Cass. civ., Sez. V, Ord., (data ud. 22/02/2024) 06/03/2024, n. 5987

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente

Dott. DE ROSA Maria Luisa – Consigliere

Dott. MACAGNO Gian Paolo – Consigliere

Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere Rel.

Dott. FRACANZANI Marcello M. – Consigliere

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, ex lege, dall’Avvocatura Generale dello Stato, e domiciliata presso i suoi uffici, alla via dei Portoghesi n. 12 in Roma;

– ricorrente –

contro

L’Arte Povera del Principe Srl;

– intimata –

avverso

la sentenza n. 127, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia il 20.9.2016, e pubblicata il 18.1.2017;

ascoltata la relazione svolta dal Consigliere Paolo Di Marzio;

la Corte osserva:

Svolgimento del processo
1. Alla Srl L’Arte Povera del Principe, di cui era legale rappresentante A.A., veniva notificata la cartella esattoriale n. (Omissis), riportante le pretese tributarie avanzate mediante quattro avvisi di accertamento ed avente ad oggetto i tributi Irpef ed Iva in relazione all’anno 2004, per un valore complessivo dichiarato pari ad Euro 236.518,70.

2. La contribuente impugnava l’atto esattivo innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Agrigento contestando, innanzitutto, la radicale invalidità della cartella di pagamento opposta, perché non preceduta dalla necessaria notificazione degli atti prodromici, gli avvisi di accertamento. La CTP riteneva che la procedura di notificazione degli atti presupposti seguita dall’Agenzia risultasse incompleta, e pertanto accoglieva l’impugnazione della contribuente ed annullava l’atto di riscossione.

3. L’Agenzia delle Entrate spiegava appello avverso la pronuncia sfavorevole conseguita nel primo grado del giudizio, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, sostenendo la regolarità della notificazione degli atti prodromici. La CTR confermava la decisione adottata dalla CTP.

4. L’Amministrazione finanziaria ha proposto ricorso per cassazione, avverso la pronuncia ancora sfavorevole conseguita dal giudice del gravame, affidandosi ad un unico, articolato, strumento di impugnazione. La società riceveva la notifica del riscorso presso il difensore il 18/19.7.2017, ma non ha svolto difese nel giudizio di legittimità.

Motivi della decisione
1. Con il suo primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l’Amministrazione finanziaria contesta la violazione dell’art. 60, comma 1, lett. e), del Dpr n. 600 del 1973, e degli artt. 137 e 140 cod. proc. civ., per avere il giudice dell’appello erroneamente ritenuto che la produzione documentale offerta non assicurasse prova della piena regolarità della notificazione dei prodromici avvisi di accertamento alla contribuente.

2. In sostanza afferma l’Agenzia delle Entrate che il giudice del gravame è incorso in errore ritenendo che, in sede di notificazione degli avvisi di accertamento, si sia verificato un fenomeno di irreperibilità relativa della contribuente, per cui avrebbero dovuto applicarsi le regole di cui all’art. 140 cod. proc. civ., tra l’altro provvedendosi all’invio di raccomandata informativa, mentre in realtà ricorreva un’ipotesi di c.d. “irreperibilità assoluta”, con la conseguenza che la notificazione è stata correttamente eseguita ai sensi dell’art. 60, primo comma, lett. e), del Dpr n. 602 del 1973, liddove si prevede una procedura semplificata che, ad esempio, non richiede l’invio della raccomandata informativa.

2.1. L’AdE evidenzia che, in relazione a tutti e quattro gli avvisi di accertamento, la notificazione è stata effettuata sia nei confronti della società, a S (Ag), sia nei confronti del legale rappresentante A.A., che risultava residente ad A (Na).

In tutti i casi la notifica postale non ha raggiunto i destinatari, società e legale rappresentante, e l’Amministrazione finanziaria ha ritentato la notificazione, avvalendosi dei messi comunali. Neanche queste procedure hanno permesso di consegnare gli atti impositivi ai destinatari. In conseguenza, ritenuta accertata l’irreperibilità assoluta della società, la notificazione degli avvisi di accertamento, nella prospettazione della ricorrente, si è perfezionata con deposito presso la Casa comunale ai sensi dell’art. 60, primo comma, lett. e), del Dpr n. 600 del 1973, che non prevede gli adempimenti ulteriori (affissione alla porta, invio di raccomandata informativa, etc.), propri di altre discipline di notificazione.

2.2. La CTR osserva che “correttamente i giudici di prime cure hanno ravvisato la nullità delle notifiche degli atti prodromici effettuate senza il rispetto dell’art. 140 c.p.c.” perché la notificazione, seguendosi la Suprema Corte, “nel sistema delineato dall’art. 60 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, va effettuata secondo il rito previsto dall’art. 140 cod. proc. civ. quando siano conosciuti la residenza e l’indirizzo del destinatario, ma non si sia potuto eseguire la consegna perché questi (o ogni altro possibile consegnatario) non è stato rinvenuto in detto indirizzo, per essere ivi temporaneamente irreperibile, mentre va effettuata secondo la disciplina di cui all’art. 60 cit., comma 1, lett. e), quando il messo notificatore non reperisca il contribuente perché risulta trasferito in luogo sconosciuto, accertamento, questo, cui il messo deve pervenire dopo aver effettuato ricerche nel Comune dov’è situato il domicilio fiscale del contribuente, per verificare che il suddetto trasferimento non si sia risolto in un mero mutamento di indirizzo nell’ambito dello stesso Comune… nel caso che ci occupa, … non è stata seguita la procedura prevista per la notificazione degli atti prodromici, in quanto l’ufficio ha proceduto alla immediata affissione all’albo comunale, senza completare le formalità di notificazione, cosicché gli atti successivi devono intendersi travolti” (sent. CTR, p. 2 s.).

La valutazione del giudice dell’appello è quindi chiaramente intellegibile. La procedura di notificazione semplificata di cui all’art. 60, primo comma, lett. e), del Dpr n. 600 del 1973 può essere seguita in caso di irreperibilità assoluta del destinatario, che sia accertato essersi trasferito in località sconosciuta, a seguito di ricerche del messo notificatore nel Comune di residenza. Nel caso di specie l’Agenzia delle Entrate ha dimostrato solo di avere tentato la notifica e di non aver rinvenuto il destinatario, quindi la validità della notificazione richiedeva l’adempimento delle formalità di cui all’art. 140 cod. proc. civ., cui però l’Amministrazione finanziaria non ha provveduto.

2.3. Nel suo ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate insiste nel sottolineare di aver spedito, al fine di notificare gli avvisi di accertamento, ben otto raccomandate, quattro alla società in Sicilia e quattro alla legale rappresentante in Campania, che tutte hanno avuto quale esito la mancata consegna per irreperibilità dei destinatari. Successivamente ha inviato tramite messi notificatori comunali altre otto raccomandate, quattro alla società in Sicilia e quattro alla legale rappresentante in Campania, che tutte hanno avuto quale esito la mancata consegna per irreperibilità dei destinatari. Inoltre specifica l’Ente impositore che “la relata compilata dal messo di A … per ogni atto dichiarava di aver proceduto a tale modalità di notifica (di cui all’art. 60, primo comma, lett. e), Dpr n. 600 del 1973) “poiché nello stesso Comune non vi è abitazione, ufficio o azienda del contribuente”. In conseguenza ritiene l’Amministrazione finanziaria che sia stata accertata l’irreperibilità assoluta dei destinatari, e che la notificazione ai sensi dell’art. 60, primo comma, lett. e), Dpr n. 600 del 1973 sia risultata regolare.

2.4. Questa Corte regolatrice ha avuto occasione di occuparsi ripetutamente della questione dibattuta in questo giudizio, quando ricorra un’ipotesi di irreperibilità assoluta del contribuente che consenta di accedere alla indicata procedura di notificazione semplificata nei suoi confronti, e si è condivisibilmente chiarito che “in tema di notificazione degli atti impositivi, prima di effettuare la notifica secondo le modalità previste dall’art. 60, comma 1, lett. e), del d.P.R. n. 600 del 1973 in luogo di quella ex art. 140 c.p.c., il messo notificatore o l’ufficiale giudiziario devono svolgere ricerche volte a verificare l’irreperibilità assoluta del contribuente, ossia che quest’ultimo non abbia più né l’abitazione né l’ufficio o l’azienda nel Comune già sede del proprio domicilio fiscale. (Nella specie, la S.C., in applicazione del principio, ha cassato la decisione impugnata ritenendo insufficienti, per l’effettuazione della notifica ex art. 60, comma 1, lett. e), del d.P.R. n. 600 del 1973, le generiche informazioni fornite dal custode dello stabile)”, Cass. sez. VI-V, 7.2.2018, n. 2877; non mancandosi di specificare che “la notificazione di cui all’art. 60 comma primo, lett. e) del d.P.R. n. 600 del 1973 (applicabile anche in tema di I.N.V.I.M., in virtù del combinato disposto di cui agli artt. 20, comma terzo del d.P.R. n. 643 del 1972, e 49, comma terzo del d.P.R. n. 634 del 1972) è ritualmente eseguita solo nella ipotesi in cui, nonostante le ricerche che il messo notificatore deve svolgere nell’ambito del Comune di domicilio fiscale, in esso non si rinvengano l’effettiva abitazione o l’ufficio o l’azienda del contribuente. La notificazione, in questi casi è ritualmente effettuata mediante deposito dell’atto nella casa comunale ed affissione dell’avviso di deposito nell’albo del Comune senza necessità di comunicazione all’interessato a mezzo di raccomandata con ricevuta di ritorno, né di ulteriori ricerche al di fuori del detto Comune”, Cass. sez. I, 13.12.1996, n. 11152.

2.4.1. Inoltre, questa Corte di legittimità ha più di recente ribadito che “in tema di notifica degli atti impositivi, la cd. irreperibilità assoluta del destinatario che ne consente il compimento ai sensi dell’art. 60, lett. e), del d.P.R. n. 600 del 1973, presuppone che nel Comune, già sede del domicilio fiscale dello stesso, il contribuente non abbia più abitazione, ufficio o azienda e, quindi, manchino dati ed elementi, oggettivamente idonei, per notificare altrimenti l’atto: peraltro, il tipo di ricerche a tal fine demandato al notificatore non è indicato da alcuna norma, neppure quanto alle espressioni con le quali debba esserne documentato l’esito nella relata, purché dalla stessa se ne evinca con chiarezza l’effettivo compimento”, Cass. sez. V, 27.7.2018, n. 19958 (evidenza aggiunta) e, già da tempo, è stato specificato: “poiché ai sensi dell’art. 60 primo comma lett. e) d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 l’affissione nell’albo municipale dell’avviso del deposito nella casa comunale di un avviso di accertamento I.R.P.E.F. è modalità sostitutiva idonea dell’affissione alla porta dell’abitazione, ufficio o azienda (art. 140 cod. proc. civ.) del destinatario soltanto se non è possibile reperire effettivamente tali luoghi nel comune ove il contribuente ha il domicilio fiscale, malgrado le ricerche del messo notificatore, se queste – secondo giudizio di fatto insindacabile in sede di legittimità – sono state insufficienti… la notifica dell’avviso di accertamento, senza il rispetto degli adempimenti prescritti dall’art. 140 cod. proc. civ., non è valida”, Cass. sez. I, 9.6.1997, n. 5100.

2.5. L’Amministrazione finanziaria non si confronta con la decisione adottata dalla CTR, che ha ritenuto indimostrata l’irreperibilità assoluta della società, e pertanto illegittima la notificazione degli avvisi di accertamento eseguita ai sensi dell’art. 60, primo comma, lett. e) del Dpr n. 600 del 1973. L’Ente impositore, proponendo critiche generiche, insiste nel ribadire di avere indirizzato un gran numero di raccomandate alla società ed al suo legale rappresentante, e rappresenta che le stesse non sono state ricevute, ma non trascrive quale esito del recapito abbia annotato il notificatore, su ciascuna raccomandata (temporaneamente assente, irreperibile, sconosciuto, trasferito, altro?), contravvenendo all’obbligo di proposizione di censure specifiche nel giudizio di legittimità. Allega che nei confronti del legale rappresentante sarebbero state svolte dal messo notificatore le ricerche ai fini della reperibilità nel Comune, ma neppure illustra quali ricerche siano state effettuate, mentre neanche prospetta che simili ricerche siano state effettuate con riferimento alla società.

2.6. In definitiva la valutazione espressa dalla CTR, secondo cui l’Amministrazione finanziaria non ha provato la ricorrenza dell’irreperibilità assoluta della contribuente, e non era pertanto legittimata ad avvalersi della procedura semplificata di cui all’art. 60, primo coma, lett. e), del Dpr n. 600 del 1973, appare corretta e condivisibile.

In assenza di valida notificazione degli atti presupposti, risulta invalida pure la cartella di pagamento impugnata dalla contribuente, ed il ricorso introdotto dall’Agenzia delle Entrate deve perciò essere respinto.

3. Non vi è luogo a pronunciare in materia di spese di lite, non avendo la società svolto difese nel giudizio di legittimità.

3.1. Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere Amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (c.d. doppio contributo).

La Corte di Cassazione,

P.Q.M.
rigetta il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate.

Conclusione
Così deciso in Roma il 22 febbraio 2024.

Depositata in Cancelleria il 6 marzo 2024.


8 marzo Giornata internazionale della donna

 

La Giornata internazionale della donna (o Giornata internazionale dei diritti delle donne) è una ricorrenza internazionale che si celebra l’8 marzo di ogni anno e sottolinea l’importanza della lotta per i diritti delle donne, in particolare per la loro emancipazione, ricordando le conquiste sociali, economiche e politiche e portando l’attenzione su questioni come l’uguaglianza di genere, i diritti riproduttivi, le discriminazioni e le violenze contro le donne.

Viene associata alla Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, istituita il 17 dicembre 1999 e che cade ogni anno il 25 novembre. Viene celebrata negli Stati Uniti a partire dal 1909, in alcuni paesi europei dal 1911 e in Italia dal 1922.

Spesso, nell’accezione comune, nella stampa e in campo pubblicitario viene erroneamente definita come Festa della donna, anche se è più corretto definirla Giornata internazionale della donna, poiché la motivazione alla base della ricorrenza non è una festività, ma la riflessione.


NOTIFICA DELL’ATTO DI PRECETTO (Competenza del Messo Comunale?)

Cos’è l’atto di precetto

Il precetto è l’atto con il quale il creditore intima al proprio debitore di adempiere in suo favore l’obbligo contenuto nel titolo esecutivo, dandogli avviso che in caso di mancato adempimento, procederà ad esecuzione forzata nei suoi confronti.

Prima di ricevere un precetto, il debitore si è visto recapitare altre intimazioni di pagamento, contenute in atti stragiudiziali (come la raccomandata o la pec di messa in mora) e giudiziali, (come l’ordine di pagamento contenuto nel decreto ingiuntivo, nella sentenza di condanna etc..); talora ha provveduto dopo i primi avvisi, a pagamenti parziali del credito. Ma l’atto di precetto è l’ultima “chiamata”. Essa contiene l’attualizzazione del credito, ovvero precisa la somma esattamente dovuta, al netto di eventuali parziali pagamenti nel frattempo intervenuti, e comprensiva degli interessi sul credito nel frattempo maturati, e delle spese che il creditore ha sostenuto dopo l’emissione del titolo esecutivo. Il precetto specifica anche chi sono le parti attualmente interessate all’obbligo, creditore e debitore, che dopo l’emissione del titolo esecutivo, potrebbero essere mutate ad esempio in ragione di una successione nel diritto di credito.

La giurisprudenza è pressoché unanime nel qualificare il precetto come atto stragiudiziale, preliminare all’esecuzione, in quanto destinato esclusivamente al debitore e non ad un giudice e finalizzato a richiedere l’adempimento alla totalità dell’obbligo, prima che il creditore proceda all’esecuzione forzata. Parte prevalente della dottrina propende invece per la natura giudiziale del precetto, assimilandone la funzione a quella dell’atto di citazione, cioè di un atto introduttivo di un processo. Infatti, anche il precetto, come la citazione, individua esattamente l’azione che il creditore intende esercitare e l’oggetto della stessa, e la sua notifica produce l’effetto di dare inizio al processo esecutivo. A sostegno di questo secondo orientamento, propende anche la lettura dell’art. 2943 c.c., (che individua gli atti che producono l’interruzione della prescrizione del diritto), il quale fa espresso riferimento ad “ogni atto introduttivo di un giudizio”, compreso quello “esecutivo”: l’atto introduttivo del giudizio esecutivo, ad avviso della dottrina non può che essere individuato nell’atto di precetto.

Ill differente inquadramento non è solo una disquisizione teorica, ma ha delle conseguenze importanti di carattere pratico. Una prima differenza, per esempio, emerge a riguardo della necessità che l’atto di precetto sia redatto o meno da un avvocato. Secondo l’orientamento dottrinale che lo qualifica come atto processuale, è indispensabile l’assistenza tecnica del difensore, munito di procura. La giurisprudenza invece, qualificandolo come atto stragiudiziale, ritiene che il precetto possa essere validamente formato e notificato anche dal creditore interessato o da un suo rappresentante sostanziale. L’avvocato che ha ricevuto la procura per la presentazione del precetto agisce in virtù di rappresentanza sostanziale e non processuale, e comunque, la mancanza di procura nell’atto di precetto, non determina la nullità dello stesso, essendo sufficiente per la sua validità la sottoscrizione del creditore (Cass. 8213/2012)

Contenuto dell’atto di precetto

L’art. 480 c.p.c. definisce il precetto come “l’intimazione di adempiere l’obbligo risultante dal titolo esecutivo, entro un termine non minore di dieci giorni, salva l’autorizzazione di cui all’art. 482, con l’avvertimento che, in mancanza si procederà ad esecuzione forzata”.

Pertanto, l’atto di precetto dovrà contenere necessariamente l’intimazione, l’indicazione del titolo esecutivo da cui scaturisce l’obbligo del debitore, la previsione di un termine entro il quale adempiere all’obbligo, e l’avvertimento della imminente esecuzione forzata in caso di mancato adempimento entro il termine.

L’obbligo da adempiere deve essere chiaramente indicato, proprio per consentire al debitore l’adempimento esatto. Generalmente l’adempimento consiste in un obbligo di fare (ad esempio, l’obbligo di demolire una costruzione illegittima), o in un obbligo di rilascio di un bene (si pensi all’immobile in locazione), o nella consegna di un bene, oppure nell’obbligo di pagare una determinata somma.

La somma dovuta deve essere esattamente indicata, comprendendo gli interessi, le spese successive, gli acconti eventualmente già corrisposti da scorporare dal totale dovuto, la rivalutazione monetaria. Se però il creditore indica una somma più alta di quella dovuta, il precetto non è nullo, ma il debitore potrà proporre atto di opposizione all’esecuzione (ai sensi dell’art. 615 c.p.c.) per far valere l’errore e determinare l’esatta somma dovuta. Se invece mancasse del tutto l’indicazione della somma, allora il precetto sarebbe affetto da un difetto di regolarità formale, ed il vizio andrebbe fatto valere con l’opposizione agli atti esecutivi (ai sensi dell’art. 617 c.p.c.).

L’avviso dell’imminente esecuzione forzata non deve necessariamente indicare che tipo di esecuzione il creditore intende intraprendere (esecuzione immobiliare, o presso terzi, oppure sui conti correnti o sui beni mobili del creditore). Se poi l’avvertimento dell’esecuzione mancasse del tutto, ciò non sarebbe comunque causa di nullità del precetto, perché la sua essenza ed i suoi effetti sono comunque previsti dalla legge.

L’art. 480 c.p.c. stabilisce invece dei contenuti dell’atto di precetto, la cui mancanza ne determina la nullità.

Indispensabile è l’indicazione “attualizzata” delle parti, ovvero del creditore o dei creditori intimanti e del debitore o dei debitori intimati, che possono mutare rispetto al momento in cui è stato emesso il titolo esecutivo, in caso di successione nel diritto azionato (si pensi agli eredi che subentrano nei diritti del de cuius, alla curatela fallimentare che subentra nei diritti della società fallita etc.). Tuttavia che in tema di nullità vige il principio del raggiungimento dello scopo, secondo il quale la nullità di un atto resta sanata se l’atto ha raggiunto lo scopo per il quale era preordinato. Pertanto, la mancata esatta individuazione del debitore rimane sanata se quest’ultimo propone l’opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi, perché evidentemente ha avuto conoscenza del fatto che l’intimazione era a lui destinata.

È sanzionata con la nullità anche la mancata indicazione della data di notifica del titolo esecutivo, (a meno che il titolo, non sia notificato insieme allo stesso precetto). In modo estensivo la giurisprudenza ha ritenuto la nullità anche nel caso in cui non sia indicato nel precetto il provvedimento che ha reso esecutivo il titolo, (è il caso della mancata indicazione della formula di esecutività del decreto ingiuntivo, cass. 4649/2006). Si è altresì ritenuto che l’opposizione del debitore finalizzata a far valere la nullità per mancata indicazione della data di notifica del titolo esecutivo, non comporti la sanatoria della nullità stessa, trattandosi di requisito formale indispensabile (Cass. 22510/2014).

Ci sono casi in cui la legge prescrive l’integrale trascrizione del titolo esecutivo nell’atto di precetto. In tali casi, l’omessa trascrizione costituisce causa di nullità del precetto. È per esempio il caso dell’accordo raggiunto mediante negoziazione assistita, o a seguito di mediazione civile e commerciale (D.l. 132/2014 art. 5 comma 2 bis e art. 12 comma 1), i quali hanno natura di titoli esecutivi, ma devono essere integralmente riportati nell’atto di precetto. Non è sufficiente trascrivere interamente il titolo esecutivo all’interno dell’atto di precetto, ma è necessario anche che l’ufficiale giudiziario certifichi la conformità della trascrizione al titolo esecutivo originale.

Il D.l. 83/2015 ha introdotto un altro contenuto del precetto, la cui mancanza è sanzionata espressamente dalla nullità. Esso consiste nell’avviso al debitore che può porre rimedio alla propria situazione di sovraindebitamento, avvalendosi dell’ausilio di un organismo di composizione della crisi, o di un professionista nominato dal giudice, e concludendo con i creditori un accordo di composizione della crisi o proponendo agli stessi un piano del consumatore.

La norma inoltre prevede che sia indicata la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio della parte istante, nel comune in cui ha sede il giudice competente l’esecuzione. Per individuare il giudice competente si fa riferimento all’art. 26 c.p.c.: quando l’esecuzione ha ad oggetto beni immobili, o beni mobili del debitore, è competente il giudice del luogo in cui si trovano i beni; se l’esecuzione ha ad oggetto obblighi di fare o di non fare, sarà competente il giudice del luogo in cui l’obbligo deve essere adempiuto, se invece l’espropriazione ha ad oggetto crediti, è competente il giudice del luogo dove il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede. Pertanto, come ha chiarito la Corte Costituzionale, la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio non sono una scelta libera del creditore, ma sono ancorati ad uno dei comuni in cui si trovano i beni del debitore o dove va adempiuto l’obbligo, o dove si trova il debitore. La mancanza di tale indicazione, non è prevista a pena di nullità, ma ha la conseguenza di spostare la competenza del giudice dell’opposizione al precetto davanti al giudice del luogo in cui il precetto sarà notificato, e la parte istante che non ha dichiarato la residenza o il domicilio, riceverà le notificazioni della fase esecutiva presso la cancelleria del giudice del luogo in cui ha notificato il precetto.

Infine, il contenuto dell’atto di precetto non può prescindere dalla sottoscrizione del creditore intimante, sia dell’originale del precetto che delle copie da notificare. La mancanza della sottoscrizione determina l’inesistenza dell’atto o la nullità insanabile.

Nessuna conseguenza è prevista per il caso in cui il precetto non indichi il termine di giorni dieci per l’adempimento, non essendo considerato un requisito per la validità dello stesso. Però in ogni caso il creditore non potrà validamente instaurare l’esecuzione, mediante notifica del pignoramento, prima che il già menzionato termine sia interamente decorso.

Notifica dell’atto di precetto

Il precetto, completo dei contenuti sopra descritti, deve essere notificato al debitore, insieme al titolo esecutivo.

Il creditore, anche personalmente, consegna all’ufficiale giudiziario copia autentica del precetto e del titolo esecutivo, salvo i casi in cui il titolo esecutivo sia stato notificato prima del precetto. Se i debitori sono più di uno, andranno consegnati tanti precetti e tante copie autentiche del titolo esecutivo, quanti sono i debitori.

La notificazione può essere eseguita dall’ufficiale giudiziario “a mani proprie” del destinatario (art. 138 c.p.c.), presso la sua abitazione o dovunque lo trovi, all’interno della circoscrizione di competenza dell’ufficiale giudiziario. Se il destinatario rifiuta di ricevere l’atto, l’ufficiale giudiziario dà atto del rifiuto nella relazione, ma la notifica si intende comunque eseguita a mani proprie, dando luogo ad una presunzione legale di conoscenza dell’atto. La presunzione è finalizzata ad evitare che un rifiuto privo di valida giustificazione possa impedire il perfezionamento della notifica ed il prodursi dei suoi effetti.

La notifica può anche essere effettuata dall’ufficiale giudiziario, consegnando l’atto presso la residenza del debitore (art. 139 c.p.c.), o presso la sede dell’impresa o il luogo di lavoro dello stesso, ed è validamente perfezionata anche se l’atto viene ricevuto da persona di famiglia del debitore, dall’addetto alla casa, all’ufficio o all’azienda, oppure in mancanza, al portiere o al vicino di casa. L’ordine delle persone che possono validamente ricevere l’atto deve essere rispettato, pena la nullità della notifica, per cui non è possibile consegnare l’atto al portiere senza aver prima verificato la presenza di persona di casa che avrebbe potuto riceverlo. Quando la notifica avviene nelle mani del portiere o del vicino di casa, l’ufficiale giudiziario deve inviare all’interessato raccomandata dell’avvenuta consegna, e la notifica si perfeziona per il creditore notificante al momento in cui ha consegnato l’atto all’ufficiale giudiziario. In caso di incertezza sul luogo dell’effettivo domicilio del debitore, è valida la notifica effettuata all’ultima residenza anagrafica.

Nel caso, infine, in cui il luogo di residenza domicilio o dimora del debitore sia noto, ma non sia stato possibile consegnare il precetto ad alcuna delle persone sopra indicate, l’ufficiale giudiziario fa ricorso alla procedura prevista dall’art. 140 c.p.c., affiggendo avviso alla porta del debitore dell’avvenuto deposito della notifica in Comune, ed inviando avviso al debitore del deposito presso la casa comunale anche mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Per il creditore notificante, la notifica del precetto si perfeziona al momento della consegna all’ufficiale giudiziario, invece per il debitore si perfeziona dal momento del ricevimento della raccomandata informativa, e comunque trascorsi dieci giorni dalla stessa (Corte Cost sent. 3 del 2010).

La notifica alla persona giuridica, ad esempio una società, deve essere eseguita presso la sede della stessa (art. 145 c.p.c.). Un quesito che si è posto nella pratica è se sia sufficiente la notifica del precetto e del titolo esecutivo all’amministratore di condominio, quando il creditore intenda procedere al pignoramento solo nei confronti di un condomino, e analogamente se sia sufficiente la notifica al legale rappresentante della società quando il creditore intenda procedere contro il singolo socio. La giurisprudenza ha ritenuto necessario che il singolo condomino (e lo stesso vale per il singolo socio) sia portato a conoscenza personalmente del precetto e del titolo esecutivo, previa notifica degli stessi a lui personalmente indirizzata, in modo da consentirgli la conoscenza effettiva del debito e la possibilità di contestare con l’opposizione all’esecuzione, la sua qualità di condomino, o la sua responsabilità per l’obbligazione del condominio (Cass. 8150/2017).

Il destinatario della notifica del precetto non coincide sempre con il debitore identificato nel titolo esecutivo. Si possono avere infatti casi in cui, dopo l’emissione del titolo esecutivo si sia verificata una successione nel diritto. È il caso, ad esempio, in cui il debitore contro cui si è formato il titolo esecutivo, sia deceduto prima dell’inizio dell’esecuzione, ed al suo posto siano subentrati gli eredi. In questo caso, non sarà possibile notificare agli eredi il precetto insieme al titolo esecutivo, ma si dovrà procedere prima alla notifica del titolo esecutivo, e dopo un congruo lasso di tempo, del precetto. L’art. 477 c.p.c. prevede che, se la notifica del precetto agli eredi avviene entro un anno dalla morte del decuis, sia possibile eseguirla nel domicilio di quest’ultimo, anche se non sono compiutamente identificati i singoli eredi e non sono conosciute le loro generalità. Trascorso l’anno dalla morte, (e decorso l’obbligo di presentare la denuncia di successione), i nomi degli eredi sono conoscibili ai terzi; pertanto, la notifica del precetto dovrà avvenire presso gli eredi, nuovi debitori, compiutamente identificati.

In ogni caso la notifica deve sempre essere indirizzata personalmente alla parte interessata, non essendo valida ad esempio la notifica nelle mani del difensore che ha assistito il debitore nel giudizio di cognizione. Questa precisazione è da tenere presente soprattutto a seguito dell’abrogazione dell’art. 479 comma 2 (avvenuta con D.l. 14.05.2005 n. 80), che ha escluso la possibilità di notificare la sentenza come titolo esecutivo al procuratore costituito della parte.

Generalmente la notifica del solo atto di precetto, senza che sia stato notificato il titolo esecutivo, costituisce causa di nullità della notifica, da far valere tramite opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.).

Fa eccezione a questa regola la previsione di cui all’art. 654 comma 2 c.p.c. La norma si riferisce ai decreti ingiuntivi non provvisoriamente esecutivi, ma che lo divengono in seguito al decorso del termine di quaranta giorni per presentare opposizione, e che pertanto vengono muniti di formula esecutiva, non al momento della loro emissione, ma solo dopo il decorso del termine per l’opposizione. In questo caso, il debitore ha già avuto conoscenza del decreto ingiuntivo che gli è stato notificato proprio al fine di consentirgli di proporre opposizione nel termine di quaranta giorni; per questo motivo, non è necessario che il decreto sia notificato nuovamente insieme al precetto, ma è necessario e sufficiente che nel corpo del precetto siano chiaramente indicate: la data ed il provvedimento che ha disposto l’esecutorietà del decreto ingiuntivo e la menzione della formula esecutiva.

La previa notifica del precetto e del titolo esecutivo non è necessaria nei casi previsti espressamente dalla legge, fra i quali ad esempio il caso della conversione del sequestro conservativo in pignoramento (art. 686 c.p.c.).

In tema di notifica, occorre inoltre soffermarsi brevemente sulla possibilità per l’avvocato di notificare in proprio il precetto ed il titolo esecutivo, mediante la notifica telematica. La notifica telematica, disciplinata dalla L. 183/2011, è una estensione della facoltà, già prevista dalla L. 53/1994, di effettuare notifiche in proprio mediante servizio postale. La notifica telematica avviene attraverso l’utilizzo del servizio di posta elettronica certificata, ed equivale alla notifica effettuata dall’ufficiale giudiziario. Il grande vantaggio della notifica telematica, è che essa non è soggetta ai limiti territoriali di competenza dell’ufficiale notificatore. Il limite invece è costituito dal fatto che anche il debitore intimato deve essere in possesso di una casella di posta elettronica certificata dove recapitare la notifica.

L’avvocato che intende effettuare la notifica telematica del precetto e del titolo esecutivo:

  • deve essere in possesso di una casella pec comunicata al consiglio dell’ordine e iscritta nei pubblici registri, nonché di un dispositivo di firma digitale non scaduto e funzionante;
  • deve essere munito di procura ex art. 83 c.p.c., che va allegata all’atto di precetto nel caso in cui la procura non sia già contenuta nel fascicolo del processo e conoscibile al debitore dagli atti del precedente giudizio (come, ad esempio, nel caso di precetto su sentenza). La procura firmata dal cliente e autenticata dal difensore, deve essere scansionata, e firmata digitalmente dal difensore. Poiché non è più redatta in calce o a margine del precetto, ma su foglio separato, essa deve contenere esplicito e chiaro riferimento al procedimento per il quale viene conferita. L’avvocato domiciliatario della causa non può invece notificare in proprio, in quanto appunto sprovvisto di procura ex art. 83 c.p.c.;
  • deve verificare che l’indirizzo pec del destinatario sia contenuto in uno dei registri pubblici (registro imprese, reG.In.dE, Ini-pec, registro PP.AA.

Il precetto viene creato in formato nativo digitale (word, openoffice, libreoffice) e convertito in pdf; (sulle specifiche tecniche si veda D.M. 16.04.2014. Inoltre, il precetto dovrà essere firmato digitalmente, con firma Cades-bes o Pades-bes. Essendo un documento nativo digitale, non è necessaria alcuna attestazione di conformità dello stesso.

Deve essere predisposta la relata di notifica, (con tutti i contenuti espressamente indicati all’art. 3 bis della L. 53/1994) anch’essa come documento nativo digitale, convertito in pdf e sottoscritto digitalmente.

Se all’atto di precetto si deve unire anche il titolo esecutivo (decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo munito di formula esecutiva, o sentenza munita di formula esecutiva etc..), occorre scansionare il documento cartaceo in formato pdf immagine e attestarne la conformità all’originale analogico. L’attestazione di conformità del titolo (art. 16 undecies D.L. 179/2012 e Art. 19 ter, comma 3 Provv. 16/4/2014 come introdotto dall’art. 1 decreto 28/12/2015 in vigore dal 09.01.2016, deve essere contenuta nella relata di notifica;

Si procederà, quindi, ad inviare la pec allegando: il precetto nativo digitale, sottoscritto; la relata di notifica con attestazione di conformità del titolo esecutivo, anch’essa nativa digitale e sottoscritta; la procura scansionata per immagini in formato pdf; infine, il titolo esecutivo scansionato in formato pdf.

Nell’oggetto della pec deve essere inserita la dicitura “notificazione ai sensi della legge n. 53 del 1994”.

Dopo l’invio va conservata copia informatica della ricevuta di consegna completa.

La notifica si perfeziona per il creditore notificante con il messaggio di “ricevuta di accettazione” della pec; per il debitore notificato con il ricevimento del messaggio di “ricevuta di consegna” (art.  3 bis comma 3 L. 53/94).

(Prima di procedere alla notifica a mezzo pec è sempre opportuno che il legale verifichi le ultime evoluzioni normative, in merito alle modalità o alle specifiche tecniche, trattandosi di materia in rapida evoluzione).

Effetti della notifica del precetto

Il precetto è un atto recettizio, e la produzione dei suoi effetti si verifica solo al momento del perfezionamento della notifica, quando l’atto entra nella sfera di conoscenza del debitore.

Da quel momento decorrono i dieci giorni di tempo per consentire l’adempimento spontaneo del debitore. Decorso inutilmente tale termine, il creditore è libero di introdurre la procedura esecutiva.

Ulteriore importante effetto dell’atto di precetto è quello di interrompere la prescrizione del diritto di credito. L’art. 2943 c.c. stabilisce che l’interruzione della prescrizione del diritto avviene a seguito di un’iniziativa del titolare del diritto, manifestata attraverso l’atto di introduzione di un giudizio (di cognizione, conservativo o esecutivo), oppure attraverso la proposizione dell’arbitrato o infine mediante l’atto di costituzione in mora del debitore.

L’interruzione della prescrizione può essere a carattere istantaneo o permanente. L’art. 2945 c.c. prevede che gli atti introduttivi di un giudizio, determinino l’interruzione permanente della prescrizione, che resta sospesa per tutta la durata del giudizio, fino alla pronuncia della sentenza. Viceversa, gli atti stragiudiziali, come ad esempio l’atto di messa in mora, interrompono la prescrizione con effetto istantaneo; quindi, dopo la notifica dell’atto interruttivo della prescrizione inizia subito a decorrere un nuovo periodo di prescrizione.

Il diverso inquadramento sulla natura giuridica dell’atto di precetto, che dottrina e giurisprudenza hanno elaborato, esercita importanti conseguenze anche in tema di prescrizione del diritto.

Se infatti si aderisce all’orientamento dottrinale, che qualifica l’atto di precetto come atto introduttivo del processo esecutivo, la notifica del precetto interrompe la prescrizione con effetti permanenti fino all’esito del giudizio esecutivo. Al contrario, seguendo il consolidato orientamento giurisprudenziale, che considera il precetto quale atto di carattere stragiudiziale, la notifica del precetto interrompe il decorso della prescrizione del diritto con effetto istantaneo, e subito dopo la notifica del precetto inizia a decorrere immediatamente un nuovo periodo di prescrizione del diritto. (Cass. 7737/2007, Cass. 19738/2014, Cass. 10308/2020).

Per quanto concerne, infine, l’aspetto relativo alla competenza del Messo Comunale a notificare l’atto di precetto, qualora noi ci attenessimo alle considerazioni espresse dalla giurisprudenza, dovremmo esprimerci in senso positivo, ritenendo lo stesso un atto stragiudiziale.

In caso contrario, ovvero tenendo in considerazione la dottrina prevalente che parla di atto giudiziale, sarebbe invece necessariamente l’Ufficiale Giudiziario la figura di notificatore competente.

Va inoltre sottolineato come, in questi casi, la Pubblica Amministrazione, agisce a seguito di una sentenza dell’Autorità Giudiziaria, che costituisce il titolo ad agire nei confronti del debitore, non esercitando pertanto la potestà  d’imperio che è uno degli elementi caratterizzanti la P.A. come tale.

Ciononostante, la norma generale che abilita il Messo Comunale alla notificazione, cioè l’art. 10 della legge 265/1999, consente alla P.A. di rivolgersi al Messo Comunale per la notifica dei propri atti, senza specificare la natura degli stessi, per cui un eventuale limite alla sua competenza dovrebbe ragionevolmente derivare da una specifica previsione di legge da parte del Legislatore in favore di soggetti distinti, quali ad esempio l’Ufficiale Giudiziario o l’avvocato patrocinatore.

In conclusione, rimane sicuramente spazio per una interpretazione allargativa della competenza del Messo Comunale alla notifica degli atti di precetto emessi dalla pubblica amministrazione a seguito sentenza dell’Autorità Giudiziaria.

Si consiglia, ad ogni buon conto, di rendere consapevole il soggetto richiedente in merito alle divergenti tesi interpretative esistenti.


Notificazioni e comunicazioni al domicilio digitale

Decreto Presidente della Repubblica 29/09/1973, n. 600
Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi.
Pubblicato nella Gazz. Uff. 16 ottobre 1973, n. 268, S.O.

Art. 60-ter (Notificazioni e comunicazioni al domicilio digitale) (1)

In vigore dal 22 febbraio 2024

Testo introdotto dall’art. 1, comma 2, lett. d), D.Lgs. 12 febbraio 2024, n. 13
Testo applicabile con riferimento agli atti emessi dal 30 aprile 2024.

1. Tutti gli atti, i provvedimenti, gli avvisi e le comunicazioni, compresi quelli che per legge devono essere notificati, possono essere inviati direttamente dal competente ufficio, con le modalità previste dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, anche in deroga all’articolo 149-bis del codice di procedura civile e alle modalità di notificazione previste dalle norme relative alle singole leggi d’imposta non compatibili con quelle di cui al presente articolo:
a) se destinati a pubbliche amministrazioni e a gestori di pubblici servizi, al domicilio digitale risultante dall’Indice dei domicili digitali delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di pubblici servizi (IPA), di cui all’articolo 6-ter del codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82;
b) se destinati alle imprese individuali o costituite in forma societaria e a tutti i professionisti i cui indirizzi digitali sono inseriti nell’Indice nazionale dei domicili digitali delle imprese e dei professionisti (INI-PEC), di cui all’articolo 6-bis del codice di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005, al domicilio digitale risultante da tale Indice, anche nel caso in cui per lo stesso soggetto è presente un diverso indirizzo nell’Indice nazionale dei domicili digitali delle persone fisiche, dei professionisti e degli altri enti di diritto privato non tenuti all’iscrizione in albi, elenchi o registri professionali o nel registro delle imprese (INAD), di cui all’articolo 6-quater del codice di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005, ovvero nell’Indice dei domicili digitali delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di pubblici servizi (IPA);
c) se destinati alle persone fisiche, ai professionisti e agli altri enti di diritto privato di cui all’articolo 6-quater del codice di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005 al domicilio digitale professionale risultante dall’Indice di cui all’articolo 6-quater di cui al medesimo codice o, in mancanza, all’unico domicilio digitale ivi presente;
d) se destinati ai soggetti che hanno eletto il domicilio digitale speciale di cui al comma 5 del presente articolo, a tale domicilio speciale.
2. All’ufficio sono consentite la consultazione telematica e l’estrazione degli indirizzi di cui al comma 1.
3. Relativamente agli atti, agli avvisi e ai provvedimenti che per legge devono essere notificati, se il domicilio digitale al quale è stato effettuato l’invio risulta saturo, l’ufficio effettua un secondo tentativo di consegna decorsi almeno sette giorni dal primo invio. Se anche a seguito del secondo tentativo, la casella di posta elettronica o il servizio di recapito certificato qualificato risultano saturi, oppure se il domicilio digitale al quale è stato effettuato l’invio non risulta valido o attivo:
a) nei casi previsti dal comma 1, lettere a), c) e d), si applicano le disposizioni in materia di notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente, comprese le disposizioni dell’articolo 60 del presente decreto e quelle del codice di procedura civile dalle stesse non modificate, con esclusione dell’articolo 149-bis del codice di procedura civile;
b) nel caso previsto dal comma 1, lettera b), la notificazione deve essere eseguita mediante deposito telematico dell’atto nell’area riservata del sito internet della società Info Camere Scpa e pubblicazione, entro il secondo giorno successivo a quello di deposito, del relativo avviso nello stesso sito, per la durata di quindici giorni; l’ufficio inoltre dà notizia al destinatario dell’avvenuta notificazione a mezzo di lettera raccomandata, senza ulteriori adempimenti a proprio carico.
4. Ai fini del rispetto dei termini di prescrizione e decadenza, la notificazione si intende comunque perfezionata per il notificante nel momento in cui il suo gestore della casella di posta elettronica certificata o del servizio di recapito certificato qualificato gli trasmette la ricevuta di accettazione con la relativa attestazione temporale che certifica l’avvenuta spedizione del messaggio, mentre per il destinatario si intende perfezionata alla data di avvenuta consegna contenuta nella ricevuta che il gestore della casella di posta elettronica certificata o del servizio di recapito elettronico certificato qualificato del destinatario trasmette all’ufficio o, nel caso di cui al comma 3, lettera b), nel quindicesimo giorno successivo a quello della pubblicazione dell’avviso nel sito internet della società InfoCamere Scpa.
5. I soggetti di cui all’articolo 6-quater del codice di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005, possono eleggere il domicilio digitale speciale presso il quale ricevere sia la notificazione degli atti, degli avvisi e dei provvedimenti che per legge devono essere notificati, sia gli atti e le comunicazioni dei quali la legge non prescrive la notificazione, comunicando tale domicilio, secondo le modalità stabilite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate. Con il medesimo provvedimento sono stabilite le modalità con le quali i soggetti di cui al primo periodo possono confermare o revocare gli indirizzi digitali comunicati secondo le modalità stabilite dai provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate emanati nelle more della piena operatività dell’anagrafe nazionale della popolazione residente.
6. Ai fini della notificazione e dell’invio di atti, provvedimenti, avvisi e comunicazioni, anche ai sensi dell’articolo 26 del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, l’Agenzia delle entrate provvede costantemente all’aggiornamento e al trasferimento dei domicili digitali speciali di cui al comma 5 nell’elenco dei domicili di piattaforma diversificati di cui all’articolo 5, comma 3, del decreto del Ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale 8 febbraio 2022, n. 58. Il gestore della piattaforma di cui all’articolo 26 del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, provvede costantemente all’aggiornamento e al trasferimento dei domicili digitali di piattaforma diversificati in relazione all’Agenzia delle entrate e all’Agenzia delle entrate- Riscossione, nell’elenco dei domicili digitali speciali istituito con il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate. Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, d’intesa con il Dipartimento per la trasformazione digitale, sono stabiliti termini e modalità dell’aggiornamento e del trasferimento delle informazioni di cui al presente comma.

———
(1) Articolo inserito dall’art. 1, comma 2, lett. d), D.Lgs. 12 febbraio 2024, n. 13, a decorrere dal 22 febbraio 2024, ai sensi di quanto disposto dall’art. 41, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 13/2024; a norma dell’art. 41, comma 2, del citato D.Lgs. n. 13/2024, tale disposizione si applica con riferimento agli atti emessi dal 30 aprile 2024.


Cass. civ., Sez. V, Ord., (data ud. 21/12/2023) 21/02/2024, n. 4597

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA CIVILE

Composta da

Dott. NAPOLITANO LUCIO – Presidente

Dott. CRIVELLI ALBERTO – Consigliere

Dott. FRACANZANI MARCELLO M. – Consigliere Rel.

Dott. LUME FEDERICO – Consigliere

Dott. ANGARANO ROSANNA – Consigliere

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 28980/2018 R.G. proposto da

A.A., con gli avv.ti Ilaria Foletto e Paolo Fiorilli e con domicilio eletto in Roma, Via Cola di Rienzo n. 180 presso lo studio del secondo

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria regionale del Veneto n. 283/03/18, pronunciata il 23 febbraio 2018 e depositata il primo marzo 2018, non notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 dicembre 2023 dal Co: Marcello M. Fracanzani;

Svolgimento del processo
1. Il sig. Romagnolo era attinto da ripresa a tassazione in conseguenza dei maggiori utili accertati in capo alla società “La nostra isola Srl”, poi fallita, e di cui risultava socio con partecipazione al 95% per l’anno d’imposta 2009. Esperita infruttuosamente l’istanza di accertamento con adesione, il contribuente impugnava l’atto impositivo notificatogli svolgendo plurime censure.

2. In particolare, deduceva l’illegittimità del provvedimento impugnato per difetto di notifica, l’ammissibilità del ricorso ex art. 60, co. 4, d.P.R. n. 600/1973, la rimessione in termini ai sensi dell’art. 153, co. 2, c.p.c., la carenza di motivazione dell’atto impositivo notificato alla società e di quello emesso nei suoi confronti nonché la violazione al divieto di doppia imposizione.

3. I due gradi di merito esitavano in senso sfavorevole al ricorrente, stante la declaratoria di inammissibilità del gravame per tardività.

4. Il contribuente ricorre pertanto per la cassazione della sentenza, affidandosi a cinque motivi di ricorso, cui resiste l’Avvocatura generale dello Stato con tempestivo controricorso.

Motivi della decisione
1. Con il primo motivo il ricorrente avanza censura ex art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c. per violazione e falsa applicazione dell’art. 140 e dell’art. 8, co. 2, L n. 890/1992.

1.1 In sostanza afferma che la notifica dell’atto impositivo non si sarebbe perfezionata per mancato rispetto della sequenza procedimentale descritta dall’art. 140 c.p.c. sia per mancata affissione dell’avviso alla porta dell’abitazione, non essendo bastevole la sua sola immissione nella cassetta, sia per mancata ricezione effettiva della comunicazione informativa (CAD).

2. Con il terzo motivo il contribuente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 8, co. 2, L n. 890/1992 in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c.

2.1 In sostanza afferma che la procedura notificatoria di cui all’art. 8, co. 2, L n. 890/1992, ove è previsto il rilascio dell’avviso al destinatario mediante “affissione alla porta d’ingresso oppure mediante immissione nella cassetta della corrispondenza dell’abitazione” debba essere letta come un “ordine di modalità di esecuzione della notifica”, nel senso che la modalità di affissione deve essere eseguita in via principale mentre l’immissione dell’avviso in cassetta dovrebbe avvenire solo successivamente

3. Il primo ed il terzo motivo possono essere esaminati congiuntamente, stante la parziale comunanza di censure.

3.1 I due motivi sono entrambi inammissibili e, in ogni caso, infondati.

3.2 Essi sono inammissibili nella parte in cui lamentano sia la violazione dell’art. 140 c.p.c. sia il paventato ordine di modalità di esecuzione della notifica di cui all’art. 8, co. 2, L. n. 890/1992 perché motivi nuovi. Invero, non risulta dal testo del ricorso, ove vengono sinteticamente riportati i motivi di impugnazione, né da quello delle due decisioni di merito ivi trascritte, che sia stata dedotta la violazione delle due norme in commento e nei termini riassunti nel ricorso introduttivo. Con specifico riferimento all’ordine di esecuzione della notifica, e dalla lettura della sentenza, risulta invero proposto in grado di appello un motivo di ricorso avente ad oggetto la corretta modalità di notifica, da eseguirsi solo con l’affissione e non con l’immissione dell’avviso, mentre non risulta formulata la censura in relazione “all’ordine” di esecuzione.

3.3. Le questioni sollevate risultano quindi essere state poste “per la prima volta davanti questa Corte, non facendone menzione la sentenza impugnata (nella esposizione delle censure svolte dai ricorrenti ovvero nella trattazione dei medesimi) e non specificando d’altro canto i ricorrenti nel ricorso di averle fatte valere nei precedenti gradi di giudizio” (Cfr. Cass., V, n. 26147/2021).

4. Il primo motivo è poi infondato nella parte in cui pretende che il procedimento notificatorio si perfezioni con la ricezione effettiva della CAD.

4.1 In materia questa Corte è intervenuta con la pronuncia a Sezioni Unite n. 10012/2021 in cui ha sì affermato il principio per cui in tema di notifica di un atto impositivo ovvero processuale tramite il servizio postale secondo le previsioni della L. n. 890 del 1982, qualora l’atto notificando non venga consegnato al destinatario per rifiuto a riceverlo ovvero per temporanea assenza del destinatario stesso ovvero per assenza/inidoneità di altre persone a riceverlo, la prova del perfezionamento della procedura notificatola può essere data dal notificante esclusivamente mediante la produzione giudiziale dell’avviso di ricevimento della raccomandata che comunica l’avvenuto deposito dell’atto notificando presso l’ufficio postale (c.d. CAD). Ma a tale conclusione è giunta sull’assunto per cui “viene inevitabilmente in considerazione un’altra successiva pronuncia di illegittimità costituzionale (C. Cost., sent. n. 3/2010) appunto dell’art. 140 c.p.c., nella parte in cui prevede(va) il perfezionamento della notifica non effettuata a causa di “irreperibilità o rifiuto di ricevere” del destinatario (e delle persone addette alla casa) sul presupposto della sola spedizione della “raccomandata informativa” dell’avvenuto deposito dell’atto notificando (presso la Casa comunale), invece che con il ricevimento della stessa ovvero con il decorso di 10 giorni dalla sua spedizione (cfr. Cass., Sez. Un. n. 10012/2021).

4.2 Nella fattispecie in commento è circostanza incontroversa tra le parti, oltre che accertata in fatto dal Collegio di merito, che l’avviso di ricevimento sia stato prodotto in giudizio previa sua restituzione per mancato ritiro nel termine di dieci giorni.

4.3 Né a miglior sorte conduce l’ulteriore profilo dedotto sia con il primo motivo sia con il terzo, ed afferente la mancata affissione dell’avviso alla porta di abitazione ovvero le modalità di esecuzione della notificazione, tenuto conto che si tratta certamente di due procedure alternative tra loro, senza ordine di preferenza (cfr. Cass., V, n. 22348/2020).

5. Con il secondo motivo il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 8, co. 2, L n. 890/1992 in parametro all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c.

5.1 In sintesi critica la sentenza per non essersi avveduta la CTR della natura eccezionale della notifica ad un soggetto irreperibile che, come tale, avrebbe dovuto trovare adeguata giustificazione nella relazione di notifica, nella quale deve darsi atto delle ricerche compiute dall’organo notificante e di cui non vi sarebbe traccia alcuna nella relata oggetto di giudizio, non trascritta in ricorso.

6. Il motivo è inammissibile sotto un duplice profilo.

6.1 È inammissibile perché nuovo, non risultando dal ricorso che la censura in esame sia stata svolta nei precedenti gradi di giudizio.

6.2 Esso è altresì inammissibile per difetto di autosufficienza e specificità. Infatti “è principio consolidato della giurisprudenza di questa corte quello secondo il quale “in tema di ricorso per cassazione, ove sia denunciato il vizio di una relata di notifica, il principio di autosufficienza del ricorso esige la trascrizione integrale di quest’ultima, che, se omessa, determina l’inammissibilità del motivo” (Cass. n.1150/2019; Cass. n. 31038 del 2018; n. 5185/2017; v. anche Cass. n. 17424/2005)” (cfr. Cass., V, n. 21112/2022).

7. Con il quarto motivo la parte ricorrente prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 60, co. 4, d.P.R. n. 600/1973 ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c.

7.1 In sintesi afferma che l’art. 60 cit. avrebbe natura speciale riguardando i soli avvisi di accertamento: come tale esso prevarrebbe sulla regola generale di cui all’art. 8 L. n. 890/1992. Pertanto, e tenuto conto che a termini dello stesso art. 60 “qualunque notificazione a mezzo del servizio postale si considera fatta nella data della spedizione; i termini che hanno inizio dalla notificazione decorrono dalla data in cui l’atto è ricevuto”, il computo dei termini deve intendersi decorrere dalla “concreta conoscibilità”, intesa come effettiva conoscenza del provvedimento impugnato, in adesione anche all’orientamento sancito dalla Corte costituzionale con la sentenza n 3/2010.

8. Il motivo è infondato.

8.1 Occorre premettere che la conoscibilità di un atto notificato va intesa come possibilità di conoscenza effettiva dell’atto notificando stesso e non come sua conoscenza certa (cfr. Cass., Sez. Un. n. 10012/2021) e che la sentenza della Corte costituzionale n. 3/2010 aveva ad oggetto l’illegittimità costituzionale dell’art. 140 c.p.c. nella parte in cui prevede che la notifica si perfezioni, per il destinatario, con la spedizione della raccomandata informativa, anziché con il ricevimento della stessa o, comunque, decorsi dieci giorni dalla relativa spedizione.

8.2 Orbene, proprio la Corte costituzionale con la citata pronuncia n. 3/2010, poi condivisa da parte questa Corte con la già richiamata sentenza SS.UU. n. 10012/2012, ha affermato che “le esigenze di certezza nella individuazione della data di perfezionamento del procedimento notificatorio, di celerità nel completamento del relativo iter e di effettività delle garanzie di difesa e di contraddittorio sono assicurate dalla previsione che la notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata informativa ovvero dalla data di ritiro del piego, se anteriore”.

8.3 Né può affermarsi che l’art. 60 d.P.R. n. 600/1973 deroghi all’applicazione della legge n. 890/2012. Vero è il contrario giacché “la “notifica diretta” a mezzo posta da parte delle agenzie fiscali è, univocamente ed espressamente, consentita dalla legge, il che del resto è riscontrato dalla costante giurisprudenza di questa Corte (ex pluribus, Cass., 34007/2019, 1207/2014, 15284/2008), essendo peraltro evidente che trattasi di una disposizione legislativa speciale rispetto a quella del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 e del c.p.c. da esso richiamate, sicché prevale su quest’ultime in base al canone interpretativo lex specialis derogat generali” (Cfr. Cass., Sez. Un. n. 10012/2021).

9. Con l’ultimo motivo di ricorso la parte ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art 153 c.p.c. in rapporto all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c. per non aver la CTR tenuto conto della circostanza che l’assenza del contribuente dalla casa di abitazione era dovuta a ragioni di salute, avendo locato un appartamento in una località termale dall’1.04.2014 al 31.03.2015. Trattandosi da causa a lui non imputabile e comunque scusabile, la CTR avrebbe violato l’art. 153 c.p.c. negandogli la remissione in termini.

10. Il motivo è infondato.

10.1 È stato invero affermato che “il presupposto della rimessione in termini è che la parte richiedente dimostri di non aver potuto esercitare tempestivamente il potere processuale per una causa a lei non imputabile o per caso fortuito o forza maggiore. Occorre, in sostanza, che vi sia un impedimento non evitabile con un comportamento diligente (Cass. n. 21794/2015)” (cfr. Cass., V, n. 10162/2023).

10.2 Nella fattispecie in esame la CTR ha rigettato la richiesta di remissione in termini per non aver il ricorrente dimostrato una impossibilità assoluta ed oggettiva a rientrare presso la propria residenza, quanto e solo una difficoltà relativa, facendo buon governo dei principi illustrati da questa Corte.

11. E ciò in disparte l’inammissibilità della doglianza che mira sostanzialmente a mira a ottenere un riesame delle risultanze istruttorie, inammissibile in sede di legittimità.

12. Conclusivamente, vanno dichiarati inammissibili i primi tre motivi di ricorso, mentre vanno rigettati gli altri, con conseguente rigetto del ricorso.

13. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite, che liquida in favore dell’Agenzia delle entrate in Euro cinquemilaseicento,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 115/2002 la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

Conclusione
Così deciso in Roma, il 21 dicembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2024.


SPID verso l’addio, atteso il lancio di IT Wallet entro la metà del 2024

Dallo SPID a IT Wallet, portafoglio elettronico che oltre alle funzionalità dell’identità digitale consentirà di avere a disposizione i principali documenti di riconoscimento sul proprio smartphone. Il lancio è atteso entro la metà del 2024, ma la migrazione al nuovo sistema sarà graduale

Entro la metà del 2024 è attesa la prima fase di operatività del nuovo portafoglio digitale che racchiuderà al suo interno anche i principali documenti di identità dei cittadini.

Dalla patente alla tessera sanitaria, fino alla carta INPS della disabilità, IT Wallet consentirà di avere a portata di mano e in modalità digitale i documenti utilizzati in ambito amministrativo e sanitario, ma non solo.

Dal nuovo servizio in fase di messa a punto si attende un’ulteriore semplificazione nell’utilizzo del sistema dell’identità digitale, con il progressivo superamento delle credenziali SPID per l’autenticazione ai servizi della Pubblica Amministrazione.

SPID verso l’addio, atteso il lancio di IT Wallet entro la metà del 2024

Nel 2020 e in maniera più corposa nel corso dei primi mesi del 2021, le credenziali SPID sono diventate di fatto obbligatorie per l’accesso ad un’ampia gamma di servizi pubblici online.

Dai servizi INPS, a quelli dell’Agenzia delle Entrate e, successivamente, anche nell’ambito di numerosi Enti Privati, il Sistema Pubblico di Identità Digitale è ormai diventato parte integrante della quotidianità di cittadini e imprese.

Ora però si punta ad una svolta, con il superamento del sistema ad oggi vigente e in vista del passaggio ad un nuovo portale centralizzato.

Questo l’effetto del progetto IT Wallet, che si inserisce nel più ampio capitolo del digital identity wallet europeo, e per il quale entro il mese di giugno 2024 è atteso un primo lancio della versione Beta.

Dal punto di vista pratico saranno destinate ad andare in soffitta le credenziali SPID, in via graduale e in favore di un utilizzo più capillare della CIE, la Carta di Identità Elettronica.

Alla base della scelta questioni legate alla maggior sicurezza garantita dalla CIE, ma anche ai costi della gestione del sistema SPID, per il quale il Governo ha stanziato con l’articolo 18-bis del decreto-legge n. 13/2023 una somma pari a 40 milioni di euro al fine del rinnovo delle convenzioni con gli Identity Provider.

Percorso graduale per l’addio alle credenziali SPID

Cosa cambierà a livello pratico per i cittadini che utilizzano le credenziali SPID?

A fornire alcuni dettagli operativi è stato il Sottosegretario con delega all’Innovazione Alessio Butti, che nel corso dell’Audizione alla Camera del 20 dicembre 2023 ha evidenziato come il sistema SPID abbia rappresentato “un importante strumento per consentire ai cittadini l’uso di servizi digitali erogati dalle PA e da diversi soggetti privati.”

Esistono tuttavia alcune criticità di sicurezza e in particolare sono numerose le frodi realizzate mediante la generazione di false identità digitali, motivo alla base:

“della scelta del Governo di realizzare un’unica identità digitale nazionale, basata sulla CIE, che è emessa dallo Stato.”

Con la carta di identità elettronica è infatti già ad oggi possibile accedere ai servizi pubblici online, seppur con un percorso più complesso rispetto alle credenziali SPID. A differenza di queste però, la CIE ha standard di sicurezza più elevati e consente di evitare il rischio di truffe legate all’utilizzo dell’Identità Digitale (si pensi alla questione del bonus 18 anni).

Un percorso che sarà in ogni caso strutturato per fasi: in un primo momento coesisteranno le modalità di autenticazione così come previste attualmente e l’IT Wallet basato sulla CIE, ma nel piano nelle mani del Dipartimento per l’Innovazione vi è la progressiva migrazione verso il nuovo sistema entro la fine del 2025.

Un percorso graduale e che, salvo rinvii, dovrebbe partire già entro la metà dell’anno in corso.


Bilancio 2023

Atti relativi al Bilancio dell’Associazione dell’anno 2023 approvato dalla Giunta Esecutiva del 27.01.2024 e del Consiglio Generale del 27.01.2024 su delega dell’Assemblea Generale del 13.03.2021 al Consiglio Generale.

Leggi: Bilancio consuntivo 2023

Leggi: Grafici Bilancio consuntivo 2023


Cass. civ., Sez. V, Ord., (data ud. 21/12/2023) 02/02/2024, n. 3157

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente

Dott. CRIVELLI Alberto – Consigliere Rel.

Dott. M. FRANCANZANI Marcello – Consigliere –

Dott. LUME Federico – Consigliere –

Dott. ANGARANO Rosanna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

A.A., rappresentata e difesa dall’avv. Tommaso Maglione per procura in calce al ricorso, con il quale è elettivamente domiciliata in Roma alla Via Ovidio n. 20, presso lo studio Liccardo, Landolfi & Associati;

– ricorrente –

Contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato;

– resistente –

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania n. 1194/48/15, depositata il 9 febbraio 2015.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21 dicembre 2023 dal consigliere Alberto Crivelli.

Svolgimento del processo
RILEVATO CHE

1. L’Agenzia rettificava la dichiarazione dalla ricorrente, parrucchiera, in relazione a maggiori redditi presunti dal possesso di un immobile e di un cavallo da equitazione. La contribuente proponeva così ricorso che la CTP respingeva. Adìta la CTR in sede d’appello, la stessa dichiarava l’inammissibilità dell’appello per tardività dello stesso. Ricorre quindi in cassazione quest’ultimo con un motivo in cui sono cumulati due ordini di censure.

L’Agenzia resiste a mezzo di un mero atto di costituzione, tardivamente depositato.

Motivi della decisione
2. Con il solo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 37, 38 e 51, d.lgs. n. 546/1992; 327, cod. proc. civ. in relazione all’art. 24, Cost., nonché violazione e falsa applicazione dell’art. 112, cod. proc. civ. e omessa e/o contraddittoria motivazione su punto rilevante della controversia (in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 1 e 3, cod. proc. civ. Osserva in particolare la ricorrente come, non avendo il primo giudice depositato nei termini la sentenza, la stessa non ha potuto proporre ricorso nel termine di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza. In particolare, la CTR avrebbe disatteso la tempestiva istanza di rimessione in termini di cui all’art. 153, cod. proc. civ. La decisione non avrebbe pronunciato su una questione sollevata dalla ricorrente, cioè la disciplina anteriore all’introduzione del nuovo testo dell’art. 153, cod. proc. civ., e sarebbe altresì contraddittoria in quanto configura un obbligo di diligenza a carico della parte a fronte della violazione degli obblighi di diligenza della commissione e di comunicazione della segreteria nella comunicazione.

3. Il ricorso è infondato. La ricorrente sovrappone in modo indistinto diversi profili di censura, di cui all’art. 360, cod. proc. civ., che invece, per l’osservanza dell’obbligo di specificità degli stessi, avrebbe dovuto trattare in modo autonomo. In ogni caso la CTR ha fatto corretta applicazione delle norme denunciate come violate, poiché la giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ritenere che il termine “lungo” per impugnare, di cui all’art. 327, cod. proc. civ., come richiamato dall’art. 38, d.lgs. n. 546/1992, decorre dalla data di pubblicazione della sentenza che coincide con il relativo deposito, risultando irrilevante la data della relativa comunicazione (Cass. 03/02/22, n. 3372). D’altronde l’istituto della rimessione in termini presuppone sempre una situazione di impedimento, non imputabile alla parte che invoca la stessa, come accade ove la parte stessa non abbia ricevuto comunicazione dell’udienza di discussione, mentre la semplice tardività del deposito della sentenza rispetto ai termini stabiliti, e dunque della sua pubblicazione, configura una situazione che rappresenta un ostacolo superabile con un comportamento diligente della parte, come osservato dalla CTR, la cui decisione anche sotto tal profilo non si mostra affatto contraddittoria.

La stessa poi men che mai è priva di motivazione, dal momento che rende invece ragione del mancato accoglimento dell’istanza di rimessione sulla base delle osservazioni che precedono e della condizione di parte costituita della ricorrente.

4. Sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.

Nulla per le spese, non avendo l’Agenzia ritualmente resistito a mezzo di tempestivo controricorso.

P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso.

Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per dichiarare l’obbligo della ricorrente di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.

Conclusione
Così deciso in Roma, il 21 dicembre 2023.

Depositata in Cancelleria il 02 febbraio 2024.


Cass. civ., Sez. V, Ord., (data ud. 25/01/2024) 01/02/2024, n. 3017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA CIVILE

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere

Dott. DE ROSA Maria Luisa– Consigliere

Dott. CHIECA Danilo – Consigliere – Relatore

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 20251/2016 R.G. proposto da EQUITALIA SERVIZI DI RISCOSSIONE Spa, incorporante Equitalia Sud Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma al viale Africa n. 40 presso lo studio dell’avv. Federica Sordini, rappresentata e difesa dall’avv. Gianfranco Chiarelli

-ricorrente-

contro

A.A., domiciliato ex lege in Roma alla piazza Cavour presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avv. Vincenzo Conforti

-controricorrente-

nonché contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma alla via dei Portoghesi n. 12 presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis

-resistente-

avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA PUGLIA, SEZIONE STACCATA DI TARANTO, n. 1160/2016 depositata il 10 maggio 2016

Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 13 dicembre 2023 dal Consigliere Danilo CHIECA

Svolgimento del processo
Con sentenza n. 1160/16 depositata il 10 maggio 2016, in riforma della decisione di primo grado assunta dalla Commissione Tributaria Provinciale di Taranto il 7 maggio 2013, la Commissione Tributaria Regionale della Puglia, sezione staccata di Taranto, dichiarava nulla, «limitatamente alla parte relativa ai tributi ed accessori ivi indicati», la cartella di pagamento notificata il 7 maggio 2012 da Equitalia Sud Spa a A.A., a sèguito di controllo formale della dichiarazione dei redditi da questi presentata per l’anno d’imposta 2008.

A sostegno della pronuncia adottata il giudice regionale rilevava: -che la notifica della cartella era avvenuta dopo il decorso del termine stabilito a pena di decadenza dall’art. 25, comma 1, lettera a), D.P.R. n. 602 del 1973, nel caso di specie spirato il 31 dicembre 2011; – che tanto determinava la nullità dell’atto impugnato; – che non poteva ritenersi valida la notificazione precedentemente eseguita da Equitalia nel giugno 2011, non essendo state in detta occasione osservati dall’agente della riscossione gli adempimenti richiesti dall’art. 140 c.p.c. o in alternativa dalla L. n. 890 del 1982 per il caso di mancata consegna del piego al destinatario o ad altra persona abilitata a riceverlo.

Avverso tale sentenza, notificata il 6 giugno 2016, Equitalia Servizi di Riscossione Spa, incorporante Equitalia Sud Spa, ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo. Il De Crescenzio ha resistito con controricorso all’avverso gravame. L’Agenzia delle Entrate si è invece limitata a depositare un mero atto di costituzione, ai soli fini della partecipazione all’eventuale udienza di discussione.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, a norma dell’art. 380-bis.1 c.p.c.

Motivi della decisione
Con l’unico motivo di gravame, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., la ricorrente Equitalia Servizi di Riscossione Spa lamenta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 140 c.p.c., degli artt. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9 e 10 L. n. 890 del 1982, dell’art. 60, lettera e), D.P.R. n. 600 del 1973, degli artt. 25, comma 1, lettera a), e 26 D.P.R. n. 602 del 1973, degli artt. 32, 40 e 49 D.M. n. 13700 del 2001, nonché dell’art. 21 D. Lgs. n. 546 del 1992.

Sostiene che avrebbe errato la C.T.R. nel dichiarare la nullità della precedente notificazione della cartella di pagamento effettuata nei confronti del De Crescenzio nel giugno 2011, anteriormente alla scadenza del termine di cui all’art. 25, comma 1, lettera a), D.P.R. n. 602 del 1973.

Al giudice regionale sarebbe, infatti, sfuggito: – che tale notificazione era stata eseguita ai sensi dell’art. 26 D.P.R. n. 602 del 1973; – che detta norma consente all’agente della riscossione di notificare direttamente la cartella di pagamento mediante raccomandata con avviso di ricevimento, senza imporgli di osservare gli adempimenti prescritti dalla L. n. 890 del 1982 per la notificazione degli atti giudiziari a mezzo posta; – che, non essendo avvenuto il ritiro del piego presso l’ufficio postale di distribuzione, la notificazione doveva ritenersi perfezionata per compiuta giacenza; – che, trattandosi di notificazione effettuata senza il tramite dell’ufficiale giudiziario, non poteva trovare applicazione, nel caso di specie, la disciplina dettata dall’art. 140 c.p.c.. Il ricorso è fondato.

Dalla ricostruzione fattuale della vicenda operata dalla C.T.R. si evince che nel giugno 2011 l’allora Equitalia Sud Spa aveva già notificato al De Crescenzio la cartella di pagamento impugnata nel presente giudizio, inviandola a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento.

Inequivoco appare, in tal senso, il passaggio motivazionale in cui si afferma che, «una volta constatata la relativa irreperibilità del destinatario», l’agente della riscossione avrebbe dovuto procedere alla notificazione «ex articoli 138 e seguenti c.p.c., ponendo in essere quanto previsto (se del caso) dall’articolo 140, ovvero anche a mezzo posta, ma, questa volta, non ai sensi dell’articolo 26 d.p.r. 602/1973 (posta tout court), ma ai (sensi della) legge 890/1982 (in tema di notificazione a mezzo posta di atti giudiziari)». Da esso, per l’appunto, si ricava che la notificazione in parola, in base a quanto constatato ex actis dal giudice regionale, era stata eseguita mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento («posta tout court»), giusta il disposto dell’art. 26, comma 1, 2° periodo, D.P.R. n. 602 del 1973.

A fronte di un simile accertamento in fatto, risulta errata l’esegesi che della citata disposizione normativa è stata offerta dalla sentenza gravata.

Invero, la speciale disciplina ivi contemplata si pone in termini di alternatività rispetto a quelle dettate dal codice di rito e dalla L. n. 890 del 1982 ed è sottoposta a un regime differenziato, come questa Corte ha ripetutamente avuto modo di chiarire (cfr., ex ceteris, Cass. n. 33236/2023, Cass. n. 27275/2017, Cass. n. 23511/2016).

Essa, peraltro, è stata ritenuta costituzionalmente legittima dalla Consulta, dapprima con sentenza n. 175/2018 e poi con ordinanze nn. 104/2019 e 2/2020, sulla scorta di questi fondamentali rilievi: a)la facoltà di notificazione “diretta” della cartella di pagamento trova giustificazione nella natura sostanzialmente pubblicistica della posizione e dell’attività dell’agente della riscossione, il quale, in forza dell’espressa previsione dell’art. 24 D.P.R. n. 602 del 1973, è depositario del ruolo formato dall’Amministrazione Finanziaria e procede per conto di quest’ultima alla riscossione coattiva, operando come organo indiretto della stessa Amministrazione; b)i previsti scostamenti rispetto al regime ordinario della notificazione a mezzo del servizio postale, costituenti il proprium della semplificazione insita nella notificazione “diretta”, pur segnando un arretramento del diritto di difesa del destinatario dell’atto, non superano il limite di compatibilità con i parametri costituzionali di cui agli artt. 3, comma 1, 24, commi 1 e 2, e 111, commi 1 e 2, della Carta fondamentale, in quanto risulta comunque assicurato un sufficiente livello di conoscibilità -cioè di possibilità di effettiva conoscenza- dell’atto da parte del destinatario; c)la mancanza di effettiva conoscenza dell’atto dovuta a causa a lui non imputabile consente al destinatario di richiedere la rimessione in termini ex art. 153, comma 2, c.p.c., tanto più in ragione del fatto che l’art. 6 L. n. 212 del 2000 (Statuto del contribuente) legittima un’applicazione estensiva dell’anzidetto istituto. Ciò posto, deve a questo punto rammentarsi che, nel caso in cui il plico notificato ai sensi dell’art. 26, comma 1, 2° periodo, D.P.R. n. 602 del 1973 non sia stato consegnato per temporanea assenza del destinatario e di altre persone abilitate a riceverlo, trovano applicazione le norme del regolamento sul servizio postale, le quali, in presenza di una siffatta ipotesi, non prescrivono l’invio di una comunicazione di avvenuto deposito, ma si limitano a prevedere il rilascio di un avviso di giacenza (cd. <modello 26>) e a stabilire che la raccomandata sia trattenuta presso l’ufficio di distribuzione per un periodo di trenta giorni (artt. 40, commi 3 e 4, D.P.R. n. 655 del 1982 e 25, comma 1, D.M. 1° ottobre 2008). È stato, al riguardo, precisato che, nella descritta evenienza, la notificazione deve intendersi perfezionata -in applicazione non diretta ma analogica dei commi 4 e 5 dell’art. 8 L. n. 890 del 1982, relativi alle notifiche compiute dall’ufficiale giudiziario a mezzo posta- decorsi dieci giorni dalla data di rilascio dell’avviso di giacenza o da quella di spedizione della raccomandata mediante la quale l’agente postale, pur non essendovi tenuto, abbia trasmesso il suddetto avviso, oppure, se anteriore, dalla data di ritorno del plico (cfr. Cass. n. 6857/2019, Cass. n. 4049/2018, Cass. n. 2047/2016).

Alla stregua delle esposte considerazioni, deve allora escludersi che, a fronte del mancato recapito del plico al destinatario, l’agente della riscossione fosse tenuto a procedere a una nuova notificazione per il tramite dell’ufficiale giudiziario -se del caso con il cd. rito degli irreperibili di cui all’art. 140 c.p.c.- o in base alla L. n. 890 del 1982, come invece erroneamente affermato dalla C.T.R.. Non può indurre a diversa conclusione il seguente principio di diritto sancito dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n. 10012/2021, risolutiva di un contrasto interno di giurisprudenza: «In tema di notifica di un atto impositivo ovvero processuale tramite il servizio postale, secondo le previsioni della legge n. 890/1982, qualora l’atto notificando non venga consegnato al destinatario per rifiuto a riceverlo ovvero per temporanea assenza del destinatario stesso, ovvero per assenza/inidoneità di altre persone a riceverlo, la prova del perfezionamento della procedura notificatoria può essere data dal notificante esclusivamente mediante la produzione giudiziale dell’avviso di ricevimento della raccomandata che comunica l’avvenuto deposito dell’atto notificando presso l’ufficio postale (cd. CAD), non essendo a tal fine sufficiente la prova dell’avvenuta spedizione della raccomandata medesima».

Occorre, in proposito, tener presente che la regula iuris appena trascritta è stata enunciata con riferimento a una fattispecie in cui si discuteva del momento perfezionativo della notificazione di atti tributari (in particolare, degli avvisi di accertamento prodromici alla cartella di pagamento impugnata) eseguita secondo le disposizioni della L. n. 890 del 1982: tanto inequivocabilmente si ricava dalla lettura dell’ordinanza interlocutoria n. 21714/2020, con la quale fu

disposta la rimessione del fascicolo al Primo Presidente per la valutazione circa l’opportunità di assegnare il ricorso alle sezioni Unite (sull’argomento vedasi anche Cass. n. 24492/2023). Nel caso che ci occupa, invece, si disputa intorno alla validità della notificazione di una cartella di pagamento effettuata dall’agente della riscossione ex art. 26, comma 1, 2° periodo, D.P.R. n. 600 del 1973, in osservanza di una procedura speciale e semplificata che non contempla l’inoltro di alcuna comunicazione di avvenuto deposito al destinatario.

Orbene, in corretta applicazione della normativa di riferimento, il collegio d’appello avrebbe dovuto verificare se fosse stato rilasciato dall’ufficiale postale l’avviso di giacenza di cui agli artt. 40, comma 3, D.P.R. n. 655 del 1982 e 25, comma 1, D.M. 1° ottobre 2008 (nella presente sede può solo rilevarsi che, stando a quanto riportato in ricorso, sulla busta del plico figurerebbe l’annotazione <modello 26>) e, nell’ipotesi affermativa, se la notifica si fosse perfezionata per compiuta giacenza; a tanto, però, esso non ha provveduto.

Poiché trattasi di accertamento che questa Corte non può compiere mediante l’esame diretto degli atti, non essendosi al cospetto di un error in procedendo ex art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c. (cfr. Cass. n. 35014/2022, Cass. n. 18472/2016, Cass. n. 2047/2016, Cass. n. 5930/2015, Cass. n. 11674/2013), va disposta, a norma dell’art. 384, comma 2, prima parte, del medesimo codice, la cassazione dell’impugnata sentenza con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, sezione staccata di Taranto, in diversa composizione, perché rivaluti la questione oggetto del presente ricorso alla luce del principio di diritto sopra espresso.

Al giudice del rinvio viene rimessa anche la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità, a mente dell’art. 385, comma 3, seconda parte, c.p.c.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, sezione staccata di Taranto, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.

Conclusione
Così deciso in Roma, all’esito dell’adunanza in camera di consiglio tenuta in data 13 dicembre 2023 dalla Sezione Tributaria della Corte Suprema di Cassazione, riconvocatasi nella medesima composizione di cui sopra il 25 gennaio 2024.

Depositata in Cancelleria il 1 febbraio 2024


Notifiche digitali ai contribuenti anche per gli atti non obbligatori

Comunicazioni al domicilio digitale regolate dal decreto sull’accertamento. Nuovo invio se l’indirizzo è saturo: poi invio cartaceo o deposito su sito Infocamere

Al via le notifiche digitali generalizzate: con l’entrata in vigore delle nuove norme in materia di accertamento, gli atti giungeranno ai contribuenti via Pec agli indirizzi digitali. Il decreto delegato per la riforma delle procedure accertative ha introdotto il nuovo articolo 60-ter al Dpr 600/1973 che disciplinerà le comunicazioni al domicilio digitale.

Dispositivo dell’art. 60 Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi

La notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente è eseguita secondo le norme stabilite dagli articoli 137 e seguiti del codice di procedura civile, con le seguenti modifiche:

1) a) la notificazione è eseguita dai messi comunali ovvero dai messi speciali autorizzati dall’ufficio;
2) b) il messo deve fare sottoscrivere dal consegnatario l’atto o l’avviso ovvero indicare i motivi per i quali il consegnatario non ha sottoscritto;
3) b-bis) se il consegnatario non è il destinatario dell’atto o dell’avviso, il messo consegna o deposita la copia dell’atto da notificare in busta che provvede a sigillare e su cui trascrive il numero cronologico della notificazione, dandone atto nella relazione in calce all’originale e alla copia dell’atto stesso. Sulla busta non sono apposti segni o indicazioni dai quali possa desumersi il contenuto dell’atto. Il consegnatario deve sottoscrivere una ricevuta e il messo dà notizia dell’avvenuta notificazione dell’atto o dell’avviso, a mezzo di lettera raccomandata;
4) c) salvo il caso di consegna dell’atto o dell’avviso in mani proprie, la notificazione deve essere fatta nel domicilio fiscale del destinatario;
5) d) in facoltà del contribuente di eleggere domicilio presso una persona o un ufficio nel comune del proprio domicilio fiscale per la notificazione degli atti o degli avvisi che lo riguardano. In tal caso l’elezione di domicilio deve risultare espressamente da apposita comunicazione effettuata al competente ufficio a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento ovvero in via telematica con modalità stabilite con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate;
6) e) quando nel comune nel quale deve eseguirsi la notificazione non vi è abitazione, ufficio o azienda del contribuente, l’avviso del deposito prescritto dall’art. 140 del codice di procedura civile, in busta chiusa e sigillata, si affigge nell’albo del comune, e la notificazione, ai fini della decorrenza del termine per ricorrere, si ha per eseguita nell’ottavo giorno successivo a quello di affissione;
7) e-bis) è facoltà del contribuente che non ha la residenza nello Stato e non vi ha eletto domicilio ai sensi della lettera d), o che non abbia costituito un rappresentante fiscale, comunicare al competente ufficio locale, con le modalità di cui alla stessa lettera d), l’indirizzo estero per la notificazione degli avvisi e degli altri atti che lo riguardano; salvo il caso di consegna dell’atto o dell’avviso in mani proprie, la notificazione degli avvisi o degli atti è eseguita mediante spedizione a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento;
8) f) le disposizioni contenute negli articoli 142, 143, 146, 150 e 151 del codice di procedura civile non si applicano.

L’elezione di domicilio ha effetto dal trentesimo giorno successivo a quello della data di ricevimento delle comunicazioni previste alla lettera d) ed alla lettera e-bis) del comma precedente.

Le variazioni e le modificazioni dell’indirizzo hanno effetto, ai fini delle notificazioni, dal trentesimo giorno successivo a quello dell’avvenuta variazione anagrafica o, per le persone giuridiche e le società ed enti privi di personalità giuridica, dal trentesimo giorno successivo a quello della ricezione da parte dell’ufficio della dichiarazione prevista dagli articoli 35 e 35-ter del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, ovvero del modello previsto per la domanda di attribuzione del numero di codice fiscale dei soggetti diversi dalle persone fisiche non obbligati alla presentazione della dichiarazione di inizio attività IVA.

Salvo quanto previsto dai commi precedenti ed in alternativa a quanto stabilito dall’articolo 142 del codice di procedura civile, la notificazione ai contribuenti non residenti è validamente effettuata mediante spedizione di lettera raccomandata con avviso di ricevimento all’indirizzo della residenza estera rilevato dai registri dell’Anagrafe degli italiani residenti all’estero o a quello della sede legale estera risultante dal registro delle imprese di cui all’articolo 2188 del codice civile. In mancanza dei predetti indirizzi, la spedizione della lettera raccomandata con avviso di ricevimento è effettuata all’indirizzo estero indicato dal contribuente nelle domande di attribuzione del numero di codice fiscale o variazione dati e nei modelli di cui al terzo comma, primo periodo. In caso di esito negativo della notificazione si applicano le disposizioni di cui al primo comma, lettera e).

La notificazione ai contribuenti non residenti è validamente effettuata ai sensi del quarto comma qualora i medesimi non abbiano comunicato all’Agenzia delle entrate l’indirizzo della loro residenza o sede estera o del domicilio eletto per la notificazione degli atti, e le successive variazioni, con le modalità previste con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate. La comunicazione e le successive variazioni hanno effetto dal trentesimo giorno successivo a quello della ricezione.

Qualunque notificazione a mezzo del servizio postale si considera fatta nella data della spedizione; i termini che hanno inizio dalla notificazione decorrono dalla data in cui l’atto è ricevuto.

In deroga all’articolo 149 bis del codice di procedura civile e alle modalità di notificazione previste dalle norme relative alle singole leggi d’imposta non compatibili con quelle di cui al presente comma, la notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati alle imprese individuali o costituite in forma societaria e ai professionisti iscritti in albi o elenchi istituiti con legge dello Stato può essere effettuata direttamente dal competente ufficio con le modalità previste dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, a mezzo di posta elettronica certificata, all’indirizzo del destinatario risultante dall’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC). All’ufficio sono consentite la consultazione telematica e l’estrazione, anche in forma massiva, di tali indirizzi. Se la casella di posta elettronica risulta satura, l’ufficio effettua un secondo tentativo di consegna decorsi almeno sette giorni dal primo invio. Se anche a seguito di tale tentativo la casella di posta elettronica risulta satura oppure se l’indirizzo di posta elettronica del destinatario non risulta valido o attivo, la notificazione deve essere eseguita mediante deposito telematico dell’atto nell’area riservata del sito internet della società InfoCamere Scpa e pubblicazione, entro il secondo giorno successivo a quello di deposito, del relativo avviso nello stesso sito, per la durata di quindici giorni; l’ufficio inoltre dà notizia al destinatario dell’avvenuta notificazione dell’atto a mezzo di lettera raccomandata, senza ulteriori adempimenti a proprio carico. Ai fini del rispetto dei termini di prescrizione e decadenza, la notificazione si intende comunque perfezionata per il notificante nel momento in cui il suo gestore della casella di posta elettronica certificata gli trasmette la ricevuta di accettazione con la relativa attestazione temporale che certifica l’avvenuta spedizione del messaggio, mentre per il destinatario si intende perfezionata alla data di avvenuta consegna contenuta nella ricevuta che il gestore della casella di posta elettronica certificata del destinatario trasmette all’ufficio o, nei casi di cui al periodo precedente, nel quindicesimo giorno successivo a quello della pubblicazione dell’avviso nel sito internet della società InfoCamere Scpa. Nelle more della piena operatività dell’anagrafe nazionale della popolazione residente, per i soggetti diversi da quelli obbligati ad avere un indirizzo di posta elettronica certificata da inserire nell’INI-PEC, la notificazione può essere eseguita a coloro che ne facciano richiesta, all’indirizzo di posta elettronica certificata di cui sono intestatari, all’indirizzo di posta elettronica certificata di uno dei soggetti di cui all’articolo 12, comma 3, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, ovvero del coniuge, di un parente o affine entro il quarto grado di cui all’articolo 63, secondo comma, secondo periodo, del presente decreto, specificamente incaricati di ricevere le notifiche per conto degli interessati, secondo le modalità stabilite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate. Nelle ipotesi di cui al periodo precedente, l’indirizzo dichiarato nella richiesta ha effetto, ai fini delle notificazioni, dal quinto giorno libero successivo a quello in cui l’ufficio attesta la ricezione della richiesta stessa. Se la casella di posta elettronica del contribuente che ha effettuato la richiesta risulta satura, l’ufficio effettua un secondo tentativo di consegna decorsi almeno sette giorni dal primo invio. Se anche a seguito di tale tentativo la casella di posta elettronica risulta satura oppure nei casi in cui l’indirizzo di posta elettronica del contribuente non risulta valido o attivo, si applicano le disposizioni in materia di notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente, comprese le disposizioni del presente articolo diverse da quelle del presente comma e quelle del codice di procedura civile dalle stesse non modificate, con esclusione dell’articolo 149 bis del codice di procedura civile. (1) (2)

Note

(1) La Corte Costituzionale con sentenza 10 – 19 dicembre 2003, n. 360 ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’art. 60, ultimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), nella parte in cui prevede che le variazioni e le modificazioni dell’indirizzo del contribuente, non risultanti dalla dichiarazione annuale, hanno effetto, ai fini delle notificazioni, dal sessantesimo giorno successivo a quello della avvenuta variazione anagrafica”.

(2) La Corte Costituzionale, con sentenza 24 ottobre-7 novembre 2007, n. 366 ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 58, primo comma e secondo periodo del secondo comma, e 60, primo comma, lettere c), e) ed f), del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), e dell’articolo 26, ultimo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), nella parte in cui prevede, nel caso di notificazione a cittadino italiano avente all’estero una residenza conoscibile dall’amministrazione finanziaria in base all’iscrizione nell’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE), che le disposizioni contenute nell’articolo 142 del codice di procedura civile non si applicano”.


Come cambiano i rinnovi contrattuali nel pubblico impiego

A fissare le nuove regole è il testo della direttiva “madre” elaborata dal Dipartimento per la Funzione Pubblica: le nuove disposizioni ci fanno capire come cambiano adesso i rinnovi contrattuali nel pubblico impiego.

Nell’ambito dei rinnovi contrattuali per il triennio 2022-2024, il Ministro per la Pubblica Amministrazione, Paolo Zangrillo, ha delineato un approccio innovativo volto a migliorare le condizioni di lavoro e a consolidare il senso di appartenenza alle istituzioni.

Tra tutti i punti, in un contesto in cui le dinamiche organizzative e lavorative rivestono un ruolo sempre più centrale, è il welfare integrativo che emerge come chiave strategica per il rafforzamento del benessere del personale pubblico.

Scopriamo dunque quali saranno le nuove leve su cui si agirà nella formulazione e nelle trattative dei prossimi CCNL per tutti i dipendenti pubblici.

Come cambiano i rinnovi contrattuali nel pubblico impiego?

Il nuovo approccio pone al centro dell’attenzione la consapevolezza che la motivazione del dipendente pubblico non è limitata solo agli aspetti economici, ma è influenzata da una serie di fattori. La costruzione di condizioni organizzative adeguate, che abbraccino il benessere organizzativo e il senso di appartenenza, è vista come un catalizzatore straordinario per la motivazione del personale.

Welfare integrativo

In questo contesto, il welfare integrativo emerge come uno strumento cruciale per rendere il lavoro nella pubblica amministrazione altamente attraente, allineandolo alle condizioni offerte dal settore privato.

L’approccio innovativo è supportato dai risultati di studi di settore, che evidenziano come il welfare integrativo, orientato al benessere organizzativo e lavorativo, contribuisca in modo significativo all’aumento delle performance e alla creazione di un ambiente lavorativo positivo.

Questa direzione è stata delineata già nel rinnovo contrattuale 2016/2018, con l’introduzione graduale del welfare nella Pubblica Amministrazione, seguita dalla riformulazione dell’istituto nelle direttive successive.

Il Ministro Zangrillo ha ribadito l’importanza del welfare integrativo come leva strategica per rafforzare la Pubblica Amministrazione. Il documento sottolinea che la contrattazione nazionale dovrebbe promuovere il benessere del personale, prendendo in considerazione le diverse esigenze demografiche e familiari. Le possibili aree di intervento spaziano dal sostegno alla genitorialità alle prestazioni sanitarie, dall’istruzione alla mobilità sostenibile.

Sostegno alla genitorialità

In primo luogo, il documento fa riferimento al sostegno alla genitorialità come un’area chiave di intervento. Questo potrebbe includere politiche e iniziative che facilitano la conciliazione tra vita professionale e familiare, come orari di lavoro flessibili, servizi di assistenza all’infanzia o congedi parentali retribuiti. Riconoscere e sostenere le esigenze specifiche dei dipendenti genitori contribuisce a creare un ambiente lavorativo più favorevole e inclusivo.

Prestazioni sanitarie

Le prestazioni sanitarie rappresentano un altro settore di intervento cruciale. L’implementazione di programmi che coprono aspetti quali assicurazione sanitaria integrativa, accesso a servizi medici specializzati e iniziative di promozione della salute può contribuire significativamente al benessere fisico e mentale dei dipendenti pubblici. Questo tipo di supporto non solo influisce positivamente sulla salute individuale, ma può anche ridurre l’assenteismo e migliorare le performance lavorative complessive.

Istruzione

L’istruzione è identificata come un’altra area di intervento, suggerendo la possibilità di promuovere la formazione continua e lo sviluppo delle competenze tra i dipendenti pubblici. Questo potrebbe essere realizzato attraverso corsi di formazione, workshop o altre iniziative educative che migliorano le competenze professionali e personali dei lavoratori.

Agevolazioni fiscali e contributive

L’Artefice della contrattazione nazionale è chiamato a valorizzare gli istituti del welfare aziendale con agevolazioni fiscali e contributive. Inoltre, è prevista un’ampia contrattazione integrativa, considerata il livello più adatto per affrontare le specifiche esigenze e destinare una percentuale dei fondi per il trattamento accessorio al welfare.

Mobilità sostenibile

Infine, la mobilità sostenibile emerge come un obiettivo importante. Incentivare l’uso di mezzi di trasporto sostenibili non solo riduce l’impatto ambientale ma può anche migliorare la qualità della vita dei dipendenti, contribuendo a ridurre lo stress legato agli spostamenti.

Dotazione finanziaria

La dotazione finanziaria per i contratti 2022/24 raggiunge i 9,95 miliardi l’anno, rappresentando un aumento significativo rispetto alle tornate precedenti. Tuttavia, nonostante questo incremento, molto probabilmente potrebbe non essere sufficiente a coprire l’inflazione del triennio di riferimento, segnalando la complessità delle sfide economiche.

Formazione

Infine, la direttiva sottolinea anche l’importanza della formazione, richiedendo contratti che garantiscano almeno 24 ore annue di formazione per ogni dipendente. Questa enfasi sulla formazione è considerata un diritto-dovere del dipendente, un elemento cruciale per migliorare le performance e affrontare le sfide del mondo moderno del lavoro.

La promozione della formazione è, inoltre, indicata come un obiettivo di performance per i dirigenti, sottolineando l’importanza di un coinvolgimento attivo dei dipendenti e l’uso di strumenti a distanza per ottimizzare i costi.

L’accento sulla crescita delle capacità digitali e sulle competenze trasversali e manageriali riflette l’impegno per un adeguato esercizio della leadership da parte dei dirigenti.

Leggi: Atto di indirizzo quadro per i rinnovi contrattuali 2022-2024 per la PA


PNRR: superata la milestone europea sulle notifiche digitali

Sono 1.921 i Comuni che, grazie alle risorse PNRR, hanno completato con successo l’integrazione su SEND – Servizio Notifiche Digitali. Un risultato importante che ha permesso di raggiungere e superare ampiamente la milestone europea del PNRR di dicembre 2023, che prevedeva l’integrazione dei sistemi di notificazione di almeno 800 enti alla nuova piattaforma tecnologica nazionale. Il Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio dei ministri prosegue così nel percorso di digitalizzazione delle notifiche di atti amministrativi.

SEND, realizzata e gestita da PagoPA S.p.A. è una piattaforma che semplifica la gestione delle comunicazioni a valore legale inviate dalla PA (locale e centrale) a cittadini e imprese: notifiche riguardanti, ad esempio, esiti di pratiche amministrative, violazioni del codice della strada, avvisi di accertamento di tributi o rimborsi e tanto altro.

“La milestone europea del PNRR sulle notifiche digitali è stata non solo raggiunta, ma ampiamente superata. Con oltre 1.900 Comuni ora integrati su SEND, abbiamo realizzato un progresso significativo nella digitalizzazione delle notifiche, facilitando comunicazioni rapide, economiche e sicure non solo tra PA e cittadini, ma anche tra PA e imprese. Accedendo a SEND, un cittadino può visualizzare e gestire in modo totalmente digitale l’esito di una pratica amministrativa con un evidente risparmio di tempo e denaro.Questa piattaforma dimostra che semplificare i rapporti con la PA è un obiettivo non solo possibile ma essenziale e fortemente voluto da questo Governo”, ha dichiarato il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’innovazione tecnologica Alessio Butti.

“Siamo orgogliosi di avere contribuito ad assicurare il conseguimento di questo traguardo PNRR relativo alla piattaforma SEND, che abbiamo reso operativa insieme al Dipartimento per la Trasformazione Digitale a inizio luglio scorso. Avere più che raddoppiato, in meno di sei mesi, il numero di amministrazioni attese per fine 2023 a bordo del nuovo Servizio Notifiche Digitali è motivo di ulteriore soddisfazione e ci sprona a proseguire nella strategia di raccordo operativo costante con le istituzioni e i partner tecnologici che affiancano gli enti sul territorio. Una collaborazione essenziale per favorire l’adozione incrementale di SEND da parte di tutte le PA da qui al 2026 e offrire a sempre più cittadini i vantaggi della notificazione digitale”, ha commentato Alessandro Moricca, Amministratore Unico di PagoPA S.p.A.

Cos’è SEND

SEND, Servizio Notifiche Digitali (anche nota come Piattaforma Notifiche Digitali), nasce per innovare la comunicazione tra Stato e cittadini, sfruttando le opportunità del digitale per migliorare le possibilità di ricezione, gestione, controllo e conservazione delle comunicazioni a valore legale emesse dagli enti.

In particolare, SEND ha l’obiettivo di semplificare il processo di notificazione degli atti amministrativi verso cittadini e imprese, offrendo loro nuove opportunità per l’esercizio dei propri diritti e l’adempimento dei propri doveri con risparmio per la spesa pubblica, minori oneri di notifica per i destinatari ed un’esperienza utente più efficace. Grazie al nuovo servizio, i cittadini possono ricevere e consultare le comunicazioni delle PA aderenti in digitale dal proprio indirizzo PEC, accedendo online al sito di SEND o direttamente dall’app IO.

Per tutti coloro che non sono in possesso di un recapito digitale, o che non hanno effettuato l’accesso a SEND, sarà comunque previsto l’invio della raccomandata cartacea. In ogni caso, anche quando il destinatario riceve la comunicazione in formato cartaceo si tratta di un atto nativo digitale e depositato in digitale in piattaforma, con tutto ciò che ne consegue in termini di efficienza e sicurezza per le amministrazioni e i loro utenti.

Il target del PNRR e i numeri dell’Avviso

Il PNRR prevede delle milestone intermedie per raggiungere gli ambiziosi obiettivi del 2026. In particolare, entro dicembre 2023 era prevista l’integrazione di almeno 800 enti sulla piattaforma SEND. Per favorire questo processo è stato pubblicato a settembre del 2022 un Avviso da 200 milioni di euro su PA digitale 2026, che ha visto la partecipazione di circa 5.000 Comuni. Ad oggi, quelli già integrati e attivi sulla piattaforma sono 1.921, ed altri 3.688 hanno formalizzato la contrattualizzazione del partner tecnologico quale primo passo dell’iter di adesione. Numeri importanti, necessari per traghettare la PA italiana verso l’obiettivo di avere entro giugno 2026 almeno 6.400 enti attivi su SEND.


Cass. civ., Sez. V, Ord., (data ud. 24/11/2023) 16/01/2024, n. 1707

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA CIVILE

Composta da

Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere Rel.

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA Maria Giulia – Consigliere

Dott. CHIESI Gian Andrea – Consigliere

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 23682/2016 R.G. proposto da:

A.A. (C.F. Omissis), rappresentato e difeso dall’Avv. SABRINA VARRICCHIO (C.F. Omissis) e dall’Avv. DOMENICO PARRELLA (C.F. Omissis) in virtù di procura speciale in calce al ricorso, elettivamente domiciliato presso gli indirizzi digitali sabrinavarricchio@avvocatinapoli.legalmail.it e domenicoparrella2@avvocatinapoli.legalmail.it

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. Omissis), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12

– resistente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, Sezione staccata di Salerno, n. 3406/12/16 depositata in data 12 aprile 2016

nonché

sul ricorso iscritto al n. 9640/2018 R.G. proposto da:

A.A. (C.F. Omissis), rappresentato e difeso dall’Avv. SABRINA VARRICCHIO (C.F. Omissis) in virtù di procura speciale in calce al ricorso, elettivamente domiciliato presso l’indirizzo digitale sabrinavarricchio@avvocatinapoli.legalmail.it

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. Omissis), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, Sezione staccata di Salerno, n. 7186/02/17 depositata in data 25 agosto 2017

Udita la relazione svolta dal Consigliere Filippo D’Aquino nella camera di consiglio del 24 novembre 2024.

Svolgimento del processo
1. Il contribuente A.A., esercente l’attività di ristorazione, ha separatamente impugnato tre avvisi di accertamento relativi ai periodi di imposta (Omissis), (Omissis) e (Omissis) con i quali, a seguito di accesso e conseguente PVC, venivano accertati maggiori ricavi e le conseguenti imposte dirette e IVA.

2. La CTP di Salerno ha accolto i ricorsi riuniti.

3. La CTR della Campania, con sentenza in data 12 aprile 2016, ha accolto parzialmente l’appello dell’Ufficio. Ha ritenuto il giudice di appello che dalla contabilità aziendale emergevano diverse irregolarità, quali la mancata esibizione del dettaglio delle rimanenze finali e iniziali, la movimentazione del conto cassa in contanti, l’incongruenza degli acquisti con i risultati di esercizio, con particolare riferimento all’acquisto dei prodotti primari utilizzati dal ristorante (pesce e alici di menaica), il numero di portate rispetto al volume di affari dichiarato e i dati inseriti negli studi di settore, ritenendo sussistere sufficienti elementi indiziari tali da indurre la presunzione di inattendibilità della contabilità ai fini della metodologia analitico-induttiva applicata. Ha, poi, osservato che gli elementi contabili sulla base dei quali si è proceduto all’accertamento con la modalità analitico-induttiva (in particolare, periodo di apertura, numero coperti, prezzo medio e tipologia di pagamenti), sono stati rideterminati in contraddittorio con il contribuente. E’, stato, poi, valorizzato l’elemento indiziario del consumo di tovaglioli, nella specie di carta, utilizzati (cd. tovagliometro). Sotto questo profilo, il giudice di appello ha rilevato che l’Ufficio non aveva tenuto conto dello sfrido e aveva fatto applicazione del prezzo dei pasti determinato al momento dell’accesso e non alla data dei precedenti periodi di imposta, per cui ha ridotto gli importi accertati del 25%.

4. Propone ricorso per cassazione il contribuente, iscritto al n. 23682/2016 R.G., affidato a sei motivi, alcuni dei quali articolati in ulteriori diversi profili, ulteriormente subarticolati; l’ente impositore si è costituito ai fini della partecipazione all’udienza di discussione. Il ricorrente ha depositato memoria.

5. Dagli atti del fascicolo n. 9640/2018 R.G. emerge che il medesimo contribuente A.A. ha impugnato per revocazione la menzionata sentenza della CTR Campania n. 3406/12/16, oggetto del superiore giudizio, ritenendo che l’avere la sentenza impugnata applicato il tovagliometro in relazione ai tovaglioli di carta accertati rispetto a quelli acquistati nel periodo di imposta per la somministrazione dei pasti, fosse a monte viziato da un errore revocatorio del giudice di appello.

6. La CTR della Campania, Sezione staccata di Salerno, con sentenza in data 25 agosto 2017, ha rigettato l’impugnazione per revocazione, ritenendo che l’utilizzo del tovagliometro ha costituito punto controverso sul quale il giudice si è pronunciato.

7. Propone ricorso per cassazione il contribuente, affidato a tre motivi, cui resiste con controricorso l’Ufficio. Il ricorrente ha depositato memoria.

Motivi della decisione
CONSIDERATO CHE

1. Con il primo motivo del ricorso n. 23682/2016 R.G. si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione degli artt. 111 Cost., degli artt. 61 e 36 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e dell’art. 132 cod. proc. civ., deducendo nullità della sentenza per mancanza nella motivazione del minimo costituzionale. Osserva parte ricorrente come la sentenza sarebbe priva di percorso logico intellegibile, non avrebbe effettuato “alcuna attività di giudizio” e non avrebbe indicato il contenuto degli atti processuali esaminati.

2. Con il secondo motivo del medesimo ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza per non avere rilevato l’inammissibilità dell’atto di appello in violazione dell’art. 342 cod. proc. civ. e dell’art. 52 d.lgs. n. 546/1992. Osserva il ricorrente che l’appello dell’Ufficio sarebbe stato inammissibile per omessa esposizione dei fatti e per assenza di specifici motivi di impugnazione e mera riproduzione delle argomentazioni già sostenute dall’Ufficio in primo grado, senza che nell’appello fossero state confutate le ragioni del giudice di primo grado.

3. Con il terzo motivo del medesimo ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza “per acquiescenza sulla accertata inesistenza dei presupposti legittimanti l’accertamento induttivo” in violazione degli artt. 329 e 112 cod. proc. civ. Parte ricorrente riprende l’argomentazione secondo cui l’atto di appello non avrebbe censurato specificamente gli accertamenti contenuti nella sentenza impugnata, con conseguente acquiescenza “parziale” alla sentenza impugnata, con riferimento alla asserita insussistenza delle condizioni legittimanti l’accertamento “induttivo”.

4. Con il quarto motivo del medesimo ricorso si deducono plurimi profili di censura. Secondo un primo ordine di censure si deduce nullità della sentenza per “mancato o difettoso controllo di legittimità dell’accertamento impugnato dichiaratamente effettuato ai sensi dell’art. 39 c. 1 lett. d) del d.p.r. 600/73”. Con riferimento a tale aspetto si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per non avere la sentenza impugnata tenuto conto di tutte le domande ed eccezioni proposte dal contribuente, deducendo che non ricorrerebbe nella specie un rigetto implicito.

4.1. Sotto un secondo profilo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., nonché (ulteriormente) in relazione all’art. 115 e 116 cod. proc. civ. e all’art. 2097 (rectius art. 2697) cod. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che gli elementi contabili sono stati rideterminati in contraddittorio con il contribuente. Il ricorrente deduce che tale accertamento non corrisponda al vero e che sarebbero state omesse le censure esposte dal ricorrente in relazione alle irregolarità compiute dagli accertatori.

4.2. Sotto un terzo profilo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 39, primo comma, lett. d), D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, non sussistendo (nella sostanza) irregolarità gravi per ritenere complessivamente inattendibile la contabilità ai fini dell’accertamento emesso, tenuto conto della regolare tenuta del libro inventari, del libro dei corrispettivi e delle scritture contabili nel loro complesso e della compilazione degli studi di settore, per cui non sussisterebbero in fatto le irregolarità accertate dal giudice di appello.

4.3. Sotto un quarto profilo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione dell’art. 39, primo comma, lett. d), D.P.R. n. 600/1973, dell’art. 2697 cod. civ. e (ulteriormente) dell’art. 116 cod. proc. civ., “nullità della sentenza per mancato o difettoso controllo di legittimità della operata rideterminazione dei ricavi”, nella parte in cui la sentenza impugnata ha fatto ricorso allo strumento presuntivo del tovagliometro per rideterminare il numero e il costo dei pasti. Il ricorrente deduce come il ragionamento deduttivo del giudice di appello poggi su presunzioni prive di pregnanza indiziaria e non tenga conto delle deduzioni di parte contribuente, né della valutazione globale di tutte le risultanze istruttorie, anche in relazione alla presunzione del prezzo di vendita.

5. Con il quinto motivo del medesimo ricorso si deducono, ulteriormente, plurime censure. Con un primo profilo si deduce nullità della sentenza “per mancato o difettoso controllo di legittimità dell’accertamento operato in riferimento al non dichiarato art. 39 c. 2 lett. d) del d.p.r. 600/73”, violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. e (ulteriormente) in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., sotto il profilo della falsa applicazione dell’art. 39, secondo comma, lett. d), D.P.R. n. 600/1973, per avere il giudice di appello

considerato complessivamente inattendibile la contabilità del contribuente a dispetto della metodologia analitico-induttiva adottata dall’Ufficio; contesta, in ogni caso, l’esistenza dei presupposti per la metodologia induttiva pura in assenza di una inattendibilità complessiva della contabilità, sulla base dei rilievi già espressi in relazione ai profili precedentemente esposti.

5.1. Con un secondo profilo si deduce nullità della sentenza “per mancato o difettoso controllo di legittimità della operata rideterminazione del reddito”, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., ancora violazione dell’art. 39, secondo comma, lett. d), D.P.R. n. 600/1973, dell’art. 97 Cost.; si censura, inoltre, la violazione dell’art. 7 l. 27 luglio 2000, n. 212 e degli artt. 1 e 3 l. 7 agosto 1990, n. 241, per avere il giudice di appello ritenuto legittima la metodologia induttiva pura.

6. Con il sesto motivo del medesimo ricorso si deduce nullità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto di rideterminare una riduzione degli importi accertati nella misura del 25% sia in relazione allo sfrido dei tovaglioli, sia in relazione al prezzo medio dei pasti non dichiarati. Sotto un primo profilo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione dell’art. 42 D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e (ulteriormente), in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in quanto il giudice di appello, preso atto dell’illegittimità dell’accertamento, avrebbe dovuto annullare l’avviso nel suo complesso anziché rideterminarle nel merito.

6.1. Sotto un secondo profilo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma n. 4, cod. proc. civ., violazione del principio di diritto vivente circa la natura di impugnazione di merito del processo tributario ai sensi degli artt. 1, 2, 7 e 36 d. Lgs. n. 546/1992, in quanto in questo caso non ricorrerebbe ai fini della pronuncia di merito un profilo di infondatezza dell’accertamento, bensì un vizio formale, per essere il dato dello sfrido e del valore dei pasti assente o, comunque, erroneamente applicato nell’avviso impugnato. Contesta, in ogni caso, il ricorso all’equità.

6.2. Sotto un terzo profilo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione dell’art. 113 cod. proc. civ. Il ricorrente riprende la censura di cui al punto precedente e ritiene che l’equità non possa costituire un parametro alternativo al giudizio secondo diritto.

7. Con il primo motivo del ricorso per revocazione n. 9640/2018 R.G. si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per non essersi il giudice della revocazione pronunciato sulla domanda proposta dal ricorrente, secondo cui il giudice di appello avrebbe errato a ritenere che i tovaglioli non rinvenuti nelle rimanenze fossero stati utilizzati per la somministrazione di pasti. Parte ricorrente ripropone la questione sottoposta al giudice della revocazione, ove evidenziava che per uno dei periodi di imposta il libro degli inventari era stato depositato e che per gli altri periodi di imposta le rimanenze non sarebbero state evidenziate in contabilità perché “tutte le giacenze di fine anno sono state assoggettate ad autoconsumo” e che sarebbe stata emessa al riguardo autofattura per le giacenze non rinvenute.

8. Con il secondo motivo del ricorso per revocazione si deduce, in relazione all’art. 112 cod. proc. civ., omesso od erroneo esame delle domande e delle circostanze dedotte dal ricorrente. Il ricorrente premette che i verificatori avevano a disposizione il libro degli inventari e le autofatture evidenziate nel superiore profilo, osservando che il giudice di appello sarebbe incorso in errore di fatto, consistente nella erronea supposizione che tutti i tovaglioli acquistati sarebbero stati somministrati per i pasti, non avendo esaminato la deduzione di parte ricorrente, ove osservava che i tovaglioli non potevano rinvenirsi nella contabilità per le ragioni esposte al superiore profilo, né la relativa documentazione.

9. Con il terzo motivo del ricorso per revocazione si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., violazione dell’art. 395, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nonché violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., nelle parti in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che l’errore revocatorio non sarebbe escluso dalle risultanze documentali e nella parte in cui ha ritenuto che la circostanza dedotta dal ricorrente abbia costituito punto controverso sul quale il giudice si sarebbe pronunciato.

10. Deve preliminarmente procedersi alla riunione dei due procedimenti – riunendosi il proc. n. 9640/2018 R.G. al proc. n. 23682/2016 R.G., come peraltro già sollecitato dal ricorrente nelle memorie – in conformità alla consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo cui i ricorsi per cassazione contro la decisione di appello e contro quella che decide l’impugnazione per revocazione avverso la prima vanno riuniti in caso di contemporanea pendenza degli stessi in sede di legittimità; nonostante, difatti, si tratti di due gravami aventi ad oggetto distinti provvedimenti impugnati, la connessione esistente tra le due pronunce giustifica l’applicazione estensiva dell’art. 335 cod. proc. civ., potendo risultare determinante sul ricorso per cassazione contro la sentenza di appello l’esito di quello riguardante la sentenza di revocazione (Cass., Sez. Lav., 6 luglio 2022, n. 21315; Cass., Sez. V, 27 dicembre 2018, n. 33415; Cass., Sez. V, 9 febbraio 2018, n. 3177; Cass, Sez. V, 5 agosto 2016, n. 16435), benché i due procedimenti mantengano reciproca autonomia (Cass., Sez. V, 27 giugno 2019, n. 17236).

11. L’esame del ricorso n. 9640/2018 R.G. risulta, pertanto, pregiudiziale al ricorso n. 23682/2016 R.G. Il ricorso è inammissibile, conformemente all’eccezione articolata dal controricorrente, in quanto tardivo. La sentenza impugnata è stata depositata in data 25 agosto 2017, laddove il ricorso è stato notificato a mezzo PEC in data 19 marzo 2018, oltre il termine di decadenza dall’impugnazione (art. 327 cod. proc. civ.).

12. Le argomentazioni di parte ricorrente indicate in memoria sono destituite di fondamento, posto che la riduzione del termine cd. lungo di impugnazione (termine di decadenza dall’impugnazione) da un anno a sei mesi, disposta con riferimento all’ordinario rito civile, si applica anche ai giudizi tributari – in ragione del rinvio mobile all’art. 327, primo comma, cod. proc. civ. operato dall’art. 38, comma 3, d.lgs. n. 546/1992 nel caso in cui nessuna delle parti provveda alla notificazione della sentenza (Cass., Sez. V, 16 febbraio 2023, n. 4824).

13. Né può procedersi a rimessione in termini nella proposizione dell’impugnazione (come tardivamente chiesto dal ricorrente solo in memoria), posto che l’art. 153, secondo comma, cod. proc. civ., pur operando anche con riguardo al termine per proporre impugnazione, richiede la dimostrazione che la decadenza sia stata determinata da una causa non imputabile alla parte, perché cagionata da un fattore estraneo alla sua volontà che presenti i caratteri dell’assolutezza e non della mera difficoltà (Cass., Sez. III, 7 luglio 2023, n. 19384). Il ricorrente non ha addotto alcuna ragione in tal senso, salvo a dichiarare (in memoria) che la parte “ha dedicato alla questione della specialità della normativa sulla pubblicazione delle sentenze Tributarie e sui riflessi in relazione ai termini per l’impugnazione ex art. 327 c.p.c., una indagine che appare necessaria ed è stata adeguatamente illustrata”, la quale non costituisce fattore estraneo all’operato di un difensore, considerato che l’avvocato difensore è tenuto ad adempiere all’obbligazione inerente all’esercizio del mandato con la diligenza necessaria in relazione alla natura e all’importanza dell’attività professionale esercitata in concreto ex art. 1176, secondo comma, cod. civ. (Cass., Sez. U., 12 febbraio 2019, n. 4135).

14. Passandosi all’esame del primo ricorso, il primo motivo è infondato, in conformità al consolidato orientamento per cui la nullità della sentenza può essere predicata solo in caso di totale assenza del percorso logico che ha condotto il giudice di appello alla decisione, ovvero in caso di incomprensibilità dello stesso per apparenza della motivazione (Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053). Nella specie, il giudice di appello, con percorso argomentativo compiuto, ha ritenuto sussistenti i presupposti perché l’Ufficio procedesse ad accertamento analitico-induttivo, stanti la sussistenza di presunzioni dotate di gravità indiziaria e ha ritenuto corretto l’utilizzo del tovagliometro, riducendo nel merito gli importi in relazione alla mancata applicazione dello sfrido e della corretta determinazione del valore di transazione dei pasti in relazione ai periodi di imposta accertati.

15. Il secondo e il terzo motivo, i quali possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, nel processo tributario l’appello ha carattere devolutivo pieno, quale mezzo di gravame non limitato al controllo di vizi specifici, ma volto ad ottenere il riesame della causa nel merito (Cass., Sez. VI, 23 novembre 2018, n. 30525). Ne consegue che è ammissibile a termini dell’art. 53 d. lgs. n. 546/1992 un atto di appello in cui l’amministrazione si limiti a ribadire ed a riproporre le stesse ragioni ed argomentazioni poste a sostegno della legittimità del proprio operato già dedotte in primo grado (Cass., Sez. VI, 5 ottobre 2018, n. 24641; Cass., Sez. VI, 22 marzo 2017, n. 7369). Né l’enunciazione dei motivi di appello deve consistere in una formalistica enunciazione delle ragioni invocate a sostegno dell’appello, potendo i motivi essere ricavati, anche per implicito, dall’atto di impugnazione nel suo complesso (Cass., Sez. V, 21 novembre 2019, n. 30341), comprese le premesse in fatto, la parte espositiva e le conclusioni (Cass., Sez. VI, 24 agosto 2017, n. 20379). Inammissibile è, poi, la censura contenuta nel secondo motivo, secondo cui l’appello non avrebbe riprodotto l’esposizione dei fatti essenziali ai fini della decisione, per assenza di specificità.

16. Per l’effetto, l’intervenuta censura della sentenza nella sua totalità esclude l’acquiescenza (censura, peraltro, riguardo alla quale vi è difetto di specificità nella parte in cui si deduce che la censura sarebbe parziale). Né può ritenersi verificata una acquiescenza in ordine alle prove acquisite al processo e ritenute inammissibili dal giudice di primo grado, e ciò anche in assenza di una espressa impugnazione sul punto, in quanto sia il principio dell’acquiescenza (art. 329 cod. proc. civ.), sia quello della decadenza dalle domande non riproposte (art. 346 cod. proc. civ.) non trovano applicazione con riferimento alla valutazione dei mezzi istruttori operata dal giudice di prima istanza (Cass., Sez. V, 16 aprile 2008, n. 9917).

17. Il primo profilo del quarto motivo è infondato, posto che il giudice non è tenuto a indicare, sotto pena di nullità della sentenza analiticamente tutti gli atti processuali presi in esame, né a esaminare e confutare tutte le allegazioni delle parti (Cass., Sez. V, 2 aprile 2020, n. 7662; Cass., Sez. V, 30 gennaio 2020, n. 2153), essendo necessario e sufficiente che egli esponga concisamente le ragioni della decisione così da doversi ritenere implicitamente rigettate tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse (Cass., Sez. VI, 2 dicembre 2014, n. 25509; Cass., Sez. III, 20 novembre 2009, n. 24542). Le allegazioni non esaminate dal giudice di appello devono, pertanto, ritenersi implicitamente rigettate senza violazione del principio di cui all’art. 112 cod. proc. civ.

18. Inammissibile è il secondo profilo del quarto motivo, in quanto contrario a un accertamento in fatto compiuto dal giudice di appello (accertamento in contraddittorio tra le parti degli elementi di fatto in relazione ai quali è stata condotta la verifica), censurabile in sede di legittimità con il vizio di omesso esame di fatto storico (art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.).

19. Infondato è, inoltre, il terzo profilo del quarto motivo. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, il discrimine tra l’accertamento con metodo analitico induttivo e quello con metodo induttivo puro sta, rispettivamente, nella parziale o assoluta inattendibilità dei dati risultanti dalle scritture contabili: nel primo caso, la incompletezza, falsità o inesattezza degli elementi indicati non è tale da consentire di prescindere dalle scritture contabili, in quanto l’Ufficio accertatore deve limitarsi a completare le lacune riscontrate, utilizzando ai fini della dimostrazione dell’esistenza di componenti positivi di reddito non dichiarati anche presunzioni semplici aventi i requisiti di cui all’art. 2729 cod. civ.; nel secondo caso, invece, le omissioni o le false o inesatte indicazioni devono essere così gravi, numerose e ripetute da inficiare l’attendibilità – e dunque l’utilizzabilità, ai fini dell’accertamento – anche degli altri dati contabili (apparentemente regolari); sicché l’amministrazione finanziaria può prescindere, in tutto o in parte, dalle risultanze del bilancio e delle scritture contabili in quanto esistenti ed è legittimata a determinare l’imponibile in base ad elementi meramente indiziari, anche se inidonei ad assurgere a prova presuntiva (Cass., Sez. V, 29 dicembre 2022, n. 38112; Cass., 4 ottobre 2022, n. 28747; Cass., Sez. V, 9 maggio 2022, n. 14676; Cass., Sez. V, 18 dicembre 2019, n. 33604; Cass., Sez. V, 8 marzo 2019, n. 6861).

20. Parimenti, l’accertamento analitico-induttivo si differenzia dall’accertamento analitico in quanto l’Agenzia delle Entrate ricostruisce le maggiori imposte con un ragionamento deduttivo fondato su presunzioni semplici, che non hanno ad oggetto il reddito nella sua totalità, ma singole poste, delle quali viene provata aliunde l’inesattezza (Cass., Sez. V, 21 marzo 2018, n. 7025). L’accertatore prende atto della incompletezza degli elementi indicati dal contribuente, completando le lacune riscontrate utilizzando – ai fini della dimostrazione dell’esistenza di componenti positivi di reddito non dichiarati – presunzioni semplici aventi i requisiti di cui all’art. 2729 cod. civ. (Cass., Sez. V, 18 dicembre 2019, n. 33604) e che possono essere fondate anche su un unico elemento indiziario, purché preciso e grave (Cass., Sez. V, 14 ottobre 2020, n. 22184) e incentrati anche sulla sola antieconomicità. Nella specie, il giudice di appello ha ritenuto che la contabilità, pur formalmente tenuta, fosse complessivamente inattendibile per effetto di diverse irregolarità (indicate in narrativa), quali mancata esibizione del dettaglio delle rimanenze, movimentazione del conto cassa in contanti, incongruenze tra acquisti e utilizzo di materie prime, incongruenza dei ricavi dichiarati con quelli degli studi di settore (ciò a denotare l’antieconomicità), circostanze assunte a presupposto del corretto utilizzo della metodologia accertativa applicata.

21. Inammissibile è, invece, l’ultimo profilo del quarto motivo, in quanto diretto a confutare l’apprezzamento delle prove e, in particolare, degli elementi indiziari da parte del giudice di appello (sostanzialmente incentrati sull’utilizzo del tovagliometro), non consentito in sede di legittimità.

22. Il quinto motivo è inammissibile in relazione ad entrambi i profili denunciati, in quanto non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata, incentrata – come si è visto supra – sull’utilizzo della metodologia analitico-induttiva e non su quella induttiva pura.

23. I primi due profili del sesto motivo sono infondati in quanto, come del resto riconosce lo stesso ricorrente, il processo tributario è annoverabile tra quelli di impugnazione-merito, in quanto volto a una decisione sostitutiva dell’accertamento dell’Ufficio, sicché il giudice, ove ritenga invalido l’avviso di accertamento per motivi non formali, ma di carattere sostanziale, non può limitarsi al suo annullamento ma deve esaminare nel merito la pretesa impositiva e ricondurla alla corretta misura (Cass., Sez. V, 23 dicembre 2020, n. 29364; Cass., Sez. V, 10 settembre 2020, n. 18777; Cass., Sez. VI, 15 ottobre 2018, n. 25629; Cass., Sez. V, 20 marzo 2013, n. 6918).

24. Né può sostenersi che l’accoglimento parziale dell’appello (e il conseguente annullamento parziale dell’accertamento) consegua nella specie al riscontro di vizi di legittimità o metodologici dell’atto, in quanto il giudice ha accertato nel merito l’infondatezza parziale della pretesa impositiva, per non avere l’atto impugnato affrontato il tema dello sfrido e affrontato erroneamente il tema del valore di transazione del pasto, in relazione ai quali è stata applicata una riduzione forfetaria degli importi accertati.

25. L’ultimo profilo del sesto motivo è infondato. Ciò che è precluso al giudice tributario è il fare uso di poteri di equità sostitutiva, dovendo fondare la propria decisione su giudizi estimativi, di cui deve dar conto in motivazione in rapporto al materiale istruttorio (Cass., Sez. V, 18 maggio 2023, n. 13726; Cass., Sez. V, 25 giugno 2019, n. 16960), dovendo il giudice dare conto delle risultanze del materiale istruttorio (Cass., Sez. V, 5 aprile 2022, n. 10875; Cass., Sez. VI, 23 marzo 2018, n. 7354). Non ricorre, pertanto, l’equità sostitutiva ove il giudice di appello ha effettuato un giudizio estimativo, riducendo le pretese dell’Amministrazione finanziaria (Cass., Sez. VI, 21 dicembre 2015, n. 25707; Cass., Sez. V, 24 febbraio 2020, n. 4442), vuoi perché ha ritenuto parzialmente sfornita di prova la pretesa impositiva, vuoi perché ha accolto in parte le prove offerte dal contribuente. Nella specie, il giudice di appello ha effettuato un giudizio estimativo, ritenendo che l’avviso impugnato fosse carente nella parte in cui non aveva considerato l’utilizzo dei tovaglioli di carta per altri scopi, come in caso di sfrido e fosse erroneo nell’avere considerato il prezzo unitario dei pasti alla data dell’accesso, laddove si sarebbe dovuto fare riferimento ai menu dei tre esercizi oggetto di accertamento. In relazione a tali carenze istruttorie, il giudice ha compiuto un giudizio estimativo, riducendo forfetariamente gli importi accertati del 25%. La sentenza impugnata ha, pertanto, fatto corretta applicazione dei suindicati principi. Il primo ricorso va, pertanto, rigettato.

26. Le spese di entrambi i giudizi, i quali come evidenziatosi supra, mantengono la reciproca autonomia, seguono la soccombenza in relazione al secondo giudizio e si liquidano come da dispositivo, mentre per il primo giudizio non vi è luogo a provvedere sulle spese, in assenza di difese scritte del resistente. Sussistono in relazione a entrambi i giudizi i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.
La Corte dispone la riunione del ricorso n. 9640/2018 R.G. al ricorso n. 23682/2016 R.G.; dichiara inammissibile il ricorso n. 9640/2018 e rigetta il ricorso n. 23682/2016; condanna il ricorrente del giudizio n. 9640/2018 R.G. al pagamento delle spese processuali in favore della controricorrente, che liquida in complessivi Euro 5.800,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente per entrambi i ricorsi, ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228L. 24/12/2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per i suddetti ricorsi, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

Conclusione
Così deciso in Roma, in data 24 novembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 16 gennaio 2024.


Avvisi di Addebito INPS

Dalla Circolare A.N.N.A. “Circolare 2015-001 Avviso di Addebito – Notifica tramite Messi Comunali 2015”

A tutt’oggi non risulta che l’Agenzia delle Entrate abbia diramato disposizioni in tal senso e quindi ritornando a quanto più sopra specificato in merito all’applicazione dell’art. 60 del D.P.R. 600/1973, va ribadito il principio richiamato nella circolare n. 16 del 27 gennaio 2000, secondo cui si applica il particolare procedimento di notificazione delle imposte dei redditi solo se una norma di settore lo prevede espressamente, e poiché l’art. 30 del D.L. 78/2010 non lo prevede, per la notificazione degli AVA si applicherà esclusivamente il procedimento ordinario e cioè gli artt. 137 c.p.c. e seguenti, compreso l’art. 143 c.p.c. ricomponendo così tutti i dubbi che una diversa interpretazione comporterebbe.

Si riporta quanto previsto nella convenzione stipulata dal Comune di Roma Capitale e l’I.N.P.S:

Visto che ad oggi sono state sottoscritte più convenzioni con altrettanti Comuni e pervenute all’Istituto richieste di adattamenti e modifiche del testo da parte di A.N.N.A. (Associazione Nazionale Notifiche Atti) oltre che da alcuni enti locali che per procedere nelle notifiche vorrebbero concordare modalità operative e/o compensi diversi da quelli previsti nella convenzione quadro di cui alla determinazione n. 87/2015;

Preso atto che la convenzione è stipulata sulla base dell’art. 30, commi 1 e 4, del d.l. n. 78/2010, sopra citato e che, in ogni caso, Roma Capitale è tenuta a procedere alle notifiche secondo le norme di legge vigenti, nel testo convenzionale in esame, come richiesto da Roma Capitale, è stato eliminato nelle premesse il riferimento al DPR n. 600/1973 e nell’art. 3 il riferimento all’art. 60 del DPR sopra citato e quello all’art. 140 c.p.c., che disciplinano rispettivamente le modalità di notifica degli atti nei casi di irreperibilità assoluta e relativa;


Notifica via pec è nulla se il deposito delle ricevute di accettazione e consegna sono in formato pdf

La Corte Suprema di Cassazione si è pronunciata sulle conseguenze derivanti dal deposito telematico di un atto giudiziario notificato a mezzo pec senza le ricevute di accettazione e consegna in formato “eml” o “msg” con la sentenza n. 16189, pubblicata l’8 giugno 2023.
Sulla scorta di un decreto di omologa della separazione, una signora notificava all’ex marito un atto di precetto con il quale intimava a quest’ultimo il pagamento di una consistente somma di denaro per il protratto inadempimento del versamento dell’assegno di mantenimento della figlia.
Il precetto veniva opposto dall’ex marito. All’esito del giudizio di opposizione (espressamente qualificato come opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c.), nella contumacia della intimante, il Tribunale dava ragione all’opponente, dichiarando la nullità dell’intimazione.
Pertanto, l’ex moglie, investiva della questione la Corte Suprema di Cassazione deducendo, con un unico motivo, la nullità della sentenza del Tribunale, rilevabile anche d’ufficio, per estensione di quella concernente la notificazione a mezzo PEC della citazione introduttiva del giudizio di opposizione.
Pertanto, l’ex moglie, investiva della questione la Corte Suprema di Cassazione deducendo, con un unico motivo, la nullità della sentenza del Tribunale, rilevabile anche d’ufficio, per estensione di quella concernente la notificazione a mezzo PEC della citazione introduttiva del giudizio di opposizione.
Secondo la ricorrente, il deposito dell’atto di citazione in opposizione al precetto, la cui notifica era stata effettuata a mezzo PEC, era illegittimo in quanto l’opponente aveva depositato l’atto di opposizione notificato mediante il deposito della copia analogica del messaggio di posta elettronica certificata (ricevuta di accettazione e consegna) e degli atti allegati scansionati in formato pdf, senza allegare i files in formato “eml” o in formato “msg”.
Il motivo del ricorso è stato ritenuto fondato dalla Corte Suprema di Cassazione la quale ha dichiarato la nullità del giudizio di merito, svoltosi in unico grado, e rinviato la causa al Tribunale di provenienza, in persona di diverso magistrato, per un nuovo esame, affermando il seguente principio di diritto: “In tema di notificazione a mezzo posta elettronica certificata, la violazione delle forme digitali previste dalla L. n. 53 del 1994, artt. 3-bis, comma 3, e 9 nonché dall’art. 19-bis delle “specifiche tecniche” date con provvedimento 16 aprile 2014 del Responsabile per i Sistemi Informativi Automatizzati del Ministero della giustizia – che impongono il deposito in PCT dell’atto notificato, delle ricevute di accettazione e consegna in formato “.eml” o “.msg” e dell’inserimento dei dati identificativi delle suddette ricevute nel file “datiAtto.xml” -, previste in funzione non solo della prova ma anche della validità dell’atto processuale (arg. ex art. 11 della stessa L. n. 53 del 1994), determina, salvo che sia impossibile procedere al deposito con modalità telematiche dell’atto notificato a norma dell’art. 3-bis legge cit. (nel qual caso l’avvocato fornisce prova della notificazione estraendo copia su supporto analogico del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna e ne attesta la conformità ai documenti informatici da cui sono tratte ai sensi del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, art. 23, comma 1: L. n. 53 del 1994, art. 9, commi 1-bis e 1-ter), la nullità della notificazione:
atteso, per un verso, che soltanto il rispetto delle predette forme (le quali permettono, attraverso l’apertura del file, di verificare la presenza dell’atto notificato nella disponibilità informatica del destinatario) consente di ritenere provato il raggiungimento dello scopo legale dell’atto processuale di notificazione che, a differenza della comunicazione, non ha la funzione di portare la semplice notizia di un altro atto processuale, ma la diversa funzione di realizzarne la tempestiva consegna, nella sua interezza, al destinatario per consentirgli di esercitare appieno il diritto di difesa e al contraddittorio; e considerato, per altro verso, che tale dimostrazione non è invece consentita ove il deposito dell’atto notificato a mezzo PEC e delle ricevute di accettazione e consegna avvenga in diverso formato (ad es. in formato PDF), salvo che, in concreto desunta aliunde, sulla base delle circostanze emerse nella fattispecie concreta, nel qual caso la nullità è sanata per convalidazione oggettiva, ai sensi dell’art. 156, comma 3, c.p.c.”. Gli Ermellini, nell’affermare il suddetto principio di diritto, hanno osservato che:

  • ai sensi della legge n. 53 del 1994, artt. 3-bis, comma 3, e 9 (ed avuto riguardo anche all’art. 19-bis del Provvedimento del Responsabile S.I.A. del 16 aprile 2014), la prova della notifica a mezzo PEC deve essere offerta esclusivamente con modalità telematica mediante il deposito nel processo civile telematico dell’atto notificato, delle ricevute di accettazione e consegna in formato “.eml” o “.msg” e dell’inserimento dei dati identificativi delle suddette ricevute nel file “DatiAtto.xml”;
  • solo nel caso in cui non si possa procedere al deposito dell’atto notificato a mezzo pec con modalità telematiche, l’avvocato estrae copia su supporto analogico del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna e ne attesta la conformità ai documenti informatici da cui sono tratte, ai sensi del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, art. 23, comma 1, (L. n. 53 del 1994, cit., art. 9, comma 1-bis);
  • nel caso in cui, una volta effettuata la notifica dell’atto a mezzo di posta elettronica certificata, la parte non sia in grado di fornirne la prova ai sensi della L. n. 53 del 1994, art. 9, comma 1-bis, la violazione delle forme digitali non determina l’inesistenza della notifica dell’atto medesimo, bensì la sua nullità, vizio che può essere sanato per convalidazione oggettiva (art. 156, comma 3, c.p.c.), ove l’atto abbia raggiunto comunque lo scopo cui è destinato;
  • la configurazione del vizio in termini di nullità, anziché di inesistenza, è conforme al disposto di cui alla legge n. 53 del 1994, art. 11, il quale prevede la sanzione della nullità, comunque rilevabile d’ufficio, per le notificazioni previste dalla medesima legge in mancanza dei requisiti soggettivi ed oggettivi ivi stabiliti, nonché in caso di inosservanza dei precedenti articoli della stessa legge, oltre che nell’ipotesi di incertezza sulla persona cui è stata consegnata la copia dell’atto o sulla data della notifica;
  • la configurazione della nullità e non dell’inesistenza, è conforme, anche all’orientamento degli stessi giudici di legittimità secondo il quale la violazione delle forme digitali non integra una causa di inesistenza della notifica, unico vizio che non ammette la sanatoria per il raggiungimento dello scopo;
  • la prova che l’atto sia stato portato nella disponibilità del notificando – ove non risulti da altre specifiche circostanze verificatesi nel caso concreto (come, ad es., nell’ipotesi in cui il suo difensore, nell’ambito di uno scambio di corrispondenza difensiva con il difensore del notificante, provveda a ritrasmettergli la copia ricevuta dell’atto notificato) – viene data istituzionalmente solo mediante il deposito telematico delle ricevute di accettazione e consegna in formato “.eml” e “.msg” e mediante l’inserimento dei relativi dati identificativi nel file “Dati.Atto.xml”, l’accesso al quale consente di verificare la presenza dell’atto nella disponibilità del destinatario;
  • il solo deposito dell’atto notificato a mezzo PEC e delle ricevute di accettazione e consegna in formato PDF non consente analoga prova.