Cass. civ. Sez. Unite, 19-11-1999, n. 793

riunita in camera di consiglio nelle persone dei signori magistrati:

dott. Romano PANZARANI – Primo Presidente f.f.;

dott. Francesco AMIRANTE – Pres. di sezione;

dott. Francesco CRISTARELLA ORESTANO – Consigliere;

dott. Antonio VELLA – Consigliere;

dott. Erminio RAVAGNANI – Consigliere;

dott. Alessandro CRISCUOLO – Consigliere;

dott. Francesco SABATINI – relatore Consigliere;

dott. Ettore GIANNANTONIO – Consigliere;

dott. Stefanomaria EVANGELISTA – Consigliere;

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto

da

LANZARA RAFFAELE, rappresentato dall’avv. Giovanni Falci giusta procura in calce al ricorso, con elezione di domicilio in Roma, via Valadier n. 6, presso l’avv. Claudio Giannelli

ricorrente

contro

CONSIGLIO ORDINE AVVOCATI DI NOCERA INFERIORE e PROCURATORE GENERALE CASSAZIONE

intimati

avverso

la decisione in data 16.10. – 28.11.1998 del Consiglio Nazionale Forense (r.g. n. 54/98).

Udita nella pubblica udienza del 3 giugno 1999 la relazione del consigliere dott. Francesco Sabatini.

È comparso per il ricorrente, per delega, l’avv. Guaglianone, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

Sentito il P.M., in persona dell’avvocato generale Franco Morozzo della Rocca, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
L’avv. Raffaele Lanzara, iscritto nell’albo del Consiglio degli avvocati di Nocera Inferiore, fu incolpato: a) di aver violato i doveri di lealtà, diligenza e probità per avere – quale procuratore del sig. Costantino Pagano, creditore della somma di lire 120.000.000 nei confronti della società Simer – omesso di informare il suo patrocinato degli esiti del ricorso per la dichiarazione di fallimento della debitrice, nonché concluso con costei un accordo transattivo in conseguenza del quale aveva presentato atto di desistenza ed aveva incassato l’importo di lire 65.000.000 senza mai corrisponderlo al Pagano; b) di aver violato i doveri professionali di correttezza nei confronti del proprio Consiglio per non essere comparso, nonostante reiterati inviti e senza giustificati motivi, innanzi al consigliere relatore per esporre le sue ragioni.

In data 20 maggio 1997 il predetto Consiglio, ritenuti provati gli addebiti irrogò all’avv. Lanzara la sanzione disciplinare della cancellazione dall’albo professionale.

Tale decisione, impugnata dall’interessato, è stata confermata dal Consiglio Nazionale Forense con la pronuncia, ora gravata.

Per quanto ancora rileva il Consiglio ha osservato, in rito, che rituale e tempestiva era stata la notificazione della citazione dell’incolpato a comparire dinanzi al Consiglio dell’ordine: essa venne infatti effettuata nel luogo in cui egli aveva la residenza anagrafica ed a mani della collaboratrice familiare. Che lo stesso avesse avuto effettiva conoscenza dell’atto era inoltre confermato dall’istanza di rinvio presentata dal difensore, nonché dal tempestivo ricorso al Consiglio Nazionale Forense dopo la notifica, avvenuta negli stessi termini della citazione, della decisione del Consiglio dell’ordine.

Rettamente detto Consiglio aveva respinto l’istanza di rinvio – presentata dal difensore in considerazione dell’astensione proclamata dall’Unione camere penali e dall’Organismo unitario dell’Avvocatura -, dal momento che detta astensione riguardava la partecipazione alle udienze e non poteva pertanto estendersi all’attività, di natura amministrativa, svolta dal Consiglio dell’ordine.

Nel merito il Consiglio Nazionale ha ritenuto che l’avv. Lanzara sottoscrisse la transazione senza averne il potere, senza interpellare il proprio cliente – come avrebbe dovuto fare poiché essa comportava la rinuncia alla metà del credito -, senza comunicargli l’avvenuta presentazione dell’atto di desistenza e senza versargli l’importo incassato dalla debitrice.

Parimenti provato era l’addebito, di cui al capo b), stante il fatto che l’interessato non era comparso dinanzi al Consiglio dell’ordine, come, del resto, non era poi comparso dinanzi al Consiglio Nazionale.

Per la cassazione di tale decisione l’incolpato ha proposto ricorso, affidato a quattro motivi. Con il quinto, egli chiede inoltre la sospensione dell’esecuzione della decisione impugnata.

Motivi della decisione
1. Con il primo motivo del ricorso il ricorrente deduce la violazione dell’art. 139 c.p.c. ed afferma che la notificazione del decreto di citazione a mani della signorina Dossantos è nulla non essendo costei abilitata al ritiro degli atti per conto di esso ricorrente, giacché ella, dipendente della signora Maria Fimiani, solo saltuariamente frequentava la casa dell’avv. Lanzara. Anche a voler considerare la Dossantos come una vicina di casa, la notificazione era parimenti nulla non essendo stata inviata la prescritta lettera raccomandata.

Illegittima è la presunzione di legale conoscenza dell’atto, il formulata dal Consiglio Nazionale, dal momento che anche la violazione dei termini comporta la nullità del decreto di citazione.

Il motivo è infondato

Il decreto di citazione in questione – che può essere direttamente esaminato dalla Corte essendo allegato un error in procedendo – risulta notificato all’odierno ricorrente “a mani di Dossantos Marley, collaboratrice domestica ivi addetta alla ricezione degli atti e alla casa, in sua assenza”.

Il motivo in esame pone in discussione non già che la notificazione sia stata validamente eseguita in uno dei luoghi, indicati nel primo comma dell’art. 139 c.p.c., sibbene la capacità della Dossantos a riceverla, non essendo ella, a dire del ricorrente, e diversamente da quanto invece disposto dal successivo secondo comma, né persona di famiglia né addetta alla casa o all’ufficio.

Premesso che, attribuendo la relata alla Dossantos la sola qualità di addetta alla ricezione degli atti e alla casa, la validità della notificazione deve essere riscontrata con esclusivo riferimento a tale qualità, deve rilevarsi che questa non presuppone, diversamente da quanto preteso dal ricorrente, la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, tanto meno di natura esclusiva.

Come infatti questa C.S. ha affermato (da ultimo con sent. 5 ottobre 1998 n. 9875) la validità della notificazione non può essere contestata sulla base del solo difetto di tale rapporto, essendo invece sufficiente che esista una relazione tra consegnatario e destinatario idonea a far presumere che il primo porti a conoscenza del secondo l’atto ricevuto, come si desume dalla generica qualifica di addetto, richiesta dal legislatore (analogamente l’espressione persona di famiglia, impiegata dalla stessa norma, va intesa in senso relativamente ampio, sì da ricomprendervi anche i familiari la cui presenza in casa non abbia carattere del tutto occasionale: Cass. 19.1.1995 n. 615).

Nella specie dalla stesse argomentazioni, svolte dal ricorrente – il quale afferma che la Dossantos era alle esclusive dipendenze della Fimiani, moglie di esso ricorrente, come egli ebbe a precisare nel ricorso al Consiglio Nazionale Forense -, risulta che la predetta era addetta alla casa dello stesso: in tal senso ha dunque rettamente deciso il Consiglio Nazionale, donde la validità della notificazione e l’irrilevanza dell’omesso invio della raccomandata, prescritta dal quarto comma dello stesso art. 139 per la diversa ipotesi di cui al precedente terzo comma.

La riscontrata validità della avvenuta notificazione importa l’assorbimento della censura che investe l’ulteriore ratio decidendi – consistita nell’effettiva conoscenza della notificazione stessa da parte del destinatario, desunta dalla successiva istanza di rinvio della discussione -, censura con la quale il ricorrente afferma che l’osservanza del termine di comparizione avrebbe dovuto essere accertata con riferimento alla data dell’istanza stessa: censura – osserva la Corte – inoltre inammissibile perché nuova.

2. Con il secondo motivo il ricorrente allega “violazione di legge in relazione alla lesione del diritto di difesa per la mancata concessione del rinvio chiesto al difensore” al Consiglio dell’ordine di Nocera Inferiore a seguito della astensione dalle udienze, deliberata dall’Avvocatura: pur non ponendo in discussione la natura amministrativa del procedimento disciplinare, nella fase che si svolge dinanzi a detto Consiglio, il ricorrente censura la limitazione all’attività giurisdizionale di detta astensione, affermata dalla decisione ora gravata.

La censura è inammissibile sia perché investe un accertamento di fatto – i limiti dell’astensione in questione -, motivatamente effettuato da un organo, il Consiglio Nazionale forense, particolarmente qualificato e rappresentativo della categoria professionale interessata, sia perché l’inviolabilità del diritto di difesa, sancito dal secondo comma dell’art. 24 cost. – ammesso che ad esso il ricorrente abbia inteso riferirsi -, opera limitatamente ai procedimenti giurisdizionali, come si desume dall’interpretazione complessiva della norma costituzionale.

3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge per l’omessa contestazione degli articoli della legge professionale e per il mancato esame del relativo motivo di appello.

Osserva la Corte che quest’ultimo venne così testualmente formulato: “nullità dell’atto che dispone il giudizio disciplinare per omessa contestazione degli articoli della legge professionale”.

La genericità di tale censura esonerava conseguentemente il Consiglio Nazionale dal prenderla in esame, e, d’altra parte, il ricorrente neppure in questa sede indica le norme di legge che a suo dire imporrebbero, a pena di nullità, la contestazione non solo del fatto materiale oggetto di incolpazione ma altresì delle relative norme di legge.

L’indicazione di queste ultime non è invero richiesta dall’art. 48 del r.d. 22 gennaio 1934 n. 37 – il quale stabilisce i requisiti della citazione da notificare all’incolpato (ed al pubblico ministero) -, ed al riguardo deve ribadirsi che nel procedimento disciplinare a carico degli esercenti la professione forense la contestazione degli addebiti non esige una minuta, completa e particolareggiata esposizione dei fatti che integrano l’illecito, essendo invece sufficiente che l’incolpato con la lettura dell’imputazione sia posto in grado – come nella specie è avvenuto – di approntare la propria difesa in modo efficace, senza rischi di essere condannato per fatti diversi da quelli ascrittigli (Cass. sez. un. 10.2.1998 n. 1342 e 18.10.1994 n. 8482).

Diversamente, l’art. 417 lett. b) del codice di procedura penale menziona, tra i requisiti formali della richiesta di rinvio a giudizio, “l’enunciazione del fatto, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l’applicazione di misure di sicurezza, con l’indicazione dei relativi articoli di legge”: specificazione, quest’ultima – osserva la Corte – inapplicabile al procedimento disciplinare in questione, non essendo essa richiesta dal citato art. 48.

La ragione giustificatrice di tale diverso modo di disporre risiede in ciò che il menzionato art. 417 è funzionale al principio di legalità, quale enunciato nell’art. 1 cod. pen., il quale non trova invece completa attuazione nel procedimento disciplinare, che viene esercitato nei casi di abusi o mancanze nell’esercizio della professione o comunque di fatti non conformi alla dignità ed al decoro professionale (art. 38 primo comma legge 22 gennaio 1934 n. 36 (NDR: R.D.L. 27.11.1933 n. 1578 art. 38) di conversione, con modificazioni, del r.d.l. 27 novembre 1933 n. 1578).

D’altra parte nei procedimenti disciplinari contro avvocati si devono seguire, quanto alla procedura, le norme particolari che, per ogni singolo istituto, sono dettate dalla legge professionale, in mancanza delle quali si deve far ricorso alle norme del codice di procedura civile, mentre del codice di procedura penale sono applicabili solo quelle cui la legge professionale fa espresso rinvio, ovvero quelle relative ad istituti che trovano la loro regolamentazione soltanto nel codice anzidetto (da ultimo, in tal senso, Cass. sez. un. 24.2.1998 n. 1988).

4. Il quarto motivo del ricorso investe il merito della controversia e con esso il ricorrente sostiene che egli era in realtà dotato, diversamente da quanto affermato dalla decisione gravata, del potere di transigere la vertenza affidatagli dal proprio cliente, e conseguentemente adduce violazione di legge e travisamento del fatto.

Il motivo è inammissibile: detta decisione, pur dopo avere escluso che l’odierno ricorrente avesse il potere di transigere, gli ha poi addebitato di non avere informato il cliente della intervenuta transazione, di avere incassato l’assegno di lire 5.000.000 versatogli dal debitore a pagamento del compenso professionale, e di avere anche trattenuto la somma di lire 60.000.000, destinata al creditore, fatti, questi, che il Consiglio Nazionale ha qualificato come fonte di gravissima responsabilità.

E poiché tali apprezzamenti, di per sé idonei a sorreggere la decisione, non formano oggetto di censure di sorta, la doglianza, la quale è limitata ad un solo aspetto della questione, è, come detto, inammissibile.

5. Il ricorso deve, pertanto, essere respinto: decisione, questa, che importa l’assorbimento del quinto motivo, attinente alla richiesta cautelare di sospensione della esecuzione della decisione impugnata.

Non deve provvedersi sulle spese del giudizio di cassazione, stante la soccombenza del ricorrente e la mancata costituzione degli intimati.

P.Q.M.
La Corte

rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni Unite, il 3 giugno 1999.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 19 NOV. 1999


Legge n. 265 del 3.08.1999

LEGGE 3 agosto 1999, n. 265(1).

Disposizioni in materia di autonomia e ordinamento degli enti locali, nonché modifiche alla L. 8 giugno 1990, n. 142 .

Capo I – Revisione dell’ordinamento delle autonomie locali

Art. 1. Autonomia statutaria e regolamentare e partecipazione popolare.

[1. … (2).

2. … (3).

3. … (4).

4. All’articolo 5, comma 1, della legge 8 giugno 1990, n. 142, le parole: «della legge» sono sostituite dalle seguenti: «dei princìpi fissati dalla legge»] (5).

Art. 2. Ampliamento dell’autonomia degli enti locali.

[1. … (6).

2. All’articolo 3 della legge 8 giugno 1990, n. 142, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 3, le parole: «disciplina la» sono sostituite dalle seguenti: «indica i princìpi della»;

b) al comma 4, la parola: «determina» è sostituita dalla seguente: «indica»;

c) al comma 7, le parole: «fissa i criteri e le procedure» sono sostituite dalle seguenti: «indica i criteri e fissa le procedure» e le parole: «per la formazione e attuazione degli atti e degli strumenti della programmazione» sono sostituite dalle seguenti: «per gli atti e gli strumenti della programmazione»] (7).

Art. 3. Partecipazione popolare.

[1. … (8)] (9).

Art. 4. Azione popolare, diritti di accesso e di informazione dei cittadini.

1. [All’articolo 7 della legge 8 giugno 1990, n. 142, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) … (10).

b) al comma 2, secondo periodo, sono aggiunte le seguenti parole: «, salvo che il comune costituendosi abbia aderito alle azioni e ai ricorsi promossi dall’elettore»] (11).

2. … (12).

3. [Le associazioni di protezione ambientale di cui all’articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, possono proporre le azioni risarcitorie di competenza del giudice ordinario che spettino al comune e alla provincia, conseguenti a danno ambientale. L’eventuale risarcimento è liquidato in favore dell’ente sostituito e le spese processuali sono liquidate in favore o a carico dell’associazione] (13).

Art. 5. Interventi per lo sviluppo delle isole minori.

[1. In ciascuna isola o arcipelago di isole, ad eccezione della Sicilia e della Sardegna, ove esistono più comuni, può essere istituita, dai comuni interessati, la Comunità isolana o dell’arcipelago, cui si estendono e le norme sulle comunità montane] (14).

Art. 6. Fusione dei comuni, municipi, unione di comuni.

1. [All’articolo 11 della legge 8 giugno 1990, n. 142, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) … (15)

b) al comma 4, le parole: «di comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti anche con comuni di popolazione superiore» sono sostituite dalle seguenti: «dei comuni» e le parole: «agli eventuali» sono sostituite dalla seguente: «ai»;

c) il comma 5 è abrogato] (16).

2. [ … (17)] (18).

3. [All’articolo 14, comma 2, della legge 8 giugno 1990, n. 142, dopo la parola: «programmi» sono inserite le seguenti: «da essa proposti»] (19).

4. [ … (20)] (21).

5. [ … (22)] (23).

6. [ … (24)] (25).

7. [L’adozione delle leggi regionali di cui all’articolo 26-bis della legge 8 giugno 1990, n. 142, introdotto dal comma 6 del presente articolo, avviene entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Trascorso inutilmente tale termine, il Governo, entro i successivi sessanta giorni, sentite le regioni inadempienti e la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, provvede a dettare la relativa disciplina nel rispetto dei princìpi enunciati nel citato articolo 26-bis della legge 8 giugno 1990, n. 142. Tale disciplina si applica fino alla data di entrata in vigore della legge regionale] (26).

8. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il Ministro dell’interno, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, adotta, con proprio decreto, i criteri per l’utilizzo delle risorse di cui all’articolo 31, comma 12, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (27).

Art. 7. Comunità montane.

1. [ … (28)] (29).

2. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge le regioni dispongono, ove occorra o su proposta dei comuni interessati, il riordino territoriale delle comunità montane, verificando l’adeguatezza della dimensione delle comunità montane esistenti, anche rispetto all’attuazione dell’articolo 3 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, nonché l’adeguamento degli statuti alle nuove norme sulla composizione degli organi.

3. Sono abrogati l’articolo 4 della legge 3 dicembre 1971, n. 1102, e il comma 8 dell’articolo 29 della legge 8 giugno 1990, n. 142. In sede di prima applicazione, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i comuni adeguano, ove occorra, le proprie rappresentanze nelle comunità montane ai sensi del comma 2 dell’articolo 28 della legge 8 giugno 1990, n. 142, come sostituito dal comma 1 del presente articolo. In caso di mancato adeguamento nei termini indicati, l’organo rappresentativo e quello esecutivo sono validamente costituiti dai soli rappresentanti dei comuni aventi titolo ai sensi del medesimo comma 2.

Art. 8. Decentramento comunale. Circondari.

1. [ … (30).

2. … (31).

3. … (32)] (33).

Art. 9. Sede degli uffici delle amministrazioni dello Stato e rapporti tra pubbliche amministrazioni.

1. Quando ragioni di economicità e di efficienza lo richiedono, gli uffici periferici delle amministrazioni dello Stato possono essere situati nel capoluogo di provincia o in altro comune della provincia.

Art. 10. Notificazioni degli atti delle pubbliche amministrazioni.

1. Le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, possono avvalersi, per le notificazioni dei propri atti, dei messi comunali, qualora non sia possibile eseguire utilmente le notificazioni ricorrendo al servizio postale o alle altre forme di notificazione previste dalla legge.

2. Al comune che vi provvede spetta da parte dell’amministrazione richiedente, per ogni singolo atto notificato, oltre alle spese di spedizione a mezzo posta raccomandata con avviso di ricevimento, una somma determinata con decreto dei Ministri del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, dell’interno e delle finanze (34).

3. L’ente locale richiede, con cadenza semestrale, alle singole Amministrazioni dello Stato la liquidazione e il pagamento delle somme spettanti per tutte le notificazioni effettuate per conto delle stesse Amministrazioni, allegando la documentazione giustificativa. Alla liquidazione e al pagamento delle somme dovute per tutte le notificazioni effettuate per conto della stessa Amministrazione dello Stato provvede, con cadenza semestrale, il dipendente ufficio periferico avente sede nella provincia di appartenenza dell’ente locale interessato. Le entrate di cui al presente comma sono interamente acquisite al bilancio comunale e concorrono al finanziamento delle spese correnti.

4. Sono a carico dei comuni le spese per le notificazioni relative alla tenuta e revisione delle liste elettorali. Le spese per le notificazioni relative alle consultazioni elettorali e referendarie effettuate per conto dello Stato, della Regione e della provincia, sono a carico degli enti per i quali si tengono le elezioni e i referendum. Ai conseguenti oneri si provvede a carico del finanziamento previsto dal decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica di cui al comma 8 dell’articolo 55 della legge 27 dicembre 1997, n. 449.

5. … (35).

6. … (36).

7. Ciascuna Amministrazione dello Stato individua l’unità previsionale di base alla quale imputare gli oneri derivanti dall’attuazione del presente articolo entro i limiti delle relative dotazioni di bilancio.

Art. 11. Funzionamento dei consigli e delle giunte comunali e provinciali.

1. [ … (37)] (38).

2. [ … (39)] (40).

3. [ … (41)] (42).

4. [ … (43)] (44).

5. [All’articolo 31, comma 7, della legge 3 giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni, dopo la parola: «comunale» sono inserite le seguenti: «o provinciale»; dopo le parole: «il sindaco» sono inserite le seguenti: «o il presidente della provincia»] (45).

6. [ … (46)] (47).

7. [ … (48)] (49).

8. [Fino all’adozione delle nuove norme statutarie di cui all’articolo 33, comma 1, della legge 8 giugno 1990, n. 142, nel testo modificato dal comma 7 del presente articolo, le giunte comunali e provinciali sono composte da un numero di assessori stabilito rispettivamente nelle seguenti misure:

a) non superiore a 4 nei comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti; non superiore a 6 nei comuni con popolazione compresa tra 10.001 e 100.000 abitanti; non superiore a 10 nei comuni con popolazione compresa tra 100.001 e 250.000 abitanti e nei capoluoghi di provincia con popolazione inferiore a 100.000 abitanti; non superiore a 12 nei comuni con popolazione compresa tra 250.001 e 500.000 abitanti; non superiore a 14 nei comuni con popolazione compresa tra 500.001 e 1.000.000 di abitanti e non superiore a 16 nei comuni con popolazione superiore a 1.000.000 di abitanti;

b) non superiore a 6 per le province a cui sono assegnati 24 consiglieri; non superiore a 8 per le province a cui sono assegnati 30 consiglieri; non superiore a 10 per le province a cui sono assegnati 36 consiglieri; non superiore a 12 per quelle a cui sono assegnati 45 consiglieri] (50).

9. [All’articolo 34, comma 2, della legge 8 giugno 1990, n. 142, come sostituito dall’articolo 16 della legge 25 marzo 1993, n. 81, le parole da: «unitamente» fino alla fine del comma sono soppresse] (51).

10. [ … (52)] (53).

11. [Il comma 3 dell’articolo 34 della legge 8 giugno 1990, n. 142, come sostituto dall’articolo 16 della legge 25 marzo 1993, n. 81, è abrogato] (54).

12. [ … (55)] (56).

13. È abrogata la legge 13 luglio 1966, n. 611. All’attività di panificazione autorizzata ai sensi della legge 31 luglio 1956, n. 1002, si applicano gli articoli 11, comma 4, 12 e 13 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114.

14. [Al comma 7 dell’articolo 36 della legge 8 giugno 1990, n. 142, come sostituito dall’articolo 4, comma 2, della legge 15 maggio 1997, n. 127, sono soppresse le parole: «della spalla destra» ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Distintivo del presidente della provincia è una fascia di colore azzurro con lo stemma della Repubblica e lo stemma della propria provincia, da portare a tracolla»] (57).

15. [All’articolo 37 della legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni, al comma 2, secondo periodo, dopo le parole: «almeno due quinti dei consiglieri assegnati» sono inserite le seguenti: «, senza computare a tal fine il sindaco e il presidente della provincia,»] (58).

16. [ … (59)] (60).

Art. 12. Trasferimento di competenze dal prefetto al sindaco.

1. Sono trasferite al sindaco le competenze del prefetto in materia di informazione della popolazione su situazioni di pericolo per calamità naturali, di cui all’articolo 36 del regolamento di esecuzione della legge 8 dicembre 1970, n. 996, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 febbraio 1981, n. 66.

Art. 13. Autonomia organizzativa, ordinamento del personale e disposizioni in materia di bilancio.

1. [ … (61)] (62).

2. Al comma 1 dell’articolo 46 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, le parole: «e che al termine del periodo massimo previsto per la chiamata alle armi non sia stato incorporato,» sono soppresse; dopo le parole: «polizia municipale» sono inserite le seguenti: «e delle guardie provinciali»; e dopo le parole: «culturali e ambientali» sono inserite le seguenti: «, ad attività di vigilanza ittico-venatoria in ambito provinciale, per servizi di tutela ambientale e di gestione dei beni culturali di interesse dei comuni».

3. [ … (63)] (64).

4. [ … (65)] (66).

Art. 14. Contratti.

[1. All’articolo 56 della legge 8 giugno 1990, n. 142, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) … (67);

b) al comma 1, le parole: «da apposita deliberazione» sono sostituite dalle seguenti: «da apposita determinazione del responsabile del procedimento di spesa»] (68).

Art. 15. Interventi nel settore della pubblica istruzione.

1. Gli interventi previsti dall’articolo 1-bis del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 542, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 dicembre 1996, n. 649, come modificato dall’articolo 1, comma 5, della legge 2 ottobre 1997, n. 340, devono essere completati entro il 31 dicembre 2004 (69) sulla base di un programma, articolato in piani annuali attuativi, predisposto dai soggetti o enti competenti.

2. I soggetti o gli enti di cui al comma 1 rispondono a norma delle vigenti disposizioni nel caso di mancata effettuazione degli interventi di loro competenza previsti nei singoli piani.

3. Ai fini di cui al presente articolo le regioni possono anche autorizzare l’utilizzazione delle eventuali economie comunque rivenienti dai finanziamenti disposti ai sensi delle leggi indicate nel comma 7 dell’articolo 1 della legge 2 ottobre 1997, n. 340. Gli adempimenti di cui al decreto del Ministro della pubblica istruzione 29 settembre 1998, n. 382, di competenza degli organi individuati con il decreto 21 giugno 1996, n. 292, del Ministro della pubblica istruzione emanato ai sensi dell’articolo 30, comma 1, del decreto legislativo 19 marzo 1996, n. 242, devono essere completati entro il 31 dicembre 2000.

Capo II – Aree metropolitane

Art. 16. Modifiche alla legge 8 giugno 1990, n. 142, in materia di aree e città metropolitane.

[1. … (70)] (71).

Art. 17. Norme transitorie.

1. Previa deliberazione favorevole dei consigli comunali interessati, sono fatti salvi gli atti e i procedimenti posti in essere, ai fini della delimitazione di aree metropolitane e della istituzione di città metropolitane, dalle regioni e dagli enti locali sulla base delle norme vigenti fino alla data di entrata in vigore della presente legge.

2. Le procedure concernenti il riordino territoriale e l’attribuzione di funzioni già iniziate alla data di entrata in vigore della presente legge sono ultimate osservando la disciplina di cui alla legge medesima.

3. [La legge istitutiva della città metropolitana stabilisce i termini per il conferimento, da parte della regione, dei compiti e delle funzioni amministrative in base ai princìpi dell’articolo 4, comma 3, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e le modalità per l’esercizio dell’intervento sostitutivo da parte del Governo in analogia a quanto previsto dall’articolo 3, comma 4, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112] (72).

Capo III – Disciplina dello status degli amministratori locali

Art.18. Disposizioni generali.

1. [La Repubblica tutela il diritto di ogni cittadino chiamato a ricoprire cariche pubbliche nelle amministrazioni degli enti locali ad espletare il mandato, disponendo del tempo, dei servizi e delle risorse necessari ed usufruendo di indennità e di rimborsi spese nei modi e nei limiti previsti dalla legge] (73).

2. [Il presente capo disciplina il regime delle aspettative, dei permessi e delle indennità degli amministratori degli enti locali. Per amministratori si intendono i sindaci, anche metropolitani, i presidenti delle province, i consiglieri dei comuni anche metropolitani e delle province, i componenti delle giunte comunali e provinciali, i presidenti dei consigli comunali e provinciali, i presidenti, i consiglieri e gli assessori delle comunità montane, i componenti degli organi delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali, nonché i componenti degli organi di decentramento] (74).

3. Per gli amministratori degli Istituti autonomi case popolari (IACP) comunque denominati e finché previsti, la Regione può adeguare la disciplina del relativo status, quanto ai permessi e alle aspettative, ai princìpi e ai criteri contenuti nelle disposizioni di cui al presente capo. Fino all’approvazione delle leggi regionali le regioni possono a richiesta collocare i presidenti, e i vice presidenti ove previsti, in aspettativa non retribuita ai sensi dell’articolo 22, con oneri previdenziali a carico degli stessi Istituti. I componenti dei consigli di amministrazione dei suddetti Istituti possono parimenti richiedere di usufruire dei permessi di cui all’articolo 24, commi 3 e 4.

Art. 19. Condizione giuridica degli amministratori locali.

[1. Gli amministratori di cui all’articolo 18, comma 2, devono astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere riguardanti interessi propri o di loro parenti o affini sino al quarto grado. L’obbligo di astensione non si applica ai provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici, se non nei casi in cui sussista una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell’amministratore o di parenti o affini fino al quarto grado. I componenti la giunta comunale competenti in materia di urbanistica, di edilizia e di lavori pubblici devono astenersi dall’esercitare attività professionale in materia di edilizia privata e pubblica nel territorio da essi amministrato.

2. Nel caso di piani urbanistici, ove la correlazione immediata e diretta di cui al comma 1 sia stata dimostrata con sentenza passata in giudicato, le parti di strumento urbanistico che costituivano oggetto della correlazione sono annullate e sostituite mediante nuova variante urbanistica parziale. Durante l’accertamento di tale stato di correlazione immediata e diretta tra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell’amministratore o di parenti o affini è sospesa la validità delle relative disposizioni del piano urbanistico.

3. Il comportamento degli amministratori, nell’esercizio delle proprie funzioni, deve essere improntato all’imparzialità e al principio di buona amministrazione, nel pieno rispetto della distinzione tra le funzioni, competenze e responsabilità degli amministratori di cui all’articolo 18, comma 2, e quelle proprie dei dirigenti delle rispettive amministrazioni.

4. Gli amministratori lavoratori dipendenti, pubblici e privati, non possono essere soggetti, se non per consenso espresso, a trasferimenti durante l’esercizio del mandato. La richiesta dei predetti lavoratori di avvicinamento al luogo in cui viene svolto il mandato amministrativo deve essere esaminata dal datore di lavoro con criteri di priorità. Nell’assegnazione della sede per l’espletamento del servizio militare di leva o di sue forme sostitutive è riconosciuta agli amministratori locali la priorità per la sede di espletamento del mandato amministrativo o per le sedi a questa più vicine. Il servizio sostitutivo di leva non può essere espletato nell’ente nel quale il soggetto è amministratore o in un ente dipendente o controllato dalla medesima amministrazione] (75).

Art. 20. Termine per la rimozione di cause di ineleggibilità o di incompatibilità.

[1. … (76)] (77).

Art. 21. Modifica all’articolo 6 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 570 del 1960.

[1. All’articolo 6 del testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, le parole: «chi ricopre la carica di assessore provinciale» sono soppresse] (78).

Art. 22. Aspettative.

[1. Gli amministratori locali di cui all’articolo 18, comma 2, che siano lavoratori dipendenti possono essere collocati a richiesta in aspettativa non retribuita per tutto il periodo di espletamento del mandato. Il periodo di aspettativa è considerato come servizio effettivamente prestato, nonché come legittimo impedimento per il compimento del periodo di prova] (79).

Art. 23. Indennità.

[1. Il decreto di cui al comma 9 del presente articolo determina una indennità di funzione, nei limiti fissati dal presente articolo, per il sindaco, il presidente della provincia, il sindaco metropolitano, il presidente della comunità montana, i presidenti dei consigli circoscrizionali, i presidenti dei consigli comunali e provinciali, nonché i componenti degli organi esecutivi dei comuni e ove previste delle loro articolazioni, delle province, delle città metropolitane, delle comunità montane, delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali. Tale indennità è dimezzata per i lavoratori dipendenti che non abbiano richiesto l’aspettativa.

2. Fino all’emanazione del decreto di cui al comma 9, agli assessori dei comuni capoluogo di provincia con popolazione inferiore a cinquantamila abitanti può essere attribuita l’indennità prevista per i comuni della classe superiore la cui popolazione è da cinquantamila a centomila abitanti, in ordine ai quali si prevede il limite del sessanta per cento per l’indennità degli assessori rispetto all’ammontare delle indennità previste per il sindaco.

3. I consiglieri comunali, provinciali, circoscrizionali e delle comunità montane hanno diritto a percepire, nei limiti fissati dal presente capo, un gettone di presenza per la partecipazione a consigli e commissioni. In nessun caso l’ammontare percepito nell’ambito di un mese da un consigliere può superare l’importo pari ad un terzo dell’indennità massima prevista per il rispettivo sindaco o presidente in base al decreto di cui al comma 9.

4. Ai soli fini dell’applicazione delle norme relative al divieto di cumulo tra pensione e redditi, le indennità di cui ai commi precedenti non sono assimilabili ai redditi da lavoro di qualsiasi natura.

5. Gli statuti e i regolamenti degli enti possono prevedere che all’interessato competa, a richiesta, la trasformazione del gettone di presenza in una indennità di funzione, sempre che tale regime di indennità comporti per l’ente pari o minori oneri finanziari. Il regime di indennità di funzione per i consiglieri prevede l’applicazione di detrazioni dalle indennità in caso di non giustificata assenza dalle sedute degli organi collegiali.

6. Le indennità di funzione previste dal presente capo non sono tra loro cumulabili. L’interessato opta per la percezione di una delle due indennità ovvero per la percezione del 50 per cento di ciascuna.

7. Le indennità di funzione sono cumulabili con i gettoni di presenza quando siano dovuti per mandati elettivi presso enti diversi, ricoperti dalla stessa persona.

8. Agli amministratori ai quali viene corrisposta l’indennità di funzione prevista dal presente capo non è dovuto alcun gettone per la partecipazione a sedute degli organi collegiali del medesimo ente, né di commissioni che di quell’organo costituiscono articolazioni interne ed esterne.

9. La misura minima delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza di cui al presente articolo è determinata, senza maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro dell’interno, adottato, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, nel rispetto dei seguenti criteri:

a) equiparazione del trattamento per categorie di amministratori;

b) articolazione delle indennità in rapporto con la dimensione demografica degli enti, tenuto conto delle fluttuazioni stagionali della popolazione, della percentuale delle entrate proprie dell’ente rispetto al totale delle entrate, nonché dell’ammontare del bilancio di parte corrente;

c) articolazione dell’indennità di funzione dei presidenti dei consigli, dei vice-sindaci e dei vice presidenti delle province, degli assessori e dei consiglieri che hanno optato per tale indennità, in rapporto alla misura della stessa stabilita per il sindaco e per il presidente della provincia. Al presidente e agli assessori delle unioni di comuni, dei consorzi fra enti locali e delle comunità montane sono attribuite le indennità di funzione nella misura prevista per un comune avente popolazione pari alla popolazione dell’unione di comuni, del consorzio fra enti locali o alla popolazione montana della comunità montana;

d) definizione di speciali indennità di funzione per gli amministratori delle città metropolitane in relazione alle particolari funzioni ad esse assegnate;

e) determinazione dell’indennità spettante al presidente della provincia e al sindaco dei comuni con popolazione superiore a 10 mila abitanti, comunque non inferiore al trattamento economico fondamentale del segretario generale dei rispettivi enti; per i comuni con popolazione inferiore a 10 mila abitanti, nella determinazione dell’indennità si tiene conto del trattamento economico fondamentale del segretario comunale;

f) previsione dell’integrazione dell’indennità dei sindaci e dei presidenti di provincia, a fine mandato, con una somma pari a una indennità, mensile, spettante per ciascun anno di mandato (80).

10. Il decreto ministeriale di cui al comma 9 è rinnovato ogni tre anni ai fini dell’adeguamento della misura minima delle indennità e dei gettoni di presenza sulla base della media degli indici annuali dell’ISTAT di variazione del costo della vita applicando, alle misure stabilite per l’anno precedente, la variazione verificatasi nel biennio nell’indice dei prezzi al consumo rilevata dall’ISTAT e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale relativa al mese di luglio di inizio ed al mese di giugno di termine del biennio. Su richiesta della Conferenza Stato-città ed autonomie locali si può procedere alla revisione del decreto ministeriale di cui al comma 9 con la medesima procedura ivi indicata.

11. Le indennità e i gettoni di presenza, determinati ai sensi del comma 9, possono essere incrementati o diminuiti con delibera rispettivamente di giunta e di consiglio. Nel caso di incremento la spesa complessiva risultante non deve superare una quota predeterminata dello stanziamento, di bilancio per le spese correnti, fissata, in rapporto alla dimensione demografica degli enti, dal decreto di cui al comma 9. Sono esclusi dalla possibilità di incremento gli enti locali in condizioni di dissesto finanziario] (81).

Art. 24. Permessi e licenze.

[1. I lavoratori dipendenti, pubblici e privati, componenti dei consigli comunali, provinciali, metropolitani, delle comunità montane e delle unioni di comuni, nonché dei consigli circoscrizionali dei comuni con popolazione superiore a 500.000 abitanti, hanno diritto di assentarsi dal servizio per l’intera giornata in cui sono convocati i rispettivi consigli. Nel caso in cui i consigli si svolgano in orario serale, i predetti lavoratori hanno diritto di non riprendere il lavoro prima delle ore 8 del giorno successivo; nel caso in cui i lavori dei consigli si protraggano oltre la mezzanotte, hanno diritto di assentarsi dal servizio per l’intera giornata successiva.

2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano altresì nei confronti dei militari di leva o richiamati e di coloro che svolgono il servizio sostitutivo previsto dalla legge. Ai sindaci, ai presidenti di provincia, ai presidenti delle comunità montane che svolgono servizio militare di leva o che sono richiamati o che svolgono il servizio sostitutivo, spetta, a richiesta, una licenza illimitata in attesa di congedo per la durata del mandato.

3. I lavoratori dipendenti facenti parte delle giunte comunali, provinciali, metropolitane, delle comunità montane, nonché degli organi esecutivi dei consigli circoscrizionali, dei municipi, delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali, ovvero facenti parte delle commissioni consiliari o circoscrizionali formalmente istituite nonché delle commissioni comunali previste per legge, ovvero membri delle conferenze dei capigruppo e degli organismi di pari opportunità, previsti dagli statuti e dai regolamenti consiliari, hanno diritto di assentarsi dal servizio per partecipare alle riunioni degli organi di cui fanno parte per la loro effettiva durata. Il diritto di assentarsi di cui al presente comma comprende il tempo per raggiungere il luogo della riunione e rientrare al posto di lavoro. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano altresì nei confronti dei militari di leva o di coloro che sono richiamati o che svolgono il servizio sostitutivo.

4. I componenti degli organi esecutivi dei comuni, delle province, delle città metropolitane, delle unioni di comuni, delle comunità montane e dei consorzi fra enti locali, e i presidenti dei consigli comunali, provinciali e circoscrizionali, nonché i presidenti dei gruppi consiliari delle province e dei comuni con popolazione superiore a quindicimila abitanti, hanno diritto, oltre ai permessi di cui ai precedenti commi, di assentarsi dai rispettivi posti di lavoro per un massimo di 24 ore lavorative al mese, elevate a 48 ore per i sindaci, presidenti delle province, sindaci metropolitani, presidenti delle comunità montane, presidenti dei consigli provinciali e dei comuni con popolazione superiore a trentamila abitanti.

5. Le assenze dal servizio di cui ai commi precedenti sono retribuite al lavoratore dal datore di lavoro. Gli oneri per i permessi retribuiti sono a carico dell’ente presso il quale i lavoratori dipendenti esercitano le funzioni pubbliche di cui ai commi precedenti. L’ente, su richiesta documentata del datore di lavoro, è tenuto a rimborsare quanto dallo stesso corrisposto, per retribuzioni ed assicurazioni, per le ore o giornate di effettiva assenza del lavoratore. Il rimborso viene effettuato dall’ente entro trenta giorni dalla richiesta. Le somme rimborsate sono esenti da imposta sul valore aggiunto ai sensi dell’articolo 8, comma 35, della legge 11 marzo 1988, n. 67.

6. I lavoratori dipendenti di cui al presente articolo hanno diritto ad ulteriori permessi non retribuiti sino ad un massimo di 24 ore lavorative mensili qualora risultino necessari per l’espletamento del mandato] (82).

Art. 25. Rimborsi spese e indennità di missione.

[1. Agli amministratori che, in ragione del loro mandato, si rechino fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente, previa autorizzazione del capo dell’amministrazione, nel caso di componenti degli organi esecutivi, ovvero del presidente del consiglio, nel caso di consiglieri, sono dovuti il rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute nonché la indennità di missione alle condizioni previste dall’articolo 1, primo comma, e dall’articolo 3, primo e secondo comma, della legge 18 dicembre 1973, n. 836, e per l’ammontare stabilito al numero 2) della tabella A allegata alla medesima legge, e successive modificazioni.

2. … (83).

3. La liquidazione del rimborso delle spese o dell’indennità di missione è effettuata dal dirigente competente, su richiesta dell’interessato, corredata della documentazione delle spese di viaggio e soggiorno effettivamente sostenute e di una dichiarazione sulla durata e sulle finalità della missione.

4. Agli amministratori che risiedono fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente, spetta il rimborso per le sole spese di viaggio effettivamente sostenute, per la partecipazione ad ognuna delle sedute dei rispettivi organi assembleari ed esecutivi, nonché per la presenza necessaria presso la sede degli uffici per lo svolgimento delle funzioni proprie o delegate.

5. I consigli e le assemblee possono sostituire all’indennità di missione il rimborso delle spese effettivamente sostenute, disciplinando con regolamento i casi in cui si applica l’uno o l’altro trattamento] (84).

Art. 26. Oneri previdenziali, assistenziali e assicurativi e disposizioni fiscali e assicurative.

[1. L’amministrazione locale prevede a proprio carico, dandone comunicazione tempestiva ai datori di lavoro, il versamento degli oneri assistenziali, previdenziali ed assicurativi ai rispettivi istituti per i sindaci, per i presidenti di provincia, per i presidenti di comunità montane, di unioni di comuni e di consorzi fra enti locali, per gli assessori provinciali e per gli assessori dei comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti, che si trovino nelle condizioni previste dall’articolo 22, per i presidenti dei consigli dei comuni con popolazione superiore a cinquantamila abitanti per i presidenti dei consigli provinciali, per i presidenti dei consigli circoscrizionali nei casi in cui il comune abbia attuato nei loro confronti un effettivo decentramento di funzioni e per i presidenti delle aziende anche consortili fino all’approvazione della riforma in materia di servizi pubblici locali] (85).

2. [Agli amministratori locali che non siano lavoratori dipendenti e che rivestano le cariche di cui al comma 1 l’amministrazione locale provvede, allo stesso titolo previsto dal comma 1, al pagamento di una cifra forfettaria annuale, versata per quote mensili. Con decreto dei Ministri dell’interno, del lavoro e della previdenza sociale e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica sono stabiliti i criteri per la determinazione delle quote forfettarie in coerenza con quanto previsto per i lavoratori dipendenti, da conferire alla forma pensionistica presso la quale il soggetto era iscritto o continua ad essere iscritto alla data dell’incarico] (86).

3. [L’amministrazione locale provvede, altresì, a rimborsare al datore di lavoro la quota annuale di accantonamento per l’indennità di fine rapporto entro i limiti di un dodicesimo dell’indennità di carica annua da parte dell’ente e per l’eventuale residuo da parte dell’amministratore] (87).

4. [Alle indennità di funzione e ai gettoni di presenza si applicano le disposizioni di cui all’articolo 26, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724] (88).

5. [I comuni, le province, le comunità montane, le unioni di comuni e i consorzi fra enti locali possono assicurare i propri amministratori contro i rischi conseguenti all’espletamento del loro mandato] (89).

6. [Al fine di conferire certezza alla posizione previdenziale e assistenziale dei soggetti destinatari dei benefìci di cui al comma 1 è consentita l’eventuale ripetizione degli oneri assicurativi, assistenziali e previdenziali, entro cinque anni dalla data del loro versamento, se precedente la data di entrata in vigore della presente legge, ed entro tre anni se successiva] (90).

7. … (91).

8. Il termine per l’applicazione delle disposizioni di cui al comma 7 agli amministratori locali e ai componenti dei consigli regionali è fissato in sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Sono comunque da considerare valide le basi contributive sulle quali l’INPS abbia, anche solo temporaneamente, accettato il versamento di contributi.

Art. 27. Consigli di amministrazione delle aziende speciali.

[1. Fino all’approvazione della riforma in materia di servizi pubblici locali, ai componenti dei consigli di amministrazione delle aziende speciali anche consortili si applicano le disposizioni contenute nell’articolo 19, comma 1, nell’articolo 22, nell’articolo 24, commi 3 e 4, nell’articolo 25, comma 2, e nell’articolo 26] (92).

Art. 28. Disposizioni finali e norme di abrogazione.

1. Sono fatte salve le leggi regionali vigenti in materia di aree metropolitane, esercizio associato delle funzioni comunali e di attuazione degli articoli 14 e 15 della legge 8 giugno 1990, n. 142.

2. La disciplina di cui all’articolo 2 della legge 27 dicembre 1985, n. 816, come autenticamente interpretata dall’articolo 8-ter del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 marzo 1993, n. 68, si applica a tutti i lavoratori dipendenti eletti negli organi esecutivi degli enti locali a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge 27 dicembre 1985, n. 816.

3. [L’articolo 8 e tutte le altre disposizioni della legge 27 dicembre 1985, n. 816, incompatibili con la normativa introdotta dal presente capo, sono abrogati] (93).

4. Sono abrogati il testo unico della legge comunale e provinciale, approvato con regio decreto 4 febbraio 1915, n. 148, fatto salvo quanto previsto al comma 5 del presente articolo, l’articolo 279 del testo unico della legge comunale e provinciale, approvato con regio decreto 3 marzo 1934, n. 383, e sono contestualmente abrogate tutte le norme incompatibili con la presente legge.

5. [Le disposizioni degli articoli 125, 127 e 289 del testo unico della legge comunale e provinciale, approvato con regio decreto 4 febbraio 1915, n. 148, si applicano fino all’adozione delle modifiche statutarie e regolamentari previste dalla presente legge] (94).

6. [Le disposizioni del presente capo non si applicano alle amministrazioni locali in scadenza entro il 31 dicembre 1999] (95).

7. [Le disposizioni contenute nella presente legge si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano nei limiti e nel rispetto degli statuti e delle norme di attuazione] (96).

Capo IV – Norme finali

Art. 29. Modifica alla legge 19 marzo 1990, n. 55.

[1. All’articolo 15-bis, comma 6-quater, della legge 19 marzo 1990, n. 55, le parole: «Le disposizioni di cui al comma 6-ter» sono sostituite dalle seguenti: «Le disposizioni di cui ai commi 6-bis, 6-ter e 6-septies»] (97).

Art. 30. Anagrafe degli amministratori locali.

[1. Avvenuta la proclamazione degli eletti, la Direzione centrale per i servizi elettorali del Ministero dell’interno raccoglie i dati relativi agli eletti a cariche locali e regionali nella apposita anagrafe degli amministratori locali nonché i dati relativi alla tenuta ed all’aggiornamento anche in corso di mandato.

2. L’anagrafe è costituita dalle notizie relative agli eletti nei comuni, province e regioni concernenti i dati anagrafici, la lista o gruppo di appartenenza o di collegamento, il titolo di studio e la professione esercitata. I dati sono acquisiti presso comuni, province e regioni, anche attraverso i sistemi di comunicazione telematica.

3. Per gli amministratori comunali e provinciali non elettivi l’anagrafe è costituita dai dati indicati al comma 2 consensualmente forniti dagli amministratori stessi.

4. Al fine di assicurare la massima trasparenza è riconosciuto a chiunque il diritto di prendere visione ed estrarre copia, anche su supporto informatico, dei dati contenuti nell’anagrafe] (98).

Art. 31. Testo unico in materia di ordinamento degli enti locali.

1. Il Governo della Repubblica è delegato ad adottare, con decreto legislativo, un testo unico nel quale sono riunite e coordinate le disposizioni legislative vigenti in materia di ordinamento dei comuni e delle province e loro forme associative. Il decreto è emanato, entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’interno. Si applica, in quanto compatibile, il comma 4 dell’articolo 7 della legge 8 marzo 1999, n. 50.

2. Il testo unico contiene le disposizioni sull’ordinamento in senso proprio e sulla struttura istituzionale, sul sistema elettorale, ivi comprese l’ineleggibilità e l’incompatibilità, sullo stato giuridico degli amministratori, sul sistema finanziario e contabile, sui controlli, nonché norme fondamentali sull’organizzazione degli uffici e del personale, ivi compresi i segretari comunali.

3. Nella redazione del testo unico si avrà riguardo in particolare, oltre alla presente legge, alle seguenti:

a) testo unico approvato con regio decreto 3 marzo 1934, n. 383;

b) legge 10 febbraio 1953, n. 62;

c) legge 3 dicembre 1971, n. 1102;

d) legge 23 marzo 1981, n. 93;

e) legge 23 aprile 1981, n. 154;

f) legge 27 dicembre 1985, n. 816;

g) legge 8 giugno 1990, n. 142;

h) legge 25 marzo 1993, n. 81;

i) legge 31 gennaio 1994, n. 97;

l) decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77;

m) legge 15 marzo 1997, n. 59, e relativi decreti legislativi di attuazione;

n) legge 15 maggio 1997, n. 127.

Art. 32. Occupazione d’urgenza di immobili.

[1. L’amministrazione comunale può disporre, in presenza dei presupposti di cui alla legge 3 gennaio 1978, n. 1, e successive modificazioni, l’occupazione d’urgenza degli immobili necessari per la realizzazione di opere e lavori pubblici o di pubblico interesse, compresi gli interventi di edilizia residenziale pubblica e quelli necessari per servizi pubblici locali di cui al Capo VII della legge 8 giugno 1990, n. 142. Per le opere ed i lavori di cui al precedente periodo la redazione dello stato di consistenza può avvenire contestualmente al verbale di immissione nel possesso ai sensi dell’articolo 3 della legge 3 gennaio 1978, n. 1, e successive modificazioni] (99).

Art. 33. Norma interpretativa.

[1. La disposizione del comma 33 dell’articolo 17 della legge 15 maggio 1997, n. 127, va interpretata nel senso che sono esclusi dal controllo preventivo di legittimità i regolamenti di competenza del consiglio attinenti all’autonomia organizzativa e contabile dello stesso consiglio. Sono fatti salvi gli effetti dei regolamenti del consiglio in materia organizzativa e contabile adottati successivamente alla data di entrata in vigore della legge 15 maggio 1997, n. 127, e non sottoposti al controllo, nonché degli atti emanati in applicazione di detti regolamenti] (100).

Art. 34. Disposizioni in materia di personale di custodia e di edifici delle case mandamentali.

1. Salvo quanto previsto dal comma 3 del presente articolo, le case mandamentali esistenti, funzionanti o meno, sono soppresse con decreto del Ministro di grazia e giustizia, di concerto con il Ministro dell’interno, sentiti i comuni interessati, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

2. Il personale in servizio presso le case mandamentali soppresse può essere inquadrato, a richiesta dei singoli enti, negli organici dei comuni da cui attualmente dipende, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Il personale non inquadrato è posto in disponibilità ai sensi degli articoli 35 e 35-bis del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, come modificato dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80. Fino al completamento delle procedure di inquadramento o di mobilità e, comunque, non oltre ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, è corrisposto ai comuni, da parte del Ministero dell’interno, un rimborso annuo posticipato pari all’effettivo onere sostenuto per il trattamento economico e previdenziale del personale sopra indicato. Con decreto del Ministro dell’interno sono definite le modalità di certificazione e di rimborso. Salvo quanto previsto nel primo e nel secondo periodo del presente comma, il personale delle case mandamentali soppresse è inquadrato in soprannumero negli organici del Ministero di grazia e giustizia (101).

3. Le case mandamentali ritenute idonee per condizioni strutturali, capienza ed economicità gestionale mantengono l’attuale destinazione penitenziaria. Il personale delle suddette case mandamentali è inquadrato in soprannumero negli organici del Ministero di grazia e giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria.

4. Gli immobili e le pertinenze delle case mandamentali soppresse, salvo che appartengano al patrimonio dello Stato, rientrano nella disponibilità dei comuni. Per gli edifici in corso di costruzione, i relativi mutui concessi dalla Cassa depositi e prestiti ai sensi dell’articolo 19 della legge 30 marzo 1981, n. 119, possono essere utilizzati per il finanziamento delle opere che si rendono necessarie per adeguare detti edifici ad una destinazione d’uso diversa da quella originaria.

5. Gli immobili e le pertinenze delle case mandamentali di cui al comma 3, ivi compresi quelli in costruzione nonché quelli già destinati a case circondariali o sezioni di case circondariali, qualora realizzati con il finanziamento previsto dalla legge 30 marzo 1981, n. 119, o che non appartengono già allo Stato, sono trasferiti senza oneri al patrimonio dello Stato, con decreto interministeriale del Ministero di grazia e giustizia e del Ministero delle finanze e concessi in uso all’Amministrazione penitenziaria. Nel caso di edifici costruiti o in costruzione destinati a sostituire edifici già adibiti a case mandamentali, sono trasferite al patrimonio dello Stato solo le nuove strutture allorché ultimati i lavori. Gli immobili in corso di costruzione a cura dei comuni sono dagli stessi ultimati nell’ambito dei finanziamenti già assentiti dalla Cassa depositi e prestiti e successivamente trasferiti al patrimonio dello Stato.

6. All’onere derivante dall’attuazione del comma 2, il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, con proprio decreto, provvede mediante riduzione dello stanziamento iscritto nell’ambito dell’unità previsionale di base 5.1.2.2 «Contributo ai comuni per la gestione delle carceri mandamentali» dello stato di previsione del Ministero di grazia e giustizia per l’anno 1999, e corrispondente incremento dello stato di previsione del Ministero dell’interno per il medesimo anno. Per i successivi esercizi finanziari i fondi saranno assegnati direttamente allo stato di previsione del Ministero dell’interno.

7. All’onere derivante dall’attuazione del comma 3, il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, con proprio decreto, provvede mediante riduzione dello stanziamento iscritto nell’ambito dell’unità previsionale di base 5.1.2.2 «Contributo ai comuni per la gestione delle carceri mandamentali» dello stato di previsione del Ministero di grazia e giustizia per l’anno 1999, e corrispondente incremento dell’unità previsionale di base 5.1.1.0 «Funzionamento» del medesimo stato di previsione.

8. La legge 5 agosto 1978, n. 469, è abrogata.

Art. 35. Disposizione finanziaria.

1. All’onere finanziario derivante dall’attuazione della presente legge provvedono gli enti interessati, senza alcun onere per il bilancio dello Stato.

________________________

(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 6 agosto 1999, n. 183, S.O.

(2)  Sostituisce il comma 2 dell’art. 4, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(3)  Aggiunge il comma 2-bis all’art. 4, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(4)  Sostituisce l’ultimo periodo all’art. 4, comma 4, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(5)  Articolo abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente articolo, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(6)  Sostituisce l’art. 2, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(7)  Articolo abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente articolo, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(8)  Sostituisce l’art. 6, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(9)  Articolo abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente articolo, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(10)  Sostituisce il comma 1 dell’art. 7, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(11)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(12)  Sostituisce l’art. 23, L. 7 agosto 1990, n. 241.

(13)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(14)  Articolo abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l’art. 29 dello stesso decreto.

(15)  Sostituisce il comma 2 dell’art. 11, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(16)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(17)  Sostituisce l’art. 12, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(18)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(19)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(20)  Aggiunge il comma 3-bis all’art. 24, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(21)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(22)  Sostituisce l’art. 26, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(23)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(24)  Aggiunge l’art. 26-bis alla L. 8 giugno 1990, n. 142.

(25)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(26)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(27)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 1° settembre 2000, n. 318.

(28)  Sostituisce l’art. 28, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(29)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(30)  Sostituisce il comma 4 dell’art. 13, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(31)  Sostituisce il comma 5 dell’art. 13, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(32)  Aggiunge il comma 1-bis all’art. 16, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(33)  Articolo abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente articolo, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(34)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 14 marzo 2000, il D.M. 6 agosto 2003 e il D.M. 3 ottobre 2006.

(35)  Sostituisce il primo comma dell’art. 12, L. 20 novembre 1982, n. 890.

(36)  Aggiunge un comma dopo il quinto all’art. 18, L. 24 novembre 1981, n. 689.

(37)  Aggiunge due periodi alla fine del comma 1 dell’art. 31, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(38)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(39)  Aggiunge il comma 1-bis all’art. 31, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(40)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(41)  Aggiunge il comma 3-bis all’art. 31, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(42)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(43)  Aggiunge il comma 6-bis all’art. 31, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(44)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(45)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(46)  Aggiunge il comma 7-ter all’art. 31, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(47)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(48)  Sostituisce, con un unico comma, gli originari commi 1 e 2 dell’art. 33, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(49)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(50)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(51)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(52)  Aggiunge il comma 2-bis all’art. 34, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(53)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(54)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(55)  Sostituisce il comma 3 dell’art. 36, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(56)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(57)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(58)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(59)  Aggiunge il comma 2-bis all’art. 38, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(60)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(61)  Inserisce prima del comma 1 il comma 01 all’art. 51, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(62)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(63)  Sostituisce il primo periodo del comma 1 dell’art. 53, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(64)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(65)  Sostituisce il comma 2 dell’art. 55, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(66)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(67)  Sostituisce la rubrica dell’art. 56, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(68)  Articolo abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente articolo, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(69)  Per la proroga del termine vedi l’art. 9, D.L. 9 novembre 2004, n. 266.

(70)  Sostituisce il Capo VI della L. 8 giugno 1990, n. 142, originariamente composto dagli artt. da 17 a 21, con gli attuali artt. da 17 a 20.

(71)  Articolo abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente articolo, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(72)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(73)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l’art. 77 dello stesso decreto.

(74)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l’art. 77 dello stesso decreto.

(75)  Articolo abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l’art. 78 dello stesso decreto.

(76)  Aggiunge un comma dopo il quarto, all’art. 7, L. 23 aprile 1981, n. 154.

(77)  Articolo abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente articolo, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(78)  Articolo abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente articolo, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(79)  Articolo abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l’art. 81 dello stesso decreto.

(80)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma, vedi il D.M. 4 aprile 2000, n. 119.

(81)  Articolo abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l’art. 82 dello stesso decreto.

(82)  Articolo abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, gli artt. 79 e 80 dello stesso decreto.

(83)  Sostituisce l’art. 25-ter, D.L. 28 febbraio 1983, n. 55.

(84)  Articolo abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l’art. 84 dello stesso decreto.

(85)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l’art. 86 dello stesso decreto.

(86)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l’art. 86 dello stesso decreto.

(87)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l’art. 86 dello stesso decreto.

(88)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l’art. 86 dello stesso decreto.

(89)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l’art. 86 dello stesso decreto.

(90)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l’art. 86 dello stesso decreto.

(91)  Aggiunge il comma 7-bis all’art. 3, D.Lgs. 16 settembre 1996, n. 564.

(92)  Articolo abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l’art. 87 dello stesso decreto.

(93)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(94)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l’art. 273, comma 6, dello stesso decreto.

(95)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(96)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(97)  Articolo abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente articolo, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(98)  Articolo abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente articolo, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(99)  Articolo abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l’art. 121 dello stesso decreto. Successivamente il presente articolo è stato nuovamente abrogato dall’art. 58, D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 325, con la decorrenza indicata nell’art. 59 dello stesso decreto e dall’art. 58, D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, con la decorrenza indicata nell’art. 59 dello stesso decreto.

(100)  Articolo abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente articolo, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(101)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 11 dicembre 2000.


D.L. n. 261 del 22.07.1999

Attuazione della direttiva 97/67/CE concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e per il miglioramento della qualità del servizio .

Pubblicato nella Gazz. Uff. 5 agosto 1999, n. 182.

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Vista la direttiva 97/67/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 dicembre 1997, concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e il miglioramento della qualità del servizio;

Visto l’articolo 1, commi 1 e 3, della legge 5 febbraio 1999, n. 25, che ha delegato il Governo a recepire la predetta direttiva 97/67/CE;

Visto il codice postale e delle telecomunicazioni, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 29 maggio 1982, n. 655, che ha approvato il regolamento riguardante i servizi delle corrispondenze e dei pacchi;

Visto il decreto-legge 1° dicembre 1993, n. 487, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 gennaio 1994, n. 71;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 24 marzo 1995, n. 166, concernente il regolamento di riorganizzazione del Ministero delle poste e delle telecomunicazioni;

Visto il decreto del Ministro delle comunicazioni in data 5 agosto 1997, recante proroga delle concessioni postali, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 260 del 7 novembre 1997;

Visto il decreto del Ministro delle comunicazioni in data 31 dicembre 1997, concernente proroga delle concessioni postali relative all’esercizio di casellari privati, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 39 del 17 febbraio 1998;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 31 marzo 1999;

Acquisito il parere delle competenti commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 16 luglio 1999;

Sulla proposta del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro delle comunicazioni, di concerto con i Ministri degli affari esteri, di grazia e giustizia e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica;

Emana il seguente decreto legislativo:

1. Definizioni.

1. La fornitura dei servizi relativi alla raccolta, allo smistamento, al trasporto ed alla distribuzione degli invii postali nonché la realizzazione e l’esercizio della rete postale pubblica costituiscono attività di preminente interesse generale.

2. Ai fini del presente decreto si intendono per:

a) «servizi postali»: i servizi che includono la raccolta, lo smistamento il trasporto e la distribuzione degli invii postali;

b) «rete postale pubblica»: l’insieme dell’organizzazione e dei mezzi di ogni tipo utilizzati dal fornitore del servizio universale che consentono in particolare: a) la raccolta, dai punti di accesso sull’insieme del territorio, degli invii postali coperti dall’obbligo di servizio universale; b) il trasporto e il trattamento di tali invii dal punto di accesso alla rete postale fino al centro di distribuzione; c) la distribuzione all’indirizzo indicato sull’invio (2);

c) «punto di accesso»: ubicazioni fisiche comprendenti in particolare le cassette postali messe a disposizione del pubblico, o sulla via pubblica o nei locali del fornitore del servizio universale, dove gli invii postali sono depositati dai clienti nella rete postale pubblica;

d) «raccolta»: l’operazione di raccolta degli invii postali depositati nei punti di accesso;

e) «distribuzione»: il processo che va dallo smistamento nel centro incaricato di organizzare la distribuzione alla consegna degli invii postali ai destinatari;

f) «invio postale»: l’invio al momento in cui viene preso in consegna dal fornitore del servizio universale; si tratta, oltre agli invii di corrispondenza, di libri, cataloghi, giornali, periodici e similari nonché di pacchi postali contenenti merci con o senza valore commerciale;

g) «invio di corrispondenza»: la comunicazione in forma scritta, anche generata mediante l’ausilio di mezzi telematici, su supporto materiale di qualunque natura che viene trasportato e consegnato all’indirizzo indicato dal mittente sull’oggetto stesso o sul suo involucro, con esclusione di libri, cataloghi, quotidiani, periodici e similari;

h) «pubblicità diretta per corrispondenza»: comunicazione indirizzata ad un numero significativo di persone, definito ai sensi dell’articolo 2, comma 2, lettera p), consistente unicamente in materiale pubblicitario o di marketing, contenente lo stesso messaggio ad eccezione del nome, dell’indirizzo e del numero di identificazione del destinatario nonché altre modifiche che non alterano la natura del messaggio, da inoltrare e consegnare all’indirizzo indicato dal mittente sull’invio stesso o sull’involucro. Avvisi, fatture, rendiconti finanziari e altre comunicazioni non identiche non sono considerati pubblicità diretta per corrispondenza. Una comunicazione contenente pubblicità e altro nello stesso involucro non è considerata pubblicità diretta per corrispondenza. Quest’ultima comprende la pubblicità transfrontaliera e quella interna;

i) «invio raccomandato»: servizio che consiste nel garantire forfettariamente contro i rischi di smarrimento, furto o danneggiamento e che fornisce al mittente una prova dell’avvenuto deposito dell’invio postale e, a sua richiesta, della consegna al destinatario;

l) «invio assicurato»: servizio che consiste nell’assicurare l’invio postale per il valore dichiarato dal mittente, in caso di smarrimento, furto o danneggiamento;

m) «posta transfrontaliera»: posta da o verso un altro Stato membro o da o verso un paese terzo;

n) «scambio di documenti»: la fornitura di mezzi, compresa la messa a disposizione di appositi locali e di mezzi di trasporto, da parte di un terzo per consentire la distribuzione da parte degli interessati stessi tramite il mutuo scambio di invii postali tra utenti abbonati al servizio;

o) «fornitore del servizio universale»: l’organismo che fornisce l’intero servizio postale universale su tutto il territorio nazionale;

p) «prestatori del servizio universale»: i soggetti che forniscono prestazioni singole del servizio universale;

q) «autorizzazioni»: ogni permesso che stabilisce i diritti e gli obblighi specifici nel settore postale e che consente alle imprese di fornire servizi postali e, se del caso, creare e gestire reti postali per la fornitura di tali servizi, sotto forma di «autorizzazione generale» «oppure di licenza individuale» definite come segue:

1) per «autorizzazione generale» si intende ogni autorizzazione che non richiede all’impresa interessata di ottenere una esplicita decisione da parte dell’Autorità di regolamentazione prima dell’esercizio dei diritti derivanti dall’autorizzazione indipendentemente dal fatto che questa sia regolata da una «licenza per categoria» o da norme di legge generali e che sia prevista o meno per essa una procedura di registrazione o di dichiarazione;

2) per «licenza individuale» si intende ogni autorizzazione che richiede una previa decisione dell’Autorità di regolamentazione, con la quale sono conferiti diritti ed obblighi specifici ad un’impresa in relazione a prestazioni non riservate rientranti nel servizio universale;

r) «spese terminali»: la remunerazione del fornitore del servizio universale incaricato della distribuzione della posta transfrontaliera in entrata costituita dagli invii postali provenienti da un altro Stato membro o da un paese terzo;

s) «mittente»: la persona fisica o giuridica che è all’origine degli invii postali;

t) «utente»: qualunque persona fisica o giuridica che usufruisce di una prestazione del servizio universale in qualità di mittente o di destinatario;

u) «esigenze essenziali»: le esigenze essenziali sono costituite dalla riservatezza della corrispondenza, dalla sicurezza del funzionamento della rete in materia di trasporto di sostanze pericolose e, nei casi in cui sia giustificato, dalla protezione dei dati, dalla tutela dell’ambiente e dall’assetto territoriale; la protezione dei dati comprende la protezione dei dati personali, la riservatezza delle informazioni trasmesse o conservate nonché la tutela della vita privata.

2. Autorità di regolamentazione.

1. L’autorità di regolamentazione del settore postale è il Ministero delle comunicazioni.

2. In particolare l’autorità di regolamentazione:

a) espleta le competenze attribuitegli dal decreto legge 1° dicembre 1993, n. 487, convertito, con modificazioni dalla legge 29 gennaio 1994, n. 71;

b) definisce l’àmbito dei servizi riservati e predispone i controlli atti a garantire che i servizi stessi siano rispettati, adottando, se necessario, specifici provvedimenti al riguardo (3);

c) opera la scelta del fornitore o dei fornitori del servizio universale conformemente alla normativa comunitaria vigente applicabile ai servizi postali al termine del regime transitorio previsto dall’articolo 23 comma 2;

d) verifica il rispetto degli obblighi connessi all’espletamento del servizio universale;

e) determina i parametri di qualità del servizio universale e organizza un sistema di controllo periodico delle prestazioni che compongono il servizio stesso;

f) assicura il rispetto degli obblighi legati alla separazione contabile tra i diversi servizi in relazione all’espletamento del servizio universale;

g) vigila affinché gli accordi relativi alle spese terminali per la posta transfrontaliera intracomunitaria siano improntati ai princìpi seguenti:

1) fissazione delle spese terminali in relazione ai costi di trattamento e di distribuzione della posta transfrontaliera in entrata;

2) collegamento dei livelli di remunerazione con la qualità di servizio fornita;

3) garanzia di spese terminali trasparenti e non discriminatorie;

h) promuove l’adozione di provvedimenti intesi a realizzare l’accesso alla rete postale pubblica in condizioni di trasparenza e non discriminazione;

i) vigila affinché il fornitore del servizio universale faccia riferimento alle norme tecniche adottate a livello comunitario e debitamente pubblicate;

l) accerta che nell’ambito, della gestione del servizio universale siano date pubblicamente agli utenti informazioni sulle caratteristiche dei servizi offerti, in particolare per quanto riguarda le condizioni generali di accesso ai servizi, i prezzi e il livello di qualità;

m) procede al rilascio delle licenze individuali per l’espletamento di prestazioni singole rientranti nel servizio universale nonché delle autorizzazioni generali per l’effettuazione dei servizi che esulano dal campo di applicazione del servizio universale;

n) garantisce il rispetto degli obblighi imposti con le licenze individuali;

o) espleta i controlli nei riguardi dei soggetti titolari di autorizzazioni generali;

p) definisce la nozione di «numero significativo di persone» di cui all’articolo 1, comma 2, lettera h), e ne cura la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana;

q) provvede all’emissione delle carte valori postali;

r) concorre a determinare la struttura tariffaria ed il metodo di adeguamento delle tariffe;

s) tiene a disposizione le informazioni circa i sistemi di contabilità dei costi applicati dal fornitore del servizio universale e trasmette dette informazioni alla Commissione europea, su richiesta;

t) assicura il rispetto da parte del fornitore del servizio universale dell’obbligo di pubblicazione annuale delle informazioni relative al numero di reclami e al modo in cui sono stati gestiti.

3. Servizio universale.

1. Il servizio universale assicura le prestazioni in esso ricomprese, di qualità determinata, da fornire permanentemente in tutti i punti del territorio nazionale, incluse le situazioni particolari delle isole minori e delle zone rurali e montane, a prezzi accessibili a tutti gli utenti (4).

2. Il servizio universale, incluso quello transfrontaliero, comprende:

a) la raccolta, il trasporto, lo smistamento e la distribuzione degli invii postali fino a 2 kg;

b) la raccolta, il trasporto, lo smistamento e la distribuzione dei pacchi postali fino a 20 kg;

c) i servizi relativi agli invii raccomandati ed agli invii assicurati.

3. Il servizio universale è caratterizzato dalle seguenti connotazioni:

a) la qualità è definita nell’ambito di ciascun servizio e trova riferimento nella normativa europea;

b) il servizio è prestato in via continuativa per tutta la durata dell’anno;

c) la dizione «tutti i punti del territorio nazionale» trova specificazione secondo criteri di ragionevolezza attraverso l’attivazione di un congruo numero di punti di accesso (5);

d) la determinazione del «prezzo accessibile» deve prevedere l’orientamento ai costi in riferimento ad un’efficiente gestione aziendale.

4. Il fornitore del servizio universale garantisce tutti i giorni lavorativi, e come minimo cinque giorni a settimana, salvo circostanze eccezionali valutate dall’autorità di regolamentazione:

a) una raccolta;

b) una distribuzione al domicilio di ogni persona fisica o giuridica o in via di deroga, alle condizioni stabilite dal Ministero delle comunicazioni, in installazioni appropriate.

5. Il servizio universale risponde alle seguenti necessità:

a) offrire un servizio che garantisce il rispetto delle esigenze essenziali;

b) offrire agli utenti, in condizioni analoghe, un trattamento identico;

c) fornire un servizio senza discriminazioni, soprattutto di ordine politico, religioso o ideologico;

d) fornire un servizio ininterrotto, salvo casi di forza maggiore;

e) evolvere in funzione del contesto tecnico, economico e sociale, nonché delle richieste dell’utenza.

5-bis. Il trasferimento di sovvenzioni da parte dell’area dei servizi riservati a quella del servizio universale è autorizzato dall’Autorità di regolamentazione del settore postale qualora, sulla base della separazione contabile certificata, prodotta dal fornitore del servizio universale conformemente a quanto previsto dall’articolo 7, esso risulti strettamente necessario per il soddisfacimento degli obblighi del servizio universale. L’Autorità notifica immediatamente il provvedimento di autorizzazione alla Commissione europea (6).

4. Servizi riservati.

1. Al fornitore del servizio universale, nella misura necessaria al mantenimento dello stesso, possono essere riservati la raccolta, il trasporto, lo smistamento e la distribuzione di invii di corrispondenza interna e transfrontaliera, anche tramite consegna espressa, con i seguenti limiti di peso e di prezzo:

a) il limite di peso è di 100 grammi a decorrere dal 1° gennaio 2003; tale limite non si applica se il prezzo è pari o superiore a tre volte la tariffa pubblica per l’invio della categoria di corrispondenza più rapida del primo porto di peso;

b) il limite di peso è di 50 grammi a decorrere dal 1° gennaio 2006; tale limite non si applica se il prezzo è pari o superiore a due volte e mezzo la tariffa pubblica per l’invio della categoria di corrispondenza più rapida del primo porto di peso (7).

2. La riserva di cui al comma 1 comprende ciascuna fase in sé considerata.

3. La posta transfrontaliera comprende gli oggetti che fanno parte della riserva da inviare all’estero o da ricevere dall’estero.

4. Relativamente alla fase di recapito, sono compresi tra gli invii di corrispondenza di cui al comma 1 quelli generati mediante utilizzo di tecnologie telematiche, ad esclusione dei servizi di recapito della posta elettronica ibrida a data od ora certa, soggetti ad autorizzazione generale (8).

5. Indipendentemente dai limiti di prezzo e di peso, sono compresi nella riserva di cui al comma 1 gli invii raccomandati attinenti alle procedure amministrative e giudiziarie; per procedure amministrative si intendono le procedure riguardanti l’attività della pubblica amministrazione e le gare ad evidenza pubblica.

5-bis. Nell’ottica di favorire un ulteriore sviluppo del mercato postale, migliorando la qualità dei servizi offerti e preservando il livello occupazionale delle imprese del settore, il fornitore del servizio universale può prorogare gli accordi in essere con operatori privati già titolari di concessione del Ministero delle comunicazioni ai sensi dell’articolo 29, primo comma, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156 (9).

5. Licenza individuale.

1. L’offerta al pubblico di singoli servizi non riservati, che rientrano nel campo di applicazione del servizio universale, è soggetta al rilascio di licenza individuale.

2. Il rilascio della licenza individuale, tenuto conto della situazione del mercato e dell’organizzazione dei servizi postali, può essere subordinato a specifici obblighi del servizio universale con riguardo anche alla qualità, alla disponibilità ed all’esecuzione dei servizi in questione.

3. Il termine per il rilascio della licenza individuale o per il rifiuto è di 90 giorni; in caso di richiesta di chiarimenti o di documenti, il termine è sospeso fino al ricevimento di questi ultimi.

4. Con regolamento del Ministro delle comunicazioni, da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono determinati i requisiti e per il rilascio delle licenze individuali, gli obblighi a carico dei titolari delle licenze stesse, le modalità dei controlli presso le sedi di attività ed, in caso di violazione degli obblighi, le procedure di diffida, nonché di sospensione e di revoca della licenza individuale. Le disposizioni di cui al predetto regolamento garantiscono il rispetto dei princìpi di obiettività, non discriminazione, proporzionalità e trasparenza (10).

6. Autorizzazione generale.

1. L’offerta al pubblico di servizi non rientranti nel servizio universale, compreso l’esercizio di casellari privati per la distribuzione di invii di corrispondenza, è soggetta ad autorizzazione generale dell’autorità di regolamentazione.

2. Con regolamento del Ministro delle comunicazioni, da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono individuati i casi in cui è possibile avviare l’attività contestualmente all’invio all’autorità di regolamentazione della dichiarazione mediante raccomandata con avviso di ricevimento e gli altri nei quali l’attività può avere inizio dopo 45 giorni dal ricevimento della relativa comunicazione, salvo che sia comunicato il diniego da parte dell’autorità di regolamentazione; in caso di richiesta di chiarimenti o di documenti, il predetto termine è sospeso fino alla ricezione di questi ultimi. L’atto, di assenso, se illegittimamente formato, è annullato salvo che l’interessato provveda, ove possibile, a sanare il vizio entro il termine assegnatogli (11).

3. Con il regolamento di cui al comma 2 sono determinati i requisiti e gli obblighi dei soggetti che svolgono attività sottoposte ad autorizzazione generale, le modalità dei controlli presso le sedi di attività nonché le procedure di diffida, di sospensione e di interdizione dell’attività in caso di violazione degli obblighi.

7. Separazione contabile.

1. Il fornitore del servizio universale, entro il 10 febbraio 2000, è tenuto ad istituire la separazione contabile per ciascun servizio compreso nel settore riservato, da un lato, e per i servizi non riservati, dall’altro, fatti salvi gli obblighi ed i termini di cui all’articolo 2, comma 19, della legge n. 662 del 1996. La contabilità per i servizi non riservati distingue tra quelli che fanno parte del servizio universale e quelli che non ne fanno parte.

2. I sistemi di contabilità imputano i costi a ciascuno dei servizi riservati e non riservati nel seguente modo:

a) imputazione diretta dei costi che possono essere direttamente attribuiti a un servizio particolare;

b) imputazione dei costi comuni, intendendosi per tali quelli che non possono essere direttamente attribuiti a un particolare servizio, come segue:

1) ove possibile, sulla base di un’analisi diretta dell’origine dei costi stessi;

2) se non é possibile un’analisi diretta, le categorie di costi comuni sono imputate per collegamento indiretto con un’altra categoria di costi o gruppo di categorie di costi per i quali è possibile l’imputazione o attribuzione diretta; il collegamento indiretto è basato su strutture di costi comparabili;

3) se non è possibile imputare la categoria dei costi né in modo diretto né in modo indiretto, la categoria dei costi viene attribuita applicando un parametro di assegnazione generale, determinato in base al rapporto fra tutte le spese direttamente o indirettamente attribuite o imputate a ciascuno dei servizi riservati, da un lato, e agli altri servizi, dall’altro.

3. La conformità del sistema di separazione contabile è verificata dalla società incaricata di certificare il bilancio del fornitore del servizio universale. L’autorità di regolamentazione adotta i provvedimenti ritenuti necessari a seguito dei riscontro effettuato ed assicura che sia pubblicata periodicamente una dichiarazione relativa alla conformità.

8. Autoprestazione.

1. È consentita, senza autorizzazione, la prestazione di servizi postali da parte della persona fisica o giuridica che è all’origine della corrispondenza (autoprestazione) oppure da parte di un terzo che agisce esclusivamente in nome e nell’interesse dell’autoproduttore.

9. Scambio di documenti.

1. Il servizio dello scambio di documenti è assoggettato ad autorizzazione generale ed è consentito alle seguenti condizioni:

a) il titolare cura la tenuta del registro degli abbonati, di cui invia copia all’autorità di regolamentazione;

b) gli abbonati effettuano in proprio la consegna dei documenti presso il locale adibito al servizio stesso;

c) il titolare del servizio può gestire più locali e può effettuare, con propri mezzi e previa dichiarazione all’autorità di regolamentazione, lo scambio di documenti fra utenti abbonati a diversi locali facenti capo al medesimo titolare.

10. Fondo di compensazione.

1. È istituito il fondo di compensazione degli oneri del servizio universale. Detto fondo è amministrato dal Ministero delle comunicazioni ed è rivolto a garantire l’espletamento del servizio universale; esso è alimentato nel caso e nella misura in cui i servizi riservati non procurano al fornitore del predetto servizio entrate sufficienti a garantire l’adempimento degli obblighi gravanti sul fornitore stesso.

2. Sono tenuti a contribuire al fondo di cui al comma 1 i titolari di licenze individuali entro la misura massima del dieci per cento degli introiti lordi derivanti dall’attività autorizzata.

3. La determinazione del contributo, secondo princìpi di trasparenza, non discriminazione e proporzionalità, è effettuata dall’autorità di regolamentazione sulla base dei costi di una gestione efficiente del servizio universale – con riferimento anche ai costi dei corrispondenti servizi di altri Stati membri dell’Unione europea – che non trovano compensazione con i proventi derivanti dalla gestione dei servizi riservati (12).

4. Il versamento, da effettuare all’entrata del bilancio statale, deve essere assolto entro il 30 settembre dell’anno successivo al quale si riferiscono i dati contabili (13).

5. Il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica provvede, con propri decreti, alla riassegnazione ad apposita unità previsionale dello stato di previsione del Ministero delle comunicazioni delle somme di cui al comma 4.

6. Con decreto del Ministro delle comunicazioni, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sono disciplinate le modalità di funzionamento del fondo di compensazione (14).

11. Tutela della riservatezza e della sicurezza della rete.

1. Ferme restando le disposizioni concernenti le esigenze essenziali di cui all’articolo 1, comma 2, lettera u), con uno o più provvedimenti del Ministro delle comunicazioni, di concerto, per quanto di rispettiva competenza, con i Ministri della sanità, dell’ambiente e dei trasporti e della navigazione e sentito il Garante per la protezione dei dati personali, sono adottate le occorrenti misure volte alla tutela della riservatezza degli invii di corrispondenza, della sicurezza del funzionamento della rete in relazione al trasporto di sostanze pericolose e vietate e della protezione di dati.

2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano a tutti gli operatori che svolgono servizi postali.

12. Qualità del servizio universale.

1. L’autorità di regolamentazione, al fine di garantire un servizio postale di buona qualità, stabilisce, sentito il consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti, gli standard qualitativi del servizio universale, adeguandoli a quelli realizzati a livello europeo, essenzialmente con riguardo ai tempi di istradamento e di recapito ed alla regolarità ed affidabilità dei servizi. Detti standard sono recepiti nella carta della qualità del servizio pubblico postale, ai sensi dell’articolo 2 della legge 11 luglio 1995, n. 273, e della direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 gennaio 1994, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 43 del 22 febbraio 1994.

2. La qualità per i servizi transfrontalieri intracomunitari è stabilita in conformità agli obiettivi indicati nell’allegato al presente decreto.

3. L’autorità di regolamentazione informa la Commissione europea circa le norme di qualità adottate. L’autorità, in presenza di particolari situazioni di natura infrastrutturale o geografica, può stabilire deroghe agli obiettivi di qualità, comunicandole alla Commissione predetta ed alle autorità di regolamentazione dei Paesi membri.

4. Il controllo della qualità è svolto dall’autorità di regolamentazione; sulla programmazione della relativa attività è sentito il consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti. L’autorità di regolamentazione effettua verifiche su base campionaria delle prestazioni con regolarità avvalendosi di un organismo specializzato indipendente selezionato dall’autorità di regolamentazione nel rispetto della normativa in vigore. Gli oneri inerenti alla verifica ed alla pubblicazione dei risultati sono a carico del fornitore del servizio universale. I risultati sono pubblicati almeno una volta l’anno e, ove necessario, sono prese misure correttive.

13. Tariffe.

1. Le tariffe dei servizi riservati sono determinate, nella misura massima, dall’autorità di regolamentazione, sentito il Nucleo di consulenza per la regolazione dei servizi di pubblica utilità (NARS) e in coerenza con le linee guida definite dal CIPE, tenuto conto dei costi del servizio e del recupero di efficienza.

2. I prezzi delle prestazioni rientranti nel servizio universale, che esulano dall’area della riserva, sono determinati, nella misura massima, dall’autorità di regolamentazione in coerenza con la struttura tariffaria dei servizi riservati.

3. Le tariffe ed i prezzi di cui ai commi 1 e 2 sono fissati nel rispetto dei seguenti criteri:

a) essere ragionevoli e permettere di fornire servizi accessibili all’insieme degli utenti;

b) essere correlati ai costi;

c) essere fissati, ove opportuno o necessario, in misura unica per l’intero territorio nazionale;

d) non escludere la facoltà del fornitore del servizio universale di concludere con i clienti accordi individuali;

e) essere trasparenti e non discriminatori (15).

3-bis. Il fornitore del servizio universale è tenuto:

a) ad applicare eventuali prezzi e tariffe speciali e relative condizioni associate in regime di trasparenza e non discriminazione;

b) a operare affinché i prezzi e le tariffe suddetti tengano conto dei costi evitati rispetto a un servizio ordinario coprente la gamma completa dei servizi offerti per raccolta, trasporto, smistamento e consegna degli invii individuali;

c) ad applicare i prezzi e le tariffe nonché le relative condizioni associate nei riguardi di tutti i soggetti che si trovino nelle medesime condizioni;

d) a rendere disponibili gli eventuali prezzi e tariffe speciali anche ai clienti privati in condizioni simili (16).

14. Reclami.

1. Relativamente al servizio universale, compresa l’area della riserva, sono previste dal fornitore del servizio universale, nella carta della qualità di cui all’articolo 12, comma 1, procedure trasparenti, semplici e poco onerose per la gestione dei reclami degli utenti, ivi comprese le procedure conciliative in sede locale uniformate ai princìpi comunitari: è fissato anche il termine per la trattazione dei reclami medesimi e per la comunicazione del relativo esito all’utente.

2. Qualora il reclamo non abbia avuto risultato soddisfacente, l’interessato può rivolgersi all’autorità di regolamentazione.

3. Nei casi in cui il fornitore del servizio universale è chiamato a rispondere dei disservizi, è previsto un sistema di rimborso o di compensazione.

4. È fatta salva la facoltà di adire l’autorità giurisdizionale indipendentemente dalla presentazione dei reclami di cui ai commi 1, 2 e 3.

5. Il fornitore del servizio universale pubblica annualmente informazioni relative al numero dei reclami ed al modo in cui sono stati gestiti.

5-bis. Le disposizioni del presente articolo sono estese ai titolari di licenza individuale, i quali sono tenuti a comunicare all’Autorità di regolamentazione del settore postale le procedure elaborate per la trattazione dei reclami degli utenti. L’Autorità può richiedere modifiche alle procedure anzidette (17).

15. Contributi.

1. I titolari di licenza individuale e di autorizzazione generale rimborsano all’autorità di regolamentazione le spese amministrative di istruttoria e per controlli sostenute dall’autorità stessa, aderenti ai costi.

2. Con decreto del Ministro delle comunicazioni, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sono fissate le misure dei contributi ed i relativi aggiornamenti riguardanti gli oneri di cui al comma 1 nonché le modalità di versamento all’entrata del bilancio dello Stato (18).

16. Francatura, franchigie, esenzioni e riduzioni.

1. Gli invii postali rientranti nel servizio universale e nei servizi riservati, per essere avviati alla rete postale pubblica sono debitamente affrancati.

2. Sono abrogati gli articoli 41, 44 e 54 del codice postale e delle telecomunicazioni, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156.

3. Sono abrogate tutte le forme di franchigia, di esenzione e di riduzione dei diritti postali, salvo quanto specificamente previsto dalla convenzione postale universale e da accordi internazionali. Restano valide le disposizioni relative alle agevolazioni per le spedizioni postali finalizzate alla propaganda connessa alle consultazioni elettorali.

17. Carte valori.

1. L’emissione di carte valori postali è prerogativa dello Stato.

18. Persone addette ai servizi postali.

1. Le persone addette ai servizi postali, da chiunque gestiti, sono considerate incaricate di pubblico servizio in conformità all’articolo 358 del codice penale.

19. Responsabilità.

1. La disciplina della responsabilità per la fornitura del servizio universale è fissata dall’articolo 6 del codice postale e delle telecomunicazioni approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156.

2. Per gli operatori diversi dal fornitore del servizio universale si applicano le norme di diritto civile

20. Proprietà degli invii postali.

1. Indipendentemente dalla natura del soggetto che espleta il servizio, la proprietà degli invii postali è del mittente sino al momento della consegna al destinatario.

21. Sanzioni.

1. Il fornitore del servizio universale, in caso di violazioni degli obblighi connessi all’espletamento del servizio universale e dei servizi riservati, è sanzionato con pena pecuniaria amministrativa da euro cinquemilacentosessantaquattro a euro cinquantunomilaseicentoquarantacinque (19).

2. In caso di gravi e reiterate violazioni degli obblighi connessi all’espletamento del servizio universale, l’autorità di regolamentazione, previa diffida, può disporre la revoca dell’affidamento del servizio stesso.

3. Chiunque espleti servizi riservati attribuiti al fornitore del servizio universale è punito con sanzione pecuniaria amministrativa da euro cinquemilacentosessantaquattro a euro cinquantunomilaseicentoquarantacinque, salvo il caso in cui l’effettuazione del servizio costituisca un fatto occasionale (20).

4. Chiunque espleti servizi rientranti nell’ambito del servizio universale senza aver conseguito la prescritta licenza individuale è punito con sanzione pecuniaria amministrativa da euro duemilacinquecentottantadue a euro venticinquemilaottocentoventidue (21).

5. Chiunque espleti servizi al di fuori dell’ambito del servizio universale senza aver prodotto la dichiarazione o senza attendere, laddove previsto, il prescritto periodo di tempo è punito con sanzione pecuniaria amministrativa da euro cinquecentosedici a euro cinquemilacentosessantaquattro (22).

6. Chiunque violi gli obblighi inerenti alla licenza individuale è punito con sanzione pecuniaria amministrativa da euro millecinquecentoquarantanove a euro quindicimilaquattrocentonovantatre (23).

7. Chiunque violi gli obblighi inerenti alla autorizzazione generale è punito con la sanzione pecuniaria amministrativa da euro cinquecentosedici a euro cinquemilacentosessantaquattro (24).

8. La competenza ad irrogare le sanzioni previste dal presente articolo spetta agli organi del Ministero delle comunicazioni.

22. Norme finali.

1. Ai servizi postali, per quanto non stabilito dal presente provvedimento o da disposizioni speciali, si applicano le norme del codice civile e le altre norme di carattere generale inerenti alle prestazioni di servizi al pubblico.

2. Le condizioni generali di servizio, fissate dal fornitore del servizio universale, sono approvate dal Ministro delle comunicazioni, pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana ed entrano in vigore il trentesimo giorno successivo alla data di pubblicazione (25).

23. Norme transitorie.

1. Al fornitore del servizio universale, fino al 31 dicembre 2000, sono riservati i servizi di cui all’articolo 4, salvo quanto disposto dal comma 7. Con decorrenza dal 1° gennaio 2001 l’autorità di regolamentazione determina, e successivamente aggiorna con cadenza triennale, l’ambito della riserva, nella misura necessaria al mantenimento del servizio universale, sulla base di periodiche verifiche degli oneri di detto servizio universale gravanti sul fornitore secondo i criteri di separazione contabile di cui all’articolo 7.

2. In sede di prima attuazione, con riferimento all’articolo 14 del decreto legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, il servizio universale è affidato alla società p.a. Poste Italiane per un periodo, comunque non superiore a quindici anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, da determinarsi dall’autorità di regolamentazione, compatibilmente con il processo di liberalizzazione in sede comunitaria (26).

3. In relazione a quanto disposto dal decreto del Ministro delle comunicazioni 5 agosto 1997, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 260 del 7 novembre 1997, le concessioni di cui all’articolo 29, numero 1, del codice postale e delle telecomunicazioni, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156, hanno validità fino al 31 dicembre 2000. Ferme restando le disposizioni del comma 7, le concessioni sono estese all’ambito della riserva di cui all’articolo 4, fatta eccezione per gli invii indicati dal comma 5 di detto articolo 4, nel rispetto delle modalità sancite dall’art. 29, punto 1, del codice postale e delle telecomunicazioni approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156, e degli articoli 121 e seguenti del regolamento di esecuzione riguardante i servizi delle corrispondenze e dei pacchi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 maggio 1982, n. 655.

4. I concessionari di cui al comma 3 proseguono nei versamenti di quanto da loro dovuto fino al 31 dicembre 2000 secondo le modalità in vigore: le relative somme, comprese quelle versate dal 1° gennaio 1994, rimangono acquisite alla società per azioni Poste Italiane a titolo di contribuzione agli oneri del servizio universale.

5. La società Poste Italiane può realizzare accordi con gli operatori privati, anche dopo la scadenza delle concessioni di cui all’art. 29, punto 1, del codice postale e delle telecomunicazioni, al fine di ottimizzare i servizi, favorendo il miglioramento della qualità dei servizi stessi anche attraverso l’utilizzazione delle professionalità già esistenti.

6. I titolari delle concessioni di cui all’articolo 29, numero 2 del codice postale e delle telecomunicazioni approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156, possono continuare ad avvalersi della concessione, secondo le modalità dettate dal comma 4, per un periodo di sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

7. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 4 per gli invii di corrispondenza generati telematicamente, in ordine alla fase di recapito, e per la posta transfrontaliera, gli invii postali, non facenti parte dell’esclusività postale secondo la disciplina vigente prima dell’entrata in vigore del presente decreto, sono esclusi dall’area di riserva di cui all’articolo 4 fino alla individuazione, da parte dell’Autorità di regolamentazione, degli invii la cui inclusione nella riserva si rende necessaria sulla base della verifica degli oneri di servizio universale gravanti sul fornitore secondo i criteri di separazione contabile di cui all’articolo 7, e comunque per un periodo non inferiore a sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto. L’autorità di regolamentazione si pronuncia entro il 31 dicembre 1999 ovvero entro quattro mesi dalla data di presentazione da parte della società Poste Italiane dei dati necessari ad effettuare la verifica degli oneri del servizio universale.

24. Entrata in vigore.

1. Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.


Allegato

Norme di qualità per la posta transfrontaliera intracomunitaria

L’obiettivo di qualità per la posta transfrontaliera intracomunitaria è definito in funzione della durata media di instradamento degli invii della più rapida categoria normalizzata, calcolato da punto a punto [1] secondo la formula D + n, dove D rappresenta la data di deposito [2] e n il numero dei giorni lavorativi trascorsi tra tale data e quella di consegna al destinatario.

Obbiettivi di qualità per la posta transfrontaliera intracomunitaria

Durata media                         Obiettivo

D + 3                                      85% degli invii

D + 5                                      97% degli invii

Gli obiettivi devono essere raggiunti per l’insieme dei flussi nell’ambito del traffico intracomunitario globale e per ciascun flusso bilaterale tra due Stati membri.

[1] Il tempo di instradamento calcolato da punto a punto è il tempo che trascorre tra il momento di accesso alla rete e il momento di consegna al destinatario.

[2] La data di deposito da prendere in considerazione è la data del giorno stesso del deposito dell’invio, se il deposito ha avuto luogo prima dell’ultima levata indicata per il punto di accesso alla rete in questione.

Qualora il deposito venga effettuato dopo quest’ora limite, la data del deposito da prendere in considerazione è quella del giorno successivo.


(2) Vedi, anche, il D.M. 7 ottobre 2008.

(3)  Lettera così sostituita dall’art. 1, D.Lgs. 23 dicembre 2003, n. 384.

(4)  Comma così modificato dall’art. 2, D.Lgs. 23 dicembre 2003, n. 384.

(5) Vedi, anche, il D.M. 7 ottobre 2008.

(6)  Comma aggiunto dall’art. 3, D.Lgs. 23 dicembre 2003, n. 384.

(7)  Comma così sostituito dall’art. 4, D.Lgs. 23 dicembre 2003, n. 384.

(8) Comma così modificato dall’art. 4, D.Lgs. 23 dicembre 2003, n. 384, come rettificato dal Comunicato 17 febbraio 2004 (Gazz. Uff. 17 febbraio 2004, n. 39).

(9) Comma aggiunto dal comma 303 dell’art. 2, L. 24 dicembre 2007, n. 244.

(10)  In attuazione di quanto disposto nel presente comma, vedi il D.M. 4 febbraio 2000, n. 73.

(11)  In attuazione di quanto disposto nel presente comma, vedi il D.M. 4 febbraio 2000, n. 75.

(12)  Per la misura del contributo previsto dal presente comma vedi, per l’anno 2000, la Delib. 1° agosto 2001; per l’anno 2001, la Delib. 18 luglio 2002; per l’anno 2002, la Del.Min. 10 settembre 2003; per l’anno 2003, la Del.Min. 30 luglio 2004; per l’anno 2004, il D.M. 29 luglio 2005; per l’anno 2005, il D.M. 2 agosto 2006; per l’anno 2006, il D.Dirett. 3 agosto 2007; per l’anno 2007, il D.Dirett. 11 luglio 2008.

(13)  Comma così modificato dall’art. 5, D.Lgs. 23 dicembre 2003, n. 384.

(14)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 17 novembre 2000.

(15)  In merito alla tariffazione per la spedizione degli invii di corrispondenza vedi il D.M. 26 aprile 2001 e il D.M. 12 maggio 2006. Per la spedizione dei pacchi nell’interno della Repubblica vedi la Del.Min. 18 aprile 2001 e la Del.Min. 16 dicembre 2004.

(16)  Comma aggiunto dall’art. 6, D.Lgs. 23 dicembre 2003, n. 384.

(17)  Comma aggiunto dall’art. 7, D.Lgs. 23 dicembre 2003, n. 384.

(18)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 20 aprile 2000.

(19)  Comma così modificato dall’art. 8, D.Lgs. 23 dicembre 2003, n. 384.

(20)  Comma così modificato dall’art. 8, D.Lgs. 23 dicembre 2003, n. 384.

(21)  Comma così modificato dall’art. 8, D.Lgs. 23 dicembre 2003, n. 384.

(22)  Comma così modificato dall’art. 8, D.Lgs. 23 dicembre 2003, n. 384.

(23)  Comma così modificato dall’art. 8, D.Lgs. 23 dicembre 2003, n. 384.

(24)  Comma così modificato dall’art. 8, D.Lgs. 23 dicembre 2003, n. 384.

(25)  Le condizioni generali del servizio postale sono state approvate con D.M. 9 aprile 2001 e con D.M. 1° ottobre 2008.

(26)  Con D.M. 17 aprile 2000 è stata confermata la concessione del servizio postale alla Società poste italiane S.p.a.


Cass. civ. Sez. lavoro, 05-10-1998, n. 9875

Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:

Dott. Alberto EULA Presidente

Dott. Vincenzo MILEO Rel. Consigliere

Dott. Giovanni MAZZARELLA Consigliere

Dott. Attilio CELENTANO Consigliere

Dott. Guido VIDIRI Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

DITTA ALPI DI VITTORIO RANDACCIO, in persona del titolare, elettivamente domiciliata in ROMA VIA LUCREZIO CARO 12, presso lo studio dell’avvocato LORENZO NARDONE, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

Ricorrente

Contro

PREFETTURA DI TERNI, in persona del Prefetto pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

Controricorrente

avverso la sentenza n. 159/95 del Pretore di ORVIETO, depositata il 03/10/95 R.G.N. 194/95;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/02/95 dal Consigliere Dott. Vincenzo MILEO;

udito l’Avvocato BARBIERI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Antonio BUONAIUTO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
A seguito di opposizione proposta dalla Ditta Alpi di Randaccio Vittorio avverso l’ordinanza – ingiunzione emessa dal Prefetto di Terni a suo carico in data 15.11.94 e notificata il 16.2.1995, il Pretore di Orvieto, con sentenza del 3 ottobre 1995, dichiarava inammissibile detta opposizione perché tardiva, in quanto formulata oltre il termine di 30 giorni dalla notificazione, come previsto dalla legge, ritenendo valido tale atto siccome ritualmente effettuato ai sensi dell’art. 139, 2° comma, Cod. Proc. Civile.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione la soccombente, ancorandolo ad un solo motivo.

Resiste la convenuta con controricorso.

Motivi della decisione
Con l’unico mezzo di impugnazione la ricorrente, denunciando falsa applicazione dell’art. 139, 2° comma, Cod. Proc. Civile, in relazione all’art. 360, n. 3, stesso codice di rito, censura la sentenza del Pretore, che considera errata per aver ritenuta valida la notifica dell’ingiunzione eseguita ai sensi dell’art. 139, cpv, C.P.C., e pertanto tardiva ed inammissibile la conseguente opposizione, perché effettuata oltre il trentesimo giorno fissato a pena di decadenza dall’art. 22 legge n. 689/1989 (NDR: così nel testo), a decorrere dalla data della stessa notificazione; laddove il soggetto qualificatosi dipendente della Ditta in realtà non aveva alcun rapporto con questa, pur trovandosi all’interno dei locali dell’Azienda, e non era neppure addetto alla ricezione della corrispondenza, in quanto dipendente, come provato, unicamente di altra Ditta con sede negli stessi locali.

Il motivo è infondato.

In tema di notificazione con consegna dell’atto a mani di persona qualificatasi dipendente del destinatario, o comunque addetta all’Azienda od allo studio del predetto, alla stregua delle dichiarazioni rese dalla medesima all’ufficiale notificatore e da quest’ultimo riportate nella realtà, l’intrinseca veridicità di tali dichiarazioni – e la conseguente validità della notificazione – non può essere contestata sulla base del difetto di un rapporto di dipendenza tra i predetti soggetti, essendo sufficiente che esista un rapporto tra consegnatario e destinatario, idoneo a far presumere che il primo porti a conoscenza del secondo l’atto ricevuto. E, del pari, va rilevato che, quando dalla medesima relata risulti che la notifica dell’atto sia stata eseguita al destinatario – imprenditore o professionista – presso la sua sede, mediante consegna ad un soggetto in essa rinvenuto, deve presumersi che il medesimo sia incaricato alla ricezione degli atti diretti allo stesso destinatario.

Conseguentemente tali presunzioni non possono essere superate dalla circostanza, provata a posteriori, che la persona che aveva sottoscritto l’avviso di ricevimento lavorava, sia pure nella predetta sede, alle esclusive dipendenze altrui; ma, per vincerle ai fini della pretesa nullità dell’atto, occorre provare che il consegnatario, oltre a non essere un dipendente del destinatario, non era neanche addetto nei medesimi locali ad alcun incarico per conto o nell’interesse del predetto, come sintomaticamente si evince dall’art. 139, 2° comma, che fa genericamente riferimento alla qualifica di “addetto” e non di “dipendente”- Sicché correttamente è stato osservato dal giudice di merito che non rileva in senso contrario il fatto che successivamente, da altro professionista od imprenditore titolare di uno studio o sede comune a quello del destinatario dell’atto, sia stata rilasciata una dichiarazione attestante che all’epoca della notificazione la persona che aveva sottoscritto l’avviso di ricevimento lavorava alle sue esclusive dipendenze – Tanto più, poi, ove si consideri che nella specie tale presunzione risulta ampiamente avvalorata dalla circostanza, emergente per tabulas, che l’atto – notifica ha raggiunto il suo scopo, ai sensi e per gli effetti del disposto dell’ultimo comma dell’art. 156 C.P.C., stante l’avvenuta consegna di colui che lo ha ricevuto all’effettivo destinatario, come si evince inequivocabilmente dalla opposizione di costui all’ingiunzione. Né, in ultimo, ai fini della ammissibilità della opposizione non tempestivamente formulata, il destinatario può sostenere in questa sede che l’atto – notifica gli fu recapitato tardivamente, in quanto, a parte la contraddittorietà con la precedente linea difensiva, egli, per giovarsi di siffatta tesi, avrebbe dovuto provare adeguatamente non solo la assoluta estraneità del soggetto consegnatario nei confronti dell’Azienda, ma anche, e soprattutto, la tardività della consegna dell’atto ad esso destinatario, quale eccezione in senso tecnico ex art. 2697 cpv. Codice Civile; laddove su quest’ultimo punto il difetto probatorio è assoluto e pertanto, anche sotto questo profilo, si deve presumere che l’atto di notifica abbia raggiunto tempestivamente lo scopo cui era diretto.

In definitiva, attesa la corretta applicazione della norma di cui all’art. 139 cpv. Cod. Proc. Civile effettuata dal Pretore, la sentenza impugnata non appare inficiata da nessuno dei vizi prospettati in gravame.

Il ricorso va, conseguentemente, rigettato.

Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza, ai sensi dell’art. 91 Cod. Proc. Civile, e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.
La Corte;

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in L. 16.500, oltre all’onorario difensivo, liquidato il L. 2.500.000 (Duemilionicinquecentomila).

Così deciso in Roma il giorno 11 febbraio 1998.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 5 OTTOBRE 1998


Corte cost., (ud. 22-09-1998) 23-09-1998, n. 346

La Corte Costituzionale

ha pronunciato la seguente

Sentenza

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 8 della legge 20 novembre 1982, n. 890, secondo, terzo e quarto comma (Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari), promossi con ordinanze emesse il 28 settembre 1996 dal Pretore di Lucca nel procedimento civile vertente tra Brucia Baldassarre ed il Comune di Lucca, iscritta al n. 609 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell’anno 1997, ed il 22 aprile 1997 dalla Corte d’Appello di Milano nel procedimento civile vertente tra la ICIT s.a.s. e la Officine di Seveso s.p.a. ed altra, iscritta al n. 761 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45, prima serie speciale, dell’anno 1997.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udito nella Camera di Consiglio del 6 maggio 1998 il Giudice relatore Annibale Marini.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. – Data l’identità della materia, le questioni sollevate dalle ordinanze del Pretore di Lucca e della Corte di Appello di Milano vanno riunite per essere decise con unica sentenza.

2. – Il Pretore di Lucca denuncia l’illegittimità costituzionale dell’art. 8 della legge 20 novembre 1982, n. 890, secondo, terzo e quarto comma, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui detta norma non prevede che il destinatario della notifica effettuata a mezzo posta, dopo l’avviso lasciato presso la sua abitazione, ufficio o azienda, riceva notizia delle attività compiute per raccomandata a.r., così come previsto dall’art. 140 del codice di procedura civile per il caso di notifica effettuata personalmente dall’ufficiale giudiziario.

3. – La Corte di Appello di Milano dubita, in riferimento all’art. 24, secondo comma, della Costituzione, della legittimità costituzionale del medesimo art. 8 della legge n. 890 del 1982 citata, secondo e terzo comma, nella parte in cui prevede che il piego, notificato per compiuta giacenza dopo il decimo giorno dalla data di deposito presso l’ufficio postale, venga restituito al mittente senza che il destinatario sia messo in grado di conoscere tipo, natura, provenienza e contenuto dell’atto che gli è stato notificato.

4. – La prima questione è fondata, nei limiti di seguito precisati.

4.1. – Nel sistema delineato dalla legge 20 novembre 1982, n. 890, l’ufficiale giudiziario può utilizzare il servizio postale per la notificazione di tutti gli atti in materia civile, amministrativa e penale, salvo che l’autorità giudiziaria disponga, o la parte richieda, che la notificazione sia eseguita personalmente (art. 1, primo comma). In materia civile e amministrativa, inoltre, egli deve sempre avvalersi del servizio postale per le notificazioni da eseguirsi fuori del comune ove ha sede l’ufficio, eccetto che la parte chieda che la notificazione sia eseguita personalmente (art. 1, secondo comma). Salva la richiesta del notificante di eseguire la notificazione personalmente, l’ufficiale giudiziario ha dunque la facoltà – e talvolta l’obbligo – di utilizzare il servizio postale.

4.2. – In caso di assenza del destinatario di una notificazione a mezzo posta (e di rifiuto, mancanza, inidoneità o assenza delle altre persone abilitate a ricevere l’atto), l’art. 8 della legge n. 890 del 1982 prevede che l’agente postale depositi il piego nell’ufficio postale, rilasciando avviso al destinatario “mediante affissione alla porta d’ingresso oppure mediante immissione nella cassetta della corrispondenza dell’abitazione, dell’ufficio o dell’azienda”, e che di tutte le formalità eseguite e del deposito nonché dei motivi che li hanno determinati sia fatta menzione sull’avviso di ricevimento che, datato e sottoscritto dall’agente postale, è unito al piego (secondo comma). Trascorsi dieci giorni dalla data del deposito senza che il piego sia stato ritirato dal destinatario, il piego stesso viene restituito al mittente, unitamente all’avviso di ricevimento, con l’indicazione “non ritirato” (terzo comma). La notificazione si ha per eseguita decorso il suddetto termine di dieci giorni dal deposito (quarto comma).

4.3. – Ora, se rientra nella discrezionalità del legislatore la conformazione degli istituti processuali e, quindi, la disciplina delle notificazioni, un limite inderogabile di tale discrezionalità è rappresentato dal diritto di difesa del notificatario. Deve pertanto escludersi che la diversità di disciplina tra le notificazioni a mezzo posta e quelle personalmente eseguite dall’ufficiale giudiziario possa comportare una menomazione delle garanzie del destinatario delle prime.

Per l’ipotesi di notificazione eseguita personalmente dall’ufficiale giudiziario, l’art. 140 del codice di procedura civile impone a quest’ultimo di dare comunicazione al destinatario, mediante raccomandata con avviso di ricevimento, del compimento delle formalità indicate (deposito dell’atto nella casa comunale e affissione dell’avviso di deposito alla porta dell’abitazione, dell’azienda o dell’ufficio). E ciò allo scopo di garantire che il notificatario abbia una effettiva possibilità di conoscenza dell’avvenuto deposito dell’atto, ritenendosi evidentemente insufficiente l’affissione del relativo avviso alla porta d’ingresso o la sua immissione nella cassetta della corrispondenza dell’abitazione, dell’azienda o dell’ufficio ed individuandosi nella successiva comunicazione a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento lo strumento idoneo a realizzare compiutamente lo scopo perseguito. Una disposizione siffatta – pur se compatibile con la specificità propria del mezzo postale – manca invece nella disciplina censurata che, pertanto, risulta, al tempo stesso, priva di ragionevolezza e lesiva della possibilità di conoscenza dell’atto da parte del notificatario e, quindi, del diritto di difesa garantito dall’art. 24 della Costituzione.

E ciò senza considerare che le insufficienti garanzie di conoscibilità che presenta per il notificatario la notificazione a mezzo del servizio postale derivano, in ultima analisi, dalla scelta del modo di notificazione effettuata da soggetti, l’ufficiale giudiziario e il notificante, privi di qualsivoglia interesse alla conoscibilità dell’atto da parte del notificatario: il solo notificante, infatti, può richiedere all’ufficiale giudiziario di effettuare la notifica personalmente e, qualora ciò non faccia, l’ufficiale giudiziario può, a sua discrezione, scegliere l’uno o l’altro modo di notificazione.

4.4. – L’art. 8, secondo comma, della legge 20 novembre 1982, n. 890, va pertanto dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non prevede che, in caso di assenza del destinatario (e di rifiuto, mancanza, inidoneità o assenza delle altre persone abilitate a ricevere l’atto), sia data notizia al destinatario medesimo con raccomandata con avviso di ricevimento del compimento delle formalità prescritte.

5. – Anche la questione sollevata dalla Corte di appello di Milano è fondata nei limiti di seguito precisati.

5.1.- La funzione propria della notificazione è quella di portare l’atto a conoscenza del destinatario, al fine di consentire l’instaurazione del contraddittorio e l’effettivo esercizio del diritto di difesa. Compete naturalmente al legislatore, nel bilanciamento tra l’interesse del notificante e quello del notificatario, determinare i modi attraverso i quali tale scopo possa realizzarsi individuando altresì i rimedi per evitare che il diritto di agire in giudizio del notificante sia paralizzato da circostanze personali – come ad esempio l’assenza dalla abitazione o dall’ufficio – riguardanti il destinatario della notificazione. I termini di tale bilanciamento di interessi possono naturalmente essere i più vari come emerge dalle soluzioni adottate in alcuni degli ordinamenti processuali europei a noi più vicini per cultura e tradizione.

5.2. – Ciò premesso, non sembra in ogni caso potersi dubitare che la discrezionalità del legislatore incontri un limite nel fondamentale diritto del destinatario della notificazione ad essere posto in condizione di conoscere, con l’ordinaria diligenza e senza necessità di effettuare ricerche di particolare complessità, il contenuto dell’atto e l’oggetto della procedura instaurata nei suoi confronti, non potendo ridursi il diritto di difesa del destinatario medesimo ad una garanzia di conoscibilità puramente teorica dell’atto notificatogli. È opportuno, altresì, sottolineare che la questione di cui si tratta non concerne in alcun modo l’individuazione del momento perfezionativo della notificazione (in relazione al quale dispone il quarto comma del citato art. 8) bensì la legittimità della norma che dispone la restituzione al mittente del piego non ritirato dal destinatario entro i dieci giorni dal deposito presso l’ufficio postale (art. 8, terzo comma).

Disposizione quest’ultima che, in un contesto sociale ben diverso da quello esistente all’epoca della sua emanazione, risulta gravemente pregiudizievole per il notificatario, il quale – nel caso (oggi non certo infrequente, specie nel periodo estivo) di assenza dall’abitazione, dall’azienda o dall’ufficio che si protragga per oltre dieci giorni e di mancanza delle persone indicate al secondo e terzo comma dell’art. 7 della legge n. 890 del 1982 citata – non è più posto in condizioni di ritirare il piego, diversamente da quanto si verifica per il destinatario di una notificazione effettuata ai sensi dell’art. 140 del codice di procedura civile, e si trova perciò in una situazione di impossibilità o comunque di notevole difficoltà di individuazione dell’atto notificatogli (talvolta provocata dal notificante, mediante la scelta dell’epoca della notifica e la mancata richiesta di notificazione personale da parte dell’ufficiale giudiziario) tale da potergli in concreto precludere ogni effettiva possibilità di difesa.

Anche in tal caso, non si tratta dunque di sostituirsi al legislatore nell’individuare uno dei possibili correttivi alla disciplina delle notificazioni a mezzo posta, bensì di rimuovere una previsione (quella di restituzione del piego al mittente dopo il decorso di un termine del tutto inidoneo, per la sua brevità, a garantire l’effettiva possibilità di conoscenza) lesiva del diritto di difesa del destinatario della notificazione, non presente nella parallela disciplina codicistica delle notificazioni a mezzo di ufficiale giudiziario e non connaturata, quanto meno nella sua dimensione temporale, alla specificità del mezzo postale.

Il legislatore, nella sua discrezionalità, sarà quindi libero di adeguare la disciplina delle notificazioni a mezzo posta (per il caso di assenza del destinatario) a quella dettata dall’art. 140 del codice di procedura civile (che non prevede affatto la restituzione dell’atto al mittente) ovvero di stabilire regole diverse: il limite della discrezionalità sarà rappresentato esclusivamente dal diritto di difesa del destinatario, in relazione al quale deve ritenersi illegittima qualsiasi disciplina che, prevedendo la restituzione del piego al mittente dopo un termine di deposito eccessivamente breve, pregiudichi la concreta possibilità di conoscenza del contenuto dell’atto da parte del destinatario medesimo.

5.3. – La mancata restituzione del piego al mittente dopo il decimo giorno di giacenza non solo non incide – come già si è visto – sull’individuazione del momento perfezionativo della notificazione, ma nemmeno pregiudica l’interesse del notificante alla tempestiva formazione della prova dell’avvenuta notifica che ben può essere fornita, indipendentemente dal piego, dall’avviso di ricevimento, da restituirsi al mittente in raccomandazione e mediante il quale questi potrà dimostrare la regolarità della notificazione.

5.4.- L’art. 8, terzo comma, della legge 20 novembre 1982, n. 890, va pertanto dichiarato illegittimo nella parte in cui prevede che il piego sia restituito al mittente, in caso di mancato ritiro da parte del destinatario, dopo dieci giorni dal deposito presso l’ufficio postale.

P.Q.M.
La Corte Costituzionale

riuniti i giudizi,

a) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 8, secondo comma, della legge 20 novembre 1982, n. 890 (Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari), nella parte in cui non prevede che, in caso di rifiuto di ricevere il piego o di firmare il registro di consegna da parte delle persone abilitate alla ricezione ovvero in caso di mancato recapito per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneità o assenza delle persone sopra menzionate, del compimento delle formalità descritte e del deposito del piego sia data notizia al destinatario medesimo con raccomandata con avviso di ricevimento;

b) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 8, terzo comma, della legge 20 novembre 1982, n. 890 (Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari), nella parte in cui prevede che il piego sia restituito al mittente, in caso di mancato ritiro da parte del destinatario, dopo dieci giorni dal deposito presso l’ufficio postale.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 settembre 1998.


Cass. civ., Sez. I, Sent., (data ud. 17/09/1998) 17/09/1998, n. 9279

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:

Dott. Angelo GRIECO Presidente

Dott. Giovanni LOSAVIO Consigliere

Dott. Maria Gabriella LUCCIOLI Rel. Consigliere

Dott. Giovanni VERUCCI Consigliere

Dott. Salvatore DI PALMA Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

SORU RENATO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA GORIZIA 14, presso l’avvocato A. SINAGRA, rappresentato e difeso dall’avvocato CARLITRIA BELLU, giusta delega a margine del ricorso;

Ricorrente

contro

CAPPELLANIA ANTONIO BOY, ente ecclesiastico civilmente riconosciuto, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEGLI SCIPIONI 132, presso l’avvocato PIETRO MORGANTI, che lo rappresenta e difende unicamente all’avvocato ARTEMIO MASSIDDA, giusta procura in calce al controricorso;

Controricorrente

avverso la sentenza n. 3/96 della Corte d’Appello di CAGLIARI, sezione specializzata per le controversie agrarie, depositata il 22/11/96;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29/05/98 dal Consigliere Dott. Maria Gabriella LUCCIOLI;

udito per il resistente l’avvocato Morganti che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Aurelio GOLIA che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
Con sentenza del 19 – 26 febbraio 1996, la sezione specializzata per le controversie agrarie del Tribunale di Cagliari, pronunciando sul ricorso proposto dalla Cappellania Antonio Boy, ente ecclesiastico civilmente riconosciuto, nei confronti di Renato Soru, condannava il convenuto, quale detentore senza titolo, al rilascio di un fondo agricolo sito in agro del Comune di Assemini, località Terra Margiani, nonché al risarcimento del danno, da liquidarsi in separata sede.

Proposto appello dal Soru, con sentenza del 29 ottobre – 22 novembre 1996, la Corte di Appello di Cagliari dichiarava inammissibile l’impugnazione, sul rilievo che la pronuncia impugnata era stata notificata all’appellante una prima volta in forma semplice il 2 aprile 1996 a mani di Gianni Soru, “nipote convivente e capace”, ed una seconda volta in forma esecutiva il 4 giugno 1996 a mani del fratello Luigi, “incaricato, tale qualificatosi, che ne cura la consegna”, mentre l’atto di appello era stato depositato l’11 luglio 1996, ossia dopo la scadenza del termine previsto dallo art. 434 c.p.c. per le cause di lavoro, applicabile anche alle controversie agrarie.

Osservava, in particolare, la Corte di merito che l’assunto del ricorrente – secondo il quale dette notifiche dovevano ritenersi inesistenti o, quanto meno, nulle, per essere egli all’epoca assente dalla sua abitazione perché detenuto nella casa circondariale di Cagliari – era da disattendere, atteso che il codice di procedura civile non detta norme particolari per la notificazione a persone detenute, onde restano applicabili le disposizioni generali, ed in particolare l’art. 139 c.p.c. Ritenuto, peraltro, che la persona detenuta conserva la residenza anagrafica presso la propria abitazione, il Soru doveva essere ricercato in quel luogo, anche sulla base del rilievo che la parte notificante non aveva alcuna possibilità di accedere alla “banca dati” del Centro elettronico per i servizi dell’amministrazione penitenziaria per verificare se lo stesso fosse detenuto, ed in caso positivo presso quale istituto penitenziario.

Correttamente, pertanto, la notifica era stata effettuata presso la residenza effettiva ed anagrafica, dove erano stati reperiti i parenti del Soru, i quali si erano dichiarati conviventi ed avevano accettato l’atto.

Osservava, infine, che in ogni caso la notificazione aveva raggiunto il suo scopo, avendo il Soru dimostrato di aver effettivamente avuto conoscenza della sentenza, producendone copia nel procedimento di opposizione all’esecuzione da lui promosso.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il Soru deducendo due motivi. Resiste con controricorso la Cappellania Antonio Boy.

Motivi della decisione
Va, innanzi tutto, disattesa l’eccezione della resistente di nullità della notifica del ricorso, in quanto effettuata presso il domiciliatario della stessa nel giudizio di appello anziché al domicilio indicato nell’atto di notificazione della sentenza impugnata, atteso che con la costituzione in giudizio in questa sede l’atto ha, comunque, raggiunto il suo scopo.

Con il primo motivo di ricorso, denunziando violazione e falsa applicazione dell’art. 139 c.p.c., si deduce che la Corte di Appello non ha considerato che lo stato di detenzione del Soru era perfettamente noto all’altra parte, tanto che essa aveva notificato il ricorso introduttivo del giudizio presso il carcere nel quale il medesimo era detenuto, e che egli, tradotto in stato di detenzione dinanzi al Tribunale per rendere l’interrogatorio libero, aveva indicato le ragioni per le quali detto stato era destinato a protrarsi nel tempo.

Si deduce, altresì, che, dovendosi ritenere come sua dimora abituale conosciuta il carcere del Buoncammino di Cagliari, in detto luogo dovevano essere effettuate le notifiche nei suoi confronti.

Si sostiene ancora che il nipote ed il fratello del Soru, che avevano rispettivamente ricevuto la prima e la seconda notifica della sentenza, non erano conviventi del ricorrente e che la mancanza di tale requisito era desumibile dal grado di parentela dei predetti; si rileva, inoltre, che lo stato di detenzione notoriamente limita i colloqui con il detenuto a determinati soggetti e ne regolamenta la frequenza nel tempo.

Con il secondo motivo, denunciando erronea interpretazione ed applicazione dell’art. 156 c.p.c., si deduce che la sentenza impugnata ha erroneamente affermato che il raggiungimento dello scopo era dimostrato dalla circostanza che, in sede di opposizione all’esecuzione il Soru aveva prodotto la copia della sentenza notificata in forma esecutiva il 4 giugno 1996, atteso che la produzione di detta copia, e non di quella notificata il 2 aprile 1996, valeva a dimostrare la mancata conoscenza di quell’atto al quale la Corte di Appello aveva riferito la decorrenza dei termini per la proposizione del gravame. Si deduce, altresì, che in ogni caso andava rilevata la mancanza di prova della tempestiva conoscenza della notifica da parte del destinatario, a causa del suo stato di detenzione.

Il primo motivo è infondato. Come ha correttamente rilevato la sentenza impugnata, la disciplina dettata dal codice di procedura civile in tema di notificazione di atti non contiene norme specifiche in relazione allo stato di detenzione del destinatario, onde restano applicabili le disposizioni generali, ed in particolare l’art. 138 c.p.c., concernente la notificazione a mani proprie – certamente possibile anche ove il destinatario si trovi in stato di detenzione -, nonché l’art. 139 c.p.c., il quale dispone che la notificazione va effettuata nel comune di residenza del destinatario, ricercandolo nella casa di abitazione o dove ha l’ufficio o esercita l’industria o il commercio, ovvero, se non è noto il comune di residenza, nel comune di dimora, o, se anche questa è ignota, nel comune di domicilio, ed indica i possibili consegnatari dell’atto, individuati sulla base di vincoli di parentela o di convivenza o di lavoro subordinato o di comunanza di rapporti, tali da offrire la massima garanzia in ordine alla effettiva consegna dell’atto al destinatario.

Né può fondatamente sostenersi che, nella specie, la notifica doveva essere effettuata presso il carcere nel quale il Soru era detenuto, quale luogo di dimora: ed invero, anche ammesso che il luogo di detenzione possa identificarsi con la dimora, va rilevato che l’art. 139 c.p.c. pone obbligatoriamente un criterio di successione preferenziale in ordine ai luoghi sopra richiamati, nei quali la notificazione deve avvenire (v. sul punto Cass., n. 1991, n. 13849; 1987, n. 9325; 1986, n. 1511; 1985, n. 1621). È noto, pertanto, che la residenza non si perde per effetto di un allontanamento più o meno protratto nel tempo, salvo che la persona non abbia fissato altrove una nuova abituale dimora, e quindi una nuova residenza.

È, altresì, pacifico in giurisprudenza che, intendendosi l’espressione “persona di famiglia” in senso ampio, così da ricomprendervi anche i familiari la cui presenza non abbia carattere del tutto occasionale, deve ritenersi valida la notificazione eseguita mediante consegna di copia dell’atto nella casa di abitazione del destinatario a familiare, pur se non convivente, che la accetti senza riserve, salva la dimostrazione, da parte di chi assume di non aver ricevuto l’atto, della mera occasionalità di quella presenza (v. Cass., n. 1995, n. 615; 1992, n. 3936; 1991, n. 4991).

Sulla base dei richiamati principi di diritto appare evidente l’infondatezza dei profili di censura formulati nel motivo di ricorso in esame, essendo stata correttamente notificata la sentenza del Tribunale nel comune di residenza e presso la casa di abitazione del Soru – a nulla rilevando l’asserita conoscenza da parte del notificante dello stato di detenzione del medesimo – e non avendo d’altro canto il predetto in alcun modo provato che i congiunti cui essa era stata consegnata (il nipote nella prima occasione, il fratello nella seconda) si trovavano del tutto occasionalmente e momentaneamente presso la sua abitazione.

Le richiamate argomentazioni soccorrono anche ai fini del rigetto del secondo motivo di ricorso, atteso che la ritualità della notifica effettuata vale di per sé ad escludere l’esistenza di un vizio suscettibile di sanatoria.

Ricorrono giusti motivi per compensare le spese di questo giudizio di Cassazione.

P.Q.M.
La Corte di Cassazione rigetta il ricorso. Compensa le spese.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il 29 maggio 1998.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 17 SETTEMBRE 1998.


Cass. civ. Sez. I, 12-05-1998, n. 4762

Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:

Dott. Vincenzo FERRO Presidente

” Mario Rosario MORELLI Consigliere

” Massimo BONOMO Rel. “

” Salvatore DI PALMA “

” Luigi MACIOCE “

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

ROMOLO SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA F. CRISPI 89, presso l’avvocato LEONE PONTECORVO, che la rappresenta e difende, giusta delega in calce al ricorso;

Ricorrente

contro

MINISTERO DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

Controricorrente

avverso la sentenza n. 1337/96 della Corte d’Appello di ROMA, depositata il 15/04/96;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/12/97 dal Consigliere Dott. Massimo BONOMO;

udito per il ricorrente, l’Avvocato Pontecorvo, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Stefano SCHIRÒ che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo, assorbimento degli altri due motivi del ricorso.

Svolgimento del processo
L’Ufficio Distrettuale delle II.DD di Roma, con avvisi di accertamento nn. 1414 e 1415, rideterminava, in rettifica, le dichiarazioni dei redditi della Romolo s.r.l. relative agli anni 1982 e 1983, a fini IRPEG e ILOR elevando il reddito imponibile ivi denunciato.

Gli atti di accertamento in questione venivano notificati, dopo un infruttuoso tentativo effettuato nella sede sociale, presso la residenza dell’amministratore della società, tale Bruno Brunori, a norma dell’art. 60 d.p.r. 600/73, in relazione all’art. 140 c.p.c..

Successivamente, non essendo stata proposta impugnazione avverso gli atti di accertamento in questione, i tributi, nella maggiore entità stabilita, venivano iscritti a ruolo, unitamente agli accessori di legge (sanzioni, interessi).

Con atto notificato in data 14 settembre 1989, la società Romolo proponeva ricorso avverso il ruolo dinanzi alla Commissione tributaria di I° grado, sostenendo di non aver mai avuto notizia degli atti di accertamento in questione. La detta Commissione, con pronuncia del 27 giugno – 19 settembre 1990, in accoglimento del ricorso, riteneva l’illegittimità dell’effettuata notificazione, rilevandone la nullità perché non erano state effettuate indagini svolte al fine di rinvenire la sede della società ovvero non se ne era dato compiutamente nella relazione di notifica: in particolare, avendo la società Romolo documentato di essere proprietaria dell’intero stabile di via E. Torelli Violler n. 109, che tutti gli abitanti dei singoli appartamenti erano suoi inquilini, che la portiera dello stabile era sua dipendente, ne derivava che il messo notificatore non aveva espletato con diligenza il suo compito, dato che, interpellando le persone abitanti nello stabile e, in particolare, la portiera, avrebbe potuto individuare la sede sociale o, per lo meno, avrebbe potuto ottenere utili notizie per la prosecuzione del procedimento notificatorio. Sarebbe, poi, stata inverosimile l’impossibilità di notificazione nella residenza del rappresentante legale per mancanza di qualsiasi consegnatario, compresi i vicini di casa. Il procedimento notificatorio, alla stregua di tale decisione, era stato pertanto, dirottato dalla sede della società alla residenza del suo rappresentante senza la precostituzione della prova della legittimità del dirottamento, mentre non sarebbe risultata provata, con le relazioni apposte sugli avvisi, la situazione presupposto che attribuisce la legittimazione a ricevere al consegnatario simbolico casa comunale. Le notifiche, in ogni caso, sarebbero ugualmente nulle, essendo risultato che al rappresentante legale della società era stata inviata una sola comunicazione raccomandata, relativa ad ambedue gli a avvisi di accertamento, senza che fosse specificato, in violazione dell’art. 48 disp. att. c.p.c., a quale dei due atti si riferisse il deposito. La rilevata nullità della notifica aveva, pertanto, comportato l’illegittimità dell’iscrizione a ruolo delle imposte relative.

Avverso tale decisione, il Ministero proponeva appello dinanzi alla commissione tributaria di secondo grado.

Anche tale ricorso veniva, peraltro, respinto con decisione del 28.9/12.10.1992, avverso la quale il Ministero proponeva impugnazione dinanzi alla corte di appello, a norma dell’art. 40 d.p.r. 636/72.

Costituitasi in giudizio, la società Romolo chiedeva che l’impugnazione fosse dichiarata inammissibile, per essere stata proposta ancora in pendenza del termine per ricorrere alla commissione centrale, secondo la proroga dipendente dalla sospensione ex lege (art. 3, comma 2 d.l. 23.1.1993 n. 16) dei procedimenti tributari in corso, disposta al fine di usufruire dell’ampliamento dei termini per usufruire del c.d. “condono fiscale”. In ogni caso, chiedeva il rigetto del gravame, richiamando le ragioni poste a fondamento delle decisioni già emesse.

Con sentenza del 1° dicembre 1995 – 15 aprile 1996, la Corte di appello di Roma, in accoglimento del gravame proposto dal Ministero, dichiarava inammissibile il ricorso proposto contro l’iscrizione a ruolo.

Osservava la Corte:

a) che doveva respingersi l’eccezione concernente la sospensione dei processi tributari, la quale non si applica alle controversie che presentano carattere di definitività, per le quali era esclusa la possibilità di usufruire del condono, ai sensi dell’art. 32 della legge 30 dicembre 1991 n. 32;

b) che nella specie non v’era dubbio sulla definitività dei termini della lite, la cui conclusione non avrebbe potuto portare che a una conferma dei dati dichiarati dal contribuente, ovvero al pieno accoglimento delle indicazioni fornite dall’ufficio, non essendo, da un lato, rinnovabile l’accertamento per scadenza dei relativi termini e non essendo possibile, dall’altro, per lo stesso motivo, rimettere in discussione ragioni di merito relative all’entità dell’accertamento che, se legittimo, non potrebbe più essere modificato;

c) che il procedimento di notifica degli avvisi di accertamento – tentativo di notifica presso la sede della società e, quindi, notifica ex art. 140 c.p.c. presso la residenza anagrafica del rappresentante legale della stessa – era stato corretto, in quanto pienamente aderente alle prescrizioni dettate dall’art. 145 c.p.c. in tema di notifiche a società;

d) che le operazioni di notifica, essendo assistite da fede privilegiata, potevano essere contestate solo mediante proposizione di querela di falso;

e) che le circostanze della proprietà dell’intero immobile e l’inverosimiglianza del mancato rinvenimento del Brunori o di altri soggetti, tra i quali il portiere, non costituivano elementi idonei a dimostrare una condotta negligente da parte del messo;

f) che non determinava nullità della notifica l’avvenuto invio di una sola raccomandata relativa ad ambedue gli atti di accertamento, quale ultimo adempimento richiesto dall’art. 140 c.p.c..

Avverso la sentenza della Corte d’appello la società Romolo ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi, illustrati con memoria.

Il Ministero delle Finanze ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione
1. Con il primo mezzo d’impugnazione il ricorrente lamenta violazione dell’art. 40 del D.P.R. 26.10.1972 n. 636, in relazione all’art. 3, comma 2, del D.L. 23.1.1993 n. 16 (convertito in legge 24.3.1993 n. 75) ed agli artt. 32 e seguenti della legge 30.12.1991 n. 413.

La Corte di appello aveva ritenuto non applicabile nella specie la sospensione dei termini di impugnazione fino al 20 giugno 1993, prevista dal citato art. 3 del d.l. n. 16 del 1993, modificato dalla legge di conversione, che aveva invece comportato l’improponibilità dell’impugnazione alla Corte di appello, poiché essa era stata introdotta, in violazione della prescrizione contenuta nell’art. 40 citato, quando non era ancora decorso il termine per la proposizione dell’impugnazione alla Commissione tributaria centrale. La Corte di merito, dopo aver esattamente rilevato che la sospensione riguardava soltanto i casi in cui era applicabile il condono, aveva erroneamente ritenuto che l’apparente definitività del rapporto tributario, derivante dalla mancata impugnazione degli accertamenti, determinasse comunque – in presenza di un ricorso contro il ruolo, con cui si era contestata la legittimità della notificazione degli accertamenti – una situazione di definitività, tale da precludere l’accesso al condono.

La stessa amministrazione aveva invece riconosciuto in alcune circolari, una delle quali specificamente riferita al condono del 1991 che la dichiarazione integrativa semplice, o con effetto automatico, era valida anche nel caso in cui si ricorreva contro il ruolo o l’avviso di mora eccependo la mancata notifica dell’avviso di accertamento, pur se tale validità dipendeva dall’esito del contenzioso.

Secondo il contribuente, la situazione di definitività del rapporto tributario, preclusiva del condono, si sarebbe creata solo in caso di rigetto del ricorso contro il ruolo, e non anche in caso di accoglimento, poiché un accertamento riconosciuto come mai notificato avrebbe consentito una domanda di condono “in assenza di accertamento”, integrativa semplice o “tombale”.

2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 148, c.p.c., in relazione agli artt. 145 e 140 c.p.c., all’art. 60, comma 1, del D P.R. 29.9.1973 n. 600 e all’art. 2700 cod. civ., nonché insufficiente motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia.

Assolutamente carenti erano sia la relazione di notifica nei confronti della società – in cui non era stato precisato quali fossero state le ricerche in base alle quali i nominativi erano risultati sconosciuti e presso chi esse fossero state effettuate – sia la relazione di notifica nei confronti del legale rappresentante, nella quale, dopo la constatazione dell’assenza del dott. Brunori dalla sua residenza anagrafica, non si era data la benché minima nozione delle operazione compiute per accertare la pretesa irreperibilità del destinatario. In entrambe le notifiche si era fatto uso di timbretti.

La Corte di appello aveva affermato che la relata avrebbe succintamente descritto le operazioni eseguite in sede di notifica, mentre in realtà vi era un’assoluta assenza di indicazioni descrittive sul punto, ed aveva inoltre erroneamente richiamato la necessità di contestare le operazioni con querela di falso, non tenendo conto del fatto che la società Romolo aveva contestato non che il messo notificatore avesse effettivamente compiuto indagini, bensì che delle compiute indagini avesse dato specificamente atto nella relazione di notificazione, consentendo così la verifica della regolarità del procedimento, il che non aveva nulla a che vedere con la querela di falso.

La necessità di ricorrere a querela di falso non sussiste né nei confronti di circostanze non percepite direttamente dal notificatore, ma venute a conoscenza del medesimo attraverso dichiarazioni di terzi, né quando manchino gli elementi essenziali della relazione di notificazione, a norma dell’art. 148 c.p.c., verificandosi in tal caso la nullità della notificazione.

La lamentata mancata specificazione delle “ricerche” appariva tanto più grave, risultando difficilmente credibile che la società Romolo fosse sconosciuta presso uno stabile di cui era proprietaria da moltissimi anni, nel quale tutti gli abitanti erano suoi locatari e la portiera era alle sue dirette dipendenze.

Presso quelle sede erano stati invece regolarmente notificati sia la cartella esattoriale di pagamento che l’atto di citazione dinanzi alla Corte di appello.

3. Il terzo motivo esprime una doglianza di violazione dell’art. 140 c.p.c., nonché di insufficiente motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia.

La Corte di appello aveva erroneamente statuito che la spedizione di un unico avviso per raccomandata ex art. 140 c.p.c., pur in presenza di due avvisi di accertamento, non viziasse il procedimento di notificazione.

Tutti gli adempimenti previsti dall’art. 140 c.p.c., compresa, quindi, la spedizione dell’avviso per raccomandata, sono essenziali e la Corte di Cassazione aveva ritenuto nulla la notificazione di più atti di accertamento conclusasi con la spedizione di un unico avviso raccomandato per quattro atti di accertamento (Cass. n. 10057 del 1994, in motivazione).

La stessa sentenza della Corte di Cassazione richiamata nella sentenza impugnata (Cass. n. 2136 del 1992) aveva subordinato la possibile deroga al principio della nullità della notifica in caso di unico avviso, alla circostanza della specificazione, nell’unico avviso raccomandato, degli atti cui era relativo, con le indicazioni ex art. 48 disp. att. c.p.c. in ordine alla natura e provenienza di ciascuno di essi. Tale temperamento sarebbe inapplicabile nella specie, secondo la ricorrente, non avendo l’Amministrazione finanziaria provato che l’unico avviso spedito contenesse le suddette specificazioni e indicazioni.

4. Il ricorso è fondato per quanto appresso precisato. Ritiene il Collegio che, mentre deve ritenersi validamente effettuato il tentativo di notifica degli avvisi di accertamento presso la sede della società, risulta invece nulla la notifica effettuata presso l’amministratore.

Secondo la sentenza impugnata, il messo notificatore ha dato atto, innanzi tutto, di essersi recato in via Eugenio Torelli Violler, 109, sede legale della società Romolo, anche in base alle risultanze anagrafiche, e di aver accertato, da “ricerche” effettuate in loco, che i “nominativi” (quindi sia quello della società che quello del suo amministratore) erano sconosciuti.

Avendo il messo attestato di aver compiuto ricerche in luogo senza esito, deve comunque ritenersi che sia stata effettuata un’attività di ricerca che non ha portato a risultati utili ai fini della notifica.

Al riguardo, osserva il Collegio che l’uso di un timbro, anziché della scrittura, è del tutto irrilevante, dovendo tenersi conto invece delle operazioni indicate dal pubblico ufficiale, indipendentemente dallo strumento usato per l’indicazione.

Le dedotte circostanze della proprietà dell’intero immobile da parte della società, della pretesa inverosimiglianza del mancato rinvenimento del portiere o di altri soggetti idonei a ricevere l’atto nonché dell’avvenuta notifica nel medesimo luogo di altri atti non assumono rilievo ai fini in questione, come esattamente rilevato dalla Corte di appello, dovendo aversi riguardo alla situazione esistente al momento dei tentativi di notifica di cui trattasi, quale risulta dalla relata di notifica, che ha fede privilegiata relativamente alle attività compiute dal messo e a quanto dal medesimo direttamente percepito.

In ordine al tentativo di notifica al legale rappresentante della società Romolo, dott. Bruno Brunori, in Piazza delle Coppelle 7, sua residenza anagrafica, la sentenza impugnata ha rilevato che il notificatore aveva dato atto, seppure mediante apposizione di un timbro, delle varie operazioni compiute, e cioé dell’assenza del Brunori, della mancanza di altre persone, compreso il portiere ed i vicini di casa, idonee a ricevere la copia, ed aveva quindi proceduto alla notifica ai sensi dell’art. 140 c.p.c..

Per quanto riguarda l’uso di un timbro valgono le considerazioni sopra svolte.

L’assenza del Brunori e la mancanza delle altre persone sopra indicate integravano le condizioni di legge per effettuare la notifica ai sensi dell’art. 140 c.p.c., di cui si tratta ora di verificare la validità.

Il Collegio condivide l’orientamento già manifestato da questa Corte (Cass. 25 febbraio 1992 n. 2316, nonché 14 gennaio 1992 n. 329), in base al quale, con riguardo alla notificazione ai sensi dell’art. 140 c.p.c., qualora gli atti da notificare siano più di uno, è richiesta – conseguendone, in difetto, nullità della notificazione medesima, relativamente a tutti gli atti – la spedizione, da parte dell’ufficiale giudiziario, di altrettanti avvisi raccomandati, indicativi dell’avvenuto compimento delle formalità prescritte dalla norma e diretti a porre nella sfera di conoscibilità dell’unico destinatario ciascuno degli atti suddetti, o quanto meno la specificazione nell’unico avviso raccomandato degli atti cui era relativo con le indicazioni ex art. 48 disp. att. c.p.c. in ordine alla natura e provenienza di ciascuno di essi.

Nella specie, la sentenza impugnata ha rilevato che non era dato individuare nella copia dell’avviso prodotta se vi fossero specificati uno o più atti.

Non ricorre quindi nemmeno l’ipotesi minima sopra prospettata, quella cioé dell’unico avviso raccomandato con la menzione degli estremi di tutti gli atti cui esso si riferisce, che corrispondevano ai due avvisi di accertamento in questione.

In tale situazione, deve ritenersi che la notifica sia nulla, indipendentemente dall’irrilevanza, ai fini della validità della notifica ex art. 140 c.p.c., della consegna della raccomandata al destinatario, punto sul quale si sofferma la motivazione della sentenza impugnata, atteso che il vizio riscontrato riguarda non la consegna, ma la spedizione della raccomandata, che costituisce un momento essenziale, da cui dipende il perfezionamento della notificazione ex art. 140 c.p.c..

Avendo la Corte di appello ritenuto invece che l’invio di una sola raccomandata non determinasse la nullità delle notifiche dei due avvisi di accertamento, la sentenza impugnata deve essere cassata.

Poiché non sono necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito con la dichiarazione di nullità delle notifiche degli avvisi di accertamento e, conseguenzialmente, dell’illegittimità dell’iscrizione a ruolo di IRPEG, ILOR e addizionale ILOR per gli anni 1982 e 1983, di cui alla cartella n. 715740/00/Q dei ruoli di settembre 1989, indicata nel dispositivo della sentenza impugnata.

Ricorrono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti sia le spese del giudizio dinanzi alla Corte di appello sia quelle del giudizio di cassazione.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara l’illegittimità dell’iscrizione a ruolo di cui in motivazione. Compensa le spese del presente e del precedente grado del giudizio.

Così deciso in Roma il 15 dicembre 1997.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 12 MAGGIO 1998


Cass. civ. Sez. I, (ud. 27-10-1997) 13-03-1998, n. 2740

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. REALE Pasquale – Presidente –

Dott. PROTO Vincenzo – Consigliere –

Dott. CICALA Mario – Consigliere –

Dott. MILANI Laura – Consigliere –

Dott. SOTGIU Simonetta – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

AMMINISTRAZIONE DELLE POSTE E DELLE TELECOMUNICAZIONI, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

GI.AN. Snc in liquidazione, in persona del Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA A. GRAMSCI 14, presso l’avvocato GIAMPIERO DINACCI, che la rappresenta e difende, giusta delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

MILANO ASSICURAZIONI S.p.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2230/95 della Corte d’Appello di ROMA, depositata il 26/06/95;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/10/97 dal Consigliere Dott. Simonetta SOTGIU;

udito per il resistente, l’Avvocato Dinacci, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MARTONE Antonio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
Con atto 10/11 maggio 1989 la GI.AN s.n.c. convenne avanti al Tribunale di Roma il Ministero delle PP.TT. e il Lloyd Internazionale (poi Milano Assicurazioni) denunciando la riduzione da parte del Ministero del corrispettivo pattuito per la pulizia giornaliera di 38 carrozze postali, in relazione al mancato servizio su alcune carrozze, e la risoluzione del contratto operata unilateralmente dal Ministero stesso per inadempimento di scarsa entità, nonché l’incameramento ad opera dello stesso Ministero, del deposito cauzionale prestato mediante polizza fideiussoria emessa dalla Compagnia Lloyd, la quale avanzava pretesa di rivalsa nei confronti dell’attrice; quest’ultima chiedeva pertanto che, accertato il sostanziale adempimento da parte sua del contratto in questione, il Ministero fosse condannato al pagamento di tutte le somme dovutele, e che si accertasse che nulla la Gi.an doveva alla Lloyd.

Con sentenza 18 ottobre/9 novembre 1991, il Tribunale adito accolse in parte la domanda della Gi.an, condannando il Ministero pagamento della parte del compenso (Lire 60.387.784 oltre accessori) trattenuto per mancata pulizia di alcune carrozze, avendo ritenuto tale fatto imputabile allo stesso committente.

Avverso la sentenza, notificata il 18 maggio 1992 ad istanza del difensore della Gi.an., propose appello il Ministero, notificandolo nel termine di trenta giorni alla Compagnia Milano Assicurazioni, che si era costituita in prime cure, chiedendo che fosse accertato che essa nulla doveva al Ministero e che fosse stabilito che la Gi.an. avrebbe dovuto comunque tenerla indenne; l’appello stesso non venne invece nello stesso termine notificato alla Gi.an, essendosi il procuratore costituito trasferito in diverso domicilio, per cui la notificazione veniva rinnovata il 1 dicembre 1992.

La Corte d’Appello di Roma, con sentenza 28 aprile/26 giugno 1995 ha rigettato il gravame del Ministero nei confronti della Gi.an. Non avendo infatti l’appellante Ministero proposto domande riferibili alla Milano Assicurazioni, il cui rapporto fideiussorio nei confronti della Gi.an integrava la fattispecie della garanzia impropria, la posizione delle appellate non poteva ritenere né inscindibile, né dipendente, essendo stata meramente processuale, nella economia del giudizio, la presenza della Compagnia Assicuratrice, collegata soltanto alla posizione della Gi.an.; mentre, non essendo in alcun modo il difensore tenuto a comunicare la propria variazione di domicilio, era onere dell’appellante accertare la variazione dell’indirizzo del domiciliatario.

Per la cassazione di tale sentenza, ha proposto ricorso il Ministero delle Poste e Telecomunicazioni sulla base di due motivi.

La Gi.an in liquidazione resiste con controricorso. Le parti hanno prodotto memorie.

Motivi della decisione
Col primo motivo di ricorso, adducendo la violazione dell’art. 331 c.p.c., il ricorrente contesta la scindibilità, ritenuta dalla Corte d’Appello, della causa dell’assicuratore rispetto a quella del garantito, sostenendo che dalla decisione sulla ritualità dell’adempimento da parte della Gi.an discendeva la legittimità o meno dell’incameramento del deposito cauzionale prestato dalla società.

Essendo ancora in contestazione il debito del convenuto verso l’attrice, persisteva in appello la interdipendenza delle causa.

Col secondo motivo di ricorso, deducendo la violazione degli artt. 88, 170, 324, 325, 326, 327, 330 c.p.c. e 43, 44 e 47 c.c., nonché vizio di motivazione della sentenza impugnata, il ricorrente sostiene la ritualità della notifica operata al domicilio eletto presso il difensore della Gi.an, prevalendo l’indicazione del luogo, rispetto a quella della persona, e non potendosi riscontrare alcuna negligenza nell’attività di notifica posta in essere dal ricorrente, per non avere il difensore della Gi.an indicato in alcun atto processuale il proprio cambio di domicilio; mentre l’elezione di domicilio conserva la sua validità in ogni stato e grado del processo, essendo l’onere della parte comunicarne il mutamento.

Il primo motivo di ricorso non è fondato.

La Compagnia Assicuratrice è stata infatti evocata in giudizio dalla GI.AN sulla base della polizza fideiussoria stipulata dalla stessa GI.AN, costituente titolo distinto e indipendente, rispetto al contratto d’appalto oggetto delle domande formulate nei confronti dell’Amministrazione; la quale peraltro, come ha rilevato la Corte territoriale, non ha mai avanzato pretese nei riguardi della Milano Assicurazioni.

Per la giurisprudenza costante di questa Corte (Cass. 2302/85; 7795/86; 534/89; 10398/91; 4443/97) la chiamata in causa di un terzo in base ad un titolo diverso da quello posto a fondamento della domanda principale, quale la garanzia assicurativa relativa ad una delle parti in causa, introduce una causa scindibile e indipendente che si sottrae, in sede di impugnazione, al disposto dell’art. 331 c.p.c. in tema di integrazione del contraddittorio. Non sussiste infatti né il litisconsorzio processuale, né tanto meno quello necessario, fra due domande che non siano collegate da un rapporto di antecedenza logica l’una rispetto all’altra di modo che ne sia necessaria la trattazione unitaria in tutte le fasi processuali, al fine di evitare giudizi contraddittori. Né, per quanto può evincersi dalle conclusioni formulate in sede d’appello dalla Compagnia assicuratrice, riprodotte nella sentenza impugnata, ricorre nella specie l’ipotesi secondo la quale il chiamato che non si limiti a resistere alla domanda del chiamante, ma contesti anche l’esistenza e la validità dell’obbligazione di quest’ultimo verso l’attore, si pone come parte accessoria della causa principale, con conseguente necessità di integrazione del contraddittorio (Cass. 2867/90). La Milano Assicurazioni si è infatti limitata con la propria difesa a resistere alle domande della chiamante GI.AN, chiedendo di essere dichiarata indenne dalle richieste avanzate da quest’ultima contro di lei.

Ma anche a voler ipotizzare, sulla scia di un indirizzo giurisprudenziale minoritario (Cass. 2867/90) la possibilità di un vincolo di dipendenza fra la causa principale e la causa di garanzia, fino a quando sia in discussione il fondamento della domanda principale, integrante il presupposto della domanda di rivalsa, così come sostenuto dal ricorrente, tale vincolo non potrebbe comunque nella specie ravvisarsi, non riguardando il gravame del Ministero il terzo chiamato in manleva, il quale a sua volta ha svolto le sue difese nell’ambito del solo rapporto di garanzia (Cass. 4443/97) senza inserirsi nel contraddittorio relativo al “petitum” della domanda principale.

Il primo motivo di ricorso deve essere dunque rigettato, analogamente al secondo motivo, attinente la possibile sanatoria della notifica tardiva, sanatoria non attuata col provvedimento del G.I. che ha autorizzato il rinnovo della notifica dell’atto di appello non al sensi dell’art. 331 C.P.C., ma nell’ambito dell’attività istruttoria di cui all’art. 350 c.p.c., che non pregiudica la successiva dichiarazione di inammissibilità dell’appello da parte del Collegio.

Per quanto si riferisce, in particolare, alla notifica dell’atto d’appello presso il procuratore domiciliatario, questa Corte ha già avuto modo di affermare con sentenza n. 9473 del 1993, la quale rappresenta lo sviluppo e la sintesi di posizioni giurisprudenziali risalenti (Cass. 149/87 e 5417/89), che la notifica presso il domicilio dichiarato nel giudizio “a quo”, che abbia avuto esito negativo perché il procuratore si sia successivamente trasferito altrove, non ha alcun effetto giuridico, dovendo essere effettuata al domicilio reale del procuratore (quale risulta dall’Albo: Cass. 4746/97, ovvero dagli atti processuali, come nel caso di timbro apposto su comparsa conclusionale di primo grado: Cass. 5417/89), anche se non vi sia stata rituale comunicazione del trasferimento della controparte, atteso che il dato di riferimento personale prevale su quello topografico (Cass. 149/87) e che non sussiste un onere del procuratore di provvedere alla comunicazione del cambio di indirizzo; tale onere è infatti previsto per il domicilio eletto autonomamente, mentre l’elezione operata dalla parte ha solo la funzione di indicare la sede dello studio del procuratore, sicché costituisce onere del notificante l’effettuazione di apposite ricerche atte ad individuare il luogo di notificazione (Cass. 7920/92).

Tali principi risultano puntualmente applicabili alla fattispecie, avendo il procuratore della GI.AN applicato il timbro recante l’indicazione del trasferimento di studio sul frontespizio della comparsa conclusionale di I grado (v. Controricorso Pag. 4), previa comunicazione della variazione di indirizzo al Consiglio dell’ordine degli Avvocati di Roma (v. memoria pag. 3), così adempiendo alle formalità richieste dalla giurisprudenza citata.

Consegue l’integrale rigetto del ricorso.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, oltre a Lire 3 milioni per onorari.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente nelle spese, che si liquidano in complessive L. 150.000 oltre a L. tre milioni per onorari.

Così deciso in Roma, il 27 ottobre 1997.

Depositato in Cancelleria il 13 marzo 1998


Decreto legislativo 18/12/1997, n. 472

Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, a norma dell’articolo 3, comma 133, della legge 23 dicembre 1996, n. 662.
Pubblicato nella Gazz. Uff. 8 gennaio 1998, n. 5, S.O.

Art. 8. Intrasmissibilità della sanzione agli eredi

In vigore dal 1 aprile 1998
1. L’obbligazione al pagamento della sanzione non si trasmette agli eredi.


Cass. civ., Sez. I, Sent., (data ud. 09/06/1997) 09/06/1997, n. 5100

Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:

Dott. Giuseppe BORRE’ Presidente

” Gian Carlo BIBOLINI Consigliere

” Mario Rosario VIGNALE “

” Mario CICALA “

” Renato RORDORF Rel. “

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto

da

MINISTERO DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

Ricorrente

contro

MISISCHIA MARIO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA G. VICO 29, presso l’avvocato G. COCCO, rappresentato e difeso dall’avvocato GIULIANO TABET, giusta delega in calce al controricorso;

Controricorrente

avverso la decisione n. 3490/94 della Commissione Tributaria Centrale depositata il 25/10/94;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/12/96 dal Relatore Consigliere Dott. Renato RORDORF;

udito per il resistente, l’Avvocato Tabet, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Vincenzo NARDI che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo, assorbimento del secondo motivo di ricorso.

Svolgimento del processo
Con ricorso in data 6 marzo 1991, il sig. Mario Misischia si rivolse alla commissione tributaria di primo grado di Roma chiedendo che fosse annullata l’iscrizione a ruolo dell’importo di L. 176.605.260, preteso dal fisco a titolo di maggiori imposte sui redditi accertati per l’anno 1983 ed accessori. Detta iscrizione a ruolo, secondo il ricorrente, era invalida in quanto non preceduta dalla rituale notificazione di alcun avviso di accertamento riguardante i suaccennati maggiori redditi.

Il ricorso non trovò accoglimento, ma l’impugnazione tempestivamente proposta dal contribuente fu invece accolta dalla commissione tributaria di secondo grado, la cui decisione, su gravame dell’ufficio, venne confermata dalla Commissione Tributaria Centrale, con pronuncia resa pubblica il 25 ottobre 1994.

Ritenne infatti detta commissione che la notificazione al Misischia dell’avviso di accertamento da cui la contestata iscrizione a ruolo avrebbe dovuto essere preceduta non si fosse perfezionata, in quanto l’atto era stato sì depositato presso la sede del comune ove il contribuente aveva domicilio fiscale, ed al medesimo contribuente era stata anche inviata la prescritta lettera raccomandata, ma il messo notificatore aveva invece trascurato di provvedere all’affissione dell’avviso alla porta dell’abitazione, e tale formalità è indispensabile per il completamento della notificazione prevista dall’art. 140 c.p.c. Né siffatta omissione poteva giustificarsi con la pretesa impossibilità di reperire in luogo lo stabile recante il numero civico corrispondente alla residenza del Misischia, giacché per trovare tale stabile sarebbe bastato individuare il numero civico precedente e quello successivo.

Neppure d’altronde, osservò la Commissione tributaria centrale, l’invalidità della suindicata notificazione avrebbe potuto essere sanata – come pretendeva l’ufficio – dal raggiungimento dello scopo dell’atto: perché, pur essendo vero che era stata spedita la lettera raccomandata destinata ad informare il destinatario del deposito dell’atto nella casa comunale, tale raccomandata non risultava essere stata ritirata ed il nome del medesimo destinatario non era neppure chiaramente leggibile sul relativo avviso di ricevimento.

Per l’annullamento di tale decisione ricorre l’amministrazione delle finanze, articolando due motivi di gravame.

Resiste l’intimato con controricorso, illustrato da successiva memoria.

Motivi della decisione
1. – Con il primo mezzo di ricorso l’amministrazione si duole che il giudice tributario non abbia considerato come la contestata notificazione al contribuente dell’avviso di accertamento avesse raggiunto comunque il proprio scopo e come, di conseguenza, ciò fosse valso a sanare ogni possibile deficienza formale. E ciò non già per effetto dell’avvenuta spedizione della lettera raccomandata su cui la Commissione tributaria centrale si è soffermata, bensì per il fatto stesso che il contribuente aveva impugnato l’atto dinanzi al giudice tributario, mostrando così di averne avuto piena conoscenza. In ogni caso poi, sempre secondo l’avvocatura ricorrente, la nullità della suindicata notificazione non avrebbe potuto essere eccepita da chi, come il Misischia, aveva contribuito con il proprio comportamento a darvi causa.

Il secondo motivo di ricorso è volto invece a contestare l’affermazione dell’impugnata decisione secondo cui, mancando l’affissione alla porta del destinatario, la notificazione ex art. 140 c.p.c. dell’avviso di accertamento di cui si discute sarebbe affetta da nullità.

A parere dell’avvocatura ricorrente, viceversa, stante l’impossibilità di reperire il numero civico dello stabile alla cui porta avrebbe dovuto essere effettuata l’affissione, l’indicato adempimento non avrebbe potuto trovar luogo e la sua omissione non avrebbe potuto, di conseguenza, inficiare la validità della notificazione. La quale, a causa dell’irreperibilità del destinatario, era dunque da eseguire, a norma dell’art. 60, primo comma, lettera e), del d.p.r. n. 600/73, mediante semplice deposito nella casa comunale del domicilio fiscale del contribuente, come in concreto è avvenuto.

2. – Il motivo d’impugnazione da ultimo riferito ha carattere logicamente preliminare rispetto all’altro, e va perciò esaminato per primo.

Esso, pertanto, appare infondato.

Infatti, soltanto nell’ipotesi in cui nel comune di domicilio fiscale non si rinvenga l’effettiva abitazione o l’ufficio o l’azienda del contribuente la notificazione dell’avviso di accertamento è ritualmente effettuata tramite deposito dell’atto nella casa comunale ed affissione dell’avviso di deposito nell’albo del comune, senza necessità di comunicazione all’interessato a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno, né di ulteriori ricerche al di fuori del detto comune; ma tali ricerche rimangono doverose all’interno del comune di domicilio fiscale, ed esse condizionano la validità della notificazione eseguita ai sensi degli art. 140 c.p.c. e 60, lett. e), del d.p.r. n. 600/1973 (cfr., tra le altre, Cass. 26 luglio 1993, n. 8363, nonché più di recente – con riferimento all’analoga disposizione contenuta nell’art. 38 del d.p.r. n. 645/58, come risultante dopo la pronuncia della Corte costituzionale n. 189/74 – Cass. 25 settembre 1996, n. 8448).

Pertanto, avendo la Commissione tributaria centrale, con insindacabile giudizio di fatto, ritenuto che sarebbe stato ben possibile esperire ulteriori fruttuose ricerche per l’individuazione dell’abitazione del contribuente nell’ambito del medesimo comune di domicilio fiscale, la notificazione eseguita a norma della citata disposizione dell’art. 60 del d.p.r. n. 600/1973, senza il perfezionamento delle formalità richieste dall’art. 140 c.p.c., nella specie non può considerarsi valida. Ed è appena il caso di aggiungere che, per la validità della notificazione ai sensi dell’articolo da ultimo menzionato, è indispensabile che vengano completati tutti gli adempimenti da esso prescritti, ivi compresa l’affissione dell’avviso alla porta dell’abitazione del destinatario (vedi in tal senso, tra le altre, Cass. n. 8071/96 e Cass. n. 1938/90).

3. – Anche l’altro motivo di ricorso è destituito di ogni fondamento.

In primo luogo, infatti, va rilevato che mai nei precedenti gradi di giudizio l’amministrazione tributaria aveva dedotto quanto ora prospettato a fondamento della propria doglianza, e cioé che l’invalidità della notificazione dell’avviso di accertamento sarebbe stata sanata per effetto del ricorso proposto dal contribuente. In secondo luogo – ove pure volesse farsi astrazione da tale assorbente rilievo – è da notare che la suindicata doglianza appare del tutto fuor di segno, perché il ricorso del contribuente dal quale si vorrebbe dedurre il raggiungimento dello scopo della notificazione non validamente eseguita è stato proposto non già contro l’avviso di accertamento malamente notificato, bensì contro l’iscrizione a ruolo in quanto non preceduta dalla (valida) notificazione di detto avviso. Di modo che tale iniziativa giudiziaria del contribuente attesta che egli è venuto a conoscenza della pretesa fiscale in conseguenza della notificazione dell’atto d’iscrizione a ruolo, e non certo che aveva avuto anche tempestiva conoscenza dell’avviso di accertamento che di quell’iscrizione costituiva un indispensabile presupposto.

Quanto poi al fatto che sarebbe stato lo stesso contribuente a dare causa all’eccepita nullità della notificazione dell’avviso, l’avvocatura ricorrente neppure chiarisce a quale comportamento essa fa a tal riguardo riferimento. E ciò preclude ogni valutazione in proposito.

4. – Per le suesposte considerazioni il ricorso dev’essere rigettato, con conseguente condanna dell’amministrazione ricorrente alla rifusione, in favore della controparte, delle spese processuali, ivi compresi gli onorari di avvocato il L. 5.000.000.

P.Q.M.
La Corte;

1) rigetta il ricorso;

2) condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali in favore della controparte e liquida dette spese in complessive L. 5.259.230, di cui L. 5.000.000 per onorari.

Così deciso, in Roma, il 19 dicembre 1996.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 9 GIUGNO 1997


Legge n. 639 del 20.12.1996

Legge n. 639, del 20 dicembre 1996

” Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 543 recante disposizioni urgenti in materia di ordinamento della Corte dei conti”

pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299 del 21 dicembre 1996



Legge di conversione

Art. 1

1. Il decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 543, recante disposizioni urgenti in materia di ordinamento della Corte dei conti, é convertito in legge con le modificazioni riportate in allegato alla presente legge.

2. Restano validi gli atti ed i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti-legge 23 dicembre 1994, n. 718, 25 febbraio 1995, n. 47, 29 aprile 1995, n. 131, 28 giugno 1995, n. 248, 28 agosto 1995, n. 353, 27 ottobre 1995, n. 439, 23 dicembre 1995, n. 541, 26 febbraio 1996, n. 79, 26 aprile 1996, n. 215, 22 giugno 1996, n. 333, e 8 agosto 1996, n. 441.

3. Restano altresì validi gli atti ed i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base dell’articolo 10 del decreto-legge 10 giugno 1995, n. 224, dell’articolo 10 del decreto-legge 3 agosto 1995, n. 323, dell’articolo 10 del decreto-legge 2 ottobre 1995, n. 414, dell’articolo 12 del decreto-legge 4 dicembre 1995, n. 514, dell’articolo 12 del decreto-legge 31 gennaio 1996, n. 38, dell’articolo 12 del decreto-legge 4 aprile 1996, n. 188, dell’articolo 12 del decreto-legge 3 giugno 1996, n. 309, dell’articolo 12 del decreto-legge 5 agosto 1996, n. 409, e dell’articolo 9 del decreto-legge 4 ottobre 1996, n. 516.


Testo del decreto-legge coordinato con la legge di conversione

pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.299 del 21 dicembre 1996

(*) Le modifiche apportate dalla legge di conversione sono stampate con caratteri corsivi

Art. 1.

Sezioni giurisdizionali

1. Il comma 5 dell’articolo 1 del decreto-legge 15 novembre 1993, n. 453, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19, e’ sostituito dai seguenti:

” 5. Avverso le sentenze delle sezioni giurisdizionali regionali, salvo quanto disposto in attuazione dell’articolo 23 dello statuto della regione Sicilia, e’ ammesso l’appello alle sezioni giurisdizionali centrali che giudicano con cinque magistrati e con competenza in tutte le materie attribuite alla giurisdizione della Corte dei conti. Nei giudizi in materia di pensioni, l’appello e’ consentito per soli motivi di diritto; costituiscono questioni di fatto quelle relative alla dipendenza di infermità, lesioni o morte da causa di servizio o di guerra e quelle relative alla classifica o all’aggravamento di infermità o lesioni.

5-bis. L’appello e’ proponibile dalle parti, dal procuratore regionale competente per territorio o dal procuratore generale, entro sessanta giorni dalla notificazione o, comunque, entro un anno dalla pubblicazione. Entro i trenta giorni successivi esso deve essere depositato nella segreteria del giudice d’appello con la prova delle avvenute notifiche, unitamente alla copia della sentenza appellata. Agli appelli si applicano le disposizioni di cui all’articolo 3 della legge 21 marzo 1953, n. 161. La facolta’ attribuita all’amministrazione dall’articolo 6, comma 4, si applica anche ai giudizi di appello in materia pensionistica e comprende il potere di proposizione del gravame.

5-ter. I l ricorso alle sezioni giurisdizionali centrali sospende l’esecuzione della sentenza impugnata. La sezione giurisdizionale centrale, tuttavia, su istanza del procuratore regionale territorialmente competente o del procuratore generale, quando vi siano ragioni fondate ed esplicitamente motivate puo’ disporre, con ordinanza motivata, sentite le parti, che la sentenza sia provvisoriamente esecutiva. I procedimenti pendenti presso le sezioni giurisdizionali centrali, non ancora definiti in prima istanza, sono rimessi alle sezioni giurisdizionali competenti per territorio. Nei giudizi dinanzi alle sezioni giurisdizionali regionali il patrocinio legale e’ esercitato da avvocati o procuratori legali iscritti nei relativi albi professionali.

5-quater. Sono abrogati gli articoli 3, secondo comma, e 4, secondo comma, del decreto legislativo 6 maggio 1948, n. 655. I giudizi avverso le sentenze emesse dalla sezione giurisdizionale per la regione siciliana pendenti innanzi alle sezioni riunite della Corte dei conti sono devoluti, nello stato in cui si trovano e fino all’istituzione della competente sezione giurisdizionale centrale d’appello per la regione siciliana, alla prima sezione giurisdizionale centrale d’appello “.

2. Le sezioni riunite di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 15 novembre 1993, n. 453, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19, giudicano con sette magistrati.

2-bis. In relazione agli appelli proposti dalla data di entrata in vigore del decreto-legge 8 marzo 1993, n. 54, sino alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, le sezioni giurisdizionali centrali possono riconoscere, per quanto concerne le modalità di presentazione dell’appello, l’errore scusabile e disporre la rimessione in termini.

3. Dopo il comma 8 dell’articolo 1 del decreto-legge 15 novembre 1993, n. 453, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19, e’ inserito il seguente:

” 8-bis. E’ istituita una terza sezione giurisdizionale centrale. Per le esigenze delle funzioni giurisdizionali, di controllo e referenti al Parlamento, alle sezioni della Corte, il cui carico di lavoro sia ritenuto particolarmente consistente, possono essere assegnati, con delibera del consiglio di presidenza, presidenti aggiunti o di coordinamento; il numero totale dei presidenti aggiunti e di coordinamento non può essere superiore a dieci unità.”.

3-bis. Il comma 1 dell’articolo 5 del decreto-legge 15 novembre 1993, n. 453, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19, e’ sostituito dal seguente:

“1. Prima di emettere l’atto di citazione in giudizio, il procuratore regionale invita il presunto responsabile del danno a depositare, entro un termine non inferiore a trenta giorni dalla notifica della comunicazione dell’invito, le proprie deduzioni ed eventuali documenti. Nello stesso termine il presunto responsabile puo’ chiedere di essere sentito personalmente. Il procuratore regionale emette l’atto di citazione in giudizio entro centoventi giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle deduzioni da parte del presunto responsabile del danno. Eventuali proroghe di quest’ultimo termine sono autorizzate dalla sezione giurisdizionale competente, nella camera di consiglio a tal fine convocata; la mancata autorizzazione obbliga il procuratore ad emettere l’atto di citazione ovvero a disporre l’archiviazione entro i successivi quarantacinque giorni”.

3-ter. Dopo il comma 4 dell’articolo 2 del decreto-legge 15 novembre 1993, n. 453, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19, e’ aggiunto il seguente:

“4-bis. La delega di adempimenti istruttori a funzionari regionali è disposta d’intesa con il presidente della regione o della provincia autonoma”.

Art. 2.

Termini per l’esercizio del controllo

1. Il comma 2 dell’articolo 3 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e’ sostituito dal seguente:

” 2. I provvedimenti sottoposti al controllo preventivo acquistano efficacia se il competente ufficio di controllo non ne rimetta l’esame alla sezione del controllo nel termine di trenta giorni dal ricevimento. Il termine e’ interrotto se l’ufficio richiede chiarimenti o elementi integrativi di giudizio. Decorsi trenta giorni dal ricevimento delle controdeduzioni dell’amministrazione, il provvedimento acquista efficacia se l’ufficio non ne rimetta l’esame alla sezione del controllo. La sezione del controllo si pronuncia sulla conformità a legge entro trenta giorni dalla data di deferimento dei provvedimenti o dalla data di arrivo degli elementi richiesti con ordinanza istruttoria. Decorso questo termine i provvedimenti divengono esecutivi. Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 1 della legge 7 ottobre 1969, n. 742.”.

2. Per il controllo della Corte dei conti nell’autorizzazione del Governo alla sottoscrizione dei contratti collettivi, di cui all’articolo 51, comma 1, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni, resta fermo il disposto di cui all’articolo 51, comma 2, del medesimo decreto legislativo.

2-bis. Nell’articolo 3, comma 4, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, le parole: “; può altresì pronunciarsi sulla legittimità di singoli atti delle amministrazioni dello Stato” sono soppresse.

Art. 3.

Azione di responsabilità

1. All’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 1 e’ sostituito dai seguenti: “1. La responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica e’ personale e limitata ai fatti ed alle omissioni commessi con dolo o con colpa grave, ferma restando l’insindacabilità’ nel merito delle scelte discrezionali. Il relativo debito si trasmette agli eredi secondo le leggi vigenti nei casi di illecito arricchimento del dante causa e di conseguente indebito arricchimento degli eredi stessi”.

1-bis. Nel giudizio di responsabilità, fermo restando il potere di riduzione, deve tenersi conto dei vantaggi comunque conseguiti dall’amministrazione o dalla comunità amministrata in relazione al comportamento degli amministratori o dei dipendenti pubblici soggetti al giudizio di responsabilità.

1-ter. Nel caso di deliberazioni di organi collegiali la responsabilità si imputa esclusivamente a coloro che hanno espresso voto favorevole. Nel caso di atti che rientrano nella competenza propria degli uffici tecnici o amministrativi la responsabilità non si estende ai titolari degli organi politici che in buona fede li abbiano approvati ovvero ne abbiano autorizzato o consentito l’esecuzione.

1-quater. Se il fatto dannoso e’ causato da più persone, la Corte dei conti, valutate le singole responsabilità, condanna ciascuno per la parte che vi ha preso.

1-quinquies. Nel caso di cui al comma 1-quater i soli concorrenti che abbiano conseguito un illecito arricchimento o abbiano agito con dolo sono responsabili solidalmente. La disposizione di cui al presente comma si applica anche per i fatti accertati con sentenza passata in giudicato pronunciata in giudizio pendente alla data di entrata in vigore del decreto-legge 28 giugno 1995, n. 248. In tali casi l’individuazione dei soggetti ai quali non si estende la responsabilità solidale è effettuata in sede di ricorso per – revocazione “.

b) il comma 2 e’ sostituito dal seguente:

” 2. Il diritto al risarcimento del danno si prescrive in ogni caso in cinque anni, decorrenti dalla data in cui si e’ verificato il fatto dannoso, ovvero, in caso di occultamento doloso del danno, dalla data della sua scoperta.”;

c) dopo il comma 2 sono aggiunti i seguenti: “2-bis. Per i fatti che rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 1, comma 7, del decreto-legge 27 agosto 1993, n. 324, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 1993, n. 423, la prescrizione si compie entro cinque anni ai sensi del comma 2 e comunque non prima del 31 dicembre 1996. 2-ter. Per i fatti verificatisi anteriormente alla data del 15 novembre 1993 e per i quali stia decorrendo un termine di prescrizione decennale, la prescrizione si compie entro il 31 dicembre 1998, ovvero nel più breve termine dato dal compiersi del decennio”.

c-bis) il comma 4 e’ sostituito dal seguente:

“4. La Corte dei conti giudica sulla responsabilità amministrativa degli amministratori e dipendenti pubblici anche quando il danno sia stato cagionato ad amministrazioni o enti pubblici diversi da quelli di appartenenza, per i fatti commessi successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge”.

2. Le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, nel testo sostituito dal presente articolo, si applicano anche ai giudizi in corso.

2-bis. In caso di definitivo proscioglimento ai sensi di quanto previsto dal comma 1 dell’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, come modificato dal comma 1 del presente articolo, le spese legali sostenute dai soggetti sottoposti al giudizio della Corte dei conti sono rimborsate dall’amministrazione di appartenenza.

2-ter. L’azione di responsabilità per danno erariale non si esercita nei confronti degli amministratori locali per la mancata copertura minima del costo dei servizi.

Art. 4.

Sezioni riunite in sede non giurisdizionale

1. Il numero minimo dei votanti di cui all’articolo 4, comma 2, del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, e’ elevato a quindici per l’esercizio, da parte delle sezioni riunite della Corte dei conti, di tutte le funzioni, comprese quelle di cui all’articolo 40 del citato testo unico, approvato con regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, e quelle di cui agli articoli 3, comma 6, e 4 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, diverse dalle funzioni giurisdizionali. Le sezioni riunite sono presiedute dal presidente della Corte dei conti e sono composte per ciascuna delle dette funzioni da trentaquattro magistrati, designati all’inizio di ogni anno sulla base di predeterminati criteri di graduale rotazione dal consiglio di presidenza, in modo che siano rappresentati tutti i settori di attivita’ e tutte le qualifiche dei magistrati. Ove il magistrato – nominato relatore dal presidente della Corte dei conti non sia compreso tra quelli assegnati alle sezioni riunite, questi integra ad ogni effetto il collegio per la questione su cui riferisce.

Art. 5.

Sezione centrale di controllo. Adunanza plenaria

1. Il comma 10 dell’articolo 3 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e’ sostituito dai seguenti:

“10. La sezione del controllo e’ composta dal presidente della Corte dei conti che la presiede, dai presidenti di sezione preposti al coordinamento e da tutti i magistrati assegnati a funzioni di controllo. La sezione e’ ripartita annualmente in quattro collegi dei quali fanno parte, in ogni caso, il presidente della Corte dei conti e i presidenti di sezione preposti al coordinamento. I collegi hanno distinta competenza per tipologia di controllo o per materia e deliberano con un numero minimo di undici votanti. L’adunanza plenaria e’ presieduta dal presidente della Corte dei conti ed e’ composta dai presidenti di sezione preposti al coordinamento e da trentacinque magistrati assegnati a funzioni di controllo, individuati annualmente dal Consiglio di presidenza in ragione di almeno tre per ciascun collegio della sezione e uno per ciascuna delle sezioni di controllo sulle amministrazioni delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano. L’adunanza plenaria delibera con un numero minimo di ventuno votanti.

10-bis. La sezione del controllo in adunanza plenaria stabilisce annualmente i programmi di attività e le competenze dei collegi, nonché i criteri per la loro composizione da parte del presidente della Corte dei conti”.

Art. 6.

Assegnazione di ufficio

1. Il periodo di tempo di cui all’articolo 1, comma 9, ultimo periodo, del decreto-legge 15 novembre 1993, n. 453, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19, termina alla data del 30 aprile 1996, successivamente alla quale si procede alle assegnazioni definitive. Le assegnazioni di ufficio non possono superare, in ogni caso, la durata di un anno.

Art. 7.

Referendari e primi referendari

1. La disposizione dell’articolo 11, comma 2, della legge 13 aprile 1988, n. 117, continua ad applicarsi ai referendari e primi referendari della Corte dei conti in servizio alla data del 31 dicembre 1993 e non modifica l’ordine di anzianità del medesimo personale.

2. Alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dal comma 1, valutati in lire 160 milioni per l’anno 1995 e in lire 40 milioni annui a decorrere dal 1996, si provvede a carico del capitolo 1275 dello stato di previsione della Presidenza del Consiglio dei Ministri per l’anno 1995 e corrispondenti capitoli per gli anni successivi.

Art. 8.

Poteri del Segretario generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri

1. I decreti di cui all’articolo 21, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono soggetti a controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti. Il Segretario generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri sovrintende alla organizzazione e alla gestione amministrativa del Segretariato generale ed e’ responsabile, di fronte al Presidente del Consiglio dei Ministri, dell’esercizio delle funzioni di cui all’articolo 19 della legge 23 agosto 1988, n. 400, non attribuite ad un Ministro senza portafoglio o delegate al Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, adottando, anche mediante delega dei relativi poteri ai capi dei Dipartimenti e degli uffici, tutti i provvedimenti occorrenti, ivi compresi quelli di assegnazione e conferimento di incarichi e funzioni a personale diverso da quello di cui all’articolo 18 della legge 23 agosto 1988, n. 400.

Art. 9.

Abrogazione

1. Sono abrogate le disposizioni del decreto-legge 8 agosto 1996, n. 441.

Art. 10.

Entrata in vigore

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.


Cass. civ., Sez. I, Sent., (data ud. 13/12/1996) 13/12/1996, n. 11152

Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:

Dott. Michele CANTILLO Presidente

” Antonio CATALANO Consigliere

” Giovanni VERUCCI “

” Giulio GRAZIADEI “

” Salvatore DI PALMA Rel. “

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE dello STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

Ricorrente

contro

MAZZARELLO GIUSEPPE, BOVI ANGELINA;

Intimati

avverso la sentenza n. 1824/91 della Corte d’Appello di ROMA, depositata il 03/06/91;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/03/96 dal Relatore Consigliere Dott. Salvatore DI PALMA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Vincenzo MACCARONE che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo
Con atto del 14 luglio 1981, registrato presso l’Ufficio del Registro di Anzio il successivo 3 agosto, Giuseppe Mazzarello ed Angelina Bovi vendettero un immobile al valore dichiarato di lire 50.000.000. L’ufficio del registro procedette ad accertamento ai fini INVIM, rettificando il valore dichiarato in aumento per lire 70.000.000, e successivamente notificava ai contribuenti avviso di liquidazione del maggior valore accertato e delle imposte dovute.

Avverso il predetto avviso di liquidazione i contribuenti proposero ricorso alla Commissione Tributaria di 1° grado di Velletri, sostenendo, tra l’altro, l’illegittimità dell’avviso di liquidazione in quanto non preceduto da rituale notifica dell’avviso di accertamento, mai portato a loro conoscenza e quindi non divenuto definitivo.

La Commissione di primo grado, omettendo ogni pronunzia sulle eccezioni preliminari di rito, accolse nel merito il ricorso, dichiarando applicabile la nuova normativa (DPR n. 131 del 1986); più favorevole al contribuente e ritenendo, per l’effetto, che il valore dichiarato fosse addirittura superiore a quello che poteva essere dichiarato con i criteri automatici legali, in base ai quali l’immobile avrebbe avuto un valore di lire 47.520.000).

Avverso la predetta decisione l’Ufficio propose appello, sostenendo la definitività dell’avviso di accertamento, in quanto ritualmente notificato e mai impugnato.

I contribuenti proposero, a loro volta, appello incidentale, ribadendo le tesi difensive in rito e nel merito già proposte davanti alla Commissione di 1° grado.

La Commissione Tributari di 2° grado di Roma accolse l’appello dell’Ufficio, ritenendo che l’avviso di accertamento fosse stato ritualmente notificato ai sensi dell’art. 140 c.p.c. e che, quindi, fosse divenuto definitivo, con conseguente inapplicabilità della normativa del 1986.

I contribuenti impugnavano tale decisione dinanzi alla Corte d’Appello di Roma, ribadendo ancora una volta la tesi della nullità della notifica dell’avviso di accertamento, in quanto una prima volta notificato ai sensi dell’art. 140 c.p.c., nonostante l’attestazione dello stesso nesso notificatore, secondo cui i contribuenti erano sconosciuti all’indirizzo risultante dell’atto notarile, ed una seconda volta a norma dell’art. 60 lett. e) del DPR n. 600 del 1973, ma senza il rispetto delle formalità procedimentali di notifica previste dal sistema normativo in materia.

In subordine, i contribuenti eccepirono la decadenza dell’ufficio dall’accertamento in rettifica per tardività e, nel merito, la congruità del valore dichiarato.

L’Amministrazione Finanziaria oppose che il d.l. 10 luglio 1982 n. 429 convertito nella legge 7 agosto 1982 n. 516 aveva prorogato al 31 dicembre 1984 i termini di notifica ancora in corso e che la seconda notifica effettuata il 1° marzo 1984 doveva considerarsi rituale, in quanto all’indirizzo risultante dai registri anagrafici i due contribuenti risultavano trasferiti, per cui il messo notificatore non aveva potuto che procedere ai sensi del combinato disposto dell’art. 140 c.p.c. e 60 lett. e) DPR n. 600 del 1973.

La Corte adita, con sentenza del 3 maggio – 3 giugno 1991, tra l’altro, accolse il primo motivo di impugnazione e, per l’effetto, in riforma della decisione impugnata, dichiarò illegittimo l’avviso di liquidazione, notificato ai ricorrenti il 28 gennaio 1985 dall’ufficio del Registro di Anzio, e non dovute le somme ingiunte.

La Corte, in particolare – dopo aver premesso che l’Ufficio del Registro di Anzio aveva effettuato una prima notifica dell’avviso di accertamento in data 16 novembre 1983ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ., e una seconda in data 8 febbraio 1984 ai sensi dell’art. 60 lett. E dpr n. 600 del 1973; e che la prima notifica è pacificamente nulla in quanto eseguita ex art. 140 cod. proc. civ.

nonostante l’attestazione del messo notificatore secondo cui i due contribuenti erano sconosciuti all’indirizzo – ha affermato che anche la seconda notifica è affetta da nullità, in quanto l’art. 60 DPR n. 600 del 1973 ha innovato la disciplina della notificazione con il rito degli irreperibili di cui all’art. 143 cod. proc. civ. soltanto relativamente alla formalità dell’affissione dell’avviso, mentre ha lasciato inalterati i principi generali previsti dal codice di rito civile quanto alle formalità essenziali per il perfezionamento della fattispecie notificatoria; ed in quanto, nella specie, dalla relazione di notificazione risulta la mera attestazione, da parte del messo notificatore, del “trasferimento” dei destinatari, senza alcuna indicazione né delle fonti di apprendimento della circostanza del trasferimento dei contribuenti dall’indirizzo anagrafico, né dell’espletamento di ulteriori attività di informazione e ricerca circa il nuovo recapito dei destinatari.

Dalla nullità della notificazione dell’avviso di accertamento la Corte ha dedotto l’illegittimità dell’avviso di liquidazione e, pertanto, la non debenza delle somme ivi indicate.

Avverso tale decisione, il Ministero delle Finanze ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un unico motivo di censura.

Motivi della decisione
2.1. Con l’unico motivo (con cui deduce “violazione artt. 140, 143 e 148 c.p.c. e art. 60, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600″), l’Amministrazione ricorrente, dopo avere premesso di non contestare la nullità della notifica del 16 novembre 1983 ex art. 140 c.p.c.”, perché nel luogo di residenza i contribuenti non erano più abitanti, avendo essi lasciata quella abitazione ove risultavano sconosciuti” – sostiene la legittimazione della notificazione dell’avviso di accertamento ex art. 60, D.P.R. n. 600 del 1973, osservando che, nell’ipotesi in cui, come nella specie, il messo notificatore dell’avviso di accertamento abbia appurato che il contribuente, pur anagraficamente residente all’indirizzo risultante dagli atti, si sia da colà trasferito, lo stesso non sarebbe tenuto ad effettuare alcuna altra indagine, ma dovrebbe limitarsi ad applicare l’art. 60, lett. e), D.P.R. n. 600 del 1973 e non sarebbe nemmeno tenuto a dar conto delle attività svolte nella relazione di notificazione.

2.2. Preliminarmente, questa Corte deve rilevare che, in ordine alla dichiarazione di nullità della notificazione dell’avviso di accertamento “de quo”, effettuata in data 16 novembre 1983 ai sensi dell’art. 140 c.p.c., pronunciata dalla Corte romana, si è formato il giudicato interno, in quanto il Ministero delle finanze non ha impugnato tale capo di decisione.

2.3. L’oggetto del ricorso attiene alla validità della seconda notificazione del predetto avviso di accertamento effettuata in data 9 marzo 1983 ai sensi dell’art. 60, primo comma, lett. e), D.P.R. n. 600 del 1973.

La fattispecie che ne à a fondamento è pacifica: i contribuenti, nell’atto pubblico di alienazione dell’immobile, hanno indicato come domicilio fiscale quello sito in Roma via Olindo Malagodi n. 26/14; a margine ed in calce all’avviso di accertamento in rettifica, notificato ai sensi dell’art. 60, primo comma, lett. e), D.P.R. n. 600 del 1973 in data 9 marzo 1984 risulta una doppia annotazione: la prima, del 16 febbraio 1984, dalla quale risulta che i contribuenti si sono “trasferiti da via O. Malagodi”, e la seconda, del 20 febbraio 1984, dalla quale risulta che i contribuenti medesimi sono anagraficamente residenti in Roma, via Olindo Malagodi n. 26/14.

La “ratio decidendi” della decisione, impugnata, che ha ritenuto siffatta notificazione invalida, si basa sul duplice rilievo, secondo cui il messo notificatore dell’avviso non ha indicato, nella relazione, le fonti di apprendimento della circostanza dell’indicato trasferimento dei contribuenti dall’indirizzo anagrafico, né l’espletamento di ulteriori attività di informazione e ricerca volte ad individuare il nuovo recapito dei contribuenti stessi.

A prescindere dalla ambiguità di tale decisione (nella misura in cui parrebbe riferirsi alla invalidità della relazione di notificazione anziché a quella dell’attività di trasmissione e consegna dell’atto), la censura proposta pone la questione se sia validamente eseguita, ai sensi dell’art. 60, primo comma, lett. e), D.P.R. n. 600 del 1973, la notificazione di avviso di accertamento a contribuente che, pur anagraficamente residente ad un dato indirizzo, risulti da colà, di fatto, trasferito.

Non v’è dubbio, innanzitutto, che alla fattispecie – che attiene a notificazione di avviso di accertamento il rettifica ai fini Invim – si applichi il procedimento di notificazione prefigurato dall’art. 60, D.P.R. n. 600 del 1973, in virtù del doppio rinvio a tale procedimento operato dall’art. 20, terzo comma, prima proposizione, D.P.R. n. 643 del 1972 (istituzione dell’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili) e dall’art. 49, terzo comma, D.P.R. n. 634 del 1972 (disciplina dell’imposta di registro).

É noto che l’art. 60, primo comma, lett. e), D.P.R. n. 600 del 1973 stabilisce che, quando nel comune nel quale deve eseguirsi la notifica (e cioè nel comune – di domicilio fiscale, corrispondente a quello in cui il contribuente persona fisica, destinatario dell’atto da notificare, risulta anagraficamente iscritto: cfr. combinato disposto dell’art. 58, secondo comma, prima proposizione e dell’art. 60, primo comma, lett. c, dello stesso D.P.R.) non vi è abitazione, ufficio o azienda del contribuente, la notificazione dell’avviso o dell’atto è eseguita mediante deposito dell’atto stesso nella casa del comune di domicilio fiscale ed affissione dell’avviso di deposito nell’albo del comune medesimo e diviene produttiva di effetti l’ottavo giorno successivo a quello di affissione ai fini della decorrenza del termine per ricorrere.

É evidente – e confermato dalla espressa statuizione di inapplicabilità dell’art. 143 c.p.c. (art. 60, primo comma, lett. f) – che la fattispecie prefigurata dalla lett. e) corrisponde a quella di irreperibilità del contribuente nel comune di domicilio fiscale, vale a dire alle ipotesi previste dall’art. 143 c.p.c.

E questa Corte ha più volte chiarito – sia pure in fattispecie di irreperibilità di cui all’art. 140 c.p.c. – che la notificazione di cui all’art. 60, primo comma, lett. e), dianzi descritta, è ritualmente eseguita nelle forme dalla disposizione stessa previste – senza necessità di comunicazione all’interessato a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, né di ulteriori ricerche al di fuori del comune di domicilio fiscale – soltanto nell’ipotesi in cui, nonostante le ricerche che il esso notificante deve svolgere nell’ambito del predetto comune, in questo non si rinvenga l’effettiva abitazione o l’ufficio o l’azienda del contribuente (cfr. sentt. n. 8363 del 1993 e n. 11078 del 1992).

Ciò posto, non vi è dubbio che, nei casi in cui, come nella specie, il contribuente destinatario della notificazione si sia trasferito dal luogo indicato nel registro anagrafico e si ignori, nonostante le ricerche effettuate dal messo notificante nell’ambito del comune di domicilio fiscale, il nuovo domicilio, sia applicabile il procedimento di notificazione previsto dall’art. 60, primo comma, lett. e), D.P.R. n. 600 del 1973, posto che siffatte ipotesi corrispondono esattamente a quelle di irreperibilità ai sensi dell’art. 143, primo comma c.p.c. (cfr. Cass. S.U. n. 5825 del 1981).

Orbene dal momento che è regola generale quella secondo cui la notificazione degli avvisi e degli altri atti, che debbono essere notificati al contribuente, salvo il caso di consegna in mani proprie, deve essere fatta nel domicilio fiscale del destinatario (art. 60, primo comma, lett. c); che questo corrisponde al domicilio risultante dall’iscrizione anagrafica in un determinato comune (art. 58, secondo comma, prima proposizione); che tale domicilio può essere mutato rispetto a quello indicato negli atti in possesso dell’amministrazione tributaria (art. 58, quarto comma); che le cause di variazione del domicilio fiscale hanno effetto dal sessantesimo giorno successivo a quello in cui si sono verificate (art. 58, quinto comma); e che la valida notificazione dell’atto realizza interessi evidenti, giuridicamente tutelati, di cui sono portatori sia il contribuente sia l’amministrazione – è necessario che il messo notificante, in ipotesi di mutamento di indirizzo, svolga accurate ricerche nell’ambito del comune risultante dagli atti siccome di domicilio fiscale (cfr. art. 60, primo comma, lett. a; nonché Cass. n. 8363 del 1993 e n. 11078 del 1992 cit.).

Ma nella ipotesi in cui, quale quella di specie, il contribuente, ancorché anagraficamente iscritto in un comune ad un dato indirizzo, risulti di fatto trasferito da tale indirizzo, non si scorge quali altre, utili ricerche il messo notificante possa e debba svolgere: infatti, l’attestazione del mero trasferimento, senza ulteriori indicazioni, dal domicilio fiscale implica che il messo notificante abbia svolto le necessarie indagini per giungere a tale conclusione (ove, naturalmente, non si faccia questione, come non si fa specie, dell’effettivo compimento delle ricerche e della veridicità del trasferimento); e, d’altro canto, la contraria risultanza anagrafica comporta l’inutilità, in radice, e, quindi, la non doverosità di ulteriori ricerche (cfr., in questo senso Cass. n. 4086 del 1980 e per un caso analogo in materia di società, n. 8071 del 1995).

2.4. La decisione impugnata, nella misura in cui non ha fatto corretta applicazione dei principi dianzi affermati, deve essere annullata e la relativa causa deve essere rinviata ad altra sezione della Corte di Appello di Roma, che provvederà anche sulle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.
Accoglie il ricorso.

Cassa e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della Corte d’appello di Roma.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della sezione civile, il 15 marzo 1996.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 13 DICEMBRE 1996.


Cass. civ. Sez. I, 11-02-1995, n. 1544

Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:

Dott. Enzo BENEFORTI Presidente

” Rosario DE MUSIS Consigliere

” Giovanni OLLA “

” M. Rosario MORELLI “

” Laura MILANI Rel. “

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto

da

CURATELA DEL FALLIMENTO “ROYALCAR” DI RADO DAMIANO, in persona del Curatore Rocco Morelli, elettivamente domiciliata in Roma Via Blumenstihl 45 c/o l’avv. Oreste F. Moricca che la rappresenta e difende unitamente all’avv. Francesco M. Pugliese giusta delega a margine del ricorso.

Ricorrente

contro

TOFFOLO ROSANNA, Titolare della Ditta individuale “LA TENDA”, elettivamente domiciliata in Roma via Cristoforo Colombo 440 c/o l’avv. Francesco Tassoni che la rappresenta e difende unitamente all’avv. Elio Multari giusta delega a margine del controricorso.

Controricorrente

Avverso la sentenza 598/90 della Corte di Appello di Venezia dep. il 14.7.90.

E’ presente per il ricorrente l’avv. Moricca che chiede l’accoglimento del ricorso.

E’ presente per il resistente l’avv. Tassoni che chiede il rigetto del ricorso.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 3.6.1994 dal Cons. Rel. Dr.ssa Milani.

Udito il P.M. nella persona del Sost. Proc. Gen. Dr. Aloisi che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo
Con sentenza 1.2.1989 il Tribunale di Treviso, in accoglimento della domanda proposta dalla curatela del fallimento “Royalcar” di Damiano Rado, condannava la ditta “La Tenda” di Rosanna Toffolo al pagamento della somma di L. 15.712.000, oltre interessi e spese del giudizio.

Interponeva appello la soccombente, con atto notificato a mezzo del servizio postale il 6/7 aprile 1989.

Nella dichiarata contumacia della curatela del fallimento, non costituitosi in secondo grado, la Corte d’appello di Venezia, con sentenza 2/14 luglio 1990, riduceva a sole L. 274.605 la somma dovuta dalla ditta “La Tenda”.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso la curatela del fallimento “Royalcar”. Resiste con controricorso Rosanna Toffolo.

Motivi della decisione
Con unico motivo il ricorrente deduce la violazione degli artt. 106 e 107 D.P.R. 15.12.1959 n. 1229, per essere stato l’atto di citazione in appello notificato mediante il servizio postale dall’ufficiale giudiziario addetto all’ufficio unico notifiche presso il Tribunale di Pordenone, funzionalmente incompetente, dovendosi nella specie la competenza attribuire, in via concorrente ed alternativa, o all’ufficiale giudiziario del luogo in cui la notifica doveva essere eseguita (Treviso), o a quello addetto all’autorità giudiziaria competente per la causa d’appello (Venezia): dall’incompetenza dell’ufficiale giudiziario il ricorrente fa discendere la nullità della notifica dell’atto d’appello e, conseguentemente, dell’intero procedimento di secondo grado e della relativa sentenza, non essendo intervenuta sanatoria data la mancata costituzione dell’appellato.

La doglianza è fondata, pur se non appaiono corrette le conseguenze che il ricorrente ne fa derivare.

Ed invero, posto che:

a) ai sensi dell’art. 106, 1° comma, D.P.R. n. 1229/1959, l’ufficiale giudiziario compie, con attribuzione esclusiva, gli atti del proprio ministero nell’ambito del mandamento ove ha sede l’ufficio al quale è addetto;

b) ai sensi del successivo art. 107, 2° comma, tutti gli ufficiali giudiziari possono eseguire, a mezzo del servizio postale, senza limitazioni territoriali, la notificazione degli atti relativi ad affari di competenza delle autorità giudiziarie della sede alla quale sono addetti;

se ne desume, come da costante giurisprudenza di questa Corte, che la competenza in materia di notificazione è per legge attribuita, in via concorrente ed alternativa, così all’ufficiale giudiziario del luogo in cui la notificazione deve essere eseguita, come a quello addetto all’autorità giudiziaria davanti alla quale deve trattarsi l’affare cui ha riguardo l’atto da notificare (Cass. sent. 3552/1984; in senso conf: sent. 5607 del 1987; 767/1985; 1778/1981; 1105/1980; e varie altre).

La norma non consente altre interpretazioni, posto il carattere “esclusivo” della competenza attribuita all’ufficiale giudiziario per le notifiche da eseguirsi nell’ambito dell’ufficio cui è addetto, salvo l’altro criterio, valido per le notifiche a mezzo del servizio postale, fissato con riferimento alla competenza delle autorità giudiziarie aventi sede nell’ambito dell’ufficio predetto.

Né, contrariamente a quanto deduce la controricorrente, la disciplina ha subito modifiche in virtù della legge 20.11.1982 n. 890 sulla notificazione degli atti a mezzo posta, essendosi questa limitata a stabilire, senza nulla immutare in materia di competenza territoriale, la facoltà, in genere, per l’ufficiale giudiziario di avvalersi del servizio postale per le notifiche di sua competenza, e l’obbligo di avvalersene per le notifiche da eseguirsi fuori del Comune ove ha sede l’ufficio di appartenenza. Deve dunque concludersi che, nella specie, l’atto d’appello doveva essere notificato, in via alternativa, o dall’ufficiale giudiziario addetto al Tribunale di Treviso, luogo ove la notifica doveva essere eseguita, o dall’ufficiale giudiziario addetto alla Corte d’appello di Venezia, autorità giudiziaria competente per la trattazione della causa: ne deriva la nullità della notifica eseguita dall’ufficiale giudiziario addetto al Tribunale di Pordenone, funzionalmente incompetente.

Trattasi peraltro, difformemente da quanto ritenuto dal ricorrente, di nullità relativa, suscettibile di essere sanata, con effetto retroattivo, dalla costituzione dell’intimato (come più volte stabilito da questa Corte: sent. 428/1987; sent. 5774/1984; sent. 4578/1984; sent. 4474/1981; ed altre), ovvero tramite la rinnovazione della notifica ad opera dell’ufficiale giudiziario competente, disposta dal giudice d’ufficio a norma dell’art. 291 c.p.c. (come affermato dalla sent. 7308/1983).

Tale provvedimento avrebbe nella specie dovuto adottare la Corte d’appello di Venezia, anziché dichiarare erroneamente la contumacia dell’appellato.

Non essendosi, dunque, ritualmente instaurato il contraddittorio in appello, il procedimento di secondo grado dovrà essere nuovamente celebrato, rinviandosi all’uopo la causa ad altra sezione della Corte d’appello di Venezia, cui viene rimessa anche la pronuncia sulle spese di questa fase del giudizio.

P.Q.M.
LA CORTE

Accoglie il ricorso.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra sezione della Corte d’appello di Venezia, che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma il 3 giugno 1994.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 11 FEBBRAIO 1995


Cass. civ. Sez. II, 21-05-1994, n. 5000

Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:

Dott. Francesco FAVARA Presidente

Dott. Aldo MARCONI Consigliere

Dott. Antonio PATIERNO Consigliere

Dott. Giuseppe BOSELLI Consigliere

Dott. Sergio CARDILLO Rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da

ORPELLO ANTONIO, elettivamente domiciliato in Roma, via S. Tommaso d’Aquino n. 90 presso lo studio del dott. Alfredo Pilloni e difeso dall’avvocato Francesco Del Vecchio in virtù di procura in calce al ricorso

Ricorrente

contro

VAGABOND s.p.a., in persona del legale rappresentante DOMENICO TACCHELLA, elettivamente domiciliata in Roma, via presso lo studio dell’avvocato Pasquale Paolitto e difeso dall’avvocato Giovanni Foresti in virtù di procura in calce al controricorso

Controricorrente

avverso la sentenza emessa dal Conciliatore di Verona il 13 dicembre 1990.

Sentita la relazione della causa svolta dal Cons. dott. SERGIO CARDILLO nella pubblica udienza del 24 gennaio 1994.

Udito il P.M. in persona del Sost. Proc. Gen. dott. MARTONE che ha concluso per l’accoglimento del 2 motivo assorbito il resto.

Svolgimento del processo
La società Vagabond s.p.a. convenne la ditta Orpello Sport di Antonio Orpello dinanzi al Conciliatore di Verona chiedendone la condanna al pagamento della somma di L. 852.200 a titolo di prezzo di merci vendute.

Nella contumacia del convenuto la causa fu istruita con la produzione di documenti e l’assunzione di una prova testimoniale.

Il Conciliatore con sentenza del 13 dicembre 1990 accolse la domanda.

Contro questa decisione ricorre Antonio Orpello sulla base di due motivi.

La società Vagabond resiste con controricorso illustrato con memoria.

Motivi della decisione
Il primo motivo, con il quale il ricorrente denunzia nullità della sentenza e del procedimento per omessa notificazione dell’atto introduttivo del giudizio, è privo di fondamento.

L’atto di citazione risulta notificato in data 19 marzo 1990 a mezzo del servizio postale alla Ditta Orpello Sport di Orpello Antonio in persona del suo omonimo titolare che appose la firma quale destinatario sull’avviso di ricevimento del plico raccomandato.

L’avvenuta sottoscrizione della ricevuta di ritorno, che fa fede fino a querela di falso e perfeziona la notificazione ai sensi dell’art. 7 della legge 20 novembre 1982, n. 890, rende inconsistente l’assunto del ricorrente.

Con il secondo motivo si denunzia nullità della sentenza e del procedimento per nullità della notificazione dell’atto di citazione eseguita dal messo dell’Ufficio di Conciliazione fuori del territorio di sua competenza.

Il motivo è fondato.

La notificazione degli atti in materia civile per mezzo dei messi di conciliazione è soggetta alla disposizione dettata dell’art. 175, dell’allegato 1, al T.U. approvato con R.D. 28 dicembre 1924, n. 2271, la quale stabilisce che gli uscieri di conciliazione, denominati messi a norma della legge 3 febbraio 1957, n. 16, esercitano le loro funzioni per gli affari di competenza del conciliatore nel territorio di rispettiva giurisdizione.

La competenza delimitata non consente al messo di procedere alla notificazione quando il destinatario dell’atto sia residente fuori dell’ambito territoriale dell’ufficio di conciliazione cui esso è addetto poiché, a norma dell’art. 34 del D.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229 (Ordinamento degli ufficiali giudiziari e degli aiutanti ufficiali giudiziari), soltanto il messo di conciliazione del luogo dove l’atto deve essere notificato può essere autorizzato dal capo dell’ufficio giudiziario, ove manchino o siano impediti l’ufficiale giudiziario o l’aiutante ufficiale giudiziario e ricorrano motivi di urgenza, a procedere alla notificazione (v. sent. 19 gennaio 1971, n. 264; 4 maggio 1978, n. 2082; 11 dicembre 1987, n. 9165).

La notificazione fuori del territorio di competenza non può essere effettuata neppure per mezzo del servizio postale, non essendo applicabile la disposizione dell’art. 107 del D.P.R. n. 1229 del 1959 che stabilisce, con riferimento ai soli ufficiali giudiziari, che costoro possono eseguire per posta, senza limitazioni territoriali, la notificazione degli atti relativi ad affari di competenza dell’autorità giudiziaria della sede alla quale sono addetti.

Ne deriva che, nel caso in esame, non era consentito al messo addetto all’ufficio di conciliazione di Verona di effettuare, a mezzo del servizio postale, la notificazione dell’atto introduttivo del giudizio ad Antonio Orpello residente in Torre del Greco.

La nullità della notificazione non è stata sanata né dalla costituzione dell’intimato, che è rimasto contumace nel giudizio di merito, né dalla rinnovazione dell’atto ai sensi dell’art. 291 c.p.c., che non è stata disposta dal Conciliatore.

Pertanto il ricorso deve essere accolto e le sentenza impugnata va cassata con rinvio al altro giudice, che si designa in un diverso Conciliatore di Verona, il quale, nella nullità della notificazione della citazione introduttiva, fisserà all’attrice, ai sensi dell’art. 291 c.p.c., un termine perentorio per rinnovare la notificazione e provvederà anche sulle spese di questo giudizio.

P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo del ricorso, accoglie il secondo motivo.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese al Conciliatore di Verona.

Così deciso in Roma in Camera di Consiglio il 24 gennaio 1994.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 21 MAGGIO 1994.


Legge n. 53 del 21 gennaio 1994

Legge 21 gennaio 1994 n. 53

Facoltà di notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati.

Articolo 1

1. L’avvocato, munito di procura alle liti a norma dell’articolo 83 del codice di procedura civile e della autorizzazione del consiglio dell’ordine nel cui albo è iscritto a norma dell’articolo 7 della presente legge, può eseguire la notificazione di atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale a mezzo del servizio postale, secondo le modalità previste dalla legge 20 novembre 1982, n. 890, salvo che l’autorità giudiziaria disponga che la notifica sia eseguita personalmente.

Articolo 2

1. Per la notificazione di cui all’articolo 1 il notificante utilizza speciali buste e moduli per avvisi di ricevimento, di cui deve fornirsi a propria cura e spese, conformi al modello prestabilito dall’Amministrazione postale per la notifica a mezzo posta.

Articolo 3

1. Il notificante di cui all’articolo 1 deve:

a)   scrivere la relazione di notificazione sull’originale e sulla copia dell’atto, facendo menzione dell’ufficio postale per mezzo del quale spedisce la copia al destinatario in piego raccomandato con avviso di ricevimento;

b)   presentare all’ufficio postale l’originale e la copia dell’atto da notificare; l’ufficio postale appone in calce agli stessi il timbro di vidimazione, inserendo quindi la copia, o le copie, da notificare nelle buste di cui all’articolo 2, sulle quali il notificante ha preventivamente apposto le indicazioni del nome, cognome, residenza o dimora o domicilio del destinatario, con l’aggiunta di ogni particolarità idonea ad agevolarne la ricerca; sulle buste devono essere altresì apposti il numero del registro cronologico di cui all’articolo 8, la sottoscrizione ed il domicilio del notificante;

c)   presentare contemporaneamente l’avviso di ricevimento compilato con le indicazioni richieste dal modello predisposto dall’Amministrazione postale, con l’aggiunta del numero di registro cronologico.

2. Per le notificazioni di atti effettuate prima dell’iscrizione a ruolo della causa o del deposito dell’atto introduttivo della procedura, l’avviso di ricevimento deve indicare come mittente la parte istante e il suo procuratore; per le notificazioni effettuate in corso di procedimento, l’avviso deve indicare anche l’ufficio giudiziario e, quando esiste, la sezione dello stesso.

3. Per il perfezionamento della notificazione e per tutto quanto non previsto dal presente articolo, si applicano, per quanto possibile, gli articoli 4 e seguenti della legge 20 novembre 1982, n. 890.

Articolo 4

1. L’avvocato, munito della procura e dell’autorizzazione di cui all’articolo 1, può eseguire notificazioni in materia civile, amministrativa e stragiudiziale, direttamente, mediante consegna di copia dell’atto nel domicilio del destinatario, nel caso in cui il destinatario sia altro avvocato, che abbia la qualità di domiciliatario di una parte e che sia iscritto nello stesso albo del notificante.

2. Nel caso di cui al comma 1, l’originale e la copia dell’atto devono essere previamente vidimati e datati dal consiglio dell’ordine nel cui albo entrambi sono iscritti.

Articolo 5

1. Nella notificazione di cui all’articolo 4 l’atto deve essere consegnato nelle mani proprie del destinatario.
2. Se la consegna non può essere fatta personalmente al destinatario, l’atto è consegnato, nel domicilio risultante al consiglio dell’ordine in cui il destinatario è iscritto, a persona addetta allo studio ovvero al servizio del destinatario.

3. In entrambi i casi di cui ai commi 1 e 2 l’originale e la copia dell’atto notificato nonché il registro cronologico di cui all’articolo 8 sono sottoscritti dalla persona alla quale l’atto è consegnato e, quando la consegna sia effettuata a persona diversa dal destinatario, la firma deve essere seguita, su entrambi i documenti summenzionati, dalla specificazione delle generalità e della qualità rivestita dal consegnatario.

Articolo 6

1. L’avvocato, che compila la relazione di cui all’articolo 3 o le annotazioni di cui all’articolo 5, è considerato pubblico ufficiale ad ogni effetto.

2. Il compimento di irregolarità o abusi nell’esercizio delle facoltà previste dalla presente legge costituisce grave illecito disciplinare, indipendentemente dalla responsabilità prevista da altre norme.

Articolo 7

1. L’avvocato, che intende avvalersi delle facoltà previste dalla presente legge, deve essere previamente autorizzato dal consiglio dell’ordine nel cui albo è iscritto; tale autorizzazione potrà essere concessa esclusivamente agli avvocati che non abbiano procedimenti disciplinari pendenti e che non abbiano riportato la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio professionale o altra più grave sanzione e dovrà essere prontamente revocata in caso di irrogazione delle dette sanzioni ovvero, anche indipendentemente dall’applicazione di sanzioni disciplinari, in tutti i casi in cui il consiglio dell’ordine, anche in via cautelare, ritenga motivatamente inopportuna la prosecuzione dell’esercizio delle facoltà previste dalla presente legge.

2. Il provvedimento di rigetto o di revoca, emesso in camera di consiglio dopo aver sentito il professionista, è impugnabile davanti al Consiglio nazionale forense nel termine di dieci giorni solo per motivi di legittimità ed è immediatamente esecutivo, indipendentemente dalla sua eventuale impugnazione.

3. In caso di revoca dell’autorizzazione, l’avvocato consegna al consiglio dell’ordine il registro di cui all’articolo 8, sul quale vengono annotati il provvedimento di revoca e l’eventuale annullamento del medesimo.

4. I provvedimenti del consiglio dell’ordine adottati ai sensi della presente legge sono resi pubblici nei modi più ampi.

Articolo 8

1. L’avvocato, che intende avvalersi delle facoltà previste dalla presente legge, deve munirsi di un apposito registro cronologico, il cui modello è stabilito con decreto del Ministro della giustizia, sentito il parere del Consiglio nazionale forense.

2. La validità del registro di cui al comma 1 è subordinata alla previa numerazione e vidimazione, in ogni mezzo foglio, da parte del presidente del consiglio dell’ordine nel cui albo il notificante è iscritto, o da un consigliere all’uopo delegato, previa l’autorizzazione di cui all’articolo 7.

3. Ogni notificazione eseguita ai sensi della presente legge è annotata dal notificante, giornalmente, sul registro cronologico, insieme alle eventuali annotazioni previste dagli articoli precedenti.

4. Il registro cronologico di cui al comma 1 può essere costituito da moduli continui vidimati uso computer.

Articolo 9

1. Nei casi in cui il cancelliere deve prendere nota sull’originale del provvedimento dell’avvenuta notificazione di un atto di opposizione o di impugnazione, ai sensi dell’articolo 645 del codice di procedura civile e dell’articolo 123 delle disposizioni per l’attuazione, transitorie e di coordinamento del codice di procedura civile, il notificante provvede, contestualmente alla notifica, a depositare copia dell’atto notificato presso il cancelliere del giudice che ha pronunciato il provvedimento.

Articolo 10

1. Agli atti notificati ai sensi della presente legge è apposta, al momento dell’esibizione o del deposito nella relativa procedura, apposita marca, il cui modello e importo sono stabiliti con decreto del Ministro della giustizia.

2. Per le violazioni della disposizione di cui al comma 1 si applicano le sanzioni previste per l’imposta di bollo, con le stesse modalità e procedure, in quanto applicabili.

Articolo 11

1. Le notificazioni di cui alla presente legge sono nulle e la nullità è rilevabile d’ufficio, se mancano i requisiti soggettivi ed oggettivi ivi previsti, se non sono osservate le disposizioni di cui agli articoli precedenti e, comunque, se vi è incertezza sulla persona cui è stata consegnata la copia dell’atto o sulla data della notifica.

Articolo 12

1. I decreti del Ministro della giustizia previsti agli articoli 8 e 10 sono emanati entro novanta giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale della presente legge.

Articolo 13

La presente legge entra in vigore il 1° luglio 1994, fatta eccezione per le disposizioni di cui all’articolo 12.

    * Il D.M. 27 maggio 1994 n. 595400 ha istituito il registro cronologico ad uso degli avvocati per notifica di atti civili, amministrativi e stragiudiziali, prevedendo:

    Articolo 1

    E’ istituito per l’avvocato che intende procedere alla notificazione di atti civili, amministrativi e stragiudiziali un registro cronologico conforme al modello allegato al presente decreto; il registro può essere composto da moduli continui vidimati uso computer, conformi al modello approvato.

    Articolo 2

    Agli atti notificati, ai sensi della legge 21 gennaio 1994, n. 53, devono essere apposte una o più marche da bollo di importo:

    di L. 5.000 per gli atti aventi fino a due destinatari;

    di L. 15.000 per gli atti aventi da tre a sei destinatari;

    di L. 24.000 per gli atti aventi più di sei destinatari.

    Le marche da bollo apposte agli atti di cui sopra devono essere annullate, prima dell’uso, nei modi previsti dall’art. 12 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642 e successive modificazioni.