675/1996
lett. h) cfr. art. 19 L. n. 675/1996
lett. i) art. 1, comma 2, lett. f), L. n. 675/1996
lett. l) art. 1, comma 2, lett. g), L. n. 675/1996
lett. m) art. 1, comma 2, lett. h), L. n. 675/1996
lett. n) art. 1, comma 2, lett. i), L. n. 675/1996
lett. o) art. 1, comma 2, lett. l), L. n. 675/1996
lett. p) art. 1, comma 2, lett. a), L. n. 675/1996
lett. q) art. 1, comma 2, lett. m), L. n. 675/1996
comma 2, lett. a) cfr. art. 2, par. 2, lett. d), direttiva del Parlamento
europeo e del Consiglio n. 2002/58/CE
lett. b) cfr. art. 2, lett. e), direttiva n. 2002/58/CE
lett. c) cfr. art. 2, par. 1, lett. a), direttiva del Parlamento
europeo e del Consiglio n. 2002/21/CE
lett. d) cfr. art. 2, par. 1, lett. d), direttiva n. 2002/21/CE
lett. e) cfr. art. 2, par. 1, lett. c), direttiva n. 2002/21/CE
lett. f) cfr. art. 2, par. 1, lett. k), direttiva n. 2002/21/CE
lett. g) cfr. art. 2,par. 2, lett. a), direttiva n. 2002/58/CE
lett. h) cfr. art. 2, par. 2,lett. b), direttiva n. 2002/58/CE
lett. i) cfr. art. 2, par. 2, lett. c), direttiva n. 2002/58/CE
lett. l) cfr. art. 2, par. 2, lett. g), direttiva n. 2002/58/CE
lett. m) cfr. art. 2, par. 2, lett. h), direttiva n. 2002/58/CE
comma 3, lett. a) art. 1, comma 1, lett. a), D.P.R. 28 luglio 1999, n. 318
lett. b) art. 1, lett. b, D.P.R. n. 318/1999
lett. c)
lett. d)
lett. e)
lett. f)
lett. g)
comma 4, lett. a) art. 1, comma 2, lett. a), D.Lgs. n. 281/1999
lett. b) art. 1, comma 2, lett. c), D.Lgs. n. 281/1999
lett. c) art. 1, comma 2, lett. b), D.Lgs. n. 281/1999
Art. 5 (Oggetto ed àmbito di applicazione) cfr. art. 4, dir. 95/46/CE;
comma 1 artt. 2, comma 1, e 6, comma 1, L. n. 675/1996
comma 2 art. 2, commi 1 -bis, e 1 -ter, L. n. 675/1996
comma 3 cfr.art. 3, par. 2 (secondo periodo), dir. 95/46/CE;
art. 3, L. n. 675/1996
Art. 6 (Disciplina del trattamento)
Titolo II
Diritti dell’interessato
Art. 7 (Diritto di accesso ai dati personali ed altri diritti) cfr. art. 12, dir. 95/46;
comma 1 art. 13, comma 1, lett. c), punto 1 (prima parte) L. n. 675/1996
comma 2 art. 13, comma 1, lett. b) e c), punto 1 (seconda parte)
L. n. 675/1996
comma 3 art. 13, comma 1, lett. c), punti 2, 3 e 4 L. n. 675/1996
comma 4 art. 13, comma 1, lett. d) ed e), L. n. 675/1996
Art. 8 (Esercizio dei diritti) cfr. art. 13, dir. 95/46;
comma 1 art. 17, comma 1, D.P.R. n. 501/1998.
comma 2 art. 14, comma 1, lett. a), b), c), d), e) ed ebis) L. n. 675/1996
comma 3 art. 14, comma 2, n. 675/1996
comma 4
Art. 9 (Modalità di esercizio)
comma 1 art. 17, comma 3, D.P.R. n. 501/1998
comma 2 art. 13, comma 4, L. n. 675/1996; art. 17, comma 4, D.P.R. n.
501/1998
comma 3 art. 13, comma 3 , L. n. 675/1996
comma 4 art. 17, comma 2, D.P.R. n. 501/1998
comma 5 art. 13, comma 1, c), punto 1 (secondo periodo), L. n. 675/1996
Art. 10 (Riscontro all’interessato)
comma 1 art. 17, comma 9, D.P.R. 31 marzo 1998, n. 501.
comma 2 art. 17, comma 6, D.P.R. n. 501/1998
comma 3 art. 17, comma 5 D.P.R. n. 501/1998
comma 4
comma 5
comma 6
comma 7 art. 13, comma 2, L. n. 675/1996; art. 17, comma 7, D.P.R. n.
501/1998
comma 8 art. 17, comma 7, D.P.R. n. 501/1998
comma 9 art. 17, comma 8, D.P.R. n. 501/1998
Titolo III
Regole generali per il trattamento dei dati
Capo I
Regole per tutti i trattamenti
Art. 11 (Modalità del trattamento e requisiti dei dati) cfr. art. 6, dir. 95/46/CE;
comma 1 art. 9, comma 1, L. n. 675/1996
comma 2
Art. 12 (Codici di deontologia e di buona condotta) cfr. art. 27, dir. 95/46/CE;
comma 1 art. 31, comma 1, lett. h), L. n. 675/1996;
comma 2 art. 20, comma 4, D.Lgs. 28 dicembre 2001, n. 467.
comma 3 art. 20, comma 3, D.Lgs. n. 467/2001
comma 4
Art. 13 (Informativa) cfr. art. 10, dir. 95/46/CE ;
comma 1 art. 10, comma 1, L. n. 675/1996
comma 2 art. 10, comma 2, L. n. 675/1996
comma 3
comma 4 art. 10, comma 3, L. n. 675/1996
comma 5 art. 10, comma 4, L. n. 675/1996
Art. 14 (Definizione di profili e della personalità
dell’interessato) cfr. art. 15, dir. 95/46/CE ;
Comma 1 art. 17, comma 1, L. n. 675/1996
Comma 2 art. 17, comma 2, L. n. 675/1996
Art. 15 (Danni cagionati per effetto del trattamento) cfr. art. 23, dir. 95/46/CE :
comma 1 art. 18, L. n. 675/1996
comma 2 art. 29, comma 9, L. n. 675/1996
Art. 16 (Cessazione del trattamento) cfr. art. 19, par. 2, dir. 95/46/CE
comma 1 art. 16, comma 2, L. n. 675/1996
comma 2 art. 16, comma 3, L. n. 675/1996
Art. 17 (Trattamento che presenta rischi specifici) cfr. art. 20, dir. 95/46/CE :
comma 1 art. 24 -bis, comma 1, L. n. 675/1996
comma 2 art. 24 -bis, comma 2, L. n. 675/1996
Capo II
Regole ulteriori per i soggetti pubblici
Art. 18 (Princìpi applicabili a tutti i trattamenti effettuati
da soggetti pubblici)
comma 1
comma 2 cfr. art. 27, comma 1, L. n. 675/1996
comma 3 cfr. art. 27, comma 1, L. n. 675/1996
comma 4
comma 5
Art. 19 (Princìpi applicabili al trattamento di dati diversi da
quelli sensibili e giudiziari) art. 7, par. 1, lett. E), dir. 95/46/CE ;
comma 1 art. 27, comma 1, L. n. 675/1996
comma 2 art. 27, comma 2, L. n. 675/1996
comma 3 art. 27, comma 3, L. n. 675/1996
Art. 20 (Princìpi applicabili al trattamento di dati sensibili) cfr. art. 8, dir. 95/46/CE;
comma 1 art. 22, comma 3, primo periodo, L. n. 675/1996
comma 2 art.22, comma 3 -bis, L. n. 675/1996; art. 5, comma 5, D.Lgs.
n. 135/1999
comma 3 art. 22, comma 3, secondo periodo, L. n. 675/1996
comma 4 art. 22, comma 3 -bis, L. n. 675/1996
Art. 21 (Princìpi applicabili al trattamento di dati
giudiziari) cfr. art. 8, par. 5, dir. 95/46/CE ;
comma 1 art. 24, comma 1, L. n. 675/1996;
comma 2 art. 5, comma 5 -bis, D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 135
Art. 22 (Princìpi applicabili al trattamento di dati sensibili e
giudiziari)
comma 1
comma 2 art. 2, comma 2, D.Lgs. n. 135/1999
comma 3 art. 3, comma 1, D.Lgs. n. 135/1999
comma 4 art. 3, comma 2, D.Lgs. n. 135/1999
comma 5 art. 3, comma 3, D.Lgs. n. 135/1999
comma 6 art. 3, comma 4, D.Lgs. n. 135/1999
comma 7 art. 3, comma 5, D.Lgs. n. 135/1999
comma 8 art. 23, comma 4, L. n. 675/1996
comma 9 art. 4, comma 1, D.Lgs. n. 135/1999
comma 10 art. 4, comma 2, D.Lgs. n. 135/1999; art. 3, comma 6, D.Lgs. n.
135/1999
comma 11 art. 4, comma 3, D.Lgs. n. 135/1999
comma 12 art. 1, comma 2, lett. c), D.Lgs. n. 135/1999
Capo III
Regole ulteriori per i privati ed enti pubblici economici
Art. 23 (Consenso) cfr.art. 7, par. 1, lett. A), dir. 95/46/CE ;
comma 1 art. 11, comma 1 e 20, comma 1, lett. a) L. n. 675/1996
comma 2 art. 11, comma 2, L. n. 675/1996
comma 3 art. 11, comma 3, L. n. 675/1996
comma 4 cfr. art. 22, comma 1, L. n. 675/1996
Art. 24 (Casi nei quali può essere effettuato il trattamento
senza il consenso) cfr. art. 7, dir. 95/46/CE ;
comma 1, lett. a) artt. 12, comma 1, lett. a) e 20, comma 1, lett. c), L. n.
675/1996;
lett. b) artt. 12, comma 1, lett. b) e 20, comma 1, lett. a-bis), L. n.
675/1996
lett. c) artt. 12, comma 1, lett. c) e 20, comma 1, lett. b), L. n.
675/1996
lett. d) artt. 12, comma 1, lett. f) e 20, comma 1, lett. e),L. n.
675/1996
lett. e) art. 7, par. 1, lett. d), dir. 95/46; artt. 12, comma 1, lett. g) e 20
comma 1, lett. f), L. n. 675/1996
lett. f) artt. 12, comma 1, lett. h) e 20, comma 1, lett. g), L. n.
675/1996
lett. g) artt. 12, comma 1, lett. h-bis) e 20, comma 1, lett. h ed h-bis), L.
n. 675/1996
lett. h)
lett. i) artt. 12, comma 1, lett. d) e 21, comma 4, lett. a), L. n.
675/1996; art. 7, comma 4 .Lgs. n. 281/1999
Art. 25 (Divieti di comunicazione e diffusione)
comma 1 art. 21 commi 1 e 2, L. n. 675/1996
comma 2 art. 21, comma 4, lett. b), L. n. 675/1996
Art. 26 (Garanzie per i dati sensibili) cfr. Art. 8, dir. 95/46/CE ;
comma 1 art. 22, comma 1, L. n. 675/1996
comma 2 art. 22, comma 2, L. n. 675/1996
comma 3, lett. a) art. 22, comma 1-b is, L. n. 675/1996
comma 3, lett. b) art. 22, comma 1- ter, L. n. 675/1996
comma 4 art. 22, comma 4, L. n. 675/1996
comma 5 art. 23, comma 4, L. n. 675/1996
Art. 27 (Garanzie per i dati giudiziari) cfr. art. 8, par. 5, dir. 95/46/CE
comma 1 art. 24, comma 1, L. n. 675/1996
Titolo IV
I soggetti che effettuano il trattamento
Art. 28 (Titolare del trattamento)
comma 1
Art. 29 (Responsabile del trattamento) cfr. art. 16, dir. 95/46/CE;
comma 1 art. 8, comma 1, L. n. 675/1996
comma 2 art. 8, comma 1, L. n. 675/1996
comma 3 art. 8, comma 3, L. n. 675/1996
comma 4 art. 8, comma 4, L. n. 675/1996
comma 5 art. 8, comma 2, L. n. 675/1996
Art. 30 (Incaricati del trattamento) cfr. art. 17, par. 3, dir. 95/46/CE ;
comma 1 artt. 8, comma 5, e 19, L. n. 675/1996
comma 2 art. 19, L. n. 675/1996
Titolo V
Sicurezza dei dati e dei sistemi
Capo I
Misure di sicurezza cfr. art. 17, dir. 95/46/CE;
Art. 31 (Obblighi di sicurezza) art. 15, comma 1, L. n. 675/1996
Art. 32 (Particolari titolari)
comma 1 art. 2, comma 1, D.Lgs. 13 maggio 1998, n. 171
comma 2 art. 2, comma 2, D.Lgs. 13 maggio 1998, n. 171
comma 3 art. 2, comma 3, D.Lgs. 13 maggio 1998, n. 171
Capo II
Misure minime
Art. 33 (Misure minime) cfr. art. 15, comma 2, L. n. 675/1996
Art. 34 (Trattamenti con strumenti elettronici)
Art. 35 (Trattamenti senza l’ausilio di strumenti elettronici)
Art. 36 (Adeguamento) cfr. art. 15, comma 3, L. n. 675/1996
Titolo VI
Adempimenti
Art. 37 (Notificazione del trattamento)
comma 1 art. 18, dir. 95/46/CE ; cfr. art. 7, comma 1, L. n. 675/1996
comma 2
comma 3 art. 28, comma 7, secondo periodo, L. n. 675/1996
comma 4 art. 13, commi 1, 2, 3, 4, D.P.R. n. 501/1998
Art. 38 (Modalità di notificazione) art. 19, dir. 95/46/CE
comma 1 art. 7, comma 2, primo periodo, L. n. 675/1996
comma 2 art. 12, comma 1, primo periodo, D.P.R. n. 501/1998
comma 3 art. 12, comma 1, secondo periodo, D.P.R. n. 501/1998
comma 4 art. 7, comma 2, secondo periodo e art. 16, comma 1 L. n.
, 675/1996
comma 5 art. 12, comma 6, D.P.R. n. 501/1998
comma 6
Art. 39 (Obblighi di comunicazione) art. 7, par. 1, lett. E), dir. 95/46/CE
comma 1, lett. a) art. 27, comma 2, L. n. 675/1996
lett. b)
comma 2
comma 3
Art. 40 (Autorizzazioni generali) art. 41, comma 7, L. n. 675/1996; art. 14, comma 1, D.P.R. n.
comma 1 501/1998
Art. 41 (Richieste di autorizzazione)
comma 1
comma 2 art. 14, comma 2, D.P.R. n. 501/1998
comma 3 art. 14, comma 3, D.P.R. n. 501/1998
comma 4 art. 14, comma 4, D.P.R. n. 501/1998
comma 5 art. 14, comma 5, D.P.R. n. 501/1998
Titolo VII
Trasferimento dei dati all’estero cfr. artt. 25 e 26, dir. 95/46/CE
Art. 42 (Trasferimenti all’interno dell’Unione europea)
comma 1
Art. 43 (Trasferimenti consentiti in Paesi terzi)
alinea del comma 1 art. 28, comma 1, L. n. 675/1996
comma 1 artt. 28, comma 4, eccetto la lett. g), e 26, comma 2, L. n.
675/1996; art. 7, comma 4, D.Lgs. n. 281/1999
Art. 44 (Altri trasferimenti consentiti) art. 28, comma 4, lett. g), L. n. 675/1996
Art. 45 (Trasferimenti vietati) art. 28, comma 3, L. n. 675/1996
Parte II
Disposizioni relative a specifici settori
Titolo I
Trattamenti in àmbito giudiziario
Capo I cfr. art. 3, dir. 95/46/CE
Profili generali
Art. 46 (Titolari dei trattamenti)
Art. 47 (Trattamenti per ragioni di giustizia) art. 3, par. 2, (primo periodo) dir. 95/46/CE; art. 4, comma 1,
lett. c) e d) e comma 2, L. n. 675/1996
Art. 48 (Banche di dati di uffici giudiziari)
Art. 49 (Disposizioni di attuazione)
Capo II
Minori
Art. 50 (Notizie o immagini relative ai minori)
Capo III
Informatica giuridica
Art. 51 (Princìpi generali)
Art. 52 (Dati identificativi degli interessati)
Titolo II
Trattamenti da parte di forze di polizia
Capo I cfr. art. 3, dir. 95/46/CE
Profili generali
Art. 53 (Àmbito applicativo e titolari dei trattamenti) art. 3, par. 2, (primo periodo) dir. 95/46/CE; art. 4, comma 1,
lett. a) ed e) e comma 2, L. n. 675/1996
Art. 54 (Modalità di trattamento e flussi di dati)
Art. 55 (Particolari tecnologie)
Art. 56 (Tutela dell’interessato)
Art. 57 (Disposizioni di attuazione)
Titolo III
Difesa e sicurezza dello Stato
Capo I art. 3, dir. 95/46/CE ;
Profili generali
Art. 58 (Disposizioni applicabili)
comma 1 art. 4, commi 1, lett. b) e 2, L. n. 675/1996
comma 2 art. 4, commi 1, lett. e) e 2, L. n. 675/1996
comma 3 art. 15, comma 4, L. n. 675/1996
comma 4
Titolo IV
Trattamenti in àmbito pubblico
Capo I
Accesso a documenti amministrativi
Art. 59 (Accesso a documenti amministrativi) art. 43, comma 2, L. 675/1996; art. 16, comma 1, lett. c), D.Lgs.
n. 135/1999
Art. 60 (Dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita
sessuale) art. 16, comma 2, D.Lgs. n. 135/1999
Capo II
Registri pubblici e albi professionali
Art. 61 (Utilizzazione di dati pubblici)
comma 1 art. 20, comma 1, lett. f), D.Lgs. n. 467/2001
comma 2
comma 3
comma 4
Capo III
Stato civile, anagrafi e liste elettorali
Art. 62 (Dati sensibili e giudiziari) art. 6 D.Lgs. n. 135/1999
Art. 63 (Consultazione di atti)
Capo IV
Finalità di rilevante interesse pubblico
Art. 64 (Cittadinanza, immigrazione e condizione dello
straniero)
comma 1 art. 7, comma 1, D.Lgs. n. 135/1999
comma 2 art. 7, comma 3, D.Lgs. n. 135/1999
comma 3 art. 7, comma 2, D.Lgs. n. 135/1999
Art. 65 (Diritti politici e pubblicità dell’attività di organi)
comma 1 art. 8, commi 1 e 2, D.Lgs. n. 135/1999
comma 2 art. 8, comma 3, D.Lgs. n. 135/1999
comma 3 art. 8, comma 4, D.Lgs. n. 135/1999
comma 4 art. 8, comma 5, D.Lgs. n. 135/1999
comma 5 art. 8, comma 6, D.Lgs. n. 135/1999
Art. 66 (Materia tributaria e doganale)
comma 1 art. 10, comma 1, D.Lgs. n. 135/1999
comma 2 art. 10, comma 2, D.Lgs. n. 135/1999
Art. 67 (Attività di controllo e ispettive)
comma 1, lett. a) art. 11, comma 1, D.Lgs. n. 135/1999
lett. b) art. 11, comma 3, D.Lgs. n. 135/1999
Art. 68 (Benefìci economici ed abilitazioni)
comma 1 art. 13, comma 1, D.Lgs. n. 135/1999
comma 2 art. 13, comma 2, D.Lgs. n. 135/1999
comma 3 art. 13, comma 3, D.Lgs. n. 135/1999
Art. 69 (Onorificenze, ricompense e riconoscimenti) art. 14, D.Lgs. n. 135/1999
Art. 70 (Volontariato e obiezione di coscienza)
comma 1 art. 15, comma 1, D.Lgs. n. 135/1999
comma 2 art. 15, comma 2, D.Lgs. n. 135/1999
Art. 71 (Attività sanzionatorie e di tutela)
comma 1 art. 16, comma 1, lett. a) e b), D.Lgs. n. 135/1999
comma 2 art. 16, comma 2, D.Lgs. n. 135/1999
Art. 72 (Rapporti con enti di culto) art. 21, D.Lgs. n. 135/1999
Art. 73 (Altre finalità in àmbito amministrativo e sociale) Provv. Garante n. 1/P/2000 del 30 dicembre 1999-13 gennaio
2000
Capo V
Particolari contrassegni
Art. 74 (Contrassegni su veicoli e accessi a centri storici)
Titolo V
Trattamento di dati personali in àmbito
sanitario
Capo I cfr. art. 8, dir. 95/46/CE
Princìpi generali
Art. 75 (Àmbito applicativo) art. 1. D.Lgs. n. 282/1999
Art. 76 (Esercenti professioni sanitarie e organismi sanitari
pubblici)
comma 1 art. 23, comma 1, L. n. 675/1996
comma 2
comma 3 art. 23, comma 3, (primo periodo), L. n. 675/1996
Capo II
Modalità semplificate per informativa e consenso
Art. 77 (Casi di semplificazione)
Art. 78 (Informativa del medico di medicina generale o del
pediatra)
Art. 79 (Informativa da parte di organismi sanitari)
Art. 80 (Informativa da parte di altri soggetti pubblici)
Art. 81 (Prestazione del consenso)
Art. 82 (Emergenze e tutela della salute e dell’incolumità
fisica)
comma 1
comma 2 art. 23, comma 1 -quater, L. n. 675/1996
comma 3
comma 4
Art. 83 (Altre misure per il rispetto dei diritti degli
interessati)
Art. 84 (Comunicazione di dati all’interessato)
comma 1 art. 23, comma 2, L. n. 675/1996
comma 2
Capo III
Finalità di rilevante interesse pubblico
Art. 85 (Compiti del Servizio sanitario nazionale)
comma 1 art. 17, comma 1, D.Lgs. n. 135/1999
comma 2
comma 3
comma 4 art. 17, comma 2, D.Lgs. n. 135/1999
Art. 86 (Altre finalità di rilevante interesse pubblico)
comma 1
lett. a) art. 18, D.Lgs. n. 135/1999
lett. b) art. 19, D.Lgs. n. 135/1999
lett. c) art. 20, D.Lgs. n. 135/1999
Capo IV
Prescrizioni mediche
Art. 87 (Medicinali a carico del Servizio sanitario nazionale) art. 4, comma 2, D.Lgs. n. 282/1999
Art. 88 (Medicinali non a carico del Servizio sanitario
nazionale) art. 4, comma 1, D.Lgs. n. 282/1999
Art. 89 (Casi particolari)
comma 1
comma 2 art. 4, comma 4, D.Lgs. n. 282/1999
Capo V
Dati genetici
Art. 90 (Trattamento dei dati genetici e donatori di midollo
osseo) art. 17, comma 5, D.Lgs. n. 135/1999
comma 1
comma 2
comma 3 art. 4, comma 3, L. n. 52 del 6 marzo 2001
Capo VI
Disposizioni varie
Art. 91 (Dati trattati mediante carte)
Art. 92 (Cartelle cliniche)
Art. 93 (Certificato di assistenza al parto)
comma 1 art. 16, comma 2, D.P.R. n. 445 del 28 dicembre 2000
comma 2
comma 3
Art. 94 (Banche di dati, registri e schedari in àmbito
sanitario)
Titolo VI
Istruzione
Capo I
Profili generali
Art. 95 (Dati sensibili e giudiziari) art. 12, D.Lgs. n. 135/1999
Art. 96 (Trattamento di dati relativi a studenti) art. 330 -bis, (primo e secondo periodo)D.Lgs. n. 297 del 16
comma 1 aprile 1994
comma 2 art. 330 -bis, (terzo periodo), D.Lgs. n. 297/1994
Titolo VII
Trattamento per scopi storici, statistici o
scientifici
Capo I cfr. artt. 6, 11, par. 2, 13, par. 2, dir. 95/46/CE
Profili generali
Art. 97 (Àmbito applicativo)
Art. 98 (Finalità di rilevante interesse pubblico) artt. 22 e 23, D.Lgs. n. 135/1999
Art. 99 (Compatibilità tra scopi e durata del trattamento)
Comma 1 art. 9, comma 1- bis, L. 675/1996
comma 2 art. 9, comma 1- bis, L. 675/1996
comma 3 art. 16, comma 2, lett. c -bis), L. 675/1996
Art. 100 (Dati relativi ad attività di studio e di ricerca) art. 6, comma 4, D.Lgs. n. 204/1998
Capo II
Trattamento per scopi storici
Art. 101 (Modalità di trattamento)
comma 1 art. 7, comma 1, D.Lgs. n. 281/1999
comma 2 art. 7, comma 2, D.Lgs. n. 281/1999
comma 3 art. 7, comma 3, D.Lgs. n. 281/1999
Art. 102 (Codice di deontologia e di buona condotta)
comma 1 art. 6, comma 1, D.Lgs. n. 281/1999
comma 2 art. 7, comma 5, D.Lgs. n. 281/1999
Art. 103 (Consultazione di documenti conservati in archivi)
Capo III
Trattamento per scopi statistici o scientifici
Art. 104 (Àmbito applicativo e dati identificativi per scopi
statistici o scientifici)
comma 1 art. 10, comma 1, D.Lgs. n. 281/1999
comma 2 art. 10, comma 5, D.Lgs. n. 281/1999
Art. 105 (Modalità di trattamento)
comma 1 art. 10, comma 3, D.Lgs. n. 281/1999
comma 2 art. 10, comma 2, D.Lgs. n. 281/1999
comma 3
comma 4
Art. 106 (Codici di deontologia e di buona condotta)
comma 1 art. 6, comma 1, D.Lgs. n. 281/1999
comma 2 art. 10, comma 6, D.Lgs. n. 281/1999
Art. 107 (Trattamento di dati sensibili)
comma 1 art. 10, comma 4, D.Lgs. n. 281/1999
Art. 108 (Sistema statistico nazionale)
Art. 109 (Dati statistici relativi all’evento della nascita)
Art. 110 (Ricerca medica, biomedica ed epidemiologica)
comma 1 art. 5, comma 1, D.Lgs. n. 282/1999
comma 2 art. 5, comma 2, D.Lgs. n. 282/1999
Titolo VIII
Lavoro e previdenza sociale
Capo I
Profili generali
Art. 111 (Codice di deontologia e di buona condotta)
comma 1 art. 20, comma 2, lett. b), D.Lgs., n. 467/2001
Art. 112 (Finalità di rilevante interesse pubblico)
comma 1 art. 9, comma 1, D.Lgs. n. 135/1999
comma 2 art. 9, comma 2, D.Lgs. n. 135/1999
comma 3 art. 9, comma 4, D.Lgs. n. 135/1999
Capo II
Annunci di lavoro e dati riguardanti
prestatori di lavoro
Art. 113 (Raccolta di dati e pertinenza) cfr. art. 8, L. 20 maggio 1970, n. 300
Capo III
Divieto di controllo a distanza e telelavoro
Art. 114 (Controllo a distanza) cfr. art. 4, comma 1, L. 20 maggio 1970, n. 300
Art. 115 (Telelavoro e lavoro a domicilio)
comma 1 e 2 art. 6, L. 2 aprile 1958, n. 339
Capo IV
Istituti di patronato e di assistenza sociale
Art. 116 (Conoscibilità di dati su mandato dell’interessato)
commi 1 e 2 art. 12, L. 30 marzo 2001, n. 152
Titolo IX
Sistema bancario, finanziario ed assicurativo
Capo I
Sistemi informativi
Art. 117 (Affidabilità e puntualità nei pagamenti)
comma 1 art. 20, comma 1, lett. e), D.Lgs. n. 467/2001
Art. 118 (Informazioni commerciali)
comma 1 art. 20, comma 1, lett. d), D.Lgs. n. 467/2001
Art. 119 (Dati relativi al comportamento debitorio)
Art. 120 (Sinistri) art. 2, comma 5 -quater 1, D.L. 28 marzo 2000, n. 70, conv. da
L. 26 maggio 2000, n. 137
Titolo X
Comunicazioni elettroniche
Capo I
Servizi di comunicazione elettronica
Art. 121 (Servizi interessati) cfr. art. 3, direttiva n. 2002/58/CE
Art. 122 (Informazioni raccolte nei riguardi dell’abbonato e
dell’utente) cfr. art. 5, par. 3, direttiva n. 2002/58/CE
Art. 123 (Dati relativi al traffico) cfr. art. 6, direttiva n. 2002/58/CE
comma 1 art. 4, comma 1, D.Lgs. 13 maggio 1998, n. 171;
comma 2 art. 4, comma 2, D.Lgs. n. 171/1998
comma 3 art. 4, comma 3, D.Lgs. n. 171/1998
comma 4
comma 5 art. 4, comma 4, D.Lgs. n. 171/1998
comma 6 art. 4, comma 5, D.Lgs. n. 171/1998
Art. 124 (Fatturazione dettagliata) cfr. art. 7, direttiva n. 2002/58/CE
comma 1 art. 5, comma 3 (primo periodo), D.Lgs. n. 171/1998;
comma 2 art. 5, comma 1, D.Lgs. n. 171/1998
comma 3 art. 5, comma 2, D.Lgs. n. 171/1998
comma 4 art. 5, comma 3 (secondo periodo), D.Lgs. n. 171/1998
comma 5
Art. 125 (Identificazione della linea) cfr. art. 8, direttiva n. 2002/58/CE
comma 1 art. 6, comma 1, D.Lgs. n. 171/1998;
comma 2 art. 6, comma 2, D.Lgs. n. 171/1998
comma 3 art. 6, comma 3, D.Lgs. n. 171/1998
comma 4 art. 6, comma 4, D.Lgs. n. 171/1998
comma 5 art. 6, comma 5, D.Lgs. n. 171/1998
comma 6 art. 6, comma 6, D.Lgs. n. 171/1998
Art. 126 (Dati relativi all’ubicazione) cfr. art. 9, direttiva n. 2002/58/CE
Art. 127 (Chiamate di disturbo e di emergenza) cfr. art. 10, direttiva n. 2002/58/CE
comma 1 art. 7, comma 1, D.Lgs. n. 171/1998;
comma 2 art. 7, comma 2, D.Lgs. n. 171/1998
comma 3
comma 4 art. 7, comma 2 -bis, D.Lgs. n. 171/1998
Art. 128 (Trasferimento automatico della chiamata) cfr. art. 11, direttiva n. 2002/58/CE
comma 1 art. 8, comma 1, D.Lgs. n. 171/1998;
Art. 129 (Elenchi di abbonati) cfr. art. 12, direttiva n. 2002/58/CE
art. 9, D.Lgs. n. 171/1998;
Art. 130 (Comunicazioni indesiderate) cfr. art. 13, direttiva n. 2002/58/CE
art. 10, D.Lgs. n. 171/1998;
Art. 131 (Informazioni ad abbonati e utenti) art. 3, D.Lgs. n. 171/1998
Art. 132 (Conservazione di dati di traffico per altre finalità) cfr. art. 15, direttiva n. 2002/58/CE
Capo II
Internet e reti telematiche
Art. 133 (Codice di deontologia e di buona condotta) art. 20, comma 2, lett. a), D.Lgs. n. 467/2001
Capo III
Videosorveglianza
Art. 134 (Codice di deontologia e di buona condotta) art. 20, comma 2, lett. g), D.Lgs. n. 467/2001
Titolo XI
Libere professioni e investigazione privata
Capo I
Profili generali
Art. 135 (Codice di deontologia e di buona condotta) art. 22, comma 4, lett. c), secondo periodo, L. n. 675/1996
Titolo XII
Giornalismo ed espressione letteraria ed artistica
Capo I cfr. art. 9, dir. 95/46/CE
Profili generali
Art. 136 (Finalità giornalistiche ed altre manifestazioni del
pensiero)
comma 1, lett. a) art. 25, comma 1, L. n. 675/1996
lett. b) e c) art. 25, comma 4- bis, L. n. 675/1996
Art. 137 (Disposizioni applicabili)
comma 1, lett. a) art. 25, comma 1, L. n. 675/1996
lett. b) art. 25, comma 1, L. n. 675/1996
lett. c) art. 28, comma 6, L. n. 675/1996
comma 2 art. 12, comma 1, lett. e), L. n. 675/1996; art. 25, comma 1, L. n.
675/1996
comma 3 art. 20, comma 1, lett. d), e art. 25, comma 1, L. n. 675/1996
Art. 138 (Segreto professionale) art. 13, comma 5, L. n. 675/1996
Capo II
Codice di deontologia
Art. 139 (Codice di deontologia relativo ad attività
giornalistiche) art. 25, commi 2 , 3 e 4, L. n. 675/1996
Titolo XIII
Marketing diretto
Capo I
Profili generali
Art. 140 (Codice di deontologia e di buona condotta) art. 20, comma 2, lett. c), D.Lgs. n. 467/2001
Parte III
Tutela dell’interessato e sanzioni
Titolo I
Tutela amministrativa e giurisdizionale
Capo I
Tutela dinanzi al Garante cfr. art. 22, dir. 95/46/CE
Sezione I
Princìpi generali
Art. 141 (Forme di tutela)
Sezione II
Tutela amministrativa
Art. 142 (Proposizione dei reclami)
Art. 143 (Procedimento per i reclami) art. 21, comma 3, L. n. 675/1996; art. 31, comma 1, lett. c) e l),
L. n. 675/1996
Art. 144 (Segnalazioni)
Sezione III
Tutela alternativa a quella giurisdizionale
Art. 145 (Ricorsi)
comma 1 art. 29, comma 1, primo periodo, L. n. 675/1996
comma 2 art. 29, comma 1, secondo periodo, L. n. 675/1996
comma 3 art. 29, comma 2, secondo periodo, L. n. 675/1996
Art. 146 (Interpello preventivo)
comma 1 art. 29, comma 2, primo periodo, L. n. 675/1996
comma 2 art. 29, comma 2, primo periodo, L. n. 675/1996
comma 3
Art. 147 (Presentazione del ricorso)
comma 1, lett. a) art. 18, comma 1, lett. a), D.P.R. n. 501/1998
lett. b) art. 18, comma 1, lett. c), -seconda parte- D.P.R. n. 501/1998
lett. c) art. 18, comma 1, lett. d), D.P.R. n. 501/1998
lett. d) art. 18, comma 1, lett. c), -prima parte- D.P.R. n. 501/1998
lett. e) art. 18, comma 1, lett. b), D.P.R. n. 501/1998
alinea del comma 2 art. 18, comma 1, lett. e), D.P.R. n. 501/1998
lett. a), b) e c) art. 18, comma 3, D.P.R. n. 501/1998
comma 3 art. 18, comma 4, D.P.R. n. 501/1998
comma 4 art. 18, comma 2, D.P.R. n. 501/1998
comma 5 art. 18, alinea del comma 1, D.P.R. n. 501/1998
Art. 148 (Inammissibilità del ricorso)
comma 1 art. 19, comma 1, D.P.R. n. 501/1998
comma 2 art. 18, comma 5, D.P.R. n. 501/1998
Art. 149 (Procedimento relativo al ricorso)
comma 1 art. 20, comma 1, D.P.R. n. 501/1998
comma 2 art. 20, comma 2, D.P.R. n. 501/1998
comma 3 art. 29, comma 3, L. n. 675/1996; art. 20, comma 3, D.P.R. n.
501/1998
comma 4
comma 5 art. 20, comma 4, D.P.R. n. 501/1998
comma 6 art. 20, comma 5, D.P.R. n. 501/1998
comma 7 art. 20, comma 8, D.P.R. n. 501/1998
comma 8 Art. 29, comma 6- bis, L. n. 675/1996
Art. 150 (Provvedimenti a seguito del ricorso)
comma 1 art. 29, comma 5, L. n. 675/1996
comma 2 art. 29, comma 4, L. n. 675/1996
comma 3
comma 4 art. 20, comma 6, D.P.R. n. 501/1998
comma 5 art. 20, comma 11, D.P.R. n. 501/1998
comma 6
Art. 151 (Opposizione)
comma 1 art. 29, comma 6, L. n. 675/1996
comma 2
Capo II
Tutela giurisdizionale
Art. 152 (Autorità giudiziaria ordinaria)
comma 1 art. 29, comma 8, L. n. 675/1996
comma 2
comma 3
comma 4
comma 5
comma 6
comma 7
comma 8
comma 9
comma 10
comma 11
comma 12 art. 29, comma 7, primo periodo, L. n. 675/1996
comma 13 art. 29, comma 7, secondo periodo, L. n. 675/1996
comma 14
Titolo II
L’Autorità
Capo I cfr. art. 28, dir. 95/45/CE
Il Garante per la protezione dei dati personali
Art. 153 (Il Garante)
comma 1 art. 30, comma 2, L. n. 675/1996
comma 2 art. 30, comma 3, primo e terzo periodo, L. n. 675/1996
comma 3 art. 30, comma 3, secondo periodo, L. n. 675/1996
comma 4 art. 30, comma 4, L. n. 675/1996
comma 5 art. 30, comma 5, L. n. 675/1996
comma 6 art. 30, comma 6, L. n. 675/1996
comma 7 art. 33, (prima frase), L. n. 675/1996
Art. 154 (Compiti)
alinea del comma 1 art. 31, alinea, L. n. 675/1996
lett. a) art. 31, comma 1, lett. b), L. n. 675/1996
lett. b) art. 31, comma 1, lett. d), L. n. 675/1996
lett. C) art. 31, comma 1, lett. c), L. n. 675/1996
lett. D) art. 31, comma 1, lett. e ed l), L. n. 675/1996
lett. e) art. 31, comma 1, lett. h), L. n. 675/1996
lett. f) art. 31, comma 1, lett. m), L. n. 675/1996
lett. G)
lett. H) art. 31, comma 1, lett. i), L. n. 675/1996
lett. i) art. 31, comma 1, lett. g), L. n. 675/1996
lett. l) art. 31, comma 1, lett. a), L. n. 675/1996
lett. m) art. 31, comma 1, lett. n), L. n. 675/1996
comma 2 art. 31, comma 1, lett. o), L. n. 675/1996
comma 3 art. 31, commi 5 e 6, L. n. 675/1996
comma 4 art. 31, comma 2, L. n. 675/1996
comma 5
comma 6 art. 40 L. n. 675/1996
Capo II
L’Ufficio del Garante
Art. 155 (Princìpi applicabili)
comma 1 art. 33, comma 1- sexies, L. n. 675/1996
Art. 156 (Ruolo organico e personale)
comma 1 art. 33, comma 1, ultimo periodo, L. n. 675/1996
comma 2
comma 3 art. 33, commi 1 -bis e 1 -quater, L. n. 675/1996
comma 4 art. 33, comma 1 -ter, L. n. 675/1996
comma 5 art. 33, comma 1 -quinquies, L. n. 675/1996
comma 6
comma 7 art. 33, comma 4, L. n. 675/1996
comma 8 art. 33, comma 6, L. n. 675/1996
comma 9 art. 33, comma 6- bis, L. n. 675/1996
comma 10 art. 33, comma 2, L. n. 675/1996
Capo III
Accertamenti e controlli
Art. 157 (Richiesta di informazioni e di esibizione di
documenti)
comma 1 art. 32, comma 1, L. n. 675/1996
Art. 158 (Accertamenti)
comma 1 art. 32, comma 2, L. n. 675/1996
comma 2 art. 32, comma 2, L. n. 675/1996
comma 3 art. 32, comma 3, L. n. 675/1996; art. 15, comma 1, D.P.R. n.
501/1998
Art. 159 (Modalità)
comma 1 art. 15, commi 6, e 7, secondo periodo, D.P.R. n. 501/1998
comma 2 art. 32, comma 4, L. n. 675/1996; art. 15, comma 5, D.P.R. n.
501/1998
comma 3 art. 15, commi 2, e 7, primo periodo, D.P.R. n. 501/1998
comma 4 art. 15, comma 4, D.P.R. n. 501/1998
comma 5 art. 15, comma 8, D.P.R. n. 501/1998
comma 6 art. 32, comma 5, L. n. 675/1996
Art. 160 (Particolari accertamenti)
comma 1 art. 32, comma 6, primo periodo, L. n. 675/1996
comma 2 art. 32, comma 6, secondo periodo, L. n. 675/1996
comma 3 art. 32, comma 7, primo e secondo periodo, L. n. 675/1996
comma 4 art. 32, comma 7, terzo periodo, L. n. 675/1996
comma 5
comma 6
Titolo III
Sanzioni
Capo I cfr. art. 24, dir. 95/46/CE
Violazioni amministrative
Art. 161 (Omessa o inidonea informativa all’interessato)
comma 1 art. 39, comma 2, primo periodo, L. n. 675/1996
Art. 162 (Altre fattispecie)
comma 1 art. 16, comma 3, L. n. 675/1996
comma 2 art. 39, comma 2, secondo periodo, L. n. 675/1996
Art. 163 (Omessa o incompleta notificazione)
comma 1 art. 34, comma 1, L. n. 675/1996
Art. 164 (Omessa informazione o esibizione al Garante)
comma 1 art. 39, comma 1, L. n. 675/1996
Art. 165 (Pubblicazione del provvedimento del Garante)
comma 1
Art. 166 (Procedimento di applicazione)
comma 1 art. 39, comma 3, L. n. 675/1996
Capo II
Illeciti penali
Art. 167 (Trattamento illecito di dati)
comma 1 art. 35, comma 1, L. n. 675/1996; art. 11, D.Lgs. 171/1998
comma 2 art. 35, comma 2, L. n. 675/1996
Art. 168 (Falsità nelle dichiarazioni e notificazioni al
Garante)
comma 1 art. 37 -bis, comma 1, L. n. 675/1996
Art. 169 (Misure di sicurezza)
comma 1 art. 36, comma 1, L. n. 675/1996
comma 2 art. 36, comma 2, L. n. 675/1996
Art. 170 (Inosservanza di provvedimenti del Garante)
comma 1 art. 37, comma 1, L. n. 675/1996
Art. 171 (Altre fattispecie)
Art. 172 (Pene accessorie)
comma 1 art. 38, comma 1, L. n. 675/1996
Titolo IV
Disposizioni modificative, abrogative,
transitorie e finali
Capo I
Disposizioni di modifica
Art. 173 (Convenzione di applicazione dell’Accordo di
di Schengen)
Art. 174 (Notifiche di atti e vendite giudiziarie)
Art. 175 (Forze di Polizia)
Art. 176 (Soggetti pubblici)
Art. 177 (Disciplina anagrafica, dello stato civile e delle liste
elettorali)
Art. 178 (Disposizioni in materia sanitaria)
comma 1
comma 2
comma 3 art. 4, comma 5, D.Lgs. n. 282/1999
comma 4
comma 5
Art. 179 (Altre modifiche)
Capo II
Disposizioni transitorie
Art. 180 (Misure di sicurezza)
Art. 181 (Altre disposizioni transitorie)
comma 1
comma 2
comma 3
comma 4 art. 13, comma 5, D.P.R. n. 501/1998
comma 5
comma 6
Art. 182 (Ufficio del Garante)
Capo III
Abrogazioni
Art. 183 (Norme abrogate)
Capo IV
Norme finali
Art. 184 (Attuazione di direttive europee)
comma 1
comma 2
comma 3 art. 43, comma 2, secondo periodo, L. n. 675/1996
Art. 185 (Allegazione dei codici di deontologia e di buona
condotta)
Art. 186 (Entrata in vigore)

Cass. civ. Sez. V, (ud. 31-01-2003) 26-06-2003, n. 10189

La Corte Suprema di Cassazione

Sezione Tributaria

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Ugo FAVARA – Presidente

Dott. Michele D’ALONZO – Consigliere

Dott. Stefano SCHIRÒ – Consigliere

Dott. Sergio DEL CORE – Rel. Consigliere

Dott. Guido RAIMONDI – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELLE FINANZE, in persona del Ministro “pro tempore”, domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende “ope legis”;

– ricorrente –

contro

CIAMPI ENNIO;

– intimato –

avverso la sent. n. 82/98 della Commissione tributaria regionale di FIRENZE, depositata il 20 luglio 1998;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 31 gennaio 2003 dal Consigliere Dott. Sergio DEL CORE;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato dello Stato GIACOBBE che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Ennio Attilio SEPE che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
Ennio Ciampi impugnò la cartella esattoriale in quanto non preceduta da rituale notifica dell’avviso di accertamento, mai portato a sua conoscenza e quindi non divenuto definitivo.

La Commissione tributaria di primo grado di Pisa, con sentenza del 26 ottobre 1995, accolse il ricorso, poiché dagli atti non risultava che fosse stata data notizia della affissione dell’avviso all’albo del Comune dell’ultima residenza, e la decisione, appellata dall’Ufficio, fu confermata dalla Commissione tributaria regionale della Toscana sulla base delle seguenti argomentazioni. Dalla documentazione in atti risultava che il Ciampi era emigrato da Pisa nel Comune di Fucecchio il 16 novembre 1991 sicché da tale data la procedura di notifica doveva essere quella prevista dall’art. 60, primo comma, lettera e), del D.P.R. n. 600 del 1973, con conseguente necessaria affissione dell’avviso del deposito prescritto dall’art. 140 c.p.c. all’albo del comune dove il contribuente non aveva più abitazione.

Ricorre per cassazione l’Amministrazione in base a un unico motivo.

Non si difende l’intimato.

Motivi della decisione
Con l’unico motivo l’Amministrazione denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 140 c.p.c., dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 60, primo comma, lettera e), del D.P.R. n. 600 del 1973, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma primo, n. 3 e n. 5. Le formalità previste dall’art. 60, comma 1, lettera e), del D.P.R. n. 600 del 1973 – si osserva – devono essere applicate soltanto nel caso in cui nel Comune dove deve eseguirsi la notifica non vi sia più né abitazione, né ufficio, né azienda del contribuente, cui incombe l’onere di provare la sussistenza di tale circostanza ostativa, non essendo a tal fine sufficiente il semplice cambio di residenza. Per altro verso, ai sensi del terzo comma del citato art. 60, le variazioni di residenza del contribuente hanno effetto, ai fini delle notificazioni, dal sessantesimo giorno successivo a quello dell’avvenuta variazione anagrafica, nella specie intervenuta soltanto cinque giorni prima della notifica dell’avviso di accertamento, sicché correttamente erano state utilizzate le formalità previste dall’art. 140 c.p.c.

Il ricorso è sotto entrambi i profili fondato.

Per costante giurisprudenza di questa Corte, la notificazione dell’avviso di accertamento tributario deve essere effettuata applicando la disciplina di cui all’art. 140 c.p.c., quando siano conosciuti la residenza e l’indirizzo del destinatario, ma la notifica non sia avvenuta perché costui o altro possibile consegnatario non sia stato rinvenuto; deve essere effettuata, invece, applicando la disciplina di cui all’art. 60, lett. e), del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, sostitutivo, per il procedimento tributario, dell’art. 143 c.p.c., quando non si conosca in quale comune risieda il destinatario (cfr. sentt. nn. 4587/1997, 4654/1997, 5100/1997, 10799/1999, 7268/2002).

Nella specie, dalla pur scarna motivazione della sentenza impugnata sembra incontestato in fatto che il messo notificatore, non avendo reperito il contribuente all’indirizzo indicato nell’atto notificando e corrispondente al domicilio fiscale da dove tuttavia non risultava sloggiato né trasferito altrove, esegui la notifica secondo le formalità prescritte dall’art. 140 c.p.c., che ha appunto riguardo al casi di momentanea irreperibilità del destinatario della notifica.

In tale situazione, il trasferimento del Grossi dal Comune di Pisa a quello di Fucecchio in data anteriore alla notifica dell’avviso di accertamento poteva rilevare solo provando il concorso di particolari circostanze positive o negative dalle quali poter ragionevolmente evincere che il notificante conosceva o avrebbe dovuto conoscere, usando l’ordinaria diligenza, l’avvenuto cambio di residenza.

Erronea è quindi l’affermazione contenuta in sentenza secondo cui sussisteva l’obbligo di seguire il procedimento notificatorio previsto dall’art. 60, comma primo, lett. e), del D.P.R. n. 600 del 1973 sol perché dagli accertamenti anagrafici era emerso che il Grosso era emigrato dal Comune di Pisa anteriormente alla notifica dell’avviso di accertamento.

Ma, come si è detto, la sentenza è errata anche per l’altro, dirimente profilo prospettato dall’Amministrazione ricorrente.

E’ noto che l’art. 60, comma primo, lett. e), del D.P.R. n. 600 del 1973 stabilisce che, quando nel comune nel quale deve eseguirsi la notificazione – e cioè nel comune di domicilio fiscale, corrispondente a quello in cui il contribuente persona fisica, destinatario dell’atto da notificare, risulta anagraficamente iscritto – non vi è abitazione, ufficio o azienda del contribuente, la notificazione dell’avviso o dell’atto è eseguita mediante deposito dell’atto stesso nella casa del comune di domicilio fiscale ed affissione dell’avviso di deposito nell’albo del comune medesimo e diviene produttiva di effetti, ai fini della decorrenza del termine per ricorrere, l’ottavo giorno successivo a quello di affissione.

E’ altrettanto noto, tuttavia, che ai sensi dell’ultimo comma dello stesso art. 60 del D.P.R. n. 600 del 1973, ai fini delle notificazioni, le cause di variazione del domicilio fiscale delle persone fisiche, se non risultanti dalla dichiarazione annuale, hanno effetto per l’Amministrazione finanziaria dal sessantesimo giorno successivo a quello in cui si sono verificate.

Nel caso in ispecie risulta dalla stessa sentenza impugnata che il contribuente emigrò da Pisa a Fucecchio in data 16 novembre 1991 e che l’avviso di accertamento venne notificato il successivo giorno 21.

Hanno errato pertanto i giudici tributari nel ritenere che l’avviso doveva essere notificato secondo la procedura notificatoria disciplinata dall’art. 60, comma primo, lettera e) del D.P.R. n. 600 del 1973 per il solo fatto che al momento della notifica era già avvenuta la variazione anagrafica. La necessità di effettuare la notifica non certo secondo il rito previsto dalla disposizione richiamata sarebbe conseguita semmai alta prova che era stato tempestivamente comunicato dal contribuente il cambiamento di residenza o che la notifica medesima era stata eseguita dopo il decorso del termine prescritto dalla riportata norma per la efficacia della variazione.

La sentenza va, quindi, cassata e, non essendovi accertamenti da svolgere, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente.

Ricorrono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo e compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma il 31 gennaio 2003.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 26 GIU. 2003


Cass. civ. Sez. V, (ud. 21-01-2003) 23-06-2003, n. 9922

La Corte Suprema di Cassazione

Sezione V

Composta dagli Ill.mi Signori Magistrati:

Dott. Stefano MONACI – Presidente

Dott. Giuseppe V.A. MAGNO – Cons. rel.

Dott. Simonetta SOTGIU – Consigliere

Dott. Giuseppe MARINUCCI – Consigliere

Dott. Maria Rosaria CULTRERA – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Paola Lefevre, elettivamente domiciliata in Roma, via Pompeo Magno, n. 1, presso l’Avvocato Giovanni Acampora, che la rappresenta e difende unitamente all’Avvocato Claudio Di Pietropaolo giusta procura speciale unita al ricorso

– ricorrente –

contro

Amministrazione finanziaria dello Stato, in persona del Ministro p.t.

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria centrale n. 2071/98, depositata il 22 aprile 1998;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21 gennaio 2003 dal Relatore Cons. Giuseppe Vito Antonio Magno;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato Dario Andreoli, per delega;

udito il p.m., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Maurizio Velardi, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
Con avviso di accertamento n. 904, notificato il 7 marzo 1981, l’ufficio distrettuale delle imposte dirette di Roma, sulla base d’indagini compiute dalla guardia di finanza, fissò il reddito netto prodotto nell’anno 1976 dalla signora Paola Lefevre nelle complessive somme di L. 4.645.000.000 ai fini dell’IRPEF (contro un reddito dichiarato di L. 3.450.000) e di L. 254.334.000 ai fini dell’ILOR, quale reddito di capitale.

La contribuente propose ricorso davanti alla commissione tributaria di primo grado di Roma nel marzo 1983, due anni dopo la notifica dell’accertamento, deducendo di non avere avuto tempestiva cognizione di tale notifica, effettuata col rito degli irreperibili ma senza invio della raccomandata al suo indirizzo reale, nel Principato di Monaco, e di avere avuto notizia dell’atto solo al momento di presentare la dichiarazione integrativa ai fini del condono fiscale concesso con legge 7 agosto 1982, n. 516.

La commissione tributaria di primo grado, con decisione 20 gennaio 1986, accogliendo il ricorso della contribuente, annullò l’accertamento nella parte eccedente la somma indicata con dichiarazione integrativa, avendo rilevato l’invalidità della notifica – erroneamente eseguita dal messo notificatore ai sensi dell’art. 143 c.p.c., anziché dell’art. 140 c.p.c., senza svolgere previe indagini anagrafiche – e quindi la non definitività dell’accertamento, confermata dal fatto che il tribunale penale di Roma, con sentenza 13 gennaio 1984, posteriore alla presentazione della dichiarazione integrativa da parte della Lefevre, le aveva applicato l’amnistia dai corrispondenti reati tributari, ai sensi del D.P.R. 22 febbraio 1983, n. 43.

L’appello proposto dall’ufficio, che sosteneva la ritualità della notifica dell’avviso di accertamento e, quindi, l’inammissibilità del ricorso presentato tardivamente in primo grado, fu respinto dalla commissione di secondo grado, per le stesse ragioni contenute nella decisione impugnata, non avendo l’ufficio, a giudizio di detta commissione, fornito prova del fatto che la notifica era stata ritualmente eseguita nei confronti di persona ritenuta irreperibile, dopo l’esperimento di adeguate indagini anagrafiche e con riferimento al domicilio fiscale dichiarato dalla contribuente nelle ultime denunzie dei redditi.

Il ricorso presentato dall’ufficio davanti alla commissione tributaria centrale fu da questa accolto con sentenza depositata il 22 aprile 1998, sul presupposto della ritualità della notifica dell’avviso di accertamento e della ininfluenza, su questo procedimento, della sentenza di amnistia pronunziata dal tribunale penale di Roma.

Per la cassazione di tale sentenza, Paola Lefevre propone tempestivo ricorso, consistente in un solo motivo, illustrato con successiva memoria, cui non resiste il ministero delle finanze.

Motivi della decisione
Con l’unico motivo del ricorso si censura la sentenza della commissione tributaria centrale, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione delle norme in materia di notifica degli atti di natura tributaria.

Sostiene, in particolare, la ricorrente che, contrariamente a quanto ritenuto nella sentenza impugnata, l’obbligo, sussistente in base all’art. 140 c.p.c., di dare avviso con raccomandata diretta al destinatario del compimento delle operazioni di notifica non fu esattamente eseguito, perché tale raccomandata non fu indirizzata alla propria residenza effettiva all’estero (Principato di Monaco), benché detto indirizzo fosse noto all’ufficio, per avere all’epoca ella già proposto altro ricorso, con indicazione completa della nuova residenza, contro diverso avviso di accertamento; o potesse comunque essere facilmente conosciuto, essendo stato in precedenza comunicato all’anagrafe del comune di Roma: circostanze, queste, che la ricorrente si dice pronta a documentare, se autorizzata al deposito dei relativi atti, ai sensi dell’art. 372 c.p.c.

Ancor più in particolare, afferma che, essendo stata effettuata la notificazione di che trattasi nel 1981, oltre sessanta giorni dopo la variazione d’indirizzo anagrafico (8 aprile 1980), essa andava eseguita al nuovo domicilio, ai sensi dell’art. 60, comma 3, D.P.R. n. 600 del 1973, e cioè all’estero, tramite il console competente, sia personalmente e direttamente, a mezzo di raccomandata spedita dall’ufficio consolare, sia, in caso d’irreperibilità, mediante il rito della notifica agli irreperibili prescritto dalle disposizioni di procedura vigenti nel Principato di Monaco.

Tanto, nel rispetto della funzione propria della notificazione, mirante alla conoscenza effettiva, non meramente formale, dell’atto da parte del destinatario, in conformità a quanto stabilito dall’art. 6, legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto del contribuente), ed all’instaurazione del regolare contraddittorio con pieno esercizio del diritto di difesa secondo principi generali dell’ordinamento ribaditi, riguardo al caso d’irreperibilità del soggetto, dalle sentenze n. 346/1998 C. cost. e n. 6737/02 S.U. di questa suprema corte.

La censura è infondata.

Rileva la commissione tributaria centrale, in base alle risultanze degli atti, che il messo notificatore, recatosi il 25 febbraio 1981 presso il domicilio fiscale della Lefevre, indicato nella dichiarazione dei redditi (via Archimede 153), apprese dal portiere che la contribuente si era trasferita altrove. Eseguite le debite ricerche presso l’anagrafe, accertò che ella abitava, dall’8 aprile 1980, nel Principato di Monaco; quindi effettuò la notifica nella casa comunale.

La procedura seguita dal messo notificatore, sopra descritta, è perfettamente regolare, come già ritenuto dal giudice “a quo”.

In effetti, l’articolo 60, D.P.R. n. 600 del 1973, prescrive che la notificazione degli avvisi e degli altri atti che, per legge, debbono essere portati a conoscenza del contribuente si esegue, bensì, ai sensi degli art. 137 c.p.c. e ss., ma con alcune varianti; in particolare, e per quanto qui interessa:

– la notifica deve essere effettuata, se non a mani proprie del destinatario, nel suo domicilio fiscale (art. 60 cit., lett. c), sito necessariamente in “un comune dello Stato”, che può essere quello di residenza anagrafica ovvero quello in cui è prodotto il reddito, se il contribuente persona fisica non risiede nel territorio dello Stato (articolo 58);

– se non v’è abitazione, ufficio o azienda del contribuente nel comune in cui deve essere eseguita la notificazione – cioè nel comune di domicilio fiscale l’avviso di deposito prescritto dall’art. 140 c.p.c. si affigge all’albo di tale comune, ed il termine per ricorrere decorre dall’ottavo giorno successivo a quello di tale affissione (articolo 60 cit., lett. e);

– fra l’altro, e per quanto qui interessa, le disposizioni ordinarie (art. 142 c.p.c.), relative alla notificazione a persona non residente né dimorante né domiciliata nella Repubblica, non si applicano in materia fiscale (norma cit., lett. f);

– i cambiamenti e le modificazioni dell’indirizzo (nel territorio dello stesso comune di domicilio fiscale: Cass. n. 4997/2001), non risultanti dalla dichiarazione annuale dei redditi (Cass. n. 1484/1998), hanno effetto, ai fini delle notificazioni, dal sessantesimo giorno successivo a quello dell’avvenuta variazione nei registri d’anagrafe (norma cit., ult. co.); il cambiamento del comune di domicilio fiscale ha effetto dal sessantesimo giorno successiva a quello in cui si verifica (articolo 58, ult. co.).

Dall’insieme dei criteri normativi sopra esposti risulta, innanzitutto, che la notifica dell’avviso di accertamento di cui si discute non poteva e non doveva essere eseguita all’estero, nelle forme consolari o in conformità alle procedure vigenti in loco, ostandovi la disposizione dell’articolo 60, lett. f), D.P.R. n. 600 del 1973.

È certo, in secondo luogo, che il domicilio fiscale della Lefevre, in cui la notificazione dell’avviso doveva essere necessariamente eseguita (art. 60 cit., lett. c), non potendo essere all’estero giacché “ogni soggetto si intende domiciliato in un comune dello Stato” (articolo 58, comma 1), era esattamente nel comune di Roma, non essendo contestato che nel territorio di questo si era prodotto il reddito (articolo 58, comma 2, 2 a ipotesi; Cass. n. 4150/1999).

In terzo luogo, è stato accertato documentalmente dalla commissione tributaria centrale, e non più contestato dalla parte, che il messo notificatore eseguì ricerche anagrafiche, dopo avere invano cercato la contribuente all’indirizzo indicato nell’ultima dichiarazione dei redditi (redatta anteriormente al 1979 giacché, come la stessa ricorrente ammette nel ricorso, “per i periodi di imposta 1979, 1980 e 1981 non aveva presentato dichiarazione dei redditi”), e che apprese in tal modo l’avvenuto trasferimento di lei fuori dal comune di domicilio fiscale (precisamente, all’estero).

Pertanto, non sussisteva alcun obbligo legale di spedizione dell’avviso con lettera raccomandata, posto che tale adempimento, prescritto in generale dall’art. 140 c.p.c., non è previsto – nella specifica ipotesi di mancanza di abitazione, ufficio o azienda del contribuente nel comune di domicilio fiscale – dalla normativa fiscale (art. 60 cit., lett. e) che impone, in luogo della spedizione della raccomandata, l’affissione dell’avviso di deposito all’albo del comune ed il successivo decorso di otto giorni per la validità della notifica (purché adeguate ricerche siano state, come nel caso, effettivamente eseguite ed abbiano consentito di accertare che il contribuente non ha abitazione, ufficio o azienda nel comune di domicilio fiscale: Cass. nn. 5100/1997, 4654/1997, 11152/1996, 8363/1993, 4308/1992; C. Cost., sent n. 189/1974, con riferimento ad analoga ipotesi già prevista dall’art. 38, lett. e, del T.U. sulle imposte dirette, approvato con D.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645).

La giurisprudenza di questa suprema corte (S.U. n. 6737/2002), invocata dalla ricorrente, non si attaglia al caso concreto dedotto in giudizio, giacché non si riferisce specificamente alle notificazioni in materia fiscale, ma alle notifiche in genere, per la cui validità, se eseguite all’estero, si rendono necessarie indagini, non solo presso l’A.I.R.E., circa la residenza effettiva del destinatario.

Anche il principio affermato nella sent. n. 346/1998 della corte costituzionale, in relazione alle notifiche eseguite a mezzo della posta, per cui “la funzione propria della notificazione è quella di portare l’atto a conoscenza del destinatario, al fine di consentire l’instaurazione del contraddittorio e l’effettivo esercizio del diritto di difesa”, deve essere contemperato coi criteri propri dell’ordinamento fiscale e, più in particolare, col concetto di “domicilio fiscale” che, pur essendo intesa ad agevolare l’amministrazione finanziaria nella notificazione degli accertamenti, non lede – a giudizio della stessa corte costituzionale (cfr. ordin. n. 511/1989) – il diritto di difesa del contribuente. Con l’ordinanza ora citata, infatti, la corte ha ritenuto manifestamente infondata, in riferimento all’art. 24 Cost., la questione di costituzionalità relativa anche all’articolo 60, comma 1, lett. e) ed f), D.P.R. n. 600 del 1973, in quanto tali norme escludono, in caso di soggetto residente all’estero ad indirizzo noto all’ufficio tributario, l’applicabilità dell’art. 142 c.p.c. (notifica a persone residenti all’estero) e la spedizione di avviso raccomandato al medesimo.

I principi suespressi non sono modificati, peraltro, dalla legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto del contribuente), secondo la quale “Restano ferme le disposizioni in materia di notifica degli atti tributari” (articolo 6, co. 1, u.p.).

In conclusione, e per tutte le ragioni esposte, la sentenza impugnata deve ritenersi immune dalle censure mosse col ricorso che, quindi, deve essere rigettato. Nulla devesi disporre riguardo alle spese di questo giudizio, poiché l’intimata amministrazione finanziaria non vi ha svolto difese.

P.Q.M.
La Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della V sezione civile – tributaria, il 21 gennaio 2003.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 23 GIUGNO 2003.


T.A.R. Veneto n. 2644 del 9.05.2003

Ric. n. 260/1996 Sent. n. 2644/03

R E P U B B L I C A  I T A L I A N A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima sezione, costituito da:

Stefano Baccarini                   – Presidente

Angelo De Zotti                      Consigliere, relatore

Angelo Gabbricci                   – Consigliere

ha pronunziato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 260/1996, proposto dal Comune di Montebelluna, in persona del Sindaco, rappresentato e difeso dall’avv. Gabriele Testa, ed selettivamente domiciliato presso la segreteria del T.A.R. ai sensi dell’art. 35 del R.D. 1054/1924;

contro

la Regione Veneto Comitato Regionale di controllo, Sezione Provinciale di Treviso, in persona del Presidente della Giunta Regionale, pro tempore rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Venezia;

il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Venezia;

e nei confronti

del sig. Andolfato Franco, controinteressato, non costituito in giudizio;

per l’annullamento

dell’ordinanza datata 03/11/1995 del Comitato Regionale di Controllo, Sezione di Treviso, con la quale è stata annullata la deliberazione della Giunta Comunale di Montebelluna avente ad oggetto:”Funzioni di notifica atti-affidamento mediante contratto d’opera. Approvazione disciplinare e norme per l’aggiudicazione” e di ogni altro atto presupposto e connesso, tra cui la richiesta di alcuni consiglieri comunali e del Prefetto di Treviso, di sottoporre a controllo preventivo di legittimità la deliberazione comunale anzidetta.

Visto il ricorso, notificato il 31.12.1995 e depositato presso la segreteria il 25.1.1996, con i relativi allegati;

visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno, depositato il 3.4.19964; con i relativi allegati

viste le memorie prodotte dalle parti;

visti gli atti tutti della causa;

uditi alla pubblica udienza del 3 ottobre 2002 (relatore il Consigliere De Zotti) l’avv. Sartori in sostituzione dell’avv. G. Testa per il Comune di Montebelluna e l’avv.to dello Stato Brunetti per il Ministero intimato;

ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

Fatto

Nell’ambito della progressiva razionalizzazione di alcuni settori funzionali e delle relative strutture, l’Amministrazione comunale di Montebelluna individuava l’opportunità di riorganizzare il servizio di notificazione degli atti a mezzo del messo comunale ed il servizio CED.

Quanto alle funzioni di notificazione, per lo svolgimento delle quali la pianta organica del 1992 prevedeva tre dipendenti (un messo capo di 5°qf. e due messi di 4°qf.), con una prima deliberazione del 03/05/94 n, 304, in accoglimento della richiesta del dipendente sig. V, Gatto, un posto di esecutore amministrativo (4°qf.) – profilo professionale esecutore amministrativo – profilo di messo a tempo pieno veniva trasformato in un posto di esecutore amministrativo (4°qf.) a tempo parziale e contestualmente il dipendente veniva assegnato al servizio CED.

Con la delibera n. 759 del 26/09/95 la Giunta Municipale di Montebelluna, nell’ambito della progressiva razionalizzazione di alcuni settori funzionali e delle relative strutture, decideva di sperimentare l’affidamento a terzi del servizio di notificazione, mediante un contratto d’opera, allo scopo di impiegare i due dipendenti in organico (messo capo e messo) in altri settori di attività particolarmente deficitari di personale e, nel contempo, di ottenere un sensibile risparmio di spesa per effetto della riorganizzazione del servizio; tale operazione era, però, condizionata, in primo luogo all’esito della gara per l’affidamento del contratto d’opera tale da assicurare un sensibile risparmio di spesa ed in secondo luogo, all’adozione di successivi provvedimenti organizzativi in ordine al personale ed al reperimento delle fonti di finanziamento.

La menzionata deliberazione si configurava, quindi, secondo l’amministrazione, come atto finalizzato ad accertare la fattibilità della divisata riorganizzazione del servizio di notificazione.

In data 11/10/95 alcuni consiglieri comunali chiedevano di sottoporre la deliberazione al controllo per alcune presunte illegittimità.

Analoga richiesta veniva formulata dal Prefetto di Treviso che formulava alcune osservazioni in merito alla legittimità del provvedimento.

La delibera veniva quindi inoltrata all’organo regionale di controllo che con ordinanza del 3 novembre 1995 la annullava.

Ritenendo illegittimo tale provvedimento, l’amministrazione comunale lo impugna e ne chiede l’annullamento, con vittoria di spese per i seguenti motivi:

1) violazione e falsa applicazione dell’art. 45  della legge n. 142/1990 e dell’art. 15 della legge n. 203/1991.

Si sostiene che sono state violate le norme che assoggettano al controllo le delibere degli enti locali post legge 142/1990 e precisamente quelle che prevedono che il controllo possa essere richiesto per violazione di legge e non per motivi di merito e che la richiesta deve essere motivata; che le ragioni dell’annullamento non sono, infatti, di legittimità ma di merito; che il potere prefettizio di richiedere il controllo è limitato alla repressione dei fenomeni di infiltrazione mafiosa e non per la generale verifica di legittimità.

2) violazione e falsa applicazione dell’art. 45 e 46 L. 142/1990 e art. 28 l.r. n. 19/1991; eccesso potere sotto svariati profili.

Si sostiene che sono state violate le norme che impongono la motivazione delle ordinanze di controllo; che l’ordinanza è illegittima in quanto censura il merito e che i motivi di annullamento sono erronei poiché lo scopo della delibera era semplicemente quella di verificare la fattibilità dell’operazione, che l’economicità dell’operazione non è stata dimostrata perché essa dipende dalle scelte future dell’amministrazione sull’impiego del personale liberato dai compiti affidati a privati; che non c’è alcun tentativo di eludere i vincoli della pianta organica.

3) violazione e falsa applicazione dell’art. 64 L. 142/1990, dell’art. 28 del R.D. 12/1941, degli artt. 3 e 6 del R.D. 642/1907, dell’art. 60 del D.P.R. 600/1073 e dell’art. 201 del D.Lgs. 285/1992; eccesso di potere per difetto di motivazione , illogicità e falsità di presupposto.

Si sostiene che è falso che il messo notificatore debba essere legato al comune da rapporto di pubblico impiego e che non è possibile la notifica degli atti a mezzo di persona esterna all’amministrazione, che le norme abrogate escludono la nomina prefettizia ma non implicano che gli addetti all’ufficio notifiche debbano essere necessariamente dipendenti comunali, potendo essere soggetti esterni nominati dal Sindaco; che l’art. 28 del R.D. 12/1941 prevede solo che le funzioni di ufficiale giudiziario siano svolte dal messo o da altre persone che presentino le necessarie condizioni di idoneità; che le funzioni di messo di conciliazione possono essere svolte in regime di pubblico impiego o di lavoro autonomo.

A difesa del provvedimento impugnato si è costituita in giudizio, per il Ministero dell’Interno, l’Avvocatura dello Stato, che ha contrastato i motivi di ricorso chiedendone la reiezione con vittoria di spese.

Alla pubblica udienza del 3 ottobre 2002, previa audizione dei patroni delle parti il ricorso è stato introitato per la decisione.

D I R I T T O

Il ricorso è infondato.

Con il primo motivo l’amministrazione comunale di Montebelluna deduce la violazione delle norme della legge n. 142/1990 che disciplinano il controllo delle delibere degli enti locali e in particolare dell’art. 45 che stabilisce che l’assoggettamento a controllo è dovuto quando un terzo dei consiglieri provinciali o un terzo dei consiglieri nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti ovvero un quinto dei consiglieri nei comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti ne facciano richiesta scritta e motivata con l’indicazione delle norme violate entro dieci giorni dall’affissione all’albo pretorio; deduce inoltre che anche la richiesta, di analogo contenuto, formulata dal Prefetto di Treviso non aveva fondamento giuridico poiché il potere prefettizio di richiedere il controllo è espressamente circoscritto dall’art. 15 della legge n. 203/1991 alla repressione dei fenomeni di infiltrazione mafiosa e non costituisce manifestazione di una potere generale di verifica della legittimità degli atti delle amministrazioni locali.

Le censure sono inammissibili e comunque infondate.

Sotto il primo profilo va infatti rilevato che la delibera comunale annullata non è stata acquisita autonomamente dal Co.Re.Co., che non ha siffatti poteri, ma è stata trasmessa all’organo di controllo ad iniziativa dell’amministrazione stessa, sia pure a seguito delle richieste formulate in tal senso dai consiglieri comunali e dal prefetto; richieste che l’amministrazione ha positivamente valutato e in ordine alle quali  non ha formulato alcun rilievo (cfr. la nota n. 20253 del 16 ottobre 1993 del Sindaco di Montebelluna).

Non è possibile dunque come essa possa dolersi dell’assenza dei presupposti per l’esercizio della funzione di controllo, quando l’esame di legittimità è avvenuto, come rilevato, su sua esplicita richiesta e per motivi che essa sola ha verificato.

Peraltro, anche volendo prescindere da questo profilo pregiudiziale appare evidente che le richieste di sottoposizione dell’atto al controllo del Co.Re.Co. erano pienamente legittime: lo era sia quella dei consiglieri comunali, che hanno denunciato, in forma scritta e motivata, la sussistenza di vizi di legittimità, sia quella autonoma del Prefetto, poiché l’art. 15 della legge n. 203/91 non circoscrive il potere prefettizio, come si sostiene nel ricorso, alla sola repressione del fenomeno mafioso ma lo riconduce alla più ampia funzione di controllo sul buon andamento dell’attività amministrativa.

Ne consegue che l’atto doveva essere assoggettato al controllo, come in effetti è avvenuto.

Infondato è anche il secondo motivo, con cui l’amministrazione sostiene che sono state violate le norme che impongono la motivazione delle ordinanze di controllo e che l’ordinanza impugnata è illegittima poiché  censura il merito e non la legittimità del provvedimento.

In realtà è sufficiente la lettura della motivazione dell’ordinanza impugnata per rilevare che, ad eccezione del rilievo sulla contestata economicità dell’operazione, che probabilmente attinge in qualche misura il merito, la sostanza dei rilievi è di legittimità, ed in particolare verte sulla violazione della legge 142/1990 e sui vizi di eccesso di potere specificamente riscontrati.

Si tratta quindi di un provvedimento che non esorbita dalla funzione di controllo di legittimità, attribuita al Co.Re.Co..

Residua, da ultimo, il terzo motivo, che è l’unico realmente sostanziale e che verte sulla contestata possibilità, per l’amministrazione comunale, di procedere ad una riorganizzazione funzionale degli uffici nel cui ambito si prevede l’affidamento a privati del servizio di notificazione, mediante un contratto d’opera, allo scopo di impiegare i due dipendenti in organico (messo capo e messo) in altri settori di attività particolarmente deficitari di personale ottenendo un sensibile risparmio di spesa, per un periodo limitato ed a titolo sperimentale.

Tale operazione, come rilevato nel provvedimento tutorio, non appare possibile.

Come si riconosce anche nel parere assai articolato reso all’amministrazione dal suo stesso difensore, non appare infatti possibile che la funzione di notifica degli atti, affidata ai messi comunali possa, in assenza di norma apposita che lo consenta,  essere appaltata o assegnata in concessione a privati, poiché essa è espressione di un potere (certificativo e fidefaciente sino a querela di falso) che inerisce ad una funzione pubblica non delegabile a soggetti privati, il cui esercizio spetta ai dipendenti dell’amministrazione appositamente investiti di tale compito.

E ciò vale, a giudizio del Collegio, anche se l’art. 273 del T.U. 383/1934 è stato abrogato dall’art. 64 della legge n. 142/90, e non è più previsto, per i messi notificatori, il conferimento del relativo incarico con provvedimento prefettizio, in quanto la modifica rientra nel nuovo assetto delle autonomi locali ma non fa venir meno le caratteristiche della funzione, che rimane riservata al titolare del potere cui la norma la assegna e non diviene attività liberamente conferibile a soggetti estranei all’amministrazione comunale.

Né rileva, a giudizio del Collegio, la prospettata assimilazione delle funzioni notificatorie svolte dal messo comunale con quelle del messo di conciliazione, ai fini di un’applicazione estensiva ovvero analogica dell’art.28 R.D. 12/1941.

E’ vero, infatti che la funzione di messo di conciliazione può essere conferita anche a soggetti estranei all’amministrazione comunale, ma ciò inerisce al fatto che  la legge lo prevede espressamente senza che tuttavia muti la natura di munus publicum insita nella funzione stessa, che infatti ove non conferita a dipendenti comunali non si esplica in base a contratto ma con atto di nomina subordinato ad accertamento di idoneità ed alla previa autorizzazione, in ogni tempo revocabile o soggetta a sospensione, del Presidente del Tribunale.

Ciò conferma che non è significativo, ai fini che qui interessano, che  il messo conciliatore svolga i suoi compiti in regime di autonomia piuttosto che in regime di subordinazione, perché ciò dipende dal tipo di rapporto lavorativo che in concreto viene instaurato tra l’amministrazione comunale e l’incaricato delle funzioni (cfr. C.d.S. sez. 5^ 26 marzo 2001 n. 1723; C.d.S. sez. 5^ 20 settembre 2000 n. 4860; T.A.R. Puglia sez. 2^ Bari 1 ottobre 2002 n. 4171) ma piuttosto il fatto la circostanza che il messo di conciliazione ed il messo notificatore comunale rappresentano posizioni funzionali e organiche diverse (cfr. C.d.S. sez. 5^ 20 settembre 2000 n. 4860; C.d.S. sez. 5^ 7 dicembre 1995 n. 1665) che comunque in nessun caso possono essere attribuite a privati con contratto d’opera, ma con strumenti peculiari che sono: l’attribuzione della qualifica e della funzione specifica prevista dalla legge e dai contratti di lavoro per i dipendenti comunali e l’atto di nomina e di attribuzione delle funzioni per i soggetti estranei all’amministrazione.

Ne consegue, che l’applicazione analogica delle norme riferite ai messi conciliatori non consente, come pretende l’amministrazione, la riorganizzazione del servizio dei messi notificatori nella forma progettata con la delibera annullata e cioè con la riduzione o con l’eliminazione delle posizioni di lavoro svolte dai dipendenti in favore del conferimento delle stesse a privati con contratto di collaborazione professionale.

Conclusione, questa, che ovviamente assorbe anche quella del risparmio economico correlato all’operazione, in quanto se le funzioni non sono conferibili a contratto il loro costo non si sottrae ma si aggiunge a quello del personale che si presume surrettiziamente di poter utilizzare in compiti diversi.

Il ricorso va quindi respinto.

Le spese e le competenze di causa possono essere nondimeno compensate tra le parti costituite, per ragioni di equità.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima sezione, respinge il ricorso in epigrafe.

Spese e competenze di causa compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia, addì 3 ottobre 2002.

Il Presidente                                                    L’Estensore

Il Segretario

SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA

il……………..…n.………

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

Il Direttore della Prima Sezione


Cass. civ. Sez. lavoro, 01-03-2003, n. 3065

La Corte Suprema di Cassazione

Sezione Lavoro

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Giovanni PRESTIPINO – Presidente

Dott. Natale CAPITANIO – Rel. Consigliere

Dott. Camillo FILADORO – Consigliere

Dott. Giuseppe CELLERINO – Consigliere

Dott. Grazia CATALDI – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

BERTINETTI LUIGI, elettivamente domiciliato in ROMA VIA BRESSANONE 3, presso lo studio dell’avvocato MARIA LUISA CASOTTI CANTATORE, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NICOLA DURAZZO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante “pro tempore”, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati PAOLO MARCHINI, FABIO FONZO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sent. n. 97/00 del Tribunale di PAVIA, depositata il 9 febbraio 2000 R.G.N. 281/99;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28 ottobre 2002 dal Consigliere Dott. Natale CAPITANIO;

udito l’Avvocato CASOTTI CANTATORE;

udito l’Avvocato CORETTI per delega FONZO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Riccardo FUZIO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
In data 28 settembre 1996 l’I.N.P.S. sede di Pavia notificava a Luigi Bertinetti atto di precetto per il pagamento della somma di L. 2.136.675, oltre accessori, in forza di ordinanza ingiunzione emessa per sanzioni amministrative contro la mancata corresponsione di contributi da parte della I.T.P.S. s.p.a., società successivamente fallita e della quale il Bertinetti era stato amministratore unico.

Con ricorso depositato presso la Pretura di Pavia in data 3 dicembre 1996 il Bertinetti proponeva opposizione ex art. 615 c.p.c. avverso l’atto di precetto, lamentando di non avere mai ricevuto comunicazione o notizia dell’ordinanza ingiunzione ed eccependo, pertanto, la nullità della notifica e dei successivi atti del procedimento.

Con sentenza in data 22 gennaio 1998 il Pretore respingeva l’opposizione ritenendo provata la regolarità della notifica.

A seguito di appello del Bertinetti il Tribunale di Pavia, con sentenza in data 11 gennaio 2000, confermava la sentenza pretorile, osservando che bene aveva fatto il Pretore a ritenere che la notifica dell’ordinanza ingiunzione fosse stata validamente eseguita in quanto nel registro dell’Ente Poste erano riportati la firma attribuibile al Bertinetti e il numero della patente auto come documento di identificazione del medesimo e che l’appellante aveva inutilmente contestato tale numero poiché non aveva esibito la patente auto all’epoca posseduta al fine di dimostrare la sua diversità rispetto a quella riportata nel registro dell’Ente Poste.

Il Bertinetti ricorre per cassazione con unico articolato motivo.

Resiste con controricorso l’I.N.P.S..

Motivi della decisione
Con l’unico articolato motivo il ricorrente, denunziando violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 8 della legge n. 890 del 1992 (“rectius”: del 1982) nonché degli artt. 214 e 215 c.p.c. e insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto, deduce che il Tribunale avrebbe errato nel ritenere che il ricorrente medesimo avrebbe avuto l’onere di disconoscere non soltanto, come in effetti era avvenuto, la sottoscrizione apposta sull’avviso di ricevimento, ma anche quella indicata sul registro.

Aggiunge il ricorrente che il Tribunale avrebbe, altresì, errato sul fatto che su esso ricorrente incombesse l’onere di fornire la prova contraria in ordine alla dedotta non corrispondenza del numero della patente auto indicato sul registro dell’Ente Poste rispetto a quello della patente in sua titolarità.

Peraltro, rileva il Bertinetti, il registro di consegna dell’Ente Poste acquisito agli atti non reca la sottoscrizione dell’agente postale e tanto meno l’indicazione di chi avrebbe ricevuto la consegna, che era avvenuta in luogo diverso da quello di residenza del destinatario della notifica e ciò in violazione dell’art. 7 della legge n. 890 del 1992 (“rectius”: del 1982).

Il Tribunale, in altri termini, secondo il ricorrente, avrebbe tratto elementi di convincimento circa la validità della notifica dal registro di consegna, che tale rilevanza probatoria non ha nemmeno se in esso fosse stata apposta la firma del destinatario o della persona abilitata a riceverlo.

Inoltre il giudice di merito, secondo quanto dedotto dal ricorrente, non aveva considerato che il medesimo aveva già disconosciuto la propria sottoscrizione e che per tale ragione non era tenuto a fornire la prova dell’autenticità della sottoscrizione né la coincidenza del numero di patente indicato nel registro di consegna con quello della patente in sua titolarità.

Il ricorso è infondato.

La relazione di notifica eseguita dall’ufficiale giudiziario attestante il compimento delle prescritte formalità fa fede fino a querela di falso (v. Cass. 22 marzo 1996 n. 2940).

Del pari fa fede fino a querela di falso e non già sino a prova contraria (come diversamente è stato ritenuto da Cass. 29 maggio 1997 n. 4779 e da Cass. 25 novembre 1987 n. 8655) l’attestazione sull’avviso di ricevimento con la quale l’agente postale dichiara di avere eseguito la notificazione ai sensi degli artt. 7 e 8 della legge 20 novembre 1982, n. 890, essendo tale notificazione un’attività direttamente delegatagli dall’ufficiale giudiziario, il quale in forza dell’art. della citata legge n. 890 del 1982 è autorizzato, salvo diverse disposizioni dell’autorità giudiziaria o della parte, ad avvalersi del servizio postale per l’attività notificatoria della cui esecuzione ha ricevuto l’incarico.

Ne consegue che l’avviso di ricevimento, a condizione che esso sia sottoscritto – pena la sua nullità-inesistenza – dall’agente postale (v. Cass. 21 maggio 1992 n. 6146), contiene, per le attività che risultano in esso compiute, una forza certificatoria sino a querela di falso assimilabile a quella ipotizzabile per la relata di notifica eseguita dallo stesso ufficiale giudiziario.

Non ha uguale forza fidefaciente, invece, il registro di consegna dell’Ente Poste, assolvendo esso a una funzione certificatoria nel diverso rapporto tra l’agente postale e l’Ente Poste in ordine all’avvenuto compimento dell’attività notificatoria delegata dall’ufficiale giudiziario all’agente postale medesimo ai sensi dell’art. 1 della legge n. 890 del 1982 (v. Cass. 23 marzo 1988 n. 2534). Applicando i sopra esposti principi di diritto alla fattispecie esaminata, va osservato che il Bertinetti avrebbe dovuto impugnare di falso la sottoscrizione dell’avviso di ricevimento che l’agente postale gli aveva attribuito dichiarando, in tal modo, implicitamente di avergli consegnato personalmente la copia da notificare (essendo, peraltro, tale consegna personale sempre consentita ex art. 9 legge n. 890 del 1982 anche in caso di cambiamento di residenza, dimora o domicilio del destinatario).

Infatti l’agente postale medesimo non aveva dichiarato, con le modalità prescritte dal quarto comma del citato art. 7, di avere consegnato la copia dell’atto da notificare a persona diversa dal destinatario, ciò che avrebbe dovuto fare se non avesse potuto rintracciare personalmente lo stesso destinatario.

Infatti ai sensi del primo comma dell’art. 7 della legge n. 890 del 1892 l’agente postale è tenuto a consegnare al destinatario la copia dell’atto da notificare.

Ove, però, la copia non venga consegnata personalmente al destinatario, l’agente postale è tenuto, ai sensi del citato art. 7 quarto comma, a specificare nella relata la persona diversa nei cui confronti la notifica fu eseguita, l’eventuale grado di parentela esistente tra il destinatario e tale persona cui la copia dell’atto fu consegnata, l’eventuale indicazione della convivenza sia pure temporanea tra il destinatario e la persona cui la copia dell’atto fu consegnata.

Pertanto l’omessa indicazione da parte dell’agente postale del compimento delle formalità previste dal quarto comma del citato art. 7 induce a ritenere, salvo querela di falso, che tale agente abbia consegnata la copia dell’atto da notificare personalmente al destinatario, se quest’ultimo ha sottoscritto l’avviso di ricevimento, a nulla rilevando che manchi nell’avviso di ricevimento stesso l’ulteriore specificazione “personalmente al destinatario”, seguita dalla sottoscrizione, posto che per il citato art. 7 l’agente postale è tenuto a specificare le modalità di individuazione della persona a cui ha consegnato la copia dell’atto soltanto se non è stato possibile eseguire la consegna personalmente a mani del destinatario.

Irrilevante, pertanto, risulta la doglianza del ricorrente circa la mancata attività sollecitatoria della verificazione da parte dell’I.N.P.S. a seguito del suo disconoscimento della sottoscrizione, posto che avendo l’avviso di ricevimento natura di atto pubblico e non già di scrittura privata, la contestazione del suo contenuto andava fatta con la querela di falso e non già con il mero disconoscimento della sottoscrizione a norma dell’art. 214 c.p.c. sufficiente per addossare sulla controparte l’onere di sollecitare con apposita istanza ex art. 216 c.p.c. la procedura di verificazione.

A nulla rileva, perciò, che il registro di consegna contenga lacune o che non sia stato sottoscritto dall’agente postale, attesa la sua ristretta natura certificatoria a causa della sua irrilevanza ai fini della validità dell’avviso di ricevimento.

Caso mai, tale registro avrebbe potuto consentire, dopo la querela di falso – che, però, non è stata presentata – un punto di partenza per la necessaria attività che si sarebbe dovuta compiere per accertare la veridicità o la falsità della certificazione compiuta dall’agente postale circa l’avvenuta identificazione personale del destinatario, al quale la copia del precetto sarebbe stata consegnata.

Il Tribunale, però, a prescindere dalla mancata presentazione della querela di falso, ha rilevato in proposito che il Bertinetti non aveva in alcun modo provato che il numero della patente indicato dall’agente postale nel registro di consegna non corrispondesse a quello della sua patente e, quindi, che l’agente postale non avesse consegnato al medesimo il precetto dopo averlo identificato a mezzo di tale patente.

Pertanto il proposto ricorso va rigettato, modificata ex art. 384 c.p.c., secondo comma, nel senso sopra esposto la motivazione della sentenza impugnata, non annullabile perché conforme a diritto nel dispositivo.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio, liquidate in € 10,00 oltre € 1.300,00 (milletrecento/00) per onorari di avvocato.

Così deciso in Roma il 28 ottobre 2002.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 1 MAR. 2003


Corte cost., (ud. 20-11-2002) 26-11-2002, n. 477

La Corte Costituzionale

ha pronunciato la seguente

Sentenza

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 149 del codice di procedura civile e 4, comma terzo, della legge 20 novembre 1982, n. 890 (Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari), promosso con ordinanza del 2 febbraio 2002 dalla Corte di Cassazione sul ricorso proposto da Rizzacasa Giovambattista contro ENEL S.p.a., iscritta al n. 134 del registro ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell’anno 2002.

Visto l’atto di costituzione di Rizzacasa Giovambattista;

udito nell’udienza pubblica del 22 ottobre 2002 il Giudice relatore Annibale Marini;

udito l’avvocato Claudio Chiola per Rizzacasa Giovambattista.

Svolgimento del processo
1.- La Corte di Cassazione, con ordinanza depositata il 2 febbraio 2002, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma terzo, della legge 20 novembre 1982, n. 890 (Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari), «richiamato implicitamente dall’art. 149 c.p.c., nella parte in cui fa decorrere la notifica dell’atto da notificare dalla data della consegna del plico al destinatario, anziché dalla data della spedizione».

Il medesimo giudice aveva precedentemente sollevato, nei termini di cui sopra e nel corso dello stesso procedimento, questione di legittimità costituzionale dell’art. 149 del codice di procedura civile come interpretato dalla giurisprudenza «nel silenzio del dettato normativo». Questione dichiarata manifestamente inammissibile, con ordinanza n. 322 del 2001, non avendo la Corte rimettente «assolto l’onere di verificare, prima di sollevare la questione di costituzionalità, la concreta possibilità di attribuire alla norma denunciata un significato diverso da quello censurato e tale da superare i prospettati dubbi di legittimità costituzionale».

Il giudice a quo precisa ora che l’art. 4, comma terzo, della legge n. 890 del 1982, nel disporre che «l’avviso di ricevimento costituisce prova dell’eseguita notificazione», non lascerebbe spazi interpretativi e non consentirebbe, dunque, soluzioni ermeneutiche diverse da quella, costituente diritto vivente, secondo la quale gli effetti della notificazione a mezzo posta si produrrebbero, anche per il notificante, solo con la consegna del plico al destinatario da parte dell’agente postale.

Sulla base di tale premessa, il rimettente assume che la disciplina censurata sarebbe lesiva dell’art. 24 della Costituzione in quanto ostacolerebbe, fino a vanificarlo sostanzialmente, l’esercizio del diritto di impugnazione a chi, risiedendo in luogo diverso da quello in cui deve essere eseguita la notificazione, si avvalga della notificazione a mezzo posta, adempiendo tempestivamente alle formalità previste dall’art. 149 del codice di procedura civile e dalla legge n. 890 del 1982, ma «restando nondimeno esposto alla disorganizzazione di Uffici pubblici, quali quelli postali che sono soltanto strumenti ausiliari dell’Amministrazione della Giustizia».

Le norme impugnate – ad avviso del medesimo rimettente – non esprimerebbero, d’altro canto, una regola generale dell’ordinamento, considerato che la notificazione effettuata ai sensi dell’art. 140 del codice di procedura civile si perfezionerebbe, invece, alla data di spedizione della raccomandata con avviso di ricevimento, così come sarebbe del resto previsto per la notificazione dei ricorsi amministrativi e per le notificazioni eseguite nell’ambito del contenzioso tributario.

Il ricorso al servizio postale in materia di notificazioni di atti giudiziari risulterebbe, dunque, diversamente disciplinato in relazione a fattispecie analoghe, escludendosi solo in alcuni casi, e non in altri, l’esposizione della parte notificante al rischio del disservizio postale. Con conseguente violazione del principio di eguaglianza garantito dall’art. 3 della Costituzione.

2.- Si è costituito in giudizio Giovambattista Rizzacasa, ricorrente nel giudizio a quo, il quale preliminarmente sottolinea la sicura ammissibilità della questione in quanto sostanzialmente diversa da quella dichiarata manifestamente inammissibile con l’ordinanza n. 322 del 2001.

Nel merito, secondo la parte privata, verrebbero nella specie in considerazione due distinte esigenze: quella di assicurare la certezza del diritto, per cui l’impugnativa dovrebbe essere esercitata entro precisi limiti temporali, e quella di garantire il diritto di difesa del destinatario dell’atto notificato.

La prima delle due esigenze – secondo la stessa parte – potrebbe essere adeguatamente soddisfatta facendo riferimento alla data di presentazione del ricorso all’ufficiale giudiziario per la notifica, mentre solo ai fini della seconda occorrerebbe avere riguardo al momento della effettiva consegna dell’atto al destinatario.

Siffatta distinzione sarebbe, d’altro canto, ben presente nella giurisprudenza di questa Corte, così come il principio secondo cui gli effetti derivanti dall’operato della pubblica amministrazione non possono risolversi nella menomazione del diritto di difesa della parte incolpevole.

Se si volesse, poi, richiamare, in contrapposizione al diritto di difesa del notificante, l’interesse generale alla certezza dei rapporti giuridici, dovrebbe allora considerarsi – ad avviso sempre della parte privata – che il principio di ragionevole durata del processo, di cui al novellato art. 111 della Costituzione, impone di disciplinare le cadenze temporali del processo stesso in modo da consentire l’agevole esercizio del diritto di difesa.

Il sacrificio del diritto di difesa a favore della rapidità del processo potrebbe, dunque, essere giustificato solamente in conseguenza di condotte omissive della parte processuale e non già in relazione a ritardi od omissioni riferibili all’operato della pubblica amministrazione, cui il cittadino-attore sia obbligato a rivolgersi.

La disciplina dettata dall’art. 140 del codice di procedura civile e quella relativa alle notifiche in materia di ricorsi amministrativi e nell’ambito del contenzioso tributario costituirebbero poi – sempre secondo la parte privata – adeguati termini di comparazione ai fini del giudizio di legittimità costituzionale sotto il profilo della violazione del principio di eguaglianza.

Conclude dunque la parte per l’accoglimento della questione «e, in subordine, per l’adozione di una sentenza interpretativa del combinato disposto dell’art. 149 c.p.c. e dell’art. 4 della L. n. 890/92 (recte: legge 890/82) che consenta un’adeguata tutela del diritto di difesa, affermando che lo scopo della notifica per posta è legittimamente raggiunto nel momento in cui vengono realizzati gli adempimenti formali gravanti sulla parte intimante».

Motivi della decisione
1.- La Corte di Cassazione dubita, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, della legittimità costituzionale degli artt. 149 del codice di procedura civile e 4, comma terzo, della legge 20 novembre 1982, n. 890 (Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari), nella parte in cui dispongono che gli effetti della notificazione a mezzo posta decorrono, anche per il notificante, dalla data di consegna del plico al destinatario anziché dalla data della spedizione.

Tale disposizione si porrebbe in contrasto sia con la garanzia costituzionale del diritto di difesa, in quanto esporrebbe il notificante, pur incolpevole, al rischio del disservizio postale, sia con il principio di eguaglianza, in quanto – in materia di notificazioni di atti giudiziari o di ricorsi amministrativi – altre norme dell’ordinamento attribuirebbero invece rilevanza esclusiva alla data di spedizione dell’atto.

2.- In via preliminare, va affermata la proponibilità della presente questione di costituzionalità, in quanto essenzialmente diversa, sia sotto l’aspetto normativo che argomentativo, da quella proposta nello stesso giudizio e dichiarata da questa Corte manifestamente inammissibile con l’ordinanza n. 322 del 2001.

La questione in esame, infatti, oltre ad avere un oggetto solo parzialmente coincidente con quello della precedente (con la quale veniva impugnato il solo art. 149 del codice di procedura civile), si fonda sulla premessa della impossibilità di una diversa opzione interpretativa e non risulta, dunque, come l’altra, censurabile sotto il profilo della mancata ricerca di una interpretazione alternativa rispetto a quella sospettata di illegittimità costituzionale.

3.- Nel merito la questione è fondata.

3.1.- Il rimettente muove dalla premessa secondo la quale l’inequivoco tenore testuale dell’art. 4, comma terzo, della legge n. 890 del 1982 non consentirebbe interpretazione diversa da quella del perfezionamento della notificazione, anche per il notificante, alla data di ricezione del plico da parte del destinatario. Tale premessa – pur opinabile nei termini assoluti in cui è formulata, come del resto dimostra la rimessione della predetta questione interpretativa alle Sezioni unite da parte di altra sezione della stessa Corte di Cassazione – è, peraltro, conforme ad un orientamento da tempo consolidato del giudice di legittimità e tale, dunque, da poter essere senz’altro assunto a base della presente decisione.

3.2.- Questa Corte ha avuto modo di affermare, in tema di notificazioni all’estero, che gli artt. 3 e 24 della Costituzione impongono che «le garanzie di conoscibilità dell’atto, da parte del destinatario, si coordinino con l’interesse del notificante a non vedersi addebitato l’esito intempestivo di un procedimento notificatorio parzialmente sottratto ai suoi poteri di impulso» ed ha, altresì, individuato come soluzione costituzionalmente obbligata della questione sottoposta al suo esame quella desumibile dal «principio della sufficienza […] del compimento delle sole formalità che non sfuggono alla disponibilità del notificante» (sentenza n. 69 del 1994).

Principio questo che, per la sua portata generale, non può non riferirsi ad ogni tipo di notificazione e dunque anche alle notificazioni a mezzo posta, essendo palesemente irragionevole, oltre che lesivo del diritto di difesa del notificante, che un effetto di decadenza possa discendere – come nel caso di specie – dal ritardo nel compimento di un’attività riferibile non al medesimo notificante, ma a soggetti diversi (l’ufficiale giudiziario e l’agente postale) e che, perciò, resta del tutto estranea alla sfera di disponibilità del primo.

In ossequio ai richiamati principi costituzionali, gli effetti della notificazione a mezzo posta devono, dunque, essere ricollegati – per quanto riguarda il notificante – al solo compimento delle formalità a lui direttamente imposte dalla legge, ossia alla consegna dell’atto da notificare all’ufficiale giudiziario, essendo la successiva attività di quest’ultimo e dei suoi ausiliari (quale appunto l’agente postale) sottratta in toto al controllo ed alla sfera di disponibilità del notificante medesimo.

Resta naturalmente fermo, per il destinatario, il principio del perfezionamento della notificazione solo alla data di ricezione dell’atto, attestata dall’avviso di ricevimento, con la conseguente decorrenza da quella stessa data di qualsiasi termine imposto al destinatario medesimo. Ed è appena il caso di sottolineare, al riguardo, che la possibilità di una scissione soggettiva del momento perfezionativo del procedimento notificatorio risulta affermata dalla stessa legge n. 890 del 1982, laddove all’art. 8 prevede, secondo l’interpretazione vigente, che, nel caso di assenza del destinatario e di mancanza, inidoneità o assenza delle persone abilitate a ricevere il piego, la notificazione si perfezioni per il notificante alla data di deposito del piego presso l’ufficio postale e, per il destinatario, al momento del ritiro del piego stesso ovvero alla scadenza del termine di compiuta giacenza. Confermandosi in tal modo la necessità che le norme impugnate siano dichiarate costituzionalmente illegittime nella parte in cui prevedono che la notificazione si perfeziona, per il notificante, alla data di ricezione dell’atto da parte del destinatario anziché alla data, antecedente, di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario.

P.Q.M.
La Corte Costituzionale

dichiara l’illegittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 149 del codice di procedura civile e dell’art. 4, comma terzo, della legge 20 novembre 1982, n. 890 (Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari), nella parte in cui prevede che la notificazione si perfeziona, per il notificante, alla data di ricezione dell’atto da parte del destinatario anziché a quella, antecedente, di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 novembre 2002.


Cass. civ. Sez. I, 07-06-2002, n. 8287

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Vincenzo PROTO – Presidente –

Dott. Ugo VITRONE – Consigliere –

Dott. Donato PLENTEDA – Consigliere –

Dott. Mario Rosario MORELLI – Consigliere –

Dott. Massimo BONOMO – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

CIMMINO STEFANO, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE ANGELICO 193, presso l’avvocato FRANCO IADANZA, che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

DAMA ROSANNA, nella qualità di Curatore speciale del minore CIMMINO ANDREA, elettivamente domiciliata in ROMA VIA NOMENTANA 257, presso l’avvocato GIANFRANCO DOSI, rappresentata e difesa da se medesima;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 331/01 della Corte d’Appello di NAPOLI SEZIONE MINORI, depositata il 12/02/01;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/12/2001 dal Consigliere Dott. Massimo BONOMO;

udito per il resistente, l’Avvocato Dama, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Francesco MELE che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
Il 16 febbraio 1990 l’avv. Rosanna Dama, nominata dal Tribunale per i minorenni di Napoli curatore speciale del minore Andrea Cimmino, nato l’11 agosto 1986, convenne in giudizio Stefano Cimmino, impugnando, per difetto di veridicità, il riconoscimento di figlio naturale compiuto dallo stesso Cimmino nei confronti del detto minore.

Si costituì e resistette il Cimmino.

Disposta consulenza tecnica immunoematologicacitogenetica sul DNA, non espletata per rifiuto del convenuto a sottoporsi al prelievo, il Tribunale, con sentenza in data 13 marzo- 31 marzo 1998, accolse la domanda e conseguentemente dichiarò non veridico il riconoscimento del minore Andrea compiuto da Stefano Cimmino, disponendo le relative annotazioni e condannando il convenuto al pagamento delle spese di lite.

Notificata la sentenza in data 27 maggio 1998, il Cimmino ne ha chiesto la totale riforma, appellandola con atto notificato il 25 giugno 1998 al p.m. presso il Tribunale di Napoli, ma non notificato all’avv. Rosanna Dama, risultata. il 25 maggio 2000, sloggiata da anni al domicilio i via Martucci n. 35.

Nell’udienza del 27 ottobre 1998, l’istruttore ha disposto l’integrazione del contraddittorio nei confronti del curatore speciale dell’attore e il relativo atto è stato notificato il 2 dicembre 1998. Il curatore speciale, avv. Dama, si è costituta e ha chiesto il rigetto dell’appello, sia perché inammissibile per tardività, sia perché infondato nel merito.

Con sentenza del 24 gennaio – 12 febbraio 2001, la Corte d’Appello di Napoli dichiarava inammissibile l’appello condannando l’appellante al pagamento delle spese di quel grado di giudizio. Osservava la Corte territoriale, in particolare:

a) che l’impugnazione nei confronti del curatore speciale del minore era stata proposta oltre il termine di cui all’art. 325 c.p.c.;

b) che il p.m. presso il giudice “a quo”, cui era stata tempestivamente notificata l’impugnazione, non era parte del giudizio sicché non avrebbe potuto essere integrato il contraddittorio nei confronti del curatore speciale;

c) che era irrilevante la notifica con esito negativo presso il domicilio dichiarato nel giudizio “a quo”.

Avverso la sentenza d’appello Stefano Cimmino ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi, illustrati con memoria.

Il curatore speciale del minore ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione
1) Eccepisce il ricorrente con la memoria che il controricorso sarebbe inammissibile perché esso non è stato notificato presso il domicilio eletto in Roma, ma presso lo studio in Napoli, senza che assuma rilievo il tentativo di notifica per posta effettuato senza successo al domicilio in Roma.

2) L’eccezione è fondata nei termini appresso precisati.

La notifica a mezzo posta del controricorso al domicilio del ricorrente in Roma, con spedizione in data 23 maggio 2001, non ha avuto successo perché il destinatario è risultato sconosciuto all’ufficiale giudiziario su citofoni e cassette.

Il ricorso è stato poi notificato il 31 maggio 2001 presso lo studio del difensore domiciliatario a Napoli.

Ora, a prescindere dalle questioni della validità o meno di tale ultima notifica ovvero, in caso di nullità, della eventuale sanatoria, è assorbente la considerazione che la notifica è comunque tardiva, poiché la notifica del controricorso avrebbe dovuto essere effettuata entro mercoledì 30 maggio 2001 (e cioè, ai sensi dell’art. 370 c.p.c., entro venti giorni dalla scadenza del termine stabilito per il deposito del ricorso, nella specie giovedì 10 maggio 2001, atteso che il ricorso era stato notificato il 20 aprile).

Pure tardivo risulta il tentativo di notifica del controricorso al ricorrente presso la cancelleria della Corte di Cassazione con spedizione per posta il 1 giugno 2001.

Il controricorso è quindi inammissibile.

3) Con il primo mezzo d’impugnazione il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 330, 141, 121, 331, 325, 184-bis, 294 e 359 c.p.c., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.

In data 27 maggio 1998 l’avv. Rosanna Dama, nella qualità di curatore speciale del minore Andrea Cimmino, aveva notificato al procuratore costituito dell’attuale ricorrente copia autentica della sentenza di primo grado nella quale (vedasi frontespizio) era indicato, quale domicilio eletto, lo studio sito in Napoli alla via Martucci n. 35. Tale atto, proveniente dalla parte, oltre ad essere cronologicamente posteriore a tutti i documenti dai quali – a detta della Corte d’Appello – si sarebbe dovuto evincere il cambio di domicilio, non recava alcun timbro (dal quale ricavare l’eventuale differente indirizzo) né tanto meno una specifica indicazione in tal senso, ad opera del procuratore notificante.

Il Cimmino, pertanto, il 25 giugno 1998, un giorno prima della scadenza del termine per l’impugnazione aveva notificato correttamente l’appello presso il domicilio indicato in sentenza, ovvero in via Martucci n. 35. Solo al ritiro dell’atto, a termini ormai scaduti, aveva appreso che da tempo l’avv. Dama aveva trasferito il proprio studio altrove.

L’indicazione di uno specifico domicilio nella sentenza notificata dalla parte era apparsa come un’implicita dichiarazione di domicilio, trattandosi di atto proveniente dalla controparte, sicché l’impugnazione, ai sensi dell’art. 330 c.p.c., doveva essere notificata in quel luogo.

Inoltre, non poteva equivalere a mutamento del domicilio eletto, in assenza di formale comunicazione, il differente indirizzo indicato sulla documentazione richiamata dalla Corte d’Appello (e costituito da comunicazioni di cancelleria e carta intestata) a sostegno del cambio di domicilio e del relativo onere, per il ricorrente, di effettuare adeguate ricerche.

Ove, interpretando l’art. 330 c.p.c., si ponesse a carico del soccombente l’onere della ricerca del domicilio del difensore di controparte in assenza di formale comunicazione di mutamento dello stesso ed in presenza di atti equivoci, tali da ingenerare nell’appellante il legittimo affidamento circa il permanere dell’originaria elezione di domicilio, la norma sarebbe incostituzionale in relazione agli artt. 24 e 3 Cost.

4) Il motivo non è fondato.

Nella specie, non vi è stata una dichiarazione di domicilio nell’atto di notificazione della sentenza, essendosi la parte limitata a notificare la sentenza di primo grado. La circostanza che dall’intestazione della sentenza risultasse l’elezione di domicilio dell’attore in primo grado non poteva integrare una dichiarazione di domicilio nell’atto di notificazione della sentenza, per la quale sarebbe stata necessaria un’apposita e distinta dichiarazione. La sentenza non poteva essere notificata che nella sua integrità, compresa l’intestazione, il cui contenuto era riferibile però al giudizio di primo grado e non alla fase successiva al deposito della sentenza stessa.

Ora, la notifica presso il domicilio dichiarato nel giudizio “a quo”, che abbia avuto esito negativo perché il procuratore si sia successivamente trasferito altrove, non ha alcun effetto giuridico, dovendo essere effettuata al domicilio reale del procuratore (quale risulta dall’albo, ovvero dagli atti processuali) anche se non vi sia stata rituale comunicazione del trasferimento alla controparte. Ed infatti, il dato di riferimento personale prevale su quello topografico, e non sussiste alcun onere del procuratore di provvedere alla comunicazione del cambio di indirizzo; tale onere è previsto, infatti, per il domicilio eletto autonomamente, mentre l’elezione operata dalla parte presso lo studio del procuratore ha solo la funzione di indicare la sede dello studio del procuratore, sicché costituisce onere del notificante l’effettuazione di apposite ricerche atte ad individuare il luogo di notificazione (Cass. 13 marzo 1998 n. 2740; cfr. pure Cass. 29 maggio 1997 n. 4746).

Nel caso in esame, l’appellante non si è fatto carico del suddetto onere, mentre avrebbe potuto individuare presso il Consiglio dell’Ordine il nuovo domicilio del procuratore della controparte. In punto di fatto, la Corte d’Appello ha osservato, in particolare, che il procuratore dell’appellante aveva dedotto, senza contestazioni di sorta, di aver provveduto alla comunicazione di cambio di domicilio del suo studio legale al Consiglio dell’Ordine e che il nuovo domicilio risultava anche da alcuni atti inseriti nel fascicolo di ufficio del giudizio di primo grado.

La dedotta conoscenza del trasferimento dello studio dell’avv. Dama dopo che il termine per la notifica dell’atto di impugnazione era ormai scaduto costituisce una conseguenza della scelta di effettuare la notifica l’ultimo giorno utile. Tale scelta, imputabile al soggetto tenuto alla notifica, comporta il rischio di non essere in grado di svolgere le eventuali ricerche che si rendessero necessarie in caso di mancata notificazione.

La prospettata questione di legittimità costituzionale dell’art. 330 c.p.c. è manifestamente infondata, potendo l’attività di ricerca posta a carico della parte essere facilmente svolta, sicché essa non viola il canone della ragionevolezza né costituisce una limitazione del diritto di difesa (cfr. Cass. n. 4746/1997 citata).

5) Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 325, 350, 184-bis, 294, 359 c.p.c., nonché omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione.

L’ordinanza con la quale l’istruttore aveva disposto la rinotifica nei confronti dell’avv. Dama doveva qualificarsi come remissione in termini per errore scusabile. La Corte d’Appello, pur riconoscendo che il Cimmino aveva qualificato la disposizione impartita dall’istruttore come remissione in termini, non aveva esplicitato le ragioni per le quali avrebbe dovuto escludersi l’ammissibilità di tale istituto.

Indipendentemente dal carattere inscindibile o meno del giudizio e dalla qualità di parte del p.m., la possibilità di disporre la rinnovazione della notificazione dell’atto d’appello era prevista dall’art. 350 c.p.c. nella formulazione anteriore alla riforma introdotta dalla legge n. 353 del 1990 (applicabile nel caso di specie, trattandosi di causa instaurata anteriormente all’entrata in vigore della riforma).

Gli artt. 184-bis, 294 e 359 c.p.c., ove interpretati nel senso dell’omessa previsione della rimessione in termini per errore scusabile, nel caso dell’appellante che, senza sua colpa, non abbia potuto proporre tempestivamente l’impugnazione, sarebbero incostituzionali in relazione agli artt. 3 e 34 Cost.

L’espressa previsione nell’ordinamento processuale amministrativo dell’istituto della remissione in termini per errore scusabile anche per il giudizio di appello rende manifesta l’illegittimità costituzionale delle corrispondenti norme processuali civili (184-bis, 294, 350 e 359) che non prevedono l’istituto.

6) Nemmeno questo motivo è fondato.

La rinnovazione della notificazione dell’atto di appello non è applicabile nei casi in cui, come nella specie, la notifica non è nulla, ma inesistente.

Quanto alla questione di costituzionalità per la mancata previsione della remissione in termini per errore scusabile, essa è irrilevante non potendosi configurare, nel caso in esame, un errore di tale natura per le ragioni espresse in ordine al primo motivo di ricorso.

7) Il terzo motivo di ricorso esprime doglianze di violazione degli artt. 325, 331, 350, 292 c.p.c., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.

La motivazione della Corte d’Appello relativamente alla qualità di mero interventore necessario del p.m. non tiene conto della circostanza che la notifica dell’atto di citazione al p.m. ha comunque consentito l’instaurazione del giudizio e che, alla prima udienza, conformemente al dettato degli artt. 350 e 331 c.p.c., era stato richiesto termine per la rinotifica nei confronti dell’avv. Dama.

8) Il motivo non è fondato.

La possibilità di integrazione del contraddittorio nelle cause inscindibili (art. 351 c.p.c.) presuppone l’avvenuta impugnazione nei confronti di almeno una delle parti. Questa ipotesi non ricorre nella specie, essendo stato l’atto di appello notificato tempestivamente al solo pubblico ministero, il quale non è parte nel giudizio in oggetto, come affermato dalla Corte d’Appello e non contestato in questa sede.

Poiché l’atto di impugnazione non era stato tempestivamente notificato a nessuna delle parti, non poteva disporsi l’integrazione del contraddittorio.

9) Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come nel dispositivo con riferimento alla difesa effettuata dall’avv. Dama all’udienza, vanno poste a carico del ricorrente, in considerazione della soccombenza.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e dichiara inammissibile il controricorso; condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in euro 516,46 [L. 1.000.000] per onorari.

Così deciso in Roma il 3 dicembre 2001.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 7 GIUGNO 2002.


Corte Suprema di Cassazione, Sez. Unite, n. 8091 del 4.06.2002

Notificazione : a persone giuridiche : a persone non residenti o irreperibili

Svolgimento del processo

La s.r.l. Sud Zuccheri, con sede in Melito (Napoli) alla via Roma 168 bis, fu dichiarata fallita dal Tribunale di Napoli con sentenza del 12 febbraio 1991.

La detta società, in persona dell’amministratore unico Corrado Wurzburghen propose opposizione contro tale pronunzia, chiedendo che ne fosse dichiarata la nullità per violazione dell’art. 15 del R.D. 16 marzo 1942 n. 267. La nullità sarebbe stata conseguente all’omessa convocazione e audizione del legale rappresentante davanti al tribunale fallimentare in camera di consiglio, omissione derivante dall’irrituale notifica del ricorso di fallimento. La notificazione, infatti, era stata eseguita nelle forme di cui all’art. 1423 c.p.c. nei confronti del menzionato legale rappresentante, pur essendo possibile accertare sia la sede sociale (che non era stata trasferita ma aveva soltanto subito un cambio di numerazione civica) sia la residenza del legale rappresentante.

La curatela rimase contumace, mentre i creditori si costituirono contestando il fondamento dell’opposizione.

In sede collegiale l’opponente propose querela di falso contro la relata di notifica del ricorso (avanzato dal Banco di Napoli) ad opera del messo di conciliazione di merito, attestante che la società era “sconosciuta al sito indicato e/o al civico” (cioè all’indirizzo in Melito alla via Roma 168 bis, sede sociale risultante dalla certificazione della cancelleria commerciale), nonché contro l’analoga relata dell’agente postale, apposta sulla busta dell’atto da notificare ad istanza di I.S.I. S.p.A.

Le parti costituite contestarono la querela, mentre il P.M. ne addusse l’inammissibilità.

Con sentenza depositata il 10 aprile 1995 il Tribunale rigettò l’opposizione e la querela di falso proposta contro la notifica ad istanza dell’I.S.I., dichiarò inammissibile la querela proposta contro la notifica ad istanza del Banco di Napoli e condannò l’opponente al pagamento delle spese giudiziali.

A seguito d’impugnazione della società Sud Zuccheri la Corte di Appello di Napoli, con sentenza n. 2549/97 depositata il 25 novembre 1997, respinse il gravarne, considerando:

– che l’esame dell’impugnazione restava circoscritto al tema di diritto, relativo al seguente punto: se, nell’ipotesi d’impossibilità di eseguire la notifica ai sensi dell’art. 145, comma 1, c.p.c. presso la sede della società (impossibilità imputabile esclusivamente alla società stessa, per avere omesso di rendere conoscibile ai terzi, nelle debite forme pubblicitarie, la variazione d’indirizzo della sede sociale, sia pur dovuta a nuova numerazione civica), e di ulteriore impossibilità di reperire il legale rappresentante della medesima (circostanza accertata dalle risultanze documentali acquisite dal primo giudice e non rimessa in discussione con l’appello), fosse possibile eseguire la notifica diretta al detto legale rappresentante nelle forme di cui all’art. 143 c.p.c.;

– che a tale quesito il tribunale aveva dato risposta positiva con argomentazioni meritevoli di essere condivise;

– che, invero, la mancata menzione dell’art. 143 c.p.c. tra le norme richiamate dal terzo comma dell’art. 145 c.p.c. non assumeva rilievo decisivo al fine di escludere il ricorso come “extrema ratio”, a tale forma di notifica quando, come nella specie, non fosse stato possibile reperire la sede della società né la residenza, dimora o domicilio del suo amministratore unico e legale rappresentante;

– che il contrario argomento dell’appellante si basava su un’analisi letterale e superficiale della norma e, peraltro, mal si conciliava con la soluzione alternativa proposta, ossia la notifica nelle forme di cui all’art. 140 c.p.c., in quanto neppure tale disposizione era richiamata dall’art. 145 c.p.c., comma 3;

– che, allora, se ogni argomento desumibile dalla mera letteralità del richiamo non poteva essere decisivo (finendosi altrimenti, in simili casi, col ritenere impossibile qualsiasi forma di notificazione), andava compiuta una lettura sistematica delle norme, allo scopo di giungere ad una soluzione rispondente alle finalità del sistema in guisa da assicurare, in ogni caso, la possibilità di eseguire le notificazioni;

– che tutte le norme comprese tra l’art. 138 c.p.c. e l’art. 143 c.p.c. riguardavano le persone fisiche, incluso quindi l’art. 140 c.p.c., al quale non vi era ragione di dare preferenza, trattandosi di disposizione non direttamente prevista per le notificazioni alle persone giuridiche, né oggetto di richiamo da parte dell’art. 145 c.p.c.;

– che l’ultimo comma di tale norma, col rinvio agli artt. 138, 139 e 141 c.p.c., rivelava l’intento del legislatore di consentire la notifica al legale rappresentante secondo la disciplina delle notificazioni alle persone fisiche, quando non fosse possibile la notifica presso la sede della persona giuridica e dall’atto risultasse la persona fisica titolare della rappresentanza legale dell’ente;

– che, pertanto, qualora nei confronti di detta persona fisica non fosse possibile la notifica a mani proprie (art. 138 c.p.c.), oppure presso la residenza, la dimora o il domicilio (art. 139 c.p.c.), o ancora presso l’eventuale domiciliatario (art. 141 c.p.c.), occorreva fare ricorso alle ulteriori disposizioni contemplanti le sussidiarie modalità di notifica alle persone fisiche, e quindi all’art. 140 c.p.c. (in caso di residenza, dimora o domicilio noti della persona fisica del legale rappresentante dell’ente), ovvero all’art. 143 c.p.c. (nel caso di residenza, dimora o domicilio ignoti dello stesso legale rappresentante);

– che, nella fattispecie, il Wurzburgher risultò sloggiato dai suoi ultimi dichiarati domicilii di Napoli e di Pozzuoli, dove – come emerse dalle ricerche poi eseguite presso i due Comuni – mai aveva avuto la residenza anagrafica, onde ritualmente la notificazione fu effettuata ai sensi dell’art. 143 c.p.c.

– che l’impossibilità di eseguire la notificazione diretta alla società nelle forme di cui all’art. 140 c.p.c. discendeva dal rilievo che, siccome tale norma prescrive, oltre al deposito della copia dell’atto nella casa comunale, anche l’affissione dell’avviso del deposito “alla porta dell’abitazione o dell’ufficio o dell’azienda del destinatario”, nonché la “notizia per raccomandata con avviso di ricevimento”, nel caso di specie non si sarebbe potuto procedere a tali adempimenti, in quanto nel luogo dell’ultima sede nota della società medesima non esistevano uffici o altre strutture alla stessa riferibili;

– che, in definitiva, l’appello andava respinto, perché la mancata audizione dell’imprenditore, dovuta a fatto a questo imputabile, non costituiva motivo di nullità.

Contro la suddetta sentenza, notificata il 18 febbraio 1998, Sud Zuccheri S.r.l., in persona dell’amministratore unico Corrado Wurzburgher, ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo.

La Banca Nazionale dell’agricoltura S.p.A. e la I.S.I (Industria Saccarifera Agroindustriale) S.p.A. hanno resistito con separati controricorsi.

Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.

Con ordinanza depositata il 16 giugno 2000 la prima sezione civile di questa Corte, rilevato che sulla questione addotta (“la notifica avrebbe dovuto essere effettuata a norma dell’art. 140 c.p.c. nei confronti della società e non ai sensi dell’art. 143 c.pc., nei confronti del suo legale rappresentante”) esisteva un contrasto nella giurisprudenza di questa Corte, ha disposto la trasmissione degli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.

La causa è stata quindi assegnata alle Sezioni unite di questa Corte e chiamata all’udienza di discussione.

Motivi della decisione

1) Con l’unico mezzo di cassazione la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 143 c.p.c., in relazione agli artt. 145, 140 e 160 c.p.c.

Il Tribunale avrebbe riconosciuto che la formula dell’art. 145 c.p.c., e in particolare il 1º e il 3º comma (che rinviano agli artt. 138, 139 e 141 c.p.c.), avrebbe posto la necessità di valutare, esaminando l’intera disciplina in modo sistematico, se la notificazione ad una persona giuridica consenta il ricorso alle forme di cui all’art. 143 c.p.c., sia con riferimento alla società in quanto tale, sia come forma di notifica al legale rappresentante.

Il Tribunale avrebbe riconosciuto, ancora, che, secondo un primo orientamento della giurisprudenza (in realtà si tratterebbe dell’ultimo, ormai da tempo consolidato) la notificazione alla società – in caso d’impossibilità di eseguirla ai sensi dell’art. 145, primo comma, c.p.c. e di portarla a compimento nelle forme di cui all’art. 145, terzo comma, c.p.c. – andrebbe effettuata a norma dell’art. 140 c.p.c.

Da ciò sarebbe dovuto discendere l’accoglimento dell’opposizione.

Ma poi il Tribunale si sarebbe riportato ad un diverso (e risalente) orientamento della giurisprudenza, dichiarando di aderirvi e così pervenendo al rigetto della domanda.

Sarebbe però incorso in errore, limitandosi a rilevare che l’indirizzo in Melito alla via Roma 168 bis sarebbe stato quello rispondente alla sede della società, come risultante dalla certificazione della cancelleria commerciale, e che la società sarebbe stata obbligata a rendere pubblica presso gli organi competenti la variazione apportata dal Comune al numero civico.

Avrebbe però trascurato di considerare che, se la notifica fosse stata eseguita ai sensi dell’art. 140 c.p.c., al Comune sarebbe risultato certamente il nuovo civico e il ricorso si sarebbe potuto notificare ritualmente.

Peraltro la mancata notifica ai sensi dell’art. 140 c.p.c. sarebbe stata sufficiente per stabilire che, il ricorso non era stato notificato secondo le norme e che la società fallita mai sarebbe stata convocata davanti al Tribunale fallimentare, con conseguente nullità della dichiarazione di fallimento.

I rilievi già esposti nei precedenti gradi del giudizio troverebbero conferma nei fatti enunciati, che porrebbero in evidenza l’illegittimità della pronunzia impugnata, viziata anche da errori logici e da insufficiente motivazione.

Andrebbe aggiunto che soltanto parte della giurisprudenza si sarebbe mostrata favorevole all’applicazione dell’art. 143 c.p.c. alle persone giuridiche, mentre di segno opposto sarebbe l’orientamento più recente.

2) Ancorché formalmente diretto a censurare la pronunzia del Tribunale (per quello che appare essere un errore materiale di trascrizione), il ricorso investe in realtà la sentenza della Corte d’Appello, come è dato desumere dalla sua complessiva formulazione. Pertanto l’impugnazione va dichiarata ammissibile.

3) La questione sottoposta all’esame del collegio può riassumersi nei termini seguenti (tenendo conto del tema della decisione identificato dalla Corte territoriale e delle censure mosse dalla ricorrente, che definiscono i confini dell’indagine in questa sede): se ed in quali limiti siano utilizzabili nei confronti di una persona giuridica le modalità di notificazione previste dall’art. 13 c.p.c., essendo indicata nell’atto la persona fisica che rappresenta l’ente.

Nel caso di specie, infatti, non è controversa l’applicabilità dell’art. 140 c.p.c. anche per le notificazioni alle persone giuridiche (ed ai soggetti indicati nel secondo comma dell’art. 145 c.p.c.). Anzi la società ricorrente lamenta appunto che nel caso in esame non si sia proceduto a notifica nelle forme di cui al citato articolo 140, affermando che, se tale procedura fosse stata adottata, presso il Comune sarebbe risultato il nuovo civico identificante la sede della società medesima, sicché l’istanza di fallimento si sarebbe potuta notificare ritualmente.

Tanto premesso, si deve osservare che, ai sensi dell’art. 145, primo comma, c.p.c. (norma nella specie rilevante perché la ricorrente è una società di capitali), la notificazione alle persone giuridiche si esegue nella loro sede, mediante consegna della copia dell’atto al rappresentante o alla persona incaricata di ricevere le notificazioni o, in mancanza, ad altra persona addetta alla sede stessa. A norma dell’art. 46, comma secondo, c.c., nei casi in cui la sede stabilita ai sensi dell’art. 16 c.c. o la sede risultante dal registro è diversa da quella effettiva, i terzi possono considerare come sede della persona giuridica anche quest’ultima, intendendosi per sede effettiva il luogo in cui abbiano concreto svolgimento le attività amministrative e di direzione dell’ente, e dove operino i suoi organi amministrativi o i suoi dipendenti con poteri direttivi (Cass. 4 agosto 2000, n. 10243; 28 luglio 2000, n. 9978; 18 gennaio 1997, n. 497).

Come posto in luce anche in dottrina, è dunque accolto il principio dell’effettività della sede quale criterio interpretativo generale, valido pure per le notificazioni.

Il secondo comma dell’art. 145 c.p.c. prevede modalità analoghe di notificazione, con riferimento alla sede indicata nell’art. 19, secondo comma, del codice civile.

Il terzo comma aggiunge che, se la notificazione non può essere eseguita a norma dei commi precedenti, e nell’atto è indicata la persona fisica che rappresenta l’ente, si osservano le disposizioni degli articoli 138, 139 e 141 cod. proc. civ.

Come il testuale tenore della norma rende palese, le modalità prescritte nei primi due commi vanno sperimentate per prime; se la notificazione non può essere eseguita con quelle modalità, e nell’atto è indicata la persona fisica che rappresenta l’ente, si osservano le disposizioni dell’art. 138 c.p.c. (notificazione nella residenza, nella dimora o nel domicilio), e art. 141 c.p.c. (notificazione presso il domiciliatario).

Qualora neppure le modalità richiamate nel terzo comma dell’art. 145 c.p.c. possano essere ultimate praticate, la giurisprudenza dominante – sia pur con talune distinzioni che qui non possono formare oggetto di pronuncia perché estranee al quesito rilevante ai fini della decisione – ammette l’applicabilità del rito previsto dall’art. 140 c.p.c. anche nei confronti della società (“ex multis” e tra le più recenti: Cass. 10 aprile 2000, n. 4529; 9 febbraio 2000, n. 1427; 17 giugno 1999, n. 6065; 27 gennaio 1999, n. 716; 3 novembre 1998, n. 11004; 11 gennaio 1994, n. 239; 3 dicembre 1993, n. 12004; 29 maggio 1992, n. 6529).

Anche nella dottrina prevale nettamente la soluzione favorevole all’applicazione del rito anzidetto, pur con alcune divergenze circa i presupposti ed i limiti d’impiego.

Un contrasto più marcato, invece, sussiste in ordine all’applicabilità dell’art. 143 c.p.c.

Secondo alcune pronunzie, infatti, la notifica mediante il rito previsto da detta norma sarebbe inapplicabile alle persone giuridiche. Le disposizioni della norma medesima, invero, postulerebbero che sia sconosciuto il luogo in cui il destinatario ha la sua residenza, la dimora o il domicilio ed inoltre che tale mancata conoscenza non sia superabile attraverso le normali ricerche ed adottando la comune diligenza. Queste situazioni, però, non potrebbero realizzarsi per le società di capitali, munite di personalità giuridica, per le quali sarebbe in vigore l’obbligo di dichiarare quale sia la sede della società all’atto stesso della costituzione (artt. 2328, 2464, 2475 c.c.), nonché l’obbligo di dichiarare i mutamenti della sede, esistendo peraltro un sistema di pubblicità legale idoneo a consentire di conoscere l’attualità della sede dichiarata e l’inopponibilità ai terzi dei mutamenti non pubblicizzati. Con la conseguenza che, qualora la sede dichiarata non coincida con quella effettiva e questa non sia nota, il terzo non potrebbe legittimamente ignorare la sede effettiva, effettuando le notifiche nel luogo pubblicizzato come “sede” dalla stessa società e risultante dai pubblici registri, salvo giovarsi nel disposto dell’art. 140 c.p.c. nel caso in cui il legale rappresentante della società, o altre persone legittimate a ricevere l’atto, risultino irreperibili in tale luogo (Cass. 29 gennaio 1998 n. 904; 11 gennaio 1994 n. 239; 1 marzo 1989 n. 1102; 3 luglio 1971 n. 2070).

Un altro orientamento, invece, ammette l’applicazione dell’art. 143 c.p.c. anche nei confronti dei soggetti diversi dalle persone fisiche, avendo riguardo alla funzione complementare della menzionata norma (Cass. 29 maggio 1992 n. 6529; 12 aprile 1990 n. 3107; 28 luglio 1989 n. 3528; 5 giugno 1987 n. 4927; 16 ottobre 1979 n. 5392; 12 maggio 1979 n. 2758).

Prima di procedere all’esame della questione, ai fini della composizione del suddetto contrasto, va premesso che il sistema delle notificazioni deve rispondere ad una duplice esigenza: la prima è quella di consentire al destinatario dell’atto di venire a conoscenza nei tempi previsti del contenuto di questo, in guisa da poter svolgere al riguardo ogni attività difensiva, nel rispetto del principio del contraddittorio, oggi ribadito nell’art. 111, comma 2, Cost. (come novellato dall’art. 1 della L.Cost. 23 novembre 1999 n. 2); la seconda è quella di permettere al soggetto, ad istanza del quale la notifica si esegue, di poter agire in giudizio ponendo in essere i relativi atti d’impulso. Entrambe le esigenze ricevono tutela costituzionale (artt. 24 e 111 Cost.). Lo sforzo ermeneutico, quindi, deve essere diretto a bilanciarle, da un lato garantendo al destinatario un effetto di conoscenza o, nei casi previsti dalla legge, di conoscibilità leale dell’atto in stretta aderenza alla disciplina normativa, in modo da assicurare il pieno spiegamento del diritto di difesa, dall’altro consentendo al soggetto, che intenda agire in giudizio, di esercitare il potere di azione (anche) con l’adozione dei necessari strumenti di notifica.

In altre parole, non sarebbe conforme a Costituzione un approccio interpretativo che, facendosi carico della non completezza delle regole contenute nell’art. 145 c.p.c., proceda ad un esame sistematico e coordinato delle norme dettate in tema di notificazioni con riferimento a quelle indirizzate a soggetti diversi dalle persone fisiche e, per quanto qui rileva, con riguardo alle notificazioni alle persone giuridiche.

In questo quadro la tesi, espressa nel primo degli orientamenti sopra richiamati (circa l’inapplicabilità in via di principio dell’art. 143 c.p.c.), non è persuasiva.

Va subito sgombrato il campo da un primo argomento di ordine letterale, secondo il quale l’art. 145, terzo comma, c.p.c. rinvierebbe in modo espresso soltanto agli artt. 138, 139 e 141 c.p.c.

Il richiamo limitato a queste tre norme si spiega col rilievo che l’art. 145, terzo comma, c.p.c., nel contemplare una modalità di notificazione sussidiaria rispetto a quella prevista dal primo comma della medesima norma, stabilisce che la notifica sia indirizzata alla persona fisica che rappresenta l’ente (qualora essa sia indicata nell’atto) e dispone perciò l’osservanza delle disposizioni previste per le situazioni ordinarie o fisiologiche che consentono l’esecuzione della notifica direttamente al destinatario o ad un consegnatario normativamente individuato. Ma ciò non vuole dire che, quando la notifica ai sensi di tali disposizioni si riveli non praticabile, la mancata menzione dell’art. 143 c.p.c. (come, del resto, dell’art. 140 c.p.c., che neppure forma oggetto di richiamo nel terzo comma dell’art. 145 c.p.c.) debba essere intesa come implicita esclusione dell’applicabilità di queste norme. Infatti, una volta prevista la notifica al legale rappresentante dell’ente, non sarebbe ragionevole (né conforme all’art. 24 Cost.) un’interpretazione del dettato normativo diretta ad affermare che, nei confronti del medesimo rappresentante, possono trovare applicazione soltanto le forme ordinarie di notificazione e non quelle stabilite per i casi (eccezionali) nei quali si debba prendere atto dell’impossibilità di adottare quelle forme.

Maggior consistenza presenta l’argomento secondo cui l’art. 143 c.p.c. sarebbe inapplicabile alle persone giuridiche perché esso postulerebbe che sia sconosciuto il luogo in cui il destinatario ha la sua residenza, la dimora o il domicilio ed inoltre che tale mancata conoscenza non sia superabile attraverso le normali ricerche ed adottando la comune diligenza. Queste situazioni non potrebbero realizzarsi per le società di capitali, esistendo un sistema di pubblicità legale idoneo a consentire di conoscere l’attualità della sede dichiarata e l’inopponibilità ai terzi dei mutamenti non pubblicizzati.

Tali affermazioni sono, in via di principio, esatte. Esse, tuttavia, valgono a rimarcare il carattere residuale (di “extrema ratio”, come si esprime la sentenza impugnata: pag. 6) che la notifica ex art. 143 c.p.c. al legale rappresentante della persona giuridica deve avere. Non giovano però per escludere in radice l’applicabilità di tale norma (che, in sostanza, è una norma di chiusura del sistema delle notificazioni), perché non assicurano in ogni caso che una notificazione possa essere eseguita. Il che è reso palese dalla fattispecie (certamente molto peculiare) qui in esame.

In essa è avvenuto che, a seguito di cambio della numerazione civica fatto eseguire dal Comune di Melito di Napoli, la sede della società Sud Zuccheri, già stabilita in quel Comune alla via Roma n. 168 bis, è venuta a trovarsi in quel medesimo Comune ma alla via Roma n. 438. La variazione d’indirizzo della sede sociale, conseguente alla nuova numerazione civica, non fu resa conoscibile attraverso le annotazioni – che la società avrebbe dovuto curare (artt. 2196, 2436 c.c.) – nel registro della cancelleria commerciale (all’epoca in essere, non essendo ancora operativo il registro delle imprese), come accertato dalla sentenza impugnata e com’è incontroverso. Pertanto il sito di via Roma 168 bis, a far tempo dall’impianto della nuova numerazione (impianto di cui s’ignora l’epoca) venne a perdere qualsiasi capacità d’identificare la sede della società, perché in realtà l’indirizzo di via Roma 168 bis conduceva ad un luogo del tutto diverso e privo di ogni collegamento con la società medesima, tant’è che, a seguito delle notifiche tentate dal Banco di Napoli e da I.S.I. S.p.A. a quell’indirizzo – sede sociale risultante dalla certificazione della cancelleria commerciale, come la sentenza impugnata rileva: pag. 3 – la società medesima risultò sconosciuta.

Né vale addurre che, attraverso più attente ricerche, il nuovo indirizzo poteva essere reperito. È ben vero che, qualora la sede dichiarata nell’atto costitutivo non venga trovata, devono essere eseguite ulteriori ricerche. Ma tali ricerche, specialmente quando esiste un sistema di pubblicità che dovrebbe consentire di trovare sempre almeno la sede legale della società se la legge fosse rispettata, devono essere quelle normalmente esigibili secondo la comune diligenza. Orbene, le ricerche e le richieste d’informazioni suggerite in casi come quello in esame dall’ordinaria diligenza riguardano la sede della società e perciò vanno indirizzate verso gli uffici e le persone che possono dare informazioni in tal senso, ossia per l’appunto il registro della cancelleria commerciale (v. Cass., Sez. Un., 5 novembre 1981, n. 5825, in motivazione). Una volta acclarato, tramite il detto registro, che la sede dell’impresa risultava quella di via Roma n. 168 bis, non possono essere comprese nella nozione di ordinaria diligenza ulteriori e più approfondite ricerche, per di più in un contesto nel quale non risulta che i creditori istanti fossero tenuti a sapere che (in epoca imprecisata) la numerazione civica era stata modificata.

Neppure potrebbe utilmente affermarsi che l’omessa annotazione nell’apposito registro del mutamento d’indirizzo conservasse l’attualità della sede risultante dal medesimo registro, onde comunque la notifica si sarebbe potuta eseguire ai sensi dell’art. 140 c.p.c.

Si deve replicare che, come già sopra si è accennato, a seguito della diversa numerazione civica il numero 168 bis individuava un sito del tutto differente da quello in cui era (ed era rimasta) la sede della società, cioè un sito nel quale quest’ultima mai aveva avuto uffici o strutture di qualsiasi tipo. La mancanza (originaria e non sopravvenuta) di tali strutture rendeva impossibile) – dare corso alle formalità previste dal citato art. 140 c.p.c. che, per costante giurisprudenza, in quanto organicamente coordinate tra loro hanno tutte carattere essenziale e, come tali, condizionano al loro integrale adempimento l’efficacia giuridica della notifica (tra le più recenti: Cass. 14 gennaio 2002 n. 359; 20 novembre 2000 n. 14986; 29 aprile 1999 n. 4307).

Invero, la notifica ex art. 140 c.p.c. postula che, pur essendo noto il luogo in cui la notifica stessa può essere eseguita, l’esecuzione di essa nelle forme ordinarie risulti impedita dall’irreparabilità, dall’incapacità o dal rifiuto dei consegnatari normativamente individuati. Nella fattispecie l’indirizzo che avrebbe dovuto condurre alla sede sociale portava in realtà ad un luogo in cui detta sede mai era stata collocata, con conseguente difetto del presupposto per procedere alla menzionata forma di notificazione (infatti, l’adozione di tale forma è stata ritenuta irrituale nel caso in cui all’indirizzo indicato il destinatario risulti sconosciuto: Cass. 11 agosto 2000 n. 10629).

Dalle esposte considerazioni consegue che il sistema di pubblicità in vigore per le società di capitali non consente di reperire in ogni ipotesi una sede legale, quando le eventuali variazioni non siano annotate. Il caso in esame ne costituisce la prova ed altri esempi potrebbero addursi (come il caso in cui l’edificio in cui era situata la sede sociale risulti totalmente demolito e sia ignota l’eventuale sede effettiva).

In ipotesi del genere il ricorso alla notificazione ai sensi dell’art. 143 c.p.c. nei confronti della persona fisica che rappresenta l’ente non può ritenersi precluso.

Invero, l’applicazione di detta norma direttamente alla persona giuridica va esclusa, perché la sua testuale formulazione impone di considerarla ontologicamente incompatibile con soggetti diversi dalle persone fisiche. Ma quando nell’atto il legale rappresentante sia indicato (e il notificante può identificarlo, formulando quindi la relativa indicazione, attraverso il sistema di pubblicità), non vi sono ostacoli – sulla base delle considerazioni sopra svolte – all’adozione nei suoi confronti delle forme di cui all’art. 143 c.p.c., quando ne risultino sconosciuti la residenza, la dimora e il domicilio. Ciò non soltanto per esigenze di completezza del sistema notificatorio ma anche perché, una volta ammessa la notifica al legale rappresentante nelle forme ordinarie, non appare giustificato escludere la possibilità di far ricorso alle particolari modalità di cui alla detta norma, che risulta riferibile a tutte le persone fisiche.

Conclusivamente, la sequenza del procedimento notificatorio nei confronti delle persone giuridiche, con particolare riguardo alle società di capitali (caso ricorrente nella specie), va così specificata:

a) la notificazione si esegue, in primo luogo, con le modalità di cui all’art. 145, 1º comma, c.p.c., cioè nella sede (legale o effettiva) mediante consegna di copia dell’atto al rappresentante o alla persona incaricata di ricevere le notificazioni o, in mancanza, ad altra persona addetta alla sede stessa;

b) se la notifica non può essere eseguita con tali modalità, e nell’atto è indicata la persona fisica che rappresenta l’ente, in applicazione dell’art. 145, 3º comma, c.p.c. la notifica stessa va eseguita nei confronti di tale persona, osservando le disposizioni degli artt. 138, 139 e 141 c.p.c.;

c) se neppure l’adozione di tali modalità consente di pervenire alla notificazione, si procede con le formalità dell’art. 140 c.p.c., qualora di detta norma ricorrano i presupposti, nei confronti del legale rappresentante (se indicato nell’atto e purché abbia un indirizzo diverso da quello della sede dell’ente), oppure, nel caso in cui la persona fisica non sia indicata nell’atto da notificare direttamente nei confronti della società;

d) se tali modalità non si rivelino applicabili, e nell’atto sia indicata la persona fisica che rappresenta l’ente (la quale perciò risulti di residenza, dimora e domicilio sconosciuti), la notificazione sarà eseguibile con le forme di cui all’art. 143 c.p.c. nei confronti del detto legale rappresentante.

In questi sensi il contrasto sopra segnalato resta quindi composto.

Alla stregua dei principi fin qui esposti, il ricorso della società Sud Zuccheri si rivela infondato.

Non è esatto, per quanto chiarito in precedenza, che gli atti andassero notificati alla società ai sensi dell’art. 140 c.p.c., dovendosi replicare che, a seguito del cambiamento della numerazione civica, l’indirizzo della società medesima era riferito ad un luogo in cui questa non aveva (e mai aveva avuto) sede, sicché non si sarebbe neppur potuto procedere agli adempimenti contemplati dalla citata norma (il punto, rimarcato dalla Corte territoriale, non ha formato oggetto di specifica censura).

La ricorrente, poi, nulla ha addotto in ordine alla reperibilità del legale rappresentante, il cui nome risultava dagli atti in notifica (anche questo profilo, posto in luce dalla sentenza impugnata non è stato censurato); né ha formulato doglianze in ordine al rispetto delle formalità previste dall’art. 143 c.p.c.

Essa, in effetti, ha imperniato l’impugnazione sull’asserita nullità/inesistenza delle notificazioni eseguite, nel caso in esame, ai sensi dell’articolo ora citato, perché detta norma sarebbe stata inapplicabile; e questa tesi – nel quadro delle considerazioni in precedenza svolte – non può essere condivisa.

Ne segue il rigetto del ricorso.

Avuto riguardo al contrasto di giurisprudenza esistente sulla questione si ravvisano giusti motivi per dichiarare compensate tra le parti costituite le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte Suprema di cassazione, pronunziando a Sezioni Unite, rigetta il ricorso e dichiara compensate tra le parti costituite le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 21 febbraio 2002, nella camera di consiglio delle Sezioni unite civili della Corte suprema di cassazione.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IN DATA 04 GIUGNO 2002.


Cass. civ., Sez. V, (data ud. 30/05/2002) 30/05/2002, n. 7939

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Pasquale REALE – Presidente –

Dott. Massimo ODDO – Consigliere –

Dott. Stefano MONACI – Rel. Consigliere –

Dott. Antonio MERONE – Consigliere –

Dott. Giuseppe FALCONE – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

FRATTA CESARE LUIGI, FUMAGALLI GIUSEPPINA, elettivamente domiciliati in ROMA VIA CRESCENZIO 62, presso lo studio dell’avvocato ANTONELLI CAMPOSARCUNO PAOLO, che li difende unitamente all’avvocato ALLEGRO ENRICO, giusta procura in calce;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 108/97 della Commissione tributaria regionale di MILANO, depositata il 22/09/97;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/01/02 dal Consigliere Dott. Stefano MONACI;

udito per il ricorrente, l’Avvocato ANTONELLI, che insiste per l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Pietro ABBRITTI che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
1) Il primo Ufficio delle Imposte dirette di Milano emetteva un accertamento fiscale nei confronti dei coniugi Fratta Cesare e Fumagalli Giuseppina, rideterminandone, ai fini Irpef ed Ilor, i redditi per l’anno 1982.

L’accertamento nei loro confronti traeva origine da un altro accertamento effettuato a carico di Fratta Ernesto, figlio dei contribuenti, e titolare di un’impresa familiare cui la madre Fumagalli Giuseppina partecipava nella misura del 45%, ed il padre Fratta Cesare partecipava, invece, nella misura percentuale del 10%.

I due contribuenti Fratta Cesare e Fumagalli Giuseppina impugnavano l’accertamento in sede giurisdizionale, ma i loro ricorsi successivi venivano respinti prima dalla Commissione Tributaria di primo grado di Milano, e poi, in sede di appello, con sentenza del 23 giugno-22 settembre 1997, dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia.

Questa ultima rilevava in motivazione che l’altro accertamento, impugnato dalla società (dalla quale derivavano a loro volta i redditi accertati ai ricorrenti) era stato riconosciuto legittimo dalla Commissione Tributaria Provinciale di Milano che aveva respinto il relativo ricorso.

2) Propongono ricorso per cassazione i contribuenti Fratta Cesare Luigi e Fumagalli Giuseppina, chiedendo l’annullamento, con ogni provvedimento consequenziale, della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, ed allegando tre motivi di impugnazione.

Con il primo eccepiscono la mancanza assoluta di motivazione e la conseguente nullità della sentenza.

La sentenza della Commissione Tributaria Regionale (come del resto quella della Commissione Tributaria Provinciale) si sarebbe basata esclusivamente sull’esistenza di un’altra pronunzia della stessa Commissione Provinciale, a carico del figlio Fratta Ernesto, sentenza questa ultima che aveva dichiarato legittimo l’accertamento a carico dell’impresa familiare.

Invece le due liti fiscali (peraltro non riunite) erano distinte, e soprattutto, la pronunzia di primo grado a carico del figlio sarebbe stata appellata.

3) Con il secondo motivo di impugnazione i coniugi ricorrenti eccepiscono l’erronea e falsa applicazione della legge per quanto concerne la valutazione delle prove, e la conseguente nullità della sentenza.

L’accertamento fiscale a carico del figlio Fratta Ernesto, che svolgeva un’attività di commercio all’ingrosso di oreficeria a Milano (ed a carico, nello stesso tempo, dell’impresa familiare) era scaturito da una indagine più ampia, volta a sgominare un’associazione a delinquere finalizzata all’esportazione clandestina di capitali allo scopo di acquisire all’estero oro greggio.

Il Fratta Ernesto era stato coinvolto in questa vicenda, ed era stato fatto oggetto di accertamenti tributari per cinque anni di imposta (esattamente dal 1982 e 1987), nonché di due procedimenti penali, uno di carattere valutario e l’altro di carattere tributario, che si erano conclusi, peraltro entrambi con la sua assoluzione con formula piena, per l’esattezza una volta con la formula “perché il fatto non sussiste”, e l’altra con quella “per non aver commesso il fatto”.

Invece i giudici tributari non avevano valutato gli esiti di questi procedimenti penali e le prove raccolte nel corso di essi.

4) Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano una violazione del diritti della difesa con conseguente nullità del procedimento.

Sostengono che all’udienza del 5 febbraio 1996 dinanzi alla Commissione Tributaria di primo grado di Milano non erano stati posti in grado di difendersi in pubblica udienza.

L’avviso di convocazione era, infatti, pervenuto al Fratta Cesare solo mesi dopo l’udienza, e da esso risultava che la notificazione era stata effettuata mediante deposito presso la Casa Comunale di Milano, e con l’invio di una raccomandata che il contribuente negava di avere mai ricevuto (che, comunque, gli sarebbe stata spedita due giorni dopo l’affissione dell’avviso sulla porta di casa del ricorrente).

5) Si è costituita con apposito controricorso l’Amministrazione finanziaria.

Nega, innanzi tutto, che sia stata impugnata la pronunzia di primo grado che ha respinto il ricorso proposto da Fratta Ernesto avverso l’accertamento a suo carico per l’anno 1982.

Quella sentenza di primo grado aveva perciò acquisito carattere di giudicato, con l’effetto di rendere definitivo anche il reddito di partecipazione dei contribuenti Cesare Luigi Fratta e Fumagalli Giuseppina.

Le rispettive liti fiscali erano sì distinte, ma, in realtà, inscindibilmente collegate tra loro.

La resistente sottolinea poi che il fatto contestato al Fratta Ernesto in sede penale (esportazione di valuta) sarebbe stato diverso da quello (acquisto senza fattura di oro grezzo) contestatogli invece in sede fiscale.

Soprattutto, quest’ultimo fatto sarebbe risultato provato.

Per quanto concerne, infine, la pretesa nullità processuale, la resistente sostiene che – come riconosciuto nella sentenza di appello impugnata – dalla documentazione esistente presso la segreteria della Commissione Tributaria Provinciale di Milano non risultava nessuna violazione delle norme in materia di notificazione.

Motivi della decisione
1) Il ricorso non è fondato, e non può trovare accoglimento. Considerazioni di razionalità di trattazione inducono ad esaminare per primo il terzo motivo di impugnazione, che, investendo la regolarità del procedimento, assume carattere preliminare rispetto agli altri.

Il motivo non è fondato

Non appare esatto, innanzi tutto, che la Commissione Regionale non abbia motivato sull’eccezione relativa alla pretesa mancata convocazione dei contribuenti per l’udienza di discussione nel giudizio tributario di primo grado: sia pure sinteticamente la sentenza afferma che l’esercizio del diritto di difesa da parte dei contribuenti era stato sostanzialmente rispettato.

Ciò significa che La Commissione ha ritenuto regolare la notificazione dell’avviso di convocazione dei contribuenti per l’udienza di discussione in questione.

Inoltre i ricorrenti non indicano elementi astrattamente idonei a comprovare la nullità della notificazione stessa, e pertanto l’effettività dell’asserita lesione dei loro diritti di difesa.

Non è tale la circostanza secondo cui avrebbero avuto effettiva notizia dell’udienza soltanto alcuni mesi dopo, perché – come dichiarano gli stessi ricorrenti – la notificazione è stata effettuata ai sensi dell’art. 140 c.p.c., cioè con il rito degli irreperibili, e questa forma di comunicazione, per la sua stessa natura, non assicura che i destinatari abbiano effettiva notizia dell’atto notificato.

Né rileva che, come dichiarato dai ricorrenti, la raccomandata contenente l’avviso sia stata inviata al Fratta Cesare due giorni dopo l’affissione dell’avviso alla porta del ricorrente.

L’art. 140 c.p.c. prevede che “se non è possibile eseguire la consegna per irreperibilità o per incapacità o rifiuto delle persone indicate”, la notificazione abbia luogo ugualmente con lo svolgimento di tre formalità distinte: il deposito di copia dell’atto da notificare nella casa comunale, l’affissione dell’avviso del deposito sulla porta dell’abitazione o dell’ufficio del destinatario, ed infine l’invio di una raccomandata con avvio di ricevimento anch’essa con l’avviso del deposito.

La notificazione si considera perfezionata soltanto con l’esecuzione dell’ultima, in senso temporale, delle tre formalità.

Queste ultime debbono essere eseguite in uno stesso contesto temporale, nell’ambito di quella certa notificazione, ma nulla impone che vengano eseguite in uno stesso giorno. Una distanza di due giorni tra di esse non interrompe certo l’unità del contesto temporale: in sostanza, rimane irrilevante che per ragioni operative, per la mancanza di un ufficio postale aperto in orario utile, o per altro motivo, l’invio della raccomandata sia stato seguito di qualche giorno l’affissione dell’avviso sulla porta dell’abitazione o dell’ufficio del destinatario (che nella normalità dei casi verrà effettuata quando l’ufficiale giudiziario si sarà recato in luogo e non avrà potuto eseguire la notificazione con uno dei sistemi ordinari, e sarà perciò la prima, temporalmente, ad essere eseguita delle tre formalità richieste), ed il deposito dell’atto nella casa comunale.

2) Sono infondati anche i primi due motivi di impugnazione, quelli concernenti il merito.

Con il primo motivo i ricorrenti lamentano un vizio di carenza assoluta di motivazione, perché la sentenza di appello si sarebbe limitata a far riferimento alla pronunzia – che essi assumevano non ancora passata in giudicato – della Commissione Tributaria Provinciale di Milano, che aveva respinto il ricorso proposto dall’impresa familiare del loro figlio Fratta Ernesto, impresa da cui sarebbero derivati i redditi di partecipazione dei genitori, attuali ricorrenti, per l’anno 1982.

Secondo questi ultimi la sentenza, invece, non avrebbe esaminato affatto le argomentazioni difensive contenute nel loro atto di appello.

In realtà, come espressamente disponeva (nella formulazione vigente all’epoca dei fatti) il quarto comma dell’art. 5 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, anche il reddito di partecipazione dei genitori Fratta Cesare Luigi e Fumagalli Giuseppina dipende da quello accertato a carico dell’impresa familiare del figlio.

Per la precisione nel testo originario della norma si leggeva che “i redditi delle imprese familiari di cui all’art. 230-bis del codice civile sono imputati a ciascun collaboratore familiare, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili dell’impresa…”.

Di conseguenza la Commissione Regionale ha motivato adeguatamente e compiutamente con il riferimento alla decisione relativa all’impresa familiare del figlio, né era tenuta a rispondere più in dettaglio ad eventuali ulteriori argomentazioni difensive delle parti (che, del resto, rimanevano assorbite).

L’affermazione, contenuta in ricorso, secondo cui quella pronunzia a carico dell’impresa familiare non sarebbe ancora passata in giudicato, ed il relativo giudizio sarebbe pendente, non trova nessun riscontro nella sentenza impugnata, e, del resto, neppure i ricorrenti offrono alcun elemento concreto, alcuna indicazione, in questo senso.

La circostanza, invece, avrebbe dovuto essere provata nel corso dei giudizi di merito, da coloro che l’affermavano, vale a dire dagli stessi ricorrenti.

3) Per quanto riguarda il secondo motivo di merito, relativo alla pretesa influenza di alcune pronunzie penali con cui il figlio Fratta Ernesto era stato assolto da imputazioni a suo carico, va rilevato che non risulta affatto che i fatti materiali contestati in sede penale fossero i medesimi posti alla base dell’accertamento da cui trae origine questa controversia fiscale.

Anche su questo punto la prova avrebbe dovuto essere fornita, nel corso dei giudizi di merito, da chi aveva interesse a dimostrarla, e perciò dagli attuali ricorrenti.

La circostanza, invece, non trova riscontro alcuno nella pronunzia della Commissione Regionale.

4) Concludendo, dunque, il ricorso non può che essere respinto, ed i ricorrenti vanno condannati in solido a rifondere, in favore dell’Amministrazione finanziaria, le spese del presente giudizio, che vengono liquidate negli importi riportati in dispositivo.

P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso e condanna i ricorrenti a rifondere favore dell’Amministrazione finanziaria, le spese d presente giudizio che liquida in € 2.100, di cui € 2.000 per onorari, oltre a quelle prenotate a debito.

Cosi deciso in Roma il 17 gennaio 2001

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IN DATA 30 MAGGIO 2002.