Cass. civ. Sez. lavoro, Ord., (ud. 23-09-2020) 08-02-2021, n. 2972

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano P. – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23652-2016 proposto da:

AZIENDA MULTISERVIZI E IGIENE URBANA TARANTO S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE DELLA VITTORIA 10/B, presso lo studio dell’avvocato ANNAMARIA DE NICOLO, rappresentata e difesa dall’avvocato MATTEO MALANDRINO;

– ricorrenti –

contro

L.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BASENTO 37, presso lo studio dell’avvocato PAOLO PIZZUTI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 142/2016 della CORTE D’APPELLO DI LECCE SEZIONE DISTACCATA DI TARANTO, depositata il 30/05/2016 R.G.N. 819/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/09/2020 dal Consigliere Dott. MATILDE LORITO;

il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA MARCELLO, ha depositato conclusioni scritte.

Svolgimento del processo
CHE:

Il Tribunale di Taranto respingeva le domande proposte da L.E. nei confronti della AMIU s.p.a. volte a conseguire l’inquadramento nel livello Quadri, o in subordina nel livello VIII o ancora nel livello VII per aver espletato mansioni superiori rispetto a quelle di formale appartenenza, del livello VI. Detta pronunzia veniva parzialmente riformata dalla Corte d’Appello di Lecce, sez. distaccata di Taranto che accertava il diritto della lavoratrice all’inquadramento nel livello VIII del c.c.n.l. Servizi Ambientali del 30/6/2008 a far tempo dal gennaio 2011 e condannava la società al pagamento delle differenze retributive maturate con decorrenza dalla stessa data.

La Corte di merito perveniva a tali approdi all’esito dello scrutinio delle acquisizioni probatorie che avevano chiaramente mostrato lo svolgimento da parte ricorrente, di quella immediata collaborazione con la direzione aziendale richiesta dalla dec1aratoria professionale del superiore livello rivendicato.

Avverso tale decisione interpone ricorso per cassazione la s.p.a. AMIU sulla base di due motivi.

Resiste con controricorso la parte intimata.

Sono state depositate memorie da entrambe le parti ex art. 380 bis c.p.c. Il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso.

Motivi della decisione
CHE:

1. Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2103 c.c. e dell’art. 16 c.c.n.l. dei servizi ambientali 30/6/2008 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 ed omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Ci si duole che la Corte di merito abbia omesso di effettuare ogni indagine in relazione allo svolgimento di un periodo superiore a tre mesi di effettivo servizio ai fini dell’accertamento della superiore qualifica rivendicata.

Si osserva che nel giudizio di merito la società aveva prodotto fogli presenza relativi all’anno (OMISSIS) dai quali si desumeva che la dipendente era stata assente per i mesi di (OMISSIS), essendo presente al lavoro per un numero di 67 giornate lavorative.

La totale omissione dell’esame circa la durata del periodo di svolgimento di asserite mansioni superiori, discusso fra le parti, integrava un evidente difetto di motivazione oltre che una violazione della disposizione contrattualcollettiva di cui all’art. 16, alla cui stregua l’assegnazione di un superiore livello di inquadramento diviene definitiva dopo un periodo di tre mesi di effettivo servizio.

2. Il motivo palesa plurimi, concorrenti profili di inammissibilità.

In violazione del principio di specificità che governa il ricorso per cassazione, consacrato dall’art. 366 c.p.c., nn. 3, 4 e 6 la società ricorrente ha omesso di indicare tempi e modi di formulazione della eccezione relativa alla mancanza dei requisiti previsti dalla contrattazione collettiva per l’accertamento del diritto alla qualifica superiore, in relazione al mancato svolgimento nell’anno (OMISSIS) di almeno tre mesi di lavoro, essendosi limitata a dedurre di aver prodotto la relativa documentazione.

Tuttavia, secondo insegnamento di questa Corte, i dati fattuali, interessanti sotto diverso profilo la domanda attrice, devono tutti essere esplicitati in modo esaustivo o in quanto fondativi del diritto fatto valere in giudizio o in quanto volti ad introdurre nel giudizio stesso circostanze di mera rilevanza istruttoria, non potendosi negare la necessaria circolarità, per quanto attiene al rito del lavoro, tra oneri di allegazione, oneri di contestazione ed oneri di prova; circolarità attestata dal combinato disposto dell’art. 414 c.p.c., nn. 4 e 5 e dall’art. 416 c.p.c., comma 3, (cfr. al riguardo Cass. 17/4/2002 n. 5526 Cass. S.U. 17/6/2004 n. 11353, Cass. 4/10/2013 n. 22738).

E’ opportuno sul punto evidenziare, con riferimento ai fatti sui quali si fonda la domanda attrice, come la contestazione – per evitare ricadute pregiudizievoli per il convenuto – non possa essere generica, non possa cioè concretizzarsi in formule di stile, in espressioni apodittiche o in asserzioni meramente negative, ma debba essere invece puntuale, circostanziata, dettagliata ed onnicomprensiva di tutte le circostanze in relazione alle quali viene chiesta l’ammissione della prova.

Non è invero priva di significato l’espressione “in maniera precisa e non limitata ad una generica contestazione”, inclusa nell’incipit dell’art. 416 c.p.c., comma 3 (“Nella stessa memoria il convenuto deve prendere posizione, in maniera precisa e non limitata ad una generica contestazione, circa i fatti affermati dall’attore a fondamento della domanda”).

Nello specifico, si impone l’evidenza della carenza di enunciazione di tempi e modi nei quali il fatto costitutivo del diritto vantato dalla attrice, esplicitato in modo esaustivo con riferimento allo svolgimento delle mansioni superiori in relazione al periodo prescritto dalla legge e dai contratti collettivi, sarebbe stato oggetto di specifica contestazione – da parte datoriale così come della rituale produzione del relativo corredo documentale, al quale si fa riferimento in sede di ricorso per cassazione (vedi per tutte Cass. 1/8/2008 n. 21032).

Nell’ottica descritta, in assenza di qualsivoglia riferimento contenuto nella pronuncia impugnata alle suesposte difese (memoria depositata in primo grado ed in sede di gravame), la censura deve ritenersi affetta da irredimibile inammissibilità.

3. Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2103, 1362, 1363 c.c. e dell’art. 16 c.c.n.l. dei servizi ambientali 30/6/2008 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Ci si duole che la Corte di merito abbia riconosciuto il livello di inquadramento VIII oggetto di rivendicazione, senza tener conto dei principi invalsi nella giurisprudenza della Suprema Corte secondo cui nell’interpretazione di un contratto collettivo, in particolare aziendale, ai fini della classificazione del personale ha rilievo preminente la considerazione degli specifici profili professionali, rispetto alle declaratorie contenenti la definizione astratta dei livelli di professionalità.

I giudici del gravame si sarebbero limitati a richiamare la sola declaratoria del livello oggetto di riconoscimento, omettendo ogni doverosa considerazione circa i profili esemplificativi enunciati dalla disposizione di riferimento.

4. La censura è priva di pregio.

Occorre premettere, per un corretto iter motivazionale, che, momento ineludibile del giudizio volto alla determinazione dell’inquadramento del lavoratore subordinato, è il cd. percorso trifasico.

Detto procedimento logico-giuridico, secondo l’insegnamento di questa Corte, si sviluppa in tre fasi successive, consistenti nell’accertamento in fatto delle attività lavorative in concreto svolte, nell’individuazione delle qualifiche e dei gradi previsti dal contratto collettivo di categoria e nel raffronto tra il risultato della prima indagine ed i testi della normativa contrattuale individuati nella seconda, essendo sindacabile in sede di legittimità qualora la pronuncia abbia respinto la domanda senza dare esplicitamente conto delle predette fasi (cfr. ex aliis, Cass. 27/9/2010 n. 20272, Cass. 28/4/2015 n. 8589, Cass. 22/11/2019 n. 30580).

Sempre secondo i condivisi dicta di questa Corte (vedi Cass. 27/9/2016 n. 18943) l’osservanza del cd. criterio “trifasico”, da cui non si può prescindere nel procedimento logico-giuridico diretto alla determinazione dell’inquadramento del lavoratore, non richiede che il giudice si attenga pedissequamente alla ripetizione di una rigida e formalizzata sequenza delle azioni fissate dallo schema procedimentale, ove risulti che ciascuno dei momenti di accertamento, di ricognizione e di valutazione abbia trovato concreto ingresso nel ragionamento decisorio, concorrendo a stabilirne le conclusioni.

Nello specifico, deve rimarcarsi come la Corte di merito abbia addotto una serie di argomentazioni idonee a confermare la ricorrenza degli elementi dalla medesima ricorrente posti a fondamento del diritto azionato, che inducono a ritenere percorso il paradigma motivazionale enucleato dalla giurisprudenza di legittimità ai fini qui considerati.

La Corte distrettuale ha innanzitutto fatto richiamo al livello VI in godimento, riservato ai lavoratori che svolgono mansioni comportanti facoltà di decisione e autonomia operativa limitate agli obiettivi di appartenenza.

Ha inoltre rimarcato come dalle acquisizioni probatorie, anche di natura documentale, si fosse imposta l’evidenza che la ricorrente, quantomeno dal (OMISSIS), aveva adempiuto alle mansioni a lei ascritte in totale autonomia, selezionando gli aspetti da privilegiare in relazione alle questioni da risolvere. La Co4rte ha inoltre considerato la varietà delle materie in relazione alle quali era richiesta la consulenza della lavoratrice – (studio della normativa in tema di servizi di igiene urbana e di flussi finanziari, dei profili di responsabilità penale di enti e Società, predisposizione di bandi di gara, della materia disciplinare…) e la diretta interlocuzione della stessa con la direzione sulle descritte rilevanti tematiche.

Ha quindi, congruamente concluso come non aderente alle previsioni del c.c.n.l. di settore l’attribuzione all’appellante del livello VI, considerato che i contenuti di ricerca e di studio elaborati dalla dipendente erano di fatto, integralmente recepiti dalla direzione, così realizzandosi quel requisito coessenziale alla qualifica del VIII, del potere di incidere sulle scelte aziendali proprio della attività svolta.

La struttura logico-giuridica che innerva l’impugnata sentenza, risponde dunque, ai canoni che definiscono una corretta sussunzione della fattispecie nell’archetipo normativo di riferimento, non assumendo valenza decisiva la denunciata omissione di ogni riferimento da parte della Corte di merito, ai profili professionali corrispondenti alla declaratoria contrattuale relativa al livello rivendicato, considerata la natura esemplificativa degli stessi.

Va precisato al riguardo che la figura di “responsabile dell’ufficio contenzioso” corrispondente alla attività espletata dalla ricorrente, si poneva come in termini di atipicità rispetto al settore “raccolta rifiuti” entro il quale operava, sicchè gli approdi ai quali è pervenuta la Corte di merito non possono ritenersi in contrasto con la giurisprudenza di legittimità citata dalla ricorrente, secondo cui le parti collettive classificano il personale sulla base di specifiche figure professiofiali dei singoli settori produttivi, ordinandole su scala gerarchica, e successivamente elaborano le declaratorie astratte, allo scopo di consentire l’inquadramento di figure professionali atipiche o nuove (vedi Cass. 23/2/2016 n. 3547).

5. Non può, poi, sottacersi che comunque le critiche articolate dalla difesa della ricorrente non hanno il tono proprio di una censura di legittimità.

Esse; sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione e falsa applicazione di norme legge e di disposizioni di contratto collettivo, degradano in realtà verso l’inammissibile richiesta a questa Corte di una rivalutazione dei fatti storici da cui è originata l’azione (cfr. Cass., Sez. Un., 17/12/2019 n. 33373).

Con riferimento alle tipologie di controversie sovrapponibili a quella oggetto del presente vaglio, è consolidato l’insegnamento di questa Corte secondo cui l’accertamento della natura delle mansioni concretamente svolte dal dipendente, ai fini dell’inquadramento del medesimo in una determinata categoria di lavoratori, una volta rispettato – così come nella specie – costituisce giudizio di fatto riservato al giudice del merito ed è insindacabile, in sede di legittimità, se sorretto da congrua motivazione (vedi Cass. 30/10/2008 n. 26234, Cass. 31/12/2009 n. 28284, Cass. 28/4/2015 n. 8589).

Discende quindi, da quanto sinora detto, che sotto tutti i profili delineati, la sentenza impugnata si sottrae alle formulate censure.

Il ricorso va, pertanto, respinto.

La regolazione delle spese inerenti al presente giudizio, segue il regime della soccombenza, nella misura in dispositivo liquidata.

Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità liquidate in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 23 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2021


Modalità di differenziazione del premio individuale

Segnalazione dell’ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni
Ai fini della corretta applicazione dell’art. 69 del CCNL del 21 maggio 2018 può considerarsi coerente con la ratio della norma la previsione, in sede di contrattazione integrativa, di un premio individuale differenziato attribuibile ai dipendenti che abbiano conseguito una valutazione pari o superiore al 95%?
In caso affermativo, se nessun dipendente raggiunge la soglia richiesta, il complessivo importo destinato alla maggiorazione può essere distribuito a tutto il personale?
Testo del Provvedimento
Con riferimento alla questione in oggetto, in merito alla corretta applicazione dell’istituto relativo alla differenziazione del premio individuale si ritiene opportuno osservare quanto segue.
L’art. 69 del CCNL delle Funzioni Locali del 21.5.2018, come noto, in materia di differenziazione del premio individuale, al comma 2, dispone che: “La misura di detta maggiorazione, definita in sede di contrattazione integrativa, non potrà comunque essere inferiore al 30% del valore medio pro-capite dei premi attribuiti al personale valutato positivamente ai sensi del comma 1” ed al comma 3 che “La contrattazione integrativa definisce altresì, preventivamente, una limitata quota massima di personale valutato, a cui tale maggiorazione può essere attribuita”.
Pertanto, la ricordata disciplina contrattuale demanda alla contrattazione di secondo livello, oltre alla misura della maggiorazione nel rispetto del valore minimo previsto dal CCNL, la definizione di una limitata quota massima di personale al quale, per aver conseguito la valutazione più elevata, potrà essere attribuita la maggiorazione del premio individuale scorrendo la graduatoria risultante dal sistema di valutazione adottato dall’ente fino a saturazione della quota predetta.
Si ritiene opportuno al riguardo precisare altresì che la disciplina contrattuale collettiva nazionale in parola non ha dato alla contrattazione integrativa alcuna delega negoziale per l’individuazione di una soglia valutativa cui collegare il riconoscimento della maggiorazione del premio individuale atteso che un simile meccanismo, come si evince dalla problematica dedotta con il secondo quesito, potrebbe oggettivamente prestarsi ad una applicazione elusiva della disciplina stessa.
Per agevolare la corretta applicazione della disciplina contrattuale collettiva in esame si ritiene opportuno suggerire il seguente percorso:
a) determinare preventivamente, nell’ambito delle risorse destinate a tale finalità, l’ammontare medio pro-capite del premio collegato alla performance individuale da riconoscere al personale valutato positivamente;
b) successivamente, in sede di contrattazione integrativa, definire il valore della maggiorazione del premio individuale, da riconoscere ai dipendenti che abbiano conseguito le valutazioni più elevate, in misura comunque non inferiore al 30% del valore medio dei premi come determinati alla lett. a)
c) determinare, sempre in sede di contrattazione integrativa, una limitata quota massima di personale valutato cui dovrà essere riconosciuta la maggiorazione di premio individuale, nell’importo di cui alla lett. b);
d) dalle complessive risorse destinate ai premi individuali, di cui alla lett. a), prelevare quelle destinate alla corresponsione della maggiorazione, calcolandole sulla base del valore della stessa, ai sensi della lett. b), e della limitata quota di personale di cui alla lett. c).


Decorrenza delle attribuzione delle progressioni economiche orizzontali

Segnalazione dell’ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni
Testo del Provvedimento
Se un Ente ha definito l’Ipotesi di contratto integrativo triennale (2019-2021), finanziando le progressioni organizzative per il 2019 e contabilizzando le relative risorse entro tale anno, ma la sottoscrizione definitiva del contratto integrativo è intervenuta solo a luglio del 2020, è possibile in forza dell’Ipotesi definita nel 2019 e della copertura finanziaria dalla stessa prevista attribuire le progressioni economiche orizzontali dall’1.1.2019?

Con riferimento alla questione in oggetto, appare preliminarmente necessario chiarire quale sia il momento genetico del contratto collettivo, sia nazionale che integrativo, nel sistema della contrattazione collettiva propria del lavoro pubblico privatizzato.
Al riguardo mette conto anzitutto osservare che non soccorre pienamente, nella fattispecie, il disposto dell’art. 1326 cod. civ., che costituisce il paradigma normativo della conclusione del contratto nell’ordinamento civilistico e che in tale ordinamento è riferibile anche ai contratti collettivi di lavoro, giusta il quale “il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell’accettazione dell’altra parte…”.
Infatti, nel caso della contrattazione collettiva di lavoro disciplinata dal d.lgs. 165/2001 e smi, in ragione dei suoi profili di specialità, prima che la parte pubblica risulti giuridicamente nella condizione di sottoscrivere il contratto collettivo quale fonte delle obbligazioni da esso scaturenti è necessario che sia stato positivamente esperito l’iter autorizzatorio previsto dallo stesso d.lgs. 165/2001 e smi (e per il contratto integrativo eventualmente anche dal CCNL) del quale l’ipotesi di contratto sottoscritta dalle parti costituisce il presupposto ma che, ai fini dell’applicazione al personale del suo contenuto, non ha alcuna efficacia giuridica non essendo il contratto ancora venuto ad esistenza.
Ad ulteriore conferma di tale ricostruzione della disciplina sul momento genetico del contratto collettivo di lavoro e sul valore giuridico dell’ipotesi di contratto nel regime del d.lgs. 165/2001 e smi, l’art. 40, comma 4 del medesimo testualmente recita: “Le pubbliche amministrazioni adempiono agli obblighi assunti con i contratti collettivi nazionali o integrativi dalla data della sottoscrizione definitiva e ne assicurano l’osservanza nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti”, così esplicitamente confermando nella “sottoscrizione definitiva” il momento genetico del contratto stesso.
In tale prospettiva ermeneutica deve essere correttamente interpretata la clausola dell’art. 16, comma 7 del CCNL 21.05.2018 la quale testualmente recita: “L’attribuzione della progressione economica orizzontale non può avere decorrenza anteriore al 1° gennaio dell’anno nel quale viene sottoscritto il contratto integrativo che prevede l’attivazione dell’istituto, con la previsione delle necessarie risorse finanziarie”.
Poiché la sopra ricordata disciplina contrattuale non consente interpretazioni contra litteram non si ritiene possibile la decorrenza retroattiva al 1° gennaio 2019.
Al riguardo si ritiene opportuno far presente che la prassi del tardivo avvio in corso d’anno delle trattative per il rinnovo del contratto integrativo e la sua sottoscrizione definitiva nell’anno successivo, oltre a non risultare rispondente al sistema negoziale configurato dalla disciplina legislativa e contrattuale, non consente neppure, intervenendo ad esercizio concluso, di attuare una corretta programmazione e gestione delle risorse finanziarie e umane.


Cass. civ. Sez. Unite, Sent., (ud. 03-11-2020) 05-02-2021, n. 2866

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CURZIO Pietro – Primo Presidente –
Dott. RAIMONDI Guido – Presidente di sez. –
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente di sez. –
Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –
Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 4450-2016 proposto da:
W.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO 36-B, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO SCARDIGLI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato PIERO PETROCCHI;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI FIRENZE, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati DEBORA PACINI, ed ANDREA SANSONI;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 2587/2015 del TRIBUNALE di FIRENZE, depositata il 14/07/2015;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/11/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SGROI CARMELO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso incidentale e cassazione senza rinvio della decisione impugnata;
udito l’Avvocato Massimo Scardigli.
Svolgimento del processo
1.-1 cittadino tedesco W.C. proponeva, con ricorso innanzi al Giudice di Pace di Firenze, opposizione a verbale di contravvenzione al Codice della Strada, per transito senza autorizzazione in zona a traffico limitato, elevato dalla Polizia Municipale di quella Città.
Nella fattispecie l’infrazione era stata contestata al cittadino straniero ricorrente tramite invio di lettera raccomandata (da parte, più specificamente, della European Municipality Outsourcing, divisione della Nivi Credit S.r.l.).
Con la detta proposta opposizione venivano dedotti vari vizi di invalidità del verbale e fra essi, in particolare e per quanto oggi rileva, il vizio di nullità per inesistenza della notifica del verbale stesso.
All’esito del giudizio svolto in contraddittorio con l’evocato Comune di Firenze, che resisteva instando per il rigetto del ricorso, l’adito Giudice di prime cure rigettava l’opposizione.
Di seguito il Tribunale di Firenze, con sentenza del 14 luglio 2015, dichiarava inammissibile l’appello interposto dall’originario opponente. Più in particolare con tale ultima sentenza si affermava che, quand’anche fossero state violate – in occasione della notifica del verbale de quo le formalità di notifica imposte dalla Convenzione di Strasburgo del 24 novembre 1977, poichè la notifica risultava effettuata a mezzo del servizio postale in conformità della legislazione nazionale, ciò avrebbe integrato un motivo di nullità e non di inesistenza della notificazione stessa con conseguente sanatoria della nullità per l’avvenuto raggiungimento dello scopo ovvero della conoscenza dell’atto e, quindi, della tardività ed inammissibilità dell’opposizione proposta solo il 21 aprile 2011 ben oltre il termine di legge decorrente dalla notifica, in data 22 luglio 2010, del verbale di contravvenzione.
La sentenza del Giudice di appello veniva, quindi, gravata dal cittadino tedesco con ricorso per cassazione fondato su quattro ordini di motivi e resistito da Comune di Firenze, che – oltre a chiedere il rigetto dell’avverso atto – proponeva ricorso incidentale affidato a due ordini di motivi.
2.- La Sezione Seconda civile di questa Corte, con ordinanza 30 settembre 2019, n. 24382, ha rimesso gli atti al primo Presidente per l’assegnazione alle Sezioni Unite di questione ritenuta di rilevante portata nomofilattica.
E, tanto, sollevando perplessità in ordine al precedente arresto giurisprudenziale della stessa Seconda sezione (Sentenze n. ri 22000 e 22001 del 2018), in base al quale per la notifica a cittadino straniero tedesco del verbale di contestazione dell’infrazione stradale quale atto propedeutico all’emissione dell’ordinanza di irrogazione della sanzione amministrativa vera e propria, poteva trovare applicazione la possibilità di notifica a mezzo di servizio postale consentita dal Regolamento (CE) n. 1393/2007 per gli atti giudiziari ed extragiudiziari in materia civile e commerciale, nonchè ex art. 16 del Regolamento stesso per gli atti stragiudiziali.
La questione oggi posta con la ordinanza di rimessione concerne il significato da attribuirsi alla materia “amministrativa” in relazione alla notificazione di atti e, in ispecie, di verbale di contravvenzione a norma del Codice della strada.
Più in particolare e per quanto rileva viene rimessa a queste Sezioni Unite la questione intesa a chiarire se, in tema di notifica di verbale di accertamento di violazione amministrativa a persona residente in altro stato membro dell’Unione Europea e segnatamente nella Repubblica Federale di Germania, quale sia il significato da attribuirsi alla materia “amministrativa”. Tanto per il dirimente profilo che gli atti afferenti a tale materia risultano esclusi dall’ambito di applicazione del regolamento (CE) n. 1393/2007, che disciplina la notificazione dei soli atti giudiziari ed extragiudiziari in materia civile e commerciale, sancendo esclusivamente per tali ultimi la possibilità della notifica a mezzo del servizio postale.
Più specificamente, ancora, la questione sottoposta al vaglio di queste Sezioni Unite è direttamente rapportabile alla conseguente valutazione come nulla (e sanabile) ovvero come inesistente (ed insanabile) la notifica del verbale di accertamento di infrazione stradale a mezzo del servizio postale a cittadino tedesco.
Le parti hanno depositato memorie.
Motivi della decisione
1.- Con il primo motivo del ricorso principale si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 142 c.p.c., comma 2 e dell’art. 10 Cost., comma 1 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
2.- Con il secondo motivo del ricorso medesimo si censura l’impugnata sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 156 c.p.c., comma 3 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
3.- Con il terzo motivo del ricorso stesso si lamenta la violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 6 e art. 11, comma 2 della Convenzione di Strasburgo del 24/11/1977, dell’art. 201 C.d.S., comma 1 e del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 7, comma 3 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
4.- Con il quarto ed ultimo motivo del ricorso principale viene prospettata la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
5.- Con il primo motivo del ricorso incidentale si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 83 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 c.p.c..
Viene, in particolare, svolta questione conseguente alla svolta eccezione di inammissibilità dell’appello per nullità e/o inesistenza della procura alle del difensore del cittadino tedesco.
6.- Con il secondo motivo del ricorso incidentale si denuncia la violazione e falsa applicazione del R.D.L. 15 ottobre 1925, n. 1796, art. 1 nonchè degli artt. 83 e 122 c.p.c. e degli artt. 72 e 74 disp. att. c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.
7.- Il Collegio ritiene di dover procedere all’immediato esame del ricorso incidentale e dei due suoi motivi, che – in quanto fra loro connessi- possono trattarsi congiuntamente.
Tanto in virtù del carattere dirimente di questione sollevata col detto mezzo.
Il ricorso incidentale, pur se proveniente da parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito, deve ritenersi investire questione, come detto dirimente, in presenza di “attualità di interesse ovvero nell’ipotesi di fondatezza del ricorso principale” (e ciò alla stregua del consolidato orientamento giurisprudenziale di queste stesse Sezioni: Cass. civ. S.U. n. ri 5456/2009, 23318/2009 e 7381/2013).
Con gli esposti motivi il ricorso incidentale tende – ai fini della corretta decisione della controversia- a riportare l’attenzione sulla questione della inammissibilità dell’appello oggetto di rituale svolta eccezione.
La inammissibilità viene prospettata con riguardo ad un duplice profilo: la inesistenza della procura conferita al difensore per il giudizio; la nullità della stessa in quanto utilizzata in violazione del R.D.L. 15 ottobre 1925, art. 1.
Le censure erano state sollevate con riguardo alla dedotta assoluta genericità della procura speciale rilasciata con atto per “Notaio H. del 18.2.2010”.
Le censure medesime (non esaminate dal Giudice di appello che riteneva, sotto altro aspetto, la inammissibilità del gravame innanzi ad esso interposto) sono entrambe fondate e comportano l’accoglimento del ricorso incidentale, il quale -come già innanzi accennato- investe così profilo preliminare e dirimente del presente giudizio in ragione, per converso, della necessità della pronuncia sulla questione di rilevante portata nomofilattica conseguente al ricorso principale.
La procura rilasciata al difensore del cittadino tedesco risulta conferita in totale assenza del riferimento alla procedura per la quale è stata rilasciata.
La mancata e pur dovuta indicazione del procedimento giudiziale per il quale veniva rilasciata la procura de qua non permette, quindi, di individuare la specifica finalità della stessa.
Tale procura si pone così in contrasto con la norma di cui all’art. 83 c.p.c. e con i conseguenti principi di diritto che impongono lo specifico collegamento tra l’atto stesso ed il soggetto destinatario e la capacità dell’atto di far individuare la finalità per la quale lo stesso è stato generato.
Tale aspetto è, peraltro, non di poco conto tanto più che risulta in atti dedotto come “la procura speciale “Notaio H.” del 12.8.2010″ di cui si discute, proprio in ragione della sua genericità, è stata ex adverso utilizzata in una pluralità di giudizi di merito” ovvero in cinque processi di appello innanzi al Tribunale di Firenze, specificamente indicati nel ricorso incidentale.
La medesima procura risulta, per di più, rilasciata in violazione dell’art. 1 R.D.L. cit. in quanto la pretesa autenticazione della firma del mandante risulta redatta non in lingua italiana e, pertanto, deve aversi per non avvenuta o nulla.
Al riguardo non può che richiamarsi il noto e condiviso principio, già enunciato da questa Corte, per cui “la procura speciale alle liti rilasciata all’estero, sia pur esente dall’onere di legalizzazione da parte dell’autorità consolare italiana, nonché dalla cd. “apostille”, in conformità alla Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961, ovvero ad apposita convenzione bilaterale, è nulla, agli effetti della L. n. 218 del 1995, art. 12 ove non sia allegata la sua traduzione e quella relativa all’attività certificativa svolta dal notaio afferente all’attestazione che la firma è stata apposta in sua presenza da persona di cui egli abbia accertato l’identità, applicandosi agli atti prodromici al processo il principio generale della traduzione in lingua italiana a mezzo di esperto” (Cass. civ., Sez. Sesta-2, 4 aprile 2018, n. 8174, nonché -in precedenza e conformemente- Cass. n. 11165/2015).
Peraltro, a fronte delle sollevate eccezioni e contestazioni sulla validità della rilasciata procura, nulla ha tempestivamente e validamente controdedotto ed allegato la parte odierna ricorrente principale quanto all’eccepito difetto di rappresentanza.
In proposito non possono che rammentarsi i consolidati principi ripetutamente enunciati in occasione di plurimi precedenti, in punto, avutisi su analoghe fattispecie inerenti contravvenzioni al codice della strada contestate dal Comune di Firenze a cittadini stranieri tedeschi.
Giova, all’uopo, ribadire che in tema di difetto di rappresentanza processuale ed a differenza dell’ipotesi di art. 182 c.p.c. (quando è il giudice che rilevi d’ufficio tale difetto con obbligo di promuovere la sanatoria previa assegnazione alla parte un termine di carattere perentorio, senza il limite delle preclusioni derivanti) da decadenze di carattere processuale) “nel diverso caso – come quello in ipotesi – in cui detto vizio sia stato tempestivamente eccepito da una parte, l’opportuna documentazione -in eventuale sanatoria- va prodotta immediatamente, non essendovi necessità di assegnare un termine, che non sia motivatamente richiesto o, comunque, assegnato dal giudice, giacché sul rilievo di parte l’avversario è chiamato a contraddire. (In applicazione dell’enunciato principio, la S.C. ha ritenuto che la nullità della procura alle liti, fosse divenuta insanabile poichè, nonostante il convenuto avesse sollevato la relativa questione, l’attore non aveva spontaneamente depositato la necessaria documentazione nel prosieguo del processo di merito, essendosi egli limitato a discutere di altri diversi profili giuridici)” (ex plurimis: Cass. civ., Sez. Sesta-2, Ord. 4 ottobre 2018, n. 24212, nonché successivamente, Cass. n. 22892/2018, tutte conformemente sulla scia dell’insegnamento di Cass. civ. S.U. n. 4248/2016).
I motivi del ricorso incidentale sono, quindi, fondati e comportano conseguentemente la relativa inammissibilità dell’appello.
8.- Alla stregua di tutto quanto innanzi esposto, affermato e ritenuto il ricorso incidentale deve essere accolto con conseguente assorbimento del ricorso principale e cassazione, per effetto degli accolti motivi, dell’impugnata sentenza, che va cassata senza rinvio per improcedibilità dell’appello.
9.- Deve, poi, procedersi alla risoluzione della questione di rilevante portata nomofilattica sottoposta al vaglio di queste Sezioni che implica, per la rilevanza della stessa, pronuncia ai sensi dell’art. 384 c.p.c. sul rilevato profilo.
Questo attiene alla possibilità o meno del ricorso alla notificazione a mezzo posta del verbale di contravvenzione. Il tutto, a sua volta, in dipendenza della sussumibilità o meno della fattispecie (sanzione amministrava) nell’ambito della materia civile o commerciale. E tanto in quanto ove intesa, quella stessa fattispecie, rientrante nella “materia amministrativa” sarebbe stato necessario il ricorso all’attività di assistenza per la notificazione dell’Autorità centrale dello Stato di residenza del medesimo cittadino, attività viceversa non necessaria nell’ipotesi di atto in materia civile e commerciale.
Nei citati pregressi arresti giurisprudenziali del 2018 si era ritenuto che il Regolamento U.E. n. 1393/2007 del 13.11.2007, relativo alla notificazione degli atti giudiziari ed extra-giudiziari in materia civile e commerciale consentiva, in relazione a verbale di sanzione ammnistrativa a cittadino germanico, il ricorso al procedimento di notificazione a mezzo posta.
A tale considerazione la citata giurisprudenza era pervenuta anche in conseguenza della argomentazione, per cui – anche in base all’art. 16 del Regolamento stesso – una volta ampliata anche agli atti stragiudiziali la possibilità della notifica prevista per gli atti propriamente giudiziari doveva ritenersi il verbale di contestazione atto propedeutico all’ordinanza d’irrogazione della sanzione ammnistrativa e, quindi, stragiudiziale e notificabile a mezzo posta. Sotto altro aspetto veniva, inoltre, sottolineato (nella stessa citata Cass. n. 22000/2018) come era possibile “avvalersi direttamente del servizio postale…dovendosi osservare le sole disposizioni dello Stato membro di destinazione dettate in modo speciale per la concreta esecuzione di singoli atti previsti dalla sua legislazione”.
Senonché l’art. 1 del citato Regolamento U.E. del 2007 esclude espressamente dal suo ambito di applicazione la materia “fiscale, doganale ed amministrativa”.
Il verbale di accertamento di sanzione al Codice della Strada, in quanto atto rientrante nell’esercizio di pubblici poteri rientra, quindi, nell’ambito di materia amministrativa e, come tale, la notifica della sua impugnazione esula in maniera manifesta dal campo- di applicazione del Regolamento n. 1393/2007, poiché non rientrante nella materia civile o commerciale (e neppure potendosi configurare il carattere “stragiudiziale” della notifica del verbale stesso).
Ciò posto, in primis, deve poi rilevarsi che la Convenzione di Strasburgo del 24 novembre 1977, ratificata nel nostro ordinamento con la L. 21 marzo 1983, n. 149, detta la disciplina per la notifica dei documenti in materia ammnistrativa e prevede, in via generale all’art. 11, anche la notificazione diretta a mezzo del servizio postale per tale tipo di documenti.
Tuttavia, tale generale previsione non può, nell’ipotesi per cui è giudizio, trovare applicazione giacché la Repubblica Federale di Germania – avvalendosi di apposita prevista riserva – ha escluso la possibilità di notifica per i detti documenti a mezzo del servizio postale nei confronti dei propri cittadini residenti.
Deve, quindi, affermarsi il principio per cui la notifica del verbale di sanzione ammnistrativa a cittadino tedesco non poteva essere notificato direttamente a mezzo del servizio postale.
La notificazione per tale tipo di atto effettuata nei confronti di quel cittadino a senza la prevista (art. 2 Convenzione di Strasburgo) assistenza della Autorità centrale dello Stato di residenza e destinazione comporta la nullità della notificazione.
Tale nullità deve, poi, essere valutata ai sensi della legge del paese dal quale la notificazione è svolta e, quindi, secondo la legge italiana. In tal senso la notifica di cui alla fattispecie in giudizio non può che essere ritenuta nulla e non inesistente con conseguente sua sanabilità in assenza di tempestiva apposita eccezione.
Inoltre, ed in senso ancor più decisivo la nullità, nella concreta fattispecie in esame, deve ritenersi sanata in dipendenza della tardività (come innanzi specificamente già rilevato) del ricorso rispetto alla effettiva conoscenza del verbale notificato e non tempestivamente impugnato con conseguente mancata tempestività della eccezione di nullità della notificazione e, quindi, sanatoria della stessa.
10.- Le spese devono essere compensate in virtù della oggettiva controvertibilità e della novità delle questioni sottoposte a giudizio.
P.Q.M.
LA CORTE accoglie il ricorso incidentale, dichiara assorbito il ricorso principale, cassa senza rinvio la sentenza impugnata per improcedibilità dell’appello ed enuncia il principio di diritto di cui in motivazione. Spese compensate.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte Suprema di Cassazione, il 3 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 febbraio 2021


Assemblea Generale Ordinaria – 13.03.2021

Ai sensi dell’art. 13 dello Statuto viene convocata la riunione dell’Assemblea Generale Ordinaria sabato 13 marzo 2021 alle ore 08:30 in prima convocazione ed alle ore 10:30 in seconda convocazione, in modalità webinar.
Ordine del Giorno:
1) Revoca Delega al Consiglio Generale per l’approvazione del bilancio consuntivo come da attribuzione delega A.G. del 06.05.2017;
2) Delega al Consiglio Generale per l’approvazione dei bilanci preventivi e consuntivi anni 2021, 2022, 2023, 2024 ai sensi dell’art. 16 dello Statuto;
3) Approvazione del bilancio consuntivo anno 2020;
4) Approvazione del bilancio preventivo anno 2021;
5) Approvazione e ratifica adesioni all’Associazione;
6) Elezione dei Componenti della Giunta Esecutiva;
7) Elezione dei Componenti del Consiglio Generale;
8) Attività associative;
9) Iniziative proselitismo Associazione;
10) Varie ed eventuali.

Leggi: AGO 13 03 2021 Verbale


Modulistica aggiornata al 31.01.2021

«Ai fini della ritualità e validità della relazione di notifica si rivela del tutto irrilevante l’uso di un timbro anziché della scrittura al fine di descrivere le operazioni svolte, dovendo tenersi conto delle operazioni indicate dal pubblico ufficiale, indipendentemente dallo strumento utilizzato per indicarle» (Cass. civ., sez. I, 12.5.1998, n. 4762). Le relate di notifica devono essere correttamente compilate (complete del Cognome e Nome del notificatore e della sua qualifica, possibilmente a stampa o con timbro, oltre che della di lui sottoscrizione) sia sull’originale che sulla copia che è consegnata al destinatario o chi per lui o depositata nella Casa Comunale.

Si ricorda che la relata di notifica deve essere apposta in calce all’atto, cioè in fondo (od al limite dietro l’ultima pagina) e non davanti o dove vi è spazio nel corpo dell’atto.

Leggi: MODULISTICA 2021


Bilancio 2020

Atti relativi al Bilancio dell’Associazione dell’anno 2020 approvato dalla Giunta Esecutiva del 23.01.2021  e del Consiglio Generale del 23.01.2021 su delega dell’Assemblea Generale del 04.05.2019 al Consiglio Generale.

Leggi: Bilancio consuntivo 2020

Leggi: Relazione Bilancio 2020

Leggi: Bilancio preventivo 2021


Cass. civ., Sez. V, Sent., (data ud. 22/10/2020) 26/01/2021, n. 1555

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 35857/2019 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., elett.te domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

P.V., rapp.to e difeso dai Dott. Michele Morganti e Raffaele Marangoni, presso cui elett.te domicilia in Prato, alla via Baldinucci n. 41;

– intimato –

avverso la sentenza n. 712/10/19 della Commissione Tributaria -Regionale della Toscana, sez. distaccata di Livorno, depositata in data 24/4/2019, non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22 ottobre 2020 dalla Dott.ssa Milena d’Orfano;

udito per la ricorrente l’avv. Chiappiniello Giovanni che ha chiesto l’accoglimento; udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Giacalone Giovanni che ha concluso per l’accoglimento.

Svolgimento del processo
1. Con sentenza n. 712/10/19, depositata il 24 aprile 2019, non notificata, la Commissione Tributaria Regionale della Toscana, sez. distaccata di Livorno, rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 455/1/17 della CTP di Livorno, con compensazione delle spese di lite.

Il giudice di appello, a conferma della decisione di primo grado, concludeva per il rigetto del gravame rilevando:

a) che il giudizio aveva ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento, emesso il (OMISSIS) e notificato in data (OMISSIS), con cui, a seguito della definitività di altro avviso di accertamento per un maggior reddito di impresa per l’anno 2013 emesso a carico della società ICLOS s.r.l., premessa la ristretta base azionaria, si imputava a P.V., socio al 24,5%, un maggior reddito di capitale in proporzione della quota di partecipazione agli utili;

b) che la Commissione di primo grado aveva accolto il ricorso, articolato su vari motivi formali e di merito, ritenendo fondata l’eccezione preliminare relativa alla carenza di valida sottoscrizione dell’avviso impugnato che, ritenuta l’inapplicabilità delle formalità di cui al Codice dell’Amministrazione Digitale, come modificato dal D.Lgs. n. 179 del 2016, non recava firma autografa bensì digitale e risultava notificato in copia cartacea anzichè a mezzo PEC;

c) che tale decisione era condivisibile, con assorbimento degli ulteriori motivi, in quanto: la firma a stampa ai sensi della L. n. 311 del 2014, art. 1, comma 375, era ammissibile solo per gli accertamenti emessi a seguito di procedure automatizzate; l’apposizione di una firma digitale ad un avviso di accertamento notificato prima del 27-1-2018 era causa di nullità dell’atto per difetto di sottoscrizione; solo per gli atti notificati a decorrere dall’1-7-2017 la combinazione firma digitale/notifica a mezzo PEC consentiva il rispetto della procedura informatica della normativa vigente ratione temporis.

2. Avverso la sentenza di appello l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, notificato a mezzo PEC il 19 novembre 2019, affidato a due motivi, e depositato memoria ex art. 378 c.p.c; il contribuente rimaneva intimato.

Motivi della decisione
1. Con il primo motivo l’Agenzia censura la sentenza impugnata denunciando violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, degli artt. 2 e 23 CAD, della L. n. 311 del 2014, art. 1, comma 375, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, rilevando che le norme del Codice dell’Amministrazione Digitale vanno ritenute applicabili anche alle funzioni istituzionali di accertamento dell’Agenzia delle Entrate, applicabilità esclusa, ai sensi dell’art. 2 suddetto codice, comma 6, come modificato, a decorrere dal 14 settembre 2016, dal D.Lgs. n. 179 del 2016, art. 2, comma 1, lett. c), solo per le “attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale”, da intendersi per quelle attività di controllo fiscale svolte dall’Agenzia e dalla Guardia di Finanza rappresentata dagli accessi, ispezioni e verifiche sulla cui base vengono emessi gli avvisi di accertamento; interpretazione confermata dall’ulteriore modifica dell’art. 2, ad opera del D.Lgs. n. 217 del 2017, art. 2, che, mediante l’aggiunta del comma 6 bis, rendeva esplicita tale applicazione. Si rilevava altresì che la copia cartacea notificata al contribuente presentava l’attestazione di conformità prevista dall’art. 23 CAD. 2. con il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, dell’art. 23 CAD, dell’art. 137 c.p.c., commi 2 e 3, e dell’art. 156 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, rilevando che la possibilità di notificare a mezzo PEC anche gli atti impositivi era stata- introdotta solo a decorrere dal 1 luglio 2017, con l’inserimento del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 7, sicchè prima di tale data l’Agenzia aveva correttamente proceduto all’invio della copia analogica munita di attestazione di conformità e che, in ogni caso, ogni eventuale nullità della notifica doveva ritenersi sanata per il raggiungimento dello scopo, allorchè il contribuente era comunque venuto a conoscenza dell’atto.

3. Il primo motivo è meritevole di accoglimento.

3.1 Questione controversa è la legittimità degli atti impositivi emessi dall’Agenzia delle Entrate in formato elettronico, e sottoscritti con firma digitale, nel periodo di vigenza del D.Lgs. n. 82 del 2005, art. 2, comma 6 (cd CAD – Codice dell’Amministrazione digitale), come modificato dal D.Lgs. n. 179 del 2016, art. 2, comma 1, lett. c), entrato in vigore a decorrere dal 14 settembre 2016, sino alle ulteriori modifiche apportate allo stesso art. 2, comma 6, con l’aggiunta altresì del comma 6-bis, ad opera del D.Lgs. n. 217 del 2017, art. 2, lett. d) ed e), entrato in vigore dal 27 gennaio 2018.

Dalla ritenuta inapplicabilità del CAD, e quindi delle disposizioni in tema di firma digitale, la sentenza gravata ha fatto derivare la nullità dell’avviso di accertamento sottoscritto digitalmente per difetto di sottoscrizione.

3.2 Si pone, ai fini del decidere, la questione interpretativa dell’art. 2 CAD, comma 6, prima parte, nel testo vigente nel periodo dal 14 settembre 2016 al 26 gennaio 2018, secondo cui: “Le disposizioni del presente Codice non si applicano limitatamente all’esercizio delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale, di ordine e sicurezza pubblica, difesa e sicurezza nazionale, polizia giudiziaria e polizia economico-finanziaria e consultazioni elettorali” L’Agenzia ricorrente ritiene che nella limitazione di cui alla suindicata disposizione non vadano inclusi gli avvisi di accertamento che pertanto, a decorrere dal 14 settembre 2016, sarebbero stati legittimamente emessi con la forma del documento informatico e sottoscritti con firma digitale.

Va premesso che la normativa in tema di digitalizzazione della pubblica amministrazione, anche in conseguenza degli obblighi di adeguamento al Regolamento comunitario noto con l’acronimo e-IDAS, entrato in vigore direttamente in tutti gli Stati Membri UE, senza necessità di atti di recepimento, il 17 settembre 2014, e divenuto applicabile a decorrere dal 1 luglio 2016, impone ormai come regola generale l’adozione dei documenti informatici, residuando ad eccezione il mantenimento dei documenti analogici.

Ai sensi dell’art. 40 CAD, le pubbliche amministrazioni formano gli originali dei propri documenti con mezzi informatici secondo le regole tecniche fissate dal D.P.C.M. 13 novembre 2014.

Posto che la regola generale è divenuta il ricorso ai documenti informatici, e le limitazioni l’eccezione, l’interpretazione dell’art. 2 CAD, comma 6, ratione temporis vigente, proposta dall’Agenzia delle Entrate merita di essere condivisa sulla base di una serie di valutazioni ermeneutiche sia di tipo letterale che sistematico.

Rileva, innanzitutto, sul piano terminologico che gli atti impositivi non rientrano tra gli atti emessi “nell’esercizio” delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale, a cui sono certamente riconducibili gli atti adottati in occasione di indagini e verifiche ispettive propedeutiche all’esercizio del potere di accertamento e di irrogazione di sanzioni, bensì tra gli atti eventualmente emessi “all’esito” delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale, attività che potrebbero anche concludersi con un esito favorevole per il contribuente, e quindi senza l’emissione di un atto impositivo.

La distinzione tra l’attività accertativa e quella preliminare di verifica e controllo risulta poi immanente nella normativa fiscale vigente.

In tema di imposte dirette, la definizione in termini distintivi è presente già nella rubrica del titolo quarto del D.P.R. n. 600 del 1973, denominato “Accertamento e controllo”; le attività di controllo sono autonomamente regolate agli artt. 32 e 33 stesso decreto, si realizzano attraverso accessi, ispezioni e verifiche, inviti a comparire e richieste di documentazione che richiedono una diretta interlocuzione con il contribuente, prevedono la cooperazione della Guardia di Finanza nonchè di qualsiasi altro soggetto pubblico incaricato istituzionalmente di svolgere attività ispettive o di vigilanza.

Prerogativa esclusiva dell’Amministrazione finanziaria è invece l’adozione degli atti impositivi, di cui agli artt. 36-bis, 36-ter, 38, 39 ecc., che hanno ad oggetto la liquidazione delle imposte o delle maggiori imposte e delle eventuali sanzioni.

Anche il D.P.R. n. 633 del 1972, in tema di IVA, regola separatamente all’art. 52 gli accessi, ispezioni e verifiche ed agli artt. 54 e ss le rettifiche e gli accertamenti.

Lo Statuto del contribuente, in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, all’art. 12, comma 7, conferma la distinzione delle due attività imponendo, a pena di illegittimità dell’atto impositivo emesso “ante tempus”, l’osservanza di un termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento, decorrente dal rilascio al soggetto nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni.

3.3 Correttamente la ratio dell’esclusione degli atti propedeutici all’esercizio del potere di accertamento è stata rinvenuta nel fatto che nell’ambito di tali attività di verifica si impone la partecipazione del contribuente che potrebbè non essere munito di firma digitale, sicchè l’applicazione del CAD determinerebbe un aggravio dei suoi diritti di difesa ed un ostacolo al rapporto di collaborazione che dovrebbe sempre ispirare tali incombenti.

Non da ultimo va evidenziato che l’interpretazione contraria proposta dalla CTR si porrebbe in disarmonia con la volontà del legislatore come manifestata negli interventi normativi successivi.

La modifica apportata al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, ad opera del D.L. n. 193 del 2016, art. 7-quater, comma 6, con l’inserimento del comma 6 che ha introdotto la possibilità della notifica a mezzo PEC degli avvisi di accertamento, tende ad una implementazione dell’utilizzo dei documenti informatici.

L’art. 2 CAD, comma 6-bis, aggiunto dal D.Lgs. n. 217 del 2017, art. 2, lett. e), ne sancisce espressamente l’applicabilità “agli atti di liquidazione, rettifica, accertamento e di irrogazione delle sanzioni di natura tributaria” e rimette ad un successivo decreto l’adozione delle modalità e dei termini per l’applicazione anche alle “attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale”.

Seppure non si voglia attribuire a tale ultima disposizione la natura di norma di interpretazione autentica con portata retroattiva, è indubbio che da essa non può che trarne conferma l’impostazione esegetica che distingue l’attività di accertamento da quella di controllo fiscale.

4. Alla ritenuta applicabilità del CAD consegue l’accoglimento del secondo motivo, relativo alla legittimità della notifica di una copia analogica conforme ad un documento informatico.

4.1 Ai sensi dell’art. 23 CAD “Le copie su supporto analogico di documento informatico, anche sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale da cui sono tratte se la loro conformità all’originale in tutte le sue componenti è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato”.

Nella specie risulta incontestato, e comunque provato, che l’atto impositivo notificato in copia cartacea presentava l’attestazione di conformità all’originale e tanto è sufficiente a dimostrare l’avvenuta sottoscrizione dell’atto ed a conferirgli un valore probatorio equiparato all’originale informatico (in tema di sentenze sottoscritte digitalmente vedi Cass. n. 15074 del 2017).

Non sussistendo alcun indispensabile o necessario collegamento tra documento informatico e notifica a mezzo PEC, nulla impedisce che una copia analogica di un documento informatico conforme all’originale venga notificata secondo le regole ordinarie della notifica a mezzo posta.

Si ricorda che la possibilità di una notifica a mezzo PEC per gli atti impositivi è stata introdotta solo a decorrere dall’1 luglio 2017, a seguito dell’aggiunta al D.P.R. n. 600 del 1973, dell’art. 60, comma 6, ad opera del D.L. n. 193 del 2016, art. 7-quater, comma 6; l’Agenzia ricorrente, non potendo utilizzare la notifica a mezzo PEC prima di tale data, ha correttamente proceduto alla notifica ordinaria di una copia analogica dell’atto informatico, munita della prescritta attestazione di conformità.

4.2 Si aggiunga che risulta agli atti che l’atto sia comunque giunto della sfera di conoscibilità del destinatario: trova pertanto applicazione il principio consolidato secondo cui, ai sensi dell’art. 156 c.p.c., comma 3, ove l’atto, malgrado l’irritualità della notifica, sia venuto a conoscenza del destinatario, la nullità non può essere dichiarata per il raggiungimento dello scopo. (Vedi tra le tante Cass. SU n. 7665 del 2016; n. 27561 e n. 24568 del 2018) 5. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla C.T.R. della Toscana, sez. distaccata di Livorno, in diversa composizione, che procederà all’esame degli ulteriori motivi di ricorso, ed anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.
La Corte, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, rinvia per l’ulteriore esame, e anche per le spese, alla C.T.R della Toscana, sez. distaccata di Livorno, in diversa composizione.

Conclusione
Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2021


Cass. civ., Sez. V, Sent., (data ud. 22/10/2020) 26/01/2021, n. 1557

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 9772/2020 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., elett.te domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

C.M., rapp.to e difeso dal Dott. Michele Morganti presso cui elett.te domicilia in Prato, alla via Baldinucci n. 41;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1185/10/19 della Commissione Tributaria Regionale della Toscana, sez. distaccata di Livorno, depositata in data 29/7/2019, non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22 ottobre 2020 dalla Dott.ssa Milena d’Oriano;

udito per la ricorrente l’avv. Chiappiniello Giovanni che ha chiesto l’accoglimento;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Giovanni Giacalone che ha concluso per l’accoglimento.

Svolgimento del processo
1. Con sentenza n. 1185/10/19, depositata il 29 luglio 2019, non notificata, la Commissione Tributaria Regionale della Toscana, sez. distaccata di Livorno, rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 454/1/17 della Commissione Tributaria Provinciale di Livorno, con compensazione delle spese di lite.

Il giudice di appello, a conferma della decisione di primo grado, concludeva per il rigetto del gravame rilevando:

a) che il giudizio aveva ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento, notificato in data 15-11-16, con cui, a seguito della definitività di altro avviso di accertamento per un maggior reddito di impresa per l’anno 2013 emesso a carico della società ICLOS s.r.l., premessa la ristretta base azionaria, si imputava a C.M., socio al 51%, un maggior reddito di capitale in proporzione della sua quota di partecipazione agli utili;

b) che la Commissione di primo grado aveva accolto il ricorso, articolato su vari motivi formali e di merito, ritenendo fondata l’eccezione preliminare relativa alla carenza di valida sottoscrizione dell’avviso impugnato che, ritenuta l’inapplicabilità delle formalità di cui al Codice dell’Amministrazione Digitale, come modificato dal D.Lgs. n. 179 del 2016, non recava firma autografa bensì digitale e risultava notificato in copia cartacea anzichè a mezzo PEC;

c) che tale decisione era condivisibile, con assorbimento degli ulteriori motivi, in quanto: la firma a stampa ai sensi della L. n. 311 del 2014, art. 1, comma 375, era ammissibile solo per gli accertamenti emessi a seguito di procedure automatizzate; l’apposizione di una firma digitale ad un avviso di accertamento notificato prima del 27-1-2018 era causa di nullità dell’atto per difetto di sottoscrizione; solo per gli atti notificati a decorrere dall’1-7-2017 la combinazione firma digitale/notifica a mezzo PEC consentiva il rispetto della procedura informatica della normativa vigente ratione temporis.

2. Avverso la sentenza di appello l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, notificato a mezzo PEC il (OMISSIS), affidato ad un unico motivo, e depositato memoria ex art. 378 c.p.c.; il contribuente rimaneva intimato.

Motivi della decisione
1. Con unico motivo l’Agenzia censura la sentenza impugnata denunciando violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, degli artt. 23 e 2 CAD, quest’ultimo come modificato dal D.Lgs. n. 179 del 2016, art. 2, comma 1, lett. c), e con l’aggiunta ad opera dell’art. 2, lett. e), al D.Lgs. n. 217 del 2017, del comma 6-bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, rilevando che le norme del Codice dell’Amministrazione Digitale vanno ritenute applicabili anche alle funzioni istituzionali di accertamento dell’Agenzia delle Entrate, applicabilità esclusa, ai sensi dell’art. 2 suddetto codice, comma 6, come modificato, a decorrere dal 14 settembre 2016, dal D.Lgs. n. 179 del 2016, art. 2, comma 1, lett. c), solo per le “attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale”, da intendersi per quelle attività di controllo fiscale svolte dall’Agenzia e dalla Guardia di Finanza rappresentata dagli accessi, ispezioni e verifiche sulla cui base vengono emessi gli avvisi di accertamento; che tale interpretazione è confermata dall’ulteriore modifica dell’art. 2 ad opera del D.Lgs. n. 217 del 2017, art. 2, che, mediante l’aggiunta del comma 6 bis, rendeva esplicita tale applicazione; che la copia cartacea notificata al contribuente presentava l’attestazione di conformità prevista dall’art. 23 CAD; che la possibilità di notificare a mezzo PEC anche gli atti impositivi era stata introdotta solo a decorrere dal 1 luglio 2017 con l’inserimento del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 7, sicchè prima di tale data l’Agenzia aveva correttamente proceduto all’invio della copia analogica munita di attestazione di conformità.

2. L’unico motivo è meritevole di accoglimento.

2.1 Questione controversa è la legittimità degli atti impositivi emessi dall’Agenzia delle Entrate in formato elettronico, e sottoscritti con firma digitale, nel periodo di vigenza del D.Lgs. n. 82 del 2005, art. 2, comma 6 (cd CAD – Codice dell’Amministrazione digitale), come modificato dal D.Lgs. n. 179 del 2016, art. 2, comma 1, lett. c), entrato in vigore a decorrere dal 14 settembre 2016, sino alle ulteriori modifiche apportate allo stesso art. 2, comma 6, con l’aggiunta altresì del comma 6-bis, ad opera del D.Lgs. n. 217 del 2017, art. 2, lett. d) ed e), entrato in vigore dal 27 gennaio 2018.

Dalla ritenuta inapplicabilità del CAD, e quindi delle disposizioni in tema di firma digitale, la sentenza gravata ha fatto derivare la nullità dell’avviso di accertamento sottoscritto digitalmente per difetto di sottoscrizione.

2.2 Si pone, ai fini del decidere, la questione interpretativa dell’art. 2 CAD, comma 6, prima parte, nel testo vigente nel periodo dal 14 settembre 2016 al 26 gennaio 2018, secondo cui: “Le disposizioni del presente Codice non si applicano limitatamente all’esercizio delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale, di ordine e sicurezza pubblica, difesa e sicurezza nazionale, polizia giudiziaria e polizia economico-finanziaria e consultazioni elettorali”.

L’Agenzia ricorrente ritiene che nella limitazione di cui alla suindicata disposizione non vadano inclusi gli avvisi di accertamento che pertanto, a decorrere dal 14 settembre 2016, sarebbero stati legittimamente emessi con la forma del documento informatico e sottoscritti con firma digitale.

Va premesso che la normativa in tema di digitalizzazione della pubblica amministrazione, anche in conseguenza degli obblighi di adeguamento al Regolamento comunitario noto con l’acronimo e-IDAS, entrato in vigore direttamente in tutti gli Stati Membri UE, senza necessità di atti di recepimento, il 17 settembre 2014, e divenuto applicabile a decorrere dal 1 luglio 2016, impone ormai come regola generale l’adozione dei documenti informatici, residuando ad eccezione il mantenimento dei documenti analogici.

Ai sensi dell’art. 40 CAD, le pubbliche amministrazioni formano gli originali dei propri documenti con mezzi informatici secondo le regole tecniche fissate dal D.P.C.M. del 13 novembre 2014.

Posto che la regola generale è divenuta il ricorso ai documenti informatici, e le limitazioni l’eccezione, l’interpretazione dell’art. 2 CAD, comma 6, ratione temporis vigente, proposta dall’Agenzia delle Entrate merita di essere condivisa sulla base di una serie di valutazioni ermeneutiche sia di tipo letterale che sistematico.

Rileva, innanzitutto, sul piano terminologico che gli atti impositivi non rientrano tra gli atti emessi “nell’esercizio” delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale, a cui sono certamente riconducibili gli atti adottati in occasione di indagini e verifiche ispettive propedeutiche all’esercizio del potere di accertamento e di irrogazione di sanzioni, bensì tra gli atti eventualmente emessi “all’esito” delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale, attività che potrebbero anche concludersi con un esito favorevole per il contribuente, e quindi senza l’emissione di un atto impositivo.

La distinzione tra l’attività accertativa e quella preliminare di verifica e controllo risulta poi immanente nella normativa fiscale vigente.

In tema di imposte dirette, la definizione in termini distintivi è presente già nella rubrica del titolo quarto del D.P.R. n. 600 del 1973, denominato “Accertamento e controllo”; le attività di controllo sono autonomamente regolate agli artt. 32 e 33 stesso decreto, si realizzano attraverso accessi, ispezioni e verifiche, inviti a comparire e richieste di documentazione che richiedono una diretta interlocuzione con il contribuente, prevedono la cooperazione della Guardia di Finanza nonchè di qualsiasi altro soggetto pubblico incaricato istituzionalmente di svolgere attività ispettive o di vigilanza.

Prerogativa esclusiva dell’Amministrazione finanziaria è invece l’adozione degli atti impositivi, di cui agli artt. 36-bis, 36-ter, 38, 39 ecc., che hanno ad oggetto la liquidazione delle imposte o delle maggiori imposte e delle eventuali sanzioni.

Anche il D.P.R. n. 633 del 1972, in tema di IVA, regola separatamente all’art. 52 gli accessi, ispezioni e verifiche ed all’art. 54 e ss le rettifiche e gli accertamenti.

Lo Statuto del contribuente, in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, all’art. 12, comma 7, conferma la distinzione delle due attività imponendo, a pena di illegittimità dell’atto impositivo emesso “ante tempus”, l’osservanza di un termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento, decorrente dal rilascio al soggetto nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni.

2.3 Correttamente la ratio dell’esclusione degli atti propedeutici all’esercizio del potere di accertamento è stata rinvenuta nel fatto che nell’ambito di tali attività di verifica si impone la partecipazione del contribuente che potrebbe non essere munito di firma digitale, sicchè l’applicazione del CAD determinerebbe un aggravio dei suoi diritti di difesa ed un ostacolo al rapporto di collaborazione che dovrebbe sempre ispirare tali incombenti.

Non da ultimo va evidenziato che l’interpretazione contraria proposta dalla CTR si porrebbe in disarmonia con la volontà del legislatore come manifestata negli interventi normativi successivi.

La modifica apportata al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, ad opera del D.L. n. 193 del 2016, art. 7-quater, comma 6, con l’inserimento del comma 6 che ha introdotto la possibilità della notifica a mezzo PEC degli avvisi di accertamento, tende ad una implementazione dell’utilizzo dei documenti informatici.

Il comma 6-bis, aggiunto all’art. 2 CAD, dal D.Lgs. n. 217 del 2017, art. 2, lett. e), ne sancisce espressamente l’applicabilità “agli atti di liquidazione, rettifica, accertamento e di irrogazione delle sanzioni di natura tributaria” e rimette ad un successivo decreto l’adozione delle modalità e dei termini per l’applicazione anche alle “attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale”.

Seppure non si voglia attribuire a tale ultima disposizione la natura di norma di interpretazione autentica con portata retroattiva, è indubbio che da essa non può che trarne conferma l’impostazione esegetica che distingue l’attività di accertamento da quella di controllo fiscale.

3. Alla ritenuta applicabilità del CAD consegue la legittimità della notifica di una copia analogica conforme ad un documento informatico.

3.1 Ai sensi dell’art. 23 CAD “Le copie su supporto analogico di documento informatico, anche sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale da cui sono tratte se la loro conformità all’originale in tutte le sue componenti è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato”.

Nella specie risulta incontestato, e comunque provato, che l’atto impositivo notificato in copia cartacea presentava l’attestazione di conformità all’originale e tanto è sufficiente a dimostrare l’avvenuta sottoscrizione dell’atto ed a conferirgli un valore probatorio equiparato all’originale informatico (in tema di sentenze sottoscritte digitalmente vedi Cass. n. 15074 del 2017).

Non sussistendo alcun indispensabile o necessario collegamento tra documento informatico e notifica a mezzo PEC, nulla impedisce che una copia analogica di un documento informatico conforme all’originale venga notificata secondo le regole ordinarie della notifica a mezzo posta.

Si ricorda che la possibilità di una notifica a mezzo PEC per gli atti impositivi è stata introdotta solo a decorrere dall’1 luglio 2017, a seguito dell’aggiunta al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, del comma 6, ad opera del D.L. n. 193 del 2016, art. 7-quater, comma 6; l’Agenzia ricorrente, non potendo utilizzare la notifica a mezzo PEC prima di tale data, ha correttamente proceduto alla notifica ordinaria di una copia analogica dell’atto informatico, munita della prescritta attestazione di conformità.

3.2 Si aggiunga che risulta agli atti che l’atto sia comunque giunto della sfera di conoscibilità del destinatario: trova pertanto applicazione il principio consolidato secondo cui, ai sensi dell’art. 156 c.p.c., comma 3, ove l’atto, malgrado l’irritualità della notifica, sia venuto a conoscenza del destinatario, la nullità non può essere dichiarata per il raggiungimento dello scopo. (Vedi tra le tante Cass. SU n. 7665 del 2016; n. 27561 e n. 24568 del 2018).

4. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla C.T.R. della Toscana, sez. distaccata di Livorno, in diversa composizione, che procederà all’esame degli ulteriori motivi di ricorso, ed anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.
La Corte:

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, rinvia per l’ulteriore esame, e anche per le spese, alla C.T.R della Toscana, sez. distaccata di Livorno, in diversa composizione.

Conclusione
Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2021


Cass. civ., Sez. V, Sent., (data ud. 22/10/2020) 21/01/2021, n. 1150

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 35888/2019 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., elett.te domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

C.S., rapp.to e difeso dai Dott. Michele Morganti e Raffaele Marangoni, presso cui elett.te domicilia in Prato, alla via Baldinucci n. 41;

– intimato –

avverso la sentenza n. 713/10/19 della Commissione Tributaria Regionale della Toscana, sez. distaccata di Livorno, depositata in data 24/4/2019, non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22 ottobre 2020 dalla Dott.ssa Milena d’Oriano;

udito per la ricorrente l’avv. Chiappiniello Giovanni che ha chiesto l’accoglimento;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Giovanni Giacalone che ha concluso per l’accoglimento.

Svolgimento del processo
1. Con sentenza n. 713/10/19, depositata il 24 aprile 2019, non notificata, la Commissione Tributaria Regionale della Toscana, sez. distaccata di Livorno, rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 456/1/17 della CTP di Livorno, con compensazione delle spese di lite.

Il giudice di appello, a conferma della decisione di primo grado, concludeva per il rigetto del gravame rilevando:

a) che il giudizio aveva ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento, emesso il 3-11-16 e notificato in data 15-11-16, con cui, a seguito della definitività di altro avviso di accertamento per un maggior reddito di impresa per l’anno 2013 emesso a carico della società ICLOS s.r.l., premessa la ristretta base azionaria, si imputava a C.S., socio al 24,5%, un maggior reddito di capitale in proporzione della quota di partecipazione agli utili;

b) che la Commissione di primo grado aveva accolto il ricorso, articolato su vari motivi formali e di merito, ritenendo fondata l’eccezione preliminare relativa alla carenza di valida sottoscrizione dell’avviso impugnato che, ritenuta l’inapplicabilità delle formalità di cui al Codice dell’Amministrazione Digitale, come modificato dal D.Lgs. n. 179 del 2016, non recava firma autografa bensì digitale e risultava notificato in copia cartacea anzichè a mezzo PEC;

c) che tale decisione era condivisibile, con assorbimento degli ulteriori motivi, in quanto: la firma a stampa ai sensi della L. n. 311 del 2014, art. 1, comma 375, era ammissibile solo per gli accertamenti emessi a seguito di procedure automatizzate; l’apposizione di una firma digitale ad un avviso di accertamento notificato prima del 27-1-2018 era causa di nullità dell’atto per difetto di sottoscrizione; solo per gli atti notificati a decorrere dall’1-7-2017 la combinazione firma digitale/notifica a mezzo PEC consentiva il rispetto della procedura informatica della normativa vigente ratione temporis.

2. Avverso la sentenza di appello l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, notificato a mezzo PEC il 19 novembre 2019, affidato a due motivi, e depositato memoria ex art. 378 c.p.c.; il contribuente rimaneva intimato.

Motivi della decisione
1. Con il primo motivo l’Agenzia censura la sentenza impugnata denunciando violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, degli artt. 2 e 23 del CAD, della L. n. 311 del 2014, art. 1, comma 375, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, rilevando che le norme del Codice dell’Amministrazione Digitale vanno ritenute applicabili anche alle funzioni istituzionali di accertamento dell’Agenzia delle Entrate, applicabilità esclusa, ai sensi del suddetto codice, art. 2, comma 6, come modificato, a decorrere dal 14 settembre 2016, dal D.Lgs. n. 179 del 2016, art. 2, comma 1, lett. c), solo per le “attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale”, da intendersi per quelle attività di controllo fiscale svolte dall’Agenzia e dalla Guardia di Finanza rappresentata dagli accessi, ispezioni e verifiche sulla cui base vengono emessi gli avvisi di accertamento; interpretazione confermata dall’ulteriore modifica dell’art. 2, ad opera del D.Lgs. n. 217 del 2017, art. 2, che, mediante l’aggiunta del comma 6 bis, rendeva esplicita tale applicazione. Si rilevava altresì che la copia cartacea notificata al contribuente presentava l’attestazione di conformità prevista dall’art. 23 del CAD. 2. con il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, dell’art. 23 CAD, dell’art. 137 c.p.c., commi 2 e 3, e dell’art. 156 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, rilevando che la possibilità di notificare a mezzo PEC anche gli atti impositivi era stata introdotta solo a decorrere dal 1 luglio 2017, con l’inserimento al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 7, sicchè prima di tale data l’Agenzia aveva correttamente proceduto all’invio della copia analogica munita di attestazione di conformità e che, in ogni caso, ogni eventuale nullità della notifica doveva ritenersi sanata per il raggiungimento dello scopo, allorchè il contribuente era” comunque venuto a conoscenza dell’atto.

3. Il primo motivo è meritevole di accoglimento.

3.1 Questione controversa è la legittimità degli atti impositivi emessi dall’Agenzia delle Entrate in formato elettronico, e sottoscritti con firma digitale, nel periodo di vigenza del D.Lgs. n. 82 del 2005, art. 2, comma 6, (cd CAD – Codice dell’Amministrazione digitale), come modificato dal D.Lgs. n. 179 del 2016, art. 2, comma 1, lett. c), entrato in vigore a decorrere dal 14 settembre 2016, sino alle ulteriori modifiche apportate allo stesso art. 2, comma 6, con l’aggiunta altresì del comma 6-bis, ad opera del D.Lgs. n. 217 del 2017, art. 2, lett. d) ed e), entrato in vigore dal 27 gennaio 2018.

Dalla ritenuta inapplicabilità del CAD, e quindi delle disposizioni in tema di firma digitale, la sentenza gravata ha fatto derivare la nullità dell’avviso di accertamento sottoscritto digitalmente per difetto di sottoscrizione.

3.2 Si pone, ai fini del decidere, la questione interpretativa dell’art. 2 del CAD, comma 6, prima parte, nel testo vigente nel periodo dal 14 settembre 2016 al 26 gennaio 2018, secondo cui: “Le disposizioni del presente Codice non si applicano limitatamente all’esercizio delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale, di ordine e sicurezza pubblica, difesa e sicurezza nazionale, polizia giudiziaria e polizia economico-finanziaria e consultazioni elettorali” L’Agenzia ricorrente ritiene che nella limitazione di cui alla suindicata disposizione non vadano inclusi gli avvisi di accertamento che pertanto, a decorrere dal 14 settembre 2016, sarebbero stati legittimamente emessi con la forma del documento informatico e sottoscritti con firma digitale.

Va premesso che la normativa in tema di digitalizzazione della pubblica amministrativa, anche in conseguenza degli obblighi di adeguamento al Regolamento comunitario noto con l’acronimo e-IDAS, entrato in vigore direttamente in tutti gli Stati Membri UE, senza necessità di atti di recepimento, il 17 settembre 2014, e divenuto applicabile a decorrere dal 1 luglio 2016, impone ormai come regola generale l’adozione dei documenti informatici, residuando ad eccezione il mantenimento dei documenti analogici.

Ai sensi dell’art. 40 del CAD, le pubbliche amministrazioni formano gli originali dei propri documenti con mezzi informatici secondo le regole tecniche fissate dal D.P.C.M. del 13-11-2014.

Posto che la regola generale è divenuta il ricorso ai documenti informatici, e le limitazioni l’eccezione, l’interpretazione dell’art. 2 del CAD, comma 6, ratione temporis vigente, proposta dall’Agenzia delle Entrate merita di essere condivisa sulla base di una serie di valutazioni ermeneutiche sia di tipo letterale che sistematico.

Rileva, innanzitutto, sul piano terminologico che gli atti impositivi non rientrano tra gli atti emessi “nell’esercizio” delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale, a cui sono certamente riconducibili gli atti adottati in occasione di indagini e verifiche ispettive propedeutiche all’esercizio del potere di accertamento e di irrogazione di sanzioni, bensì tra gli atti eventualmente emessi “all’esito” delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale, attività che potrebbero anche concludersi con un esito favorevole per il contribuente, e quindi senza l’emissione di un atto impositivo.

La distinzione tra l’attività accertativa e quella preliminare di verifica e controllo risulta poi immanente nella normativa fiscale vigente.

In tema di imposte dirette, la definizione in termini distintivi è presente già nella rubrica del titolo quarto del D.P.R. n. 600 del 1973, denominato “Accertamento e controllo”; le attività di controllo sono autonomamente regolate agli artt. 32 e 33 dello stesso decreto, si realizzano attraverso accessi, ispezioni e verifiche, inviti a comparire e richieste di documentazione che richiedono una diretta interlocuzione con il contribuente, prevedono la cooperazione della Guardia di Finanza nonchè di qualsiasi altro soggetto pubblico incaricato istituzionalmente di svolgere attività ispettive o di vigilanza.

Prerogativa esclusiva dell’Amministrazione finanziaria è invece l’adozione degli atti impositivi, di cui agli artt. 36-bis, 36-ter, 38, 39 ecc., che hanno ad oggetto la liquidazione delle imposte o delle maggiori imposte e delle eventuali sanzioni.

Anche il D.P.R. n. 633 del 1972, in tema di IVA, regola separatamente all’art. 52 gli accessi, ispezioni e verifiche ed agli artt. 54 e ss. le rettifiche e gli accertamenti.

Lo Statuto del contribuente, in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, all’art. 12, comma 7, conferma la distinzione delle due attività imponendo, a pena di illegittimità dell’atto impositivo emesso “ante tempus”, l’osservanza di un termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento, decorrente dal rilascio al soggetto nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni.

3.3 Correttamente la ratio dell’esclusione degli atti propedeutici all’esercizio del potere di accertamento è stata rinvenuta nel fatto che nell’ambito di tali attività di verifica si impone la partecipazione del contribuente che potrebbe non essere munito di firma digitale, sicchè l’applicazione del CAD determinerebbe un aggravio dei suoi diritti di difesa ed un ostacolo al rapporto di collaborazione che dovrebbe sempre ispirare tali incombenti.

Non da ultimo va evidenziato che l’interpretazione contraria proposta dalla CTR si porrebbe in disarmonia con la volontà del legislatore come manifestata negli interventi normativi successivi.

La modifica apportata al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, ad opera del D.L. n. 193 del 2016, art. 7-quater, comma 6, con l’inserimento del comma 6 che ha introdotto la possibilità della notifica a mezzo PEC degli avvisi di accertamento, tende ad una implementazione dell’utilizzo dei documenti informatici.

Il comma 6-bis, aggiunto all’art. 2 del CAD dal D.Lgs. n. 217 del 2017, art. 2, lett. e), ne sancisce espressamente l’applicabilità “agli atti di liquidazione, rettifica, accertamento e di irrogazione delle sanzioni di natura tributaria” e rimette ad un successivo decreto l’adozione delle modalità e dei termini per l’applicazione anche alle “attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale”.

Seppure non si voglia attribuire a tale ultima disposizione la natura di norma di interpretazione autentica con portata retroattiva, è indubbio che da essa non può che trarne conferma l’impostazione esegetica che distingue l’attività di accertamento da quella di controllo fiscale.

4. Alla ritenuta applicabilità del CAD consegue l’accoglimento del secondo motivo, relativo alla legittimità della notifica di una copia analogica conforme ad un documento informatico.

4.1 Ai sensi dell’art. 23 del CAD “Le copie su supporto analogico di documento informatico, anche sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale da cui sono tratte se la loro conformità all’originale in tutte le sue componenti è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato”.

Nella specie risulta incontestato, e comunque provato, che l’atto impositivo notificato in copia cartacea presentava l’attestazione di conformità all’originale e tanto è sufficiente a dimostrare l’avvenuta sottoscrizione dell’atto ed a conferirgli un valore probatorio equiparato all’originale informatico (in tema di sentenze sottoscritte digitalmente vedi Cass. n. 15074 del 2017).

Non sussistendo alcun indispensabile o necessario collegamento tra documento informatico e notifica a mezzo PEC, nulla impedisce che una copia analogica di un documento informatico conforme all’originale venga notificata secondo le regole ordinarie della notifica a mezzo posta.

Si ricorda che la possibilità di una notifica a mezzo PEC per gli atti impositivi è stata introdotta solo a decorrere dall’1 luglio 2017, a seguito del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, aggiunta del comma 6, ad opera del D.L. n. 193 del 2016, art. 7-quater, comma 6; l’Agenzia ricorrente, non potendo utilizzare la notifica a mezzo PEC prima di tale data, ha correttamente proceduto alla notifica ordinaria di una copia analogica dell’atto informatico, munita della prescritta attestazione di conformità.

4.2 Si aggiunga che risulta agli atti che l’atto sia comunque giunto della sfera di conoscibilità del destinatario: trova pertanto applicazione il principio consolidato secondo cui, ai sensi dell’art. 156 c.p.c., comma 3, ove l’atto, malgrado l’irritualità della notifica, sia venuto a conoscenza del destinatario, la nullità non può essere dichiarata per il raggiungimento dello scopo. (Vedi tra le tante Cass. SU n. 7665 del 2016; n. 27561 e n. 24568 del 2018) 5. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla C.T.R. della Toscana, sez. distaccata di Livorno, in diversa composizione, che procederà all’esame degli ulteriori motivi di ricorso, ed anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.
La Corte, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, rinvia per l’ulteriore esame, e anche per le spese, alla C.T.R della Toscana, sez. distaccata di Livorno, in diversa composizione.

Conclusione
Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2021


Circolare 2021-001: La notifica in relazione alla pandemia COVID-19

A distanza di quasi un anno dall’insorgenza della pandemia da COVID 19 dobbiamo prendere atto del permanere dello stato di emergenza e dell’aggravarsi della situazione di grave crisi che investe in modo particolare il nostro paese. Alla luce della recrudescenza del contagio cui assistiamo dall’autunno scorso, torniamo a richiamare l’attenzione dei nostri associati sull’importanza del rispetto delle norme di sicurezza in generale e particolarmente sul lavoro.

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Decreto Milleproroghe 2021

Novità dal decreto legge Milleproroghe D.l. 31 dicembre 2020, n. 183

Smartworking e lavoro agile
Sono valide fino al 31 marzo 2021:

  • le disposizioni relative allo smart working per i genitori di figli minori di quattordici anni;
  • l’incremento del lavoro agile fino al 50% dei dipendenti della pubblica amministrazione.

 


Appalto di “Servizi postali “avviata una consultazione on line per l’aggiornamento delle Linee-guida Anac

A seguito della piena liberalizzazione del Settore postale (con l’abrogazione dell’art. 4 del Dlgs. n. 261/1999) e dell’entrata in vigore del Dlgs. n. 50/2016 (“Codice dei Contratti pubblici”), l’Autorità nazionale Anticorruzione ha ritenuto necessario procedere all’aggiornamento delle indicazioni fornite con la Determinazione n. 3 del 9 dicembre 2014 sugli appalti di “Servizi postali”.
Tenuto conto dell’importanza rivestita dal Settore postale, sia nel mercato interno, sia a livello comunitario, Anac e Agcom (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni) hanno ritenuto opportuno procedere congiuntamente all’emanazione di un atto a carattere generale. Per questo motivo, lo scorso 16 novembre 2020 hanno avviato assieme una consultazione on line. L’intervento ha l’obiettivo di fornire indicazioni operative alle Stazioni appaltanti, finalizzate a favorire l’effettiva apertura del mercato dei “Servizi postali”, con l’eliminazione delle barriere al libero accesso e la diffusione di buone pratiche.
Al fine di meglio comprendere, da un punto di vista tecnico, le problematiche evidenziate e di garantire il rispetto del Principio di massima partecipazione all’iter decisionale da parte dei soggetti interessati, la consultazione è stata preceduta dai lavori di un Tavolo tecnico al quale hanno partecipato, oltre ai rappresentanti delle 2 Autorità, Consip, Anci, Poste Italiane Spa, Nexive, Cna e Consorzio Arel-Fulmine.
Sulla bozza del Documento di consultazione sono state acquisite inoltre le osservazioni di Assopostale.

All’esito di tali lavori è stato elaborato un DOCUMENTO DI CONSULTAZIONE e che è stato pubblicato sul sito internet dell’Anac per acquisire le osservazioni degli stakeholder, per il periodo dal 16 novembre al 31 dicembre 2020.


È truffa continuata per troppi coffee break, ma il reato non è punito se il danno alla P.A. è lieve

Lo stipendio basso evita agli impiegati della pubblica amministrazione, habitué della pausa caffè al bar, di essere puniti per truffa continuata. A far scattare, malgrado la continuità, la possibilità di applicare la norma sulla particolare tenuità del fatto (articolo 131-bis del Codice penale) il danno lieve provocato e la scarsa propensione al crimine. La Cassazione analizza la condotta prendendo le distanze dalla decisione della Corte d’appello che aveva condannato per truffa continuata alcuni impiegati di una prefettura.
Ai patiti del coffee break in un bar di fronte al luogo di lavoro, era stata contestata un’assenza di circa 16 ore per un totale di circa 140 euro, calcolati in base alla retribuzione degli impiegati che uscivano senza timbrare il cartellino. Per la Corte Suprema di Cassazione la sentenza della Corte d’Appello era contraddittoria per più ragioni: gli episodi erano stati contestati come singoli fatti di reato però era stata affermata la continuazione. In più era stata negata la particolare tenuità del fatto perché le condotte, in quanto reiterate, potevano essere definite abituali. Circostanza questa che, ad avviso dei giudici territoriali, avrebbe impedito di riconoscere la non punibilità.
Per quanto riguarda l’apprezzabilità del danno, da tarare sullo stipendio, la Suprema corte ricorda che la truffa si doveva ritenere consumata al momento della percezione della retribuzione, quindi gli episodi andavano spalmati su più mensilità. Sbagliato anche il presupposto in base al quale era stato negato il beneficio previsto dall’articolo 131-bis c.p.. Secondo la giurisprudenza della Suprema corte più recente, infatti, la continuità tra i reati non rappresenta più, in astratto, un ostacolo insormontabile. Il giudice deve valutare se la condotta sia la manifestazione di una situazione episodica, se la lesione dell’interesse tutelato è minimale, oltre alla gravità del reato e alla capacità delinquenziale di chi lo commette. Considerazioni che giocano a favore dei ricorrenti, la cui ammissibilità del ricorso consente di affermare anche la prescrizione del reato. Anche nella sua complessità il danno era tenue, malgrado il Pm avesse fissato la soglia massima di “tolleranza” in 50 euro, e certo la caratura criminale dei patiti del coffee break non era un elemento che li qualificava.
Visto il metro utilizzato per calcolare il danno magari con le pause caffè reiterate qualche rischio in più lo possono correre i dirigenti che hanno uno stipendio più pesante.


DECRETO LEGGE 31 dicembre 2020, n. 183(1)

Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi, di realizzazione di collegamenti digitali, di esecuzione della decisione (UE, EURATOM) 2020/2053 del Consiglio, del 14 dicembre 2020, nonché in materia di recesso del Regno Unito dall’Unione europea.

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 31 dicembre 2020, n. 323.

Epigrafe

Premessa

ART. 1 Proroga di termini in materia di pubbliche amministrazioni

ART. 2 Proroga di termini in materie di competenza del Ministero dell’interno

ART. 3 Proroga di termini in materia economica e finanziaria

ART. 4 Proroga di termini in materia di salute

ART. 5 Proroga di termini in materia di istruzione

ART. 6 Proroga di termini in materia di università e ricerca

ART. 7 Proroga di termini in materia di beni e attività culturali e di turismo

ART. 8 Proroga di termini in materia di giustizia

ART. 9 Proroga di termini in materia di competenza del Ministero della difesa

ART. 10 Proroga di termini in materia di agricoltura

ART. 11 Proroga di termini in materia di competenza del Ministro del lavoro e delle politiche sociali

ART. 12 Proroga di termini in materia di sviluppo economico

ART. 13 Proroga di termini in materia di infrastrutture e trasporti

ART. 14 Proroga di termini in materia di competenza del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale

ART. 15 Proroga di termini in materia di ambiente e tutela del territorio e del mare

ART. 16 Proroga di termini in materia di sport

ART. 17 Termine per la conclusione della ricostruzione privata- terremoto de L’Aquila – Casa Italia

ART. 18 Proroga risorse volte a contrastare la povertà educativa

ART. 19 Proroga dei termini correlati con lo stato di emergenza epidemiologica da COVID-19

ART. 20 Misure di semplificazione per il collegamento digitale delle scuole e degli ospedali

ART. 21 Esecuzione della Decisione (UE, Euratom) 2020/2053 del Consiglio del 14 dicembre 2020 relativa al sistema delle risorse proprie dell’Unione europea e che abroga la decisione 2014/335/UE, Euratom

ART. 22 Proroga e altre misure applicabili a intermediari bancari e finanziari e a imprese di assicurazione in relazione al recesso del Regno Unito dall’Unione europea

ART. 23 Entrata in vigore

Allegato 1

DECRETO LEGGE 31 dicembre 2020, n. 183 (1).

Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi, di realizzazione di collegamenti digitali, di esecuzione della decisione (UE, EURATOM) 2020/2053 del Consiglio, del 14 dicembre 2020, nonché in materia di recesso del Regno Unito dall’Unione europea.

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 31 dicembre 2020, n. 323.

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

VISTI gli articoli 77 e 87 della Costituzione;

RITENUTA la straordinaria necessità e urgenza di provvedere alla proroga e alla definizione di termini di prossima scadenza al fine di garantire la continuità dell’azione amministrativa;

RITENUTA la straordinaria necessità e urgenza di adottare disposizioni urgenti in materia di innovazione tecnologica e, in relazione al recesso del Regno Unito dall’Unione europea, misure indifferibili con riferimento a intermediari bancari e finanziari e a imprese di assicurazione, nonché di provvedere a dare immediata esecuzione alla decisione (UE, Euratom) n. 2020/2053 del Consiglio del 14 dicembre 2020, relativa al sistema delle risorse proprie dell’Unione europea;

VISTA le deliberazioni del Consiglio dei ministri, adottate nelle riunioni del 23 e del 30 dicembre 2020;

SULLA PROPOSTA del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze;

EMANA

il seguente decreto-legge:

ART. 1 Proroga di termini in materia di pubbliche amministrazioni

1. All’articolo 1, comma 2, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, le parole “31 dicembre 2020”, ovunque ricorrano, sono sostituite dalle seguenti: “31 dicembre 2021 “.
2. All’articolo 1, comma 5, del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2014, n. 15, le parole “31 dicembre 2020” sono sostituite dalle seguenti: “31 dicembre 2021 “.
3. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 1, comma 227, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, all’articolo 1 del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2015, n. 11, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 2, le parole “negli anni 2013, 2014, 2015, 2016, 2017 e 2018” sono sostituite dalle seguenti: “negli anni 2013, 2014, 2015, 2016, 2017, 2018 e 2019”;
b) al comma 4, le parole “31 dicembre 2020” sono sostituite dalle seguenti: “31 dicembre 2021 “.
4. All’articolo 1, comma 1148, lettera e), della legge 27 dicembre 2017, n. 205, le parole “31 dicembre 2020” sono sostituite dalle seguenti: “31 dicembre 2021 “.
5. All’articolo 250, comma 4, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, le parole “1° gennaio 2021” sono sostituite dalle seguenti: “1° gennaio 2022”.
6. All’articolo 2, comma 15, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, le parole “31 dicembre 2020” sono sostituite dalle seguenti: “31 dicembre 2021 “.
7. Le procedure concorsuali già autorizzate per il triennio 2018-2020, ai sensi dell’articolo 5 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 aprile 2018, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, serie generale n. 134 del 12 giugno 2018, possono essere espletate fino al 31 dicembre 2021.
8. All’articolo 20, comma 11-bis, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Ai fini del presente comma il termine per il requisito di cui al comma 1, lettera c), e al comma 2, lettera b), è stabilito alla data del 31 dicembre 2021, fatta salva l’anzianità di servizio già maturata sulla base delle disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto.”.
9. Gli enti locali già autorizzati dalla Commissione per la Stabilità Finanziaria degli Enti Locali, ai sensi dell’articolo 243, commi 1 e 7, e dell’articolo 243-bis, comma 8, lettere d) e g), del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ad effettuare assunzioni a tempo indeterminato per l’anno 2020, che si trovano nell’impossibilità di concludere le procedure di reclutamento entro il 31 dicembre 2020 per le disposizioni di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 novembre 2020, possono effettuare le predette assunzioni entro il 30 giugno 2021, anche se in esercizio o gestione provvisoria, in deroga all’articolo 163 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e nelle more dell’adozione del bilancio di previsione per il triennio 2021-2023.
10. In relazione alle conseguenze relative alle attività di contrasto al fenomeno epidemiologico ed al solo fine di ultimare i progetti e i lavori avviati per “Matera 2019” nonché per completare la rendicontazione, all’articolo 1, comma 346, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, sono apportate le seguenti modifiche:
a) al primo periodo la parola “2020” è sostituita dalla seguente: “2021 “;
b) al secondo periodo, la parola “2020” è sostituita dalla seguente: “2021 “;
c) è aggiunto in fine il seguente periodo: “Per l’anno 2021 il comune di Matera può provvedere, nel limite massimo di spesa di 900.000 euro, a valere sulle risorse finanziarie stanziate dal presente comma per l’anno 2020.”.
11. All’articolo 75, comma 1, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, la parola “2020” è sostituita dalla seguente: “2021 “.
12. All’articolo 76 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, le parole “31 dicembre 2020” sono sostituite dalle seguenti: “31 dicembre 2021 “.
13. All’articolo 8, comma 1-quater, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: “ovvero nell’eventuale atto di rinnovo”.
14. All’articolo 4, comma 2-bis, del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, in materia di potenziamento dell’attività informativa, le parole “Fino al 31 gennaio 2021” sono sostituite dalle seguenti: “Fino al 31 gennaio 2022”.
15. All’articolo 8, comma 2, del decreto-legge 18 febbraio 2015, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 aprile 2015, n. 43, in materia di garanzie funzionali e di tutela, anche processuale, del personale delle strutture dei servizi di informazione per la sicurezza, le parole “Fino al 31 gennaio 2021” sono sostituite dalle seguenti: “Fino al 31 gennaio 2022”.
16. All’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8, al primo periodo, le parole “Fino al 31 dicembre 2020” sono sostituite dalle seguenti: “Fino alla data di entrata in vigore del regolamento di cui al terzo periodo” e, al terzo periodo, le parole “entro il 31 dicembre 2020” sono sostituite dalle seguenti: “entro il 30 aprile 2021”.
17. All’articolo 25, comma 1, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, le parole “31 gennaio 2021” sono sostituite dalle seguenti: “30 aprile 2021 “.
18. Alla compensazione degli effetti finanziari in termini di fabbisogno e indebitamento netto derivanti dal comma 10 pari a 0,9 milioni di euro per l’anno 2021 si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all’articolo 6, comma 2, del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2008, n. 189.

ART. 2 Proroga di termini in materie di competenza del Ministero dell’interno

1. All’articolo 17, comma 4-quater, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, le parole “31 dicembre 2020” sono sostituite dalle seguenti: “31 dicembre 2021”.
2. All’articolo 1, comma 594, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) le parole “fino al 31 dicembre 2020.” sono sostituite dalle seguenti: “fino al 31 dicembre 2021.”;
b) le parole “alla data del 31 ottobre 2020,” sono sostituite dalle seguenti: “alla data del 31 ottobre 2021,”.
3. All’articolo 18-bis del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8, le parole “sono differiti al 31 dicembre 2020” sono sostituite dalle seguenti: “sono prorogati al 31 dicembre 2021 “.
4. In considerazione della emergenza epidemiologica da COVID-19 e del carattere particolarmente diffusivo del contagio, se l’eventuale annullamento dell’elezione degli organi delle amministrazioni comunali in alcune sezioni influisce sulla elezione di alcuno degli eletti o sui risultati complessivi, la consultazione nelle sezioni stesse si svolge nuovamente, in deroga ai termini di cui agli articoli 77, comma 2, e 79, comma 2, del testo unico delle leggi per la composizione e l’elezione degli organi delle amministrazioni comunali di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 16 maggio 1960, n. 570, entro il 31 marzo 2021, in una data stabilita dal prefetto di concerto con il presidente della corte d’appello. Dal presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Alla sua attuazione si provvede con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

ART. 3 Proroga di termini in materia economica e finanziaria

1. All’articolo 4, comma 12, secondo periodo, del decreto-legge 9 gennaio 2020, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 12, le parole “A decorrere dall’anno 2021” sono sostituite dalle seguenti: “Entro l’anno 2021”.
2. All’articolo 3, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, le parole “2019 e 2020” sono sostituite dalle seguenti: “2019, 2020 e 2021 “.
3. All’articolo 13 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 4, le parole “a decorrere dal 1° gennaio 2021” sono sostituite dalle seguenti: “a decorrere dal 1° luglio 2021 “;
b) al comma 5, le parole “fino al 31 dicembre 2020” sono sostituite dalle seguenti: “fino al 30 giugno 2021 “.
4. All’articolo 1, comma 789, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, le parole “31 dicembre 2020” sono sostituite dalle seguenti: “30 giugno 2021 “.
5. All’articolo 2, comma 6-quater, secondo periodo, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, le parole “1° gennaio 2021” sono sostituite dalle seguenti: “1° gennaio 2022”.
6. All’articolo 106, comma 7, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, le parole “entro il 31 luglio 2020 ovvero entro la data, se successiva, fino alla quale è in vigore lo stato di emergenza sul territorio nazionale relativo al rischio sanitario connesso all’insorgenza dell’epidemia da COVID-19” sono sostituite dalle seguenti: “entro la data di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da Covid-19 e comunque non oltre il 31 marzo 2021 “.
7. In ragione della straordinaria emergenza epidemiologica da COVID-19, gli obblighi di aggiornamento professionale dei revisori legali dei conti relativi all’anno 2020 e all’anno 2021, previsti dall’articolo 5, commi 2 e 5, del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39, consistenti all’acquisizione di 20 crediti formativi in ciascun anno, di cui almeno 10 in materie caratterizzanti la revisione legale, si intendono eccezionalmente assolti se i crediti sono conseguiti entro il 31 dicembre 2022.
8. Al comma 4, dell’articolo 117, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, le parole “31 dicembre 2020” sono sostituite dalle seguenti: “31 dicembre 2021”.
9. All’articolo 1, comma 544, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, dopo le parole “Agenzia delle entrate,” sono inserite le seguenti: “da adottarsi entro e non oltre il 1° febbraio 2021,”, e dopo le parole “ogni altra disposizione necessaria” sono inserite le seguenti: “per l’avvio e”.
10. All’articolo 1, comma 540, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, al terzo periodo, le parole “Nel caso in cui” sono sostituite dalle seguenti: “A decorrere dal 1° marzo 2021, nel caso in cui”.
11. All’articolo 141, comma 1-ter, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, le parole da “può avvalersi” fino a “sei unità” sono sostituite dalle seguenti: “può conferire fino a sei incarichi di collaborazione ai sensi dell’articolo 7, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165” e le parole: “31 dicembre 2021” sono sostituite dalle seguenti: “30 giugno 2022”.

ART. 4 Proroga di termini in materia di salute

1. All’articolo 2, comma 67-bis, quinto periodo, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, le parole “e per l’anno 2020” sono sostituite dalle seguenti: “, per l’anno 2020 e per l’anno 2021 “.
2. All’articolo 18, comma 1, alinea, del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2017, n. 172, le parole “e 2020”, ovunque ricorrono, sono sostituite dalle seguenti: “, 2020 e 2021”.
3. All’articolo 38, comma 1-novies, secondo periodo, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, le parole: “e 2020” sono sostituite dalle seguenti: “, 2020 e 2021 “.
4. All’articolo 11, comma 1, quinto periodo, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2019, n. 60, le parole “Dall’anno 2021,” sono sostituite dalle seguenti: “Dall’anno 2022,”.
5. All’articolo 42, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 26, le parole “1° gennaio 2021” sono sostituite dalle seguenti: “1° gennaio 2022 “.
6. All’articolo 9-duodecies, comma 2, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni dalla legge 6 agosto 2015, n. 125, dopo il terzo periodo è aggiunto il seguente: “Le procedure concorsuali e le assunzioni di cui al presente comma possono essere effettuate anche nell’anno 2021 “.
7. Al fine di garantire la necessaria continuità delle attività di ricerca, nelle more dell’emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all’articolo 1, comma 425, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, in considerazione dell’attuale situazione di straordinaria di emergenza sanitaria, gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico di diritto pubblico e gli Istituti zooprofilattici sperimentali, in deroga all’articolo 7, comma 5-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, possono continuare ad avvalersi del personale addetto alle attività di ricerca, nonché di personale di supporto alla ricerca, assunto con contratti di lavoro flessibile e in servizio presso tali istituti, fino al 30 settembre 2021, compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili. Agli oneri derivanti dalla presente disposizione, si provvede nei limiti delle complessive risorse finanziarie di cui all’articolo 1, comma 424, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, proprie di ciascun Istituto, e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
8. Per garantire l’ampliamento della platea dei soggetti idonei all’incarico di direttore generale delle aziende e degli enti del Servizio Sanitario Nazionale, anche in ragione delle esigenze straordinarie ed urgenti derivanti dalla diffusione del COVID-19, l’elenco nazionale dei soggetti idonei alla nomina di direttore generale delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere e degli altri enti del Servizio sanitario nazionale, di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 171, e successive modificazioni, pubblicato sul portale del Ministero della salute il 1° aprile 2020, è integrato entro il 21 marzo 2021. A tal fine i termini di presentazione delle domande di cui all’avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 93 del 26 novembre 2019, sono riaperti dal 21 gennaio 2021 al 5 febbraio 2021, previa pubblicazione di apposito avviso sulla Gazzetta Ufficiale. Restano iscritti nell’elenco nazionale i soggetti già inseriti nell’elenco nazionale alla data di entrata in vigore del presente decreto.

ART. 5 Proroga di termini in materia di istruzione

1. Al comma 1 dell’articolo 1-bis del decreto-legge 29 ottobre 2019, n. 126, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 dicembre 2019, n. 159, le parole “entro l’anno 2020” sono sostituite dalle seguenti: “entro l’anno 2021” e le parole “dal 2020/2021 al 2022/2023” sono sostituite dalle seguenti: “dal 2021/2022 al 2023/2024, ferme restando le procedure autorizzatorie di cui all’articolo 39, commi 3 e 3-bis, della legge 27 dicembre 1997, n. 449.”.
2. All’articolo 3, comma 3-ter, del decreto-legge 9 gennaio 2020, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 12, le parole “31 dicembre 2020” sono sostituite dalle seguenti: “31 dicembre 2021 “.
3. All’articolo 87, comma 3-ter, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, dopo le parole “31 gennaio 2020” sono inserite le seguenti: “e successive proroghe” e le parole “per l’anno scolastico 2019/2020” sono sostituite dalle seguenti: “per gli anni scolastici 2019/2020 e 2020/2021 “.
4. All’articolo 18, comma 8-quinquies, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, le parole “31 dicembre 2020” sono sostituite dalle seguenti: “31 dicembre 2021” e, in fine, è inserito il seguente periodo: “Restano fermi i termini di conservazione dei residui previsti a legislazione vigente.”.
5. All’articolo 58, comma 5-sexies, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, le parole “a decorrere dal 1° gennaio 2021” sono sostituite dalle seguenti: “a decorrere dal 1° marzo 2021 “.

ART. 6 Proroga di termini in materia di università e ricerca

1. All’articolo 19, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n. 128, le parole “e 2020-2021” sono sostituite dalle seguenti: “, 2020-2021 e 2021-2022.”.
2. All’articolo 3-quater, comma 1, del decreto-legge 9 gennaio 2020, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 12, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, le parole “a decorrere dall’anno accademico 2021/2022” sono sostituite dalle seguenti: “a decorrere dall’anno accademico 2022/2023” e le parole “entro il 31 dicembre 2020” sono sostituite dalle seguenti: “entro il 31 dicembre 2021 “;
b) al comma 2, le parole “a decorrere dall’anno accademico 2021/2022” sono sostituite dalle seguenti: “a decorrere dall’anno accademico 2022/2023”.
3. All’articolo 100, comma 3, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, le parole “nel mese di luglio 2020” sono sostituite dalle seguenti: “nei mesi di luglio 2020, gennaio 2021 e luglio 2021 “. Alla compensazione degli effetti finanziari derivanti dal presente comma pari a euro 16.179.552 per l’anno 2021 si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all’articolo 6, comma 2, del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2008, n. 189.
4. Al decreto-legge 9 gennaio 2020, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 12, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 3, comma 3, le parole “per l’anno 2020” sono sostituite dalle seguenti: “per gli anni 2020 e 2021” e le parole “, fino alla data indicata dal decreto di cui al comma 4. Fino alla medesima data” sono sostituite dalle seguenti: “. Fino alla data di conferimento degli incarichi dirigenziali non generali della Direzione generale del personale, del bilancio e dei servizi strumentali del Ministero dell’università e della ricerca e, comunque, entro il 31 ottobre 2021 “;
b) all’articolo 3, comma 4, le parole “Con decreto” sono sostituite dalle seguenti: “Con uno o più decreti” e le parole “il 30 aprile 2020” sono sostituite dalle seguenti: “la data di cui al comma 3”;
c) all’articolo 4, comma 4, le parole “Fino alla data indicata dal decreto di cui all’articolo 3, comma 4” sono sostituite dalle seguenti: “Fino alla data di cui all’articolo 3, comma 3”;
d) all’articolo 4, comma 6, le parole “fino alla data indicata dal decreto di cui all’articolo 3, comma 4” sono sostituite dalle seguenti: “fino alla data di cui all’articolo 3, comma 3”.
5. Il termine di cui all’articolo 238, comma 6, del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, è prorogato all’anno 2021 limitatamente alle università e alle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica al fine di permettere il regolare svolgimento della didattica a distanza.
6. Al comma 1 dell’articolo 7-bis del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 22, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2020, n. 41, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) le parole “entro il 15 marzo 2021” sono sostituite dalle seguenti: “entro il 15 aprile 2021 “;
b) le parole “fino al 30 giugno 2021” sono sostituite dalle seguenti: “fino al 30 luglio 2021”.
7. All’articolo 1, comma 1145, secondo periodo, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, le parole “31 dicembre 2020” sono sostituite dalle seguenti: “31 dicembre 2021 “.
8. Le disposizioni di cui all’articolo 6, commi 1 e 2, del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 22, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2020, n. 41, sono prorogate fino al 31 dicembre 2021. Le medesime disposizioni si applicano anche alle professioni di agrotecnico e agrotecnico laureato, geometra e geometra laureato, perito agrario e perito agrario laureato, perito industriale e perito industriale laureato, per le quali l’organizzazione e le modalità di svolgimento degli esami sono definite, ai sensi dei commi 1 e 2 del predetto articolo 6, con decreto del Ministro dell’istruzione.

ART. 7 Proroga di termini in materia di beni e attività culturali e di turismo

1. All’articolo 3, comma 5, del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, le parole “entro il 31 dicembre 2020” sono sostituite dalle seguenti: “entro il 31 dicembre 2021 “.
2. All’articolo 11-bis, comma 2, primo periodo, del decreto legislativo 12 maggio 2016, n. 90, le parole “31 dicembre 2020” sono sostituite dalle seguenti: “31 dicembre 2021 “.
3. Alla legge 29 dicembre 2017, n. 226, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 2, comma 1, alinea, le parole “2018, 2019 e 2020” sono sostituite dalle seguenti: “2018, 2019, 2020 e 2021”;
b) all’articolo 3:
1) al comma 3, le parole “31 dicembre 2020” sono sostituite dalle seguenti: “31 dicembre 2021 “;
2) al comma 5, le parole “31 dicembre 2020” sono sostituite dalle seguenti: “31 dicembre 2021 “;
c) all’articolo 4, comma 1, le parole “per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2020” sono sostituite dalle seguenti: “per ciascuno degli anni 2017, 2018, 2020 e 2021 “.
4. Per favorire l’attrazione di investimenti nel settore cinematografico e audiovisivo, nonché al fine di supportare la realizzazione dei piani di sviluppo dell’Istituto Luce Cinecittà, l’efficacia delle disposizioni attuative dell’articolo 183, comma 7, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, di cui al decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze 8 luglio 2020, recante “Misure straordinarie per l’anno 2020 in materia di credito di imposta per le imprese di produzione cinematografica ed audiovisiva di cui all’articolo 15 della legge 14 novembre 2016, n. 220, a séguito dell’emergenza sanitaria da COVID-19”, è prorogata sino al 31 gennaio 2021. Per le medesime finalità di cui al primo periodo, le società direttamente o indirettamente controllate dal Ministero dell’economia e delle finanze possono acquisire partecipazioni nell’Istituto Luce Cinecittà, anche mediante aumenti di capitale e lo statuto della società è adeguato per assicurare la rappresentanza dei nuovi soci negli organi sociali e alla società si applicano le disposizioni del codice civile e le norme generali di diritto privato. L’Istituto Luce Cinecittà può assumere la forma giuridica di società per azioni e acquisire la provvista finanziaria necessaria agli investimenti nel settore cinematografico e dell’audiovisivo anche mediante emissioni su mercati regolamentati di strumenti finanziari di durata non superiore a quindici anni, nel limite di 1 milione di euro per ciascuno degli anni dal 2021 al 2030.
5. All’onere derivante dal comma 3, pari a 350.000 euro per l’anno 2021, si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 354, della legge 28 dicembre 2015, n. 208.
6. Alla compensazione degli effetti finanziari in termini di fabbisogno e indebitamento netto derivanti dal comma 4, pari a 1 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2021 al 2030 si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all’articolo 6, comma 2, del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2008, n. 189.

ART. 8 Proroga di termini in materia di giustizia

1. All’articolo 3, comma 1-bis, del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 10, le parole “fino al 31 dicembre 2020” sono sostituite dalle seguenti: “fino al 31 dicembre 2021 “.
2. All’articolo 1, comma 311, quinto periodo, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, le parole “fino al 31 dicembre 2020” sono sostituite dalle seguenti: “fino al 31 dicembre 2021 “.
3. All’articolo 21-quinquies del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 132, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, le parole “31 dicembre 2020” sono sostituite dalle seguenti: “31 dicembre 2021 “;
b) al comma 3, le parole “2018, 2019 e 2020” sono sostituite dalle seguenti: “2018, 2019, 2020 e 2021 “.
4. All’articolo 4, comma 2, del decreto-legge 31 agosto 2016 n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197, le parole “31 dicembre 2020” sono sostituite dalle seguenti: “31 dicembre 2021 “.
5. All’articolo 7, comma 3, terzo periodo, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12, le parole “30 settembre 2020” sono sostituite dalle seguenti: “30 settembre 2021 “.

ART. 9 Proroga di termini in materia di competenza del Ministero della difesa

1. All’articolo 17, comma 1, della legge 30 giugno 2009, n. 85, la parola “2020” è sostituita dalla seguente: “2021 “.
2. Al fine di consentire all’Agenzia Industrie Difesa di proseguire lo svolgimento delle attività istituzionali nelle more del riordino della normativa concernente i presupposti per l’iscrizione nel Registro nazionale delle imprese di cui all’articolo 44, comma 1, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, il termine per l’iscrizione dell’Agenzia nel predetto registro è fissato al 31 dicembre 2021 e, conseguentemente, l’Agenzia continua a operare secondo quanto stabilito dall’articolo 30, primo comma, della legge 18 aprile 1975, n. 110, e dall’articolo 16 del Testo Unico delle Leggi di pubblica sicurezza di cui al Regio decreto 18 giugno 1931, n. 773.

ART. 10 Proroga di termini in materia di agricoltura

1. Il comma 2 dell’articolo 64 della legge 12 dicembre 2016, n. 238, è sostituito dal seguente:
“2. Gli organismi di controllo devono essere accreditati in base alla norma UNI CEI EN ISO/IEC 17065:2012 e in ogni caso alla sua versione più aggiornata. Gli organismi di controllo esistenti aventi natura pubblica devono adeguarsi a tale norma entro il 31 dicembre 2021. “.
2. All’articolo 63, comma 5, del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, le parole “e il 31 dicembre 2020” sono sostituite dalle seguenti: “e il 21 giugno 2021” e le parole “fino al 31 dicembre 2020” sono sostituite dalle seguenti: “fino al 31 dicembre 2021 “.
3. Agli oneri derivanti dall’applicazione del comma 2, l’Ente provvede nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente.
4. All’articolo 24, comma 1-bis, del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2018, n. 132, le parole “31 dicembre 2020” sono sostituite dalle seguenti: “31 dicembre 2021 “.
5. All’articolo 10-quinquies del decreto-legge 29 marzo 2019, n. 27 convertito, con modificazioni, dalla legge 21 maggio 2019, n. 44, le parole “fino all’accertamento definitivo dell’obbligo a carico dei beneficiari” sono sostituite dalle seguenti: “fino all’accertamento definitivo dell’obbligo a carico dei beneficiari e comunque sino al 31 marzo 2021 “.
6. Per gli imprenditori agricoli professionali, i coltivatori diretti, i mezzadri e i coloni, beneficiari dell’esonero previsto dagli articoli 16 e 16-bis del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, è sospeso il pagamento della rata in scadenza il 16 gennaio 2021 fino alla comunicazione, da parte dell’ente previdenziale, degli importi contributivi da versare e comunque non oltre il 16 febbraio 2021.

ART. 11 Proroga di termini in materia di competenza del Ministro del lavoro e delle politiche sociali

1. All’articolo 43, comma 1, del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, le parole “nei successivi tre anni da tale data” sono sostituite dalle seguenti: “entro il 31 dicembre 2021 “.
2. All’articolo 1, comma 445, lettera h), della legge 30 dicembre 2018, n. 145, le parole “sino al 31 dicembre 2020” sono sostituite dalle seguenti: “sino al 31 dicembre 2021 “.
3. All’articolo 1, comma 475, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, le parole “31 dicembre 2020” sono sostituite dalle seguenti: “31 dicembre 2021 “.
4. All’articolo 1, comma 474, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, le parole “31 dicembre 2020” sono sostituite dalle seguenti: “31 dicembre 2021 “.
5. Il termine di cui al comma 2 dell’articolo 13, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, è prorogato al 31 dicembre 2021 ai fini del recupero delle prestazioni indebite correlate alle campagne di verifica reddituale, nei confronti dei pensionati della Gestione previdenziale privata, relative al periodo d’imposta 2018, nonché ai fini delle conseguenti attività di sospensione, revoca ed eventuale ripristino delle prestazioni medesime.
6. All’articolo 4 del decreto-legge 29 dicembre 2016, n. 243, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2017, n. 18, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, le parole “quarantotto mesi” sono sostituite dalle seguenti: “cinquantaquattro mesi”;
b) al comma 7, le parole “e 11.200.000 euro per l’anno 2020” sono sostituite dalle seguenti: “, 11.200.000 euro per l’anno 2020 e 5.100.000 euro per l’anno 2021”.
7. All’articolo 93, comma 4, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, le parole “fino al 31 dicembre 2020”, sono sostituite dalle seguenti: “fino alla scadenza del termine previsto dall’articolo 4, comma 1, del decreto-legge 29 dicembre 2016, n. 243, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2017, n. 18”.
8. Agli oneri derivanti dai commi 6 e 7, pari a 5, 1 milioni di euro per l’anno 2021, si provvede mediante riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 215, della legge 27 dicembre 2013, n. 147.
9. I termini di prescrizione delle contribuzioni di previdenza e assistenza sociale obbligatoria di cui all’articolo 3, comma 9, della legge 8 agosto 1995, n. 335, sono sospesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto fino al 30 giugno 2021 e riprendono a decorrere dalla fine del periodo di sospensione. Ove il decorso abbia inizio durante il periodo di sospensione, l’inizio stesso è differito alla fine del periodo.
10. All’articolo 1, comma 446, lettera h), della legge 30 dicembre 2018, n. 145 le parole «31 dicembre 2020», ovunque ricorrono, sono sostituite dalle seguenti: «31 marzo 2021». All’onere derivante dall’attuazione del presente comma pari a 7,5 milioni per l’anno 2021 si provvede mediante corrisponde riduzione dello stanziamento del Fondo speciale di parte corrente iscritto ai fini del bilancio triennale 2020-2022, nell’ambito del programma “Fondi di riserva e speciali” della missione” Fondi da ripartire” dello stato di previsione del Ministero dell’Economia e delle Finanze per l’anno 2020, allo scopo parzialmente utilizzando l’accontamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali”.

ART. 12 Proroga di termini in materia di sviluppo economico

1. All’articolo 3, comma 4-sexies, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, le parole “Per l’anno 2020,” sono sostituite dalle seguenti: “Per gli anni 2020 e 2021,”.
2. All’articolo 85 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 5, le parole “entro il 15 dicembre 2020, mediante versamento all’entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione al Fondo di cui al comma 7 del citato articolo 79”, sono sostituite dalle seguenti: “entro sei mesi dalla data di effettiva erogazione e comunque entro l’anno 2021, mediante versamento all’entrata del bilancio dello Stato”;
b) al comma 6, le parole “entro il 15 dicembre 2020, mediante versamento all’entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione al citato Fondo”, sono sostituite dalle seguenti: “entro sei mesi dalla data di effettiva erogazione e comunque entro l’anno 2021, mediante versamento all’entrata del bilancio dello Stato”.
3. All’articolo 1, comma 2, del decreto-legge 2 dicembre 2019, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 gennaio 2020, n. 2, le parole “entro il 31 dicembre 2020” sono sostituite dalle seguenti: “entro il 30 giugno 2021 “.
4. All’articolo 198 del decreto-legge 19 maggio 2020 n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, dopo il comma 1, è inserito il seguente: “1-bis. La misura di cui al comma 1 si applica, nel limite di 16 milioni di euro a valere sulle risorse ivi previste, anche per la compensazione dei danni subiti dal 1° gennaio 2021 fino al 30 giugno 2021.”. All’articolo 34, comma 11, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, le parole “nei limiti delle risorse pari a 309 milioni di euro per l’anno 2020”, sono sostituite dalle seguenti “nei limiti delle risorse pari a 274 milioni di euro per l’anno 2020”.
5. All’articolo 72, comma 4, del decreto legislativo 31 luglio 2020, n. 101, le parole “Nelle more dell’approvazione del decreto di cui al comma 3 e non oltre la scadenza del centoventesimo giorno successivo all’entrata in vigore del presente decreto, continua ad applicarsi l’articolo 2 del decreto legislativo 1 giugno 2011, n. 100” sono sostituite dalle seguenti: “Nelle more dell’approvazione del decreto di cui al comma 3 e non oltre il 30 aprile 2021, continua ad applicarsi l’articolo 2 del decreto legislativo 1 giugno 2011, n. 100.”.
6. Le verificazioni periodiche della strumentazione metrica delle imprese di autoriparazioni e delle imprese di revisione di veicoli, in scadenza dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 maggio 2021, sono prorogate fino al 31 dicembre 2021.
7. All’articolo 34 del decreto-legge 18 ottobre 2012, 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, dopo il comma 22 è inserito il seguente: “22-bis. Per consentire agli enti competenti di procedere all’acquisizione della proprietà degli impianti di illuminazione pubblica e all’organizzazione delle gare per l’individuazione del gestore del servizio, la scadenza di cui al comma 22 è prorogata al 30 giugno 2021 limitatamente agli affidamenti di servizi su impianti di illuminazione pubblica di proprietà del gestore.”.
8. All’articolo 3-quinquies, comma 5, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo periodo, le parole “1° gennaio 2013” sono sostituite dalle seguenti: “1° gennaio 2021 “;
b) il quarto periodo è soppresso;
c) al quinto periodo, dopo le parole “al presente comma” sono aggiunte le seguenti: “; la stessa Autorità, sentiti gli operatori di mercato interessati, indica le nuove codifiche approvate dall’ITU da integrare nei ricevitori, ritenute necessarie per favorire l’innovazione tecnologica, indicando altresì i relativi congrui tempi di implementazione”.
9. Al comma 2 dell’articolo 52 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo le parole “con cadenza nell’esercizio 2020 o in esercizi precedenti” sono inserite le seguenti: “e nell’esercizio 2021 “;
b) le parole “sono erogate entro il 31 luglio 2020” sono sostituite dalle seguenti: “sono erogate rispettivamente entro il 31 luglio 2020 ed entro il 31 luglio 2021 “;
c) le parole “entro il 30 settembre 2020” sono sostituite dalle seguenti: “entro il 30 settembre 2021”.

ART. 13 Proroga di termini in materia di infrastrutture e trasporti

1. All’articolo 207, comma 1, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, le parole “30 giugno 2021” sono sostituite dalle seguenti: “31 dicembre 2021 “.
2. All’articolo 1 del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 giugno 2019, n. 55, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 4, le parole “Per gli anni 2019 e 2020”, sono sostituite dalle seguenti: “Per gli anni 2019, 2020 e 2021 “.
b) al comma 6, le parole “Per gli anni 2019 e 2020” sono sostituite dalle seguenti: “Per gli anni 2019, 2020 e 2021”;
c) al comma 18, primo periodo, le parole “fino al 31 dicembre 2020” sono sostituite dalle seguenti: “fino al 30 giugno 2021” e al secondo periodo, le parole “Fino alla medesima data di cui al periodo precedente” sono sostituite dalle seguenti: “Fino al 31 dicembre 2021 “.
3. All’articolo 1 del decreto legislativo 15 marzo 2011, n. 35, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 3, le parole “1° gennaio 2021” sono sostituite dalle seguenti: “1° gennaio 2022”;
b) al comma 4, le parole “31 dicembre 2020” sono sostituite dalle seguenti: “31 dicembre 2021 “.
4. All’articolo 103-bis del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, le parole “fino al 31 dicembre 2020” sono sostituite dalle seguenti: “fino al 31 agosto 2021 “.
5. All’articolo 13, comma 3, del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8, le parole “relative all’anno 2020” sono sostituite dalle seguenti: “relative all’anno 2020 e all’anno 2021” e le parole “non oltre il 31 luglio 2020” sono sostituite dalle seguenti: “non oltre il 31 luglio 2021 “.
6. In considerazione della situazione emergenziale determinata dalla diffusione del virus da COVID-19, per le domande dirette al conseguimento della patente di guida presentate nel corso dell’anno 2020, la prova di controllo delle cognizioni di cui al comma 1 dell’articolo 121, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, è espletata entro un anno dalla data di presentazione della domanda.
7. All’articolo 200, comma 5, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, dopo le parole “per l’esercizio 2020” sono inserite le seguenti: “e per l’esercizio 2021 “.
8. All’articolo 1, comma 1082, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, le parole “entro tre mesi” sono sostituite dalle seguenti: “entro sei mesi”.
9. Al fine di consentire la prosecuzione dei lavori del progetto «Mantova Hub» nell’anno 2021, assicurando la valorizzazione del territorio interessato dal progetto esecutivo e l’eliminazione delle interferenze del medesimo progetto con opere, edifici o luoghi di interesse sociale, culturale, storico o religioso, il responsabile unico del procedimento è autorizzato ad apportare le necessarie modifiche al contratto stipulato, nel rispetto dei documenti di gara e delle direttive dell’Unione europea in materia di contratti pubblici. I termini previsti per la conclusione dei lavori sono conseguentemente prorogati di dodici mesi. Per l’attuazione del presente comma è autorizzata la spesa di 6,5 milioni di euro, per l’anno 2021, a completamento del finanziamento del progetto «Mantova Hub». La concessione del finanziamento è condizionata agli esiti istruttori da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con riguardo al rispetto dei documenti di gara e delle direttive dell’Unione europea in materia di contratti pubblici, alla corretta alimentazione del sistema di monitoraggio di cui al decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229, e all’integrale copertura finanziaria dell’intervento.
10. All’articolo 61, comma 21, secondo periodo, del decreto legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, dopo le parole “31 gennaio 2021” sono inserite le seguenti: “, ad esclusione di quelle che, pur connesse alla realizzazione del progetto sportivo di cui al comma 1, sono individuate, con decreto adottato dal Commissario entro 15 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, come non indispensabili al regolare svolgimento degli eventi sportivi. La consegna delle opere, individuate con il decreto di cui al secondo periodo e sottoposte a collaudo tecnico, deve avvenire entro e non oltre il 31 dicembre 2022.”.
11. All’articolo 200-bis, comma 1, secondo periodo, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, conve1iito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, le parole “entro il 31 dicembre 2020” sono sostituite dalle seguenti: “entro il 30 giugno 2021 “.
12. All’articolo 92, comma 4-bis, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, le parole “e fino al 31 dicembre 2020” sono sostituite dalle seguenti: “e fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica e, comunque, non oltre il 30 aprile 2021 “.
13. La sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, prevista dall’articolo 103, comma 6, del decreto – legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, è prorogata sino al 30 giugno 2021 limitatamente ai provvedimenti di rilascio adottati per mancato pagamento del canone alle scadenze e ai provvedimenti di rilascio conseguenti all’adozione, ai sensi dell’articolo 586, comma 2, c.p.c., del decreto di trasferimento di immobili pignorati ed abitati dal debitore e dai suoi familiari.
14. All’articolo 54-ter del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, le parole “fino al 31 dicembre 2020” sono sostituite dalle seguenti: “fino al 30 giugno 2021”.
15. All’articolo 214 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, le parole “riscosse ai sensi dell’articolo 19, comma 9-bis, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, ed integrate dall’articolo 15, comma 4, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122”, sono sostituite dalle seguenti “derivanti dalla riscossione dei canoni previsti dall’articolo 10, comma 3, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, dall’articolo 1, comma 1020, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, dall’articolo 19, comma 9-bis, del decreto legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, ed integrate dall’articolo 15, comma 4, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122”;
b) il comma 2 è sostituito dal seguente: “2. La misura della compensazione di cui al comma 1 del presente articolo è determinata, nei limiti degli stanziamenti annuali di cui al comma 1, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze da adottarsi entro il 30 aprile 2021, previa acquisizione, entro il 15 marzo 2021 di una rendicontazione di ANAS S.p.A. della riduzione delle entrate di cui al comma 1 riferita, in relazione all’articolo 10, comma 3, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 e all’articolo 1, comma 1020, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, al differenziale del livello della circolazione autostradale tra il 23 febbraio 2020 e il 31 dicembre 2020 e lo stesso periodo dell’anno 2019 e, in relazione all’articolo 19, comma 9-bis, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, ed integrate dall’articolo 15, comma 4, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 agli importi previsti dal Contratto di programma tra Anas S.p.A. e lo Stato.”.
16. Al fine di ridurre i tempi di realizzazione dei lavori relativi al 1° lotto funzionale della tratta AV/AC Verona-Vicenza-Padova e di consentire l’attivazione di detto lotto funzionale entro il 31 dicembre 2026, Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. (R.F.I. S.p.A.) è autorizzata, nelle more dell’approvazione dell’Aggiornamento 2020/2021 del Contratto di Programma – Parte Investimenti tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e R.F.I. S.p.A., a dare avvio ai lavori del secondo lotto costruttivo Verona-bivio Vicenza, per un importo complessivo di euro 1.776 milioni di euro.
17. Conseguentemente, R.F.I. S.p.A. è autorizzata a utilizzare, nel limite di 726 milioni di euro, le risorse previste nel vigente Contratto di Programma – Parte Investimenti destinate al finanziamento di altri investimenti per i quali alla data di entrata in vigore della presente disposizione non è stata avviata la fase di progettazione esecutiva, nonché ulteriori risorse pari a complessivi euro 1.050 milioni a valere sull’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 86, della legge 23 dicembre 2005, n. 266. Dette risorse si intendono immediatamente disponibili alla data di entrata in vigore del presente decreto ai fini dell’assunzione di impegni giuridicamente vincolanti in favore dell’intervento di cui al primo periodo. Nell’aggiornamento 2020/2021 al Contratto di Programma – – Parte Investimenti tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e R.F.I. s.p.a., ovvero nei successivi atti negoziali, le risorse di cui al primo periodo possono essere rimodulate nell’ambito della programmazione complessiva delle risorse destinate alla realizzazione degli investimenti ivi previsti. Entro trenta giorni dall’avvio degli interventi relativi al secondo lotto costruttivo Verona – bivio Vicenza, R.F.I. S.p.A. trasmette apposita informativa, tramite il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, al Comitato interministeriale per la programmazione economica, fornendo indicazione degli interventi oggetto di rimodulazione o definanziamento.
18. Agli oneri derivanti dal comma 9, pari a 6,5 milioni di euro per l’anno 2021, si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2020-2022, nell’ambito del programma «fondi di riserva e speciali» della Missione «fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2020, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al medesimo Ministero.
19. Agli effetti in termini di indebitamento netto e fabbisogno derivanti dal comma 11, pari a 35 milioni di euro per l’anno 2021, si provvede mediante utilizzo dei risparmi derivanti dall’articolo 12, comma 4, secondo periodo.

ART. 14 Proroga di termini in materia di competenza del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale

1. La disposizione di cui all’articolo 72, comma 2, lettera b), del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, si applica fino al 31 dicembre 2021.
2. Per gli uffici all’estero del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, i termini del 28 febbraio 2021 e del 30 settembre 2021 previsti dall’articolo 24, comma 4, del decreto- legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, sono prorogati, rispettivamente, al 30 settembre 2021 e al 31 dicembre 2021.

ART. 15 Proroga di termini in materia di ambiente e tutela del territorio e del mare

1. All’articolo 1, comma 317, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al quarto periodo, le parole “nella misura fino al 10 per cento nell’anno 2021, fino al 20 per cento nell’anno 2022, fino al 50 per cento nell’anno 2023, fino al 70 per cento nell’anno 2024 e del 100 per cento nell’anno 2025” sono sostituite dalle seguenti: “nella misura fino al 10 per cento nell’anno 2022, fino al 20 per cento nell’anno 2023, fino al 50 per cento nell’anno 2024, fino al 70 per cento nell’anno 2025 e del 100 per cento nell’anno 2026”;
b) al quinto periodo, la parola “2025” è sostituita dalla seguente: “2026”;
c) al sesto periodo, la parola “2026” è sostituita dalla seguente: “2027”.
2. All’articolo 15-ter, comma 3, del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8, le parole “31 dicembre 2020” sono sostituite dalle seguenti: “31 dicembre 2021”.
3. All’articolo 12, comma 5, del decreto-legge 29 marzo 2019, n. 27, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 maggio 2019, n. 44, le parole “31 dicembre 2020” sono sostituite dalle seguenti: “31 dicembre 2021 “.
4. All’articolo 14-bis, comma 5, del decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 novembre 2019, n. 128, le parole “dal 2020 al 2024” sono sostituite dalle seguenti “dal 2021 al 2025”.
5. Agli oneri derivanti dal comma 4, pari a 200.000 di euro per l’anno 2025, si provvede mediante corrispondente riduzione per 200.000 di euro dall’anno 2022, delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2020-2022, nell’ambito del programma «fondi di riserva e speciali» della Missione «fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2020, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.
6. Fino al 31 dicembre 2021 è sospesa l’applicazione dell’articolo 219, comma 5, primo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni.

ART. 16 Proroga di termini in materia di sport

1. All’articolo 2, comma 5-octies, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225 convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, le parole “31 dicembre 2020” sono sostituite dalle seguenti “31 dicembre 2021 “.
2. All’articolo 14, commi le 2, del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 giugno 2020, n. 40, le parole “31 dicembre 2020” sono sostituite dalle seguenti: “30 giugno 2021 “.

ART. 17 Termine per la conclusione della ricostruzione privata- terremoto de L’Aquila – Casa Italia

1. All’articolo 67-ter del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, dopo il comma 2 è inserito il seguente:
“2-bis. Al fine di concludere rapidamente gli interventi di cui all’articolo 1, comma 3, del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009, n. 77, gli aventi diritto devono presentare la domanda per la concessione del contributo entro il termine inderogabile del 30 settembre 2021, pena la decadenza dal beneficio. Per gli interventi per i quali è necessario accertare un maggior danno collegato agli eventi sismici del centro Italia, e per quelli da realizzare nell’ambito dei centri storici dei comuni del cratere, diversi da L’Aquila, o comunque ricompresi negli ambiti di intervento dei piani di ricostruzione degli stessi comuni, gli aventi diritto devono presentare la domanda per la concessione del contributo entro il termine inderogabile del 30 settembre 2022, pena la decadenza dal beneficio. Il comune può avvalersi degli strumenti di cui all’articolo 67-quater, comma 2, lettera a).”.

ART. 18 Proroga risorse volte a contrastare la povertà educativa

1. All’articolo 105, comma 1, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, dopo il comma 3 è aggiunto il seguente: “3-bis. Le risorse non utilizzate di cui al comma 1, lettera b) iscritte sul pertinente capitolo del bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio, nel limite di 15 milioni di euro, possono essere spese fino a giugno 2021.”.
2. Alla compensazione degli effetti finanziari in termini di fabbisogno e indebitamento netto derivanti dal presente articolo, pari a 15 milioni di euro per l’anno 2021, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all’articolo 6, comma 2, del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2008, n. 189.

ART. 19 Proroga dei termini correlati con lo stato di emergenza epidemiologica da COVID-19

1. I termini previsti dalle disposizioni legislative di cui all’allegato 1 sono prorogati fino alla data di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 e comunque non oltre il 31 marzo 2021, e le relative disposizioni vengono attuate nei limiti delle risorse disponibili autorizzate a legislazione vigente.

ART. 20 Misure di semplificazione per il collegamento digitale delle scuole e degli ospedali

1. Per i lavori relativi a collegamenti in fibra ottica ad alta velocità degli edifici scolastici del sistema nazionale di istruzione di cui all’ articolo 1 della legge 10 marzo 2000, n. 62, e degli edifici ospedalieri, ove il primo nodo di rete disponibile si trovi entro una distanza massima di 4 chilometri dagli edifici stessi, l’intervento di posa di infrastrutture a banda ultra larga da parte degli operatori, è eseguito mediante riutilizzo di infrastrutture e cavidotti esistenti o, anche in combinazione tra loro, con la metodologia della micro trincea attraverso l’esecuzione di uno scavo e contestuale riempimento di ridotte dimensioni (larghezza da 2,00 a 4,00 cm, con profondità regolabile da 10cm fino a massimo 35 cm), in ambito urbano ed extraurbano, anche in prossimità del bordo stradale o sul marciapiede. L’operatore può utilizzare la linea realizzata ai fini della presente disposizione per collegare in fibra ottica ad alta velocità gli ulteriori edifici presenti lungo il percorso.
2. In presenza delle condizioni di cui al comma 1, per la realizzazione dell’intervento da parte dell’operatore si applica l’articolo 7, comma 2-bis, del decreto legislativo 15 febbraio 2016, n. 33. Qualora l’intervento di scavo di cui al comma 1 interessi esclusivamente sedi stradali asfaltate e non pavimentate, è sufficiente la sola comunicazione di inizio lavori all’ufficio comunale competente, nonché, se diverso, all’ente titolare o gestore della strada. In relazione agli interventi di scavo di cui al comma 1 su autostrade o strade in concessione resta fermo quanto previsto dall’articolo 5, comma 1-ter, del decreto legislativo 15 febbraio 2016, n. 33.

ART. 21 Esecuzione della Decisione (UE, Euratom) 2020/2053 del Consiglio del 14 dicembre 2020 relativa al sistema delle risorse proprie dell’Unione europea e che abroga la decisione 2014/335/UE, Euratom

1. Piena e diretta esecuzione è data alla decisione (UE, Euratom) n. 2020/2053 del Consiglio del 14 dicembre 2020, relativa al sistema delle risorse proprie dell’Unione europea e che abroga la decisione 2014/335/UE, Euratom, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall’articolo 12 della decisione stessa.

ART. 22 Proroga e altre misure applicabili a intermediari bancari e finanziari e a imprese di assicurazione in relazione al recesso del Regno Unito dall’Unione europea

1. Ai fini del presente articolo, se non diversamente disposto, si applicano le definizioni previste dall’articolo 2, comma 2, lettere da n) a q), del decreto-legge 25 marzo 2019, n. 22, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 2019, n. 41, dall’articolo 1 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (TUB) di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, dall’articolo 1 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF) di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, dall’articolo 1 del codice delle assicurazioni private (CAP) di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, e dall’articolo 2, lettera e), dell’Accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea e dalla Comunità europea dell’energia atomica.
2. Dal giorno successivo alla scadenza del periodo di transizione e fino alla conclusione del procedimento di autorizzazione da parte delle Autorità competenti, e in ogni caso non oltre i sei mesi successivi alla predetta scadenza, i soggetti di cui all’articolo 3, commi da 1 a 5, del decreto-legge n. 22 del 2019, con sede legale nel Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, che abbiano presentato alle medesime Autorità entro la data di entrata in vigore del presente decreto istanza per l’autorizzazione allo svolgimento delle attività come intermediari di paesi terzi ovvero per la costituzione di un intermediario italiano a cui cedere l’attività, possono continuare a operare sul territorio della Repubblica italiana, limitatamente alla gestione dei rapporti esistenti e, con riferimento ai derivati aver the counter, nel rispetto dell’articolo 3, comma 3, del citato decreto-legge. Resta fermo quanto previsto agli articoli 28, comma 3 e 29-ter, comma 3 del TUF.
3. Nel periodo temporale indicato al comma 2 i soggetti ivi indicati operano nel territorio della Repubblica italiana in conformità alle disposizioni applicabili agli intermediari di paesi terzi ai sensi del TUB e del TUF, nonché dell’articolo 7 del decreto-legge n. 22 del 2019. Agli stessi soggetti operanti nell’esercizio del diritto di stabilimento si applica l’articolo 8, commi 1, 3, 5 e 7 del medesimo decreto-legge. Il riferimento alla data di recesso indicata nel citato articolo 8, ovunque ricorra, è sostituito dal riferimento alla data di scadenza del periodo di transizione. Durante il periodo di cui al comma 2 si applica l’articolo 3, comma 9, del decreto-legge n. 22 del 2019.
4. In caso di diniego dell’autorizzazione da parte delle Autorità competenti, con riferimento alle attività non autorizzate, i soggetti di cui al comma 2 cessano l’attività svolta in Italia, secondo modalità e tempi che non recano pregiudizio ai clienti. Sono fatte salve le operazioni necessarie all’ordinata chiusura dei rapporti già in essere, nel più breve tempo possibile, e comunque non oltre il termine massimo di tre mesi dalla data di comunicazione di tale diniego, nel rispetto dei termini di preavviso per lo scioglimento dei contratti; continua ad applicarsi il comma 3.
5. I soggetti di cui ai commi 2 e 4 assicurano ai clienti un’adeguata informazione circa le conseguenze derivanti dal recesso del Regno Unito dall’Unione europea. Le banche, le imprese di investimento, i gestori di fondi limitatamente ai servizi di investimento prestati, gli istituti di pagamento e gli istituti di moneta elettronica aventi sede legale nel Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord che cessano l’attività al termine del periodo di transizione o alla scadenza del termine di tre mesi di cui al comma 4 restituiscono ai clienti le disponibilità liquide, i beni e gli strumenti finanziari di pertinenza di questi ultimi, secondo le istruzioni ricevute. Per i finanziamenti, la cessazione dell’attività, anche se conseguente al diniego dell’autorizzazione di cui al comma 4, non comporta modifica dei tempi e delle modalità di pagamento degli interessi e di rimborso del capitale da parte del cliente, fatto salvo il diritto del cliente all’estinzione anticipata.
6. Le imprese di assicurazione aventi sede legale nel Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord che, alla scadenza del periodo di transizione, sono abilitate a esercitare l’attività assicurativa nel territorio della Repubblica in regime di stabilimento o di libera prestazione di servizi ai sensi degli articoli 23 e 24 del CAP, sono cancellate, dal giorno successivo a tale data, dall’Elenco delle imprese con sede legale in un altro Stato membro di cui all’articolo 26 del CAP. Tali imprese proseguono, dopo la scadenza del periodo di transizione, l’attività nei limiti della gestione dei contratti e delle coperture in corso a tale data senza assumere nuovi contratti, né rinnovare quelli esistenti, fino alla relativa scadenza o a altro termine evidenziato dall’impresa nel piano di cui al comma 7, lettera b). Della prosecuzione temporanea di tale operatività l’IVASS dà adeguata evidenza al pubblico.
7. Le imprese di cui al comma 6:
a) informano, entro quindici giorni dalla fine del periodo di transizione, anche mediante comunicazione sul proprio sito istituzionale, contraenti, assicurati e altri aventi diritto a prestazioni assicurative del regime di operatività a esse applicabile;
b) presentano all’IVASS, entro novanta giorni dalla fine del periodo di transizione, un piano contenente le misure che consentono di dare spedita e corretta esecuzione dei contratti e delle coperture in corso a tale data, inclusi i pagamenti dei sinistri;
c) trasmettono all’IVASS, con cadenza annuale, una relazione contenente lo stato di attuazione del piano.
8. Dalla scadenza del periodo di transizione il contraente può recedere senza oneri aggiuntivi dai contratti che hanno durata superiore all’anno, dandone comunicazione scritta all’impresa, ovvero esercitare altre forme di scioglimento dal vincolo contrattuale; le clausole di tacito rinnovo perdono efficacia. Il recesso del contraente ha effetto dalla scadenza della prima annualità successiva alla data di esercizio del recesso stesso.
9. Alle imprese di cui al comma 6, nelle more del periodo di prosecuzione temporanea indicato nel medesimo comma, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all’articolo 193 del CAP e ogni altra disposizione in materia assicurativa relativa alle stesse, fino al termine del periodo di transizione, ivi incluse le disposizioni di cui al titolo XVIII del CAP. Si applica altresì la disposizione di cui all’articolo 10, comma 8, del CAP.
10. Le imprese di assicurazione o di riassicurazione italiane che, al termine del periodo di transizione, sono abilitate all’esercizio dell’attività assicurativa o riassicurativa nel Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord in regime di stabilimento o di libera prestazione di servizi proseguono l’esercizio dell’attività, fermo restando quanto previsto dagli articoli 22 e 59-quinquies del CAP e nel rispetto delle disposizioni previste dal Regno Unito.
11. All’articolo 10, commi 16 e 17, del decreto legislativo 3 agosto 2017, n. 129, le parole “3 gennaio 2021 “, ovunque ricorrono, sono sostituite dalle seguenti: “30 giugno 2021 “.

ART. 23 Entrata in vigore

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, contestualmente a tale pubblicazione e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.