Rinvio elezioni amministrative

Le elezioni dei consigli comunali e circoscrizionali previste per il turno annuale ordinario si terranno in un periodo compreso tra il 15 settembre e il 15 dicembre 2020

Sulla G.U. del 19 giugno 2020 è stato pubblicato il d.l. 20 aprile 2020, n. 26, coordinato alla l. di conversione 19 giugno 2020, n. 59, recante “Disposizioni urgenti in materia di consultazioni elettorali per l’anno 2020”.

Misure eccezionali in materia di consultazioni elettorali per l’anno 2020

In considerazione della situazione epidemiologica, in via eccezionale, ed in deroga alle disposizioni che li regolano, i termini per le consultazioni elettorali sono stati così fissati:

  • 240 giorni dalla data della vacanza dichiarata dalla Giunta delle elezioni è il termine entro cui devono essere indette le elezioni suppletive per la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica, per i seggi che siano dichiarati vacanti entro il 31 luglio 2020;
  • le elezioni dei consigli comunali e circoscrizionali previste per il turno annuale ordinario si tengono in una domenica, e nel lunedì successivo, compresi tra il 15 settembre e il 15 dicembre 2020;
  • in tale ultimo turno sono inserite finanche le elezioni nei comuni i cui organi devono essere rinnovati per motivi diversi dalla scadenza del mandato, se le condizioni che rendono necessarie le elezioni si verificano entro la data del 27 luglio 2020, con la precisazione che tali disposizioni non si applicano alle elezioni degli organi circoscrizionali nei comuni il cui consiglio resta in carica fino alla scadenza naturale prevista nell’anno 2021;
  • gli organi elettivi delle regioni a statuto ordinario il cui rinnovo è previsto entro il 2 agosto 2020 durano in carica cinque anni e tre mesi, e le relative elezioni si svolgono tra il quindicesimo e il sessantesimo giorno successivo al termine della nuova scadenza del mandato o nella domenica e nel lunedì successivo compresi, nei sei giorni ulteriori;
  • le elezioni dei presidenti delle province e dei consigli provinciali si svolgono entro 90 giorni dalle elezioni dei consigli comunali e, fino al rinnovo degli organi, viene prorogata la durata del mandato di quelli in carica.

Modalità di svolgimento delle operazioni di votazione per le consultazioni elettorali e referendarie dell’anno 2020

Per garantire il distanziamento sociale, le operazioni di votazione per le consultazioni elettorali e referendarie dell’anno 2020 si svolgono, in deroga a quanto previsto dall’art. 1, c. 399, l. n. 147/2013, nelle giornate di:

  • domenica dalle ore 7 alle ore 23,
  • lunedì dalle ore 7 alle ore 15.

Comunicazione politica radiotelevisiva e messaggi radiotelevisivi autogestiti in campagna elettorale

Per le consultazioni elettorali e referendarie dell’anno 2020, le disposizioni di cui all’art. 4 della l. n. 28/ 2000 si applicano in modo da evitare posizioni di svantaggio rispetto all’accesso ai mezzi di informazione e per la comunicazione politica durante le campagne elettorali e referendaria, in relazione alla situazione epidemiologica derivante dalla diffusione del virus.

Principio di concentrazione delle scadenze elettorali e referendum confermativo

Per le consultazioni elettorali resta fermo il principio di concentrazione delle scadenze elettorali (di cui all’art. 7, d.l. n. 98/2011 convertito, con modificazioni, dalla l. n. 111/2011), che si applica anche al referendum confermativo del testo di legge costituzionale recante “Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari”, pubblicato nella G.U. del 12 ottobre 2019. A tale fine si applicano le disposizioni previste per le elezioni politiche relativamente agli adempimenti comuni, compresi quelli concernenti la composizione, il funzionamento e i compensi degli uffici elettorali di sezione.

Scrutini

Appena completate le operazioni di votazione e quelle di riscontro dei votanti per ogni consultazione, si procede, nell’ordine, allo scrutinio relativo:

  • alle elezioni politiche suppletive,
  • al referendum confermativo,
  • alle elezioni regionali.

Lo scrutinio relativo alle elezioni amministrative è rinviato alle ore 9 del martedì, dando la precedenza alle elezioni comunali e poi a quelle circoscrizionali.

Spese

Le spese derivanti dall’attuazione di adempimenti comuni sono proporzionalmente ripartite tra lo Stato e gli altri enti interessati in base al numero delle rispettive consultazioni.

Riduzione del numero delle sottoscrizioni per presentare liste e candidature

Per le elezioni comunali e circoscrizionali dell’anno 2020, il numero minimo di sottoscrizioni richiesto per la presentazione delle liste e delle candidature è ridotto a un terzo. Anche per le elezioni delle regioni a statuto ordinario il numero minimo di sottoscrizioni richiesto per la presentazione delle liste e delle candidature viene ridotto a un terzo, ma resta salva, per ciascuna regione, la possibilità di prevedere, in relazione alle regionali 2020, quanto al numero minimo di sottoscrizioni, disposizioni diverse.

Protocolli sanitari e di sicurezza per lo svolgimento delle consultazioni elettorali

In sede di conversione è stato aggiunto, rispetto al testo primigenio, che nella finalità di prevenzione del rischio di contagio, le consultazioni elettorali e referendarie dell’anno 2020 si svolgeranno nel rispetto delle modalità operative e precauzionali di cui ai protocolli sanitari e di sicurezza adottati dal Governo.

Efficacia

A decorrere dal 20 giugno, come prescritto dall’art. 15, c. 5, l. n. 400/1988: le modifiche apportate dalla legge di conversione hanno efficacia dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

TESTO COORDINATO DEL DECRETO-LEGGE 20 aprile 2020, n. 26

Testo del decreto-legge 20 aprile 2020, n. 26 (in Gazzetta Ufficiale – Serie generale – n. 103 del 20 aprile 2020), coordinato con la legge di conversione 19 giugno 2020, n. 59 (in questa stessa Gazzetta Ufficiale – alla pag. 1), recante: «Disposizioni urgenti in materia di consultazioni elettorali per l’anno 2020.». (20A03311)

(GU n.154 del 19-6-2020)

Vigente al: 19-6-2020

Avvertenza:

Il testo coordinato qui pubblicato è stato redatto dal Ministero della giustizia ai sensi dell’art. 11, comma 1, del testo unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sull’emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, nonché’ dell’art. 10, commi 2 e 3, del medesimo testo unico, al solo fine di facilitare la lettura sia delle disposizioni del decreto-legge, integrate con le modifiche apportate dalla legge di conversione, che di quelle modificate o richiamate nel decreto, trascritte nelle note. Restano invariati il valore e l’efficacia degli atti legislativi qui riportati.

Le modifiche apportate dalla legge di conversione sono stampate con caratteri corsivi. Tali modifiche sono riportate in video tra i segni (( … )).

A norma dell’art. 15, comma 5, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri), le modifiche apportate dalla legge di conversione hanno efficacia dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

Art. 1 Misure eccezionali in materia di consultazioni elettorali per l’anno 2020

  1. In considerazione della situazione epidemiologica da COVID-19, in via eccezionale, i termini per le consultazioni elettorali di cui al presente comma sono fissati come di seguito indicato:

a) in deroga a quanto previsto dall’art. 86, commi 3 e 4, del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, nonché’ dall’art. 21-ter, comma 3, del decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, il termine entro il quale sono indette le elezioni suppletive per la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica per i seggi che siano dichiarati vacanti entro il 31 luglio 2020 è fissato in duecentoquaranta giorni dalla data della vacanza dichiarata dalla Giunta delle elezioni;

b) in deroga a quanto previsto dall’art. 1, comma 1, della legge 7 giugno 1991, n. 182, limitatamente all’anno 2020, le elezioni dei consigli comunali e circoscrizionali previste per il turno annuale ordinario si tengono in una domenica ((e nel lunedì successivo compresi)) tra il 15 settembre e il 15 dicembre 2020;

c) sono ((inserite)) nel turno di cui alla lettera b) anche le elezioni nei comuni i cui organi devono essere rinnovati per motivi diversi dalla scadenza del mandato, se le condizioni che rendono necessarie le elezioni si verificano entro il 27 luglio 2020((. Le disposizioni della presente lettera non si applicano alle elezioni degli organi circoscrizionali nei comuni il cui consiglio rimane in carica fino alla scadenza naturale prevista nell’anno 2021));

d) in deroga a quanto previsto dall’art. 5, comma 1, della legge 2 luglio 2004, n. 165, gli organi elettivi delle regioni a statuto ordinario il cui rinnovo è previsto entro il 2 agosto 2020 durano in carica cinque anni e tre mesi; le relative elezioni si svolgono esclusivamente ((tra il quindicesimo e il sessantesimo giorno successivo)) al termine della nuova scadenza del mandato o nella domenica ((e nel lunedì successivo compresi)) nei sei giorni ulteriori;

((d-bis) in deroga a quanto previsto dall’art. 1, comma 79, lettera b), della legge 7 aprile 2014, n. 56, limitatamente all’anno 2020, le elezioni dei presidenti delle province e dei consigli provinciali si svolgono entro novanta giorni dalle elezioni dei consigli comunali di cui alla lettera b) del presente comma; fino al rinnovo degli organi è prorogata la durata del mandato di quelli in carica.))

((Art. 1-bis Modalità di svolgimento delle operazioni di votazione per le consultazioni elettorali e referendarie dell’anno 2020

  1. Al fine di assicurare il necessario distanziamento sociale, le operazioni di votazione per le consultazioni elettorali e referendarie dell’anno 2020 si svolgono, in deroga a quanto previsto dall’art. 1, comma 399, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, nella giornata di domenica, dalle ore 7 alle ore 23, e nella giornata di lunedì, dalle ore 7 alle ore 15.
  2. Per le consultazioni elettorali e referendarie dell’anno 2020, le disposizioni di cui all’art. 4 della legge 22 febbraio 2000, n. 28, si applicano in modo da evitare posizioni di svantaggio rispetto all’accesso ai mezzi di informazione e per la comunicazione politica durante le campagne elettorali e referendaria, in relazione alla situazione epidemiologica derivante dalla diffusione del COVID-19.
  3. Per le consultazioni elettorali di cui all’art. 1 del presente decreto resta fermo il principio di concentrazione delle scadenze elettorali di cui all’art. 7 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, che si applica, altresì, al referendum confermativo del testo di legge costituzionale recante «Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 240 del 12 ottobre 2019. A tale fine si applicano le disposizioni previste per le elezioni politiche relativamente agli adempimenti comuni, compresi quelli concernenti la composizione, il funzionamento e i compensi degli uffici elettorali di sezione. Appena completate le operazioni di votazione e quelle di riscontro dei votanti per ogni consultazione, si procede, nell’ordine, allo scrutinio relativo alle elezioni politiche suppletive, a quello relativo al referendum confermativo e successivamente, senza interruzione, a quello relativo alle elezioni regionali. Lo scrutinio relativo alle elezioni amministrative è rinviato alle ore 9 del martedì, dando la precedenza alle elezioni comunali e poi a quelle circoscrizionali. Le spese derivanti dall’attuazione di adempimenti comuni sono proporzionalmente ripartite tra lo Stato e gli altri enti interessati in base al numero delle rispettive consultazioni.
  4. Limitatamente alle elezioni comunali e circoscrizionali dell’anno 2020, il numero minimo di sottoscrizioni richiesto per la presentazione delle liste e delle candidature è ridotto a un terzo.
  5. In considerazione della situazione epidemiologica derivante dalla diffusione del COVID-19 e tenuto conto dell’esigenza di assicurare il necessario distanziamento sociale per prevenire il contagio da COVID-19 nel corso del procedimento elettorale, nonché di garantire il pieno esercizio dei diritti civili e politici nello svolgimento delle elezioni delle regioni a statuto ordinario 3/3 dell’anno 2020, il numero minimo di sottoscrizioni richiesto per la presentazione delle liste e delle candidature è ridotto a un terzo.
  6. È fatta salva per ciascuna regione la possibilità di prevedere, per le elezioni regionali del 2020, disposizioni diverse da quelle di cui al comma 5, ai fini della prevenzione e della riduzione del rischio di contagio da COVID-19.))

((Art. 1-ter Protocolli sanitari e di sicurezza per lo svolgimento delle consultazioni elettorali

  1. Al fine di prevenire il rischio di contagio da COVID-19, le consultazioni elettorali e referendarie dell’anno 2020 si svolgono nel rispetto delle modalità operative e precauzionali di cui ai protocolli sanitari e di sicurezza adottati dal Governo.))

Art. 2 Clausola di neutralità finanziaria

  1. Dal presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Art. 3 Entrata in vigore

  1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

LEGGE 19 giugno 2020, n. 59 (1).

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 aprile 2020, n. 26, recante disposizioni urgenti in materia di consultazioni elettorali per l’anno 2020.

(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 19 giugno 2020, n. 154.

La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

PROMULGA

la seguente legge:

Art. 1.

  1. Il decreto-legge 20 aprile 2020, n. 26, recante disposizioni urgenti in materia di consultazioni elettorali per l’anno 2020, è convertito in legge con le modificazioni riportate in allegato alla presente legge.
  2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

Allegato

Modificazioni apportate in sede di conversione al decreto-legge 20 aprile 2020, n. 26

All’articolo 1:

al comma 1:

alla lettera b), la parola: «compresa» è sostituita dalle seguenti: «e nel lunedì successivo compresi»;

alla lettera c), la parola: «inseriti» è sostituita dalla seguente: «inserite» e sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «. Le disposizioni della presente lettera non si applicano alle elezioni degli organi circoscrizionali nei comuni il cui consiglio rimane in carica fino alla scadenza naturale prevista nell’anno 2021»;

alla lettera d), le parole: «nei sessanta giorni successivi» sono sostituite dalle seguenti: «tra il quindicesimo e il sessantesimo giorno successivo» e la parola: «compresa» è sostituita dalle seguenti: «e nel lunedì successivo compresi»;

dopo la lettera d) è aggiunta la seguente:

«d-bis) in deroga a quanto previsto dall’articolo 1, comma 79, lettera b), della legge 7 aprile 2014, n. 56, limitatamente all’anno 2020, le elezioni dei presidenti delle province e dei consigli provinciali si svolgono entro novanta giorni dalle elezioni dei consigli comunali di cui alla lettera b) del presente comma; fino al rinnovo degli organi è prorogata la durata del mandato di quelli in carica»;

il comma 2 è soppresso.

Dopo l’articolo 1 sono inseriti i seguenti:

«Art. 1-bis. (Modalità di svolgimento delle operazioni di votazione per le consultazioni elettorali e referendarie dell’anno 2020). –

     1. Al fine di assicurare il necessario distanziamento sociale, le operazioni di votazione per le consultazioni elettorali e referendarie dell’anno 2020 si svolgono, in deroga a quanto previsto dall’articolo 1, comma 399, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, nella giornata di domenica, dalle ore 7 alle ore 23, e nella giornata di lunedì, dalle ore 7 alle ore 15.

  1. Per le consultazioni elettorali e referendarie dell’anno 2020, le disposizioni di cui all’articolo 4 della legge 22 febbraio 2000, n. 28, si applicano in modo da evitare posizioni di svantaggio rispetto all’accesso ai mezzi di informazione e per la comunicazione politica durante le campagne elettorali e referendaria, in relazione alla situazione epidemiologica derivante dalla diffusione del COVID-19.
  2. Per le consultazioni elettorali di cui all’articolo 1 del presente decreto resta fermo il principio di concentrazione delle scadenze elettorali di cui all’articolo 7 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, che si applica, altresì, al referendum confermativo del testo di legge costituzionale recante: “Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 240 del 12 ottobre 2019. A tale fine si applicano le disposizioni previste per le elezioni politiche relativamente agli adempimenti comuni, compresi quelli concernenti la composizione, il funzionamento e i compensi degli uffici elettorali di sezione. Appena completate le operazioni di votazione e quelle di riscontro dei votanti per ogni consultazione, si procede, nell’ordine, allo scrutinio relativo alle elezioni politiche suppletive, a quello relativo al referendum confermativo e successivamente, senza interruzione, a quello relativo alle elezioni regionali. Lo scrutinio relativo alle elezioni amministrative è rinviato alle ore 9 del martedì, dando la precedenza alle elezioni comunali e poi a quelle circoscrizionali. Le spese derivanti dall’attuazione di adempimenti comuni sono proporzionalmente ripartite tra lo Stato e gli altri enti interessati in base al numero delle rispettive consultazioni.
  3. Limitatamente alle elezioni comunali e circoscrizionali dell’anno 2020, il numero minimo di sottoscrizioni richiesto per la presentazione delle liste e delle candidature è ridotto a un terzo.
  4. In considerazione della situazione epidemiologica derivante dalla diffusione del COVID-19 e tenuto conto dell’esigenza di assicurare il necessario distanziamento sociale per prevenire il contagio da COVID-19 nel corso del procedimento elettorale, nonché di garantire il pieno esercizio dei diritti civili e politici nello svolgimento delle elezioni delle regioni a statuto ordinario dell’anno 2020, il numero minimo di sottoscrizioni richiesto per la presentazione delle liste e delle candidature è ridotto a un terzo.
  5. È fatta salva per ciascuna regione la possibilità di prevedere, per le elezioni regionali del 2020, disposizioni diverse da quelle di cui al comma 5, ai fini della prevenzione e della riduzione del rischio di contagio da COVID-19.

Art. 1-ter. (Protocolli sanitari e di sicurezza per lo svolgimento delle consultazioni elettorali). – 1. Al fine di prevenire il rischio di contagio da COVID-19, le consultazioni elettorali e referendarie dell’anno 2020 si svolgono nel rispetto delle modalità operative e precauzionali di cui ai protocolli sanitari e di sicurezza adottati dal Governo».

Lavori preparatori

Camera dei deputati (atto n. 2471):

Presentato dal Presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte e dal Ministro dell’interno Luciana Lamorgese (Governo Conte-II) il 20 aprile 2020. Assegnato alla I Commissione (Affari costituzionali), in sede referente, il 21 aprile 2020, con pareri del Comitato per la legislazione e delle Commissioni V (Bilancio) e Questioni regionali. Esaminato dalla I Commissione (Affari costituzionali), in sede referente, il 28 aprile 2020; il 12, il 19, il 21, il 26 ed il 27 maggio 2020.

Esaminato in Aula il 28 maggio 2020; l’8, il 9, il 10, l’11 giugno 2020 ed approvato il 15 giugno 2020.

Senato della Repubblica (atto n. 1845):

Assegnato alla 1a Commissione (Affari costituzionali), in sede referente, il 15 giugno 2020, con pareri delle Commissioni 5a (Bilancio) e Questioni regionali.

Esaminato dalla 1a Commissione (Affari costituzionali), in sede referente, il 16, il 17 ed il 18 giugno 2020.

Esaminato in Aula il 17 ed il 18 giugno 2020 ed approvato definitivamente il 19 giugno 2020.


Cass. civ. Sez. V, Ord., (ud. 12-02-2020) 23-06-2020, n. 12307

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – rel. Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. ANTEZZA Fabio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 6080/2013 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

S.W., quale socio e ultimo legale rappresentante della cancellata Europa Distribuzione S.r.l.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale delle Marche n. 101/1/12, depositata il 16 luglio 2012.

Sentita la relazione svolta nella udienza camerale del 12 febbraio 2020 dal Cons. Bruschetta Ernestino Luigi.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

  1. che, con l’impugnata sentenza, la Regionale delle Marche, dopo aver dato conto della circostanza che la Provinciale aveva parzialmente accolto il ricorso promosso dalla cancellata Europa Distribuzione S.r.l. avverso l’avviso di accertamento IVA IRPEG IRAP 2004, annullando i soli “rilievi 1 e 2” della ripresa; dopo aver accertato che l’avviso era stato notificato quando la Società contribuente era già stata cancellata dal registro delle imprese; in dispositivo, dopo aver respinto l’appello dell’ufficio, annullava in toto l’avviso perché, così era spiegato in motivazione, lo stesso era stato “notificato a soggetto inesistente”; e, per l’effetto, condannava l’amministrazione al rimborso delle spese a favore della cancellata Società contribuente;
  2. che l’ufficio ricorreva per un unico motivo, peraltro, nei confronti del solo S.W., quale ex socio e ultimo legale rappresentante della cancellata Società contribuente; esponendo, l’ufficio, che il Santilli si era così qualificato sin dall’originario ricorso;
  3. che il Santilli, pur intimato, non presentava difese;
  4. che l’ufficio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, dopo aver osservato che l’appello, essendo stato notificato ad una Società cancellata, avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile “per erronea vocatio in ius”, lamentando la violazione dell’art. 112 c.p.c., del D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, art. 56 e dell’art. 2909 c.c., rimproverava alla Regionale di aver erroneamente annullato in toto l’avviso, senza cioè tenere in considerazione il giudicato formatosi a seguito della mancata impugnazione della sentenza di primo grado, nella parte in cui, quest’ultima, aveva rigettato il ricorso relativamente agli altri rilievi;
  5. che la sentenza deve essere cassata senza rinvio, atteso che, come sopra ricordato, l’avviso è stato notificato quando la Società contribuente era già stata cancellata; questo, sulla scorta del consolidato principio, per cui: “Nel processo tributario, la cancellazione dal registro delle imprese, con estinzione della società prima della notifica dell’avviso di accertamento e dell’instaurazione del giudizio di primo grado, determina il difetto sia della capacità processuale della stessa sia della legittimazione a rappresentarla dell’ex liquidatore, sicché, non sussistendo alcuna possibilità di prosecuzione dell’azione, la decisione impugnata mediante ricorso per cassazione deve essere annullata senza rinvio ex art. 382 c.p.c.” (Cass. sez. trib. n. 33278 del 2018; Cass. sez. trib. n. 5736 del 2016);
  6. che, in mancanza di avversaria costituzione, non deve farsi luogo ad alcun regolamento di spese processuali.

P.Q.M.

La Corte cassa, senza rinvio, l’impugnata sentenza.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 12 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2020


Notifiche via p.e.c.: c’è tempo fino a mezzanotte

La Corte di Cassazione precisa che per il mittente che esegue la notifica con modalità telematiche il termine ultimo dell’ultimo giorno di notifica spira a mezzanotte non alle 21.00.
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 12052/2020 chiarisce che, dopo l’intervento sulla norma da parte della Corte Costituzionale, per il mittente che esegue la notifica a mezzo p.e.c. ai sensi dell’art. 16 del dl n. 179/2012, il termine ultimo dell’ultimo giorno utile scade a mezzanotte e non alle ore 21.00.
La Corte d’Appello dichiara inammissibile l’appello presentato da un cittadino nigeriano a cui è stata negata la protezione internazionale, perché il ricorso, presentato con modalità telematiche è stato presentato dopo le ore 21.00 dell’ultimo giorno utile, perfezionandosi quindi il giorno successivo.
Il cittadino nigeriano decide quindi di ricorrere alla Corte di Cassazione lamentando con un solo motivo di ricorso la violazione o la falsa applicazione degli artt. 147 c.p.c. e 16 septies, posti in relazione agli artt. 3, 24 e 11 della Costituzione e dell’art. 6 della Cedu in quanto la Corte d’Appello non ha dato un’interpretazione costituzionalmente orientata della norma, impedendo così al notificante di sfruttare il termine sino alle ore 24.00 dell’ultimo giorno utile per la notifica, in quanto il limite orario delle ore 21.00 tutela solo il riposo del destinatario della notifica.
La Cassazione accoglie il ricorso con l’ordinanza n. 12052/2020 perché fondato.
La Corte Costituzionale infatti con la sentenza n. 75/2019 ha dichiarato incostituzionale l’art. 16 septies del D.L. n. 119/2012 “nella parte in cui prevede che la notifica eseguita con modalità telematiche la cui ricevuta di accettazione è generata dopo le ore 21 ed entro le ore 24 si perfeziona per il notificante alle ore 7 del giorno successivo, anziché al momento di generazione della predetta ricevuta” in quanto il divieto di notifica telematica dopo le ore 21.00 è stato previsto per non costringere il destinatario, dalle ore 21.00 alle ore 24.00 a controllare la propria casella di posta elettronica.
Questo giustifica il perfezionamento della notifica per il destinatario alle ore 7.00 del giorno successivo, ma non tiene conto dei limiti giuridici che in questo modo vengono imposti al mittente, al quale viene preclusa la possibilità di sfruttare pienamente il termine utile per la sua difesa, che l’art. 155 c.p.c. computa a giorni e che “nel caso dell’impugnazione scade, appunto, allo spirare della mezzanotte dell’ultimo giorno.”
Leggi anche: valide le notifiche via p.e.c. dopo le 21


Cass. civ. Sez. VI – 1, Ord., (ud. 10-01-2020) 22-06-2020, n. 12052

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2788-2019 proposto da:
O.J., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MUZIO CLEMENTI 51, presso lo studio dell’avvocato VALERIO SANTAGATA, rappresentato e difeso dall’avvocato RAFFAELE MIRAGLIA;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– resistente –
avverso la sentenza n. 2097/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 03/08/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 10/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. Paola Vella.
Svolgimento del processo
che:
1. La Corte d’appello di Bologna ha dichiarato inammissibile l’appello del cittadino nigeriano O.J. contro il diniego della protezione internazionale, sussidiaria o umanitaria, perché proposto con ricorso notificato con modalità telematiche D.L. n. 179 del 2012, ex art. 16, comma 3, oltre le ore 21,00 dell’ultimo giorno utile e quindi perfezionatosi, tardivamente, il giorno successivo;
2. il ricorrente ha proposto un motivo di ricorso per cassazione e il Ministero intimato si è costituito senza però svolgere difese;
3. a seguito di deposito della proposta ex art. 380 bis c.p.c., è stata ritualmente fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio.
Motivi della decisione
che:
4. Il ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 147 c.p.c., e del D.L. n. 179 del 2012, art. 16-septies, in relazione agli artt. 3, 24, 111 Cost., nonché Cedu, art. 6, per non avere la corte territoriale dato alla normativa suddetta un’interpretazione costituzionalmente orientata, tale da consentire al notificante il diritto di sfruttare interamente (sino alle ore 24) l’ultimo giorno utile per la notifica, essendo il limite delle ore 21 destinato solo a tutelare il riposo del destinatario della notifica;
5. il ricorso è fondato, avendo il Giudice delle Leggi dichiarato “l’illegittimità costituzionale del D.L. n. 179 del 2012, art. 16-septies, (Ulteriori misure urgenti per la crescita del paese), convertito, con modificazioni, nella L. 17 dicembre 2012, n. 221, inserito dal D.L. n. 90 del 2014, art. 45 bis, comma 2, lett. b), (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari), convertito, con modificazioni, nella L. n. 114 del 2014, nella parte in cui prevede che la notifica eseguita con modalità telematiche la cui ricevuta di accettazione è generata dopo le ore 21 ed entro le ore 24 si perfeziona per il notificante alle ore 7 del giorno successivo, anziché al momento di generazione della predetta ricevuta”, osservando che “il divieto di notifica per via telematica oltre le ore 21 risulta, invero, introdotto allo scopo di tutelare il destinatario, per salvaguardarne, cioè, il diritto al riposo in una fascia oraria (dalle 21 alle 24) in cui egli sarebbe, altrimenti, costretto a continuare a controllare la propria casella di posta elettronica. Ciò giustifica la fictio iuris, contenuta nella seconda parte della norma, per cui il perfezionamento della notifica è differito, per il destinatario, alle ore 7 del giorno successivo, ma non giustifica la corrispondente limitazione nel tempo degli effetti giuridici della notifica nei riguardi del mittente, al quale – senza che ciò sia funzionale alla tutela del diritto al riposo del destinatario e nonostante che il mezzo tecnologico lo consenta – viene, invece, impedito di utilizzare appieno il termine utile per approntare la propria difesa: termine che l’art. 155 c.p.c., computa a giorni e che, nel caso di impugnazione, scade, appunto, allo spirare della mezzanotte dell’ultimo giorno” (Corte Cost. sent. n. 75 del 9 aprile 2019);
6. la sentenza va quindi cassata con rinvio senza statuizione sulle spese, in assenza di difese del Ministero costituito.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, anche per la statuizione sulle spese.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 gennaio 2020.
Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2020


Cass. civ. Sez. VI – 5, Ord., (ud. 30-01-2020) 24-06-2020, n. 12470

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 4024-2019 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, ed Agenzia delle entrate – Riscossione, in persona del Presidente pro tempore, rappresentate e difese dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso la quale sono domiciliate in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrenti –

contro

F.P.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 5887/09/2018 della Commissione tributaria regionale della CAMPANIA, Sezione staccata di SALERNO, depositata il 18/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 30/01/2020 dal Consigliere LUCIOTTI Lucio.

Svolgimento del processo
che:

1. In controversia relativa ad impugnazione degli estratti di ruolo relativi a tre cartelle di pagamento notificate a F.P., l’Agenzia delle entrate e l’Agenzia delle entrate Riscossione ricorrono per cassazione, sulla base di un unico motivo, nei confronti del predetto contribuente, che resta intimato, avverso la sentenza in epigrafe indicata con la quale la CTR della Campania, Sezione staccata di Salerno, accoglieva l’appello proposto dal contribuente avverso la sfavorevole sentenza di primo grado, rilevando l’irregolarità della notifica delle cartelle di pagamento in quanto effettuate direttamente a mezzo posta a persona diversa del destinatario senza il successivo invio della raccomandata informativa.

2. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

Motivi della decisione
che:

1. Con il motivo di ricorso viene dedotta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, e dell’art. 139 c.p.c.. Sostiene la difesa erariale che la CTR era incorsa nella violazione della disposizione censurata per avere ritenuto necessario, ai fini del completamento della procedura notificatoria, nell’ipotesi – come quella in esame – di consegna della raccomandata postale contenete le cartelle di pagamento a famigliare convivente del destinatario, l’invio della raccomandata informativa.

2. Il motivo è manifestamente fondato.

3. Nella specie è incontroverso che l’agente della riscossione ha provveduto alla notifica diretta a mezzo del servizio postale, D.P.R. n. 602 del 1973 ex art. 26, delle cartelle di pagamento emesse sulla base dei ruoli oggetto di impugnazione.

4. Ciò precisato in punto di fatto, deve osservarsi in diritto che questa Corte è ferma nel ritenere che “In tema di riscossione delle imposte, qualora la notifica della cartella di pagamento sia eseguita, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, seconda parte, mediante invio diretto, da parte del concessionario, di raccomandata con avviso di ricevimento, trovano applicazione le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle della L. n. 890 del 1982 in quanto tale forma “semplificata” di notificazione si giustifica, come affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 175 del 2018, in relazione alla funzione pubblicistica svolta dall’agente per la riscossione volta ad assicurare la pronta realizzazione del credito fiscale a garanzia del regolare svolgimento della vita finanziaria dello Stato” (Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 28872 del 12/11/2018, Rv. 651834 – 01; conf. Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 10037 del 10/04/2019, Rv. 653680 – 01, secondo cui “In tema di riscossione delle imposte, qualora la notifica della cartella di pagamento sia eseguita, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, mediante invio diretto della raccomandata con avviso di ricevimento da parte del concessionario, non è necessario l’invio di una successiva raccomandata informativa in quanto trovano applicazione le norme concernenti il servizio postale ordinario, peraltro con esclusione della L. n. 145 del 2018, art. 1, comma 883, in quanto privo di efficacia retroattiva, e non quelle della L. n. 890 del 1982”).

5. In questa direzione, del resto, depone proprio il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, che consente agli ufficiali della riscossione di provvedere alla notifica della cartella mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento, precisando che in caso di notifica “nelle mani proprie del destinatario o di persone di famiglia o addette alla casa, all’ufficio o all’azienda” (comma 2) o al “portiere dello stabile dov’è l’abitazione, l’ufficio o l’azienda” del destinatario, la stessa si considera avvenuta nella data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto da tali soggetti, prevedendo lo stesso art. 26, il rinvio al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, unicamente per quanto non regolato nello stesso articolo (cfr. Cass. n. 14196/2014, Cass. ord. n. 3254/16, Cass. n. 802 del 2018; conf. Cass. n. 12083 del 2016 e n. 29022 del 2017).

6. E d’altro canto, come affermato da Cass. n. 28872 del 12/11/2018, sopra citata, la Corte costituzionale, occupandosi della questione ha dichiarato, con la sentenza n. 175 del 2018, la conformità a Costituzione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, rilevando che “la semplificazione insita nella notificazione diretta”, consistente “nella mancanza della relazione di notificazione di cui all’art. 148 c.p.c. e alla L. n. 890 del 1982, art. 3” e nella “mancata previsione della comunicazione di avvenuta notifica (cosiddetta CAN)”, “anche se (…) comporta, in quanto eseguita nel rispetto del citato codice postale, uno scostamento rispetto all’ordinario procedimento notificatorio a mezzo del servizio postale ai sensi della L. n. 890 del 1982, non di meno (…) è comunque garantita al destinatario un’effettiva possibilità di conoscenza della cartella di pagamento notificatagli ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1” ha precisato il Giudice delle leggi che, seppure non sia prevista la relata di notifica, nella notificazione “diretta” ai sensi del citato art. 26 “c’è il completamento dell’avviso di ricevimento da parte dell’operatore postale che, in forma sintetica, fornisce la prova dell’avvenuta consegna del plico al destinatario o al consegnatario legittimato a riceverlo”. Inoltre, la mancata previsione di un obbligo di comunicazione di avvenuta notifica (ma solo nel caso in cui il plico sia consegnato dall’operatore postale direttamente al destinatario o a persona di famiglia o addetto alla casa, all’ufficio o all’azienda o al portiere), “non costituisce nella disciplina della notificazione”, nonostante tale “obbligo vale indubbiamente a rafforzare il diritto di azione e di difesa (art. 24 Cost., commi 1 e 2) del destinatario dell’atto”, “una condizione indefettibile della tutela costituzionalmente necessaria di tale, pur fondamentale, diritto”.

7. Conclusivamente, con riferimento al caso concreto, in cui le cartelle di pagamento notificate per posta ordinaria risultano essere state consegnate a persone di famiglia, va ribadito che non sussisteva alcun obbligo per l’agente postale di procedere all’invio della raccomandata informativa al destinatario dell’atto. Pertanto, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla competente CTR per ulteriore esame e per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2020


Valide le notifiche via p.e.c. dopo le 21

La Corte Costituzionale con la pronuncia d’incostituzionalità dell’art 16 septies d.l. n. 179/2012 dichiara valida la notifica a mezzo PEC effettuata dopo le ore 21.00. La notifica telematica, infatti, ricorda la Corte non tiene conto dell’orario degli uffici
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 75/2019 interviene in materia di notifiche via p.e.c., chiarendo che, in ragione della scindibilità degli effetti della notifica, se essa viene effettuata a mezzo p.e.c. dopo le ore 21.00 è da considerarsi valida. Imporre un limite orario stringente al notificante infatti risulterebbe lesivo per il suo diritto di difesa, non potendo costui approfittare di tutto il tempo utile previsto per provvedere a tale incombenza di rito.
Nel giudizio civile davanti alla Corte d’Appello di Milano, la società appellata eccepisce l’inammissibilità dell’impugnazione, in quanto notificata a mezzo P.E.C. l’ultimo giorno utile per tale incombenza di rito. Il messaggio riporta infatti come orario di invio alla società le 21:04, la ricevuta di accettazione le 21:05:29, quella di consegna le 21:05:32. Poiché la notifica è avvenuta dopo le ore 21 dell’ultimo giorno utile, di fatto si è perfezionata alle 7 di quello successivo. Da qui la tardività dell’impugnazione.
La Corte d’Appello però, sul punto, solleva questione di legittimità costituzionale. L’art. 16-septies del d.l. n. 179/2012, contenente la disciplina sul tempo delle notificazioni con modalità telematiche violerebbe infatti gli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, nella parte in cui prevede che “La disposizione dell’art. 147 c.p.c. si applica anche alle notificazioni eseguite con modalità telematiche.
Quando è eseguita dopo le ore 21, la notificazione si considera perfezionata alle ore 7 del giorno successivo.”
Gli effetti della notifica sono diversi per notificante e destinatario
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 75/2019 dichiara fondata la questione d’incostituzionalità sollevata dalla Corte d’Appello milanese in relazione all’art 16 septies del d.l. n. 179/2012. Nel momento in cui infatti l’art. 16 septies ha previsto di differire il perfezionamento della notifica alle 7 del giorno successivo a quello dell’invio telematico, lo ha fatto nell’ottica di salvaguardare il riposo del destinatario della stessa, nell’intervallo orario compreso tra le ore 21.00 e le ore 24.00. Regola che, se vale per il destinatario della notifica, non riguarda invece il notificante. Imporre a chi deve notificare un atto un limite orario equivale a privarlo della possibilità di adempiere a tale incombenza rituale per poter organizzare la propria difesa. Costui “infatti, trovandosi a notificare l’ultimo giorno utile (ex art. 325 c.p.c.) è costretto a farlo entro i limiti di cui all’art. 147 c.p.c., senza poter sfruttare appieno il termine giornaliero (lo stesso art. 135 [recte: 155] c.p.c. fa riferimento a “giorni”) che dovrebbe essergli riconosciuto per intero.”
La Consulta rileva come “La norma denunciata è, per di più, intrinsecamente irrazionale, là dove viene ad inibire il presupposto che ne conforma indefettibilmente l’applicazione, ossia il sistema tecnologico telematico, che si caratterizza per la sua diversità dal sistema tradizionale di notificazione, posto che quest’ultimo si basa su un meccanismo comunque legato “all’apertura degli uffici”, da cui prescinde del tutto invece la notificazione con modalità telematica.
Il sistema di notifica telematico, infatti, a differenza di quello tradizionale, si caratterizza per celerità ed efficacia. (…) Una differenza, questa, che del resto lo stesso legislatore ha chiaramente colto in modo significativo nel confinante ambito della disciplina del deposito telematico degli atti processuali di parte, là dove, proprio in riferimento alla tempestività del termine di deposito telematico, il comma 7 dell’art. 16-bis del d.l. n. 179 del 2012, inserito dall’art. 51 del d.l n. 90 del 2014, ha previsto che il “deposito è tempestivamente eseguito quando la ricevuta di avvenuta consegna è generata entro la fine del giorno di scadenza e si applicano le disposizioni di cui all’articolo 155, quarto e quinto comma, del codice di procedura civile.”
Per tutte le ragioni sovraesposte, la Consulta dichiara quindi l’illegittimità costituzionale dell’art. 16-septies d.l. n. 179/2012 “nella parte in cui prevede che la notifica eseguita con modalità telematiche la cui ricevuta di accettazione è generata dopo le ore 21 ed entro le ore 24 si perfeziona per il notificante alle ore 7 del giorno successivo, anziché al momento di generazione della predetta ricevuta.”


Corte cost., Sent., (ud. 19-03-2019) 09-04-2019, n. 75

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente: Giorgio LATTANZI;
Giudici: Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,
ha pronunciato la seguente
Svolgimento del processo
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 16-septies del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179 (Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, nella L. 17 dicembre 2012, n. 221, inserito dall’art. 45-bis, comma 2, lettera b), del D.L. 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari), convertito, con modificazioni, nella L. 11 agosto 2014, n. 114, promosso dalla Corte di appello di Milano, nel procedimento vertente tra la Società agricola “In Carrobbio” e il B.B. spa, con ordinanza del 16 ottobre 2017, iscritta al n. 15 del registro ordinanze 2018 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6, prima serie speciale, dell’anno 2018.
Visto l’atto di costituzione del B.B. spa, nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 19 marzo 2019 il Giudice relatore Mario Rosario Morelli;
udito l’avvocato Cristina Biglia per il B.B. spa e l’avvocato dello Stato Gianni De Bellis per il Presidente del Consiglio dei ministri.
1.- Nel corso di un giudizio civile di secondo grado – nel quale la società appellata aveva preliminarmente eccepito l’inammissibilità del gravame in quanto notificato a mezzo posta elettronica certificata (PEC), l’ultimo giorno utile, con messaggio inviatole alle ore 21:04 (con ricevute di accettazione e di consegna generate, rispettivamente, alle ore 21:05:29 e alle ore 21:05:32), in fascia oraria quindi (successiva alle ore 21) implicante il perfezionamento della notificazione “alle ore 7 del giorno successivo” (data in cui l’impugnazione risultava, appunto, tardiva) – l’adita Corte di appello di Milano, sezione prima civile, ritenutane la rilevanza e la non manifesta infondatezza, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, ha sollevato, con l’ordinanza in epigrafe, questione di legittimità costituzionale dell’art. 16-septies del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179 (Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, nella L. 17 dicembre 2012, n. 221, inserito dall’art. 45-bis, comma 2, lettera b), del D.L. 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari), convertito, con modificazioni, nella L. 11 agosto 2014, n. 114, a norma del quale “la disposizione dell’articolo 147 del codice di procedura civile si applichi anche alle notificazioni eseguite con modalità telematiche. Quando è eseguita dopo le ore 21, la notificazione si considera perfezionata alle ore 7 del giorno successivo”.
Secondo la rimettente, la disposizione denunciata – della quale non sarebbe, a suo avviso, possibile (senza implicarne la sostanziale abrogazione) una interpretazione costituzionalmente adeguata – violerebbe, appunto, l’art. 3 Cost., sotto il profilo, sia del principio di eguaglianza, sia di quello della ragionevolezza, poiché la prevista equiparazione del “domicilio fisico” al “domicilio digitale” comporterebbe l’ingiustificato eguale trattamento di situazioni differenti – le notifiche “cartacee” e quelle “telematiche” – considerato anche che, per queste ultime, in linea di principio, non verrebbe in rilievo (come per le prime) l’esigenza di evitare “”utilizzi lesivi” del diritto costituzionalmente garantito all’inviolabilità del domicilio” o dell’”interesse al riposo e alla tranquillità”.
La disposizione stessa si porrebbe, altresì, in contrasto con gli artt. 24 e 111 Cost., in quanto, nel caso di notifica effettuata a mezzo PEC, la previsione di un limite irragionevole alle notifiche, l’ultimo giorno utile per proporre appello, comporterebbe una grave limitazione del diritto di difesa del notificante giacché, “trovandosi a notificare l’ultimo giorno utile (ex art. 325 cod. proc. civ.) è costretto a farlo entro i limiti di cui all’art. 147 c.p.c., senza poter sfruttare appieno il termine giornaliero (lo stesso art. 135 recte: 155 c.p.c. fa riferimento a “giorni”) che dovrebbe essergli riconosciuto per intero”.
2.- In questo giudizio si è costituita, ed ha poi anche depositato memoria integrativa, la società che resiste all’appello nel giudizio a quo.
Detta società ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità della questione, sia per “genericità ed indeterminatezza del petitum” (non essendone specificato il verso caducatorio o manipolativo), sia per erroneità del presupposto interpretativo (avrebbe errato la Corte rimettente “nel ritenere rilevante il principio di scissione soggettiva degli effetti della notifica via p.e.c., venendo invece in rilievo, per l’applicazione dell’art. 16-septies, il diverso principio del perfezionamento del procedimento notificatorio”).
In subordine, ha contestato, nel merito, la fondatezza della questione, sostenendo, tra l’altro, che l’interesse tutelato dalla norma sia quello del destinatario e non quello del mittente, per cui, ove si ritenesse perfezionata una notifica “eseguita” dopo le ore 21, l’interesse di quest’ultimo non sarebbe “meritevole di tutela”, giacché è il mittente “in prima persona responsabile della violazione dell’orario franco”, avendo “creato il presupposto tale per cui la notifica slitti necessariamente al giorno seguente”.
3.- È pure intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per l’inammissibilità o, comunque, per la non fondatezza della sollevata questione.
Secondo l’Avvocatura, la norma denunciata potrebbe essere, infatti diversamente interpretata, senza che se ne ponga un problema di “sostanziale abrogazione”, non essendovi neppure ostacolo nella sua formulazione letterale. Essa, infatti, non indicherebbe il soggetto rispetto al quale la notificazione “si considera perfezionata alle ore 7 del giorno successivo”, così consentendo una lettura coerente con il principio della scissione del momento perfezionativo, che anche per le notifiche telematiche è stato previsto dall’art. 3-bis, comma 3, della L. 21 gennaio 1994, n. 53 (Facoltà di notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati e procuratori legali), essendo quindi possibile ritenere che “gli effetti del differimento al giorno dopo operino per il destinatario, ma non per il notificante”. E da ciò, dunque, l’inammissibilità della questione “per non essere stata tentata una interpretazione della normativa costituzionalmente orientata”, ovvero la sua non fondatezza alla luce di una tale esegesi costituzionalmente adeguata.
Motivi della decisione
1.- Con l’ordinanza di cui si è detto nel Ritenuto in fatto, la Corte di appello di Milano, sezione prima civile – al fine del decidere sulla eccezione di tardività di un gravame innanzi a sé proposto con atto notificato per via telematica dopo le ore 21 ed entro le ore 24 dell’ultimo giorno utile (con ricevute di accettazione e di consegna generate, rispettivamente, alle ore 21:05:29 e alle ore 21:05:32) – ha ritenuto, di conseguenza, rilevante ed ha perciò sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 16-septies del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179 (Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, nella L. 17 dicembre 2012, n. 221, inserito dall’art. 45-bis, comma 2, lettera b), del D.L. 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari), convertito, con modificazioni, nella L. 11 agosto 2014, n. 114, il quale prevede che “la disposizione dell’articolo 147 del codice di procedura civile secondo cui “Le notificazioni non possono farsi prima delle ore 7 e dopo le ore 21″ si applica anche alle notificazioni eseguite con modalità telematiche. Quando è eseguita dopo le ore 21, la notificazione si considera perfezionata alle ore 7 del giorno successivo”.
Secondo la rimettente, la disposizione denunciata irragionevolmente considererebbe “uguali e, quindi, meritevoli di essere disciplinate allo stesso modo” due situazioni diverse, quali il domicilio “fisico” e il domicilio “digitale”.
E ciò nonostante che, “per le sue intrinseche caratteristiche, l’indirizzo email cui l’avvocato della parte appellata riceve la posta elettronica certificata non sia suscettibile degli stessi “utilizzi lesivi” del diritto costituzionalmente garantito all’inviolabilità del domicilio o all’interesse al riposo e alla tranquillità, di cui è invece suscettibile il domicilio “fisico” della parte”.
Per di più senza considerare che “quand’anche si ammettesse che colui che riceve una posta elettronica venga leso nel suo diritto al riposo, la semplice estensione del limite d’orario previsto dall’art. 147 c.p.c. alle notifiche a mezzo PEC non bloccherebbe l’inevitabile ricezione dell’email da parte del destinatario con il disturbo che ne consegue”, poiché “la PEC, una volta giunta al server dell’appellato, non può essere rifiutata e, quindi, la ricezione dell’email può effettivamente avvenire in ogni momento, ad ogni ora del giorno e della notte, con il sostanziale raggiungimento del domicilio digitale del destinatario anche oltre il formale limite codicistico”, non sussistendo un esplicito divieto normativo di notifica a mezzo PEC dopo le ore 21 e prima delle ore 7.
Dal che, appunto, la violazione del principio di uguaglianza e del principio di ragionevolezza ex art. 3 Cost.
Del pari violati, dalla disposizione in esame, sarebbero gli artt. 24 e 111 Cost., per il vulnus, che ne deriverebbe, al diritto di difesa del notificante. Il quale, “infatti, trovandosi a notificare l’ultimo giorno utile (ex art. 325 c.p.c.) è costretto a farlo entro i limiti di cui all’art. 147 c.p.c., senza poter sfruttare appieno il termine giornaliero (lo stesso art. 135 recte: 155 c.p.c. fa riferimento a “giorni”) che dovrebbe essergli riconosciuto per intero”.
2.- È preliminare l’esame delle eccezioni di inammissibilità della questione – a) per “genericità e indeterminatezza del petitum”; b) per suo “erroneo presupposto interpretativo”; c) “per non essere stata tentata una interpretazione della normativa costituzionalmente orientata” − formulate, rispettivamente, le prime due, dalla parte costituita e, la terza, dall’Avvocatura generale dello Stato.
2.1.- Nessuna di tali eccezioni è suscettibile di accoglimento.
Ed invero:
a) letta nella sua interezza, e secondo l’argomentata prospettazione del Collegio a quo, l’ordinanza di rimessione auspica – in modo chiaro ed univoco – una decisione, a rima obbligata, che riconosca al mittente che proceda alla notifica con modalità telematiche l’ultimo giorno utile, “per intero il termine a sua disposizione, fino alla mezzanotte del giorno stesso”;
b) l’asserita erroneità del presupposto interpretativo attiene propriamente al merito e resta quindi estraneo al profilo della ammissibilità della questione;
c) la Corte milanese non ha omesso di verificare la possibilità di una interpretazione adeguatrice (nel senso della scissione soggettiva degli effetti della notificazione), ma l’ha poi ritenuta impraticabile per l’ostacolo, a suo avviso non superabile, ravvisato nella lettera della legge. E ciò anche alla luce della interpretazione del citato art. 16-septies accolta dal giudice della nomofilachia, e consolidatasi in termini di diritto vivente, nel senso che la notifica con modalità telematiche richiesta con il rilascio della ricevuta di accettazione dopo le ore 21 si perfeziona alle ore 7 del giorno successivo, “secondo la chiara disposizione normativa, intesa a tutelare il diritto di difesa del destinatario della notifica senza condizionare irragionevolmente quello del mittente” (così Corte di cassazione, sezione sesta civile, sottosezione terza, ordinanza 31 luglio 2018, n. 20198; nello stesso senso, ex multis, sezione sesta civile – sottosezione L, ordinanza 9 gennaio 2019, n. 393; sezione lavoro, sentenza 30 agosto 2018, n. 21445; sezione terza civile, sentenza 21 settembre 2017, n. 21915; sezione lavoro, sentenza 4 maggio 2016, n. 8886). E, secondo quanto più volte affermato da questa Corte, in presenza di un orientamento giurisprudenziale consolidato, il giudice a quo – se pure è libero di non uniformarvisi e di proporre una diversa esegesi del dato normativo, essendo la “vivenza” di una norma una vicenda per definizione aperta, ancor più quando si tratti di adeguarne il significato a precetti costituzionali – ha alternativamente, comunque, la facoltà di assumere l’interpretazione censurata in termini di “diritto vivente” e di richiederne, su tale presupposto, il controllo di compatibilità con i parametri costituzionali (sentenze n. 39 del 2018, n. 259 e n. 122 del 2017, n. 200 del 2016 e n. 11 del 2015).
3.- Nel merito la questione è fondata.
Il divieto di notifica per via telematica oltre le ore 21 risulta, infatti, introdotto (attraverso il richiamo dell’art. 147 cod. proc. civ.), nella prima parte del censurato art. 16-septies del D.L. n. 179 del 2012, allo scopo di tutelare il destinatario, per salvaguardarne, cioè, il diritto al riposo in una fascia oraria (dalle 21 alle 24) in cui egli sarebbe stato, altrimenti, costretto a continuare a controllare la propria casella di posta elettronica.
Ciò appunto giustifica la fictio iuris, contenuta nella seconda parte della norma in esame, per cui il perfezionamento della notifica – effettuabile dal mittente fino alle ore 24 (senza che il sistema telematico possa rifiutarne l’accettazione e la consegna) – è differito, per il destinatario, alle ore 7 del giorno successivo. Ma non anche giustifica la corrispondente limitazione nel tempo degli effetti giuridici della notifica nei riguardi del mittente, al quale – senza che ciò sia funzionale alla tutela del diritto al riposo del destinatario e nonostante che il mezzo tecnologico lo consenta – viene invece impedito di utilizzare appieno il termine utile per approntare la propria difesa: termine che l’art. 155 cod. proc. civ. computa “a giorni” e che, nel caso di impugnazione, scade, appunto, allo spirare della mezzanotte dell’ultimo giorno (in questa prospettiva, Corte di cassazione, sezione terza civile, sentenza 31 agosto 2015, n. 17313; sezione lavoro, ordinanza 30 agosto 2017, n. 20590).
La norma denunciata è, per di più, intrinsecamente irrazionale, là dove viene ad inibire il presupposto che ne conforma indefettibilmente l’applicazione, ossia il sistema tecnologico telematico, che si caratterizza per la sua diversità dal sistema tradizionale di notificazione, posto che quest’ultimo si basa su un meccanismo comunque legato “all’apertura degli uffici”, da cui prescinde del tutto invece la notificazione con modalità telematica.
Una differenza, questa, che del resto lo stesso legislatore ha chiaramente colto in modo significativo nel confinante ambito della disciplina del deposito telematico degli atti processuali di parte, là dove, proprio in riferimento alla tempestività del termine di deposito telematico, il comma 7 dell’art. 16-bis del D.L. n. 179 del 2012, inserito dall’art. 51 del D.L. n. 90 del 2014, ha previsto che il “deposito è tempestivamente eseguito quando la ricevuta di avvenuta consegna è generata entro la fine del giorno di scadenza e si applicano le disposizioni di cui all’articolo 155, quarto e quinto comma, del codice di procedura civile”.
Anche in tale prospettiva trova dunque conferma l’irragionevole vulnus che l’art. 16-septies, nella portata ad esso ascritta dal “diritto vivente”, reca al pieno esercizio del diritto di difesa – segnatamente, nella fruizione completa dei termini per l’esercizio dell’azione in giudizio, anche nella sua essenziale declinazione di diritto ad impugnare, che è contenuto indefettibile di una tutela giurisdizionale effettiva -, venendo a recidere quell’affidamento che il notificante ripone nelle potenzialità tutte del sistema tecnologico (che lo stesso legislatore ha ingenerato immettendo tale sistema nel circuito del processo), il dispiegamento delle quali, secondo l’intrinseco modus operandi del sistema medesimo, avrebbe invece consentito di tutelare, senza pregiudizio del destinatario della notificazione.
3.1.- L’applicazione della regola generale di scindibilità soggettiva degli effetti della notificazione (sentenze n. 106 del 2011, n. 3 del 2010, n. 318 e n. 225 del 2009, n. 107 e n. 24 del 2004, n. 477 del 2002; ordinanze n. 154 del 2005, n. 132 e n. 97 del 2004) anche alla notifica effettuata con modalità telematiche – regola, del resto, recepita espressamente dall’art. 3-bis, comma 3, della L. 21 gennaio 1994, n. 53 (Facoltà di notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati e procuratori legali) − consente la reductio ad legitimitatem della norma censurata.
L’art. 16-septies del D.L. n. 179 del 2012 va pertanto dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui prevede che la notifica eseguita con modalità telematiche la cui ricevuta di accettazione è generata dopo le ore 21 ed entro le ore 24 si perfeziona per il notificante alle ore 7 del giorno successivo, anziché al momento di generazione della predetta ricevuta.
P.Q.M.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 16-septies del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179 (Ulteriori misure urgenti per la crescita del paese), convertito, con modificazioni, nella L. 17 dicembre 2012, n. 221, inserito dall’art. 45-bis, comma 2, lettera b), del D.L. 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari), convertito, con modificazioni, nella L. 11 agosto 2014, n. 114, nella parte in cui prevede che la notifica eseguita con modalità telematiche la cui ricevuta di accettazione è generata dopo le ore 21 ed entro le ore 24 si perfeziona per il notificante alle ore 7 del giorno successivo, anziché al momento di generazione della predetta ricevuta.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 marzo 2019.

Depositata in Cancelleria il 9 aprile 2019.


Circolare 2020-002: considerazioni su circolare ministero interni notifica a mezzo p.e.c. a impresa individuale

Leggi: Circolare 2020-002 CONSIDERAZIONI SU CIRCOLARE MINISTERO INTERNI NOTIFICA A MEZZO PEC A IMPRESA INDIVIDUALE


Notifica infrazioni al c.d.s. via p.e.c.: cambiano le regole

Il ministero dell’interno detta chiarimenti sulla notifica delle multe via p.e.c. niente ricerche massive e indiscriminate nel registro INI-PEC

Particolari accorgimenti quando il veicolo con cui è stata commessa la violazione è intestato alla persona fisica e non all’impresa. Bandite le ricerche indiscriminate partendo dal Codice Fiscale della persona fisica senza valutare le concrete modalità di utilizzo del veicolo che ha commesso la violazione.

Lo ha chiarito il Ministero dell’Interno nella circolare 300/A/4027/20/127/9 dell’8 giugno in materia di notificazione a mezzo PEC delle sanzioni amministrative per violazioni del Codice della Strada.

Il Ministero ha fatto seguito alla richiesta del Garante per la protezione dei dati personali di intervenire sull’argomento, stante alcune segnalazioni giunte all’autorità, e ha allineato la precedente circolare in materia alle indicazioni normative del Regolamento (UE) 2016/679 e del D.lgs. 196/2003 (Codice in materia di protezione dei dati personali).

Secondo l’Autorità, in caso di notifica a mezzo PEC di un verbale a persona titolare di un’impresa individuale, regolarmente iscritta al registro delle imprese, si rende necessario utilizzare particolari accorgimenti quando il veicolo con cui la violazione è stata commessa risulti essere intestato all’interessato, persona fisica, e non all’impresa come persona giuridica.

In tali casi, infatti, il veicolo potrebbe essere effettivamente utilizzato da questi a titolo privato e non nell’esercizio di attività imprenditoriale. Pertanto, l’autorità rappresenta che in simili circostanze la notifica del verbale all’indirizzo PEC, ottenuto attraverso la consultazione del registro INI-PEC, può determinare un’illecita comunicazione dei dati personali a terzi, essendo la PEC stessa visibile a tutto il personale dell’azienda.

La problematica origina dalla particolare conformazione del registro INI­ PEC che, con riferimento alle imprese individuali, non consente di distinguere l’indirizzo della persona fisica che ne è titolare da quello dell’impresa come persona giuridica.

Ricerca indirizzo PEC del proprietario obbligato in solido

In ragione delle indicazioni fomite dall’Autorità Garante, il Ministero fornisce le seguenti ulteriori istruzioni operative.

In primis, nella ricerca dell’indirizzo PEC dell’obbligato in solido proprietario del veicolo con cui è stata commessa una violazione, potrà essere utilizzato il codice fiscale della persona fisica (estratto dalle annotazioni presenti negli archivi del PRA o dall’anagrafe tributaria) inserendolo nella sezione “imprese” del registro INI­ PEC solo quando è stato accertato, ad esempio in occasione della contestazione immediata della violazione, che il veicolo con cui la violazione è stata commessa era utilizzato nell’esercizio di attività imprenditoriale.

In ogni altro caso (es. violazione accertata con dispositivi di controllo remoto, senza contestazione immediata), il codice fiscale della persona fisica intestataria del veicolo può essere utilizzato solo per interrogazioni della sezione “professionisti” del registro INI-PEC.

Niente ricerche massive e indiscriminate

In nessun caso potranno essere effettuate ricerche massive e indiscriminate di indirizzi PEC partendo dal codice fiscale di una persona fisica, svincolate dalla valutazione del singolo caso e dalle concrete modalità di utilizzo del veicolo oggetto di accertamento della violazione.

Infine, la notifica del verbale a mezzo PEC non sarà obbligatoria nel caso di abbinamento del codice fiscale della persona fisica ad una PEC di chiara matrice aziendale; in tali casi, la notifica del verbale di violazione deve essere effettuata nelle forme ordinarie, senza il ricorso alla PEC.

Leggi anche: Circolare A.N.N.A. 2020-002


Cass. civ. Sez. V, Sent., (ud. 05-11-2019) 12-06-2020, n. 11311

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 25433/2016 proposto da:

EQUITALIA SERVIZI DI RISCOSSIONE S.P.A., Direzione Regionale Lazio, società con socio unico soggetta ad attività di direzione e coordinamento di Equitalia s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, via XXIV maggio 43, presso lo studio dell’avv. Paolo Puri, che la rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce al ricorso per cassazione;

– ricorrente –

contro

SIX STARS HOTEL INTERNATIONAL S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1641/4/16 della CTR di Roma, depositata il 31/03/2016; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/11/2019 dal Consigliere ELEONORA REGGIANI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale GIOVANNI GIACALONE, il quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito per la parte ricorrente l’Avv. MARIA CLAUDIA SPONTI per delega dell’avv. PAOLO PURI;

letti gli atti del procedimento in epigrafe.

Svolgimento del processo
Con sentenza n. 1641/4/16, depositata il 31 marzo 2016, la CTR del Lazio, riformando la decisione di primo grado, in una causa avente ad oggetto il ricorso avverso l’intimazione di pagamento n. (OMISSIS), riferita alla cartella di pagamento n. (OMISSIS), limitatamente alla statuizione relativa alla tassa smaltimento rifiuti e al tributo provinciale 2008, ha accolto il ricorso originariamente proposto dalla contribuente.

In particolare, la CTR ha ritenuto invalida la notifica della cartella di pagamento, eseguita a mezzo posta a mani del portiere dello stabile, senza il successivo invio della raccomandata informativa.

Avverso tale sentenza l’Equitalia Servizi di riscossione s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione, articolando due motivi di impugnazione.

Nessuna attività difensiva è stata svolta in questa sede dalla società regolarmente intimata.

Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso si deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, nella parte in cui la CTR ha ritenuto invalida la notifica della cartella di pagamento, effettuata a mezzo posta, mediante la consegna dell’atto al portiere dello stabile, quale soggetto abilitato al ritiro, perchè non seguita dall’invio della raccomandata informativa alla contribuente.

2. Il motivo è fondato e deve pertanto essere accolto.

Non risulta controverso, in fatto, che la cartella di pagamento sia stata spedita alla contribuente direttamente dall’agente di riscossione a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, ricevuta e sottoscritta dal portiere in data 14 maggio 2009, senza che poi sia stata inviata alcuna raccomandata informativa alla destinataria dell’atto.

Si deve, in proposito, tenere presente che del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, nel testo vigente ratione temporis, stabilisce che “La cartella è notificata dagli ufficiali di riscossione o da altri soggetti abilitati dal concessionario nelle forme previste dalla legge ovvero, previa eventuale convenzione tra comune e concessionario, dai messi comunali o dagli agenti della polizia municipale. La notifica può essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento; in tal caso, la cartella è notificata in plico chiuso e la notifica si considera avvenuta nella data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto da una delle persone previste dal comma 2, o dal portiere dello stabile dove è l’abitazione, l’ufficio o l’azienda”.

Come più volte affermato da questa Corte, la notifica della cartella di pagamento, eseguita ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, seconda parte, mediante invio diretto, da parte del concessionario, di raccomandata con avviso di ricevimento, costituisce una modalità di notifica alternativa rispetto a quella della prima parte della medesima disposizione. Essa si perfeziona alla data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto dal ricevente o dal consegnatario, senza che sia necessario redigere un’apposita relazione di notificazione, nè inviare alcuna raccomandata informativa al destinatario, trovando applicazione le norme del regolamento postale relative agli invii raccomandati e non quelle relative alla notifica a mezzo posta di cui alla L. n. 890 del 1982, (v., tra le tante, Cass., Sez. 6-5 civ., n. 10037 del 10/04/2019; Cass., Sez. 6-5 civ., n. 29710 del 19/11/2018; Cass., Sez. 6-5 civ., n. 28872 del 12/11/2018; Cass., Sez. L, n. 19270 del 19/07/2018; Cass., Sez. 5, n. 8293 del 04/04/2018; Cass., Sez. 6-5 civ., n. 12083 del 13/06/2016).

Tale soluzione interpretativa ha superato il vaglio della Corte costituzionale (Corte Cost., sentenza n. 175 del 23/07/2018), la quale ha ritenuto che tale forma “semplificata” di notificazione trova giustificazione nell’accentuato ruolo pubblicistico dell’agente per la riscossione, volto ad assicurare la pronta realizzazione del credito fiscale a garanzia del regolare svolgimento della vita finanziaria dello Stato.

Secondo la Corte costituzionale, i rilevati scostamenti della disposizione in esame rispetto al regime ordinario della notificazione a mezzo posta, considerati nel loro complesso, segnano sì un arretramento del diritto di difesa del destinatario dell’atto, ma soddisfano il requisito dell’effettiva possibilità di conoscenza dell’atto, che costituisce il limite inderogabile alla discrezionalità del legislatore in materia. La medesima Corte ha aggiunto che lo scarto tra conoscenza legale e conoscenza effettiva, in concreto verificabile, è suscettibile di essere comunque riequilibrato mediante il ricorso alla rimessione in termini di cui all’art. 153 c.p.c., che può essere richiesta da colui che assuma di non avere avuto, in concreto, conoscenza dell’atto, per causa a lui non imputabile, dimostrando, anche sulla base di idonei elementi presuntivi, la sussistenza di tale situazione.

La sentenza in questa sede impugnata ha, dunque, errato nel ritenere applicabile la disciplina prevista per la notificazione a mezzo posta dalla L. n. 80 del 1982, art. 7, (nel testo vigente ratione temporis, adattato, per le notifiche degli atti ai contribuenti, dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60), posto che, nella specie, il concessionario ha fatto ricorso a tutta un’altra modalità di notificazione, quella “semplificata” di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, seconda parte, la quale, in applicazione della disposizione appena richiamata, deve ritenersi ritualmente perfezionata nella data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto dal portiere.

3. Con il secondo motivo di ricorso si deduce la nullità della sentenza impugnata, per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, nella parte in cui la CTR ha affermato l’intervenuta decadenza della pretesa impositiva, annullando l’intimazione di pagamento, mentre invece avrebbe dovuto dichiarare l’inammissibilità della relativa censura.

4. L’accoglimento del primo motivo di ricorso determina l’assorbimento del secondo, tenuto conto delle ragioni poste a fondamento della sentenza impugnata, che viene in questa sede cassata.

5. Poichè non sono necessari ulteriori accertamenti in fatto, nè risultano ulteriori profili controversi rilevanti ai fini della decisione, sussistono i presupposti per la decisione nel merito ex art. 384 c.p.c..

6. Come sopra evidenziato, la notificazione della cartella di pagamento deve ritenersi ritualmente effettuata, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, seconda parte, mediante la sottoscrizione dell’avviso di ricevimento da parte del portiere in data 14 maggio 2009.

E’ incontestato che tale cartella non sia stata tempestivamente impugnata. L’intimata ha semplicemente fatto valere la ritenuta invalidità della stessa con l’impugnazione dell’intimazione di pagamento, notificata circa due anni dopo (v. ricorso per cassazione), senza chiedere di essere rimessa in termini (v. la statuizione della Corte costituzionale supra riportata).

L’accertata regolarità della notificazione della cartella di pagamento, non tempestivamente impugnata, rende pertanto incontestabile la pretesa tributaria in essa portata (v. da ultimo Cass., Sez. 5 civ., n. 19010 del 16/07/2019).

Nè può ritenersi che tra la data della notificazione della cartella di pagamento e la data di notificazione della intimazione di pagamento, effettuata circa due anni dopo, sia maturata alcuna decadenza, che dagli atti non risulta neppure specificamente prospettata.

Il ricorso proposto in primo grado dalla SIX STARS HOTEL INTERNATIONAL S.R.L. deve pertanto essere rigettato.

7. Ai fini della statuizione sulle spese, si deve precisare che la materia del contendere è in questa sede limitata al credito relativo alla tassa smaltimento rifiuti e al tributo provinciale per l’anno 2008, portati nella cartella di pagamento sopra descritta, essendo stato dichiarato già in primo grado il difetto di giurisdizione del giudice tributario in relazione ai crediti derivanti dal mancato versamento dei contributi previdenziali, portati nella stessa cartella, con una pronuncia sul punto passata in giudicato.

8. Le spese dei due gradi di merito devono essere compensate, tenuto conto della peculiarità della vicenda e del consolidarsi della giurisprudenza solo dopo che il contenzioso è insorto, anche a seguito della pronuncia della Corte costituzionale supra richiamata.

Nel presente giudizio di legittimità, le spese, liquidate in dispositivo, seguono invece la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo a carico dell’intimata.

P.Q.M.
la Corte:

– accoglie il primo motivo di ricorso e, dichiarato assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata;

– decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso proposto dalla SIX STARS HOTEL INTERNATIONAL S.R.L.;

– compensa tra le parti le spese dei due gradi di merito;

– condanna la SIX STARS HOTEL INTERNATIONAL S.R.L. al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.800,00, oltre rimborso forfettario ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della V Sezione Civile, il 5 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2020


Ministero Interno: circolare Prot. 300/A/4027/20/127/9 del 8.06.2020

Notificazione a mezzo posta elettronica certificata delle sanzioni amministrative per violazioni del Codice della Strada – ulteriori indicazioni operative a tutela della riservatezza dei dati personali.

Leggi: Ministero Interno circolare Prot. 300-A-4027-20-127-9 del 8.06.2020


Cass. civ. Sez. V, Sent., (ud. 05-11-2019) 09-06-2020, n. 10954

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 25432/2016 proposto da:

EQUITALIA SERVIZI DI RISCOSSIONE S.P.A., Direzione Regionale Lazio, società con socio unico soggetta ad attività di direzione e coordinamento di Equitalia s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, via XXIV maggio 43, presso lo studio dell’avv. Paolo Puri, che la rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce al ricorso per cassazione;

– ricorrente –

contro

SIX STARS HOTEL INTERNATIONAL S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1640/4/16 della CTR del Lazio, depositata il 31/03/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/11/2019 dal Consigliere ELEONORA REGGIANI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale GIOVANNI GIACALONE, il quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito per la parte ricorrente l’Avv. MARIA CLAUDIA SPONTI per delega dell’avv. PAOLO PURI;

letti gli atti del procedimento in epigrafe.

Svolgimento del processo
Con sentenza n. 1640/4/16, depositata il 31 marzo 2016, la CTR del Lazio, riformando la decisione di primo grado, in una causa avente ad oggetto il ricorso avverso l’intimazione di pagamento n. 0972011909616828, riferita alla cartella n. (OMISSIS), limitatamente alla statuizione relativa all’imposta di pubblicità dovuta per l’anno 2006, ha accolto il ricorso originariamente proposto dalla contribuente.

In particolare, la CTR ha ritenuto invalida la notifica della cartella di pagamento, eseguita a mezzo posta a mani del portiere dello stabile, senza il successivo invio dalla raccomandata informativa.

Avverso tale sentenza l’Equitalia Servizi di riscossione s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione, articolando due motivi di impugnazione.

Nessuna attività difensiva è stata svolta in questa sede dalla società regolarmente intimata.

Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso si deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, nella parte in cui la CTR ha ritenuto invalida la notifica della cartella di pagamento, effettuata a mezzo posta, mediante la consegna dell’atto al portiere dello stabile, quale soggetto abilitato al ritiro, perchè non seguita dall’invio della raccomandata informativa alla contribuente.

2. Il motivo è fondato.

Non risulta controverso, in fatto, che la cartella di pagamento sia stata spedita alla contribuente direttamente dall’agente di riscossione a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, ricevuta e sottoscritta dal portiere in data 4 giugno 2010, senza che poi sia stata inviata alcuna raccomandata informativa alla destinataria dell’atto.

Si deve, in proposito, tenere presente che il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, nel testo vigente ratione temporis, stabilisce che “La cartella è notificata dagli ufficiali di riscossione o da altri soggetti abilitati dal concessionario nelle forme previste dalla legge ovvero, previa eventuale convenzione tra comune e concessionario, dai messi comunali o dagli agenti della polizia municipale. La notifica può essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento; in tal caso, la cartella è notificata in plico chiuso e la notifica si considera avvenuta nella data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto da una delle persone previste dal comma 2 o dal portiere dello stabile dove è l’abitazione, l’ufficio o l’azienda”.

Come più volte affermato da questa Corte, la notifica della cartella di pagamento, eseguita ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, seconda parte, mediante invio diretto, da parte del concessionario, di raccomandata con avviso di ricevimento, costituisce una modalità di notifica alternativa rispetto a quella della prima parte della medesima disposizione. Essa si perfeziona alla data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto dal ricevente o dal consegnatario, senza che sia necessario redigere un’apposita relazione di notificazione, nè inviare alcuna raccomandata informativa al destinatario, trovando applicazione le norme del regolamento postale relative agli invii raccomandati e non quelle relative alla notifica a mezzo posta di cui alla L. n. 890 del 1982 (v., tra le tante, Cass., Sez. 6-5 civ., n. 10037 del 10/04/2019; Cass., Sez. 6-5 civ., n. 29710 del 19/11/2018; Cass., Sez. 6-5 civ., n. 28872 del 12/11/2018; Cass., Sez. L, n. 19270 del 19/07/2018; Cass., Sez. 5, n. 8293 del 04/04/2018; Cass., Sez. 6-5 civ., n. 12083 del 13/06/2016).

Tale soluzione interpretativa ha superato il vaglio della Corte costituzionale (Corte Cost., sentenza n. 175 del 23/07/2018), la quale ha ritenuto che tale forma “semplificata” di notificazione trova giustificazione nell’accentuato ruolo pubblicistico dell’agente per la riscossione, volto ad assicurare la pronta realizzazione del credito fiscale a garanzia del regolare svolgimento della vita finanziaria dello Stato.

Secondo la Corte costituzionale, i rilevati scostamenti della disposizione in esame rispetto al regime ordinario della notificazione a mezzo posta, considerati nel loro complesso, segnano sì un arretramento del diritto di difesa del destinatario dell’atto, ma soddisfano il requisito dell’effettiva possibilità di conoscenza dell’atto, che costituisce il limite inderogabile alla discrezionalità del legislatore in materia. La medesima Corte ha aggiunto che lo scarto tra conoscenza legale e conoscenza effettiva, in concreto verificabile, è suscettibile di essere comunque riequilibrato mediante il ricorso alla rimessione in termini di cui all’art. 153 c.p.c., che può essere richiesta da colui che assuma di non avere avuto, in concreto, conoscenza dell’atto, per causa a lui non imputabile, dimostrando, anche sulla base di idonei elementi presuntivi, la sussistenza di tale situazione.

La sentenza in questa sede impugnata ha, dunque, errato nel ritenere applicabile la disciplina prevista per la notificazione a mezzo posta dalla L. n. 80 del 1982, art. 7 (nel testo vigente ratione temporis, adattato, per le notifiche degli atti ai contribuenti, dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60), posto che, nella specie, il concessionario ha fatto ricorso a tutta un’altra modalità di notificazione, quella “semplificata” di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, seconda parte, la quale, in applicazione della disposizione appena richiamata, deve ritenersi ritualmente perfezionata nella data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto dal portiere.

3. Con il secondo motivo di ricorso si deduce la nullità della sentenza impugnata, per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, nella parte in cui la CTR ha erroneamente affermato l’intervenuta decadenza della pretesa impositiva, annullando l’intimazione di pagamento, mentre invece avrebbe dovuto dichiarare l’inammissibilità della relativa censura.

4. L’accoglimento del primo motivo di ricorso determina l’assorbimento del secondo, tenuto conto delle ragioni poste a fondamento della sentenza impugnata, che viene in questa sede cassata.

5. Poichè non sono necessari ulteriori accertamenti in fatto, nè risultano altri profili controversi rilevanti ai fini della decisione, sussistono i presupposti per la decisione nel merito ex art. 384 c.p.c..

6. Come sopra evidenziato, la notificazione della cartella di pagamento deve ritenersi ritualmente effettuata, ai sensi D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, seconda parte, mediante la sottoscrizione dell’avviso di ricevimento da parte del portiere in data 4 giugno 2010.

E’ incontestato che tale cartella non sia stata tempestivamente impugnata. L’intimata ha semplicemente fatto valere la ritenuta invalidità della stessa con l’impugnazione dell’intimazione di pagamento, notificata più di un anno dopo (v. ricorso per cassazione), senza chiedere di essere rimessa in termini (v. la statuizione della Corte costituzionale supra riportata).

L’accertata regolarità della notificazione della cartella di pagamento, non tempestivamente impugnata, rende pertanto incontestabile la pretesa tributaria in essa portata (v. da ultimo Cass., Sez. 5 civ., n. 19010 del 16/07/2019).

Nè può ritenersi che tra la data della notificazione della cartella di pagamento e la data di notificazione della intimazione di pagamento, effettuata circa un anno dopo, sia maturata alcuna decadenza, che dagli atti non risulta neppure specificamente prospettata.

Il ricorso proposto in primo grado dalla SIX STARS HOTEL INTERNATIONAL S.R.L. deve pertanto essere rigettato.

7. Ai fini della statuizione sulle spese, si deve precisare che la materia del contendere è limitata al credito relativo all’imposta di pubblicità per l’anno 2006, portato nella cartella di pagamento sopra descritta, essendo stato dichiarato già in primo grado il difetto di giurisdizione del giudice tributario, in relazione ai crediti derivanti dal mancato versamento dei contributi previdenziali, portati nella stessa cartella, con una pronuncia sul punto passata in giudicato.

8. Le spese dei due gradi di merito devono essere compensate, tenuto conto della peculiarità della vicenda e del consolidarsi della giurisprudenza solo dopo che il contenzioso è insorto, anche a seguito della pronuncia della Corte costituzionale supra richiamata.

Nel presente giudizio di legittimità, le spese, liquidate in dispositivo, seguono invece la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo a carico dell’intimata.

P.Q.M.
la Corte:

– accoglie il primo motivo di ricorso e, dichiarato assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata;

– decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso proposto dalla SIX STARS HOTEL INTERNATIONAL S.R.L.;

– compensa tra le parti le spese dei due gradi di merito;

– condanna la SIX STARS HOTEL INTERNATIONAL S.R.L. al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.700,00, oltre rimborso forfettario ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della V Sezione Civile, il 5 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2020


Possono essere nominati messi per la notificazione anche i dipendenti di società private

Possono essere nominati messi per la notificazione anche i dipendenti di società private

Leggi: Cass. civ. Sez. III, Ord., (ud. 09-01-2020) 26-05-2020, n. 9867

Vedi anche: Cass. civ. Sez. III, Sent., (ud. 23-05-2019) 05-09-2019, n. 22167


Cass. civ. Sez. VI – Lavoro, Ord., (ud. 04-12-2019) 04-06-2020, n. 10585

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Maria Margherita – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24229-2018 proposto da:

G.R., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato DEFILIPPI CLAUDIO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 23/2018 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 29/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 04/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. PONTERIO CARLA.

Svolgimento del processo
Che:

1. con sentenza n. 23 pubblicata il 29.1.2018 la Corte d’appello di Genova ha respinto l’appello di G.R., confermando la pronuncia di primo grado, di rigetto della domanda proposta dal predetto nei confronti dell’Agenzia delle Entrate Riscossioni per la declaratoria di nullità, annullabilità o inefficacia dell’iscrizione ipotecaria su alcuni immobili di sua proprietà, a seguito del mancato pagamento di cartelle aventi ad oggetto crediti di natura tributaria e previdenziale;

2. la Corte territoriale ha ritenuto legittima la notifica della comunicazione di iscrizione ipotecaria a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento inviata direttamente dall’agente di riscossione e di conseguenza irrilevante la mancanza della relata di notifica; parimenti legittima ha giudicato la notifica degli avvisi d’addebito da parte dell’Inps con le medesime modalità;

3. ha escluso la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, rilevando che le cartelle, quali atti prodromici su cui si fonda l’iscrizione ipotecaria, erano specificamente richiamate nella comunicazione opposta, senza che vi fosse necessità di allegazione delle stesse; ha rilevato come non fosse stata contestata la rituale notifica delle cartelle e degli avvisi di addebito, di cui il G. aveva quindi materiale disponibilità, sicchè nessuna violazione del diritto di difesa era ipotizzabile;

4. la Corte di merito ha ritenuto inammissibile la censura sulla mancata indicazione nelle cartelle di pagamento del dettaglio di calcolo degli interessi addebitati ed ha rilevato che, decorso il termine perentorio di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, fosse preclusa la contestazione della pretesa contributiva e dei relativi accessori;

5. ha affermato che il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 76, nel testo applicabile ratione temporis, non precludesse l’iscrizione ipotecaria per un credito complessivo inferiore a 120.000,00 Euro, ma unicamente l’espropriazione immobiliare; ha escluso la violazione del limite (pari a 20.000,00 Euro) fissato dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77, comma 1-bis sul rilievo che dovessero considerarsi tutti i crediti iscritti a ruolo a cui si riferisce l’iscrizione ipotecaria (nel caso di specie per l’importo complessivo di Euro 43.700,28), senza alcuna distinzione tra crediti di natura previdenziale, tributaria o di altra natura;

6. avverso tale sentenza G.R. ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi; l’Agenzia delle Entrate Riscossione è rimasta intimata;

7. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale non partecipata, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Motivi della decisione
Che:

8. col primo motivo di ricorso G.R. ha censurato la sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione di norme di diritto per illegittimità della notifica diretta dell’agente di riscossione ed illegittima assenza della relata di notifica;

9. ha richiamato il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26 comma 1, D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 12, comma 1, D.Lgs. n. 193 del 2001, art. 1, comma 1, lett. c), sostenendo come a far data dall’1.7.1999 l’esattore non fosse più abilitato alla notifica mediante invio diretto della lettera raccomandata con avviso di ricevimento;

10. col secondo motivo di ricorso il G. ha denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, errata applicazione dell’art. 7, L. n. 212 del 2000 per mancato rilievo del vizio di allegazione degli atti tributari richiamati per relationem;

11. col terzo motivo il ricorrente ha dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, errata applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, comma 2; ha sostenuto che la mancata indicazione del procedimento di computo degli interessi e delle singole aliquote su base annuale rendesse nulla la cartella esattoriale e gli atti equiparati, tra cui l’iscrizione ipotecaria;

12. col quarto motivo di ricorso il G. ha denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, errata applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973,artt. 76 e 77; ha affermato che l’iscrizione ipotecaria, in quanto strumento preordinato all’esecuzione forzata, soggiace ai limiti stabiliti per quest’ultima dall’art. 76 cit. e dunque non può essere iscritta se l’importo del credito non consente di procedere all’espropriazione;

13. il primo motivo è inammissibile;

14. costituisce orientamento consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, a cui si intende dare continuità, quello in forza del quale “In tema di riscossione di contributi previdenziali, la notifica della cartella esattoriale può avvenire anche mediante invio diretto, da parte del concessionario, di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, in quanto la seconda parte del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, prevede una modalità di notifica, integralmente affidata al concessionario stesso ed all’ufficiale postale, alternativa rispetto a quella della prima parte della medesima disposizione e di competenza esclusiva dei soggetti ivi indicati. In tal caso, la notifica si perfeziona con la ricezione del destinatario, alla data risultante dall’avviso di ricevimento, senza necessità di un’apposita relata, visto che è l’ufficiale postale a garantirne, nel menzionato avviso, l’esecuzione effettuata su istanza del soggetto legittimato e l’effettiva coincidenza tra destinatario e consegnatario della cartella, come confermato implicitamente dal citato art. 26, penultimo comma, secondo cui il concessionario è obbligato a conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o con l’avviso di ricevimento, in ragione della forma di notificazione prescelta, al fine di esibirla su richiesta del contribuente o dell’amministrazione” (Cass. n. 19270/18; sez. 6 n. 8423/19; cfr. anche Cass. n. 14834/17 e n. 14327/09 relativa a cartella esattoriale emessa per la riscossione di sanzioni amministrative; Cass. n. 29710/18; n. 17248/17; n. 6395/14 in tema di riscossione delle imposte);

15. neppure il secondo motivo può trovare accoglimento; questa Corte ha già affermato (cfr. Cass. sez. 6 n. 8423/19; cfr. anche Cass. n. 22018/17 con riferimento al fermo amministrativo) che il preavviso di iscrizione ipotecaria emesso sulla base di cartelle di pagamento relative a crediti per contributi previdenziali è correttamente motivato mediante il richiamo agli atti presupposti, che, in quanto già destinati alla stessa parte, sono da questa conosciuti o conoscibili e non necessitano perciò di allegazione all’atto impugnato;

16. anche il terzo motivo di ricorso è inammissibile in quanto costituisce indirizzo consolidato di questa Corte quello secondo cui le questioni sul merito della pretesa contributiva, tra cui rientrano i criteri di calcolo degli interessi, devono farsi valere in sede di opposizione D.Lgs. n. 46 del 1999, ex art. 24 (cfr. Cass. n. 25757/08; n. 25208/09);

17. il quarto motivo è infondato;

18. questa Corte ha statuito che in tema d’iscrizione ipotecaria relativa a debiti tributari, ai fini del raggiungimento della soglia minima di ottomila Euro, prevista dal D.P.R. n. 602 del 1972, artt. 76 e 77 (nella formulazione “ratione temporis” vigente), è necessario considerare tutti i crediti iscritti a ruolo, anche quelli non tributari, e specificamente quelli previdenziali (cfr. Cass. n. 18550/17; n. 20055/15; n. 2190/14); deve quindi escludersi la violazione del citato art. 77, tenuto conto dell’importo del credito complessivo per cui è stata iscritta l’ipoteca (Euro 43.700,28);

19. per le considerazioni svolte, il ricorso deve essere respinto;

20. non luogo a provvedere sulle spese posto che l’Agenzia delle entrate Riscossione è rimasta intimata;

21. sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 4 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2020


Cass. civ. Sez. V, Ord., (ud. 19-11-2019) 28-05-2020, n. 10131

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10661/2012, proposto da N.M., rappresentata e difesa dall’Avvo. Nunzio Santi Di Paola ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, in Catania, Corso Italia, n. 171;

– ricorrente –

CONTRO

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici, in Roma, in via dei Portoghesi, n. 12, è domiciliata;

-controricorrente-

e CONTRO

Serit Sicilia S.p.a., già Montepaschi Se.ri.t. S.p.a., Agente della riscossione per la Provincia di Catania, in persona del legale rappresentante p.t.

-parte intimata-

avverso la sentenza n. 211/17/11 della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, emessa il 17/2/2011, depositata il 7 luglio 2011 e non notificata.

Udita la relazione svolta nella Camera di Consiglio del 19 novembre 2019 dal Consigliere Andreina Giudicepietro.

Svolgimento del processo
CHE:

1. la Sig.ra N.M. ricorre con sei motivi per la cassazione della sentenza n. 211/17/11 della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia (di seguito C.T.R.), depositata il 7 luglio 2011 e non notificata, che ha accolto l’appello dell’Ufficio e riformato la sentenza di primo grado della Commissione Tributaria Provinciale di Catania, in controversia relativa all’impugnazione della cartella di pagamento n. 293 2002 00619005 per IRPEF, ILOR, S.S.N., oltre accessori, per gli anni d’imposta 1995 e 1996, con cui la contribuente deduceva la decadenza dell’Ufficio dal potere impositivo per mancata notifica, seppur indicata in cartella, del prodromico avviso di accertamento entro i termini di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43;

2. la C.T.R., con la sentenza impugnata, rilevava, in primo luogo, che, in relazione alla tempestività dell’appello dell’Ufficio con riferimento al termine annuale, l’eccezione della contribuente andasse disattesa, poichè la raccomandata di spedizione del plico contenente l’appello era stata spedita un anno e quarantatrè giorni dopo il deposito della sentenza di primo grado; in secondo luogo, che fosse ammissibile la produzione, da parte dell’Ufficio, per la prima volta in grado d’appello, della documentazione relativa agli avvisi di accertamento richiamati nella cartella esattoriale impugnata, poichè la stessa Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8489/2009, aveva affermato che nel processo tributario di appello fosse possibile produrre nuovi documenti sui quali si era dibattuto in primo grado; in terzo luogo che, per quanto riguardava l’esame dell’idoneità della documentazione, al fine di dimostrare la notificazione degli avvisi di accertamento, l’Ufficio avesse assolto all’onere probatorio concernente l’avvenuta notifica degli avvisi stessi, il cui contenuto era ininfluente ai fini della decisione, attesa la mancata impugnazione degli atti impositivi;

3. a seguito del ricorso, l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso;

4. il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 19 novembre 2019, ai sensi dell’ art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis 1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Motivi della decisione
CHE:

1.1. con il primo motivo di ricorso, la ricorrente censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 2712 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

secondo la contribuente la C.T.R. avrebbe dovuto rigettare l’appello proposto dall’Ufficio, in quanto l’Agenzia delle Entrate, al fine di provare la notifica degli avvisi di accertamento, aveva prodotto delle semplici copie fotostatiche, illeggibili e non conformi all’originale, che l’appellata N.M. aveva contestato nelle controdeduzioni in secondo grado;

la ricorrente deduce che, anche in tema di contenzioso tributario, la produzione di documenti in copia fotostatica costituisce un mezzo di prova idoneo, soltanto se la controparte non ne contesti la conformità all’originale, come previsto dall’art. 2712 c.c., stante che, in caso di contestazione, il giudice ha l’obbligo di disporre la produzione del documento originale;

con il sesto motivo, da trattare congiuntamente al primo, perchè connesso, la ricorrente censura la nullità della sentenza impugnata per insufficiente motivazione, in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5);

secondo la ricorrente, la sentenza presenterebbe un vizio di motivazione in relazione all’accoglimento dell’appello per (presunta) regolare notifica degli avvisi di accertamento, provata dall’Ufficio mediante la produzione di copie fotostatiche di una serie non meglio specificata di avvisi di ricevimento non conformi all’originale ed espressamente contestati;

1.2. i motivi sono infondati e devono essere rigettati;

1.3. invero, il disconoscimento della conformità della copia all’originale di scrittura non ha gli stessi effetti del disconoscimento della scrittura privata originale e non obbliga il giudice a procedere a verificazione e neppure alla acquisizione dell’originale;

in tal caso, infatti, il giudice deve procedere all’esame delle difformità dedotte, valutando se esse siano o meno probanti di una effettiva difformità tra fotocopia e originale, valutazione avvenuto nel caso in esame;

come è stato detto, “in tema di prova documentale, il disconoscimento, ai sensi dell’art. 2719 c.c., della conformità tra una scrittura privata e la copia fotostatica, prodotta in giudizio non ha gli stessi effetti di quello della scrittura privata, previsto dall’art. 215 c.p.c., comma 1, n. 2, in quanto, mentre quest’ultimo, in mancanza di verificazione, preclude l’utilizzabilità della scrittura, la contestazione di cui all’art. 2719 c.c., non impedisce al giudice di accertare la conformità della copia all’originale anche mediante altri mezzi di prova, comprese le presunzioni” (Sez. 5 -, Sentenza n. 14950 del 08/06/2018, Rv. 649366 – 01);

2.1. con il secondo motivo di ricorso, la contribuente censura la violazione e la falsa applicazione della L. n. 890 del 1982, artt. 14 e 3, in materia di notificazione di atti a mezzo posta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3);

secondo la ricorrente, nel caso di specie, la notifica degli avvisi di accertamento, in relazione alla documentazione prodotta dall’Ufficio, non può che essere nulla perché, non solo non è possibile verificare l’apposizione della relata di notifica sull’originale dell’atto, mai prodotto dall’Agenzia delle Entrate, nè in primo nè in secondo grado, ma risulta evidente dalla fotocopia come la relata sia nulla in quanto non vi è alcuna apposizione del timbro e della firma di colui che abbia consegnato il plico presso l’Ufficio postale ai fini della notifica;

con il terzo motivo di ricorso la contribuente censura la violazione e la falsa applicazione della L. n. 890 del 1982, art. 8 in materia di notificazione di atti a mezzo posta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3);

secondo la ricorrente tutti gli adempimenti che impone la norma violata, con particolare riferimento alla ricerca delle persone abilitate a ricevere l’atto, non sono stati rispettati da nessuno dei due avvisi di ricevimento riprodotti;

con il quarto motivo, la ricorrente censura la violazione e la falsa applicazione della L. n. 890 del 1982, art. 8, comma 3, ultimo capoverso, in materia di notificazione di atti a mezzo posta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3);

secondo quanto sostenuto dalla contribuente, in nessun avviso di ricevimento sarebbe leggibile la data di deposito dell’atto notificato in assenza del destinatario presso l’ufficio postale, data fondamentale, poiché dalla stessa comincia a decorrere il termine per la restituzione del plico al mittente in caso di mancato ritiro da parte del destinatario;

2.2. i motivi, da esaminare congiuntamente perché connessi, sono infondati e vanno rigettati.

2.3. nel caso di specie, la stessa ricorrente afferma che la notifica è avvenuta direttamente a mezzo del servizio postale (vedi pag.9 del ricorso); costituisce ormai principio consolidato di questa Corte quello secondo cui, nell’ipotesi in cui l’ufficio finanziario proceda alla notificazione diretta a mezzo posta dell’atto impositivo, trovano applicazione le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle previste dalla L. n. 890 del 1982 (ex multis, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 8293 del 04/04/2018);

pertanto, la disciplina relativa alla raccomandata con avviso di ricevimento, mediante la quale può essere notificato l’avviso di liquidazione o di accertamento senza intermediazione dell’ufficiale giudiziario, è quella dettata dalle disposizioni concernenti il servizio postale ordinario per la consegna dei plichi raccomandati, in quanto le disposizioni di cui alla L. 20 novembre 1982, n. 890, attengono esclusivamente alla notifica eseguita dall’ufficiale giudiziario ex art. 140 c.p.c.;

ne consegue che, difettando apposite previsioni della disciplina postale, non deve essere redatta alcuna relata di notifica o annotazione specifica sull’avviso di ricevimento in ordine alla persona cui è stato consegnato il plico e l’atto, pervenuto all’indirizzo del destinatario, deve ritenersi ritualmente consegnato a quest’ultimo, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c., superabile solo se il medesimo dia prova di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilità di prenderne cognizione (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 9111 del 06/06/2012, Rv. 622974);

nel caso di specie, il giudice di appello dà atto che l’Ufficio ha prodotto gli avvisi di ricevimento che, da un lato, riportano il numero delle raccomandate e, dall’altro, la data di spedizione e le annotazioni di immissione dell’avviso in cassetta e del deposito della raccomandata presso l’Ufficio postale;

la C.T.R. ha, quindi, concluso nel senso che fossero presenti tutte le annotazioni richieste ai fini della validità della notifica, che doveva ritenersi perfezionata per compiuta giacenza, decorsi dieci giorni dalla data del rilascio dell’avviso di giacenza, nel caso di specie avvenuta mediante immissione dell’avviso in cassetta;

3.1. con il quinto motivo di ricorso, la contribuente contesta la violazione e la falsa applicazione della L. n. 890 del 1982, art. 8, comma 2, in materia di notificazione di atti a mezzo posta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

nel ricorso si rileva la nullità della sentenza per il mancato invio della seconda raccomandata informativa al contribuente, come previsto dalla legge a seguito della sentenza n. 346/1998 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del dettato normativo di cui sopra, nella parte in cui non prevedeva che, in caso di rifiuto di ricevere il piego o di firmare il registro di consegna da parte delle persone abilitate alla ricezione ovvero in caso di mancato recapito per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneità o assenza delle persone sopra menzionate, venisse data notizia delle formalità compiute al destinatario medesimo con raccomandata con avviso di ricevimento;

3.2. il motivo è infondato e deve essere rigettato;

3.3. è opportuno premettere che, come si è detto, nel caso in esame, l’Ufficio si è avvalso della possibilità di provvedere direttamente alla notifica degli atti impositivi a mezzo del servizio postale, come ammesso dalla stessa ricorrente (vedi pag. 9 del ricorso);

la L. 8 maggio 1998, n. 146, art. 20, modificando la L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 14, ha aggiunto, per quanto qui interessa, la previsione che la notificazione degli avvisi e degli atti che per legge devono essere notificati al contribuente “può eseguirsi a mezzo della posta direttamente dagli uffici finanziari”, fermo rimanendo, “ove ciò risulti impossibile”, che la notifica può essere effettuata, come già previsto, a cura degli ufficiali giudiziali, dei messi comunali o dei messi speciali autorizzati dall’Amministrazione finanziaria secondo le modalità previste dalla medesima L. n. 890 del 1982;

a decorrere, pertanto, dal 15 maggio 1998 (data di entrata in vigore della citata L. n. 146 del 1998), è stata concessa agli uffici finanziari la facoltà di provvedere “direttamente” alla notifica degli atti al contribuente mediante spedizione a mezzo del servizio postale (Cass. n. 15284 del 2008);

ciò significa che il notificante è abilitato alla notificazione dell’atto senza l’intermediazione dell’ufficiale giudiziario (ferma restando, ovviamente, quella dell’ufficiale postale), e, quindi, a modalità di notificazione semplificata, alla quale, pertanto, non si applicano le disposizioni della L. n. 890 del 1982, concernenti le sole notificazioni effettuate a mezzo posta tramite gli ufficiali giudiziali (o, eventualmente, i messi comunali e i messi speciali autorizzati), bensì le norme concernenti il servizio postale “ordinario”;

tuttavia, in caso di mancato recapito per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneità o assenza delle persone abilitate a ricevere l’atto, il regolamento postale (nel caso di specie, la circolare n. 70/2001 oggetto: poste – condizioni generali del servizio postale – D.M. 9 aprile 2001, su g.u. n. 95 del 24.4.2001), contenente la disciplina del servizio postale ordinario, si limitava a prevedere, all’art. 32, che, per gli “invii a firma” (tra cui le raccomandate), “in caso di assenza all’indirizzo indicato, il destinatario e le altre persone abilitate a ricevere l’invio” potevano “ritirarlo presso l’ufficio postale di distribuzione, entro i termini di giacenza previsti dall’art. 49”;

nessuna disposizione di detto regolamento conteneva, quindi, una regola analoga a quella dettata in materia di notifiche effettuate a mezzo posta dalla L. n. 890 del 1982, art. 8, comma 4, sul momento in cui si dovesse ritenere pervenuto al destinatario un atto, che l’agente postale avesse depositato in giacenza presso l’ufficio postale a causa della impossibilità di recapitarlo per l’assenza del medesimo destinatario o di altra persona abilitata;

pertanto, come chiarito da questa Corte, “in tema di notificazione dell’atto impositivo effettuata a mezzo posta direttamente dall’Ufficio finanziario, al fine di garantire il bilanciamento tra l’interesse del notificante e quello del notificatario, deve farsi applicazione in via analogica della regola dettata dalla L. n. 890 del 1982, art. 8, comma 4, secondo cui la notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di rilascio dell’avviso di giacenza, ovvero dalla data del ritiro del piego, se anteriore, decorrendo da tale momento il termine per l’impugnazione dell’atto notificato”(Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 2047 del 02/02/2016);

quindi, nel caso di specie, per il perfezionamento della notifica con il meccanismo della cd. “compiuta giacenza”, deve farsi ricorso, in via analogica, alla regola dettata nella L. n. 890 del 2002, art. 8, comma 4, con la conseguenza che la notifica deve intendersi perfezionata decorsi dieci giorni dalla data del rilascio dell’avviso di giacenza del deposito presso l’Ufficio Postale, in quanto il regolamento del servizio di recapito non prevedeva la spedizione di una raccomandata contenente l’avviso di giacenza;

secondo la ricorrente, la notifica degli avvisi di accertamento, richiamata nella cartella esattoriale impugnata, non si sarebbe perfezionata per il mancato invio della lettera raccomandata informativa, prevista dalla L. n. 890 del 1982, art. 8, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 346 del 1998;

invero, la Corte costituzionale, con sentenza 23 settembre 1998, n. 346, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della L. n. 890 del 1982, art. 8, nella parte in cui non prevede che, in caso di rifiuto di ricevere il piego o di firmare il registro di consegna da parte delle persone abilitate alla ricezione, ovvero in caso di mancato recapito per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneità o assenza delle persone sopra menzionate, del compimento delle formalità descritte e del deposito del piego sia data notizia al destinatario medesimo con raccomandata con avviso di ricevimento;

tuttavia, la sentenza della Corte Costituzionale riguarda la diversa modalità di notificazione a mezzo posta curata dall’Ufficiale Giudiziario, alla quale si applica la disciplina di cui alla L. n. 890 della 1982, compreso la norma in oggetto (vedi Cass. Sez. 5, Sentenza n. 17598 del 28/07/2010, che ha confermato la sentenza della Commissione Tributaria regionale che aveva ritenuto valida la notifica dell’invito al contraddittorio endoprocedimentale ai fini dell’accertamento con adesione D.Lgs. n. 218 del 1997, ex art. 5, effettuata con raccomandata, non ritirata presso l’ufficio postale, senza che ad essa fosse seguito l’invio della raccomandata informativa previsto dalla L. n. 890 del 1982, art. 8, così come modificato a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 346 del 1998);

il differente iter notificatorio si spiega con la diversità delle fattispecie poste a confronto, comportando la notifica diretta a mezzo del servizio postale un procedimento più agile e semplificato, a tutela delle ragioni del fisco di preminente interesse pubblico;

come evidenziato di recente dalla Corte Costituzionale (Corte Cost. 23 luglio 2018, n. 175, che ha ritenuto legittimo il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, nonostante la mancata previsione della comunicazione di avvenuta notifica -CAN- e l’inapplicabilità della L. n. 890 del 1982, art. 7, come modificato con la L. n. 31 del 2008), il ragionevole bilanciamento degli interessi pubblici e privati è comunque garantito dal fatto che colui, che assuma in concreto la mancanza di conoscenza effettiva dell’atto per causa a lui non imputabile, può chiedere la rimessione in termini, ex art. 153 c.p.c., ove comprovi, anche sulla base di idonei elementi presuntivi, la sussistenza di detta situazione (nel caso di specie neanche dedotta dalla ricorrente);

in conclusione, deve affermarsi il seguente principio: “nella notifica degli atti tributari, effettuata L. n. 890 del 1982, ex art. 14, in caso di mancato recapito della raccomandata all’indirizzo del destinatario, la notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data del rilascio dell’avviso di giacenza e di deposito presso l’Ufficio Postale (o dalla data di spedizione dell’avviso di giacenza, nel caso in cui l’agente postale vi abbia provveduto, sebbene non tenuto a tanto – cfr. Cass. sent. n.,2047/2016), in quanto, per il procedimento notificatorio suddetto, si applicano le norme del regolamento del servizio di recapito postale, che non prevedono la spedizione di una raccomandata contenente l’avviso di giacenza”;

per quanto fin qui detto, il ricorso va complessivamente rigettato;

la ricorrente è condannata al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo;

nulla deve disporsi in ordine alle spese nei confronti del concessionario, che è rimasto intimato.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 19 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2020