REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANZON Enrico – Presidente –
Dott. BRUSCHETTA E. Luigi – Consigliere –
Dott. NONNO G. Maria – rel. Consigliere –
Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –
Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 3007/2011 R.G. proposto da:
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
contro
AGESP s.p.a. (c.f. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore, e C.F., elettivamente domiciliati in Roma, via Oriani n. 32, presso lo studio degli avv.ti Giuseppe Di Masi e Giuseppe Berti, che li rappresentano e difendono giusta procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrenti –
e nei confronti di:
AGESP s.p.a. (c.f. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore;
– intimata –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 122/02/09, depositata il 16 dicembre 2009.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 12 dicembre 2018 dal Cons. Giacomo Maria Nonno.
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa Zeno Immacolata, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Udito l’avv. Giammario Rocchitto per la ricorrente e l’avv. Giuseppe Berti per i controricorrenti.
Svolgimento del processo
1. Con sentenza n. 122/02/09 del 16/12/2009 la CTR della Lombardia dichiarava inammissibile l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza n. 143/12/07 della CTP di Varese, che aveva accolto i ricorsi riuniti della AGESP s.p.a., cf. (OMISSIS) (hinc Incorporante), e dal sig. C.F., in proprio e nella qualità di legale rappresentante della AGESP s.p.a., c.f. (OMISSIS) (hinc Incorporata), avverso l’avviso di accertamento, notificato a quest’ultima, per IRPEG, IRAP e IVA relative all’anno d’imposta 2003.
1.1. Il giudice di appello premetteva che: a) l’Incorporata si era estinta a seguito di incorporazione nell’Incorporante in epoca antecedente alla notificazione dell’avviso di accertamento; b) pertanto, in ragione della inesistenza della notifica dell’avviso di accertamento nei confronti di un soggetto già estinto, la CTP “accoglieva il ricorso e, per l’effetto, annullava l’avviso di accertamento”; c) la sentenza della CTP era impugnata dalla Agenzia delle entrate nei confronti di C.F., in proprio e nella qualità di ex legale rappresentante della Incorporata; d) l’Incorporante interveniva nel giudizio di appello.
1.2. La CTR motivava l’inammissibilità dell’appello proposto dall’Ufficio evidenziando che: a) il ricorso in appello era stato proposto nei soli confronti della Incorporata, cioè di un “soggetto non più esistente a seguito della fusione con la società incorporante”; b) detto ricorso avrebbe dovuto essere correttamente notificato alla Incorporante, essendo quest’ultima divenuta, a seguito dell’estinzione della società incorporata, il solo soggetto passivo del rapporto; c) ne conseguiva l’inammissibilità dell’appello – non proposto nei confronti dell’unico soggetto legittimato, che era l’Incorporante – con la conseguente conferma della decisione del primo giudice.
2. L’Agenzia delle entrate impugnava la sentenza della CTR con tempestivo ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
3. La Incorporante e il sig. C. resistevano con controricorso e depositavano memoria ex art. 380 c.p.c., bis.1.
4. Con ordinanza resa all’esito dell’udienza del 20/03/2018, questa Corte, ritenuti insussistenti i presupposti di legge per la trattazione della controversia in camera di consiglio, ne disponeva il rinvio alla pubblica udienza.
Motivi della decisione
1. Vanno prima di tutto esaminate le eccezioni pregiudiziali proposte da parte controricorrente, che sono infondate.
1.1. In primo luogo, va evidenziato che, ai sensi del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, art. 72, l’Agenzia delle entrate può avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato ex art. 43 T.U. approvato con R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611 e successive modificazioni, senza la necessità di speciali autorizzazioni (Cass. n. 12152 del 18/03/2005; Cass. n. 24623 del 20/11/2006), restando i rapporti tra il Direttore dell’Agenzia e l’Avvocatura erariale in ambito puramente interno (Cass. n. 28325 del 07/11/2018), sicché non c’è necessità di alcuna procura scritta rilasciata all’Avvocatura ex art. 82 c.p.c. perchè quest’ultima rappresenti in giudizio l’Agenzia, derivando il potere di rappresentanza direttamente dalla legge.
1.2. Secondariamente, la difesa erariale ha correttamente censurato le uniche statuizioni della CTR, che si è limitata ad esaminare alcune questioni processuali senza entrare nel merito della pretesa fiscale. Ne consegue che questa Corte, in assenza di una pronuncia sul merito della CTR, non potrebbe in alcun caso affrontare le questioni ritenute assorbite.
2. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2504 bis c.c. e degli artt. 110, 300 e 330 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, evidenziando l’erroneità della sentenza della CTR nella parte in cui ha ritenuto l’inammissibilità dell’appello in ragione della sua notificazione a soggetto estinto per incorporazione, non producendo la fusione per incorporazione l’estinzione della società incorporata.
3. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 331 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, evidenziandosi che la notificazione del ricorso in appello a C.F., in proprio e nella qualità di legale rappresentante della Incorporata, ha pregiudicato unicamente il litisconsorzio necessario di natura processuale, pregiudizio, peraltro, sanato con la spontanea costituzione dell’Incorporante.
4. I primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente, involgendo questioni connesse.
4.1. Va premesso che il giudizio di primo grado si è svolto nei confronti sia della Incorporante che di C.F., in proprio e nella qualità di legale rappresentante dell’Incorporata. Le parti hanno proposto autonomi ricorsi, poi riuniti e decisi dalla CTP di Varese, che – preso atto dell’estinzione della Incorporata a seguito della fusione per incorporazione, intervenuta sotto la vigenza del nuovo art. 2504 bis c.c. e in epoca antecedente alla notificazione, nei soli confronti dell’Incorporata, dell’avviso di accertamento – ha ritenuto l’inesistenza di tale ultima notificazione, annullando l’atto impositivo.
4.1.2. L’Agenzia delle entrate ha appellato la sentenza della CTP unicamente nei confronti di C.F., in proprio e nella qualità di legale rappresentate dell’Incorporata, anche se nel giudizio di appello è intervenuta anche l’Incorporante.
4.2. La CTR ha ritenuto che l’appello proposto nei confronti dell’Incorporata e non già nei confronti dell’Incorporante, unico soggetto legittimato a seguito della vicenda estintiva che ha interessato la società incorporata, deve ritenersi inammissibile, con conseguente conferma della sentenza di primo grado.
4.3. Orbene, la statuizione della CTR secondo la quale l’appello avrebbe dovuto essere proposto nei confronti della Incorporante e non già dell’Incorporata è sostanzialmente conforme a diritto, con conseguente rigetto del primo motivo di ricorso, ma la motivazione che fa leva sulla estinzione della Incorporata a seguito della fusione va corretta ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 4.
4.4. Invero, “la fusione tra società non determina, nelle ipotesi di fusione per incorporazione, l’estinzione della società incorporata, nè crea un nuovo soggetto di diritto nell’ipotesi di fusione paritaria, ma attua l’unificazione mediante l’integrazione reciproca delle società partecipanti alla fusione, risolvendosi in una vicenda meramente evolutivo-modificativa dello stesso soggetto giuridico, che conserva la propria identità, pur in un nuovo assetto organizzativo” (Cass. S.U. n. 2637 del 08/02/2006, le cui motivazioni sono riprese da Cass. S.U. n. 19698 del 17/09/2010; si vedano, altresì, Cass. n. 12119 del 16/05/2017; Cass. n. 18188 del 16/09/2016; Cass. n. 24498 del 18/11/2014; Cass. n. 3820 del 15/02/2013).
4.4.1. Diversa è la situazione dell’estinzione conseguente alla cancellazione della società dal registro delle imprese per cessazione o per completamento delle attività di liquidazione, in base alla considerazione che, “nell’incorporazione per fusione, la società incorporante, già prima della citata novella del 2003, partecipando essa stessa alla fusione, non è mai totalmente distinta dalla parte già costituita, onde quel tipo di operazione dipende interamente dalla volontà degli stessi organi delle due società che ne sono protagoniste, ivi compresa l’incorporante che è destinata a subentrare nella posizione processuale dell’incorporata” (Cass. S.U. 13 marzo 2013, n. 6070).
4.4.2. Il principio, che ha portata innovativa rispetto alla disciplina previgente (secondo la quale la fusione per incorporazione determinava l’automatica estinzione della società), implica che, a seguito di fusione per incorporazione, il processo in cui è parte la società incorporata non si interrompe, avuto conto del fatto che tale soggetto non si estingue (conclusione, peraltro, cui era già pervenuta la giurisprudenza sotto la vigenza del vecchio art. 2504 bis c.c., come sottolineato dalla citata Cass. S.U. n. 19698 del 2010; cfr. anche Cass. n. 1376 del 26/01/2016; Cass. n. 21482 del 25/10/2016).
4.4.3. Tuttavia, il menzionato principio non è in grado di fondare la legittimazione della società incorporata anche al di là del giudizio nel corso del quale la fusione è intervenuta, salva la tutela della controparte processuale, non tenuta ad una perpetua consultazione delle risultanze del registro delle imprese (si veda, in motivazione, Cass. S.U. n. 19698 del 2010, cit.).
4.4.4. Sotto quest’ultimo profilo, già sotto la vigenza dell’art. 2504 bis c.c. ante riforma, è stato ritenuto che: a) l’estinzione della società incorporata a seguito di fusione per incorporazione verificatasi solo nel corso del giudizio di legittimità non determina l’inammissibilità del ricorso proposto avverso la stessa, non potendo procedersi nel giudizio per Cassazione ai necessari accertamenti di fatto (Cass. n. 22918 del 09/10/2013); b) l’impugnazione è validamente notificata al procuratore costituito di una società che, successivamente alla chiusura della discussione (o alla scadenza del termine di deposito delle memorie di replica) si sia estinta per incorporazione, se l’impugnante non abbia avuto notizia dell’evento modificatore della capacità della giuridica mediante la notificazione di esso (Cass. S.U. n. 19509 del 14/09/2010); c) più in generale, la parte non colpita dall’evento estintivo può notificare validamente l’atto di citazione in appello non solo nei confronti della società incorporante, ma anche nei confronti della società incorporata e nonostante la regolare pubblicazione nel registro delle imprese dell’atto di fusione, a meno che l’appellante sia stato edotto dell’estinzione di quest’ultima mediante qualsiasi atto idoneo a comunicare il fatto al destinatario in modo certo e documentalmente dimostrabile (Cass. n. 28664 del 27/12/2013).
4.4.5. Al di là di queste primarie esigenze di tutela della controparte, che a maggior ragione possono essere riconosciute anche nel nuovo regime, non si ritiene che la modifica dell’art. 2504 bis c.c. abbia introdotto una generalizzata legittimazione attiva e passiva della società incorporata all’impugnazione, come sembrano inferire alcune pronunce di questa Corte (cfr. Cass. n. 24498 del 2014, cit.; Cass. n. 18188 del 2016, cit.).
4.4.6. Le menzionate pronunce fanno leva, in particolare, sulla circostanza che la fusione comporta un mutamento formale di un’organizzazione societaria già esistente, ma non la creazione di un nuovo ente, che si distingua dal vecchio, per cui la società incorporata sopravvive in tutti i suoi rapporti, anche processuali, alla vicenda modificativa nella società incorporante.
4.4.7. A fronte di queste pronunce, altro orientamento evidenzia che la riforma del 2003 “mostra di dare risalto alla continuazione dell’attività sociale delle società che si fondono (o vengono incorporate) nel nuovo soggetto giuridico risultante dalla fusione, ove per “nuovo” deve intendersi un soggetto rinnovato rispetto al precedente assetto sociale e patrimoniale delle società partecipanti all’operazione. Sintomatica, in tal senso, appare la dizione contenuta nell’art. 2504 bis c.c., comma 1, secondo cui la società risultante dalla fusione o quella incorporante (nel caso – come quello in esame – di fusione per incorporazione) assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti anteriori alla fusione, lasciando intendere con il verbo “proseguire” che, a seguito dell’operazione di fusione, ha luogo la prosecuzione dei rapporti giuridici nel soggetto unificato, quale centro unitario di imputazione di tutti i rapporti preesistenti. La stessa conclusione è valida anche con riguardo ai rapporti processuali e ciò, all’evidente fine, di evitare irragionevoli interruzioni del giudizio, contrarie, peraltro, ai principi del giusto processo” (così, in motivazione, Cass. n. 3820 del 15/02/2013).
4.4.8. La finalità della riforma, pertanto, è quella di valorizzare, nel caso della fusione per incorporazione, la continuità giuridica dell’attività del soggetto incorporato nel soggetto incorporante, onde evitare irragionevoli interruzioni del processo, ma non certo quella di procrastinare a tempo indeterminato l’esistenza della società incorporata.
4.5. Il Collegio ritiene che tale ultima interpretazione sia maggiormente conforme al tenore letterale dell’art. 2504 bis c.c., comma 1, nonché alla ratio della riforma del 2003, come più sopra delineata.
4.5.1. La menzionata disposizione, infatti, prevede il trasferimento alla società incorporante di tutte le posizioni attive e passive già facenti capo all’incorporata e, quindi, la legittimazione attiva e passiva della prima come soggetto che prosegue l’attività della seconda, non già la permanenza in vita della società incorporata fino alla cessazione dei rapporti che la riguardano, che implicherebbe anche una anomala e non prevista prorogatio sine die dei suoi organi rappresentativi. E la mancata previsione della estinzione di quest’ultima connota proprio la prosecuzione in altro soggetto, con l’assunzione di una nuova struttura organizzativa, anche sotto il profilo della rappresentanza esterna, alla quale sono imputate tutte le obbligazioni.
4.5.2. Una lettura di analogo tenore è sottesa a Cass. n. 12119 del 16/05/2017, che ha ritenuto che la società incorporante non potesse accedere alla rateizzazione dalla quale era già decaduta la società incorporata; di Cass. n. 27762 del 11/12/2013, che ha sottolineato come la mancata estinzione della società incorporata consente alla società incorporante di subentrare nel mandato per la gestione di un credito, mandato che non si estingue; e, soprattutto, di Cass. n. 17050 del 11/08/2016, che ha ritenuto che il decreto di convocazione ex art. 15 L. Fall. va notificato alla società incorporante e non già alla società incorporata, che “assume i diritti e gli obblighi della prima e ne prosegue tutti i rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione, pur conservando la suddetta società la propria identità per l’eventuale dichiarazione di fallimento”.
4.6. Va, dunque, enunciato il seguente principio di diritto: “in ipotesi di fusione per incorporazione ex art. 2504 bis c.c. (nel testo risultante dalle modifiche apportate dal D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6), intervenuta in corso di causa, la legittimazione attiva e passiva all’impugnazione spetta alla sola società incorporante, cui sono stati trasferiti i diritti e gli obblighi della società incorporata e che prosegue in tutti i rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione facenti capo alla società incorporata, salva la possibilità della controparte che, nonostante l’iscrizione nel registro delle imprese, non sia stata resa edotta della intervenuta fusione di notificare l’atto di impugnazione anche nei confronti di quest’ultima”.
4.7. Nel caso di specie, l’Agenzia delle entrate era stata certamente posta a conoscenza della fusione quanto meno nel corso del giudizio di primo grado, tenuto conto che l’avviso di accertamento, notificato alla Incorporata, è stato impugnato anche dalla Incorporante. Ne consegue che l’Ufficio avrebbe dovuto correttamente notificare l’atto di appello non già a C.F. in proprio e nella qualità di legale rappresentante della Incorporata, ma alla Incorporante.
4.8. Peraltro, occorre tenere conto del fatto che il giudizio di primo grado si è svolto anche nei confronti della Incorporata e di C.F. in proprio, sicché il ricorso dell’Agenzia delle entrate avrebbe dovuto essere correttamente rivolto nei confronti di tutti e tre i soggetti, sussistendo un litisconsorzio necessario di natura processuale in cause inscindibili (atteso che l’accoglimento del ricorso di una delle parti, determinando l’annullamento dell’avviso di accertamento, avrebbe incidenza anche sul ricorso proposta dall’altra parte) o quanto meno dipendenti (cfr. Cass. n. 14253 del 13/07/2016).
4.9. Pertanto, la proposizione dell’appello nei soli confronti dell’Incorporata e del sig. C. in proprio non comporta in ogni caso l’inammissibilità dello stesso, dovendo il giudice dell’appello integrare il contraddittorio nei confronti del litisconsorte necessario pretermesso (Cass. n. 10934 del 27/05/2015), che, nella specie, è peraltro intervenuto autonomamente in giudizio, così sanando il difetto di contraddittorio.
4.10. Il secondo motivo di ricorso va, dunque, accolto.
5. Con il terzo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 156, 164 e 291 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, evidenziandosi che, anche ove si ritenga che il soggetto legittimato passivo dell’appello sia l’Incorporante, la notifica nei confronti dell’Incorporata ha comunque determinato la costituzione in giudizio della prima, con conseguente sanatoria della nullità della notifica con effetto ex tunc. 6. Il motivo resta assorbito in ragione dell’accoglimento del secondo motivo.
7. In conclusione va accolto il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo e assorbito il terzo; la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e rinviata alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, per nuovo esame e perché provveda anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo e assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2019