Multe: addio alle spese di notifica con un’app

Presentato il portale Paycity che promette di abbattere i costi per la notifica delle multe

Nel periodo in cui cade il monopolio di Poste Italiane per la notifica delle infrazioni stradali e si aprono le porte ai privati, arriva una nuova app che promette di abbattere i costi. Si chiama Paycity ed è un portale web disponibile anche su app, che si rivolge a cittadini e aziende per conoscere in tempo reale e h24 le infrazioni stradali a proprio carico, potendole pagare così entro 5 giorni (con importo ridotto) ed evitando, appunto, i costi della notifica.

Paycity è stato presentato ufficialmente a Riccione nel corso del Convegno Nazionale della Polizia Locale. Il servizio telematico, creato da Opensoftware e Multiservizi, ha l’obiettivo di ottimizzare, semplificare e far risparmiare sulle infrazioni al codice della Strada.

Come funziona Paycity

Paycity in pratica, farebbe da “filtro”, inserendosi tra l’accertamento dell’infrazione e la lavorazione della multa e agendo prima della spedizione del verbale.

Gli utenti, in sostanza, registrandosi al portale gratuitamente e inserendo i propri dati e le targhe dei propri veicoli nell’area riservata, possono vedere in tempo reale da una dashboard operativa, se risulta un’infrazione a carico della propria auto o dell’intera flotta aziendale: il sistema, in tal caso, gli notificherà, l’esistenza di un verbale in attesa di pagamento (prima ancora che il verbale venga spedito), un alert. In tal modo, potrà essere saldato l’importo della multa con lo sconto del 30% (comunque applicabile entro 5 giorni dalla notifica) e senza sborsare le spese di notificazione.

A chi si rivolge

Paycity promette di semplificare la vita sia a cittadini che aziende e Pubbliche Amministrazioni, “rendendo più rapida ed efficiente la comunicazione con i cittadini e le società di autonoleggio”.

Le P.A. infatti, “potranno ottenere i dati anagrafici dei cittadini che, noleggiando un’auto da società di leasing, hanno commesso un’infrazione al codice della strada, intestando la notifica direttamente al cittadino trasgressore”. Il portale consente una pianificazione consapevole e razionale delle risorse e del tempo e per questa via le P.A. “potranno abbassare i costi di data-entry e di gestione della pratica”.

Non solo. Tra i benefici, oltre alla visualizzazione delle liste coi verbali in attesa di espletamento e alla possibilità di pagare online evitando di incombere nei costi di notifica e risparmiando il 30%, anche un archivio digitale, totalmente in cloud, che consente di avere lo storico di tutte le contravvenzioni saldate, lo stato delle infrazioni in corso, e l’ottimizzazione della tempistica utile per il deposito dei ricorsi.


Giornata di Studio Udine – 21.02.2019

Locandina GdS Udine 2019aLA NOTIFICA ON LINE

Giovedì 21 febbraio 2019

Castello di Udine

Sala della Contadinanza

Piazza del Castello 1

UDINE

Orario: 9:00 – 13:00 e 14:00 – 17:00
con il Patrocinio del Comune di Udine
Quote di Iscrizione alla giornata di studio:

€ 142.00(*) (**) se il partecipante alla giornata di studio è già è socio A.N.N.A. (persona fisica già iscritta all’Associazione alla data del 31.12.2018 con rinnovo anno 2019 già pagato al 31.12.2018. Tale requisito attiene esclusivamente alle persone fisiche. L’iscrizione ad ANNA del solo ente di appartenenza non soddisfa tale condizione per i propri dipendenti.

€ 212.00(*) (**) (***) se il partecipante NON E’ ancora socio A.N.N.A ma intende iscriversi per l’anno 2019 pagando la quota insieme a quella della giornata di studio. Tra i servizi che l’Associazione offre ai propri Iscritti vi è anche l’accesso all’area riservata del sito www.annamessi.it .

€ 272,00 più I.V.A se dovuta (*) (**), per chi vuole frequentare solo la giornata di studio (NON E’ iscritto ad A.N.N.A. e NON vuole iscriversi).

Le quote d’iscrizione dovranno essere pagate, al netto delle spese bancarie, comprensive dell’imposta di bollo di € 2,00, tramite:

Versamento in Banca sul Conto Corrente Bancario:

  • Codice IBAN: Codice IBAN: IT06 T030 6234 2100 0000 1790 603 (Banca Mediolanum)
  • Versamento sul Conto Corrente n. 1790 603 (Banca Mediolanum)
  • Versamento per contanti presso la Segreteria della giornata di studio
Intestazione : Associazione Nazionale Notifiche Atti

Causale: G.d.S. Udine 2019 o numero fattura elettronica

(*) Se la fattura è intestata ad un Ente Pubblico, la quota è esente da IVA ai sensi ai sensi dell’Art. 10 DPR n. 633/1972 così come dispone l’art. 14, comma 10 legge 537 del 24/12/1993, ed è comprensiva di € 2,00 (Marca da Bollo)

(**) Le spese bancarie e/o postali per il versamento delle quote di iscrizione sono a carico di chi effettua il versamento.

(***) Se la giornata di studio si effettua negli ultimi 3 mesi dell’anno la eventuale quota di iscrizione all’Associazione A.N.N.A. deve intendersi versata per l’annualità  successiva.


Partecipazione di 2 o più dipendenti dello stesso Ente:

  • € 210,00 (**) (***) per il primo partecipante
  • € 180,00  (**) (***) per il secondo partecipante
  • € 100,00   (**) (***) per il terzo e oltre partecipante

Tali quote comprendono l’iscrizione all’Associazione per l’anno 2019 a cui si deve aggiungere € 2,00 (Marca da Bollo) sull’unica fattura emessa. Tale promozione non è assimilabile e/o integrabile alle Quote di Iscrizione sopra descritte (Quote di Iscrizione alla giornata di studio) e per un massimo di numero 10 dipendenti. Dall’11° dipendente si riprende con la quota di € 210,00 ecc. 


La quota di iscrizione comprende: accesso in sala, colazione di lavoro e materiale didattico.

L’Associazione rilascerà ai partecipanti un attestato di frequenza, che potrà costituire un valido titolo personale di qualificazione professionale.

L’iscrizione alla giornata di studio potrà essere effettuata anche on line cliccando sul link a fondo pagina cui dovrà  seguire il versamento della quota di iscrizione alla giornata di studio. I docenti sono operatori di settore che con una collaudata metodologia didattica assicurano un apprendimento graduale e completo dei temi trattati. Essi collaborano da anni in modo continuativo con A.N.N.A. condividendone così lo stile e la cultura.

I corsi / seminari / convegni / giornate di studio non sono configurabili come appalti di servizi.

Pertanto per il loro acquisto non è necessario transitare dalle Centrali di Committenza (nazionale o regionale), non è prevista la richiesta del CIG. Si veda anche paragrafo 3.9 della Determinazione dell’AVCP n. 4 del 7 luglio 2011.

La formazione in materia di appalti e contratti pubblici, se prevista dal Piano triennale per la prevenzione della corruzione del singolo Ente, non è soggetta al tetto di spesa definito dall’art. 6, comma 13, del D.L. n. 78/2010. Si tratta infatti di formazione obbligatoria prevista dalla Legge n. 190/2012 (cfr. Corte dei conti: sez. reg.le di controllo Emilia Romagna n. 276/2013; sez. reg.le di controllo Liguria n. 75/2013; sez. reg.le di controllo Lombardia n. 116/2011)

Docente:

Durì Francesco

Resp. Servizio Notifiche del Comune di Udine
Membro della Giunta Esecutiva di A.N.N.A.
Membro della Commissione Normativa di A.N.N.A.

Programma:

Il Messo Comunale

Obblighi e competenze e responsabilità

Il procedimento di notificazione

  • Art. 137 c.p.c.: norme introduttive sulla notificazione degli atti
  • Art. 138 c.p.c.: notificazione in mani proprie
  • Art. 139 c.p.c.: notificazione nella residenza, dimora e domicilio

Concetto di dimora, residenza e domicilio

  • Art. 140 c.p.c. Notifica agli irreperibili relativi
  • La sentenza della Corte Costituzionale n. 3/2010
  • Art. 141 c.p.c. Notificazione presso il domiciliatario
  • Art. 142 c.p.c. Notificazione a persone non residenti ne dimoranti ne domiciliate nella Repubblica
  • Art. 143 c.p.c. Notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti
  • Art. 145 c.p.c. Notificazione alle persone giuridiche

La notificazione a mezzo posta “tradizionale”

  • Ambito di applicazione della L. 890/1982
  • Attività del Messo Comunale e attività dell’Ufficiale Postale

Le notifiche degli atti pervenuti tramite P.E.C.

  • Art. 137, 3° comma, c.p.c.: problemi applicativi

La notificazione a mezzo posta elettronica

  • Art. 48 D.Lgs 82/2005 (Codice dell’Amministrazione Digitale)
  • La PEC
  • La firma digitale
  • La notificazione a mezzo posta elettronica
  • Art. 149 bis c.p.c.
  • Le nuove disposizioni del C.A.D.
  • La PEC come strumento esclusivo di comunicazione e notifica della P.A. 

La notificazione degli atti tributari

  • Il D.P.R. 600/1973
  • L’Art. 60 del D.P.R. 600/1973
  • L’Art. 65 del D.P.R. 600/1973 (Eredi)
  • Le notifiche ai soggetti A.I.R.E.
  • L’Art. 26 del D.P.R. 602/1973 e sentenza della Corte Costituzionale 258/2012

Casa Comunale

  • La consegna degli atti presso la Casa Comunale (al destinatario ed a persone delegate)

Cenni sull’Albo on Line

  • Le raccomandazioni del Garante della privacy

Il diritto all’oblio

Risposte a quesiti

Gli argomenti trattati si intendono aggiornati con le ultime novità normative e giurisprudenziali in materia di notificazioni

L’Associazione provvederà ad effettuare l’esame di idoneità per le persone che verranno indicate dall’Amm.ne, al fine del conseguimento della nomina a Messo Notificatore previsto dalla legge finanziaria del 2007  (L. 296/2006, Art. 1, comma 158 e ss.)

Nota bene: Qualora l’annullamento dell’iscrizione venga comunicato meno di cinque giorni prima dell’iniziativa, l’organizzazione si riserva la facoltà di fatturare la relativa quota, anche nel caso di non partecipazione alla giornata di studio.

Parcheggi:

1 – Parcheggio in via Andreuzzi 4 al costo di € 0,60 all’ora (apertura alle ore 7.00), 15 minuti dalla Casa della Contadinanza sul Castello di Udine, sede della Giornata di Studio
2 – Piazza I Maggio, proprio alla base del castello al costo di € 0,70 all’ora (apertura alle ore 7.00), meno di 10 minuti dalla sede della Giornata di Studio salendo da piazza I Maggio

Vedi: Attività formativa anno 2019

Scarica: Depliant Giornata di Studio Udine 2019

Vedi:

Vedi: Video della Giornata di Studio

Scarica: MODULO DI PARTECIPAZIONE GdS Udine 2019

Sul modulo dovranno obbligatoriamente essere indicati tutti i codici (CUU, CIG ecc.) che dovranno comparire nella fattura elettronica allegando la Determina Dirigenziale di autorizzazione

Scarica: Autocertificazioni Fiscali 2019

  1. Comunicazione Associazione Senza finalità di lucro
  2. Comunicazione di attivazione di conto corrente dedicato ai sensi dell’art. 3, comma 7, della legge n. 136/2010
  3. Dichiarazione relativa all’esonero dall’obbligo di redazione del “DURC” con riferimento alla iscrizione a corsi di formazione/aggiornamento. (Dichiarazione redatta ai sensi degli art. n. 46 e 47 del DPR n. 445/2000)
  4. Dichiarazione sostitutiva del certificato generale del casellario giudiziale e dei carichi pendenti (D.P.R. 28/12/2000 N° 445)
  5. Dichiarazione relativa alla fase di liquidazione delle fatture di competenza
  6. Dichiarazione insussistenza motivi di esclusione a contrattare con la Pubblica Amministrazione
  7. Dichiarazione ai sensi dell’art. 53 comma 16-ter del D.Lgs. 165/2001 e s.m.
  8. Documento di identità  personale del Legale Rappresentante pro tempore

Giornata di Studio Montecchio Emilia (RE) – 13.02.2019

Locandina GdS Montecchio RE 2019LA NOTIFICA ON LINE

Mercoledì 13 febbraio 2019

Comune di Montecchio Emilia

IL CASTELLO

Sala della Rocca

Orario: 9:00 – 13:00 e 14:00 – 17:00
con il Patrocinio del Comune di Montecchio Emilia (RE)
Quote di Iscrizione alla giornata di studio:

€ 142.00(*) (**) se il partecipante alla giornata di studio è già è socio A.N.N.A. (persona fisica già iscritta all’Associazione alla data del 31.12.2018 con rinnovo anno 2019 già pagato al 31.12.2018. Tale requisito attiene esclusivamente alle persone fisiche. L’iscrizione ad ANNA del solo ente di appartenenza non soddisfa tale condizione per i propri dipendenti.

€ 212.00(*) (**) (***) se il partecipante NON E’ ancora socio A.N.N.A ma intende iscriversi per l’anno 2019 pagando la quota insieme a quella della giornata di studio. Tra i servizi che l’Associazione offre ai propri Iscritti vi è anche l’accesso all’area riservata del sito www.annamessi.it ed un’assicurazione per colpa grave.

€ 272,00 più I.V.A se dovuta (*) (**), per chi vuole frequentare solo la giornata di studio (NON E’ iscritto ad A.N.N.A. e NON vuole iscriversi).

Le quote d’iscrizione dovranno essere pagate, al netto delle spese bancarie, comprensive dell’imposta di bollo di € 2,00, tramite:

Versamento in Banca sul Conto Corrente Bancario:

  • Codice IBAN: Codice IBAN: IT06 T030 6234 2100 0000 1790 603 (Banca Mediolanum)
  • Versamento sul Conto Corrente n. 1790 603 (Banca Mediolanum)
  • Versamento per contanti presso la Segreteria della giornata di studio
Intestazione : Associazione Nazionale Notifiche Atti

Causale: G.d.S. Montecchio 2019 o numero fattura elettronica

(*) Se la fattura è intestata ad un Ente Pubblico, la quota è esente da IVA ai sensi ai sensi dell’Art. 10 DPR n. 633/1972 così come dispone l’art. 14, comma 10 legge 537 del 24/12/1993, ed è comprensiva di € 2,00 (Marca da Bollo)

(**) Le spese bancarie e/o postali per il versamento delle quote di iscrizione sono a carico di chi effettua il versamento.

(***) Se la giornata di studio si effettua negli ultimi 3 mesi dell’anno la eventuale quota di iscrizione all’Associazione A.N.N.A. deve intendersi versata per l’annualità  successiva.


Partecipazione di 2 o più dipendenti dello stesso Ente:

  • € 210,00 (**) (***) per il primo partecipante
  • € 180,00  (**) (***) per il secondo partecipante
  • €  90,00   (**) (***) per il terzo e oltre partecipante

Tali quote comprendono l’iscrizione all’Associazione per l’anno 2019 a cui si deve aggiungere € 2,00 (Marca da Bollo) sull’unica fattura emessa. Tale promozione non è assimilabile e/o integrabile alle Quote di Iscrizione sopra descritte (Quote di Iscrizione alla giornata di studio) e per un massimo di numero 10 dipendenti. Dall’11° dipendente si riprende con la quota di € 210,00 ecc. 


La quota di iscrizione comprende: accesso in sala, colazione di lavoro e materiale didattico.

L’Associazione rilascerà ai partecipanti un attestato di frequenza, che potrà costituire un valido titolo personale di qualificazione professionale.

L’iscrizione alla giornata di studio potrà essere effettuata anche on line cliccando sul link a fondo pagina cui dovrà  seguire il versamento della quota di iscrizione alla giornata di studio. I docenti sono operatori di settore che con una collaudata metodologia didattica assicurano un apprendimento graduale e completo dei temi trattati. Essi collaborano da anni in modo continuativo con A.N.N.A. condividendone così lo stile e la cultura.

I corsi / seminari / convegni / giornate di studio non sono configurabili come appalti di servizi.

Pertanto per il loro acquisto non è necessario transitare dalle Centrali di Committenza (nazionale o regionale), non è prevista la richiesta del CIG. Si veda anche paragrafo 3.9 della Determinazione dell’AVCP n. 4 del 7 luglio 2011.

La formazione in materia di appalti e contratti pubblici, se prevista dal Piano triennale per la prevenzione della corruzione del singolo Ente, non è soggetta al tetto di spesa definito dall’art. 6, comma 13, del D.L. n. 78/2010. Si tratta infatti di formazione obbligatoria prevista dalla Legge n. 190/2012 (cfr. Corte dei conti: sez. reg.le di controllo Emilia Romagna n. 276/2013; sez. reg.le di controllo Liguria n. 75/2013; sez. reg.le di controllo Lombardia n. 116/2011)

Docente:

Durì Francesco

Resp. Servizio Notifiche del Comune di Udine

Membro della Giunta Esecutiva di A.N.N.A.

Membro della Commissione Normativa di A.N.N.A.

Programma:

Il Messo Comunale

Obblighi e competenze e responsabilità

Il procedimento di notificazione

  • Art. 137 c.p.c.: norme introduttive sulla notificazione degli atti
  • Art. 138 c.p.c.: notificazione in mani proprie
  • Art. 139 c.p.c.: notificazione nella residenza, dimora e domicilio

Concetto di dimora, residenza e domicilio

  • Art. 140 c.p.c. Notifica agli irreperibili relativi
  • La sentenza della Corte Costituzionale n. 3/2010
  • Art. 141 c.p.c. Notificazione presso il domiciliatario
  • Art. 142 c.p.c. Notificazione a persone non residenti ne dimoranti ne domiciliate nella Repubblica
  • Art. 143 c.p.c. Notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti
  • Art. 145 c.p.c. Notificazione alle persone giuridiche

La notificazione a mezzo posta “tradizionale”

  • Ambito di applicazione della L. 890/1982
  • Attività del Messo Comunale e attività dell’Ufficiale Postale

Le notifiche degli atti pervenuti tramite P.E.C.

  • Art. 137, 3° comma, c.p.c.: problemi applicativi

La notificazione a mezzo posta elettronica

  • Art. 48 D.Lgs 82/2005 (Codice dell’Amministrazione Digitale)
  • La PEC
  • La firma digitale
  • La notificazione a mezzo posta elettronica
  • Art. 149 bis c.p.c.
  • Le nuove disposizioni del C.A.D.
  • La PEC come strumento esclusivo di comunicazione e notifica della P.A. 

La notificazione degli atti tributari

  • Il D.P.R. 600/1973
  • L’Art. 60 del D.P.R. 600/1973
  • L’Art. 65 del D.P.R. 600/1973 (Eredi)
  • Le notifiche ai soggetti A.I.R.E.
  • L’Art. 26 del D.P.R. 602/1973 e sentenza della Corte Costituzionale 258/2012

Casa Comunale

  • La consegna degli atti presso la Casa Comunale (al destinatario ed a persone delegate)

Cenni sull’Albo on Line

  • Le raccomandazioni del Garante della privacy

Il diritto all’oblio

Risposte a quesiti

Gli argomenti trattati si intendono aggiornati con le ultime novità normative e giurisprudenziali in materia di notificazioni

L’Associazione provvederà ad effettuare l’esame di idoneità per le persone che verranno indicate dall’Amm.ne, al fine del conseguimento della nomina a Messo Notificatore previsto dalla legge finanziaria del 2007  (L. 296/2006, Art. 1, comma 158 e ss.)

Nota bene: Qualora l’annullamento dell’iscrizione venga comunicato meno di cinque giorni prima dell’iniziativa, l’organizzazione si riserva la facoltà di fatturare la relativa quota, anche nel caso di non partecipazione alla giornata di studio.

Vedi: Attività formativa anno 2019

Scarica: Depliant GdS Montecchio RE 2019

Vedi:

Vedi: Video della Giornata di Studio

Scarica: MODULO DI PARTECIPAZIONE GdS Montecchio E. RE 2019

Sul modulo dovranno obbligatoriamente essere indicati tutti i codici (CUU, CIG ecc.) che dovranno comparire nella fattura elettronica allegando la Determina Dirigenziale di autorizzazione

Scarica: Autocertificazioni Fiscali 2019

  1. Comunicazione Associazione Senza finalità di lucro
  2. Comunicazione di attivazione di conto corrente dedicato ai sensi dell’art. 3, comma 7, della legge n. 136/2010
  3. Dichiarazione relativa all’esonero dall’obbligo di redazione del “DURC” con riferimento alla iscrizione a corsi di formazione/aggiornamento. (Dichiarazione redatta ai sensi degli art. n. 46 e 47 del DPR n. 445/2000)
  4. Dichiarazione sostitutiva del certificato generale del casellario giudiziale e dei carichi pendenti (D.P.R. 28/12/2000 N° 445)
  5. Dichiarazione relativa alla fase di liquidazione delle fatture di competenza
  6. Dichiarazione insussistenza motivi di esclusione a contrattare con la Pubblica Amministrazione
  7. Dichiarazione ai sensi dell’art. 53 comma 16-ter del D.Lgs. 165/2001 e s.m.
  8. Documento di identità  personale del Legale Rappresentante pro tempore

È nulla la notifica della cartella di pagamento con la procedura dell’irreperibilità assoluta

È nulla la notifica della cartella di pagamento con la procedura dell’irreperibilità assoluta, e cioè senza raccomandata e sulla sola base dell’avviso in Comune, se viene fondata sulle dichiarazioni del portiere che riferisce il trasferimento del contribuente o della società.

Leggi: Cass. civ. Sez. VI – 5, Ord., (ud. 12-09-2018) 15-10-2018, n. 25625


Giornata di Studio Lendinara (RO) – 1.02.2019

Locandina GdS Lendinara RO 2019LA NOTIFICA DEL DOCUMENTO INFORMATICO

Venerdì 1 febbraio 2019

Comune di Lendinara (RO)

Biblioteca Comunale

Via G.B. Conti 30

Orario: 9:00 – 13:00 e 14:00 – 17:00
con il Patrocinio del Comune di Lendinara (RO)
Quote di Iscrizione alla giornata di studio:

€ 142.00(*) (**) se il partecipante alla giornata di studio è già è socio A.N.N.A. (persona fisica già iscritta all’Associazione alla data del 31.12.2018 con rinnovo anno 2019 già pagato al 31.12.2018. Tale requisito attiene esclusivamente alle persone fisiche. L’iscrizione ad ANNA del solo ente di appartenenza non soddisfa tale condizione per i propri dipendenti.

€ 212.00(*) (**) (***) se il partecipante NON E’ ancora socio A.N.N.A ma intende iscriversi per l’anno 2019 pagando la quota insieme a quella della giornata di studio. Tra i servizi che l’Associazione offre ai propri Iscritti vi è anche l’accesso all’area riservata del sito www.annamessi.it ed un’assicurazione per colpa grave.

€ 272,00 più I.V.A se dovuta (*) (**), per chi vuole frequentare solo la giornata di studio (NON E’ iscritto ad A.N.N.A. e NON vuole iscriversi).

Le quote d’iscrizione dovranno essere pagate, al netto delle spese bancarie, comprensive dell’imposta di bollo di € 2,00, tramite:

Versamento in Banca sul Conto Corrente Bancario:

  • Codice IBAN: Codice IBAN: IT06 T030 6234 2100 0000 1790 603 (Banca Mediolanum)
  • Versamento sul Conto Corrente n. 1790 603 (Banca Mediolanum)
  • Versamento per contanti presso la Segreteria della giornata di studio
Intestazione : Associazione Nazionale Notifiche Atti

Causale: G.d.S. Lenfinara 2019 o numero fattura elettronica

(*) Se la fattura è intestata ad un Ente Pubblico, la quota è esente da IVA ai sensi ai sensi dell’Art. 10 DPR n. 633/1972 così come dispone l’art. 14, comma 10 legge 537 del 24/12/1993, ed è comprensiva di € 2,00 (Marca da Bollo)

(**) Le spese bancarie e/o postali per il versamento delle quote di iscrizione sono a carico di chi effettua il versamento.

(***) Se la giornata di studio si effettua negli ultimi 3 mesi dell’anno la eventuale quota di iscrizione all’Associazione A.N.N.A. deve intendersi versata per l’annualità  successiva.


Partecipazione di 2 o più dipendenti dello stesso Ente:

  • € 210,00 (**) (***) per il primo partecipante
  • € 180,00  (**) (***) per il secondo partecipante
  • €  90,00   (**) (***) per il terzo e oltre partecipante

Tali quote comprendono l’iscrizione all’Associazione per l’anno 2019 a cui si deve aggiungere € 2,00 (Marca da Bollo) sull’unica fattura emessa. Tale promozione non è assimilabile e/o integrabile alle Quote di Iscrizione sopra descritte (Quote di Iscrizione alla giornata di studio) e per un massimo di numero 10 dipendenti. Dall’11° dipendente si riprende con la quota di € 210,00 ecc. 


La quota di iscrizione comprende: accesso in sala, colazione di lavoro e materiale didattico.

L’Associazione rilascerà ai partecipanti un attestato di frequenza, che potrà costituire un valido titolo personale di qualificazione professionale.

L’iscrizione alla giornata di studio potrà essere effettuata anche on line cliccando sul link a fondo pagina cui dovrà  seguire il versamento della quota di iscrizione alla giornata di studio. I docenti sono operatori di settore che con una collaudata metodologia didattica assicurano un apprendimento graduale e completo dei temi trattati. Essi collaborano da anni in modo continuativo con A.N.N.A. condividendone così lo stile e la cultura.

I corsi / seminari / convegni / giornate di studio non sono configurabili come appalti di servizi.

Pertanto per il loro acquisto non è necessario transitare dalle Centrali di Committenza (nazionale o regionale), non è prevista la richiesta del CIG. Si veda anche paragrafo 3.9 della Determinazione dell’AVCP n. 4 del 7 luglio 2011.

La formazione in materia di appalti e contratti pubblici, se prevista dal Piano triennale per la prevenzione della corruzione del singolo Ente, non è soggetta al tetto di spesa definito dall’art. 6, comma 13, del D.L. n. 78/2010. Si tratta infatti di formazione obbligatoria prevista dalla Legge n. 190/2012 (cfr. Corte dei conti: sez. reg.le di controllo Emilia Romagna n. 276/2013; sez. reg.le di controllo Liguria n. 75/2013; sez. reg.le di controllo Lombardia n. 116/2011)

Docente:

Asirelli Corrado 4Asirelli Corrado

Coord. Servizio Notifiche del Comune di Cesena FC

Membro della Giunta Esecutiva di A.N.N.A.

Membro della Commissione Normativa di A.N.N.A.

Programma:

Il Messo Comunale

Obblighi e competenze e responsabilità

Il procedimento di notificazione

  • Art. 137 c.p.c.: norme introduttive sulla notificazione degli atti
  • Art. 138 c.p.c.: notificazione in mani proprie
  • Art. 139 c.p.c.: notificazione nella residenza, dimora e domicilio

Concetto di dimora, residenza e domicilio

  • Art. 140 c.p.c. Notifica agli irreperibili relativi
  • La sentenza della Corte Costituzionale n. 3/2010
  • Art. 141 c.p.c. Notificazione presso il domiciliatario
  • Art. 142 c.p.c. Notificazione a persone non residenti ne dimoranti ne domiciliate nella Repubblica
  • Art. 143 c.p.c. Notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti
  • Art. 145 c.p.c. Notificazione alle persone giuridiche

La notificazione a mezzo posta “tradizionale”

  • Ambito di applicazione della L. 890/1982
  • Attività del Messo Comunale e attività dell’Ufficiale Postale

Le notifiche degli atti pervenuti tramite P.E.C.

  • Art. 137, 3° comma, c.p.c.: problemi applicativi

La notificazione a mezzo posta elettronica

  • Art. 48 D.Lgs 82/2005 (Codice dell’Amministrazione Digitale)
  • La PEC
  • La firma digitale
  • La notificazione a mezzo posta elettronica
  • Art. 149 bis c.p.c.
  • Le nuove disposizioni del C.A.D.
  • La PEC come strumento esclusivo di comunicazione e notifica della P.A. 

La notificazione degli atti tributari

  • Il D.P.R. 600/1973
  • L’Art. 60 del D.P.R. 600/1973
  • L’Art. 65 del D.P.R. 600/1973 (Eredi)
  • Le notifiche ai soggetti A.I.R.E.
  • L’Art. 26 del D.P.R. 602/1973 e sentenza della Corte Costituzionale 258/2012

Casa Comunale

  • La consegna degli atti presso la Casa Comunale (al destinatario ed a persone delegate)

Cenni sull’Albo on Line

  • Le raccomandazioni del Garante della privacy

Il diritto all’oblio

Risposte a quesiti

Gli argomenti trattati si intendono aggiornati con le ultime novità normative e giurisprudenziali in materia di notificazioni

L’Associazione provvederà ad effettuare l’esame di idoneità per le persone che verranno indicate dall’Amm.ne, al fine del conseguimento della nomina a Messo Notificatore previsto dalla legge finanziaria del 2007  (L. 296/2006, Art. 1, comma 158 e ss.)

Nota bene: Qualora l’annullamento dell’iscrizione venga comunicato meno di cinque giorni prima dell’iniziativa, l’organizzazione si riserva la facoltà di fatturare la relativa quota, anche nel caso di non partecipazione alla giornata di studio.

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Sul modulo dovranno obbligatoriamente essere indicati tutti i codici (CUU, CIG ecc.) che dovranno comparire nella fattura elettronica allegando la Determina Dirigenziale di autorizzazione

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  1. Comunicazione Associazione Senza finalità di lucro
  2. Comunicazione di attivazione di conto corrente dedicato ai sensi dell’art. 3, comma 7, della legge n. 136/2010
  3. Dichiarazione relativa all’esonero dall’obbligo di redazione del “DURC” con riferimento alla iscrizione a corsi di formazione/aggiornamento. (Dichiarazione redatta ai sensi degli art. n. 46 e 47 del DPR n. 445/2000)
  4. Dichiarazione sostitutiva del certificato generale del casellario giudiziale e dei carichi pendenti (D.P.R. 28/12/2000 N° 445)
  5. Dichiarazione relativa alla fase di liquidazione delle fatture di competenza
  6. Dichiarazione insussistenza motivi di esclusione a contrattare con la Pubblica Amministrazione
  7. Dichiarazione ai sensi dell’art. 53 comma 16-ter del D.Lgs. 165/2001 e s.m.
  8. Documento di identità  personale del Legale Rappresentante pro tempore

I “furbetti” del cartellino reintegrati sul posto di lavoro

Genova – C’era chi andava al mare, chi stava a casa e chi usava la macchina di servizio con la stessa disinvoltura della propria. E, soprattutto, tutto questo avveniva in un ufficio che, compatto, andava avanti con un dipendente comunale che timbrava anche i cartellini degli altri dieci. Eppure, a cinque anni da quei fatti, quell’inchiesta ha perso i pezzi. E il Comune, che in quella stagione si faceva vanto della battaglia anti-furbetti, ha reintegrato quasi tutti i protagonisti di quella vicenda.

È il 2013 quando la squadra di polizia giudiziaria della municipale avvia una serie di perquisizioni: nel mirino finisce il nucleo di tecnici addetti alle riparazioni e alle manutenzioni di impianti elettrici e caldaie, con sede nel Municipio Bassa Valbisagno, a San Fruttuoso.

Di quell’operazione, in sede penale reggono solo due contestazioni: una nei confronti di un tecnico che abusava dell’auto di servizio, Salvatore Cacicia, l’altro nei confronti di un collega che arrivava costantemente in ritardo, Maurizio Ferrera. Gli altri cinque – Maurizio Torti, Giorgio Vasirani, Domenico Mormino, Giancarlo Carosio, Renzo Sechi e Stefano Simonetti (difesi dagli avvocati Davide Paltrinieri, Giuseppe Pugliese, Francesca Palmero) – vengono assolti: la telecamera puntata sul macchinario che registra la timbratura dei cartellini,ma non mostra se effettivamente gli operai lasciano il posto di lavoro o rimangono nei paraggi, ad esempio negli spogliatoi; dunque, secondo il giudice, non è provato che fossero assenteisti.

Alla fine il Comune li ha reintegrati tutti, ma li assegna ad altri incarichi. Il risarcimento degli stipendi tagliati viene schivato solo perché la sospensione, sanzione decisa dopo l’apertura dell’inchiesta, riguardava le timbrature collettive e non l’assenteismo. Una contestazione che per il tribunale non ha abbastanza prove.

Furbetti del cartellino, a Santa Margherita Ligure si timbra con le impronte digitali. Il sindaco: «Si parte a fine febbraio»

Da Il Secolo XIX – 15.10.2018


Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del comparto Funzioni Locali 2016-2018

Contratto CollettivoContratto Collettivo Nazionale di Lavoro del comparto
FUNZIONI LOCALI
Periodo 2016-2018

Leggi: CCNL Funzioni Locali 21 maggio 2018


Cass. civ. Sez. II, Ord., (ud. 13-04-2018) 08-10-2018, n. 24681

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2755/2015 proposto da:

M.A., MU.AN., elettivamente domiciliati in CARINI, CORSO ITALIA 168, presso lo studio dell’avvocato ANTONINO RUSSO, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

A.F., A.A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FOLIGNO 10 C/0 AVV. ERRANTE MASSIMO, presso lo studio dell’avvocato GOFFREDO GARRAFFA, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 745/2011 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 05/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/04/2018 dal Consigliere GIUSEPPE GRASSO.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione
ritenuto che la Corte d’appello di Palermo con la sentenza di cui in epigrafe dichiarò inammissibile per tardività l’impugnazione proposta da Mu.An., Mo.An. e L.F.S. (successivamente deceduta) nei confronti di A.F. e A.A., avverso le sentenze nn. 32 e 95/2008 emesse dal Tribunale di Palermo, Sezione distaccata di Carini;

ritenuto che avverso la predetta determinazione Mu.An. e M.A. avanzano ricorso, prospettando unitaria censura;

ritenuto che i ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione degli artt. 148, 325 e 326 c.p.c., per quanto appresso: la Corte d’appello aveva reputato tardiva l’impugnazione presupponendo che la notifica delle sentenze di primo grado fosse stata ritualmente effettuata, il che non era avvenuto poichè la relazione dava atto che la consegna degli atti era avvenuta a mani di soggetto diverso dal procuratore domiciliatario, qualificatosi collega di studio di quest’ultimo, senza che fosse stato attestato il luogo della notifica;

considerato che la doglianza è infondata per le ragioni di cui appresso:

1) La notificazione presso il procuratore domiciliatario della parte viene validamente eseguita con la consegna di copia dell’atto al collega di studio, considerato che l’art. 139 c.p.c., comma 2, nell’includere, fra i possibili consegnatari, l’addetto all’ufficio del destinatario, richiede una situazione di comunanza di rapporti che, quale quella del professionista che ha in comune col destinatario dell’atto lo stesso studio, faccia presumere che il primo porterà a conoscenza del secondo l’atto ricevuto, senza comportare necessariamente un vincolo di dipendenza o subordinazione (S.U., n. 14792, 14/7/2005, Rv. 580909);

2) dopo un primo pronunciamento, rimasto isolato (Sez. 1, n. 2743, 27/4/1985, Rv. 440520), questa Corte ha condivisamente chiarito che la notificazione mediante consegna a una delle persone enumerate nell’art. 139 del codice di procedura civile, deve essere necessariamente eseguita nei luoghi nella norma stessa indicati, giacchè la certezza che la persona legata da rapporti di famiglia o di collaborazione con il destinatario provveda a trasmettergli l’atto ricevuto, può ritenersi pienamente raggiunta soltanto se la consegna avvenga in un luogo comune al consegnatario e al destinatario e nel quale, quindi, si presuma che costoro abbiano degli incontri quotidiani; consegue quindi la nullità della notificazione per mancanza di detta certezza, qualora dalla relazione dell’ufficiale giudiziario espressamente risulti che l’atto sia stato consegnato a una delle dette persone ma in un luogo diverso da quelli previsti dalla norma; per contro la mancata precisazione nella relata del luogo della consegna stessa, non determina la nullità della notificazione dovendo presumersi, in assenza di annotazioni contenute nella relata, che la notificazione sia stata eseguita in uno dei luoghi prescritti sicchè la omessa annotazione si risolve in una mera irregolarità formale non influente sulla validità della notifica, nè sulla efficacia (di atto pubblico) della relata con riguardo al luogo di consegna (Sez. 2, n. 737, 17/12/1986, Rv. 449624; conclusioni conformi si traggono pure da Sez. 5, n. 6923, 14/5/2002, Rv. 554385 e da Sez. 3, n. 5079, 373/2010, Rv. 611576);

considerato che le spese legali debbono seguire la soccombenza e possono liquidarsi siccome in dispositivo, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonchè delle attività espletate;

considerato che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte dei ricorrenti, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 13 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2018


Cass. civ. Sez. II, Ord., (ud. 26-04-2018) 04-10-2018, n. 24212

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso 28926/2015 proposto da:

W.C. elettivamente domiciliato in Roma, Viale Angelico 36/b, presso lo studio dell’avv. Massimo Scardigli, che lo rappresenta e difende unitamente all’avv. Petrocchi Piero;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI FIRENZE, in persona del sindaco pro tempore rappresentato e difeso dagli avvocati Debora Pacini e Andrea Sansoni;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1525/2015 del tribunale di Firenze, depositata il 05/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di Consiglio del 26/04/2018 dal Consigliere Dr. Sabato Raffaele.

Svolgimento del processo
1. Con sentenza depositata il 05/05/2015 il tribunale di Firenze, rigettando l’appello proposto da W.C. avverso sentenza del giudice di pace di Firenze che aveva dichiarato inammissibile l’opposizione dello stesso nei confronti del comune di Firenze avverso verbale di accertamento di violazione del codice della strada (c.d.s.) per transito in zona a traffico limitato ((OMISSIS) in Firenze) senza autorizzazione, con applicazione della sanzione amministrativa di Euro 109.30, ha confermato la stessa richiamando il principio processuale della “ragione più liquida” in base a considerazioni diverse da quelle adottate dal giudice onorario.

2. Mentre il giudice di pace aveva dichiarato inammissibile il ricorso in quanto ritenuto proposto oltre i termini di cui all’art. 204 c.d.s., il tribunale ha ritenuto nulla la procura alle liti:

– in quanto carente della “specifica indicazione della causa per la quale il mandate è stato rilasciato”, non essendo peraltro la procura indicativa dell’oggetto della lite nè del numero di ruolo, nè “congiun(ta all’).. atto cui si riferisce”, in riferimento all’art. 83 c.p.c.,;

– per essere l’autentica da parte di notaio non congiunta alla procura;

– per essere l’autentica stessa redatta in lingua tedesca, non essendo condivisibile la giurisprudenza che esclude l’applicazione dell’art. 122 c.p.c., alla procura.

3. Avverso la sentenza del tribunale W.C. ha proposto ricorso per cassazione su sette motivi illustrati da memoria, cui il comune di Firenze ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione
1. Con il primo motivo si deduce violazione dell’art. 83 comma 1 e 2, c.p.c., in relazione all’affermazione da parte della sentenza impugnata che la procura per l’instaurazione di un giudizio di merito necessiti, oltre che dell’indicazione dei nomi delle Parti, anche dell’oggetto della lite e del numero di ruolo (quest’ultimo attribuito, peraltro, in sede di costituzione).

2. Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 157 c.p.c., comma 1, art. 112 c.p.c., per avere il giudice d’appello – investito di eccezione di nullità della procura alle liti – pronunciato tale nullità come insanabile, senza che l’insanabilità venisse dedotta.

3. Con il terzo motivo si indica poi violazione dell’art. 182 c.p.c., comma 2, per avere il giudice d’appello rilevato un vizio della procura senza aver prima provveduto, come imposto da detta norma, a formulare l’invito a produrre altra procura idonea a sanare ex tunc la costituzione.

4. I primi tre motivi, investendo profili strettamente connessi, possono essere esaminati congiuntamente. Alla luce dell’inammissibilità di essi per le ragioni di cui in prosieguo, si determina assorbimento degli ulteriori profili in essi trattati, nonchè pari assorbimento degli altri motivi aventi ad oggetto, tra l’altro, le questioni concernenti la lingua e la congiunzione dell’autentica alla procura rispetto agli atti, oltre ad altro, prevalentemente a fine di riproposizione di aspetti non esaminati.

4.1. Appare, in argomento, necessario anzitutto richiamare che, come si evince da statuizione alla p. 3 dell’impugnata sentenza, il tribunale ha esaminato, sulla base di eccezione del comune di Firenze secondo cui “la procura …. (non) è materialmente unita al ricorso” (p. 2), la (procura in questione come “speciale” (p. 3) separata dal ricorso stesso. Trattasi di giudizio, seppur succinto, in fatto, derivante dall’esame degli atti quali sussistenti al momento, non riesaminabile in sede di legittimità. Peraltro, di tanto si dà atto anche in ricorso (p. 7) ove la procura è qualificata come “rilasciata con scrittura privata autenticata” da non “accosta(re) a quella… semplicemente autenticata dal difensore.

4.2. In secondo luogo, è necessario notare come – in evidente stretta interdipendenza rispetto al predetto accertamento in fatto – il tribunale abbia accertato che “effettivamente” (avverbio che si spiega in funzione dell’avere in precedenza la sentenza fatto riferimento a eccezione del comune sul punto – v. infra) “nella procura speciale… non vi è alcuna specifica indicazione della causa per la quale il mandato è stato rilasciato, la quale causa non viene indicata nè per l’oggetto, nè per numero di ruolo” (p. 3). Trattasi, anche in questo caso, di accertamento fattuale. Il comune di Firenze – come si dà atto nella sentenza – aveva eccepito che “la procura… non contiene gli estremi del procedimento/atto a cui si riferisce” (p. 2).

4.3. Ciò posto, nell’ambito del primo motivo in particolare (ove la procura è ritualmente trascritta), il ricorrente, oltre a diffondersi su una presunta – ma insussistente per quanto detto – confusione del tribunale tra procura in calce o a margine e procura speciale separata dall’atto processuale, richiama che, in applicazione dell’art. 83 c.p.c., comma 3, e consolidata giurisprudenza, la procura speciale debba contenere gli elementi identificativi della causa (p. 12) e deduce che la procura in questione li conterrebbe, affidandosi a un precedente in materia lavoristica (Cass. 14/9/2010 n. 20784) secondo cui sono speciali anche le procure che si riferiscono non a una sola causa ma a una “serie specifica di cause, caratterizzate dalla materia trattata o dalla sede territoriale o altrimenti” (così in ricorso p. 13); quanto ai rilievi del tribunale, secondo cui nel mandato “non vi è alcuna specifica indicazione della causa per la quale il mandato è stato rilasciato, la quale causa non viene indicata nè per l’oggetto, nè per numero di ruolo”, il ricorrente – oltre a stigmatizzare che il numero di ruolo non può essere noto prima della costituzione in giudizio – cita altra sentenza del tribunale di Firenze che, per diversa lite dello stesso trasgressore in cui si è utilizzata la medesima procura, ha ritenuto la indicazione inequivoca della controversia mediante l’indicazione dei nomi delle parti (in particolare, della controparte comune di Firenze).

4.4. Il motivo – al pari delle conseguenziali argomentazioni del secondo e terzo motivo – rinviene la sua inammissibilità nella circostanza che l’accertamento relativo al sussistere di una inequivoca indicazione di una controversia nella procura (o, se si vuole, di una serie di controversie, posto che il contravventore deduce di avere più pendenze nei confronti del comune) è un accertamento in fatto, non sindacabile in cassazione se non nei limiti dell’omesso esame di fatto storico dell’art. 360 c.p.c., comma 1, ex n. 5, non predicabile nel caso di specie, in cui la procura risulta esaminata.

4.5. Solo per completezza – e a prescindere dalla questione relativa al numero di “ruolo”, ove probabilmente l’espressione potrebbe essere riferita al numero del verbale di contravvenzione – può, avendosi presente che il testo della procura di cui trattasi reca esclusivamente le indicazioni delle denominazioni delle parti “a tutti gli effetti del procedimento di cui sopra” (indicazione questa non riferita, come notato dal tribunale, ad alcunchè), richiamarsi che il precedente giurisprudenziale lavoristico anzidetto è citato impropriamente, posto che in quel caso “la procura speciale alle liti” era “rilasciata non per una singola causa ma per una serie di controversie… caratterizzate da unitarietà di materia o collegate tra loro da specifiche ed oggettive ragioni di connessione” (cosi nella massima ufficiale). Nel caso di specie, la procura e rilasciata per il solo “procedimento di cui sopra”, indicato soltanto quanto all’identità della controparte e, quindi, in assenza di indicazioni di materia o altra specificazione (quale avrebbe potuto essere, ad es., il riferimento a opposizioni a tutte le contravvenzioni riportate dal trasgressore alla guida di veicoli in (OMISSIS) a Firenze in un determinato periodo), onde si è del tutto al di fuori dell’ipotesi predetta.

4.6. Acclarato quanto innanzi, la complessiva inammissibilità dei primi tre motivi va chiarita alla luce di almeno taluni ulteriori profili sollevati con il secondo e il terzo motivo, relativi alla ritenuta insanabilità non dedotta e alla non attivazione della sanatoria ex art. 182 c.p.c.. Limitando ogni considerazione sul primo aspetto all’afferire al iura novit novit curia la statuizione circa la natura della nullità della procura comunque ritualmente eccepita, va nuovamente richiamato, in ordine al secondo aspetto, quanto esposto in premessa nel senso che, in sede di costituzione, appunto, il comune di Firenze ha dedotto specificamente la mancanza degli estremi della lite nella procura separata in violazione dell’art. 83 c.p.c., (cfr. sentenza p. 2).

4.7. Alla luce di ciò, quale che fosse la tipologia di nullità, ad avviso del ricorrente il giudice avrebbe dovuto attivare il disposto dell’art. 182 c.p.c., comma 2, nel testo in vigore dal 04/07/2009 e applicabile ratione temporis al procedimento avviato successivamente. Tale norma prescrive che, “quando rileva un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione ovvero un vizio che determina la nullità della procura al difensore, il giudice assegna alle parti un termine perentorio per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l’assistenza, per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, ovvero per il rilascio della procura alle liti o per la rinnovazione della stessa. L’osservanza del termine sana i vizi, e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono fin dal momento della prima notificazione”.

Il nuovo testo normativo ha effettivamente imposto una possibilità di sanatoria sia per il difetto sia per la nullità della procura al difensore, con un preciso dovere del giudice di assegnare alla parte interessata un termine perentorio per la sanatoria stessa, onde il rispetto del termine perentorio all’uopo assegnato dal giudice è idoneo a sanare retroattivamente sia la mancanza assoluta sia una qualunque difformità del mandato defensionale per il giudizio di merito rispetto al modello legale, superandosi in tal modo i precedenti orientamenti giurisprudenziali in tema di sanabilità soltanto di alcuni vizi e di incensurabilità, in sede di giudizio di legittimità, della mancata concessione del termine, non più configurabile come potere discrezionale del giudice. In tal senso questa corte ha affermato nell’interpretazione della predetta norma che il giudice non può dichiarare l’invalidità della costituzione di questa senza aver prima provveduto – in adempimento del dovere imposto dall’art. 182 c.p.c., comma 1, – a formulare l’invito a produrre il documento mancante (o a rinnovare quello viziato); tale invito, nel caso in cui non sia stato rivolto dal giudice istruttore, deve essere fatto dal collegio, od anche dal giudice dell’appello, poichè la produzione o rinnovazione, effettuata nel corso del giudizio di merito anche d’appello, sana ex tunc la irregolarità della costituzione (in questo senso v. tra le recenti, anche per richiami, Cass. n. 6041 del 13/03/2018 oltre che Cass. sez. U n. 26338 del 07/11/2017; per fattispecie rette dalla precedente formulazione dell’art. 182 c.p.c., peraltro, v. Cass. 22559 del 04/11/2015 – che tiene conto della novella – e Cass. n. 3181 del 18/02/2016, n. 4485 del 25/02/2009.e n. 8435 del 11/04/2006). Tale lettura soltanto dell’art. 182 c.p.c., del resto, rende la pronuncia di inammissibilità della domanda giudiziaria per mancanza di mandato a un legale abilitato, con conseguente restrizione all’accesso a un tribunale, proporzionata allo scopo avuto di mira dalla norma di assicurare la difesa tecnica e, quindi, coerente con l’art. 6 c.e.d.u.: gli organi giudiziari degli stati membri sottoscrittori della c.e.d.u., nell’interpretazione della legge processuale, infatti, devono evitare gli eccessi di formalismo, segnatamente in punto di ammissibilità o ricevibilità dei ricorsi, consentendo per quanto possibile, la concreta esplicazione di quel diritto di accesso ad un tribunale previsto e garantito dall’art. 6 di detta convenzione (cfr. ad es. Corte e.d.u., Brualla Gomez de la Torre c. Spagna, 19/12/1997; Guerin c. Francia, 29/07/1998; Perez de Rada Cavanilles c. Spagna, 28/10/1998; Zednik c. Repubblica Ceca, 28/06/2005; oltre numerose altre più recenti; e v. Cass. sez. U cit.).

4.8. Fermo tutto quanto innanzi, i motivi di ricorso (il terzo, in particolare) non si fanno carico di considerare che, come emerge dallo stesso ricorso e dalla sentenza impugnata (p. 2), il comune di Firenze nel caso di specie aveva esso sollevato la questione di nullità della procura, nullità non rilevata d’ufficio e non sanata spontaneamente dalla parte privata nella successiva evoluzione processuale, essendosi l’odierno ricorrente limitato a discutere dei profili giuridici di cui innanzi. In tale situazione i predetti principi in tema di applicabilità dell’art. 182 c.p.c., vanno contemperati con l’altro principio (per cui v. Cass. n. 11898 del 28/05/2014 e sez. U n. 4248 del 04/03/2016) secondo il quale, mentre ai sensi dell’art. 182 c.p.c., il giudice che rileva d’ufficio un difetto di rappresentanza deve promuovere la sanatoria, assegnando alla parte un termine di carattere perentorio, senza il limite delle preclusioni derivanti da decadenze di carattere processuale, nel diverso caso come quello in esame – in cui l’eccezione di difetto di rappresentanza sia stata tempestivamente proposta da una parte, l’opportuna documentazione va prodotta immediatamente, non essendovi necessità di assegnare un termine, che non sia motivatamente richiesto o comunque assegnato dal giudice, giacchè sul rilievo di parte l’avversario è chiamato a contraddire.

4.9. Ne deriva che, nel caso in esame, non è legittimamente predicabile quanto sostenuto nel terzo motivo, con conseguente inammissibilità complessiva dell’argomento, essendo stato l’ordine ex art. 182 c.p.c., reso inutile dalla già chiaramente formulata eccezione del comune di Firenze, che imponeva al trasgressore di attivarsi per la sanatoria, in mancanza della quale la nullità diveniva insanabile, assumendo la parte che non abbia inteso adeguare tempestivamente la documentazione procuratoria all’eccezione della controparte il rischio che quest’ultima, in qualunque stato e grado del processo essa sia ancora esaminabile, possa essere condivisa in sede di decisione.

5. Stante l’assorbimento degli altri motivi, concernenti questioni in tema di autenticazione della procura e, altri profili sollevati dal tribunale ad abundantiam, inidonei a inficiare quanto innanzi, in definitiva il ricorso va rigettato, con condanna del ricorrente alle spese come in dispositivo. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1 quater, va dato atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13 cit., comma 1 bis.

P.Q.M.
la corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione a favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 100 per esborsi ed Euro 510 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1 quater, dà atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13 cit., comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di Consiglio della seconda sezione civile, il 26 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 4 ottobre 2018


Processo civile telematico: sempre valida la notifica alla P.E.C.

Per la Cassazione, anche se il destinatario della notifica ha omesso di eleggere domicilio nel Comune ove pende la lite, non è possibile la notifica presso la cancelleria

La posta elettronica certificata non rende più indispensabile eleggere domicilio presso il Comune ove si trova l’ufficio giudiziario dinanzi al quale pende la controversia della quale si è parte.

Domicilio digitale

Alla p.e.c., infatti, corrisponde il domicilio digitale del difensore che, come ricordato di recente dalla Corte di cassazione nella sentenza numero 23620/2018 qui sotto riportata, impedisce la notifica presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario dinanzi al quale pende la lite anche se il destinatario ha omesso di eleggere domicilio “fisico” in quel Comune. Ciò salvo che anche l’indirizzo di posta elettronica certificata non sia accessibile per cause imputabili al destinatario.

Vizi di natura procedimentale

Inoltre, in caso di notificazione in via telematica, gli eventuali vizi di natura procedimentale (come ad esempio l’estensione .doc anziché .pdf) restano privi di significato se viene comunque raggiunto il risultato della conoscenza dell’atto notificato via p.e.c.. A tal fine è comunque indispensabile che l’erronea applicazione della regola processuale non abbia leso il diritto di difesa né abbia comportato altro pregiudizio per la decisione.

In tal senso, come affermato dai giudici nella sentenza, la mancata indicazione della dizione “notificazione ai sensi della legge n. 53 del 1994” nell’oggetto della p.e.c. costituisce una mera irregolarità se il destinatario ha comunque ricevuto la notificazione e ha mostrato di averne ben compreso il contenuto.


Cass. civ. Sez. lavoro, Ord., (ud. 31-05-2018) 02-10-2018, n. 23891

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28628-2016 proposto da:

RADIO DIMENSIONE SUONO S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO BERTOLONI 1/E, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO RIZZO, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

D.S.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA COLA DI RIENZO 69, presso lo studio dell’avvocato BRUNO DEL VECCHIO, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4761/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 12/10/2016 R.G.N. 2914/2016.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Rilevato:

1. che con sentenza n. 4761 pubblicata il 12.10.2016, la Corte d’appello di Roma ha respinto il reclamo della società datoriale avverso la sentenza di primo grado, di rigetto dell’opposizione avverso l’ordinanza con cui era stata dichiarata l’illegittimità del licenziamento per giusta causa intimato il 24.10.14 al sig. D.S.;

2. che la Corte territoriale ha premesso come il lavoratore avesse diritto ad usufruire dei permessi di cui alla L. n. 104 del 1992, art. 33, comma 3, per assistere la madre e la sorella entrambe in condizioni di handicap grave;

3. che la società datoriale aveva contestato al predetto l’utilizzo dei permessi di cui al citato art. 33, concessigli nei giorni 16, 30 settembre e 3 ottobre del 2014, per fini estranei all’assistenza dei parenti disabili;

4. che secondo la Corte di merito, l’assistenza prevista dalla disposizione in esame e a cui sono finalizzati i permessi non può essere intesa riduttivamente come mera assistenza personale al soggetto disabile presso la sua abitazione, ma deve necessariamente comprendere lo svolgimento di tutte le attività che il predetto non sia in condizioni di compiere autonomamente, dovendosi configurare l’abuso del diritto ove il lavoratore utilizzi i permessi per fini diversi dall’assistenza, da intendere in senso ampio, in favore del familiare;

5. che in base all’istruttoria svolta non risultavano dimostrati gli addebiti mossi con la lettera di contestazione in quanto il 16.9.14, nell’orario di fruizione del permesso (dalle 18.00 alle 20.00), il D.S. si era recato a fare la spesa che, dopo una sosta presso la propria abitazione, aveva portato a casa della madre, convivente con la sorella, come confermato. dalla teste P., moglie del D.S. e non smentito dalla deposizione dell’agente investigatore;

6. che il 30.9.14, nell’orario di fruizione del permesso (dalle 12.00 alle 13.15), il D.S. si era recato presso uno sportello Postamat e poi dal tabaccaio, e che la documentazione dal medesimo prodotta aveva confermato l’esistenza di libretti di risparmio postale intestati alla madre e alla sorella e, quindi, la plausibilità di operazioni svolte in favore delle stesse;

7. che, infine, il 3.10.14 il D.S., in permesso dalle 17.45 alle 24.00, aveva svolto attività in favore dei parenti disabili recandosi a fare la spesa per essi in norcineria e presso il supermercato, come confermato dalla teste P., ed aveva poi incontrato alle ore 21.00 il suo amico geom. Pi.Ro., unitamente all’arch. D.C., per discutere della perizia tecnica da quest’ultima redatta in relazione al ricorso ai sensi dell’art. 700 c.p.c. presentato nell’interesse della madre per problemi di infiltrazione nell’appartamento, circostanze confermate dal teste Pi. e dalla perizia tecnica depositata in atti unitamente al ricorso d’urgenza;

8. che peraltro, ha evidenziato la Corte, il procedimento penale a carico del D.S., instaurato su querela della società, era stato archiviato per assenza di specifici profili di responsabilità;

9. che avverso tale sentenza la società datoriale ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, cui ha resistito con controricorso il lavoratore;

10. che entrambe le parti hanno depositato memoria, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1.

11. che col primo motivo di ricorso la società ha dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti;

12. che, in particolare, ha censurato come inesistente o meramente apparente la motivazione adottata nella sentenza impugnata che, in relazione al giorno 16.9.14, ha fatto leva sulla “complessiva istruttoria svolta”, senza indicare elementi di prova specifici da cui potesse desumersi la veridicità della deposizione rese dalla sig.ra P., moglie del D.S.;

13. che ha sottolineato come la documentazione prodotta dal lavoratore non supportasse ed anzi smentisse l’assunto del medesimo sulla finalità delle operazioni svolte presso lo sportello Postamat nell’interesse dei familiari disabili;

14. che, riguardo al giorno 30.9.14, gli elementi di prova raccolti (deposizione degli agenti investigatori) smentivano l’assunto secondo cui la madre del D.S. si sarebbe trovata presso l’abitazione del medesimo con la conseguenza che l’intero orario di permesso sarebbe risultato occupato da altre incombenze (accompagnamento del figlio, spesa, vista alla suocera), risultando del tutto apparente la motivazione sulla avvenuta assistenza fornita in quella giornata, nelle ore di permesso, alla madre e alla sorella;

15. che le medesime censure sono state riproposte dalla società ricorrente, col secondo motivo di ricorso formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2729, 2730 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c.;

16. che col terzo motivo di ricorso la società ha dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2729 e 2730 c.c. e degli artt. 115, 116 e 230 c.p.c., per l’erronea valutazione di attendibilità dei testimoni P.S. e Pi.Ro., rispettivamente moglie e amico del D.S.;

17. che col quarto motivo la società ha dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 104 del 1992, art. 33, degli artt. 2697, 2729 e 2730 c.c. e degli artt. 115, 116 e 230 c.p.c.;

18. che ha sostenuto l’erronea applicazione della disposizione in materia di permessi e dei criteri di prova presuntiva ed ha argomentato come, pur dilatando il concetto di assistenza, non potesse considerarsi tale quella posta in essere dal D.S. che, nei tre giorni esaminati, ha di fatto dedicato alla madre e alla sorella disabili una percentuale del tempo di permesso pari a zero;

19. che ha ritenuto non ammissibile che, in relazione all’attività svolta nell’interesse del disabile e che non richieda presenza fisica accanto al medesimo, si addossi a parte datoriale l’onere di provare che quelle attività esulino dalle finalità di cura e assistenza, risultando ciò contrario al principio di vicinanza della prova come sancito dalle Sezioni Unite con sentenze n. 13533 del 2001 e n. 10744 del 2009;

20. che sul primo motivo di ricorso occorre premettere come trovi applicazione alla fattispecie in esame la previsione di cui all’art. 348 ter c.p.c., comma 5, sulla c.d. doppia conforme, trattandosi di giudizio di appello (la medesima regola deve ritenersi operante per il reclamo) introdotto con ricorso depositato dopo il giorno 11 settembre 2012;

21. che pertanto il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, nel testo riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 3, convertito in L. n. 134 del 2012, applicabile alle sentenze pubblicate dal giorno 11 settembre 2012, deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse, (Cass. n. 26774 del 2016; Cass. n. 5528 del 2014);

22. che nel caso di specie tale allegazione manca del tutto sicchè risulta inammissibile il motivo formulato ai sensi del citato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

23. che neanche appare configurabile un vizio di carenza assoluta di motivazione tale da integrare la violazione dell’art. 132 n. 4; le Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 8053 del 2014) hanno precisato che “la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al ‘minimo costituzionalè del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione”;

24. che, come di recente stabilito dalle Sezioni Unite di questa Corte (n. 22232 del 2016), “la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da error in procedendo, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture”, (cfr. anche Cass. n. 12351 del 2017);

25. che tali difetti non sono in alcun modo rinvenibili nella decisione impugnata che ha dato conto della insussistenza dell’addebito contestato al lavoratore attraverso la ricostruzione delle incombenze svolte dal predetto in coincidenza con i permessi goduti e riferibili all’assistenza in favore dei congiunti disabili, assistenza intesa in una accezione ampia, comprensiva del disbrigo di incombenze e pratiche di vario contenuto;

26. che sul secondo motivo di ricorso occorre considerare che, in base all’insegnamento di questa Corte, “il vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto, ex art. 360 c.p.c., n. 3, ricorre o non ricorre a prescindere dalla motivazione posta dal giudice a fondamento della decisione (id est: del processo di sussunzione), rilevando solo che, in relazione al fatto accertato, la norma non sia stata applicata quando doveva esserlo, ovvero che lo sia stata quando non si doveva applicarla, ovvero che sia stata male applicata, cioè applicata a fattispecie non esattamente comprensibile nella norma (Cass. n. 26307 del 2014; Cass. n. 22348 del 2007). Sicchè il processo di sussunzione, nell’ambito del sindacato sulla violazione o falsa applicazione di una norma di diritto, presuppone la mediazione di una ricostruzione del fatto incontestata; al contrario del sindacato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che invece postula un fatto ancora oggetto di contestazione tra le parti, (Cass. n. 9217 del 2016);

27. che nel caso di specie, la società ricorrente non ha prospettato l’erronea interpretazione di una norma da parte del giudice che ha emesso la sentenza impugnata ma ha mosso censure tutte incentrate sull’errata valutazione delle prove e, in particolare, sulla inidoneità delle deposizioni testimoniali raccolte a dimostrare la finalizzazione dell’attività svolta dal lavoratore nelle ore in cui era in permesso, ai sensi della L. n. 104 del 1992, art. 33, in favore della madre e della sorella disabili;

28. che tali censure attengono con evidenza alla motivazione della sentenza e non sono neanche formulate secondo lo schema legale richiesto dal nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sicchè risultano inammissibili;

29. che ad analoga conclusione deve giungersi quanto al terzo motivo di ricorso che, sebbene formulato come violazione di legge, contiene censure che non sarebbero state ammissibili neanche in base al vecchio testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

30. che secondo principi consolidati, l’esame delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sulla attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova, con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, (Cass. n. 17097 del 2010, n. 27464 del 2006, n. 1554 del 2004, n. 11933 del 2003, n. 13910 del 2001);

31. che neppure è fondata la censura di violazione degli artt. 115, 116 c.p.c., che presuppone, come più volte precisato da questa Corte (cfr. Cass. n. 11892 del 2016; Cass. n. 25029 del 2015; Cass. n. 25216 del 2014), il mancato rispetto )-1 delle regole di formazione della prova ed è rinvenibile nell’ipotesi in cui il giudice utilizzi prove non acquisite in atti (art. 115 c.p.c.) o valuti le prove secondo un criterio diverso da quello indicato dall’art. 116 c.p.c., cioè una prova legale secondo prudente apprezzamento o un elemento di prova liberamente valutabile come prova legale o inverta gli oneri di prova;

32. che nessuna di tali situazioni è rappresentata nel motivo di ricorso in esame ove non risulta neanche specificata la dedotta violazione dell’art. 230 c.p.c.;

33. che, in particolare, la Corte d’appello ha addossato al lavoratore l’onere di dimostrare il collegamento delle incombenze svolte durante i permessi con l’assistenza ai parenti disabili ed ha ritenuto assolto tale onere;

34. che neppure può trovare accoglimento il quarto motivo di ricorso atteso che la Corte territoriale non ha interpretato e applicato la L. n. 104 del 1992, art. 33, in difformità rispetto ai principi affermati nella giurisprudenza di legittimità;

35. che secondo l’orientamento di questa Corte, che si condivide e a cui si intende dare continuità, il comportamento del lavoratore subordinato che si avvalga del permesso di cui alla L. n. 104 del 1992, art. 33, non per l’assistenza al familiare, bensì per attendere ad altra attività, integra l’ipotesi di abuso di diritto, giacchè tale condotta si palesa nei confronti del datore di lavoro come lesiva della buona fede, privandolo ingiustamente della prestazione lavorativa in violazione dell’affidamento riposto nel dipendente ed integra, nei confronti dell’Ente di previdenza erogatore del trattamento economico, un’indebita percezione dell’indennità ed uno sviamento dell’intervento assistenziale (Cass. n. 9217 del 2016; Cass. n. 4984 del 2014);

36. che è stato parimenti sottolineato il disvalore sociale della condotta del lavoratore che usufruisce, anche solo in parte, di permessi per l’assistenza a portatori di handicap al fine di soddisfare proprie esigenze personali “scaricando il costo di tali esigenze sulla intera collettività, stante che i permessi sono retribuiti in via anticipata dal datore di lavoro, il quale poi viene sollevato dall’ente previdenziale del relativo onere anche ai fini contributivi e costringe il datore di lavoro ad organizzare ad ogni permesso diversamente il lavoro in azienda ed i propri compagni di lavoro, che lo devono sostituire, ad una maggiore penosità della prestazione lavorativa”, (Cass. n. 8784 del 2015);

37. che nel caso di specie la Corte territoriale, con valutazione in fatto non censurabile in questa sede di legittimità, ha escluso la finalizzazione a scopi personali delle ore di permesso di cui il sig. D.S. ha usufruito avendo ricollegato, in base alle prove raccolte, le attività poste in essere dal predetto, come il fare la spesa, l’usare lo sportello Postamat, incontrare il geometra e l’architetto, a specifici interessi ed utilità dei congiunti in tal modo assistiti;

38. che in base a tali premesse, il ricorso risulta inammissibile;

39. che al rigetto del ricorso segue la condanna della società ricorrente, secondo il criterio di soccombenza, alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo;

40. che ricorrono i presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012 n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4.000,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis del medesimo art. 13.

Così deciso in Roma, nella udienza camerale, il 31 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2018


Cass. civ. Sez. Unite, Sent., (ud. 26-09-2017) 28-09-2018, n. 23620

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente f.f. –

Dott. DI PALMA Salvatore – Presidente di Sez. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di Sez. –

Dott. BIELLI Stefano – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. CHINDEMI Domenico – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 7486/2016 R.G. proposto da:

AZIENDA SANITARIA PROVINCIAE DI MESSINA, rappresentata e difesa dall’avv. Antonio Francesco Vitale, con domicilio eletto in Roma, via Germanico, n. 66; presso lo studio dell’avv. Francesco Consoli Xibilia;

– ricorrente –

contro

DISMED ONLUS, rappresentata e difesa dall’avv. Massimiliano Pantano, con domicilio eletto in Roma, via Pietro da Cortona, n. 8, scala B, presso lo studio dell’avv. Maurilio D’Angelo;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Messina n.96, depositata in data 12 febbraio 2015;

sentita la relazione svolta all’udienza pubblica del 26 settembre 2017 dal consigliere dott. Pietro Campanile;

sentito per la ricorrente l’avv. Vitale;

sentito per la controricorrente l’avv. Pantano;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale dott. FUZIO Riccardo, il quale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Svolgimento del processo
1. Con sentenza n. 1892 del 2010 il Tribunale di Messina accoglieva l’opposizione proposta dall’AUSL n. (OMISSIS) di Messina avverso il decreto ingiuntivo emesso, ad istanza di Dismed Onlus, relativo al pagamento delle somme (Euro 396.526,95 ed Euro 136.344,80) dovute per le prestazioni rese, rispettivamente, negli anni 2006 e 2007. A tale conclusione il Tribunale perveniva aderendo alla tesi, proposta dall’opponente, secondo cui anche per le prestazioni di natura riabilitativa, come quelle in esame, doveva intendersi operante il sistema della c.d. regressione tariffaria, già applicato, del resto, negli anni precedenti nei confronti della stessa Dismed.

2. Con la decisione indicata in epigrafe la Corte di appello di Messina, accogliendo il gravame proposto dalla predetta Onlus, ha dichiarato sussistente il credito vantato dall’appellante, così confermando il provvedimento monitorio opposto. In particolare, la corte distrettuale ha affermato che, pur dovendosi ritenere che il D. A. del 17 ottobre 2005 – con il quale si dettavano i “criteri di calcolo del budget per le strutture specialistiche convenzionate relativamente agli anni 2005 e 2006” – si applicasse anche nei confronti del centro ambulatoriale riabilitativo convenzionato, erano da condividere le eccezioni, già proposte in primo grado dalla Dismed, circa l’illegittimità di detto provvedimento.

In particolare, movendo dalla constatazione che il sistema operante per le strutture riabilitative era diverso da quello previsto per le altre convenzioni specialistiche, nel senso che, mentre per queste ultime il budget veniva determinato attraverso la fissazione di un importo massimo da liquidarsi annualmente, per le prime la predeterminazione della spesa avveniva tramite l’assegnazione di “moduli”, vale a dire l’indicazione del tipo e del numero delle prestazioni erogabili, si è ritenuto che, fissando un limite di spesa per le strutture riabilitative, si finiva con l’incidere sulle tariffe, riducendole in maniera illegittima.

3. Per la cassazione di tale decisione l’Azienda Sanitaria Provinciale di Messina propone ricorso, affidato ad unico ed articolato motivo, illustrato da memoria, cui la Dismed Onlus resiste con controricorso.

Motivi della decisione
1. La ricorrente, denunciando, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1, violazione dell’art. 37 c.p.c., della L. n. 2248 del 1865, artt. 4 e 5, All. E, nonchè dell’art. 133 cod. proc. amm., lett. c), sostiene che, avendo la corte distrettuale operato un sindacato di legittimità in ordine al provvedimento emesso in relazione alla fissazione del budget nei confronti della Dismed, avrebbe emesso una pronuncia viziata da un evidente difetto di giurisdizione, per aver fatto ricorso alla disapplicazione del suddetto atto amministrativo in un giudizio – nel quale la stessa P.A. rivestiva la qualità di parte – vertente sulla legittimità dell’atto stesso inteso non come antecedente logico del diritto vantato, bensì come suo fondamento.

2. Preliminarmente deve rilevarsi l’inammissibilità del ricorso – eccepita dalla controricorrente, ma, comunque, rilevabile d’ufficio – per mancato rispetto del termine previsto dall’art. 325 c.p.c., comma 2, decorrente, ai sensi del successivo art. 326, dalla notifica della sentenza al procuratore costituito dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Messina (d’ora in avanti, per brevità, Asp) in data 26 giugno 2015.

La tardività della proposizione dell’impugnazione in esame, invero non contestata – sotto tale profilo – neppure dalla ricorrente, è del tutto palese, per essere stato il procedimento di notificazione del ricorso avviato il 14 marzo 2016, ben oltre il termine di sessanta giorni previsto dalla richiamata norma.

3. Premesso che non può dubitarsi del perfezionamento, in data 26 giugno 2015, della notificazione della sentenza della Corte di appello di Messina oggetto dell’impugnazione in esame, come si desume dalle attestazioni depositate dalla parte controricorrente, e come, del resto, non è contestato neppure dall’Asp, deve rilevarsi come le deduzioni della stessa, intese a dimostrare la nullità di detta notificazione, tale da impedire la decorrenza del termine “breve” previsto dall’art. 325 c.p.c., non siano condivisibili.

3.1. Si sostiene, in primo luogo, che l’indicazione dell’elenco da cui era stato tratto l’indirizzo di posta elettronica certificata del procuratore della parte, vale a dire l’Albo degli Avvocati del Foro di Messina, non corrisponderebbe ai “pubblici elenchi” previsti dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221, art. 4 e art. 16, comma 12, di conversione del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179.

L’obiezione non coglie nel segno.

Il testè richiamato D.L. n. 179 del 2012, all’art. 16 sexies, introdotto dal D.L. 24 giugno 2014, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 114, e rubricato “Domicilio digitale”, risulta formulato nei seguenti termini: “Salvo quanto previsto dall’art. 366 c.p.c., quando la legge prevede che le notificazioni degli atti in materia civile al difensore siano eseguite, ad istanza di parte, presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario, alla notificazione con le predette modalità può procedersi esclusivamente quando non sia possibile, per causa imputabile al destinatario, la notificazione presso l’indirizzo di posta elettronica certificata, risultante dagli elenchi di cui al D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, art. 6 bis, nonchè dal registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal ministero della giustizia”.

Tale norma, dunque, imponendo alle parti la notificazione dei propri atti presso l’indirizzo p.e.c. risultante dagli elenchi INI PEC di cui al D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, art. 6 bis, ovvero presso il ReGIndE, di cui al D.M. 21 febbraio 2011, n. 44, gestito dal Ministero della giustizia, certamente implica un riferimento all’indirizzo di posta elettronica risultante dagli albi professionali, atteso che, in virtù della prescrizione contenuta nel citato D.Lgs. n. 82 del 2005, art. 6 bis, commi 2 bis e 5, al difensore fa capo l’obbligo di comunicare il proprio indirizzo all’ordine di appartenenza e a quest’ultimo è tenuto a inserirlo sia nel registro INI PEC, che nel ReGIndE. Non può omettersi di considerare, inoltre, che l’art. 5 della citata L. n. 53 del 1994 espressamente prevede che “.. l’atto deve essere trasmesso a mezzo posta elettronica certificata all’indirizzo di posta elettronica certificata che il destinatario ha comunicato al proprio ordine, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici.”.

Vale bene, del resto, richiamare il principio recentemente enunciato da questa Corte (Cass., 11 luglio 2017, n. 17048), secondo cui “in materia di notificazioni al difensore, a seguito dell’introduzione del “domicilio digitale”, corrispondente all’indirizzo p.e.c. che ciascun avvocato ha indicato al Consiglio dell’ordine di appartenenza, previsto dal D.L. n. 179 del 2012, art. 16 sexies (conv., con modif., dalla L. n. 221 del 2012), come modificato dal D.L. n. 90 del 2014 (conv., con modif., dalla L. n. 114 del 2014), non è più possibile procedere – ai sensi del R.D. n. 37 del 1934, art. 82 – alle comunicazioni o alle notificazioni presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario innanzi al quale pende la lite, anche se il destinatario ha omesso di eleggere il domicilio nel comune in cui ha sede quest’ultimo, a meno che, oltre a tale omissione, non ricorra altresì la circostanza che l’indirizzo di posta elettronica certificata non sia accessibile per cause imputabili al destinatario”.

4. Deve pertanto ritenersi che, essendo stata effettuata nella vigenza del richiamato D.L. n. 179 del 2012, art. 16 bis, la notificazione della sentenza impugnata risulta correttamente eseguita – con conseguente decorrenza del termine previsto dall’art. 325 c.p.c. – all’indirizzo di posta elettronica comunicato dal difensore della Dismed al Consiglio dell’ordine degli avvocati di Messina.

5. Sostiene ancora la ricorrente che la notifica in esame sarebbe inficiata da ulteriori violazioni, quali l’omessa indicazione del codice fiscale della Dismed Onlus e della dizione “notificazione ai sensi della L. n. 53 del 1994”.

5.1. Tali deduzioni non sono meritevoli di positivo apprezzamento.

Questa Corte ha di recente espresso un orientamento, in tema di notificazione in via telematica, inteso a privilegiare la funzione della stessa, con la conseguenza che il raggiungimento dello scopo della notifica, vale a dire la produzione del risultato della conoscenza dell’atto notificato a mezzo di posta elettronica certificata, priva di significativo rilievo la presenza di meri vizi di natura procedimentale (come, ad esempio, l’estensione.doc in luogo del formato pdf), ove l’erronea applicazione della regola processuale non abbia comportato (ovvero, come nella specie, non sia stata neppure prospettata) una lesione del diritto di difesa, oppure altro pregiudizio per la decisione (Cass., Sez. U, 18 aprile 2016, n. 7665).

6. Nell’ambito di tale indirizzo si è affermato che la mancata indicazione nell’oggetto del messaggio di p.e.c. della dizione “notificazione ai sensi della L. n. 53 del 1994” costituisce mera irregolarità, essendo comunque raggiunto lo scopo della notificazione, avendola il destinatario ricevuta ed avendo mostrato di averne ben compreso il contenuto (Cass., 4 ottobre 2016, n. 19814).

6.1. Quanto all’omessa indicazione del codice fiscale della Dismed, valgano le superiori considerazioni, dovendosi per altro osservare che il principio desumibile dall’art. 156 c.p.c., comma 3, risulta recepito nella stessa L. n. 53 del 1994, che all’art. 11 prevede che la nullità delle notificazioni telematiche incorre qualora siano violate le relative norme (contenute negli articoli precedenti) “e, comunque, se vi è incertezza sulla persona cui è stata consegnata la copia dell’atto o sulla data della notifica”.

7. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese relative al presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso, e condanna la ricorrente al pagamento delle spese relative al presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 10.200,00, di cui Euro 10.000,00 per compensi, oltre agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dell’art. 13.

Così deciso in Roma, il 26 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2018


Cass. civ., Sez. Unite, Sent., (data ud. 26/09/2017) 28/09/2018, n. 23620

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente f.f. –

Dott. DI PALMA Salvatore – Presidente di Sez. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di Sez. –

Dott. BIELLI Stefano – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. CHINDEMI Domenico – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 7486/2016 R.G. proposto da:

AZIENDA SANITARIA PROVINCIAE DI MESSINA, rappresentata e difesa dall’avv. Antonio Francesco Vitale, con domicilio eletto in Roma, via Germanico, n. 66; presso lo studio dell’avv. Francesco Consoli Xibilia;

– ricorrente –

contro

DISMED ONLUS, rappresentata e difesa dall’avv. Massimiliano Pantano, con domicilio eletto in Roma, via Pietro da Cortona, n. 8, scala B, presso lo studio dell’avv. Maurilio D’Angelo;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Messina n.96, depositata in data 12 febbraio 2015;

sentita la relazione svolta all’udienza pubblica del 26 settembre 2017 dal consigliere dott. Pietro Campanile;

sentito per la ricorrente l’avv. Vitale;

sentito per la controricorrente l’avv. Pantano;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale dott. FUZIO Riccardo, il quale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Svolgimento del processo
1. Con sentenza n. 1892 del 2010 il Tribunale di Messina accoglieva l’opposizione proposta dall’AUSL n. (OMISSIS) di Messina avverso il decreto ingiuntivo emesso, ad istanza di Dismed Onlus, relativo al pagamento delle somme (Euro 396.526,95 ed Euro 136.344,80) dovute per le prestazioni rese, rispettivamente, negli anni 2006 e 2007. A tale conclusione il Tribunale perveniva aderendo alla tesi, proposta dall’opponente, secondo cui anche per le prestazioni di natura riabilitativa, come quelle in esame, doveva intendersi operante il sistema della c.d. regressione tariffaria, già applicato, del resto, negli anni precedenti nei confronti della stessa Dismed.

2. Con la decisione indicata in epigrafe la Corte di appello di Messina, accogliendo il gravame proposto dalla predetta Onlus, ha dichiarato sussistente il credito vantato dall’appellante, così confermando il provvedimento monitorio opposto. In particolare, la corte distrettuale ha affermato che, pur dovendosi ritenere che il D. A. del 17 ottobre 2005 – con il quale si dettavano i “criteri di calcolo del budget per le strutture specialistiche convenzionate relativamente agli anni 2005 e 2006” – si applicasse anche nei confronti del centro ambulatoriale riabilitativo convenzionato, erano da condividere le eccezioni, già proposte in primo grado dalla Dismed, circa l’illegittimità di detto provvedimento.

In particolare, movendo dalla constatazione che il sistema operante per le strutture riabilitative era diverso da quello previsto per le altre convenzioni specialistiche, nel senso che, mentre per queste ultime il budget veniva determinato attraverso la fissazione di un importo massimo da liquidarsi annualmente, per le prime la predeterminazione della spesa avveniva tramite l’assegnazione di “moduli”, vale a dire l’indicazione del tipo e del numero delle prestazioni erogabili, si è ritenuto che, fissando un limite di spesa per le strutture riabilitative, si finiva con l’incidere sulle tariffe, riducendole in maniera illegittima.

3. Per la cassazione di tale decisione l’Azienda Sanitaria Provinciale di Messina propone ricorso, affidato ad unico ed articolato motivo, illustrato da memoria, cui la Dismed Onlus resiste con controricorso.

Motivi della decisione
1. La ricorrente, denunciando, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1, violazione dell’art. 37 c.p.c., della L. n. 2248 del 1865, artt. 4 e 5, All. E, nonchè dell’art. 133 cod. proc. amm., lett. c), sostiene che, avendo la corte distrettuale operato un sindacato di legittimità in ordine al provvedimento emesso in relazione alla fissazione del budget nei confronti della Dismed, avrebbe emesso una pronuncia viziata da un evidente difetto di giurisdizione, per aver fatto ricorso alla disapplicazione del suddetto atto amministrativo in un giudizio – nel quale la stessa P.A. rivestiva la qualità di parte – vertente sulla legittimità dell’atto stesso inteso non come antecedente logico del diritto vantato, bensì come suo fondamento.

2. Preliminarmente deve rilevarsi l’inammissibilità del ricorso – eccepita dalla controricorrente, ma, comunque, rilevabile d’ufficio – per mancato rispetto del termine previsto dall’art. 325 c.p.c., comma 2, decorrente, ai sensi del successivo art. 326, dalla notifica della sentenza al procuratore costituito dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Messina (d’ora in avanti, per brevità, Asp) in data 26 giugno 2015.

La tardività della proposizione dell’impugnazione in esame, invero non contestata – sotto tale profilo – neppure dalla ricorrente, è del tutto palese, per essere stato il procedimento di notificazione del ricorso avviato il 14 marzo 2016, ben oltre il termine di sessanta giorni previsto dalla richiamata norma.

3. Premesso che non può dubitarsi del perfezionamento, in data 26 giugno 2015, della notificazione della sentenza della Corte di appello di Messina oggetto dell’impugnazione in esame, come si desume dalle attestazioni depositate dalla parte controricorrente, e come, del resto, non è contestato neppure dall’Asp, deve rilevarsi come le deduzioni della stessa, intese a dimostrare la nullità di detta notificazione, tale da impedire la decorrenza del termine “breve” previsto dall’art. 325 c.p.c., non siano condivisibili.

3.1. Si sostiene, in primo luogo, che l’indicazione dell’elenco da cui era stato tratto l’indirizzo di posta elettronica certificata del procuratore della parte, vale a dire l’Albo degli Avvocati del Foro di Messina, non corrisponderebbe ai “pubblici elenchi” previsti dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221, art. 4 e art. 16, comma 12, di conversione del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179.

L’obiezione non coglie nel segno.

Il testè richiamato D.L. n. 179 del 2012, all’art. 16 sexies, introdotto dal D.L. 24 giugno 2014, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 114, e rubricato “Domicilio digitale”, risulta formulato nei seguenti termini: “Salvo quanto previsto dall’art. 366 c.p.c., quando la legge prevede che le notificazioni degli atti in materia civile al difensore siano eseguite, ad istanza di parte, presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario, alla notificazione con le predette modalità può procedersi esclusivamente quando non sia possibile, per causa imputabile al destinatario, la notificazione presso l’indirizzo di posta elettronica certificata, risultante dagli elenchi di cui al D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, art. 6 bis, nonchè dal registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal ministero della giustizia”.

Tale norma, dunque, imponendo alle parti la notificazione dei propri atti presso l’indirizzo p.e.c. risultante dagli elenchi INI PEC di cui al D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, art. 6 bis, ovvero presso il ReGIndE, di cui al D.M. 21 febbraio 2011, n. 44, gestito dal Ministero della giustizia, certamente implica un riferimento all’indirizzo di posta elettronica risultante dagli albi professionali, atteso che, in virtù della prescrizione contenuta nel citato D.Lgs. n. 82 del 2005, art. 6 bis, commi 2 bis e 5, al difensore fa capo l’obbligo di comunicare il proprio indirizzo all’ordine di appartenenza e a quest’ultimo è tenuto a inserirlo sia nel registro INI PEC, che nel ReGIndE. Non può omettersi di considerare, inoltre, che l’art. 5 della citata L. n. 53 del 1994 espressamente prevede che “.. l’atto deve essere trasmesso a mezzo posta elettronica certificata all’indirizzo di posta elettronica certificata che il destinatario ha comunicato al proprio ordine, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici.”.

Vale bene, del resto, richiamare il principio recentemente enunciato da questa Corte (Cass., 11 luglio 2017, n. 17048), secondo cui “in materia di notificazioni al difensore, a seguito dell’introduzione del “domicilio digitale”, corrispondente all’indirizzo p.e.c. che ciascun avvocato ha indicato al Consiglio dell’ordine di appartenenza, previsto dal D.L. n. 179 del 2012, art. 16 sexies (conv., con modif., dalla L. n. 221 del 2012), come modificato dal D.L. n. 90 del 2014 (conv., con modif., dalla L. n. 114 del 2014), non è più possibile procedere – ai sensi del R.D. n. 37 del 1934, art. 82 – alle comunicazioni o alle notificazioni presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario innanzi al quale pende la lite, anche se il destinatario ha omesso di eleggere il domicilio nel comune in cui ha sede quest’ultimo, a meno che, oltre a tale omissione, non ricorra altresì la circostanza che l’indirizzo di posta elettronica certificata non sia accessibile per cause imputabili al destinatario”.

4. Deve pertanto ritenersi che, essendo stata effettuata nella vigenza del richiamato D.L. n. 179 del 2012, art. 16 bis, la notificazione della sentenza impugnata risulta correttamente eseguita – con conseguente decorrenza del termine previsto dall’art. 325 c.p.c. – all’indirizzo di posta elettronica comunicato dal difensore della Dismed al Consiglio dell’ordine degli avvocati di Messina.

5. Sostiene ancora la ricorrente che la notifica in esame sarebbe inficiata da ulteriori violazioni, quali l’omessa indicazione del codice fiscale della Dismed Onlus e della dizione “notificazione ai sensi della L. n. 53 del 1994”.

5.1. Tali deduzioni non sono meritevoli di positivo apprezzamento.

Questa Corte ha di recente espresso un orientamento, in tema di notificazione in via telematica, inteso a privilegiare la funzione della stessa, con la conseguenza che il raggiungimento dello scopo della notifica, vale a dire la produzione del risultato della conoscenza dell’atto notificato a mezzo di posta elettronica certificata, priva di significativo rilievo la presenza di meri vizi di natura procedimentale (come, ad esempio, l’estensione.doc in luogo del formato pdf), ove l’erronea applicazione della regola processuale non abbia comportato (ovvero, come nella specie, non sia stata neppure prospettata) una lesione del diritto di difesa, oppure altro pregiudizio per la decisione (Cass., Sez. U, 18 aprile 2016, n. 7665).

6. Nell’ambito di tale indirizzo si è affermato che la mancata indicazione nell’oggetto del messaggio di p.e.c. della dizione “notificazione ai sensi della L. n. 53 del 1994” costituisce mera irregolarità, essendo comunque raggiunto lo scopo della notificazione, avendola il destinatario ricevuta ed avendo mostrato di averne ben compreso il contenuto (Cass., 4 ottobre 2016, n. 19814).

6.1. Quanto all’omessa indicazione del codice fiscale della Dismed, valgano le superiori considerazioni, dovendosi per altro osservare che il principio desumibile dall’art. 156 c.p.c., comma 3, risulta recepito nella stessa L. n. 53 del 1994, che all’art. 11 prevede che la nullità delle notificazioni telematiche incorre qualora siano violate le relative norme (contenute negli articoli precedenti) “e, comunque, se vi è incertezza sulla persona cui è stata consegnata la copia dell’atto o sulla data della notifica”.

7. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese relative al presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso, e condanna la ricorrente al pagamento delle spese relative al presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 10.200,00, di cui Euro 10.000,00 per compensi, oltre agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dell’art. 13.

Conclusione
Così deciso in Roma, il 26 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2018


Corte Costituzionale, 23 luglio 2018, n. 175

Fatto

1.- Con ordinanza del 22 novembre 2016 (reg. ord. n. 59 del 2017), la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 26, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), come modificato dall’art. 12 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 (Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma dell’articolo 1 della legge 28 settembre 1998, n. 337) e dall’art. 1, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 27 aprile 2001, n. 193 (Disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi 26 febbraio 1999, n. 46, e 13 aprile 1999, n. 112, in materia di riordino della disciplina relativa alla riscossione), in riferimento agli artt. 3, primo comma; 24, primo e secondo comma, e 111, primo e secondo comma, della Costituzione, «nella parte in cui abilita il Concessionario della Riscossione alla notificazione diretta, senza intermediario, mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento, della cartella di pagamento» nonché «nella parte in cui non prevede che la notifica di cartella di pagamento tramite il servizio postale avvenga con l’osservanza dell’art. 7 legge n. 890/82, così come modificato con la legge n. 31 del 2008 di conversione del decreto-legge n. 248/2007».

….

Leggi: Corte Costituzionale, 23 luglio 2018, n. 175


Cass. civ. Sez. II, Ord., (ud. 26-04-2018) 26-09-2018, n. 22892

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22186/2015 proposto da:

P.P., K.E.D., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE ANGELICO 36-B, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO SCARDIGLI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato P.P., anche quale difensore di se medesimo, giusta procura notarile in atti;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI FIRENZE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA POLIBIO 15, presso lo studio dell’avvocato LEPORE STUDIO LEGALE, rappresentato e difeso dagli avvocati ANDREA SANSONI, DEBORA PACINI in virtù di procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 415/2015 del TRIBUNALE di FIRENZE, depositata il 10/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 26/04/2018 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;

Lette le memorie depositate da parte ricorrente.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. K.E.D. proponeva opposizione dinanzi al Giudice di Pace di Firenze avverso il verbale di contestazione di una contravvenzione al codice della strada del (OMISSIS) elevato dalla Polizia Municipale di Firenze, notificatogli tramite lettera raccomandata del 29/7/2008 dalla European Municipality Outsourcing, divisione della Nivi Credit S.r.l., lamentando la nullità della notifica del verbale per inesistenza della stessa notifica, la invalidità della comunicazione in quanto il verbale era redatto solo in lingua tedesca, la decorrenza dei termini di legge ai fini della decadenza della potestà impositiva, nonchè, nel merito, la mancata prova della commissione della violazione contestata e l’erroneità dell’importo richiesto a titolo di sanzione.

Il Giudice adito con la sentenza n. 8144/2012 del 10/12/2012 dichiarava il ricorso inammissibile in quanto tardivamente proposto.

Avverso tale sentenza proponeva appello il contravventore con atto di citazione notificato in data 10 giugno 2013 il Tribunale di Firenze con la sentenza n. 415 del 10/2/205 rigettava l’appello, condannando il difensore dell’appellante in proprio al rimborso delle spese del grado.

Osservava il giudice del gravame che il Comune già in primo grado aveva eccepito l’inesistenza della procura alle liti rilasciata dall’ E.D., eccezione che si rivelava fondata.

Infatti, la procura era stata rilasciata su foglio disgiunto dal ricorso originario, privo di elementi di congiunzione e nemmeno allegato in originale, e con un’indicazione del tutto generica che non soddisfaceva il requisito di specificità.

Inoltre in occasione della notifica del ricorso la procura non era stata notificata insieme all’atto di opposizione.

Mancava poi ogni certezza di autografia, in quanto sulla procura prodotta in fotocopia, sul retro, e non nello stesso foglio in cui è contenuto il mandato in senso sostanziale, compare, sempre in fotocopia, una sottoscrizione di un notaio con il sigillo, ma il testo è redatto in lingua tedesca, in contrasto con quanto prescritto all’art. 122 c.p.c., che impone l’utilizzo della lingua italiana nel processo.

Risultava, altresì, che mentre nella parte relativa al mandato alla lite redatta in italiano, era riportata la data del 28/5/2010, la diversa parte contenente una ulteriore parte redatta in tedesco e con firma e timbro notarile, reca la diversa data del 28/1/2011, il che induceva a dubitare circa il fatto che il notaio fosse effettivamente presente al momento della sottoscrizione della procura.

La discrasia tra le date lasciava quindi intendere che la procura non fosse stata autenticata in data certa.

Ne discendeva quindi che la procura andava dichiarata inesistente, con la conseguente condanna dello stesso difensore, quale falsus procurator al rimborso delle spese di appello.

Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione K.E.D. e l’avv. P.P. in proprio sulla base di otto motivi.

Il Comune di Firenze ha resistito con controricorso.

2. Preliminarmente deve essere disattesa la deduzione difensiva dei ricorrenti secondo cui la sentenza gravata sarebbe affetta da nullità in quanto pronunciata ex art. 281 c.p.c., mediante lettura alle parti non presenti.

Si deduce che erroneamente si è fatto riferimento all’art. 281 c.p.c., potendo al più intendersi il richiamo all’art. 281 sexies c.p.c..

Ma anche a voler superare tale profilo, il procedimento, attesa la sua introduzione in primo grado nella vigenza del D.Lgs. n. 150 del 2011, era sottoposto alle norme del processo del lavoro, sicchè la decisione andava adottata a norma dell’art. 429 c.p.c.. Peraltro stante la complessità della vicenda, il giudice avrebbe dovuto riservarsi il termine di sessanta giorni per il successivo deposito della sentenza.

Altro profilo di invalidità consiste nel fatto che la sentenza sia stata resa in assenza delle parti.

Le deduzioni da ritenersi costituire un autonomo motivo di ricorso, in quanto finalizzate a confutare la validità della decisione gravata per errores in procedendo, sono infondate.

In primo luogo si rileva che il giudizio di appello era stato erroneamente introdotto da parte dello stesso appellante con citazione, anzichè con ricorso, come invece imposto dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 7, nè risulta che sia stato successivamente disposto il mutamento del rito, avendo pertanto correttamente il Tribunale fatto riferimento alla previsione di cui all’art. 281 sexies, come riportato all’ultimo rigo del verbale dell’udienza del 10 febbraio 2015, e come riportato anche nell’intestazione della sentenza impugnata (e ciò anche a voler prescindere dall’affermazione di compatibilità tra la previsione di cui all’art. 281 sexies c.p.c., con le norme del rito del lavoro, cfr. Cass. n. 20820/2014; Cass. n. 13708/2007).

A ciò deve aggiungersi che dal punto di vista procedurale non sussistono significative differenze tra la modalità di decisione della causa ex art. 281 sexies e quanto invece previsto dal novellato art. 429 c.p.c., sicchè anche a voler ravvisare un errore procedurale lo stesso appare del tutto privo di idoneità a determinare pregiudizio al diritto di difesa delle parti.

Insindacabile appare poi la scelta assolutamente discrezionale del giudice di avvalersi della modalità di decisione con pronuncia di sentenza contestuale ex art. 281 sexies c.p.c., non emergendo peraltro che le parti avessero inteso richiedere la concessione dei termini per gli scritti conclusionali, mancando del pari la stessa prospettazione di uno specifico pregiudizio al loro diritto di difesa.

Quanto infine all’avvenuta lettura della sentenza in assenza delle parti, l’allontanamento delle stesse dopo la discussione orale, e nel periodo di tempo intercorso tra la chiusura della discussione e la deliberazione in camera di consiglio, non appare idoneo a precludere la possibilità di pronunciare sentenza ex artt. 281 sexies o 429 c.p.c., in quanto altrimenti opinando l’esercizio del potere decisionale sarebbe rimesso alla arbitraria decisione delle stesse parti di trattenersi o meno in udienza, essendo pertanto escluso che tale condotta possa condizionare il potere del giudice (si veda, sebbene in relazione alla pronunzia di ordinanze, Cass. n. 10539/2007, che proprio in relazione all’ipotesi di ritiro in camera di consiglio, ha escluso che la successiva assenza delle parti in occasione della pronuncia dell’ordinanza imponesse la comunicazione del provvedimento alle parti, ferma restando la piena validità del provvedimento emesso).

3. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 83 c.p.c., commi 2 e 3.

Rileva parte ricorrente che il giudice di appello, erroneamente ritenendo che la procura rilasciata dal ricorrente al difensore fosse generica e precisando che non poteva essere superato il mancato riferimento ad uno specifico procedimento, in quanto la procura non risultava essere stata notificata unitamente al ricorso, ha compiuto un’indebita confusione tra la procura speciale di cui all’art. 83 c.p.c., comma 2 e quella invece contemplata dal terzo comma, pervenendo quindi ad erronee conclusioni in punto di determinatezza del suo contenuto.

In primo luogo, rileva il Collegio che non può in alcun modo condividersi l’assunto di parte ricorrente secondo cui il giudice di appello avrebbe confuso tra la procura speciale rilasciata per scrittura privata autenticata, quale quella in esame, con la procura speciale autenticata dallo stesso difensore atteso che in sentenza chiaramente si richiama la natura notarile della procura de qua, essendosi invece svolte le considerazioni in ordine alla assenza di una notifica della procura contestualmente alla notifica del ricorso, al solo fine di dare atto che la riscontrata carenza di determinatezza della procura, di cui si dirà in prosieguo, non poteva nemmeno ritenersi sanata per effetto della congiunzione materiale con l’atto introduttivo del giudizio in occasione della notificazione.

Il richiamo alla giurisprudenza di questa Corte in tema di procura di cui dell’art. 83 c.p.c., comma 3, lungi dal denotare il convincimento del giudice di merito di trovarsi dinanzi ad una procura siffatta, rispondeva piuttosto all’esigenza di evidenziare le ragioni per le quali nemmeno era possibile superare il difetto di determinatezza della procura, avvalendosi dei criterio che la giurisprudenza di questa Corte ha utilizzato per ovviare, in relazione alla diversa ipotesi di cui al terzo comma della norma in esame, alla mancanza di specifici riferimenti al procedimento per il quale risulti essere stata rilasciata.

Orbene, e tornando alla valutazione compiuta dal giudice di appello circa la genericità della procura de qua, da farsi rientrare, come correttamente sostenuto dalla stessa parte ricorrente nella previsione di cui dell’art. 83 c.p.c., comma 2, va ricordato che il documento de quo, come precisato in sentenza, e come confermato dallo stesso contenuto del ricorso (pag. 7), presenta un’intestazione sia in italiano che in tedesco avente il seguente tenore “Procura speciale alle liti. Nella causa K.E.D. – Comune di Firenze – Prozessvollmacht. In sachen K.E.D. – Comune di Firenze”.

Il testo della procura, anche qui redatto sia in italiano che in tedesco, prevede la delega all’avv. P.P., ma con un rinvio al procedimento di cui sopra, e cioè semplicemente alla causa tra il ricorrente ed il Comune di Firenze.

La sottoscrizione della procura de qua risulta poi essere oggetto di autentica da parte del notatio G.G., con modalità che invece costituiscono oggetto di altri motivi di ricorso.

In relazione a quello invece in esame, la sentenza impugnata ha ritenuto che la dicitura contenuta nell’intestazione della procura, alla quale, come visto faceva rinvio anche il testo della procura, fosse del tutto generica, in quanto si limitava ad indicare solo il nome del conferente e quello della controparte, senza quindi la possibilità di individuare con precisione a quale specifica controversia si riferisse.

Tale conclusione è oggetto della censura del ricorrente che viceversa ritiene che la riportata indicazione soddisfi il requisito di specificità previsto dalla legge.

Il motivo è infondato.

Va, a tal fine ribadito il principio più volte affermato da questa Corte per il quale (cfr. Cass. n. 4864/2007) l’interpretazione della procura al difensore, al fine di individuare l’ambito del mandato conferitogli dalla parte, costituisce valutazione riservata al giudice di merito, non sindacabile in cassazione ove adeguatamente motivata (conf. Cass. n. 21924/2006, che ribadisce che l’interpretazione datane dal giudice di merito è contestabile solo per eventuali omissioni ed incongruità argomentative, e non anche mediante la mera denunzia dell’ingiustificatezza del risultato interpretativo raggiunto, prospettante invece un sindacato di merito inammissibile in sede di legittimità; Cass. n. 1419/2011).

La censura formulata si limita nella sostanza unicamente a contestare l’esito dell’interpretazione offerta del documento in esame dal Tribunale, ma senza peritarsi di segnalare le regole ermeneutiche violate e come si sia concretato l’errore interpretativo, di tal che la stessa non può avere seguito in questa sede.

Nè la soluzione raggiunta appare connotata da incongruità o illogicità, dovendosi a tal fine avere riguardo agli approdi ai quali già è pervenuta in passato questa Corte che (cfr. Cass. n. 12486/2000) ha ritenuto che la procura notarile rilasciata con l’espressione ad litem (nella specie con l’espressione in lingua tedesca “gegen ananghing”) senza alcun riferimento specifico alla causa e alle generalità della controparte fosse radicalmente nulla, non potendo valere nè come procura generale, in mancanza di una esplicita volontà manifestata in tal senso, nè come procura speciale, per la carenza di riferimenti ad una specifica controversia, non palesandosi illogica l’affermazione secondo cui il solo riferimento alle parti, in assenza di diversi elementi per stabilire l’autorità giudiziaria da adire o il procedimento da promuovere, consentisse di riferire con certezza la procura alla causa poi successivamente introdotta.

4. Il secondo motivo di ricorso denuncia poi la violazione e falsa applicazione dell’art. 182 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

Assume parte ricorrente che ai sensi della norma invocata, e dovendosi nella specie ravvisare un’ipotesi di nullità della procura (in quanto essendo pacifico il rilascio della procura, la sua genericità ne avrebbe determinato la sola nullità e non anche l’inesistenza), il Tribunale, anche alla luce della novella dell’art. 182 c.p.c., frutto della L. n. 69 del 2009, avrebbe dovuto assegnare alla parte un termine entro il quale sanare la nullità.

Tale omissione determina quindi l’invalidità della decisione impugnata.

Anche tale motivo deve essere disatteso.

Ed, infatti, anche a voler accedere alla più recente opinione di questa Corte che (cfr. Cass. n. 22559/2015) anche in relazione al testo dell’art. 182 c.p.c., comma 2 (nella formulazione, applicabile “ratione temporis”, anteriore alla modifica introdotta dalla L. n. 69 del 2009, art. 46 e quindi a maggior ragione nel caso in esame, sottoposto alla disciplina della norma novellata), ritiene che nel caso di vizio della procura alle liti il giudice è tenuto a promuovere la sanatoria del vizio, assegnando un termine alla parte che non vi abbia già provveduto di sua iniziativa (in senso conforme Cass. S.U. n. 283337/2011; Cass. n. 19169/2014), va richiamato anche quanto precisato da Cass. S.U. n. 4248/2016.

In tale occasione le Sezioni Unite hanno ritenuto che la norma de qua debba essere intesa nel senso che il difetto di rappresentanza processuale ovvero il vizio di invalidità o assenza della procura ad litem possa sì essere sanato in fase di impugnazione, senza che operino le ordinarie preclusioni istruttorie, ma laddove il rilievo del vizio in sede di impugnazione non sia officioso, ma provenga dalla controparte, l’onere di sanatoria del rappresentato sorge immediatamente, non essendovi necessità di assegnare un termine, che non sia motivatamente richiesto, giacchè sul rilievo di parte l’avversario è chiamato a contraddire (conf. Cass. n. 17301/2013, a mente della quale la mancata assegnazione di un termine per la eventuale sanatoria della procura ritenuta invalida non comporta violazione dell’art. 182 c.p.c., se non in caso di diniego a fronte di una esplicita richiesta della parte, che ben può attivarsi per il rilascio di una nuova e valida procura laddove la questione del vizio di quella originaria sia stata oggetto dell’attività defensionale ed istruttoria).

Nel caso in esame, come si rileva dalla lettura della sentenza impugnata, il Comune di Firenze aveva già in primo grado eccepito l’inesistenza-nullità della procura in esame e l’eccezione era stata riproposta anche nel corso dell’udienza di discussione (cfr. pag. 1 della sentenza di appello che riporta la verbalizzazione delle conclusioni e richieste delle parti), sicchè a fronte di tale contestazione non risulta che la parte ricorrente abbia inteso attivarsi per provvedere alla sanatoria del vizio denunciato, nè che abbia chiesto la concessione del termine di cui all’art. 182 c.p.c., con la conseguenza che deve escludersi la fondatezza del motivo in esame.

5. Il terzo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2702 e 2703 c.c., nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto che non vi fosse certezza circa l’autografia della procura in quanto la stessa risultava prodotta in fotocopia, posto che la sottoscrizione del notaio, con il sigillo, sempre in fotocopia, non risultavano apposti sul medesimo foglio in cui è collocato il mandato.

Si deduce che trattandosi di scrittura privata, ed in mancanza di disconoscimento della sua conformità all’originale, il documento de quo ha valore di piena prova, nemmeno potendo rilevare la circostanza che sì tratti di una fotocopia, in quanto il giudice avrebbe dovuto ordinare al ricorrente l’esibizione dell’originale.

Il quinto motivo denuncia la violazione dell’art. 83 c.p.c., commi 2 e 3, art. 125 c.p.c., comma 2 e art. 2700 c.c., laddove il Tribunale ha ritenuto che fosse dubbia la presenza del notaio all’atto della sottoscrizione del mandato da parte del ricorrente. Infatti, oltre a reiterarsi la necessità di acquisire il documento in originale, la sentenza non si sarebbe avveduta che si trattava di una procura per scrittura privata autenticata da notaio, in relazione alla quale non è necessario che l’autentica della firma debba avvenire nella medesima data della sottoscrizione.

I motivi che possono essere congiuntamente esaminati sono assorbiti per effetto del rigetto del primo e del secondo motivo, altrimenti sono infondati.

6. Il rigetto del primo e del secondo motivo determina poi l’assorbimento del quarto motivo con il quale si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 122 c.p.c., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che fosse necessario l’utilizzo della lingua italiana anche per la redazione della procura alle liti, e precisamente dell’autenticazione della firma, sostenendosi al contrario che laddove il Tribunale avesse nutrito dei dubbi sul contenuto dell’autentica della sottoscrizione, avrebbe dovuto nominare un interprete per la sua traduzione ex art. 123 c.p.c..

7. Il sesto motivo di ricorso lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 156 c.p.c., comma 3, nella parte in cui il Tribunale, avendo ritenuto che la procura fosse inesistente, ha escluso che la costituzione della controparte possa avere avuto efficacia sanante del vizio della quale è affetta, trascurando altresì che si tratta di ipotesi di nullità suscettibile di sanatoria.

Il motivo è infondato.

Ed, invero, va in primo luogo osservato che come si ricava dalla lettura della sentenza impugnata, il Comune nel costituirsi in primo grado, ebbe immediatamente a rilevare la invalidità della procura alle liti dell’opponente, mostrando in tal modo di non avere inteso con la sua condotta attribuire efficacia sanante alla costituzione in giudizio.

Peraltro deve escludersi che il vizio di invalidità che colpisca la procura alle liti sia suscettibile di sanatoria per effetto della costituzione della controparte.

In tal senso si veda già in passato Cass. n. 16264/2004, secondo cui la questione della nullità dell’atto processuale in quanto compiuto in mancanza di una valida procura ad litem, costituisce una nullità assoluta ed insanabile, principio questo che deve ritenersi confermato anche da Cass. S.U. n. 4248/2016, cit., secondo cui la mancanza del potere di rappresentanza, per vizi anche della procura alle liti, essendo quest’ultima una delle condizioni di esistenza del potere di azione, giustifica il rilievo officioso in sede di legittimità anche se non vi sia stata contestazione nei gradi di merito, fatta salva la sola sanatoria conseguente al deposito di una valida procura, spontaneamente ovvero a seguito di concessione del termine di cui dell’art. 182 c.p.c., comma 2.

8. Il settimo motivo di ricorso lamenta poi la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., comma 1 e art. 94 c.p.c., nella parte in cui il giudice di appello, nel dichiarare l’inesistenza della procura, ha posto le spese di lite relative al giudizio di appello direttamente a carico del difensore dell’opponente.

Si sottolinea che ciò è possibile ex art. 94 c.p.c., solo in presenza di gravi motivi, nella specie non ricorrenti, e che il principio affermato da Cass. S.U. n. 10706/2006, che appunto permette la condanna alle spese dello stesso difensore, non è stato correttamente applicato in quanto non si verte in un’ipotesi di assenza assoluta di procura, ma di svolgimento di attività defensionale sulla base di una procura nulla.

Orbene, rileva il Collegio che nel presente giudizio hanno proposto ricorso congiuntamente ed a mezzo del medesimo difensore sia l’originario opponente che l’avv. P.P., quest’ultimo anche in proprio, ed al fine di contestare con il motivo ora in esame, la correttezza della condanna in proprio al rimborso delle spese del giudizio di appello.

Stante il rigetto dei precedenti motivi, e la conferma della valutazione in termini di invalidità della procura alle liti, ove anche il motivo in esame risultasse fondato, l’esito dell’accoglimento sarebbe quello di determinare lo spostamento del carico delle spese di lite dal P. all’ E.D., e cioè sulla stessa parte rappresentata dal primo (sebbene unitamente all’avv. Scardigli).

Tale situazione denota, ad avviso del Collegio, e con carattere di assoluta evidenza, un conflitto di interessi tra il P. ed il suo assistito, e, relativamente all’avv. Scardigli, tra le posizioni dei due suoi patrocinati.

Una volta quindi riscontrata, tra le parti che hanno conferito mandato al medesimo professionista una situazione di conflitto d’interessi, la quale secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 20950/2017) può essere non solo attuale, ma anche potenziale, intendendosi come tale quella non riferibile alla astratta eventualità, bensì in stretta correlazione con il concreto rapporto esistente tra le parti i cui interessi risultino suscettibili di contrapposizione, la risoluzione del conflitto non appare suscettibile di poter essere risolta in base al criterio, pur indicato nella giurisprudenza di questa Corte secondo cui (cfr. Cass. n. 14634/2015) la parte che abbia conferito per seconda la procura a quest’ultimo deve ritenersi non costituita in giudizio, perchè un difensore non può assumere il patrocinio di due parti che si trovino o possono trovarsi in posizione di contrasto, ostando a tale soluzione il contestuale conferimento dell’incarico.

Per l’ipotesi di assistenza di due parti in conflitto di interessi, si è poi precisato che (cfr. Cass. n. 21350/2005) è inammissibile la loro costituzione in giudizio a mezzo di uno stesso procuratore, al quale sia stato conferito mandato con un unico atto, e ciò anche in ipotesi di “simultaneus processus”, dato che il difensore non può svolgere contemporaneamente attività difensiva in favore di soggetti portatori di istanze confliggenti, essendo siffatta violazione rilevabile di ufficio, anche in sede di appello, in quanto investe il diritto di difesa ed il principio del contraddittorio, valori costituzionalmente garantiti (sempre per il rilievo d’ufficio del conflitto di interessi, si veda anche Cass. n. 15183/2005).

Inoltre ed avuto riguardo alla posizione del P., va richiamato il principio secondo cui (Cass. n. 13204/2012) l’attività processuale posta in essere da un difensore in conflitto di interesse col proprio assistito è nulla ed il relativo vizio è rilevabile d’ufficio, investendo la validità della procura e, quindi, il diritto di difesa ed il principio del contraddittorio, valori costituzionalmente tutelati.

Tuttavia, va considerato che la situazione di conflitto di interessi non investe l’intero contenuto del ricorso, ma il solo motivo in esame, il cui accoglimento, come detto, riverserebbe i suoi effetti negativamente sulla posizione dell’opponente, sicchè reputa il Collegio che possa farsi applicazione di quanto già in passato affermato dal giudice di legittimità, e cioè che (cfr. Cass. n. 15183/2005), ferma restando l’impossibilità per il difensore di svolgere allegazioni, richieste e deduzioni nei reciproci rapporti a favore di taluno e contro altri, laddove si sia costituito in giudizio per più parti, eventualmente in conflitto tra loro, tuttavia ove ciò accada nel giudizio di impugnazione, ciò non necessariamente comporta la nullità dell’intero atto di gravame, ma solo di quei motivi che contengono censure svolte in maniera tale che il loro accoglimento comporterebbe un vantaggio per uno degli impugnanti a danno dell’altro (conf. Cass. n. 8842/2004, che ha ritenuto che le censure di due dei tre soggetti, difesi dal medesimo difensore, dirette, in sede di legittimità, contro il terzo soggetto non potessero essere prese in considerazione). Ritiene il Collegio di dover dare continuità a tali principi e che per l’effetto il motivo in esame, in quanto affetto da nullità per conflitto di interessi, non possa essere preso in considerazione.

9. L’ottavo motivo denuncia infine la violazione dell’art. 112 c.p.c., in quanto il Tribunale avrebbe rigettato l’appello sulla base di motivi diversi da quelli richiesti dalle parti, motivi che provvede a trascrivere nel motivo in esame.

La doglianza è del tutto priva di fondamento, in quanto non si avvede della circostanza che, avendo il giudice di appello ravvisato l’invalidità della procura alle liti e reputato che tale vizio fosse impeditivo della stessa disamina nel merito dell’opposizione, ha sostanzialmente confermato la valutazione di inammissibilità del giudice di prime cure (che aveva ritenuto che l’opposizione fosse tardiva) sebbene sulla base di una diversa motivazione, ma senza che ciò potesse in ogni caso permettere di accedere alla disamina nel merito dei motivi di opposizione, il che esclude del pari che la sentenza possa essere censurata per la pretesa violazione della previsione di cui all’art. 112 c.p.c..

10. Al rigetto del ricorso consegue la condanna dei ricorrenti, in solido tra loro, al rimborso delle spese in favore del Comune di Firenze, come liquidate in dispositivo.

11. Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.
Rigetta il primo, il secondo, il sesto e l’ottavo motivo di ricorso, dichiara la nullità del settimo motivo, assorbiti i restanti;

Condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al rimborso in favore del controricorrente delle spese del presente giudizio che liquida in complessivi Euro 745,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali, pari al 15% sui compensi, ed accessori di legge;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti del contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 26 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2018