Cass. civ. Sez. V, Sent., (ud. 12-12-2018) 24-05-2019, n. 14177

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA E. Luigi – Consigliere –

Dott. NONNO G. Maria – rel. Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 3007/2011 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

AGESP s.p.a. (c.f. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore, e C.F., elettivamente domiciliati in Roma, via Oriani n. 32, presso lo studio degli avv.ti Giuseppe Di Masi e Giuseppe Berti, che li rappresentano e difendono giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrenti –

e nei confronti di:

AGESP s.p.a. (c.f. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 122/02/09, depositata il 16 dicembre 2009.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 12 dicembre 2018 dal Cons. Giacomo Maria Nonno.

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa Zeno Immacolata, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Udito l’avv. Giammario Rocchitto per la ricorrente e l’avv. Giuseppe Berti per i controricorrenti.

Svolgimento del processo
1. Con sentenza n. 122/02/09 del 16/12/2009 la CTR della Lombardia dichiarava inammissibile l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza n. 143/12/07 della CTP di Varese, che aveva accolto i ricorsi riuniti della AGESP s.p.a., cf. (OMISSIS) (hinc Incorporante), e dal sig. C.F., in proprio e nella qualità di legale rappresentante della AGESP s.p.a., c.f. (OMISSIS) (hinc Incorporata), avverso l’avviso di accertamento, notificato a quest’ultima, per IRPEG, IRAP e IVA relative all’anno d’imposta 2003.

1.1. Il giudice di appello premetteva che: a) l’Incorporata si era estinta a seguito di incorporazione nell’Incorporante in epoca antecedente alla notificazione dell’avviso di accertamento; b) pertanto, in ragione della inesistenza della notifica dell’avviso di accertamento nei confronti di un soggetto già estinto, la CTP “accoglieva il ricorso e, per l’effetto, annullava l’avviso di accertamento”; c) la sentenza della CTP era impugnata dalla Agenzia delle entrate nei confronti di C.F., in proprio e nella qualità di ex legale rappresentante della Incorporata; d) l’Incorporante interveniva nel giudizio di appello.

1.2. La CTR motivava l’inammissibilità dell’appello proposto dall’Ufficio evidenziando che: a) il ricorso in appello era stato proposto nei soli confronti della Incorporata, cioè di un “soggetto non più esistente a seguito della fusione con la società incorporante”; b) detto ricorso avrebbe dovuto essere correttamente notificato alla Incorporante, essendo quest’ultima divenuta, a seguito dell’estinzione della società incorporata, il solo soggetto passivo del rapporto; c) ne conseguiva l’inammissibilità dell’appello – non proposto nei confronti dell’unico soggetto legittimato, che era l’Incorporante – con la conseguente conferma della decisione del primo giudice.

2. L’Agenzia delle entrate impugnava la sentenza della CTR con tempestivo ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.

3. La Incorporante e il sig. C. resistevano con controricorso e depositavano memoria ex art. 380 c.p.c., bis.1.

4. Con ordinanza resa all’esito dell’udienza del 20/03/2018, questa Corte, ritenuti insussistenti i presupposti di legge per la trattazione della controversia in camera di consiglio, ne disponeva il rinvio alla pubblica udienza.

Motivi della decisione
1. Vanno prima di tutto esaminate le eccezioni pregiudiziali proposte da parte controricorrente, che sono infondate.

1.1. In primo luogo, va evidenziato che, ai sensi del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, art. 72, l’Agenzia delle entrate può avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato ex art. 43 T.U. approvato con R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611 e successive modificazioni, senza la necessità di speciali autorizzazioni (Cass. n. 12152 del 18/03/2005; Cass. n. 24623 del 20/11/2006), restando i rapporti tra il Direttore dell’Agenzia e l’Avvocatura erariale in ambito puramente interno (Cass. n. 28325 del 07/11/2018), sicché non c’è necessità di alcuna procura scritta rilasciata all’Avvocatura ex art. 82 c.p.c. perchè quest’ultima rappresenti in giudizio l’Agenzia, derivando il potere di rappresentanza direttamente dalla legge.

1.2. Secondariamente, la difesa erariale ha correttamente censurato le uniche statuizioni della CTR, che si è limitata ad esaminare alcune questioni processuali senza entrare nel merito della pretesa fiscale. Ne consegue che questa Corte, in assenza di una pronuncia sul merito della CTR, non potrebbe in alcun caso affrontare le questioni ritenute assorbite.

2. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2504 bis c.c. e degli artt. 110, 300 e 330 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, evidenziando l’erroneità della sentenza della CTR nella parte in cui ha ritenuto l’inammissibilità dell’appello in ragione della sua notificazione a soggetto estinto per incorporazione, non producendo la fusione per incorporazione l’estinzione della società incorporata.

3. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 331 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, evidenziandosi che la notificazione del ricorso in appello a C.F., in proprio e nella qualità di legale rappresentante della Incorporata, ha pregiudicato unicamente il litisconsorzio necessario di natura processuale, pregiudizio, peraltro, sanato con la spontanea costituzione dell’Incorporante.

4. I primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente, involgendo questioni connesse.

4.1. Va premesso che il giudizio di primo grado si è svolto nei confronti sia della Incorporante che di C.F., in proprio e nella qualità di legale rappresentante dell’Incorporata. Le parti hanno proposto autonomi ricorsi, poi riuniti e decisi dalla CTP di Varese, che – preso atto dell’estinzione della Incorporata a seguito della fusione per incorporazione, intervenuta sotto la vigenza del nuovo art. 2504 bis c.c. e in epoca antecedente alla notificazione, nei soli confronti dell’Incorporata, dell’avviso di accertamento – ha ritenuto l’inesistenza di tale ultima notificazione, annullando l’atto impositivo.

4.1.2. L’Agenzia delle entrate ha appellato la sentenza della CTP unicamente nei confronti di C.F., in proprio e nella qualità di legale rappresentate dell’Incorporata, anche se nel giudizio di appello è intervenuta anche l’Incorporante.

4.2. La CTR ha ritenuto che l’appello proposto nei confronti dell’Incorporata e non già nei confronti dell’Incorporante, unico soggetto legittimato a seguito della vicenda estintiva che ha interessato la società incorporata, deve ritenersi inammissibile, con conseguente conferma della sentenza di primo grado.

4.3. Orbene, la statuizione della CTR secondo la quale l’appello avrebbe dovuto essere proposto nei confronti della Incorporante e non già dell’Incorporata è sostanzialmente conforme a diritto, con conseguente rigetto del primo motivo di ricorso, ma la motivazione che fa leva sulla estinzione della Incorporata a seguito della fusione va corretta ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 4.

4.4. Invero, “la fusione tra società non determina, nelle ipotesi di fusione per incorporazione, l’estinzione della società incorporata, nè crea un nuovo soggetto di diritto nell’ipotesi di fusione paritaria, ma attua l’unificazione mediante l’integrazione reciproca delle società partecipanti alla fusione, risolvendosi in una vicenda meramente evolutivo-modificativa dello stesso soggetto giuridico, che conserva la propria identità, pur in un nuovo assetto organizzativo” (Cass. S.U. n. 2637 del 08/02/2006, le cui motivazioni sono riprese da Cass. S.U. n. 19698 del 17/09/2010; si vedano, altresì, Cass. n. 12119 del 16/05/2017; Cass. n. 18188 del 16/09/2016; Cass. n. 24498 del 18/11/2014; Cass. n. 3820 del 15/02/2013).

4.4.1. Diversa è la situazione dell’estinzione conseguente alla cancellazione della società dal registro delle imprese per cessazione o per completamento delle attività di liquidazione, in base alla considerazione che, “nell’incorporazione per fusione, la società incorporante, già prima della citata novella del 2003, partecipando essa stessa alla fusione, non è mai totalmente distinta dalla parte già costituita, onde quel tipo di operazione dipende interamente dalla volontà degli stessi organi delle due società che ne sono protagoniste, ivi compresa l’incorporante che è destinata a subentrare nella posizione processuale dell’incorporata” (Cass. S.U. 13 marzo 2013, n. 6070).

4.4.2. Il principio, che ha portata innovativa rispetto alla disciplina previgente (secondo la quale la fusione per incorporazione determinava l’automatica estinzione della società), implica che, a seguito di fusione per incorporazione, il processo in cui è parte la società incorporata non si interrompe, avuto conto del fatto che tale soggetto non si estingue (conclusione, peraltro, cui era già pervenuta la giurisprudenza sotto la vigenza del vecchio art. 2504 bis c.c., come sottolineato dalla citata Cass. S.U. n. 19698 del 2010; cfr. anche Cass. n. 1376 del 26/01/2016; Cass. n. 21482 del 25/10/2016).

4.4.3. Tuttavia, il menzionato principio non è in grado di fondare la legittimazione della società incorporata anche al di là del giudizio nel corso del quale la fusione è intervenuta, salva la tutela della controparte processuale, non tenuta ad una perpetua consultazione delle risultanze del registro delle imprese (si veda, in motivazione, Cass. S.U. n. 19698 del 2010, cit.).

4.4.4. Sotto quest’ultimo profilo, già sotto la vigenza dell’art. 2504 bis c.c. ante riforma, è stato ritenuto che: a) l’estinzione della società incorporata a seguito di fusione per incorporazione verificatasi solo nel corso del giudizio di legittimità non determina l’inammissibilità del ricorso proposto avverso la stessa, non potendo procedersi nel giudizio per Cassazione ai necessari accertamenti di fatto (Cass. n. 22918 del 09/10/2013); b) l’impugnazione è validamente notificata al procuratore costituito di una società che, successivamente alla chiusura della discussione (o alla scadenza del termine di deposito delle memorie di replica) si sia estinta per incorporazione, se l’impugnante non abbia avuto notizia dell’evento modificatore della capacità della giuridica mediante la notificazione di esso (Cass. S.U. n. 19509 del 14/09/2010); c) più in generale, la parte non colpita dall’evento estintivo può notificare validamente l’atto di citazione in appello non solo nei confronti della società incorporante, ma anche nei confronti della società incorporata e nonostante la regolare pubblicazione nel registro delle imprese dell’atto di fusione, a meno che l’appellante sia stato edotto dell’estinzione di quest’ultima mediante qualsiasi atto idoneo a comunicare il fatto al destinatario in modo certo e documentalmente dimostrabile (Cass. n. 28664 del 27/12/2013).

4.4.5. Al di là di queste primarie esigenze di tutela della controparte, che a maggior ragione possono essere riconosciute anche nel nuovo regime, non si ritiene che la modifica dell’art. 2504 bis c.c. abbia introdotto una generalizzata legittimazione attiva e passiva della società incorporata all’impugnazione, come sembrano inferire alcune pronunce di questa Corte (cfr. Cass. n. 24498 del 2014, cit.; Cass. n. 18188 del 2016, cit.).

4.4.6. Le menzionate pronunce fanno leva, in particolare, sulla circostanza che la fusione comporta un mutamento formale di un’organizzazione societaria già esistente, ma non la creazione di un nuovo ente, che si distingua dal vecchio, per cui la società incorporata sopravvive in tutti i suoi rapporti, anche processuali, alla vicenda modificativa nella società incorporante.

4.4.7. A fronte di queste pronunce, altro orientamento evidenzia che la riforma del 2003 “mostra di dare risalto alla continuazione dell’attività sociale delle società che si fondono (o vengono incorporate) nel nuovo soggetto giuridico risultante dalla fusione, ove per “nuovo” deve intendersi un soggetto rinnovato rispetto al precedente assetto sociale e patrimoniale delle società partecipanti all’operazione. Sintomatica, in tal senso, appare la dizione contenuta nell’art. 2504 bis c.c., comma 1, secondo cui la società risultante dalla fusione o quella incorporante (nel caso – come quello in esame – di fusione per incorporazione) assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti anteriori alla fusione, lasciando intendere con il verbo “proseguire” che, a seguito dell’operazione di fusione, ha luogo la prosecuzione dei rapporti giuridici nel soggetto unificato, quale centro unitario di imputazione di tutti i rapporti preesistenti. La stessa conclusione è valida anche con riguardo ai rapporti processuali e ciò, all’evidente fine, di evitare irragionevoli interruzioni del giudizio, contrarie, peraltro, ai principi del giusto processo” (così, in motivazione, Cass. n. 3820 del 15/02/2013).

4.4.8. La finalità della riforma, pertanto, è quella di valorizzare, nel caso della fusione per incorporazione, la continuità giuridica dell’attività del soggetto incorporato nel soggetto incorporante, onde evitare irragionevoli interruzioni del processo, ma non certo quella di procrastinare a tempo indeterminato l’esistenza della società incorporata.

4.5. Il Collegio ritiene che tale ultima interpretazione sia maggiormente conforme al tenore letterale dell’art. 2504 bis c.c., comma 1, nonché alla ratio della riforma del 2003, come più sopra delineata.

4.5.1. La menzionata disposizione, infatti, prevede il trasferimento alla società incorporante di tutte le posizioni attive e passive già facenti capo all’incorporata e, quindi, la legittimazione attiva e passiva della prima come soggetto che prosegue l’attività della seconda, non già la permanenza in vita della società incorporata fino alla cessazione dei rapporti che la riguardano, che implicherebbe anche una anomala e non prevista prorogatio sine die dei suoi organi rappresentativi. E la mancata previsione della estinzione di quest’ultima connota proprio la prosecuzione in altro soggetto, con l’assunzione di una nuova struttura organizzativa, anche sotto il profilo della rappresentanza esterna, alla quale sono imputate tutte le obbligazioni.

4.5.2. Una lettura di analogo tenore è sottesa a Cass. n. 12119 del 16/05/2017, che ha ritenuto che la società incorporante non potesse accedere alla rateizzazione dalla quale era già decaduta la società incorporata; di Cass. n. 27762 del 11/12/2013, che ha sottolineato come la mancata estinzione della società incorporata consente alla società incorporante di subentrare nel mandato per la gestione di un credito, mandato che non si estingue; e, soprattutto, di Cass. n. 17050 del 11/08/2016, che ha ritenuto che il decreto di convocazione ex art. 15 L. Fall. va notificato alla società incorporante e non già alla società incorporata, che “assume i diritti e gli obblighi della prima e ne prosegue tutti i rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione, pur conservando la suddetta società la propria identità per l’eventuale dichiarazione di fallimento”.

4.6. Va, dunque, enunciato il seguente principio di diritto: “in ipotesi di fusione per incorporazione ex art. 2504 bis c.c. (nel testo risultante dalle modifiche apportate dal D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6), intervenuta in corso di causa, la legittimazione attiva e passiva all’impugnazione spetta alla sola società incorporante, cui sono stati trasferiti i diritti e gli obblighi della società incorporata e che prosegue in tutti i rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione facenti capo alla società incorporata, salva la possibilità della controparte che, nonostante l’iscrizione nel registro delle imprese, non sia stata resa edotta della intervenuta fusione di notificare l’atto di impugnazione anche nei confronti di quest’ultima”.

4.7. Nel caso di specie, l’Agenzia delle entrate era stata certamente posta a conoscenza della fusione quanto meno nel corso del giudizio di primo grado, tenuto conto che l’avviso di accertamento, notificato alla Incorporata, è stato impugnato anche dalla Incorporante. Ne consegue che l’Ufficio avrebbe dovuto correttamente notificare l’atto di appello non già a C.F. in proprio e nella qualità di legale rappresentante della Incorporata, ma alla Incorporante.

4.8. Peraltro, occorre tenere conto del fatto che il giudizio di primo grado si è svolto anche nei confronti della Incorporata e di C.F. in proprio, sicché il ricorso dell’Agenzia delle entrate avrebbe dovuto essere correttamente rivolto nei confronti di tutti e tre i soggetti, sussistendo un litisconsorzio necessario di natura processuale in cause inscindibili (atteso che l’accoglimento del ricorso di una delle parti, determinando l’annullamento dell’avviso di accertamento, avrebbe incidenza anche sul ricorso proposta dall’altra parte) o quanto meno dipendenti (cfr. Cass. n. 14253 del 13/07/2016).

4.9. Pertanto, la proposizione dell’appello nei soli confronti dell’Incorporata e del sig. C. in proprio non comporta in ogni caso l’inammissibilità dello stesso, dovendo il giudice dell’appello integrare il contraddittorio nei confronti del litisconsorte necessario pretermesso (Cass. n. 10934 del 27/05/2015), che, nella specie, è peraltro intervenuto autonomamente in giudizio, così sanando il difetto di contraddittorio.

4.10. Il secondo motivo di ricorso va, dunque, accolto.

5. Con il terzo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 156, 164 e 291 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, evidenziandosi che, anche ove si ritenga che il soggetto legittimato passivo dell’appello sia l’Incorporante, la notifica nei confronti dell’Incorporata ha comunque determinato la costituzione in giudizio della prima, con conseguente sanatoria della nullità della notifica con effetto ex tunc. 6. Il motivo resta assorbito in ragione dell’accoglimento del secondo motivo.

7. In conclusione va accolto il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo e assorbito il terzo; la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e rinviata alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, per nuovo esame e perché provveda anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo e assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2019


Giornata di Studio in house Caldiero (VR) – 31.05.2019

Locandina Giornata di Studio aggiornamento Caldiero 2019LA NOTIFICA DEL DOCUMENTO INFORMATICO

Venerdì 31 maggio 2019

Comune di Caldiero

Piazza Marcolungo 19

Caldiero VR

Orario: 9:00 – 13:00 e 14:00 – 17:00
con il Patrocinio del Comune di Caldiero VR

L’Associazione rilascerà ai partecipanti un attestato di frequenza, che potrà costituire un valido titolo personale di qualificazione professionale.

L’iscrizione alla giornata di studio potrà essere effettuata anche on line cliccando sul link a fondo pagina cui dovrà  seguire il versamento della quota di iscrizione alla giornata di studio. I docenti sono operatori di settore che con una collaudata metodologia didattica assicurano un apprendimento graduale e completo dei temi trattati. Essi collaborano da anni in modo continuativo con A.N.N.A. condividendone così lo stile e la cultura.

Docente:

Durì Francesco

Resp. Servizio Notifiche del Comune di Udine

Membro della Giunta Esecutiva di A.N.N.A.

Membro della Commissione Normativa di A.N.N.A.

Programma:

Il Messo Comunale

Obblighi e competenze e responsabilità

Il procedimento di notificazione

  • Art. 137 c.p.c.: norme introduttive sulla notificazione degli atti
  • Art. 138 c.p.c.: notificazione in mani proprie
  • Art. 139 c.p.c.: notificazione nella residenza, dimora e domicilio

Concetto di dimora, residenza e domicilio

  • Art. 140 c.p.c. Notifica agli irreperibili relativi
  • La sentenza della Corte Costituzionale n. 3/2010
  • Art. 141 c.p.c. Notificazione presso il domiciliatario
  • Art. 142 c.p.c. Notificazione a persone non residenti ne dimoranti ne domiciliate nella Repubblica
  • Art. 143 c.p.c. Notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti
  • Art. 145 c.p.c. Notificazione alle persone giuridiche

La notificazione a mezzo posta “tradizionale”

  • Ambito di applicazione della L. 890/1982
  • Attività del Messo Comunale e attività dell’Ufficiale Postale

Le notifiche degli atti pervenuti tramite P.E.C.

  • Art. 137, 3° comma, c.p.c.: problemi applicativi

La notificazione a mezzo posta elettronica

  • Art. 48 D.Lgs 82/2005 (Codice dell’Amministrazione Digitale)
  • La PEC
  • La firma digitale
  • La notificazione a mezzo posta elettronica
  • Art. 149 bis c.p.c.
  • Le nuove disposizioni del C.A.D.
  • La PEC come strumento esclusivo di comunicazione e notifica della P.A. 

La notificazione degli atti tributari

  • Il D.P.R. 600/1973
  • L’Art. 60 del D.P.R. 600/1973
  • L’Art. 65 del D.P.R. 600/1973 (Eredi)
  • Le notifiche ai soggetti A.I.R.E.
  • L’Art. 26 del D.P.R. 602/1973 e sentenza della Corte Costituzionale 258/2012

Casa Comunale

  • La consegna degli atti presso la Casa Comunale (al destinatario ed a persone delegate)

Cenni sull’Albo on Line

  • Le raccomandazioni del Garante della privacy

Il diritto all’oblio

Risposte a quesiti

Gli argomenti trattati si intendono aggiornati con le ultime novità normative e giurisprudenziali in materia di notificazioni

L’Associazione provvederà ad effettuare l’esame di idoneità per le persone che verranno indicate dall’Amm.ne, al fine del conseguimento della nomina a Messo Notificatore previsto dalla legge finanziaria del 2007  (L. 296/2006, Art. 1, comma 158 e ss.)

Nota bene: Qualora l’annullamento dell’iscrizione venga comunicato meno di cinque giorni prima dell’iniziativa, l’organizzazione si riserva la facoltà di fatturare la relativa quota, anche nel caso di non partecipazione alla giornata di studio.

Vedi: Attività formativa anno 2019

Scarica: Depliant Giornata di Studio in house – Caldiero 2019

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Scarica: MODULO DI PARTECIPAZIONE GdS Caldiero VR 2019

Sul modulo dovranno obbligatoriamente essere indicati tutti i codici (CUU, CIG ecc.) che dovranno comparire nella fattura elettronica allegando la Determina Dirigenziale di autorizzazione

Scarica: Autocertificazioni Fiscali 2019

  1. Comunicazione Associazione senza finalità di lucro
  2. Comunicazione di attivazione di conto corrente dedicato ai sensi dell’art. 3, comma 7, della legge n. 136/2010
  3. Dichiarazione relativa all’esonero dall’obbligo di redazione del “DURC” con riferimento alla iscrizione a corsi di formazione/aggiornamento. (Dichiarazione redatta ai sensi degli art. n. 46 e 47 del DPR n. 445/2000).
  4. Comunicazione di attivazione di conto corrente dedicato ai sensi dell’art. 3, comma 7, della legge n. 136/2010
  5. Dichiarazione sostitutiva del certificato generale del casellario giudiziale e dei carichi pendenti (D.P.R. 28/12/2000 N° 445)
  6. Dichiarazione relativa alla fase di liquidazione delle fatture di competenza. (Dichiarazione redatta ai sensi degli art. n. 46 e 47 del DPR n. 445/2000).
  7. Dichiarazione insussistenza motivi di esclusione a contrattare con la Pubblica Amministrazione.
  8. Dichiarazione ai sensi dell’art. 53 comma 16-ter del D.Lgs. 165/2001 e s.m.
  9. Dichiarazione Affidamento fornitura di beni/servizi
  10. Documento di identità del Legale Rappresentante protempore

Cons. Stato, Sez. VI, Sent., (data ud. 09/05/2019) 23/05/2019, n. 3381

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3530 del 2018, proposto da

Università Politecnica delle Marche, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Alessandro Lucchetti, con domicilio digitale pec come da registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio Aristide Police, in Roma, via di Villa Sacchetti, n. 11;

contro

M.T., rappresentato e difeso dall’avvocato Paolo Cantile, con domicilio digitale pec come da registri di giustizia;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima) n. 00790/2017, resa tra le parti, concernente l’idoneità del titolo di massofisioterapista per l’accesso diretto al terzo anno del corso di laurea in Fisioterapia.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del sig M.T.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 maggio 2019 il Cons. Alessandro Maggio e uditi per le parti gli avvocati Alessandro Lucchetti e Giovanni Ferraù, in dichiarata delega di Paolo Cantile;

Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con ricorso notificato all’Università Politecnica delle Marche presso gli uffici dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Ancona, il sig. M.T. ha impugnato davanti al T.A.R. Marche l’atto con cui il suddetto ateneo non ha riconosciuto l’idoneità del titolo di massofisioterapista per l’accesso diretto al terzo anno del corso di laurea in Fisioterapia.

L’adito Tribunale con sentenza 19/10/2017, n. 790 ha accolto il gravame.

Avverso la decisione ha proposto appello l’Università Politecnica delle Marche.

Per resistere al ricorso si è costituito in giudizio il sig. T..

Con successive memorie le parti hanno meglio illustrato le rispettive tesi difensive.

Alla pubblica udienza del 9/5/2019 la causa è passata in decisione.

In via pregiudiziale va esaminata l’eccezione con cui il sig. T. deduce che l’appello sarebbe tardivo in quanto la notifica della sentenza si sarebbe perfezionata per l’Università in data 22/10/2017 (rectius 24/10/2017), mentre il ricorso in appello sarebbe stato notificato solo nell’aprile 2018 e quindi oltre i prescritti termini.

L’eccezione è infondata.

Come emerge dagli atti di causa l’impugnata sentenza è stata notificata all’Università, che non era costituita in primo grado, presso gli uffici dell’Avvocatura distrettuale dello Stato di Ancona.

Sennonché, quando lo “ius postulandi” dell’Avvocatura dello Stato è facoltativo, poiché esercitabile a tutela di enti pubblici non statali, come le Università pubbliche, la notifica eseguita direttamente presso gli uffici dell’Avvocatura è da ritenersi nulla (cfr., Cons. Stato, Sez. VI, 18/4/2012, n. 2211; 26/1/2010, n. 279), con la conseguenza che la stessa non può ritenersi idonea a far decorrere il termine di impugnazione breve di cui all’art. 92, comma 1, c.p.a.

Nel caso di specie opera, quindi il termine di impugnazione lungo (art. 92, comma 3, c.p.a.), che risulta rispettato, posto che la sentenza è stata pubblicata in data 19/10/2017 e il ricorso in appello è stato consegnato per la notifica il giorno 18/4/2018.

L’appello va, quindi, esaminato nel merito.

Col primo motivo l’appellante deduce che il Tribunale avrebbe errato a non dichiarare inammissibile il ricorso in quanto notificato presso gli uffici dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Ancona, invece che nella sede legale dell’ateneo, con conseguente nullità della notifica.

La doglianza è fondata.

Dopo la riforma introdotta dalla L. 9 maggio 1989, n. 168, le Università, non possono essere qualificate come organi dello Stato, dovendo essere inquadrate nella categoria degli enti pubblici autonomi, con la conseguenza che non opera il patrocinio obbligatorio dell’Avvocatura dello Stato, disciplinato dagli artt. da 1 a 11 del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, bensì, in virtù dell’art. 56 del R.D. 31 agosto 1933, n. 1592, non abrogato dalla L. n. 168 del 1989, il patrocinio facoltativo o autorizzato regolato dagli artt. 43 del R.D. n. 1611 del 1933 (come modificato dall’art. 11 della L. 3 aprile 1979, n. 103) e 45 del medesimo R.D., con i limitati effetti previsti per tale forma di rappresentanza, ovvero: esclusione della necessità del mandato e facoltà, salvo i casi di conflitto, di non avvalersi dell’Avvocatura dello Stato con apposita e motivata delibera; inapplicabilità delle disposizioni sul foro erariale e sulla domiciliazione presso l’Avvocatura ai fini della notificazione di atti e provvedimenti giudiziali (Cons. Stato, Sez. VI 9/12/2010, n. 8632; 21/9/2005, n. 4909; Cass. Civ., SS.UU., 10/5/2006, n. 10700; Sez. Lav., 29/7/2008, n. 20582).

Il ricorso di primo grado doveva pertanto essere notificato presso la sede legale dell’Università Politecnica delle Marche con la conseguente nullità della notifica effettuata presso gli uffici dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato.

Né la detta nullità poteva essere sanata ai sensi dell’art. 44, comma 4, c.p.a., atteso che:

a) tale disposizione risulta testualmente applicabile nei soli casi in cui il giudice ritenga che “l’esito negativo della notificazione dipenda da causa non imputabile al notificante”;

b) la non imputabilità può ritenersi sussistente solo laddove il vizio della notifica possa essere addebitato esclusivamente all’attività posta in essere dall’ufficiale giudiziario o dai suoi ausiliari, e non anche a quella riferibile al notificante, come nella fattispecie, atteso che la scelta del luogo ove effettuare la notificazione non può che ricadere in via esclusiva su quest’ultimo (Cons. Stato, Sez. III, 24/4/2018, n. 2462; Sez. VI, 11/09/2013, n. 4495; 24/11/2011, n. 6207).

Peraltro, quando manchi un collegamento fra il destinatario dell’atto e il luogo in cui la notifica è effettuata questa deve ritenersi inesistente e non solo nulla con conseguente inapplicabilità del citato art. 4, comma 4, c.p.a. (Cons. Stato, Sez. IV, 13/10/2014, n. 5046).

L’appello va, dunque, accolto.

Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi od eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

Sussistono eccezionali ragioni per disporre l’integrale compensazione di spese e onorari di giudizio.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza dichiara inammissibile il ricorso di primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Conclusione
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 maggio 2019 con l’intervento dei magistrati:

Giancarlo Montedoro, Presidente

Diego Sabatino, Consigliere

Alessandro Maggio, Consigliere, Estensore

Dario Simeoli, Consigliere

Francesco Gambato Spisani, Consigliere


Cass. civ. Sez. V, Ord., (ud. 24-10-2018) 23-05-2019, n. 14003

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. CHINDEMI Domenico – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26790-2013 proposto da:

C.M., elettivamente domiciliato in ROMA VIALE BRUNO BUOZZI 102, presso lo studio dell’avvocato GUGLIELMO FRANSONI, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

EQUITALIA SUD SPA;

– intimata –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 81/2013 della COMM. TRIB. REG. di ROMA, depositata il 11/04/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/10/2018 dal Consigliere Dott. MILENA BALSAMO.

Svolgimento del processo
CHE:

1. C.M. impugnava la cartella esattoriale notificatagli dalla concessionaria, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, per l’omesso o carente versamento di Irpef, addizionali ed Iva relative all’anno di imposta 2006, sul rilievo che la notifica, eseguita presso il suo domicilio fiscale ai sensi del comb. disp. del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, con deposito dell’atto, stante la sua precaria assenza, presso la casa comunale, si era perfezionata oltre il termine del 31.12.2010, previsto a pena di decadenza dall’accertamento, avendo egli ricevuto avviso del deposito il 22.2.2011.

2. La CTP di Roma respingeva il ricorso.

3. Con sentenza n. 81/29/13, la CTR del Lazio respingeva l’appello del contribuente, rilevando: che il notificatore si era recato presso la residenza del C. il 27.12.2010 e, dopo aver verificato la sua temporanea assenza nonché la mancanza di persone addette al ricevimento ai sensi dell’art. 139 c.p.c., aveva proceduto al deposito dell’atto presso la casa comunale, affiggendo il relativo avviso all’albo il 30.12.2010; che pertanto la notifica si era perfezionata il giorno successivo, ovvero entro il termine di decadenza di cui al D.L. n. 106 del 2005, art. 1, comma 5 bis; che peraltro, anche a voler ritenere necessario, ai fini del perfezionamento della notificazione, l’invio della raccomandata informativa, tale formalità era stata rispettata, in quanto il 3.1.2011 l’agente accertatore aveva inviato al contribuente la comunicazione di avvenuto deposito del plico presso la casa comunale, questi ricevuta il 22.2.2011.

Avverso la pronuncia della CTR del Lazio, C.M. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

L’Agenzia delle Entrate si è costituita al solo fine della partecipazione all’udienza pubblica.

Motivi della decisione
CHE:

3. Con il primo motivo di ricorso C. lamenta violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, e art. 140 c.p.c., rilevando che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice d’appello, nel caso di irreperibilità solo temporanea del destinatario il perfezionamento della notifica della cartella può ritenersi avvenuto solo con il compimento di tutti gli adempimenti previsti dall’art. 140 c.p.c., e, in particolare, con l’invio delle raccomandata con avviso di ricevimento che informi il contribuente dell’avvenuto deposito dell’atto presso la casa comunale.

4. Col secondo motivo il contribuente lamenta, ex art. 360 c.p.c., n. 4, che i giudici territoriali abbiano omesso di pronunciare sull’eccezione da lui proposta, di nullità dell’atto impositivo per carenza di motivazione.

5. Il primo motivo è fondato, assorbito il secondo.

La Corte Cost., con la sentenza n. 258/012, ha dichiarato illegittimo il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, nella parte in cui stabilisce che “la notificazione della cartella di pagamento, nei casi previsti dall’art. 140 c.p.c., si esegue con le modalità previste dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60”, anzichè “nei casi in cui nel comune in cui si deve eseguire la notificazione non vi sia abitazione, ufficio o azienda del destinatario la notifica si esegue con le modalità stabilite dall’art. 60”.

Pertanto nel caso di specie, in cui il giudice d’appello ha accertato che si versava in fattispecie disciplinata dall’art. 140 c.p.c., stante la sola temporanea assenza del C. dalla propria abitazione, la notifica non poteva ritenersi perfezionata mediante la mera affissione dell’avviso presso l’albo del Comune, atteso che, ai sensi dell’art. 60 cit., (esteso per effetto della pronuncia della Consulta anche alla notifica delle cartelle) tale forma sostitutiva di notificazione è ammessa solo quando nel Comune nel quale deve eseguirsi la notifica non c’è abitazione, ufficio o azienda del destinatario.

Va dunque ribadito il principio, già affermato da questa Corte, secondo cui “In tema di notifica della cartella di pagamento, nei casi di “irreperibilità cd. relativa” del destinatario, all’esito della sentenza della Corte Cost. n. 258 del 22 novembre 2012, va applicato l’art. 140 c.p.c., in virtù del combinato disposto del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, u.c., e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett. e), sicché è necessario, ai fini del suo perfezionamento, che siano effettuati tutti gli adempimenti ivi prescritti, incluso l’inoltro al destinatario e l’effettiva ricezione della raccomandata informativa del deposito dell’atto presso la casa comunale, non essendone sufficiente la sola spedizione” (Cass. n. 9782 del 19/04/2018).

Nella specie è pacifico che la raccomandata informativa sia stata spedita al C. solo il 3.1.2011 e che questi l’abbia ricevuta il successivo 22.2.011. Ne consegue che la notifica della cartella si è perfezionata solo in tale (Ndr: testo originale non comprensibile) data, allorché il termine di decadenza dell’Amministrazione dal proprio potere di accertamento era irrimediabilmente decorso.

All’accoglimento del motivo consegue la cassazione della sentenza impugnata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, questa Corte può decidere nel merito ex art. 384 c.p.c., accogliendo il ricorso introduttivo del contribuente ed annullando la cartella impugnata.

Le spese del giudizio di merito, tenuto conto che la sentenza della Corte Cost. è intervenuta in data successiva alla pronuncia di primo grado, vanno compensate, mentre quelle del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, in accoglimento dell’originario ricorso del contribuente, annulla la cartella per cui è causa; compensa le spese del doppio grado di merito e condanna l’Agenzia delle Entrate alla refusione di quelle del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.300,00, oltre rimborso forfettario ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 23 maggio 2019


Licenziamento del pubblico dipendente, reintegra e rideterminazione della sanzione

Uno dei temi più interessanti in cui è intervenuta la Riforma Madia è quello del procedimento disciplinare nel pubblico impiego.

Tra le altre modifiche apportate alle disposizioni in materia, dettate dal D.Lvo 30.03.2001 n.165, di particolare rilievo è quella di cui al comma 2 bis dell’art.63 del TUPI.

In particolare, il citato comma 2 bis, aggiunto dall’articolo 21, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 25 maggio 2017, n. 75, prevede che “Nel caso di annullamento della sanzione disciplinare per difetto di proporzionalità, il giudice può rideterminare la sanzione, in applicazione delle disposizioni normative e contrattuali vigenti, tenendo conto della gravità del comportamento e dello specifico interesse pubblico violato”.

La predetta disposizione è stata recentemente applicata dal Tribunale del lavoro di Catania il quale, nel procedere all’annullamento del licenziamento comminato dal Ministero della Giustizia nei confronti di un dipendente accusato di assenteismo, ritenendo la sanzione sproporzionata rispetto al fatto contestato, ha annullato il licenziamento e rideterminato la sanzione.

… continua Tribunale di Catania – sez. civ. lavoro – sentenza 15456 del 18-04-2019


DIRETTIVA (UE) 2019/770 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO

relativa a determinati aspetti dei contratti di fornitura di contenuto digitale e di servizi digitali
(Testo rilevante ai fini del SEE)

Leggi: DIRETTIVA (UE) 2019-770 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 20 05 2019


Circolare 003/2019 Nuove opportunità per i Messi nel Contratto Nazionale di Lavoro del 21 Maggio 2018

CircolareANNA1NUOVE OPPORTUNITÀ PER I MESSI COMUNALI/NOTIFICATORI NEL CONTRATTO NAZIONALE DI LAVORO DEL 21 MAGGIO 2018

Leggi: Circolare 2019-003 Nuove opportunità per i Messi nel Contratto Nazionale di Lavoro del 21 Maggio 2018


Circolare 002/2019 Le nuove decorrenze pensionistiche

CircolareANNA1Leggi: Circolare 2019-002 Le nuove decorrenze pensionistiche


Timbravano il cartellino e andavano al mare: 8 arrestati, c’è anche un primario

FOGGIA – Timbravano il cartellino e abbandonavano il posto di lavoro: per questo otto dipendenti della Asl di Foggia, tra cui un primario, in servizio in un paese della provincia, sono stati messi agli arresti domiciliari. Un dirigente della stessa Asl è stato sospeso dal servizio. L’operazione è condotta dalla guardia di finanza che sta eseguendo gli arresti disposti dal gip presso il Tribunale di Foggia. L’accusa è di truffa nei confronti della Asl.


Circolare 001/2019 Le Notifiche ai sensi dell’art. 213 del C.d.S.

CircolareANNA1Con il D.L. 04/10/2018 n. 113, convertito con modificazioni nella L. 01/12/2018 n. 132 (il c.d. Decreto Sicurezza), è stato modificato il testo del citato articolo 213 che ora non prevede più la possibilità di ricorrere a questa forma di notificazione attraverso la pubblicazione nell’Albo on Line dei Comuni.

Leggi: Circolare 2019-001 Le Notifiche ai sensi dell’art. 213 del C.d.S.


Cass. civ. Sez. V, Ord., (ud. 18-12-2018) 08-05-2019, n. 12108

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. ANDRONIO Alessandro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11017-2015 proposto da:

G.C., domiciliato in ROMA P.ZZA CAVOUR presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato OTTORINO NAVARRA;

– ricorrente –

contro

EQUITALIA GERIT SPA, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE REGINA MARGHERITA 294, presso lo studio dell’avvocato ENRICO FRONTICELLI BALDELLI, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI ROMA III AREA LEGALE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 6218/2014 della COMM.TRIB.REG. di ROMA, depositata il 20/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/12/2018 dal Consigliere Dott. ANDRONIO ALESSANDRO.

Svolgimento del processo
1. – La CTP di Roma ha rigettato i ricorsi proposti dal contribuente nei confronti dell’Agenzia delle Entrate ed Equitalia Gerit s.p.a. avverso una iscrizione ipotecaria avvenuta su un immobile di sua proprietà, per la somma di Euro 67.338,00, pari al doppio del credito tributario vantato nei suoi confronti, nonchè avverso tre cartelle di pagamento, che erano tra quelle che risultavano alla base dell’iscrizione ipotecaria. La CTR, previa riunione dei ricorsi, ha rilevato che era stata fornita la prova della regolarità della notificazione delle cartelle e che l’atto di riscossione (iscrizione ipotecaria) non era stato impugnato per vizi propri.

2. – Avverso la sentenza di primo grado il contribuente ha proposto distinti appelli, ribadendo le ragioni proposte in primo grado e rilevando che, nonostante l’apparente regolarità della notificazione delle cartelle, egli non era venuto a conoscenza.

3. – La CTR di Roma ha rigettato gli appelli riuniti quanto alle cartelle esattoriali e ha dichiarato la propria incompetenza territoriale in relazione al ricorso avverso l’iscrizione ipotecaria. Sotto il primo profilo, ha evidenziato che la notificazione delle cartelle doveva essere ritenuta regolare, con conseguente inammissibilità, per tardività, dei ricorsi contro le stesse.

4. – La sentenza di secondo grado è stata impugnata dal contribuente con ricorso per cassazione.

4.1. – Con un primo motivo di doglianza, si censura la mancanza di motivazione quanto agli “obblighi preventivi all’emissione delle cartelle”, “tra i quali anche i termini per l’iscrizione a ruolo a pena di decadenza, che, dagli atti processuali, non risultano essere mai stati eseguiti, con conseguente nullità dell’intero procedimento, oltre alla illegittimità della tardiva imposizione”. Si deduce, in sostanza, la prescrizione dei crediti Iva alla base delle cartelle.

4.2. – In secondo luogo, si contesta la motivazione della sentenza nella parte in cui questa afferma che l’indirizzo del contribuente, seppure privo di numero civico, Era stato sufficiente per individuare il domicilio dello stesso, ai fini della notificazione delle cartelle, perchè egli era semplicemente assente e non sconosciuto o trasferito. Si contesta l’affermazione della CTR per cui, secondo la normativa vigente all’epoca della notificazione, non occorreva la successiva raccomandata postale; e ci si duole del fatto che nella relata di notifica non vi sarebbe la menzione dell’affissione dell’avviso alla porta dell’abitazione del destinatario. Si sarebbe dovuto applicare, ad avviso del ricorrente, il procedimento di notificazione di cui all’art. 140 c.p.c..

4.3. – Si lamenta, in terzo luogo, l’omessa pronuncia in relazione alla legittimità del procedimento di iscrizione ipotecaria, che sarebbe avvenuta senza intimazione di pagamento; inoltre, la comunicazione di iscrizione ipotecaria non sarebbe mai pervenuta al ricorrente.

5. – La sola Equitalia Sud s.p.a., agente della riscossione, si è costituita in giudizio, chiedendo il rigetto del ricorso.

6. – Il ricorrente ha depositato memoria, con la quale ha ribadito quanto dedotto nel ricorso.

Motivi della decisione
7. – Il ricorso è infondato.

7.1. – Deve essere esaminato preliminarmente, per ragioni di priorità logica, il secondo motivo di doglianza, con cui si contesta la ritenuta regolarità della notificazione delle cartelle. Il motivo è infondato. Nel caso di specie, le cartelle di pagamento sono state notificate ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, che aveva carattere di specialità, a mezzo di messo modificatore, il quale aveva effettuato, per ciascuna notifica, due accessi preventivi, con relazione di “destinatario assente” e con affissione presso il Comune, dando atto della relativa affissione dell’invio della raccomandata informativa. Del resto, l’indirizzo del destinatario risultava corrispondente anche alla visura anagrafica e al domicilio fiscale, mentre a quello stesso indirizzo lo stesso messo notificatore aveva consegnato in mani proprie un quarto atto, estraneo al presente giudizio. Come già ricordato dalla CTR, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 258 del 2012 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del citato art. 26, comma 3, attuale comma 4, nella parte in cui stabilisce che la notificazione della cartella di pagamento “Nei casi previsti dall’art. 140 c.p.c., (…) si esegue con le modalità stabilite dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60”, anzichè “Nei casi in cui nel comune nel quale deve eseguirsi la notificazione non vi sia abitazione, ufficio o azienda del destinatario (…) si esegue con le modalità stabilite dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, comma 1, alinea e, lett. e)”. Questa Corte (ex multis, Sez. 5, n. 25079 del 2014; Sez. 5, n. 9782 del 2018) ha affermato il principio in base al quale “In tema di notifica della cartella di pagamento, nei casi di “irreperibilità cd. relativa” del destinatario, all’esito della sentenza della Corte costituzionale n. 258 del 22 novembre 2012 relativa al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 3 (ora comma 4), va applicato l’art. 140 c.p.c., in virtù del combinato disposto del citato art. 26, u.c., e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, alinea (e), sicchè è necessario, ai fini del suo perfezionamento, che siano effettuati tutti gli adempimenti ivi prescritti, incluso l’inoltro al destinatario e l’effettiva ricezione della raccomandata informativa del deposito dell’atto presso la casa comunale, non essendone sufficiente la sola spedizione”, alla stregua di quanto risultante dalla sentenza della Corte costituzionale n. 3 del 2010, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 140 c.p.c., disposizione richiamata dall’art. 26 citato, nella parte in cui prevede che la notifica si perfeziona, per il destinatario, con la spedizione della raccomandata informativa, anzichè con il ricevimento della stessa o, comunque, decorsi dieci giorni dalla relativa spedizione. A seguito di tale sentenza, pertanto, la notificazione effettuata ai sensi di tale disposizione si perfeziona, per il destinatario, con il ricevimento della raccomandata informativa, se anteriore al maturarsi della compiuta giacenza, ovvero, in caso contrario, con il decorso del termine di dieci giorni dalla spedizione (Cass. 14316/2011). Nella specie tale disciplina non trova però applicazione, perchè, a quanto emerge dalla sentenza impugnata, la notificazione delle cartelle di pagamento è stata effettuata con affissione nell’albo comunale e invio delle raccomandate, che non sono state ricevute perchè il contribuente era sconosciuto all’indirizzo. La riscontrata situazione di assoluta irreperibilità rende applicabile il disposto del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, alinea e lett. e), il quale prevede che, “quando nel comune nel quale deve eseguirsi la notificazione non vi è abitazione, ufficio o azienda del contribuente, l’avviso del deposito prescritto dall’art. 140 c.p.c., in busta chiusa e sigillata, si affigge nell’albo del comune, e la notificazione, ai fini della decorrenza del termine per ricorrere, si ha per eseguita nell’ottavo giorno successivo a quello di affissione”. E, come appena visto, la CTR ha specificato che tale adempimento si è verificato nel caso di specie; con la conseguenza che le cartelle esattoriali devono ritenersi correttamente notificate.

7.2. – Venendo ora all’esame del primo motivo di doglianza – con cui si deduce, quale ragione di illegittimità delle cartelle, la prescrizione dei crediti Iva sottostanti – deve rilevarsi che lo stesso è inammissibile, sia perchè formulato in modo non specifico, in mancanza di puntuali riferimenti agli atti di causa rilevanti ai fini del suo esame, sia perchè logicamente precluso dalla ritenuta tardività dei ricorsi nei confronti delle cartelle.

7.3. – Inammissibile è il terzo motivo, riferito all’omessa pronuncia in relazione alla legittimità del procedimento di iscrizione ipotecaria, che sarebbe avvenuta senza intimazione di pagamento e senza comunicazione di iscrizione ipotecaria. La doglianza deve ritenersi preclusa, perchè, sul punto, la sentenza impugnata ha affermato l’incompetenza territoriale della commissione della CTP di Roma a favore di quella di Latina, senza che tale statuizione sia stata anche solo presa in considerazione dal ricorrente.

8. – Il ricorso deve essere perciò rigettato, con condanna del ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dalla controparte costituita, da liquidarsi in Euro 5.600,00, oltre spese prenotate a debito.

Va infine fatta applicazione – a carico del ricorrente – del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, in tema di obbligo di pagamento di un’ulteriore somma pari al contributo unificato dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata o dichiarata inammissibile o improponibile.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute nel grado dalla controparte costituita, che liquida in Euro 5.600,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’appello, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 8 maggio 2019


Riunione Giunta Esecutiva del 08.05.2019

Ai sensi dell’art. 13 dello Statuto, viene convocata la riunione della Giunta Esecutiva che si svolgerà mercoledì 8 maggio 2019 alle ore 14:00 presso il Comune di Cesena – Palazzo Municipale – Piazza del Popolo 10, in prima convocazione, e alle ore 16:00 in seconda convocazione, per deliberare sul seguente ordine del giorno:

  1. Attività istituzionale;
  2. Attività formativa 2019/2020
  3. Varie ed eventuali.

Cass. civ. Sez. I, Sent., (ud. 05-03-2019) 02-05-2019, n. 11562

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8408/2014 proposto da:

Comune Benevento, in persona del Sindaco pro tempore elettivamente domiciliato in Roma, Via dei Gracchi 39, presso lo studio dell’avvocato Ester Perifano, che lo rappresenta e difende in forza di procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

V.D., elettivamente domiciliato in Roma via Barnaba Tortolini 30, presso lo studio dell’avvocato Alessandro Ferrara, e rappresentato e difeso dall’avvocato Silvio Ferrara, in forza di procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2644/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 25/06/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/03/2019 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI;

udito l’Avvocato ALESSANDRO FERRARA, munito di delega dall’avvocato SILVIO FERRARA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ZENO Immacolata.

Svolgimento del processo
1. V.D. ha convenuto in giudizio dinanzi alla Corte di appello di Napoli il Comune di Benevento, proponendo opposizione avverso la determinazione dell’indennità di espropriazione e di occupazione da questo offerta con riferimento al terreno espropriato con Decreto n. 6367 del 15-18/9/2003.

Si è costituito in giudizio del Comune, che ha chiesto il rigetto delle domande dell’attore, e la Corte di appello ha sospeso il giudizio in attesa della definizione dell’impugnazione dinanzi al giudice amministrativo del decreto di esproprio.

Dopo la conferma in tale sede della legittimità dell’esproprio, la riassunzione del giudizio e l’espletamento di consulenza tecnica d’ufficio, con sentenza del 25/6/2013 la Corte di appello ha determinato in Euro 161.490,00 l’ammontare della giusta indennità di esproprio e in Euro 11.332,63 quello della giusta indennità di occupazione e ha condannato il Comune di Benevento al deposito presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze delle differenze fra le predette indennità e le somme già versate a tali titoli presso la Cassa Depositi e Prestiti, con il favore delle spese di giudizio.

2. Avverso la predetta sentenza, indicata come notificata il 31/1/2014, con atto notificato il 26/3/2014 ha proposto ricorso per cassazione il Comune di Benevento, svolgendo tre motivi.

2.1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 5, il Comune ricorrente denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti, poichè la Corte di appello di Napoli aveva completamente omesso di considerare che la particella di (OMISSIS) m.q., censita a catasto terreni al Foglio (OMISSIS), erroneamente ricompresa nel calcolo dell’indennità, era di proprietà del Comune di Benevento a far data dal 9/11/1999, in forza di atto di cessione bonaria rep. (OMISSIS) del 9/11/1999, stipulato fra il V. e il Dirigente dell’Ufficio tecnico dinanzi al Segretario comunale di Benevento.

2.2. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione alle norme in tema di edificabilità legale di cui al D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, artt. da 1 a 4.

In primo luogo la doglianza trae origine dal fatto che la Corte territoriale aveva considerato edificabili aree che ricadevano, in parte, in fascia di rispetto stradale secondo il P.U.C. in vigore e, in parte, in zona E3 del P.R.G. – area agricola ordinaria a prevalente uso agricolo, forestale e pascolivo (per la precisione: parte in Zona E1- verde privato vincolato, parte in Zona E2 – aree private di rispetto stradale, e parte in Zona E3 – aree private di verde agricolo, incolto e boschivo).

In secondo luogo, il Comune ricorrente lamenta che la Corte napoletana abbia adottato illegittimamente il criterio di valutazione del “valore medio comprensoriale”, basandosi sull’individuazione di un comprensorio omogeneo, al cui servizio è posta la viabilità attuata sui fondi, e calcolando il prezzo di mercato dei beni espropriati nella media dei valori dei fondi edificabili e di quelli destinati invece a viabilità, non applicando invece l’unico criterio legale legittimo, basato sulla verifica dell’edificabilità o meno del terreno espropriato.

2.3. Con il terzo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 5, il Comune ricorrente denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti, anche in rapporto alla nullità della sentenza o del procedimento, ex art. 360 c.p.c., n. 4, poichè la Corte di appello di Napoli, ai fini della quantificazione del valore di mercato dell’area, aveva utilizzato, senza motivare adeguatamente, criteri di stima presi in esame da altro consulente in un diverso giudizio e relativi a fondi non omogenei e con caratteristiche differenti da quelli in esame.

3. Con atto notificato il 5/5/2014 ha proposto controricorso V.D., chiedendo il rigetto dell’avversaria impugnazione.

4. In data 20/1/2019 il controricorrente V.D. ha provveduto a notificare alla controparte un elenco di documenti relativi all’ammissibilità del ricorso ex art. 372 c.p.c. (originale in forma esecutiva della sentenza 2644/2013 della Corte di appello di Napoli corredato da plurime notifiche; originale dell’attestato della Corte di Appello di Napoli del 3/2/2014 relativo alla mancata impugnazione della predetta sentenza; estratto dell’Albo degli Avvocati di Benevento; originale del certificato di iscrizione all’Albo dell’avv. Luigi Giuliano; estratto della Delib. Consiglio Comunale Benevento 28 aprile 2016, n. 344).

Con memoria in data 29/1/2019 il controricorrente, tra l’altro, ha eccepito l’improcedibilità del ricorso per tardività, poiché la sentenza impugnata era stata notificata, già una prima volta, in data 2/10/2013, ai due difensori costituti per il Comune di Benevento nel giudizio di secondo grado, avvocati Luigi Giuliano e Maria Di Florio, prima della seconda notifica eseguita il 31/1/2014, a cui aveva fatto riferimento il ricorrente nel suo ricorso.

Con memoria del 20/2/2019 il Comune di Benevento ha eccepito l’inammissibilità delle produzioni ed eccezioni avversarie, a suo dire proposte alla Corte di Cassazione in palese violazione del principio del contraddittorio, perché relative ad atti, fatti e avvenimenti risalenti a epoca anteriore alla notifica del ricorso e soprattutto alla notifica del controricorso da parte del V..

Motivi della decisione
1. La Corte in via del tutto preliminare deve esaminare l’eccezione di inammissibilità del ricorso del Comune di Benevento per tardività, sollevata dal controricorrente con la memoria del 29/1/2019.

2. In via ulteriormente preliminare, la Corte deve valutare l’eccezione difensiva del Comune, che ha sostenuto l’inammissibilità delle avversarie produzioni e la tardività delle eccezioni avversarie, perché proposte alla Corte di Cassazione in palese violazione del principio del contraddittorio, e relative ad atti, fatti e avvenimenti risalenti a epoca anteriore alla notifica del ricorso e soprattutto alla notifica del controricorso da parte del V..

2.1. In sostanza, il Comune sostiene che tali produzioni ed eccezioni avrebbero dovuto essere sollevate con il controricorso, momento nel quale, effettivamente, la controparte disponeva già di tutti gli elementi per procedere in tal senso.

2.2. Tale assunto non ha fondamento nel diritto processuale positivo.

L’art. 372 c.p.c., comma 2, è del tutto inequivoco nello stabilire che il deposito dei documenti relativi all’ammissibilità (ovviamente: del ricorso) può avvenire indipendentemente da quello del ricorso e del controricorso, ma deve essere notificato mediante elenco, alle altre parti.

Ciò significa, senz’ombra di dubbio, che tali produzioni possono essere effettuate anche successivamente alla notificazione del controricorso, seppur dirette a dimostrare l’inammissibilità del ricorso.

Questa Corte ha affermato che la produzione di atti e documenti di cui all’art. 372 c.p.c., riguardanti l’ammissibilità del ricorso per cassazione, da parte dell’intimato che abbia proposto tardivamente il controricorso, al quale i documenti siano stati allegati, è valida ed efficace, ed i documenti stessi possono conseguentemente essere esaminati e valutati dalla Corte (nella specie, per verificare l’intempestività della notifica del ricorso, e quindi la formazione di un giudicato interno) a condizione che l’intimato stesso partecipi alla discussione orale (Sez. 5, n. 9093 del 21/06/2002, Rv. 555253 – 01). Inoltre al fine di assicurare la garanzia del contraddittorio nella trattazione delle questioni relative all’ammissibilità del ricorso per cassazione questioni che danno luogo ad una fase autonoma del processo, comprendente una sia pur limitata attività istruttoria relativamente alle fonti di prova addotte a fondamento delle stesse l’adempimento della notificazione dell’elenco dei documenti al riguardo prodotti può essere validamente surrogato da un’adeguata indicazione degli stessi nel controricorso, mentre la loro produzione non deve necessariamente avvenire negli stessi termini fissati per il deposito del ricorso o del controricorso, ma, in assenza della precisazione del relativo termine da parte dell’art. 372 c.p.c., comma 2, può ritenersi consentita fino all’udienza di discussione, prima dell’inizio della relazione (salva restando la facoltà del difensore della controparte di richiedere un rinvio per formulare eventuali rilievi). (Sez. L, n. 3736 del 28/03/2000, Rv. 535121 – 01; Sez. L, n. 13865 del 19/10/2000, Rv. 541068 – 01).

Inoltre è stato rilevato che la norma di cui all’art. 372 c.p.c. – nel consentire la produzione di documenti (anche in fotocopia, con i limiti probatori di cui all’art. 2719 c.c.) relativi alla ammissibilità del ricorso, dei quali deve essere data notizia alla controparte mediante notifica del suo elenco – non fissa un termine, sicché tale produzione è consentita fino all’udienza di discussione, prima dell’inizio della relazione. La eventuale contestazione non può consistere nella mera obiezione alla produzione di fotocopia ma deve avere specificamente ad oggetto la conformità all’originale ed in tal caso al giudice della legittimità è demandato di svolgere una, sia pure limitata, attività istruttoria di accertamento delle fonti di prova sulle quali la richiesta stessa si fonda, che può comprendere anche la verifica della autenticità del documento prodotto. Tale verifica, dovendo rispettare il principio del contraddittorio, può comportare il superamento dell’indicato limite temporale ed eventualmente il rinvio della causa. (Sez. L, n. 23321 del 15/12/2004, Rv. 578184 – 01) 2.3. Né può essere condivisa la censura di violazione del contraddittorio, sollevata dal Comune di Benevento, considerato che l’elenco delle produzioni è stato notificato alla controparte, i documenti sono stati depositati, la memoria difensiva è stata portata a conoscenza del ricorrente, che ha conseguentemente potuto esercitare nella dialettica processuale le proprie difese, preferendo tuttavia con la memoria ex art. 378 c.p.c., limitarsi a sostenere la mera inammissibilità delle produzioni ed eccezioni avversarie, senza affrontarle nel merito e senza partecipare alla discussione orale all’udienza del 5/3/2019.

2.4. Non merita condivisione neppure l’argomentazione spesa in memoria dal ricorrente per delineare il pregiudizio processuale che avrebbe subito per effetto della condotta avversaria, circa la preclusione del controricorso incidentale che sarebbe stata determinata dalla ritardata proposizione dell’eccezione da parte del V..

Il controricorrente non ha affatto impugnato la sentenza e si è limitato a formulare una eccezione di carattere preliminare che non avrebbe comunque potuto legittimare un’impugnazione incidentale da parte del ricorrente principale.

2.5. D’altro canto, il punto fondamentale è che la tempestività del ricorso è soggetta a verifica ex officio.

Secondo le Sezioni Unite di questa Corte, l’inammissibilità dell’impugnazione derivante dall’inosservanza dei termini all’uopo stabiliti a pena di decadenza è correlata alla tutela d’interessi di carattere generale e indisponibile e, come tale, è insanabile, oltre che rilevabile d’ufficio (Sez. U, n. 6983 del 05/04/2005, Rv. 580150 – 01; cfr anche: Sez.un. 226 del 25/5/2001, Rv. 548189-01; Sez.Lav. n. 16847 del 26/6/2018, rv 649326-01; Sez.3, n. 25342 del 26/10/2017, Rv. 646457-02).

Tali principi hanno condotto ad affermare anche che la rilevabilità dell’inammissibilità del ricorso per Cassazione notificato tardivamente rispetto al termine breve, decorrente dalla data di notifica della sentenza impugnata, non può essere esclusa per il fatto che il controricorso, con il quale si eccepisce la inammissibilità dell’impugnazione e si indica la prova documentale della notifica della sentenza, sia a sua volta tardivo, ove tale prova documentale, ancorché depositata unitamente al controricorso, sia posta a disposizione del ricorrente. (Sez. L, n. 886 del 13/02/1989, Rv. 461890 – 01).

2. La parte controricorrente ha prodotto la sentenza di secondo grado notificata congiuntamente ai due difensori costituiti nel giudizio di secondo grado, avv. Luigi Giuliano e Maria De Florio, al domicilio da loro eletto a (OMISSIS), presso l’avv. Massimo Pagano, in data 2/10/2013, anteriormente quindi alla seconda notifica, eseguita il 31/1/2014 della quale dà atto il ricorso del Comune di Benevento.

2.1. E’ del tutto evidente che la validità ed efficacia della prima notifica priverebbe di qualsiasi rilievo la seconda notifica del 31/1/2014, per qualsiasi ragione essa sia stata successivamente effettuata.

2.2. L’avv. Luigi Giuliano, all’atto della prima notifica della sentenza 2644/2013, era iscritto all’Albo ordinario degli Avvocati, essendo poi deceduto solo il 18/4/2014; la sua originaria nomina, quale avvocato iscritto all’Albo speciale quale dipendente comunale, non risulta revocata; dalla sentenza 2644/2013, che riporta in epigrafe i nominativi dei due difensori del Comune, non risulta in ogni caso che l’avv. Giuliano sia stato sostituito da altro difensore.

E’ pur vero che secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Sez. 6, 14/12/2016, n. 25638; Sez. L, n. 3143 del 1999; Sez. L, n. 5729 del 1999; Sez. U, n. 363 del 18/5/2000; Sez. 1, n. 20361 del 23/7/2008; Sez. L, n. 11529 del 14/5/2013), gli avvocati e procuratori dipendenti di enti pubblici ed iscritti nell’albo speciale annesso all’albo professionale sono abilitati al patrocinio esclusivamente per le cause e gli affari propri dell’ente presso il quale prestano la loro opera, onde la cessazione del rapporto di impiego, determinando la mancanza di legittimazione a compiere a ricevere atti processuali relativi alle cause proprie dell’ente, comporta il totale venir meno dello ius postulandi per una causa equiparabile a quelle elencate dall’art. 301 c.p.c., a nulla rilevando l’eventuale formale permanenza dell’iscrizione nell’albo speciale; ne consegue che la notifica della sentenza al procuratore cessato dal rapporto d’impiego deve ritenersi inesistente e perciò inidonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione, non essendo ipotizzabile la protrazione dell’attività lavorativa dell’avvocato – funzionario oltre il limite di durata del rapporto di impiego ed essendo perciò inapplicabile alla fattispecie la disciplina dettata dall’art. 85 c.p.c..

Nella fattispecie, tuttavia, l’avv. Luigi Giuliano aveva conservato ad altro titolo lo jus postulandi, risultando iscritto all’Albo Ordinario degli avvocati, dopo la cessazione del rapporto di impiego.

2.3. In ogni caso, la sentenza è stata notificata anche all’avv. Maria De Florio, iscritta all’Albo Speciale, condifensore costituito nel giudizio di secondo grado, come risulta anche dalla sentenza 2644/2013.

Sia dalla sentenza, sia dall’estratto dell’Albo risulta infatti il nominativo Maria De Florio, e non Maria Teresa De Florio, a cui è stata diretta la seconda notifica, che non vi è peraltro motivo d dubitare che sia la stessa persona.

2.4. Secondo giurisprudenza costante di questa Corte, qualora il mandato alle liti venga conferito a più difensori, ciascuno di essi, in difetto di un’espressa ed inequivoca volontà della parte circa il carattere congiuntivo, e non disgiuntivo, del mandato medesimo, ha pieni poteri di rappresentanza (Sez. 3, 20/06/2017, n. 15174; Sez. 6, 22/09/2016, n. 18622; Sez. un., 09/06/2014, n. 12924).

Da tale principio discende il corollario consequenziale della sufficienza della notificazione ad uno solo dei procuratori costituiti sul quale ricade l’onere di informazione del condifensore (Sez. 1, 31/08/2017, n. 20626; Sez. 6, 22/09/2016, n. 18622; Sez. 2, 27/01/2012, n. 1234).

Pertanto, anche a voler considerare ormai inefficace il mandato difensivo all’avv. Luigi Giuliano per effetto della sua cancellazione dall’Albo speciale e del passaggio all’Albo ordinario, la sentenza sarebbe stata utilmente notificata all’ormai unico difensore, avv. Maria De Florio.

2.5. L’atto risulta consegnato il 2/10/2013 a R.R., portiere dello stabile di (OMISSIS) del domiciliatario avv. Massimo Pagano, con il conseguente invio della lettera raccomandata ex art. 139 c.p.c..

In caso di notificazione effettuata, ai sensi dell’art. 139 c.p.c., mediante consegna al portiere dell’atto da notificare con contestuale spedizione della prescritta raccomandata, la spedizione della raccomandata non si configura come elemento costitutivo della fattispecie notificatoria, in quanto tale ipotesi di notificazione si perfeziona con la modalità e nel momento della consegna dell’atto al portiere (Sez. lav., 13/05/2003, n. 7349); la norma infatti prevede l’invio al destinatario della notizia “dell’avvenuta notificazione”.

In passato la giurisprudenza di questa Corte, con riferimento alla notificazione mediante consegna al portiere, riteneva anzi che l’invio della lettera raccomandata di cui al comma 4 dello stesso articolo, non attenesse alla perfezione dell’operazione di notificazione, sicchè la sua omissione si risolve in una mera irregolarità di carattere estrinseco non integrante alcuna delle ipotesi di nullità previste dall’art. 160 c.p.c. (Sez. 2, 05/07/2006, n. 15315).

Tale orientamento è stato ormai rimeditato e le Sezioni Unite (Sez. un. 31/7/2017 n. 18992), ritengono che l’adempimento della spedizione della lettera raccomandata sia prescritto a pena di nullità.

Le Sezioni Unite hanno infatti autorevolmente osservato: “invero, l’art. 139 c.p.c., prevede, ai suoi commi 3 e 4, che “in mancanza delle persone indicate nel comma precedente”, e cioè del destinatario di persona, oppure di una persona di famiglia o addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda (purché non minore di quattordici anni o non palesemente incapace), “la copia è consegnata al portiere dello stabile dove è l’abitazione, l’ufficio o l’azienda…”: nel qual caso, “il portiere… deve sottoscrivere una ricevuta, e l’ufficiale giudiziario dà notizia al destinatario dell’avvenuta notificazione dell’atto, a mezzo di lettera raccomandata”; l’omissione dell’avviso è ormai, nella giurisprudenza più recente di questa Corte, chiaramente qualificata – non più, come nei primi decenni dall’entrata in vigore del codice, come mera irregolarità (per tutte: Cass. 04/04/2006, n. 7816; Cass. 04/02/1980, n. 755; in precedenza, nello stesso senso: Cass. 4111/79, 397/74, 353/71, 198/68, 1204/67), bensì – come causa di nullità della notificazione per vizio dell’attività dell’ufficiale giudiziario notificante, fatti salvi gli effetti della consegna dell’atto dal notificante all’ufficiale stesso (Cass. 30/06/2008, n. 17915; Cass. 30/03/2009, n. 7667), secondo un principio esteso pure alla notifica a mezzo posta (Cass., ord. 25/01/2010, n. 1366; Cass. 21/08/2013, n. 19366);tale interpretazione va confermata, attesa la funzione dell’avviso nella struttura complessiva di una notificazione che si perfeziona a persona non legata da quei particolari vincoli evidenziati del medesimo art. 139 c.p.c., comma 2, ma pur sempre da altri di peculiare intensità: l’atto entra a far parte della sfera di effettiva conoscibilità del destinatario, ma in una sua porzione connotata da un grado minore di possibilità di prendere immediata conoscenza dell’atto, rispetto a quelle altre fattispecie indicate dal comma 2 per la natura assai stretta del vincolo che lega al destinatario il consegnatario dell’atto; ed un tale minor grado di conoscibilità, se non la degrada al punto di rendere necessario lo spostamento ulteriore del momento di perfezionamento della notifica come accade appunto per l’ipotesi contemplata dall’art. 140 c.p.c., esige però almeno di essere colmato con quel quid pluris costituito dalla spedizione dell’ulteriore avviso, sia pure ex post e appunto non incidente sul precedente tempo in cui l’attività notificatoria si è svolta e compiuta; rimane ovviamente fermo che, nell’ipotesi dell’art. 139 c.p.c., comma 3, il tempo di perfezionamento della notifica si identifica con la consegna ad una persona comunque inserita nella richiamata sfera di conoscibilità del destinatario, ma stavolta latamente intesa, siccome identificata in base ora ai rapporti giuridici nascenti dal portierato in un fabbricato per civili abitazioni ed agli obblighi in capo al portiere in favore dei singoli occupanti”.

Nella fattispecie la lettera raccomandata ex art. 139 c.p.c., risulta spedita in forza dell’attestazione contenuta nella relata di notifica, sicchè non è consentito di dubitare della validità ed efficacia della notificazione eseguita in data 2/10/2013.

2.6. Il ricorso è stato consegnato per la notificazione in data 26/3/2014 e quindi tardivamente, oltre il termine di sessanta giorni dalla notificazione della sentenza impugnata previsto dall’art. 325 c.p.c., in data 2/10/2013, ut supra esposto; i sessanta giorni previsti dall’art. 325 c.p.c., venivano a scadere domenica 1/12/2013, con proroga ex lege al primo giorno feriale successivo, ossia al 2/12/2013.

4. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile per tardività e il Comune ricorrente soccombente deve essere condannato alla rifusione delle spese di lite, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.
La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a pagare al controricorrente le spese di lite, liquidate in Euro 4.000,00 per compensi, oltre 15% spese generali, ed in Euro 200,00 per esposti, oltre oneri accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 5 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 maggio 2019


Cons. Stato Sez. V, Sent., (ud. 18-10-2018) 29-04-2019, n. 2724

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 9523 del 2008, proposto da

P.E., rappresentato e difeso dall’avvocato Mariagiovanna Belardinelli, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Antonio Pazzaglia in Roma, via Lutezia, n. 8;

contro

Comune di Spoleto, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Dante Duranti, Goffredo Gobbi e Maurizio Pedetta, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Goffredo Gobbi in Roma, via Maria Cristina, n. 8;

nei confronti

Ministero delle Finanze, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria n. 390/2008, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione del Comune di Spoleto;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 ottobre 2018 il Cons. Giovanni Grasso e uditi per le parti gli avvocati Massimo Marcucci, per delega dell’avv. Belardinelli, e Giuseppe Giovanelli, per delega degli avv. Duranti e Pedetta;

Svolgimento del processo
1.- E.P. – già messo di notificazione, dipendente di V qualifica funzionale del Comune di Spoleto, addetto, per disposizione del Sindaco impartita con ordine di servizio n. 57 del 16/5/1989, in esecuzione della delibera di Giunta n. 50 del 18/1/1989, a “curare in via esclusiva il servizio di notificazione degli atti dell’Ufficio di Conciliazione di Spoleto”, dovendo le restanti notifiche essere effettuate da altro personale – veniva inquadrato, con delibera di Giunta n. 735 del 24/6/1992, nel posto di “Segretario di conciliazione” – VI qualifica funzionale – istituito dal Consiglio Comunale con Delib. n. 324 del 15 novembre 1991, con il compito di provvedere comunque alle notifiche suddette.

In data 30/10/1994, il P. transitava nei ruoli del Ministero della Giustizia col profilo professionale di “Assistente giudiziario” e l’Amministrazione comunale prendeva atto di tale passaggio con delibera di Giunta n. 1002 del 24/11/1994.

All’indomani stesso del trasferimento dal Comune al Ministero, con nota del 21/11/1994, assumendo di “aver eseguito nel periodo dal 1/8/1991 al 30/10/1994, su incarico del Comune di Spoleto, notificazioni di atti richiesti da varie Amministrazioni finanziarie dello Stato” e “di non avere ancora percepito … i diritti spettanti per dette notificazioni”, ne chiedeva il pagamento al Comune stesso.

A tale richiesta l’Amministrazione comunale, con nota del 20/12/1994, opponeva un primo diniego, richiamando genericamente la legislazione e la giurisprudenza in materia ed invocando il principio della “omnicomprensività” del trattamento stipendiale.

Il diniego trovava conferma nella nota della Prefettura di Perugia del 26/6/1995, prot. n. (…), che veicolava il negativo riscontro fornito dal Ministero delle Finanze, nel senso che “il compenso per la notifica effettuata dall’ente locale per conto di altre amministrazioni dovesse essere introitato dal Comune e non dal dipendente”, emergendo, al riguardo, che “l’attività espletata fosse effettuata ratione ufficii e che pertanto non fosse ravvisabile alcun motivo per consentire che l’introito in questione venisse percepito direttamente dal messo notificatore”.

2.- Avverso gli atti in questione il P. proponeva rituale ricorso al Tribunale amministrativo regionale per l’Umbria, che lo respingeva con la sentenza epigrafata.

Avverso quest’ultima il Panetta insorge con l’odierno gravame, reiterando le ragioni a sostegno della propria pretesa.

Nel rituale contraddittorio delle parti, alla pubblica udienza del 18 ottobre 2019, sulle reiterate conclusioni dei difensori delle parti costituite, la causa è stata riservata per la decisione.

Motivi della decisione
1.- L’appello è infondato e merita di essere respinto.

Vale in proposito evocare il consolidato orientamento giurisprudenziale, dal quale non vi è ragione per discostarsi, secondo cui “ai dipendenti comunali con la qualifica di messo non spetta alcun compenso aggiuntivo per l’attività di notificazione di atti richiesta al Comune dall’amministrazione finanziaria, rientrando tali funzioni tra gli ordinari compiti d’ufficio spettanti ai detti dipendenti, posto che il principio di omnicomprensività della retribuzione impedisce di attribuire compensi aggiuntivi per lo svolgimento di attività lavorative comunque riconducibili ai doveri istituzionali dei dipendenti pubblici” (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. V, 23 ottobre 2014, n. 5260)

In particolare, importa ribadire che:

a) la notificazione degli atti è mansione tipica e specifica della categoria del messo comunale già secondo la definizione contenuta nell’art. 273 del TULCP n. 383 del 1934 (secondo la quale “il messo comunale e quello provinciale sono autorizzati a notificare gli atti delle rispettive amministrazioni e possono anche notificare atti nell’interesse di altre amministrazioni pubbliche che ne facciano richiesta”) e viene svolta nel normale orario di ufficio e mediante l’utilizzo degli strumenti organizzativi messi a disposizione dell’amministrazione di appartenenza;

b) l’art. 19 del D.P.R. 1 giugno 1979, n. 191, confermato dalle successive norme dettate dalla contrattazione collettiva per il personale dipendente degli enti locali, ha escluso la corresponsione di indennità aggiuntive alla retribuzione annua lorda derivante dal trattamento economico di livello e di progressione economica orizzontale, in quanto inglobante qualsiasi retribuzione per prestazioni a carattere sia continuativo che occasionale, ad eccezione di quelle indennità specificatamente individuate, tra cui non sono ricompresi i diritti invocati: ciò anche in ragione della ratio della disposizione, caratterizzata dall’esigenza di uniformare il trattamento economico dei dipendenti pubblici, in specie degli enti locali, e di globalità della previsione della connessa spesa pubblica, con generale portata preclusiva della corresponsione di compensi ulteriori alle complessive voci retributive individuate in sede contrattuale, di tal che possono essere, in principio, esclusi dal divieto normativo i soli compensi dovuti a seguito dello svolgimento da parte dei dipendenti di compiti ulteriori ed estranei alle ordinarie mansioni, e dunque non direttamente ricollegabili allo status professionale, laddove la notifica degli atti effettuata per conto dell’amministrazione finanziaria rientra nelle mansioni proprie della qualifica di appartenenza del dipendente comunale con la qualifica di messo notificatore;

c) l’art. 4 della L. n. 249 del 1976 è stato abrogato dall’art. 4 della L. 12 luglio 1991, n. 201, che fissa la nuova misura dei compensi esclusivamente per i notificatori speciali mentre nulla prevede per i messi comunali, eliminando qualunque collegamento tra i messi comunali (vigile urbano con funzioni di notificatore) e i notificatori speciali; l’art. 14, secondo comma della L. n. 890 del 1982 è stato, di conseguenza, implicitamente abrogato, atteso il rinvio al primo comma dell’abrogato articolo 4 della L. n. 249 del 1976;

d) è irrilevante, ai fini del riconoscimento del diritto, il fatto che le notificazioni riguardino atti dell’amministrazione finanziaria, essendo il Comune l’unico soggetto legittimato a riscuotere le indennità per l’attività di notifica, come testualmente dispongono sia l’art. 10, della L. n. 265 del 1999 (Notificazione degli atti delle pubbliche amministrazioni), che al comma 2 stabilisce testualmente che “al Comune che vi provvede spetta da parte dell’amministrazione richiedente, per ogni singolo atto notificato, oltre alle spese di spedizione a mezzo posta raccomandata con avviso di ricevimento, una somma determinata con decreti dei Ministri del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, dell’interno e delle finanze”, che il decreto del Ministero del Tesoro del Bilancio e della Programmazione Economica del 14 marzo 2000;

e) in definitiva, il conferimento da parte dell’amministrazione finanziaria al Comune del compito di procedere tramite i messi municipali alla notificazione degli atti finanziari, va inquadrato nella figura giuridica del mandato ex lege in favore del Comune e, come tale, insuscettibile sia di determinare l’inquadramento del messo comunale nell’organizzazione dell’amministrazione richiedente che di attribuirgli diritti nei confronti della medesima amministrazione: il messo municipale, in altri termini, rimane comunque dipendente dell’ente locale ed agisce, anche nell’esecuzione del compito di cui si discute, in adempimento degli obblighi ad esso rivenienti dal rapporto di impiego con il Comune (in tal senso, anche Cass. 30 ottobre 2008, n. 26118 e Cass. SS.UU, 27 gennaio 2010, n. 1627, che in materia di responsabilità per errori e ritardi nella notifica degli atti dell’amministrazione finanziaria, ha escluso la responsabilità del messo notificatore, affermando che unico responsabile è il Comune nei cui confronti si instaura un rapporto di preposizione gestoria che deve essere, per l’appunto, qualificato come mandato ex lege, la cui violazione costituisce, se del caso, fonte di responsabilità esclusiva a carico del Comune, non essendo ravvisabile l’instaurazione di un rapporto di servizio diretto tra l’amministrazione finanziaria e i messi comunali, che operano alle esclusive dipendenze dell’ente territoriale).

2.- Le esposte considerazioni confermano la totale infondatezza della azionata pretesa e legittimano l’integrale reiezione dell’appello.

Sussistono, ad avviso del Collegio, giustificate ragioni per disporre, tra le parti costituite, la complessiva compensazione di spese e competenze di lite.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 ottobre 2018 con l’intervento dei magistrati:

Carlo Saltelli, Presidente

Claudio Contessa, Consigliere

Paolo Giovanni Nicolò Lotti, Consigliere

Raffaele Prosperi, Consigliere

Giovanni Grasso, Consigliere, Estensore


Bilancio 2018

Atti relativi al Bilancio dell’Associazione dell’anno 2018 approvato dalla Giunta Esecutiva del 02.02.2019  e su delega dell’Assemblea Generale del 06.05.2017 al Consiglio Generale.

Leggi: Bilancio consuntivo 2018

Leggi: Relazione Bilancio 2018

Leggi: Bilancio preventivo 2019