REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Tribunale di Napoli
Sezione specializzata in materia di impresa
Il GIUDICE DESIGNATO
dott. ssa Maria Tuccillo
Udite le parti ed esaminati gli atti del
RICORSO EX ART. 671 C.P.C.
presentato da
– FALL. (…), in persona del curatore dott (…), rappresentato e difeso dall’avv.(…) giusta procura a margine del ricorso, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Napoli al Centro Direzionale isola e 73
RICORRENTE
nei confronti di
M.B., P.R e M.R., rappresentati e difesi, giusta procura agli atti, dall’avv.(…), presso il cui studio è elettivamente domiciliati in N. alla via F. n. 135/ B
RESISTENTI
e
-M. M. e M. S.
RESISTENTI NON COSTITUITI
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
La curatela istante con ricorso depositato ai sensi dell’art. 671 c.p.c. deduceva quanto segue:
– Con atto per notar (…) in data (…) fu costituita la C. I. srl, con sede in F., via (…) e Amministratore della società fu nominato (…) e successivamente, dal 2013 sino all’intervenuto fallimento, B.M. prima amministratore e poi liquidatore della società ;.
– in data 13.07.2018 con sentenza pronunciata dal Tribunale di Napoli a seguito del ricorso presentato da Equitalia servizi di riscossione sp.a, veniva dichiarato il fallimento di tale societa’,( la cui denominazione nelle more era mutata in M. I. srl )
– alla data di dichiarazione di fallimento presso il Registro delle Imprese, la società fallita risultava cessata e depositato il bilancio finale di liquidazione;
– Compiute le operazioni di inventario, con l’assistenza del cancelliere in data 18/07/2018, il curatore riscontrava l’assenza di uffici presso la sede sociale e convocava B. M., per la consegna della documentazione sociale e l’interrogatorio di rito.
– a seguito delle indagini svolte dal curatore è emerso che, in base ai bilanci depositati presso il registro imprese, la società fallita conseguiva, negli anni 2015/2016, leggere perdite fiscali se raffrontate al volume di affari della società;
– L’importo del debito fiscale preteso dall’Agenzia delle Entrate ammonta a 350.000,00 Euro circa oltre sanzioni e spese di recupero per un totale di 500.000,00 Euro circa;
– Dall’esame dei dati sopra riportati e dalla documentazione consegnata dal liquidatore e/o acquisita dalla curatela, e’emerso con chiarezza che B. M., proprietario al 95% della società, in considerazione dei dati contabili su esposti ed in previsione del certo fallimento che sarebbe poi intervenuto , abbia deciso di dividere (distrarre) in varie società le attività patrimoniali della M.I. srl;
– il patrimonio della fallita, infatti, che consisteva in macchinari, attrezzature, immobili ed avviamento commerciale é stato di fatto diviso in tre nuove e differenti società possedute per intero dai familiari (i due figli e la moglie) del sig. B.M.
– parte del patrimonio riguardante la proprietà degli immobili é stata ceduta in data 07/03/2016, con atto per notar (…) del (…) alla società immobiliare “M.G. IMM…. SRL”, che risulta di proprietà dei familiari dell’ amministratore/liquidatore della fallita , rispettivamente, moglie e figli di B.M.: R.P., R.M., e M.M.;
– La parte di patrimonio aziendale riguardante l’avviamento commerciale, é stata ceduta alla società “M. s.r.l.”, società di proprietà degli stessi familiari di B. M.;
– La parte di patrimonio aziendale costituito dai macchinari ed attrezzature é stato ceduto alla società E.E.SRL, i cui soci erano sempre gli stessi familiari;
– dall’esame di tali documenti sono pure emersi numerosi giroconti di pagamento dal conto corrente bancario intestato alla società, senza alcuna apparente motivazione ed in particolare: Euro 50.000,00 in data 23/02/2017 sul c/c acceso dalla società presso la B.P.F., in favore del sig. B.M.; Euro 185 .00000 tra il 24/02/2017 ed il 24/03/2018 sul c/c acceso dalla società presso la U., in favore del sig. B.M.; Euro 280.954,00 tra il 02/01/2017 ed il 21/04/2017 sul c/c acceso dalla società presso la U. in favore della M. s.r.l.
Ciò posto, la curatela sotto il profilo del fumus deduceva l’esistenza di un credito risarcitorio, ex art. 146 Lf. che quantificava in Euro complessi 8.500.000,00 oltre interessi e rivalutazione nei confronti dei resistenti.
In particolare, il deficit patrimoniale alla data di dichiarazione di fallimento era pari ad Euro 2.218.925,70 e a tale voce vanno aggiunti secondo il ricorrente :
– II valore del compendio immobiliare ceduto alla M. srl, pari ad Euro 1.000.000,00 almeno;
– il valore dei macchinari ceduti alla “M. s.r.l.” ovvero aha E.E. srl, pari ad Euro 427.437,28 (pari all’importo della voce Impianti e macchinari indicati nel bilancio al 31/12/2016 della cui sorte l’amministratore non ha saputo dare contezza);
– il valore della voce “Altri beni materiali” indicati nel bilancio al 31/12/2016 per Euro 96.138,33 della cui sorte l’amministratore non ha saputo dare contezza;
– il valore della voce “Immobilizzazioni finanziarie” indicati nei bilancio al 31/12/2016 per Euro 437.457,13 della cui sorte l’amministratore non ha saputo dare contezza;
– il valore della voce “Crediti verso clienti” indicati nel bilancio al 31/12/2016 per Euro 455.337.25 della cui sorte l’amministratore non ha saputo dare contezza;
– il valore della voce “Rimanenze di esercizio” indicate nel bilancio al 31/12/2016 per Euro 752.245.25 della cui sorte l’amministratore non ha saputo dare contezza;
– il valore della voce “Credito verso erario” indicato nel bilancio al 31/12/2016 per Euro 2.309.766,28 della cui sorte l’amministratore non ha saputo dare contezza;
– il valore della voce “Disponibilità liquide indicate nel bilancio al 31/12/2016 per Euro 61.522,63 della cui sorte l’amministratore non ha saputo dare contezza;
– il valore dell’avviamento commerciale aziendale, ceduto alla societtà “M. s.r.l.”,
– La somma di Euro 235.000,00 pari agli indebiti e non giustificati prelievi effettuati dai conti societari in suo favore dal sig. B.M.;
– La somma di Euro 240.000,00 pari agli indebiti e non giustificati prelievi effettuati dai conti societari in favore della M. s.r.l.”, dal sig. B. M.
Quanto al periculum in mora la curatela deduceva che a parte le partecipazioni societarie la possidenza immobiliare dei convenuti é davvero minima, evidenziando altresì sotto il profilo soggettivo la propensione di B. M. (e dei suoi familiari) a sottrarre i beni aziendali e quelli propri ai creditori.
Tanto premesso, domandava l’accoglimento della domanda cautelare.
Il Tribunale non concedeva la misura richiesta inaudita altera parte e , a seguito della notifica del decreto di fissazione dell’udienza di comparizione delle partì e del ricorso, si costituivano i resistenti M.B., P.R. e M.R., i quali in via preliminare eccepivano l ‘improcedibilità del ricorso stante la non integrità del contraddittorio discendente dalla nullità della notifica del ricorso nei confronti dei resistenti M. M. e M.S., perché effettuate in un luogo diverso dalla residenza degli stessi, come risulta dai certificati di residenza depositati in giudizio.
Nel merito i resistenti contestavano la domanda, deducendo che:
– il patrimonio immobiliare della società fallità del valore di 700.000,00 era stato acquistato da M.G.Immm. mediante accollo di un mutuo il cui saldo residuo alla data di acquisto era di Euro 603,000 e per la restante parte di Euro 97.0000, da pagarsi mediante 54 rate mensili di Euro 1609.000, compensata mediante fatture emesse per canoni di affitto per circa un anno o poco più;
-Quanto al patrimonio aziendale ceduto alla E.E. srl risultano una serie di bonifici fatti a favore della società fallita;
– in merito ai giroconti di pagamento in favore di MBR trattasi di pagamenti di fatture per fornitura di merci.
Infine, i resistenti contestavano il quantum debeatur con riferimento al valore dei macchinari indicato nel ricorso che risulta di gran lunga superiore rispetto a quello indicato in bilancio ; al valore della della voce delle immobilizzazioni finanziarie indicato di Euro 437.457,13 che è superiore rispetto a quella indicato in bilancio di Euro 354.583,00; al valore dei crediti v/ clienti v/ erario di Euro 2.309.766,28 che è superiore alla voce totale dei crediti indicati in bilancio di Euro 948 038,00; al valore delle rimanenze di esercizio nel ricorso che è indicato in Euro 752.245,25 mentre nel bilancio è di Euro 16.000,00; al valore delle disponibilità liquide indicate nel ricorso che è di Euro 61522,63 mentre in bilancio e’ di Euro 15.543,00.
Tanto premesso, i resistenti costituiti domandavano in via preliminare dichiararsi improcedibile il ricorso per difetto di contraddittorio nei confronti di M.S. e M.M., ritenuta la presenza degli stessi necessaria al fine di accertare le eventuali responsabilità e in subordinre rigettarsi la domanda per assenza del periculum in mora.
All’ udienza del 30.0.2020, su istanza delle parti la causa era rinviata all’udienza dell’11.2.2020 in cui il Tribunale si riservava per la decisione.
Ciò posto, in merito all’eccezione di improcedibilità del ricorso formulata dai resistenti costituitosi in giudizio, va precisato quanto segue.
In primis, nella fattispecie in esame non si versa in un’ipotesi di litisconsorzio necessario, atteso che l’obbligazione in merito alla quale sono chiamati a rispondere i resistenti è un ‘obbligazione solidale (ex art. 1292 c.c.) . La solidarietà dal lato passivo non comporta, invero, sul piano processuale, l’inscindibilità delle cause e non da’ luogo a litisconsorzio necessario, in quanto il creditore ha titolo per rivalersi per l’intero nei confronti di ogni debitore, salvo il diritto di regresso di colui che ha adempiuto nei confronti degli altri. Nel caso di obbligazioni solidali, dunque, è sempre possibile la scissione del rapporto processuale e pertanto non è necessaria l’integrazione del contraddittorio, laddove il giudizio sia promosso nei confronti di uno dei coobbligati, essendo ciascuno di essi tenuto ad adempiere per intero ( v. ex multis Cass n. 17221/2014; Cass. n. 13607/2011)).
Inoltre, la notifica del ricorso e del pedissequo decreto di fissazione dell’udienza di comparizione effettuata nei confronti dei resistenti M.S. e M. M. è da ritenersi nulla, atteso che, seppur effettuata nelle mani di soggetti legittimati a riceverla ( rispettivamente madre e suocera convivente ), come risulta dalla relata di notifica, è da ritenersi invalida, perché eseguita in un luogo diverso da quello in cui i destinatari risiedono, come si evince dai validi certificati di residenza prodotti in giudizio dai resistenti ( v. copia certificato di residenza di M.S., all.to 4 del fascicolo di parte resistente ; copia certificato di residenza di M.M. all.to 11 del fascicolo di parte resistente ).
Ed invero, ” la notificazione mediante consegna a una delle persone enumerate nell’art. 139 c.p.c. deve essere necessariamente eseguita nei luoghi nella norma stessa indicati, giacché la certezza che la persona legata da rapporti di famiglia o di collaborazione con il destinatario provveda a trasmettergli l’atto ricevuto può ritenersi pienamente raggiunta soltanto se la consegna avvenga in un luogo comune al consegnatario e al destinatario e nel quale, quindi, si presuma che costoro abbiano degli incontri quotidiani. Ne consegue, quindi, la nullità della notificazione per mancanza di detta certezza, qualora dalla relazione dell’ufficiale giudiziario espressamente risulti che l’atto sia stato consegnato a una delle dette persone, ma in un luogo diverso da quelli previsti dalla norma; al contrario, la mancata precisazione nella relata del luogo della consegna stessa non determina la nullità della notificazione, dovendo presumersi, in assenza di annotazioni contenute nella relata, che la notificazione sia stata eseguita in uno dei luoghi prescritti, sicché la omessa annotazione si risolve in una mera irregolarità formale non influente sulla validità della notifica, né sulla efficacia (di atto pubblico) della relata con riguardo al luogo di consegna”( v. Cass. civ. Sez. II Ord., 08/10/2018, n. 24681 ).
Ciò posto, trattandosi nel caso in esame di un procedimento cautelare, la nullità della notifica , non sanata dalla costituzione dei resistenti, e lo spirare del termine perentorio per la notifica del ricorso e decreto di fissazione dell’udienza di comparizione delle parti, ex art. 669 sexies c.p.c., importa l’improcedibilità della domanda ma solo nei confronti di M.M. e S.M., stante la scindibilità delle domande.
Passando all’esame del merito della domanda cautelare, va precisato quanto segue.
Il sequestro conservativo è una misura cautelare di carattere patrimoniale finalizzata a tutelare la fruttuosità dell’eventuale espropriazione forzata, laddove vi sia il pericolo di dispersione da parte del debitore dei beni costituenti la garanzia del credito, ai sensi dell’art. 2740 c.c.
La concessione di tale misura è subordinata alla sussistenza, accertata sulla base di un’indagine meramente sommaria, del fumus boni iuris, vale a dire di una situazione che consenta di ritenere probabile la fondatezza della pretesa creditoria , e del periculum in mora, cioè del fondato timore di perdita della garanzia del credito vantato.
Quanto al primo dei suddetti requisiti, il credito in relazione al quale viene domandato il sequestro, anche se non liquido o esigibile deve ad ogni modo essere attuale, ossia non meramente ipotetico od eventuale.
Il requisito del periculum, inoltre, in sede di sequestro conservativo assume un significato ben diverso rispetto a quello richiesto per la concessione del provvedimento contemplato dall’art. 700 c.p.c., perché diversa è la funzione che la misura cautelare è chiamata ad assolvere.
In questa ipotesi, stante la natura del rimedio, il periculum è da intendersi come pericolo imminente che nelle more del giudizio di merito il diritto fatto valere possa subire un pregiudizio irreparabile.
Diversamente è da ritenersi nel sequestro conservativo.
Tale misura , invero , è prevista a tutela dei creditori, unici soggetti legittimati a richiederla, e mira a conservare la garanzia del credito costituita, ex art. 2740 c.c. dal patrimonio del debitore.
In tal caso, infatti, non è sufficiente, sotto il profilo del periculum, la sussistenza del pericolo di un “pregiudizio irreparibile” al diritto fatto valere , ma è necessario specificamente che il pericolo si sostanzi nel rischio di perdita e/o diminuzione del patrimonio del debitore costituente la garanzia del credito.
Tale requisito , va accertato, dunque, mediante un giudizio prognostico negativo in ordine alla conservazione della garanzia patrimoniale , da effettuarsi secondo una valutazione in concreto, che può fondarsi su elementi soggettivi e/o su elementi oggettivi che possono essere presi in considerazione anche alternativamente ( v. Cass. civ. sent. n. 5579/2005; conf .Cass, civ . sent. n. 2081/2002 e Cass. civ. sent. n 6048/1998 ).
Ed invero , il rischio di perdita e/o diminuzione della garanzia patrimoniale può fondarsi sull’accertamento di condotte processuali e/o extraprocessuali poste in essere dal debitore che rendano verosimile e concreto il rischio di depauperamento del patrimonio.
Ciò significa , che non rilevano , ai fini dell’accertamento del periculum , tutte le condotte detrattive o comunque espressione di una capacità a dissipare poste in essere dal debitore, ma sole quelle che, avuto riguardo al momento in cui sono state poste in essere rispetto al sorgere del credito e alla loro incidenza sul patrimonio della società e/o del debitore , facciano ritenere verosimile e soprattutto attuale il rischio che il sequestro mira ad evitare e cioè che il debitore possa liberarsi del suo patrimonio impedendo ai creditori di soddisfarsi.
Quanto al profilo oggettivo del periculum, questo non va individuato nella mera l’insufficienza del patrimonio del debitore rispetto al credito , ma nell’insufficienza del patrimonio del debitore che sia tale da fondare il rischio concreto di sottrazione o diminuzione della garanzia del credito.
L’incapacità patrimoniale del debitore, invero, , seppur rappresenta la misura per valutare la garanzia del credito ex art. 2740 c.c., acquista rilevanza in sede di sequestro solo allorquando faccia ritenere concreto e verosimile il pericolo di una perdita e diminuzione del patrimonio del debitore in pregiudizio dei creditori.
Diversamente opinando , si addiverrebbe alla errata conclusione secondo cui il debitore dotato di un’insufficiente capacità patrimoniale abbia una maggiore propensione alla dissipazione di quanto non ne abbia il debitore possidente ( v. Trib. Napoli ord. 20.11.2002).
Il periculum, sotto il profilo oggettivo va, dunque, valutato in un accezione “dinamica” e strettamente collegata alla perdita e/o diminuzione della garanzia patrimoniale, del cui rischio in concreto deve essere espressione.
Tanto premesso, nel procedimento de quo , alla luce della documentazione agli atti e sulla base di una cognizione sommaria, che è d’uopo in questa fase , non vi sono allo stato elementi per ritenere sussistente il fumus della pretesa cautelare nei confronti dei resistenti R.P. e R.M., per aver concorso in qualità di amministratori di fatto della società fallita nelle condotte di mala gestio su cui si fonda il credito risarcitorio.
Ed infatti, per poter qualificare un soggetto quale amministratore di fatto di una società, è necessario che le attività gestorie svolte concretamente dal predetto presentino carattere sistematico e non si esauriscano soltanto nel compimento di singoli atti di natura eterogenea ed occasionale (v. Cass. sent. n. 6719/2008; Cass. sent. n. 9795/1999; v Cass. n. 1925/1999,).
Nella fattispecie in esame, l’esistenza di un rapporto di parentela tra l’amministratore poi liquidatore della società fallita, B.M. e R.P. e R.M. (rispettivamente moglie e figlia di B.M.) e altresì la loro partecipazione ( in qualità di soci e talvolta amministratori) nelle società in cui è stato “dirottato” il patrimonio della fallita ed infine l’assenza di B.M. dalla società per alcuni mesi per ragioni di salute, non è sufficiente a dimostrare, in mancanza di altri elementi, come diversamente dedotto dalla difesa di parte ricorrente, un coinvolgimento degli stessi in via di fatto nell’amministrazione della società fallità e dunque nell’attività di mala gestio da cui sarebbe derivato un danno alla società e ai creditori sociali.
Unici soggetti, sulla base delle allegazioni di parte ricorrente, che potrebbero in astratto essere chiamati a rispondere per i danni derivanti dall’attività distrattiva compiuta sono le società e non di certo i soci e/o i soggetti in proprio che hanno ricoperto la carica di amministratore all’epoca delle cessioni.
A diverse conclusioni, è dato addivenire con riferimento alla posizione di M.B.
Ed invero, posto che questi dal 2013 ha ricoperto la carica di amministratore e successivamente quella di liquidatore della società fallita, deve ritenersi sussistente il fumus della cautela richiesta, tenuto conto delle contestazioni formulate dalla difesa di M.B., che attengono solo al quantum debeatur relativamente ad alcune voci del danno contestato.
In particolare, in merito alla cessione del compendio immobiliare alla M. srl ( all’epoca amministrata da M.R. figlia del resistente M.B.) avvenuta in data 7.03.2016 ( v. copia atto di cessione all.to1 del fascciolo di parte resistente ), alcuna prova è stata fornita dall’amministratore B.M. circa l’estinzione del debito relativo al residuo del prezzo da pagare, pari ad Euro 96.543,33 , attraverso la compensazione con ” fatture emesse per canoni di affitto degli immobili e delle aree pertinenziali da parte della fallita per circa un anno e mezzo o poco piu’” , atteso che non risulta provato il rapporto di locazione invocato ne’ prodotte le fatture compravanti l’avvenuto pagamento dei canoni.
Lo stesso dicasi per i macchinari ceduti alla M. SRL ovvero ALLA E.E. SRL pari ad Euro 424437,28 , per gli “altri beni materiali” per il valore di Euro 96.138,33; per le ” immobilizzazioni finanziarie” per Euro 437,457,13; per i “Crediti verso clienti” per Euro 455.337,25 ; per le “Rimanenze di esercizio” per Euro 752.245,25; per le “Disponibilità liquide” per Euro 61.522,63 , tutti importi indicati nel bilancio al 31.12.2016, della cui sorte l’amministratore non ha saputo dare contezza nè ha specificamente contestato se non solo in parte ed esclusivamente sotto il profilo del quantum debeatur.
Agli importi inanzi indicati quali voci di danno fondante il creditorio deve aggiungersi, altresì, la somma di Euro 235.000,00 costituente prelievo che, allo stato non sembra trovare alcuna giustificazione, effettuato dai conti societari da B.M. in suo favore.
Infine, non sembra potersi riconoscere il danno lamentato per limporto di Euro 240.000,00 corrispondente a prelievi effettuati dai conti societari in favore della M.. s.r.l.”, stante le fatture depositate dal resistente , non contestate dalla curatela, che sembrano comprovare il pagamento di forniture effettuate da M. srl. in favore della società fallita.
La domanda proposta nei confronti di B.M., infine, è da ritenersi provata anche sotto il profilo del periculum in mora.
Ed invero, la ridotta capacità patrimoniale del resistente, le condotte distrattive poste in essere dallo stesso durante l’amministrazione della società , sintomatiche di una propensione alla dissipazione del proprio patrimonio per sottrarlo ai creditori , come dimostrato anche dall’atto di donazione compiuto sempre in favore della moglie e dei figli ( rispettivamente P.R., M.M. e , M.R.) in data 18.marzo 2016 ( v.doc. alito n. 22 del fascicolo di parte ricorrente ) portano a ritenere sussitente il rischio di perdita e/o diminuzione della garanzia patrimoniale ex art. 2740 c.c.nelle more del giudizio di merito.
Per tutte le considerazioni innanzi formulate, il Tribunale , dunque, tenuto conto delle contestazioni formulate dal resistente in merito al quantum debeatur della pretesa risarcitoria, accoglie la domanda cautelare proposta nei confronti di B.M. e per l’effetto autorizza il sequestro conservativo nella misura di Euro 6.000.000,00.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo tenuto conto del valore del giudizi e dell’attività espletata nei rapporti tra il il ricorrente e i resistenti costituitisi in giudizio.
Nulla va invece liquidato per le spese nei rapporti tra il ricorrente e i resistenti M.M. e S.M., stante la mancata costituzione degli stessi.
P.Q.M.
Il Tribunale sul ricorso depositato nell’interesse di Fall. M.I.srl in liquidazione volto ad ottenere l’autorizzazione il sequestro conservativo in danno di B.M. , R.P.M.M., R.M., S. M. così decide:
– dichiara improcedibile il ricorso nei confronti di M.S. e M. M.;
– rigetta il ricorso nei confronti di P.R. e R.M.;
– accoglie la domanda nei confronti di B.M. e per l’effetto autorizza il sequestro conservativo su tutti i crediti, beni mobili e immobili del resistente fino a concorrenza di Euro 6.000.000,00;
– condanna il resistente B.M. al pagamento direttamente a favore dello Stato ai sensi dell’articolo 133 del D.P.R. n. 115 del 2002, delle spese del presente giudizio, che si liquidano (già ridotte della metà ai sensi dell’articolo 130 del D.P.R. n. 115 del 2002) in Euro 5.350,00 per compensi, oltre 15% spese forfettarie ed accessori di legge, oltre l’importo delle spese prenotate a debito.
– condanna il fallimento al pagamento delle spese di lite nei confronti di R.P. e R.M. che liquida in Euro10.700,00 per compensi oltre iva e cpa se dovuti e rimborso spese ex art. 2 D.M. n. 55 del 2014; ;
– nulla si liquida per le spese per i resistenti M.M. e S.M.
Così deciso in Napoli, il 1 aprile 2020.
Depositata in Cancelleria il 1 aprile 2020.