REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 2297 del 2021, proposto da Ministero della Giustizia, in persona del ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio presso i suoi uffici in Roma, via dei Portoghesi 12;
contro
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Alessandro Lipani, con domicilio digitale p.e.c. indicato nei registri di giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania – Sede di Napoli (sezione prima) n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente la domanda di monetizzazione del congedo ordinario non goduto;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del dottor -OMISSIS-;
Viste le memorie e tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 ottobre 2021 il consigliere Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati delle parti, come da verbale di udienza;
Svolgimento del processo
1. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Campania – Sede di Napoli il dottor -OMISSIS-, già magistrato ordinario, ora in congedo, chiedeva che fosse accertato il suo diritto alla monetizzazione dei giorni di congedo ordinario non fruiti negli anni 2017 e 2018, prima del suo collocamento a riposo per limiti di età, avvenuto nell’agosto del 2018, dopo che questo gli era stato negato dal Ministero della giustizia, con provvedimento della Direzione generale magistrati in data -OMISSIS- (-OMISSIS-), di cui chiedeva l’annullamento.
2. A fondamento del diniego impugnato era posto l’art. 5, comma 8, del D.L. 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini; convertito con modificazioni nella L. 7 agosto 2012, n. 135), a tenore del quale le ferie “sono obbligatoriamente fruit(e) secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti e non danno luogo in nessun caso alla corresponsione di trattamenti economici sostitutivi. La presente disposizione si applica anche in caso di cessazione del rapporto di lavoro per mobilità, dimissioni, risoluzione, pensionamento e raggiungimento del limite di età”. Nella nota di diniego erano inoltre richiamate la giurisprudenza e la prassi ministeriale formatesi in relazione alla disposizione di legge, in base alle quali la monetizzazione può essere riconosciuta in “ipotesi eccezionali”, ovvero nei soli casi in cui “l’impossibilità di fruire delle ferie, sia stata imprevedibile e non riconducibile in alcun modo al dipendente”. Per il Ministero della giustizia questa ipotesi non era ravvisabile in caso di collocamento a riposo per limiti di età, da considerarsi invece un fatto “da sempre prevedibile da parte del magistrato”.
3. Nel contraddittorio con il Ministero il Tribunale amministrativo accoglieva il ricorso, ed annullato il diniego accertava il diritto del -OMISSIS- a ricevere “il trattamento economico equivalente ai giorni di ferie non goduti”. Ciò sul rilievo che nel caso di specie il ricorrente aveva richiesto di fruire dei giorni di congedo spettantigli (per un totale di 47) e si era visto sempre opporre dinieghi motivati da esigenze di servizio, per cui l’impossibilità sopravvenuta conseguente al collocamento a riposo d’ufficio non poteva essere a lui imputata.
4. Per la riforma della sentenza di primo grado il Ministero della giustizia ha proposto appello, al quale resiste il ricorrente.
Motivi della decisione
1. Nel censurare la pronuncia di primo grado di accoglimento del ricorso, l’appello del Ministero della giustizia premette che con sentenza 6 maggio 2016, n. 95, la Corte costituzionale ha interpretato il citato art. 5, comma 8, del D.L. 6 luglio 2012, n. 95, nel senso che il divieto di monetizzazione in esso contenuto opera ogniqualvolta l’impossibilità di fruire delle ferie “sia riconducibile a una scelta o a un comportamento del lavoratore (dimissioni, risoluzione) o a eventi (mobilità, pensionamento, raggiungimento dei limiti di età), che comunque consentano di pianificare per tempo la fruizione delle ferie e di attuare il necessario contemperamento delle scelte organizzative del datore di lavoro con le preferenze manifestate dal lavoratore”; e che per contro esulano dal suo ambito di applicazione “le vicende estintive del rapporto di lavoro non imputabili alla volontà delle parti”. In questa linea l’appello ricorda che in fattispecie analoghe la giurisprudenza amministrativa ha respinto la domanda del magistrato di monetizzazione delle ferie formulata a ridosso del collocamento a riposo d’ufficio, non seguita dalla relativa fruizione per l’intervenuta cessazione del rapporto di impiego per tale causa (viene richiamata, e prodotta in allegato all’appello, la sentenza del 10 febbraio 2016, n. 1712, del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio – Sede di Roma).
2. Tanto premesso, l’appello sostiene che la presente fattispecie avrebbe caratteristiche in termini con quelle del precedente ora richiamato, dal momento che il -OMISSIS- ha formulato una prima domanda di ferie il 21 ottobre 2017, respinta perché “il periodo richiesto era troppo esteso e non coerente con le esigenze di servizio”; e una seconda domanda il 19 febbraio 2018, quando il ricorrente era nel frattempo stato nominato membro della commissione di concorso a magistrato, su sua domanda; la domanda è stata quindi respinta su parere contrario del presidente della commissione di concorso. Al riguardo si sottolinea che a fronte del primo rigetto il -OMISSIS- avrebbe potuto frazionare i periodi di congedo e che il secondo rigetto non può essere ritenuto “equivalente a “rifiuto del datore di lavoro” ai sensi della giurisprudenza sopra citata”. Ad ulteriore dimostrazione dell’imputabilità al ricorrente l’appello ricorda che per il personale di magistratura ordinaria il congedo ordinario deve normalmente essere fruito in coincidenza con il periodo di sospensione feriale, salve diverse ragioni di servizio, e che è ammessa la possibilità di superare il termine massimo dato dal primo semestre dell’anno successivo (art. 15 della L. 11 luglio 1980, n. 312 – Nuovo assetto retributivo-funzionale del personale civile e militare dello Stato) per oggettiva e comprovata impossibilità. La sentenza di primo grado avrebbe perciò errato nel considerare a favore del -OMISSIS- le “isolate” istanze di ferie del 2017 e 2018, senza invece valutare quanto sul punto dedotto da essa resistente, e cioè che “non risultano agli atti altre istanze, nel lungo lasso di tempo in cui l’interessato avrebbe potuto (e dovuto) organizzarsi con largo anticipo per poter fruire della ferie, sapendo che sarebbe stato collocato a riposo”. Sulla base di ciò, l’appello conclude nel senso che il ricorrente, in vista del collocamento a riposto previsto per l’agosto del 2018, era nelle condizioni di programmare le proprie ferie residue in modo da esaurire quelle maturate a suo favore prima della cessazione del rapporto di impiego, per cui lo stesso non può fondatamente addurre l’impossibilità a lui non imputabile in funzione della monetizzazione.
3. Le censure così sintetizzate sono infondate.
4. Deve premettersi che non è in contestazione l’interpretazione del divieto di monetizzazione delle ferie non godute sancito dal più volte menzionato art. 5, comma 8, del D.L. 6 luglio 2012, n. 95, data dalla Corte costituzionale con sentenza 6 maggio 2016, n. 95, richiamata dall’amministrazione appellante, secondo cui esso si applica quando l’impossibilità di fruire delle ferie è correlata ad un evento prevedibile incidente sul rapporto di impiego, come nel caso di collocamento a riposo d’ufficio, il quale consente di “programmare per tempo la fruizione delle ferie e di attuare il necessario contemperamento delle scelte organizzative del datore di lavoro con le preferenze manifestate dal lavoratore”.
5. Nel caso di specie non è tuttavia possibile ritenere che l’interessato non si sia attivato a tale scopo. E’ infatti pacifico, e provato per documenti, che il -OMISSIS- ha chiesto di fruire delle ferie residue del 2017 e di quelle maturate nel 2018 fino al collocamento a riposo, e che nondimeno le istanze sono state respinte. Come deduce quest’ultimo nella propria memoria difensiva, la circostanza in questione vale a distinguere il caso oggetto del presente giudizio da quello invece deciso nel precedente del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio richiamato dal Ministero appellante (sentenza 10 febbraio 2016, n. 1712), nella cui motivazione si legge che il magistrato ricorrente in quel giudizio non aveva provato “di essere stato nella oggettiva impossibilità, per fatto a lui non imputabile, di godere delle suddette ferie. Né ha documentato di aver, in ipotesi, chiesto di poter usufruire del periodo di ferie del 2015 ed eccezionalmente, anche di quello del 2014, e di essersi visto opporre un rifiuto per esigenze di servizio o per altri motivi”. Nel caso oggetto del presente giudizio il ricorrente si è infatti attivato per evitare di perdere i giorni di ferie ancora da fruire, ed in particolare sia i residui giorni del 2017 che per quelli maturati nel 2018, anno di collocamento a riposo.
6. Il Ministero della giustizia sostiene nondimeno che le due istanze di ferie non sarebbero sufficienti a dimostrare l’oggettiva impossibilità per il magistrato di fruire del congedo spettantegli, e che, in particolare, a fronte del primo rigetto lo stesso ricorrente avrebbe potuto rimodulare il residuo annuale del 2017 di 27 giorni, richiesto al di fuori del periodo di sospensione feriale, mentre il secondo, giustificato dalle evidenti esigenze connesse all’attività della commissione di concorso a magistrato ordinario, non sarebbe imputabile al datore di lavoro, e comunque va fatto risalire alla disponibilità in precedenza data dal ricorrente ad essere nominato commissario.
7. Entrambe le deduzioni vanno respinte.
Deve in contrario affermarsi che il duplice rigetto per ragioni di servizio delle domande di ferie, che come esposto in precedenza non è contestato, è al contempo sufficiente a dimostrare che l’impossibilità di fruire delle ferie a causa del sopravvenuto collocamento a riposo d’ufficio non è imputabile al lavoratore, ma alla stessa amministrazione, in ragione delle esigenze di organizzazione del lavoro su cui tale duplice rigetto si fonda. Al medesimo riguardo sono invece irrilevanti le specifiche ragioni addotte in sede di diniego delle due domande di ferie, posto che ai fini della verifica dei presupposti relativi al diritto alla monetizzazione è sufficiente riscontrare se in vista di una causa di cessazione del rapporto di impiego prevedibile il lavoratore si sia attivato per quanto in suo potere per evitare di giungervi con periodi di congedo dal lavoro non ancora fruiti.
8. Per contro, nell’imputare l’impossibilità di fruizione al magistrato che nondimeno abbia richiesto di fruire delle ferie a lui spettanti il Ministero della giustizia pone a carico dello stesso un onere di allegazione e prova diabolico, concernente le modalità che in ipotesi avrebbero potuto rendere le sue domande accoglibili. Un simile argomentare ribalta impropriamente sul lavoratore la ricerca di soluzioni atte a contemperare l’esigenza di riposo con quelle di organizzazione del servizio, le quali invece spettano in via esclusiva alla parte datoriale.
9. Evidentemente da respingere è poi l’assunto secondo cui l’incarico di commissario per il concorso a magistrato ordinario, pacificamente afferente ai doveri d’ufficio del magistrato stesso, costituisca ragione sufficiente per ritenere che l’impossibilità di fruire delle ferie sia a questo imputabile piuttosto che non all’amministrazione della giustizia, competente sul reclutamento dei magistrati e quindi sull’indizione e lo svolgimento dei relativi concorsi. Deve in particolare escludersi che possa essere imputata alla disponibilità in precedenza dichiarata dal ricorrente ad assumere l’incarico in questione l’impossibilità di fruire delle ferie ancora spettantegli a tale momento, poiché ancora una volta con tale argomentare l’espletamento di compiti rispondenti alle esigenze dell’amministrazione viene indebitamente fatto gravare sul lavoratore sotto il profilo della mancata fruizione del congedo che questi aveva invece richiesto.
10. In forza dei rilievi svolti rimane dunque confermato l’accertamento svolto sul punto decisivo nella presente controversia dalla sentenza di primo grado, e cioè che la mancata fruizione delle ferie non è imputabile al -OMISSIS-, pur a fronte del prevedibile collocamento a riposo, dal momento che quest’ultimo si era attivato per tempo per esaurire le ferie non ancora fruite, ma si era sempre visto opporre un rifiuto dall’amministrazione.
11. In conclusione l’appello deve essere respinto. Le spese di causa sono regolate secondo soccombenza e liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e condanna il Ministero della giustizia a rifondere al dottor -OMISSIS- le spese di causa, liquidate in € 3.000,00, oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 ottobre 2021 con l’intervento dei magistrati:
Fabio Franconiero, Presidente FF, Estensore
Federico Di Matteo, Consigliere
Alberto Urso, Consigliere
Giuseppina Luciana Barreca, Consigliere
Anna Bottiglieri, Consigliere