Cass. civ., Sez. Unite, Sent., (data ud. 21/03/2017) 29/05/2017, n. 13452

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente f.f. –

Dott. PICCININNI Carlo – Presidente di Sez. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di Sez. –

Dott. BIELLI Stefano – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26585-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

COSTRUZIONI S. S.A.S. DI S.E. E C., S.A., elettivamente domiciliati in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 287, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO IORIO, rappresentati e difesi dall’avvocato GIUSEPPE FALCONE;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale di CATANZARO, depositata in data 18/04/2014.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/03/2017 dal Consigliere Dott. ETTORE CIRILLO;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale FUZIO Riccardo, che ha concluso per il rigetto del ricorso, in subordine questione di costituzionalità;

uditi gli avvocati Raffaella Ferrando per l’Avvocatura Generale dello Stato e Giuseppe Falcone.

Svolgimento del processo
1. A seguito di ordinanza interlocutoria n. 18000 emessa dalla quinta sezione civile il 14 settembre 2016 il primo presidente ha disposto l’assegnazione del ricorso alle sezioni unite sulla questione relativa all’individuazione, nel processo tributario, del dies a quo del termine per la costituzione in giudizio del ricorrente o dell’appellante in caso di notificazione postale diretta e sulla rilevanza, ai fini della ritualità di tale costituzione e dell’ammissibilità del ricorso e dell’appello, dell’omesso tempestivo deposito della ricevuta di spedizione quando risulti in atti l’avviso di ricevimento del relativo plico.

2. Era accaduto, infatti, che con due avvisi di accertamento, sul presupposto maggiori ricavi non dichiarati e derivanti da una vendita immobiliare a tali coniugi R., l’Agenzia delle entrate aveva chiesto per l’anno 2005 il pagamento di maggiori imposte alla s.a.s. Costruzioni S. di E.S. & C. (IRAP e IVA) e al socio accomandante (49%) S.A. (IRPEF). Società e socio accomandante avevano impugnato gli atti impositivi poi annullati dalla commissione tributaria provinciale di Cosenza con separate sentenze del 13 gennaio 2011.

3. Per la riforma di tali decisioni l’Agenzia delle entrate adiva, in data 24 giugno 2011, la commissione tributaria regionale della Calabria che, riuniti gli appelli del fisco, li ha dichiarati inammissibili per mancato deposito nel termine previsto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 22, comma 1, (d’ora in poi proc. trib.) delle fotocopie delle ricevute della spedizione delle raccomandate con le quali gli appelli erano stati proposti.

4. Per la cassazione di tale decisione l’avvocatura erariale ha proposto ricorso affidato a unico motivo. Ha denunciato che, nel dichiarare inammissibili gli appelli per mancato deposito della fotocopia della ricevuta di invio delle raccomandate, la commissione tributaria regionale ha fatto erronea applicazione di norme di diritto processuali (art. 53, comma 2, e art. 22, comma 1, proc. trib.), laddove ha sostanzialmente negato che fossero idonee provare la spedizione delle raccomandate e la tempestività degli appelli l’avvenuta esibizione degli avvisi di ricevimento riportanti la spedizione del 22 aprile 2011 e la ricezione del 26 aprile 2011, riguardo a sentenze del 13 gennaio 2011 e alla costituzione in giudizio del 24 maggio 2011. Ha osservato che le disposizioni processuali – e quelle del processo tributario in particolare – devono essere interpretate nel senso di limitare inammissibilità irragionevoli, anche in funzione del principio generale del raggiungimento dello scopo. Inoltre la difesa erariale ha lamentato che il giudice d’appello ha trascurato la natura di atto pubblico dell’avviso di ricevimento della raccomandata fide-facente quanto alle indicazioni in esso contenute, ivi compresa la data di spedizione del plico.

5. Le parti private hanno resistito con controricorso e hanno replicato con memoria alla relazione ex art. 380-bis di accoglimento delle tesi erariale avanzando anche istanza di assegnazione della causa alle sezioni unite. Indi, a seguito di ordinanza della sesta sezione, è stata fissata la pubblica udienza innanzi alla quinta sezione che ha rimesso gli atti al primo presidente il quale ha investito le sezioni unite. Le parti si difendono con ulteriori memorie.

Motivi della decisione
1. In via preliminare va evidenziato che il processo è viziato, sin dal primo grado, dall’assenza di S.E. che, quale socio accomandatario e persona fisica, è litisconsorte necessario pretermesso. Infatti dalla sentenza d’appello, dalle difese delle parti e dagli altri atti processuali non risulta la presenza in giudizio del socio accomandatario S.E. (in proprio) ma solo della s.a.s. Costruzioni S. di S.E. & C. (Irap, Iva) e del socio accomandante S.A. (Irpef). Com’è noto l’Irap è imposta assimilabile all’Ilor, in quanto essa ha carattere reale, non è deducibile dalle imposte sui redditi ed è proporzionale, potendosi, altresì, trarre profili comuni alle due imposte dal D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 17, comma 1, e art. 44. Ne consegue che, essendo l’Irap imputata per trasparenza ai soci, ai sensi dell’art. 5 t.u.i.r., sussiste il litisconsorzio necessario di tutti i soci medesimi nel giudizio di accertamento dell’Irap dovuta dalla società (Cass. Sez. U, n. 10145 del 2012).

1.1 Nella specie il vizio, sanato in parte dalla commissione regionale con la riunione degli appelli della società e del socio accomandante (Cass. n. 3830 del 2010), resta riguardo alla posizione del socio accomandatario quale persona fisica e si estende anche all’accertamento di maggior imponibile Iva a carico della s.a.s. atteso che l’Agenzia procede con unico atto per Irap e Iva evase dalla società, su elementi sostanzialmente comuni. Ne deriva che neppure il profilo dell’imposizione sul valore aggiunto si sottrae al vincolo del simultaneus processus, attesa la concreta inscindibilità logica delle due situazioni (Cass. n. 12236 del 2010).

1.2 Il rilievo di tale profilo, però, presuppone che, riguardo agli appelli dell’Agenzia contro la società e il socio accomandante, non siano fondate le exceptiones litis ingressum impedientes sollevate dalla difesa privata e recepite della commissione regionale nella sentenza contro la quale ricorre la difesa erariale.

2. Il primo interrogativo al quale le sezioni unite sono chiamate a dare risposta è quello se, in riferimento ai ricorsi spediti con raccomandata postale, il termine per la costituzione in giudizio del ricorrente e dell’appellante, di cui all’art. 22, comma 1, e all’art. 53, comma 2, proc. trib. sia da interpretarsi come decorrente dalla ricezione del plico da parte del destinatario ovvero dalla data di spedizione del plico medesimo. Nella giurisprudenza di questa Corte si sono manifestati due orientamenti.

2.1 Il primo e più restrittivo è stato inaugurato dalla sentenza n. 20262 del 2004 secondo la quale il deposito, nella segreteria della commissione tributaria adita, del ricorso notificato per posta deve essere effettuato entro trenta giorni dalla spedizione postale del documento incorporante il ricorso, e non dalla sua ricezione da parte del destinatario, atteso che l’art. 22, comma 1, proc. trib. prevede modalità di deposito (copia del ricorso e fotocopia della ricevuta di spedizione della raccomandata postale) che presuppongono solo la spedizione del ricorso e non la sua ricezione e sottrae, quindi, il detto adempimento alla regola di cui all’art. 16, comma 5, secondo periodo, proc. trib. (il quale dispone che i termini che hanno inizio dalla notificazione decorrono dalla data in cui l’atto è ricevuto e che trova applicazione, fra l’altro, nel caso di deposito del ricorso notificato attraverso ufficiale giudiziario). Affermazioni similari si rinvengono anche nelle pronunzie n. 14246 del 2007, n. 1025 del 2008 e n. 7373 del 2011.

2.2 Quest’ultima riassuntiva decisione osserva che l’art. 22 proc. trib. – richiamato, per il giudizio di appello, dall’art. 53, comma 2, proc. trib. – richiede, ai fini della rituale costituzione in giudizio del ricorrente, il deposito, non solo di copia del ricorso spedito per posta, ma anche della ricevuta di spedizione dell’atto per raccomandata a mezzo del servizio postale. E la mancata allegazione di detta ricevuta è sanzionata con l’inammissibilità dell’impugnazione, rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo, e non sanabile neppure per effetto della costituzione del resistente. Rileva, inoltre, che la ratio di siffatta previsione è da ravvisare nel fatto che la decorrenza del termine di trenta giorni, per la costituzione in giudizio del ricorrente, è normativamente ancorata alla spedizione, e non alla ricezione del ricorso da parte del resistente. Il che si evincerebbe dal fatto che l’art. 22, comma 1, proc. trib. prevede modalità di deposito che presuppongono solo la spedizione del ricorso, e non la sua ricezione, sottraendo, in tal modo, detto adempimento alla regola di cui all’art. 16, comma 5, proc. trib. a tenore del quale i termini che hanno inizio dalla notificazione o comunicazione decorrono dalla data in cui l’atto è ricevuto. Infine afferma che l’omesso deposito della ricevuta di spedizione verrebbe a incidere sul riscontro della stessa tempestività della costituzione in giudizio dell’appellante, dalla quale la legge fa scaturire l’inammissibilità del proposto gravame. Trattasi di orientamento ripreso successivamente da talune pedisseque decisioni quali la n. 8664 del 2011 e la n. 20787 del 2013, sino alla più recente la n. 16758 del 2016.

2.3 A conclusioni opposte giunge l’orientamento inaugurato dalla sentenza n. 12185 del 2008 laddove, in consapevole contrasto con la prima tesi, si afferma:

“In tema di contenzioso tributario, qualora la notificazione del ricorso introduttivo abbia avuto luogo mediante spedizione a mezzo posta, il termine entro il quale, ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 22, dev’essere effettuato il deposito presso la segreteria della commissione tributaria decorre non già dalla data della spedizione, bensì da quella della ricezione dell’atto da parte del destinatario: la regola, desumibile dall’art. 16, u.c., secondo cui la notificazione a mezzo del servizio postale si considera effettuata al momento della spedizione, in quanto volta ad evitare che eventuali disservizi postali possano determinare decadenze incolpevoli a carico del notificante, si riferisce infatti ai soli termini entro i quali la notificazione stessa deve intervenire, ed avendo carattere eccezionale non può essere estesa in via analogica a quelli per i quali il perfezionamento della notificazione rappresenta il momento iniziale, trovando in tal caso applicazione il principio generale secondo cui la notificazione si perfeziona con la conoscenza legale dell’atto da parte del destinatario”.

2.4 L’orientamento emerso del 2008 è riassunto e seguito dalla sentenza n. 9173 del 2011. Tale decisione premette che nel processo tributario le notificazioni sono fatte secondo le norme dell’art. 137 cod. proc. civ. e ss. (art. 16, comma 2). Tuttavia esse possono essere fatte anche direttamente a mezzo del servizio postale mediante spedizione dell’atto in plico (senza busta) raccomandato con avviso di ricevimento (art. 16, comma 3). La disciplina della fase introduttiva prevede che il ricorso è proposto mediante notifica a norma dei commi 2 e 3 del precedente art. 16 (art. 20, comma 1). Qualunque notificazione a mezzo del servizio postale, prosegue la decisione in esame, si considera fatta nella data di spedizione (art. 16, comma 5) e, quando la spedizione del ricorso è fatta a mezzo posta, il ricorso s’intende proposto al momento della spedizione (art. 20, comma 2). Il ricorrente, entro trenta giorni dalla proposizione del ricorso, a pena d’inammissibilità deposita, nella segreteria della commissione tributaria adita, copia del ricorso spedito per posta, con fotocopia della ricevuta di spedizione per raccomandata a mezzo del servizio postale (art. 22, comma 1); i termini che hanno inizio dalla notificazione decorrono dalla data in cui l’atto è ricevuto (art. 16, comma 5).

Indi, osserva che l’art. 20, comma 2 (“il ricorso s’intende proposto al momento della spedizione”) riproduce sì l’esordio dell’art. 16, comma 5 (“qualunque notificazione a mezzo del servizio postale si considera fatta nella data di spedizione”), però quest’ultima norma prosegue stabilendo che “i termini che hanno inizio dalla notificazione decorrono dalla data in cui l’atto è ricevuto”. Siccome il termine di trenta giorni fissato dall’art. 22 per la costituzione in giudizio del ricorrente ha inizio dalla proposizione vale a dire dalla notificazione – del ricorso esso non può che decorrere dalla data di recapito postale dell’atto al destinatario, così come avviene per il termine assegnato per la costituzione della parte resistente (art. 23, comma 1). E’ vero che, ai fini della costituzione dell’attore, l’art. 22 non parla del deposito dell’avviso di ricevimento, mentre menziona, tra gli atti da depositare, la ricevuta di spedizione postale del ricorso, ma ciò sta significare soltanto che il ricorrente si può costituire in giudizio anche prima e indipendentemente dal recapito dell’atto al destinatario, e non che dalla spedizione inizia a decorrere, a pena d’inammissibilità, il termine per costituirsi senza neppure poter conoscere gli esiti della notifica postale.

Rileva, inoltre, che non v’è alcuna ragione logica e giuridica (artt. 3 e 24 Cost.) per distinguere il regime della notifica diretta a mezzo di raccomandata postale dall’ordinaria notificazione tramite l’ufficiale giudiziario (come invece fa l’orientamento che s’ispira al precedente del 2004), atteso che in quest’ultimo caso è pacifico che il termine per la costituzione del ricorrente decorre dalla ricezione del ricorso da parte del destinatario (anche in caso di notifica a mezzo del servizio postale), dovendo essere depositato l’originale del ricorso notificato a norma degli artt. 137 cod. proc. civ. e seg.. Del resto, in un procedimento a carattere impugnatorio come il processo tributario, non può non valere il principio generale, più volte affermato riguardo agli artt. 347 e 165 cod. proc. civ., secondo cui il termine per la costituzione decorre dal momento del perfezionamento della notificazione dell’atto di gravame nei confronti del destinatario e non dal momento della consegna di tale atto all’ufficiale giudiziario, che rileva, invece, solo ai fini della tempestività dell’impugnazione (cfr., nel processo civile, Cass. n. 9329 del 2010). Dunque, per tale via si riconduce a unità l’intera disciplina della fase introduttiva del processo tributario, con una pluralità di modi che valorizzano comunque la ricezione dell’atto da parte del destinatario, sia con notifica tramite l’ufficiale giudiziario (originale dell’atto notificato), sia mediante consegna diretta all’amministrazione (ricevuta di deposito), sia per raccomandata con avviso di ricevimento.

Infine, conclude che l’orientamento accolto è coerente sia ai principi di semplificazione del processo tributario espressi dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 520 del 2002, sia ai principi sull’osservanza dei termini posti a carico del notificante fin dal momento in cui l’atto è consegnato per la notifica e sul consolidarsi degli effetti al momento della ricezione dell’atto sanciti dalla Corte Costituzionale nelle decisioni n. 28 e n. 107 del 2004.

2.5 Tale secondo e maggioritario orientamento è seguito da altre decisioni immediatamente successive (conf. nn. 18373-16565-1401010816-10815-4002 del 2012; n. 7645 del 2014) e persino dalla sesta sezione in epoca recente (Cass n. 12027 del 2014; n. 14183 del 2015; n. 18296 del 2015) e recentissima (Cass. n. 19138 del 2016).

3. Tanto premesso queste sezioni unite ritengono di dovere dare continuità al secondo orientamento inaugurato nel 2008 dalla sentenza n. 12185 e seguito nel 2011 dalla sentenza n. 9173 e poi da altre ancora.

3.1 La chiave ermeneutica per soluzione del quesito – se, con riferimento ai ricorsi spediti a mezzo di raccomandata postale, il termine per la costituzione in giudizio del ricorrente e dell’appellante decorra dalla ricezione del plico da parte del destinatario ovvero dalla spedizione del plico medesimo – si muove non solo sul piano dell’interpretazione testuale, teleologica e sistematica, ma anche sul piano della tenuta costituzionale e convenzionale dell’opzione prescelta.

Infatti dalla giurisprudenza della Corte EDU si trae il monito ad ancorare le sanzioni processuali a canoni di proporzionalità (Omar vs. Francia; Beller vs. Francia), chiarezza e prevedibilità (Faltejsek vs. Rep. Ceca) e, dunque a far prevalere le interpretazioni dirette a consentire al processo di giungere al suo sbocco naturale (Adreyev vs. Estonia; Reklous & Davourlis vs. Grecia; Efstathiou et autres vs. Grecia), senza enfatizzare un fin de non recevoir non riscontrabile nei dati convenzionali di riferimento dell’art. 6 CEDU (conf. Cass. n. 7645 del 2014). Trattasi, peraltro di disposizione che – a mente dell’art. 117 Cost., comma 1, e riguardo all’irrazionale e discriminante ostacolo all’accesso alla giurisdizione – opera nei confronti del contenzioso fiscale, quanto meno, con riferimento ai processi su sanzioni tributarie aventi copertura convenzionale secondo la Corte EDU (Ferrazzini vs. Italia) e che – a mente dell’art. 6 TUE – opera pure con riferimento alle vertenze sui tributi armonizzati.

Di recente, le sezioni unite, pronunziando in tema di notificazioni, osservano che le forme processuali sono prescritte al fine esclusivo di conseguire lo scopo ultimo del giudizio, consistente nella pronuncia sul merito della situazione controversa, perchè il principio del giusto processo comprende anche il diritto di ogni persona a un giudice che emetta una decisione sul merito della domanda e impone all’interprete di preferire scelte ermeneutiche tendenti a garantire tale finalità (Cass., Sez. U, n. 14916 del 2016; conf. Sez. U., nn. 15144 del 2011; 17931 del 2013; 5700 del 2014).

3.2. La riflessione non può che prendere le mosse dalla L. 30 dicembre 1991, n. 413, art. 30, recante la delega al Governo per l’emanazione di decreti legislativi concernenti disposizioni per la revisione della disciplina e l’organizzazione del contenzioso tributario. Il primo comma della disposizione delegante indica alla lettera g) il seguente criterio direttivo:

“adeguamento delle norme del processo tributario a quelle del processo civile; in particolare dovrà essere altresì stabilito quanto segue: 1) previsione di una disciplina uniforme per la proposizione del ricorso nei vari gradi di giurisdizione (…) 4) disciplina delle comunicazioni e delle notificazioni con la previsione dell’impiego più largo possibile del servizio postale”.

Quindi, in altre parole, va perseguito l’adeguamento delle norme del processo tributario a quelle del processo civile con la previsione di una disciplina uniforme per la proposizione del ricorso mediante un assetto delle comunicazioni e delle notificazioni tale da consentire, comunque, l’impiego più largo possibile del servizio postale.

3.3 n sistema della notificazione e della costituzione introduttiva del giudizio, al di fuori dei procedimenti che s’instaurano con ricorso previamente depositato (es. processo del lavoro), è normalmente basato sul principio del rispetto di un termine prefissato e decorrente dalla notifica materiale dell’atto al convenuto, intimato o appellato.

Nel processo civile ordinario l’art. 165 cod. proc. civ. stabilisce che l’attore, entro dieci giorni dalla notificazione della citazione al convenuto, deve costituirsi in giudizio depositando in cancelleria la nota d’iscrizione a ruolo e il proprio fascicolo contenente l’originale della citazione, mentre se la citazione è notificata a più persone, l’originale della citazione deve essere inserito nel fascicolo entro dieci giorni dall’ultima notificazione. Inoltre l’art. 369 cod. proc. civ. stabilisce che il ricorso deve essere depositato nella cancelleria della Corte di cassazione, a pena d’improcedibilità, nel termine di giorni venti dall’ultima notificazione alle parti contro le quali è proposto. Secondo dottrina e giurisprudenza pressochè unanimi nell’ordinario processo civile di cognizione e nel giudizio di legittimità il termine finale per la costituzione della parte attrice o ricorrente si computa dalla data in cui si perfezione la notifica nei confronti della parte convenuta o intimata. Infatti si recentemente ribadito, in tema di appello civile, che “Il termine per la costituzione dell’appellante, ai sensi dell’art. 347 cod. proc. civ., in relazione all’art. 165 cod. proc. civ., decorre dal momento del perfezionamento della notificazione dell’atto di appello nei confronti del destinatario e non dal momento della consegna di tale atto all’ufficiale giudiziario, che rileva, invece, solo ai fini della tempestività dell’impugnazione” (Cass. n. 1662 del 2016 e n. 9329 del 2010; conf. n. 10837 del 2007 anche riguardo al deposito del ricorso per cassazione).

3.4 Analoga disciplina è contenuta per il processo amministrativo nell’art. 45 del relativo Codice, laddove stabilisce che “Il ricorso e gli altri atti processuali soggetti a preventiva notificazione sono depositati nella segreteria del giudice nel termine perentorio di trenta giorni, decorrente dal momento in cui l’ultima notificazione dell’atto stesso si è perfezionata anche per il destinatario” (conf. Cons. Stato, Sez. 4, 17.1.2017, n. 137).

Similmente si esprime per la giustizia contabile l’art. 180 del relativo Codice, laddove stabilisce che “Nei giudizi di appello, di revocazione e di opposizione di terzo l’atto di impugnazione deve essere depositato nella segreteria del giudice adito, a pena di decadenza, entro trenta giorni dall’ultima notificazione, unitamente ad una copia della sentenza impugnata e alla prova delle eseguite notificazioni”.

Non diverso è pure il funzionamento della Corte Costituzionale laddove la L. 11 marzo 1953, n. 87, agli artt. 31 e 32, prevede che il ricorso del Governo contro leggi regionali e della Regione contro leggi statali deve essere depositato nella cancelleria della Corte costituzionale entro il termine di dieci giorni dalla notificazione.

3.5 Nel processo tributario le notificazioni sono fatte, in primo luogo, secondo le norme degli artt. 137 cod. proc. civ. e seg. (art. 16, comma 2), col ministero dell’ufficiale giudiziario o di altro soggetto equiparato, quali il messo comunale e il messo autorizzato dall’amministrazione finanziaria (art. 16, comma 4; cfr. Cass. n. 4517 del 2013) e l’avvocato autorizzato dall’ordine forense (Cass. n. 22639 del 2014). In proposito la giurisprudenza di legittimità è univoca nel ritenere che il termine per la costituzione del ricorrente dinanzi alle commissioni tributarie decorre, ove la notificazione del ricorso sia avvenuta tramite l’ufficiale giudiziario, dalla ricezione di quell’atto da parte del destinatario (Cass. n. 23589 del 2016 e giur. ivi cit.), atteso che questa ipotesi non è sottratta alla regola generale per la quale i termini che hanno inizio dalla notificazione decorrono dalla data in cui l’atto è ricevuto (art. 16, comma 5). Dunque, per le notifiche col ministero di agente notificatore la disciplina dettata per il processo tributario non si discosta affatto da quella ordinariamente prevista per il processo civile di cognizione, risultando così osservata la previsione della legge-delega di tendenziale adeguamento delle norme del processo tributario a quelle del processo civile (art. 30 cit.).

Consequenzialmente, qualora la notificazione sia eseguita col ministero dell’ufficiale giudiziario che si avvalga del servizio postale, la parte può, anche prima del ritorno dell’avviso di ricevimento, farsi consegnare dall’ufficiale giudiziario l’originale dell’atto per ottenere l’iscrizione della causa a ruolo o per eseguire il deposito del ricorso o controricorso nei giudizi di cassazione (Cass. n. 18087 del 2004); peraltro, la causa non può essere messa in decisione se non sia allegato agli atti l’avviso di ricevimento, salvo che il convenuto si costituisca (L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 5, comma 3).

3.6 Inoltre, nel processo tributario, la notificazione del ricorso introduttivo e dell’appello, in forza del rinvio operato dagli artt. 20 e 53 cit. al precedente comma 3 dell’art. 16 cit., può essere effettuata all’amministrazione finanziaria e all’ente locale mediante consegna all’impiegato addetto che ne rilascia ricevuta sulla copia (Cass. n. 22576 del 2004). Anche in questo caso, ovviamente, il termine per la costituzione del ricorrente dinanzi alle commissioni tributarie decorre dalla materiale e attestata consegna dell’atto all’ufficio destinatario.

3.7 Infine, in applicazione di altra direttiva della legge-delega, le notificazioni degli atti introduttivi dei giudizi dinanzi alle commissioni tributarie possono essere fatte anche direttamente a mezzo del servizio postale raccomandato con avviso di ricevimento (art. 16, comma 3). La disciplina della fase introduttiva prevede che il ricorso è proposto mediante notifica a norma dei commi 2 e 3 del precedente art. 16 (art. 20, comma 1). Qualunque notificazione a mezzo del servizio postale si considera fatta nella data di spedizione (art. 16, comma 5) e, quando la spedizione del ricorso è fatta a mezzo posta, il ricorso s’intende proposto al momento della spedizione (art. 20, comma 2). Il ricorrente, entro trenta giorni dalla proposizione del ricorso, a pena d’inammissibilità deposita, nella segreteria della commissione tributaria adita, copia del ricorso spedito per posta, con fotocopia della ricevuta di spedizione per raccomandata a mezzo del servizio postale (art. 22, comma 1); i termini che hanno inizio dalla notificazione decorrono dalla data in cui l’atto è ricevuto (art. 16, comma 5). Il servizio postale in parola è quello cd. “universale”, fornito in esclusiva da Poste Italiane (D.Lgs. 22 luglio 1999, n. 261, art. 4; conf. Cass. n. 19467 del 2016 e n. 27021 del 2014).

3.8 Tale disciplina va correlata alla previsione della legge-delega di tendenziale adeguamento delle norme del processo tributario a quelle del processo civile. Dunque, non v’è alcuna ragione logica e giuridica (artt. 3, 24 e 76 Cost.) per distinguere il regime della notifica diretta a mezzo di raccomandata postale dall’ordinaria notificazione tramite ufficiale giudiziario che si avvalga del servizio postale. Il rilievo che l’art. 22 non vincola la costituzione del ricorrente al contestuale deposito dell’avviso di ricevimento è argomento solo suggestivo. Infatti la menzione espressa, tra gli atti da depositare, della sola ricevuta di spedizione postale diretta del ricorso, rappresenta univoco indice rivelatore del solo fatto che il ricorrente si possa costituire anche prima del ritorno dell’avviso di ricevimento, così come nella notifica ex art. 149 cod. proc. civ. il notificante può farsi consegnare dall’ufficiale giudiziario l’originale dell’atto per ottenere l’iscrizione della causa a ruolo anche prima del ritorno dell’avviso di ricevimento a mente del comma 3 dell’art. 5 della legge 890.

3.9 Del resto non è privo d’importanza il rilievo che costringere la parte a costituirsi senza neppure conoscere gli esiti della notifica del ricorso non trova giustificazione logica, ben potendo i notificante, in caso di notificazione non andata a buon fine per ragioni a lui non imputabili, voler conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria riattivando il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare gli strettissimi limiti di tempo recentemente precisati dalle sezioni unite (Cass., Sez. U, n. 14594 del 2016) e senza essere obbligato, anche se solo dal 7 luglio 2011, al forse inutile versamento del contributo unificato (introdotto con la modifica del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 9).

3.10 I principi di semplificazione del processo tributario enunciati dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 520 del 2002 restano così pienamente osservati in coerenza con l’art. 30 della legge-delega, così riconducendo a unità l’intera disciplina della fase introduttiva dinanzi alle commissioni tributarie con modalità sì diversificate ma che valorizzano sempre la ricezione dell’atto da parte del destinatario, sia con notifica tramite l’ufficiale giudiziario (originale dell’atto notificato) anche ai sensi dell’art. 149 c.p.c. (avviso di ricevimento), sia mediante consegna diretta all’amministrazione (ricevuta di deposito), sia per plico raccomandato senza busta (avviso di ricevimento). Inoltre è pienamente salvaguardata l’osservanza dei termini d’impugnazione a carico del notificante fin dal momento in cui l’atto è consegnato per la notifica, così come è garantito il consolidamento degli effetti alla data della ricezione dell’atto (Corte Cost. n. 28 e n. 107 del 2004).

3.11 Tali conclusioni non sono inficiate dal rilievo che il procedimento dinanzi alle commissioni tributarie, al fine di soddisfare esigenze di speditezza e deflazione, contempli una specifica fase processuale dedicata all’esame preliminare del ricorso (artt. 27 e seg. proc. trib.) nell’ambito del quale è monocraticamente affidata al presidente, la dichiarazione d’inammissibilità nei casi espressamente previsti, “se manifesta”, con decreto reclamabile innanzi alla commissione; tale esame avviene una volta “scaduti i termini per la costituzione in giudizio delle parti” (art. 27) e cioè una volta che sia scaduto il termine per la costituzione in giudizio anche del resistente che, a mente dell’art. 23, è di sessanta giorni dalla data in cui il ricorso è stato notificato, consegnato o ricevuto a mezzo del servizio postale. Il che non collide col ritenere che la costituzione del ricorrente avvenga nei trenta giorni dalla stessa data.

3.12 Invero, come è stato osservato in dottrina, dal fatto che la legge non prevede che il ricorrente debba depositare l’avviso di ricevimento ai fini della costituzione in giudizio si può desumere solo, sul piano logico e giuridico, che egli possa costituirsi in giudizio prima della ricezione dell’atto da parte del destinatario, non già che il termine di costituzione decorre dalla data della spedizione, laddove la notificazione è un procedimento che si conclude con la ricezione dell’atto da parte del destinatario (o con l’evento che la legge considera equipollente alla ricezione).

Ciò è confermato dalla più recente disciplina del cd. reclamo/mediazione (art. 17-bis proc. trib.) laddove per le controversie non superano una certa soglia di valore, il ricorso produce anche gli effetti di un reclamo e può contenere una proposta di mediazione con rideterminazione dell’ammontare della pretesa, disponendosi espressamente che “il ricorso non è procedibile fino alla scadenza del termine di novanta giorni dalla data di notifica, entro il quale deve essere conclusa la procedura” (comma 2). In tal caso “il termine per la costituzione in giudizio del ricorrente decorre dalla scadenza del termine di cui al comma 2” e “se la Commissione rileva che la costituzione è avvenuta in data anteriore rinvia la trattazione della causa per consentire l’esame del reclamo” (comma 3). Il che lascia evidentemente intendere come, ai fini della procedura di reclamo/mediazione, s’individui uno spatium deliberandi di novanta giorni che decorre dal perfezionamento della notifica con la ricezione del ricorso, onde far decorrere dalla scadenza un nuovo termine di trenta giorni per la costituzione del ricorrente.

3.13 E’ appena il caso di rilevare che, seguendo il primo orientamento, il diverso regime di costituzione per la sola notificazione diretta mediante raccomandata postale con avviso di ricevimento colliderebbe (a) con gli artt. 3 e 24 Cost. riguardo alle altre forme di notificazione previste per il processo tributario e in particolare con quella ex art. 149 cod. proc. civ.; (b) con gli artt. 3 e 24 Cost. riguardo alla circostanza al diverso computo del termine per la costituzione nelle vertenze fiscali obbligatoriamente soggette a reclamo/mediazione; (c) con l’art. 76 Cost. riguardo al tendenziale rispetto dei principi del processo civile ordinario previsto dalla legge-delega del 1991; (d) con l’art. 117 Cost., comma 1, in relazione all’art. 6 CEDU, riguardo all’irrazionale e discriminante ostacolo all’accesso alla giurisdizione (con riferimento ai processi riguardanti sanzioni tributarie aventi copertura convenzionale); (e) con l’art. 6 TUE sempre in relazione all’art. 6 CEDU (con riferimento al contenzioso sui tributi armonizzati).

3.14 Non resta, quindi, che affermare il seguente principio di diritto: “Nel processo tributario, il termine di trenta giorni per la costituzione in giudizio del ricorrente e dell’appellante, che si avvalga per la notificazione del servizio postale universale, decorre non dalla data della spedizione diretta del ricorso a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, ma dal giorno della ricezione del plico da parte del destinatario (o dall’evento che la legge considera equipollente alla ricezione)”.

4. Il secondo interrogativo rimesso alle sezioni unite riguarda la rilevanza o meno, ai fini della ritualità della costituzione del ricorrente nel processo tributario, dell’omesso tempestivo deposito della ricevuta di spedizione postale diretta del ricorso quando risulti in atti l’avviso di ricevimento del relativo plico raccomandato.

4.1. Secondo un primo indirizzo – in cui si annoverano le pronunce della quinta sezione nn. 24182 del 2006, 1025 del 2008, 7373-866410312 del 2011, 20787 del 2013, 23234 del 2014, oltre a quelle dell’omologa articolazione della sesta sezione nn. 12932 e 18121 del 2015 – la rituale costituzione in giudizio del ricorrente richiede il deposito nella segreteria della commissione tributaria adita, dell’originale del ricorso notificato o di copia dello stesso spedito per posta, unitamente a copia della ricevuta di spedizione per raccomandata a mezzo del servizio postale. In difetto il ricorso sarebbe inammissibile nè esso sarebbe sanabile per via della costituzione del convenuto. Tale orientamento è seguito da numerose decisioni della quinta sezione (es. sent. nn. 24182 del 2006; 1025 del 2008; 7373-8664-10312 del 2011; 20787 del 2013; 23234 del 2014) e dell’omologa articolazione della sesta sezione (es. ord. nn. 1293218121 del 2015). Tanto veniva richiamato anche nella pronunzia n. 12932 del 2015, che a sua volta richiamava la decisione n. 20786 del 2014.

Nell’indirizzo in esame viene, talvolta, in rilievo la considerazione che la disciplina relativa alla raccomandata con avviso di ricevimento, mediante la quale può essere effettuata la notifica senza intermediazione dell’ufficiale giudiziario, è quella dettata dalle disposizioni concernenti il servizio postale ordinario per la consegna dei plichi raccomandati, e non dalla L. 20 novembre 1982, n. 890 regolante le notificazioni degli atti giudiziari a mezzo del servizio postale. Pertanto sarebbe priva di alcun valore probatorio la data di spedizione della raccomandata risultante dall’avviso di ricevimento in quanto priva di fede privilegiata e non accompagnata da alcuna attestazione da parte dell’ufficiale postale, in quanto l’apposizione di alcune indicazioni non sarebbe riconducibile all’agente postale, visto che la disciplina settoriale prescrive che gli avvisi di ricevimento siano predisposti dagli interessati.

4.2 Secondo un altro indirizzo il deposito, all’atto della costituzione, della ricevuta di spedizione è surrogabile mediante il deposito, sempre all’atto della costituzione, della ricevuta di ritorno, atteso che anche l’avviso di ricevimento del plico raccomandato riporta la data della spedizione, per cui il relativo deposito deve ritenersi perfettamente idoneo ad assolvere la funzione probatoria che la norma assegna all’incombente. Si osserva, inoltre, che l’avviso di ricevimento del plico costituisce, pur sempre, atto pubblico ai sensi dell’art. 2699 cod. civ.. Pertanto le indicazioni in esso contenute godono della stessa fede privilegiata di quelle relative alla procedura di notificazione a mezzo posta eseguita per il tramite dell’ufficiale giudiziario. Ne deriva che la presenza o meno in atti della ricevuta di spedizione postale del ricorso è processualmente ininfluente ove sia comunque prodotto tempestivamente l’avviso di ricevimento del plico. Tale orientamento ribadito dalle recentissime decisioni n. 19138 e n. 27286 del 2016 è seguito da numerose decisioni della quinta sezione (es. sent. nn. 4615 del 2008; 27991 del 2011; 23593 del 2012; 7645 del 2014; 5376 del 2015) e dell’omologa articolazione della sesta sezione.

5. Sul piano normativo, va premesso che il D.P.R. 12 gennaio 2007, n. 18 dà piena ed intera esecuzione alla novellata Convenzione postale universale che, all’art. 13, prevede il “servizio di raccomandata” e quello supplementare di “avviso di ricevimento per gli invii della posta-lettere raccomandati o a consegna attestata”.

Indi il D.Lgs. 22 luglio 1999, n.261 chiarisce che s’intende per “invio raccomandato (il) servizio che consiste nel garantire forfettariamente contro i rischi di smarrimento, furto o danneggiamento e che fornisce al mittente una prova dell’avvenuto deposito dell’invio postale e, a sua richiesta, della consegna al destinatario” (art. 1). Precisa che “le persone addette ai servizi postali (…) sono considerate incaricate di pubblico servizio in conformità all’articolo 358 del codice penale” (art. 18). Stabilisce al fornitore del servizio universale sono riservati “gli invii raccomandati attinenti alle procedure amministrative e giudiziarie” (art. 4).

Il Codice postale (D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156), all’art. 37 prevede: “I mittenti di oggetti raccomandati (…) possono ottenere un avviso di ricevimento mediante il pagamento della relativa tassa”. Indi all’art. 12 (nel testo vigente dal 16 settembre 2003) fissa la regola che “le persone addette ai servizi postali (…) sono considerate pubblici ufficiali od incaricati di pubblico servizio, secondo la natura delle funzioni loro affidate, in conformità degli artt. 357 e 358 cod. pen.”.

Il Regolamento postale (D.P.R. 29 maggio 1982, n. 655), all’art. 6 stabilisce: “Gli avvisi di ricevimento, di cui all’art. 37 del codice postale, sono forniti gratuitamente dagli uffici postali e sono predisposti dagli interessati”. Inoltre, all’art. 7, precisa: “L’avviso di ricevimento è avviato insieme con l’oggetto cui si riferisce”. Infine, all’art. 8, prescrive: “L’agente postale che consegna un oggetto con avviso di ricevimento fa firmare quest’ultimo dal destinatario; se il destinatario rifiuta di firmare, è sufficiente, ai fini della prova dell’avvenuta consegna, che l’agente postale apponga sull’avviso stesso la relativa dichiarazione”.

5.1 Le Condizioni generali del servizio postale di cui al D.M. 9 aprile 2001, all’art. 14, affermano che “posta raccomandata è il servizio che fornisce al mittente una ricevuta come prova dell’avvenuta spedizione e consente di verificare il percorso dell’invio”. Inoltre, all’art. 17, stabiliscono che “Il mittente di invii di posta raccomandata o assicurata può chiedere che gli venga inviata conferma dell’avvenuto recapito, con avviso di ricevimento ordinario o prioritario o altro strumento, anche telematico, dietro pagamento della tariffa corrispondente allo strumento prescelto”. Infine, all’art. 33 prescrivono che “il destinatario di un invio a firma con avviso di ricevimento deve sottoscrivere anche l’avviso” e che “se la sottoscrizione è rifiutata, la prova della consegna è fornita dall’operatore postale, quale incaricato di pubblico servizio”.

Successivamente, le Condizioni generali del servizio postale di cui al D.M. n. 33894 del 2008, all’art. 2, definiscono “la posta raccomandata come servizio per la spedizione di invii di corrispondenza verso qualsiasi località del territorio nazionale ed estero che fornisce al mittente la ricevuta come prova dell’avvenuta spedizione e consente di verificare lo stato di lavorazione e la percorrenza, anche in corso, dell’invio”; indi precisano che “Su richiesta del mittente Poste Italiane fornisce i servizi accessori di cui all’art. 5”. Tra questi v’è l’avviso di ricevimento, cioè “la ricevuta che, compilata dal mittente all’atto della spedizione e firmata dal destinatario all’atto della consegna, viene recapitata al mittente ai fini della conferma dell’avvenuta consegna”.

All’art. 10 le stesse Condizioni generali indicano nel dettaglio: “Ai fini dell’accettazione degli invii postali presso i punti di accesso alla rete postale è necessario che il mittente indichi in modo chiaro e completo l’indirizzo del destinatario, e precisamente: nome e cognome, via, piazza o altro; numero civico (scala ove necessario per l’individuazione del punto di recapito); località e codice di avviamento postale esatto. Qualora l’indirizzo non sia completo ed esatto, Poste Italiane non garantisce la corretta esecuzione del recapito. Il mittente confeziona gli invii postali con modalità idonee in rapporto al peso e al contenuto e comunque in modo da evitare qualunque rischio di danni a persone o cose. Le modalità di confezionamento degli invii postali sono opportunamente pubblicizzate da Poste Italiane. Per alcuni servizi è previsto l’utilizzo di specifici moduli di accettazione”.

Poi all’art. 20, per invii a firma ivi compresi gli invii raccomandati, le medesime Condizioni generali stabiliscono: “Il recapito è effettuato tramite consegna al destinatario o ad altra persona individuata ai sensi degli artt. 26, 27, 28, e 29, previa firma per ricevuta. In caso di impedimento alla firma da parte del destinatario, l’attestazione dell’avvenuta consegna è fornita dall’addetto al recapito in qualità di incaricato di pubblico servizio. Il destinatario di un invio a firma con avviso di ricevimento deve sottoscrivere anche l’avviso. Se la sottoscrizione è rifiutata, la prova della consegna è fornita dall’addetto al recapito, quale incaricato di pubblico servizio. Analogamente, la prova della consegna è fornita dall’addetto al recapito nel caso di invii multipli diretti allo stesso destinatario, per i quali la sottoscrizione di ciascun avviso di ricevimento contestualmente alla consegna risulti eccessivamente onerosa”.

5.2. Da ultimo, giusta delibera dell’AGCOM n. 385/13/CONS del 20 giugno 2013 (G.U. n. 165 del 16 luglio 2013), sono entrate in vigore le più recenti Condizioni generali di servizio per l’espletamento del servizio universale postale di Poste Italiane. L’art. 2 stabilisce la posta raccomandata è il servizio per la spedizione di invii di corrispondenza verso qualsiasi località del territorio nazionale ed estero che fornisce al mittente la ricevuta come prova dell’avvenuta spedizione e consente di verificare lo stato di lavorazione e la percorrenza, anche in corso, dell’invio. Aggiunge che, su richiesta del mittente, Poste Italiane fornisce i servizi accessori di cui all’art. 5. Tra questi è contemplato l’avviso di ricevimento, ovverosia “la ricevuta che, compilata dal mittente all’atto della spedizione e firmata dal destinatario all’atto della consegna, viene recapitata al mittente ai fini della conferma dell’avvenuta consegna”. L’art. 10 precisa: “Ai fini dell’accettazione degli invii postali presso i punti di accesso alla rete postale è necessario che il mittente indichi in modo chiaro e completo l’indirizzo del destinatario, e precisamente: nome e cognome, via, piazza o altro; numero civico (scala ove necessario per l’individuazione del punto di recapito); località e codice di avviamento postale esatto”. L’art. 16 stabilisce che l’accettazione può avvenire “senza materiale affrancatura mediante apposizione di codice identificativo dello specifico rapporto contrattuale”.

5.3 Le disposizioni normative e le varie condizioni generali che disciplinano la posta raccomandata non indicano espressamente da chi e come debba essere compilata quella parte dell’avviso di ricevimento contenente il numero, il giorno e l’ufficio di spedizione del plico, dati che, invece, nel modulo per l’accettazione della raccomandata sono inequivocabilmente riservati all’ufficio postale di partenza.

Però l’art. 10 delle Condizioni generali, nelle ultime versioni, afferma che “ai fini dell’accettazione degli invii postali presso i punti di accesso alla rete postale è necessario che il mittente indichi in modo chiaro e completo l’indirizzo del destinatario”. Ciò costituisce un indubbio indice rivelatore del fatto che, laddove l’art. 5 delle stesse Condizioni parla di “ricevuta (…) compilata dal mittente all’atto della spedizione”, non si può che riferire alle indicazioni d’indirizzo necessarie “ai fini dell’accettazione degli invii postali presso i punti di accesso alla rete postale”, in disparte l’apposizione di codice identificativo dello specifico rapporto contrattuale a mente dell’art. 16. Il che trova concreto e obiettivo riscontro nella prassi operativa del fornitore del servizio postale universale (Poste Italiane) che individua sul retro dell’avviso di ricevimento (mod. 23-I/O, ed. 2015) e con la dicitura “compilazione a cura del mittente” i campi rimessi all’iniziativa di quest’ultimo, cioè i servizi richiesti e l’indirizzo del destinatario, e non – come del resto è fin troppo ovvio – i campi relativi a numero, data e ufficio di spedizione.

Ne deriva che l’agente postale addetto al recapito non si limita a certificare la consegna al destinatario di un plico qualsiasi ma proprio di quel plico che reca lo stesso numero e la stessa data di spedizione indicati nell’avviso di ricevimento e questo, in tanto risponde al servizio supplementare previsto dalla Convenzione postale universale per gli invii raccomandati o a consegna attestata, in quanto vi sia garanzia di conformità tra gli estremi che identificano la spedizione nella ricevuta postale e nell’avviso di ricevimento.

5.4 La giurisprudenza in materia di formalità postali è nel senso che bollettini di spedizione e registri di raccomandate e pacchi in contrassegno costituiscono atti pubblici poichè attestano l’attività svolta dall’impiegato postale (Cass. pen., 29.11.1983-21.3.1984, n.2572, Vicinanza, Rv. 163258), il quale riveste compiti pubblicistici. In particolare, il bollettino di spedizione della raccomandata è ritenuto atto pubblico anche per la parte riservata all’utente del servizio, giacchè ha efficacia documentale in ordine alla relazione intercorrente tra mittente e ufficio postale e tra questi e il destinatario del plico, nonchè riguardo all’attività compiuta dal pubblico ufficiale accettante nell’esercizio della sua funzione (Cass. pen., 25.5-3.7.1976, n.7563, Cantarella, Rv.136929; conf. 9.2-3.7.1989, n.9076, Simoncini, Rv. 181710; v. sulla ricevuta postale quale atto pubblico Cass. n. 359 del 2002). Pure il registro della corrispondenza raccomandata in arrivo è considerato atto pubblico, essendo destinato a provare la consegna dei plichi ai destinatari nonchè l’apposizione delle firme da parte loro in presenza del pubblico ufficiale (Cass. pen., 2-27.4.1981, n.3866, Annarumi, Rv. 148563), al pari dell’avviso di ricevimento (Cass. pen., 23.1-7.2.2003, n.6274, PM in proc. Chianese, Rv. 223567).

5.5 Nonostante la trasformazione in società per azioni dell’Ente Poste, permane tuttora in capo all’agente postale l’esercizio di poteri certificativi propriamente inerenti a un pubblico servizio, a ragione della connotazione pubblicistica della disciplina normativa che continua a disciplinarlo e del perseguimento di connesse finalità pubbliche. Infatti prevale, ai fini della qualifica di pubblico ufficiale in capo all’agente, il criterio oggettivo-funzionale di cui agli artt. 357 e 358 cod. pen. in riferimento alla natura del servizio postale esercitato (Cass. pen., 27.3.2003, n. 25509, Rapanà, Rv. 224982; conf. Cass. pen., 14.12.1999, n. 3282, Ferrara).

5.6 Sul versante del contenzioso fiscale, l’art. 16, comma 3, proc. trib. – laddove prevede che le notificazioni possano essere fatte anche direttamente a mezzo del servizio postale, mediante spedizione dell’atto in plico (senza busta) raccomandato con avviso di ricevimento – abilita il notificante alla notificazione in via diretta, cioè senza l’intermediazione dell’ufficiale giudiziario (ma pur sempre con quella dell’ufficiale postale), e, quindi, con modalità semplificate di notificazione, che, data anche la spiccata specificità del processo tributario (cfr. Corte cost., sent. n. 18 del 2000), non violano gli artt. 3 e 24 Cost.. Nella notificazione diretta a mezzo del servizio postale universale l’avviso di ricevimento del plico costituisce di norma atto pubblico ai sensi dell’art. 2699 cod. civ.; pertanto le attestazioni in esso contenute godono della stessa fede privilegiata di quelle relative alla procedura di notificazione a mezzo posta eseguita per il tramite dell’ufficiale giudiziario (Cass. n. 17723 del 2006; conf. n. 20135 del 2014, in motivazione). Ne consegue che, al fine di contestare la veridicità delle attestazioni contenute negli avvisi di ricevimento, vale di norma lo strumento della querela di falso (cfr. Cass. n. 4919 del 1981) e le relative attestazioni possono godere, in tesi generale, di fede privilegiata (Cass. nn. 3065 e 11452 del 2003; 8032 del 2004; 8500 del 2005). Il che, tuttavia, richiede non poche precisazioni ai fini che qui interessano.

5.7 E’ pacifico che il bollettino di spedizione della raccomandata (ora mod. 22-R), oltre alla parte riservata all’utente del servizio (indirizzi del mittente e del destinatario; servizi richiesti), reca un’altra parte riservata all’ufficio postale di partenza contenente il timbro, la data e la firma dell’ufficiale postale all’epoca della lavorazione manuale della corrispondenza e più di recente reca il numero della raccomandata con il codice a barre e la stampigliatura meccanografica dei dati essenziali delle spedizione con giorno, ora, ufficio di partenza, etc.. Questi dati sono attualmente riportati con stampa meccanografica anche sull’avviso di ricevimento (ora mod. 23-I/O), precompilato dal mittente solo con l’indirizzo proprio e con quello del destinatario.

5.8 La stampigliatura con macchina numeratrice e datatrice non fa perdere ai documenti postali in generale la natura di atti pubblici, ancorchè privi della sottoscrizione del pubblico ufficiale che ha presieduto alle operazioni, pur sempre identificabile al pari dell’ufficio emittente (Cass. pen., 19.2-29.4.1985, n.4073, Santin, Rv.18923), poichè sin dai primi anni ‘80 la normativa postale (es. D.P.R. 28 aprile 1981, n. 336, art. 1; R.D. 30 maggio 1940, n. 775, art. 102-bis) si è orientata nel non richiedere più la convalida con bollo e firma per i propri atti automatizzati nei rapporti con l’utenza (Cass. pen., 24.220.4.1988, n.4799, Toffalini, Rv.178183).

Ne deriva che il tracciamento automatizzato con le macchine operatrici assicura la relazione intercorrente tra mittente e ufficio postale e tra questi ed il destinatario del plico, garantendo l’identità dei dati relativi a giorno e modi di spedizione tanto sul modulo per l’accettazione della raccomandata quanto sull’avviso di ricevimento, entrambi sempre generati dal sistema operativo di Poste Italiane.

5.9 In epoca più risalente e, comunque, laddove non vi sia, per qualsivoglia ragione, l’inserimento automatico e meccanografico dei dati di spedizione sull’avviso di ricevimento, resta compito tipico dell’agente postale – per osservare quelle ineludibili esigenze di certezza legale connaturate alla posta raccomandata secondo la normativa nazionale, internazionale e contrattuale – l’annotazione a propria cura o comunque il controllo del numero della raccomandata e della sua data di spedizione. Infatti solo la conformità e la circolarità dei rispettivi dati identificativi consente di collegare tra loro il modulo per l’accettazione della raccomandata, il plico postale e l’avviso di ricevimento. Dunque, ove su quest’ultimo sia apposto dall’agente postale almeno il timbro a secco dell’ufficio accettante, la data ivi stampigliata attesta il giorno di spedizione perchè la timbratura eseguita in un pubblico ufficio postale equivale ad attestazione autentica che il documento è stato inviato nel medesimo giorno in cui la timbratura è stata eseguita (Cass. n.17335 del 2015; conf. n.8438 del 2012).

La giurisprudenza chiarisce, sul punto, che la veridicità dell’apposizione della data mediante il timbro postale a calendario è presidiata dal reato di falso ideologico in atto pubblico, poichè si riferisce all’attestazione di attività compiute dal pubblico agente nell’esercizio delle sue funzioni in relazioni alla ricezione (Cass. pen., 14.4.1994 – Cass. pen. 1996, 93, s.m.). Infatti, riguardo al timbro postale mancante di firma si ritiene che si ha atto pubblico in senso tecnico giuridico pur in difetto di sottoscrizione dell’atto stesso, esistendo la possibilità d’identificarne la provenienza e non richiedendone la legge la sottoscrizione ad substantiam (Cass. pen., 10.1. 1989 – Cass. pen. 1991, I, 418, s.m.; conf. 1.3.1985 – Cass. pen. 1986, 1083, s.m.; 27.5.1982 – Cass. pen. 1983, 1980, s.m.; v. sull’accettazione del plico Cass. pen., 27.1.1987 – Cass. pen. 1988, 826, s.m.).

5.10 Si è pure ritenuto che, ai fini del processo tributario, la data di presentazione delle raccomandate, consegnate all’ufficio postale, risultante dalla copia dell’elenco delle raccomandate consegnate per la spedizione alle poste italiane, che annovera il codice a barre identificativo e che reca il timbro postale, è certa e validamente attestata, risultando da atto equipollente a quelli pure contenenti lo stesso timbro, sia che questo sia stato apposto sul piego postale, sia che lo sia stato sulla busta della raccomandata, secondo una prassi adottata dagli uffici postali, di notoria conoscenza, e riconducibile ad una nozione costituzionalmente adeguata delle dette disposizioni, anche in rispondenza della nozione ristretta delle inammissibilità processuali, posta a cardine interpretativo del contenzioso fiscale dalla Corte costituzionale (Cass. n.24568 del 2014; conf. n.7312 del 2006).

5.11 In conclusione, ove sull’avviso di ricevimento manchino in tutto in parte – ovvero siano d’incerta paternità – i dati alfanumerici sulla data e l’ufficio postale di accettazione, essi sono surrogati, con efficacia di atto pubblico anche in difetto di sottoscrizione, dal timbro datario dell’ufficio postale di partenza che attesti l’avvenuta consegna per l’inoltro in forme e modi equipollenti a quelli della ricevuta di spedizione.

5.12 Diverso e più complesso è il caso in cui numero, data e ufficio postale di accettazione non siano riportati con stampigliatura meccanografica dall’ufficio postale ovvero i dati alfanumerici sulla data e l’ufficio di accettazione non siano asseverati da timbro postale ma siano semplicemente manoscritti o comunemente dattiloscritti.

Come si è visto, il numero della raccomandata non può che essere verificato e/o attribuito dall’agente postale al momento della accettazione del plico, dovendosi documentare con certezza legale la relazione intercorrente tra mittente e ufficio postale e tra questi ed il destinatario del plico, nonchè l’attività compiuta dall’impiegato accettante nell’esercizio della sua funzione in giorno e ufficio ben definiti. Il che, inserendosi in una precisa sequenza procedimentale diretta a documentare le attività compiute in relazione alla accettazione del plico da spedire, assume sì le connotazioni dell’atto pubblico in senso tecnico giuridico pur in difetto di sottoscrizione (cfr. in gen. Cass. pen., 7.6-14.8.2001, n. 31696, Sevi A., Rv. 220027), però solo laddove esista la concreta possibilità d’identificare sull’avviso di ricevimento la certa provenienza delle attestazioni su giorno e numero della raccomandata (oltre che sull’ufficio postale accettante).

5.13 E’ vero che, secondo il Regolamento postale, l’avviso di ricevimento è avviato insieme all’oggetto cui si riferisce (art. 7) e che l’agente che consegna un plico con avviso di ricevimento fa firmare quest’ultimo dal destinatario (art. 8, comma 1), provvedendo a rispedire subito all’interessato la ricevuta così completata (art. 8, comma 2). Però ciò comporta unicamente che, in mancanza di tracciamento meccanografico automatizzato e/o di timbratura di asseveramento, le indicazioni su data, ufficio e numero di spedizione che siano manoscritte o comunemente dattiloscritte sull’avviso potrebbero essere valutate sul piano indiziario.

Ma un riscontro di tal genere non è sufficiente riguardo alle notifiche processuali che, incidendo su interessi di rango costituzionale (artt. 24 e 111 Cost.), necessitano di quella certezza pubblica che è propria degli atti fidefacenti e non altrimenti surrogabili (Cass. n. 25285 del 2014, n. 19387 del 2012). A maggior ragione ciò vale allorquando l’avviso di ricevimento sia chiamato a supplire la mancanza in atti della prescritta ricevuta postale di spedizione dell’atto introduttivo dei vari gradi del processo tributario di merito, ferma restando, però, la c.d. “prova di resistenza” se la data di ricezione del ricorso, essendo asseverata dall’agente postale addetto al recapito in giorno anteriore alla scadenza del termine per impugnare l’atto o appellare la sentenza, dia obiettiva certezza pubblica della tempestiva consegna del plico all’ufficio postale da parte del notificante per l’inoltro al destinatario.

5.14 Tirando le fila del discorso sin qui condotto può essere enunciato il seguente principio di diritto:

“Nel processo tributario, non costituisce motivo d’inammissibilità del ricorso o dell’appello, che sia stato notificato direttamente a mezzo del servizio postale universale, il fatto che il ricorrente o l’appellante, al momento della costituzione entro il termine di trenta giorni dalla ricezione della raccomandata da parte del destinatario, depositi l’avviso di ricevimento del plico e non la ricevuta di spedizione, purchè nell’avviso di ricevimento medesimo la data di spedizione sia asseverata dall’ufficio postale con stampigliatura meccanografica ovvero con proprio timbro datario; solo in tal caso l’avviso di ricevimento è idoneo ad assolvere la medesima funzione probatoria che la legge assegna alla ricevuta di spedizione, laddove, in mancanza, la non idoneità della mera scritturazione manuale o comunemente dattilografica della data di spedizione sull’avviso di ricevimento può essere superata, ai fini della tempestività della notifica del ricorso o dell’appello, unicamente se la ricezione del plico sia certificata dall’agente postale come avvenuta entro il termine di decadenza per l’impugnazione dell’atto o della sentenza”.

6. Riguardo alla specifica fattispecie in esame e in applicazione dei principi di diritto enunciati sub p. 3.14 e p. 5.14, si devono trarre le seguenti conclusioni finali:

a) La costituzione della parte appellante, in data 24 maggio 2011, è sicuramente tempestiva perchè il relativo termine di trenta giorni decorre dalla ricezione in data 26 aprile 2011 delle raccomandate contenenti gli appelli poi riuniti;

b) Gli avvisi di ricevimento, recanti data di spedizione (22 aprile 2011) semplicemente manoscritta e non asseverata dall’ufficio postale, sarebbero di per se stessi non idonei ad assolvere la medesima funzione probatoria, ai fini del riscontro della tempestività degli appelli, che la legge assegna alle ricevute di spedizione non prodotte dal fisco;

c) La tempestività degli appelli riuniti, tuttavia, non può venire in discussione attesa la evidente e documentata ricezione delle raccomandate il 26 giugno 2011, ovverosia entro il termine lungo del novellato art. 327 cod. proc. civ. (applicabile ratione temporis trattandosi giudizio introdotto dopo il 4 luglio 2009), a decorrere dalle sentenze di primo grado del 13 gennaio 2011.

d) Il ricorso per cassazione contro la sentenza d’inammissibilità degli appelli riuniti deve, pertanto, essere accolto con consequenziale rilevazione officiosa del difetto di litisconsorzio tributario nei confronti del socio accomandatario S.E.;

e) La sentenza d’appello deve, quindi, essere cassata anche con declaratoria di nullità dei giudizi di primo grado e rinvio dinanzi alla commissione tributaria provinciale di Cosenza cui è demandata anche la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione; cassa la sentenza d’appello; dichiara la nullità dei giudizi di primo grado; rinvia alla commissione tributaria provinciale di Cosenza in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Conclusione
Così deciso in Roma, il 21 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 29 maggio 2017


Statali: visite fiscali, licenziamenti, assunzioni e premi. Ecco cosa cambia

Il Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva il Testo Unico del Pubblico Impiego e il provvedimento sui premi di produttività, gli ultimi due decreti attuativi della riforma della Pubblica Amministrazione targata Marianna Madia.
Sono molti i cambiamenti che entreranno in vigore nel prossimo futuro grazie a misure riguardanti l’assunzione dei precari, i licenziamenti, le visite fiscali ecc. Ecco una breve guida alle principali novità.
LICENZIAMENTI
I dipendenti statali potranno essere licenziati se violeranno in modo “grave e reiterato” i codici di comportamento. Non solo: il licenziamento scatterà anche per uno scarso rendimento causato da ripetute violazione degli obblighi per i quali sono già state ricevute delle sanzioni o se riceveranno “valutazioni negative” per tre anni consecutivi.
In generale, il nuovo codice disciplinare prevede 10 casistiche valide per il licenziamento (prima erano sei). Accanto a quelle sopra indicate figurano infatti le celeberrime norme sui furbetti del cartellino, le assenze ingiustificate, le false dichiarazioni volte ad ottenere posti e promozioni.
VISITE FISCALI
A decorrere dal prossimo 1°settembre, le visite fiscali degli statali passeranno in capo all’INPS. La materia sarà disciplinata da una nuova convenzione e da un decreto tramite il quale gli orari di reperibilità dei dipendenti pubblici verranno allineati a quelli in vigore per i dipendenti privati. I lavoratori dovranno dunque essere reperibili sette giorni su sette, dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19.
ASSUNZIONI PRECARI
I precari potranno essere finalmente stabilizzati. In base a quanto previsto, i lavoratori che hanno svolto negli ultimi otto anni almeno tre anni di attività, anche in più di un’amministrazione, potranno finalmente essere assunti all’interno del piano assunzioni 2018-2020.
Il requisito dei tre anni potrà essere maturato entro il 31 dicembre 2017. L’assunzione potrà essere diretta per coloro che hanno partecipato a un concorso, arriverà invece tramite bando per tutti gli altri, che però potranno contare su una riserva della metà dei posti messi a concorso.
PREMI DI PRODUTTIVITÀ
Le tre fasce di produttività fissate dalla legge Brunetta per ottenere i premi vanno in pensione senza mai essere state applicate. In base alle nuove regole arriverà la “valutazione della performance” dell’intero ufficio in termini di servizi resi. Parametri e obiettivi verranno fissati dalla contrattazione.
CONTRATTI, VIA LIBERA AL RINNOVO
“Ora abbiamo le carte in regola da punto di vista normativo” per “riaprire la stagione contrattuale”, annuncia infine il ministro. “I due decreti approvati mi consentiranno di dare la direttiva all’Aran”.


Giornata di Studio in house Verdellino (BG) – 26.05.2017

Locandina Verdellino 2017LA NOTIFICA ON LINE

Venerdì 26 maggio 2017

Giornata di Studio in house

Comune di Verdellino (BG)

Sala del Consiglio Comunale
Piazza Martinelli 1
Orario: 9:00 – 13:00 e 14:00 – 17:00

in collaborazione con il Comune di Verdellino (BG)

Docente:

Asirelli Corrado 4Asirelli Corrado

Coord. Messi Comunali del Comune di Cesena FC

Membro della Giunta Esecutiva  di A.N.N.A.

Membro della Commissione Normativa di A.N.N.A.

Programma:

Il Messo Comunale

Obblighi e competenze e responsabilità

Il procedimento di notificazione

  • Art. 137 c.p.c.: norme introduttive sulla notificazione degli atti
  • Art. 138 c.p.c.: notificazione in mani proprie
  • Art. 139 c.p.c.: notificazione nella residenza, dimora e domicilio

· Concetto di dimora, residenza e domicilio

  • Art. 140 c.p.c. Notifica agli irreperibili relativi
  • La sentenza della Corte Costituzionale n. 3/2010
  • Art. 141 c.p.c. Notificazione presso il domiciliatario
  • Art. 142 c.p.c. Notificazione a persone non residenti non dimoranti non domiciliate nella Repubblica
  • Art. 143 c.p.c. Notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti
  • Art. 145 c.p.c. Notificazione alle persone giuridiche

La notificazione a mezzo posta tradizionale

  • Ambito di applicazione della L. 890/1982
  • Attività  del Messo Comunale e attività  dell’Ufficiale Postale

Le notifiche degli atti pervenuti tramite P.E.C.

  • Art. 137, 3° comma, c.p.c.: problemi applicativi

La notificazione a mezzo posta elettronica

  • Art. 48 D.Lgs 82/2005 (Codice dell’Amministrazione Digitale)
  • La PEC
  • La firma digitale
  • La notificazione a mezzo posta elettronica
  • Art. 149 bis c.p.c.
  • Le nuove disposizioni del C.A.D.
  • La PEC come strumento esclusivo di comunicazione e notifica della P.A..

La notificazione degli atti tributari

  • Il D.P.R. 600/1973
  • Art. 60 del D.P.R. 600/1973
  • L’Art. 65 del D.P.R. 600/1973 (Eredi)
  • Le notifiche ai soggetti A.I.R.E.
  • L’Art. 26 del D.P.R. 602/1973 e sentenza della Corte Costituzionale 258/2012

Casa Comunale

  • La consegna degli atti presso la Casa Comunale (al destinatario ed a persone delegate)

Cenni sull’Albo on Line

  • Le raccomandazioni del Garante della privacy
  • Il diritto all’oblio

Risposte a quesiti

 Gli argomenti trattati si intendono aggiornati con le ultime novità  normative e giurisprudenziali in materia di notificazioni

L’Associazione provvederà  ad effettuare l’esame di idoneità  per le persone che verranno indicate dall’Amm.ne, al fine del conseguimento della nomina a Messo Notificatore previsto dalla legge finanziaria del 2007  (L. 296/2006, Art. 1, comma 158 e ss.)

Vedi: Attività  formativa 2017

VediDepliant Giornata di Studio aggiornamento Verdellino 2017

Vedi: Immagini della Giornata di Studio

Vedi: Video della Giornata di Studio

Scarica: Autocertificazioni fiscali 2017
  1. Dichiarazione DURC
  2. Dichiarazione sulla tracciabilità  dei pagamenti, L. 136/2010
  3. Dichiarazione sostitutiva del certificato generale del casellario giudiziale e dei carichi pendenti
  4. Dichiarazione relativa alla fase di liquidazione delle fatture di competenza
  5. Dichiarazione insussistenza motivi di esclusione a contrattare con la Pubblica Amministrazione
  6. Documento d’Identità  personale del Legale Rappresentante di A.N.N.A.

Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., (ud. 22-02-2017) 02-05-2017, n. 10647

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21821-2015 proposto da:

P.B. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 268/A, presso lo studio dell’avvocato GIORGIO ANTONINI, rappresentato e difeso dall’avvocato PIERGIOVANNI ALLEVA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

TRENITALIA S.P.A. SOCIETA’ CON SOCIO UNICO, SOGGETTA ALL’ATTIVITA’ DI DIREZIONE E COORDINAMENTO DI FERROVIE DELLO STATO ITALIANE S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, L.G. FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato ENZO MORRICO, che la rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5837/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 05/09/2014 r.g.n 10279/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/02/2017 dal Consigliere Dott. CINQUE GUGLIELMO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE ALBERTO, che ha concluso per l’inammissibilità o in subordine rigetto;

udito l’Avvocato GIORGIO ANTONINI per delega verbale Avvocato PIERGIOVANNI ALLEVA;

udito l’Avvocato GAETANO GIANNI’ per delega verbale Avvocato ENZO MORRICO.

Svolgimento del processo
1. Con la sentenza n. 5837/2014 la Corte di appello di Roma ha confermato la pronuncia depositata il 21.11.2009 dal Tribunale di Roma con la quale era stata respinta la domanda, proposta da P.B., volta ad ottenere l’annullamento del licenziamento disciplinare per giusta causa, intimatogli con lettera dell’11.12.2007, per avere, in seguito all’infortunio sul lavoro patito in data (OMISSIS), ove aveva riportato una distorsione della caviglia destra, partecipato a due partite calcistiche del “campionato Amatori” della Provincia di Torino il 22.10.2007 ed il 30.10.2007, pregiudicato con tale comportamento la guarigione.

2. A fondamento della decisione la Corte territoriale ha rilevato che: a) con la lettera di giustificazione nell’ambito del procedimento, il lavoratore implicitamente aveva ammesso la partecipazione ad entrambe le partite; b) si trattava di una confessione stragiudiziale per cui correttamente erano state respinte le richieste istruttorie tendenti a dimostrare la partecipazione solo alla gara del 30.10.2007; c) la circostanza circa il suggerimento, da parte di un sindacalista della CISL, della dichiarazione del 30.11.2007 era una allegazione nuova e, pertanto, inammissibile; d) analogamente non era ammissibile nè rilevante la produzione delle copie dei verbali del procedimento penale stante l’autonomia, più volte affermata in giurisprudenza, tra i due giudizi; e) la partecipazione a due gare calcistiche, anche ove fosse stata dimostrata la limitatezza della presenza in campo, durante la malattia per distorsione della caviglia era tale da comportare il pericolo, secondo una prognosi ex ante, di aggravamento dei postumi della malattia in considerazione dello sport praticato (calcio); f) era, quindi, ravvisabile una condotta gravemente lesiva del legame fiduciario con l’azienda.

3. Per la cassazione propone ricorso P.B. affidato a tre motivi.

4. Resiste con controricorso la Trenitalia spa.

5. Sono state depositate le memorie ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione
1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 421 c.p.c. ed error in procedendo in ordine al mancato esperimento della prova richiesta sulla non partecipazione alla partita di calcio del 22.10.2007.

2. Con il secondo motivo si censura la violazione e falsa applicazione della normativa contrattuale collettiva (art. 55 CCNL) riguardante le sanzioni massime applicabili per simulazione dello stato di malattia o di inidoneità fisica al lavoro. Si sostiene che l’art. 55, lett. b, del CCNL del 16.4.2003 prevedeva la sanzione del licenziamento per la simulazione originaria della malattia, quando si trattava non della prima infrazione; tale sanzione non poteva essere irrogata anche nella ipotesi minore della simulazione sopravvenuta dello stato di malattia in cui rientrava la fattispecie contestata.

3. Con il terzo motivo P.B. si duole del mancato esame di un punto decisivo della controversia consistente nella effettività, giudicata ex ante, dell’eventuale messa in pericolo dello stato di salute del lavoratore in vista della ripresa lavorativa obiettando che alcuna conseguenza negativa era discesa dalla partecipazione per un limitato tempo alla partita del 30.10.2007 e che la sua partecipazione, a detta partita, era stata autorizzata da due medici specializzati della medicina sportiva previa sottoposizione ad un bendaggio rigido di protezione dal pericolo di ricadute.

4. Il primo motivo non è fondato.

5. Il mancato esercizio dei poteri istruttori del giudice (previsti nel rito del lavoro dagli artt. 421 e 437 c.p.c.) anche in difetto di espressa motivazione sul punto non è sindacabile in sede di legittimità se non si traduce in un vizio di logicità della sentenza (cfr. tra le altre Cass. 16.5.2002 n. 7119).

6. Tale illogicità non è ravvisabile nella gravata sentenza perchè, in relazione alla partecipazione di P.B. alla partita di calcio del 22.10.2007, non vi erano risultanze processuali da integrare in quanto gli elementi acquisiti (giustificazioni del dipendente rese nel corso del procedimento disciplinare ove si ammetteva la partecipazione alla gara nonchè l’articolo del giornale (OMISSIS), che confermava il P. tra coloro che erano scesi in campo con la squadra Veterani Chivasso nella partita del 22.10.2007) erano tali da rendere certo il quadro probatorio senza necessità di un ulteriore approfondimento istruttorio.

7. Il secondo motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.

8. E’ inammissibile, per violazione del principio di specificità (art. 366, comma 1, n. 6) perchè, non avendo riportato nel ricorso la trascrizione della parte dell’art. 55 CCNL richiamato nella censura, si costringe, in pratica, il giudice di legittimità ad una ulteriore attività di esame degli atti processuali che non può essere supplita per evitare il rischio di un soggettivismo interpretativo da parte del giudice stesso nell’individuazione delle parti della disposizione che siano rilevanti in relazione alla formulazione della censura.

9. E’ infondato perchè la contestazione disciplinare non riguardava la simulazione dello stato di malattia, bensì lo svolgimento di attività in contrasto con lo stato di infortunio: e tale attività, con motivazione congrua, logica e corretta giuridicamente, è stata ritenuta, dai giudici di secondo grado, una condotta in grado di minare alle fondamenta il rapporto fiduciario tra datrice e lavoratore e tale da non consentire la prosecuzione, nemmeno provvisoria, del rapporto di lavoro.

10. La valutazione disciplinare è stata, pertanto, effettuata sulla base della nozione legale della giusta causa di licenziamento ex art. 2119 c.c., e non sulla base delle ipotesi elencate nella contrattazione collettiva, non pertinenti al caso concreto, e conseguentemente l’esame di adeguatezza della sanzione espulsiva irrogata è stata realizzata rispetto a quanto contestato (in termini Cass. 22.12.2006 n. 27464; Cass. 14.2.2005 n. 2906).

11. Nè del resto il giudice deve limitarsi a ricondurre quanto addebitato alle singole fattispecie previste dalla contrattazione collettiva ma deve valutare i fatti nel loro insieme onde verificare se siano tali da minare la fiducia del datore di lavoro (in questi sensi cfr. Cass. 23.3.2006 n. 6454).

12. Il terzo motivo è inammissibile risolvendosi la doglianza in un riesame dei fatti e non nel mancato esame di essi perchè, nella fattispecie concreta, la Corte territoriale ha motivato sull’accertamento in fatto relativo all’aggravamento dei postumi della distorsione della caviglia in ragione della condotta tenuta dal P. durante il periodo di assenza dal servizio.

13. Giova specificare che, nel caso di specie, è applicabile il novellato testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (sentenza depositata il 5.9.2014) che consente il sindacato sulla motivazione limitatamente alla rilevazione dell’omesso esame di un fatto decisivo e discusso tra le parti, mentre, come detto, il fatto denunziato è stato comunque valutato dai giudici di secondo grado.

14. In conclusione, il ricorso deve essere respinto.

15. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.

P.Q.M.
rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 22 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 2 maggio 2017


Circolare 001/2017: La notificazione dell’ingiunzione fiscale

CircolareANNA1

Validità  della notificazione a mezzo posta o a mezzo di Messo Notificatore (legge 296/2006) o di Messo Comunale e relativi problemi applicativi.

Leggi: Circolare 2017-001 La notificazione dell’ingiunzione fiscale


Riunione Giunta Esecutiva del 06.05.2017

Ai sensi dell’art. 13 dello Statuto, viene convocata la riunione della Giunta Esecutiva che si svolgerà  sabato 6 maggio 2017 alle ore 10:00 presso il Comune di Cesena (FC) Palazzo Municipale Piazza del Popolo 10, in prima convocazione, e alle ore 12:30 in seconda convocazione, per deliberare sul seguente ordine del giorno:

  1. Approvazione quote iscrizione all’Associazione per l’anno 2018;
  2. Varie ed eventuali.

Leggi: Verbale GE 06 05 2017


Determina autorizzazione estrazione ed attestazione di conformità

Scarica: Determina autorizzazione estrazione ed attestazione di conformità


Cass. civ. Sez. VI – 3, Ord., (ud. 12-01-2017) 03-04-2017, n. 8638

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20448/2015 proposto da:

B.G., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA PIO XI 13, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO CROCI, rappresentata e difesa dall’avvocato ROBIRTO TRUSSARDI giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

Contro

GIANFRAMA SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 268-A, presso lo studio dell’avvocato ALESSIO PETRETTI che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLO BONOMI, PAOLO GIUDICI, giusta mandato in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 614/2015 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA del 13/05/2015, depositata il 18/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO DELL’UTRI.

Svolgimento del processo
1. Con sentenza resa in data 18/5/2015, la Corte d’appello di Brescia, in riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato inammissibile l’opposizione tardiva proposta da B.G. avverso un decreto ingiuntivo ottenuto nei relativi confronti dalla società Gia.Fra.Ma. s.r.l..

A sostegno della decisione assunta, la corte d’appello ha rilevato la ritualità dell’originaria notificazione del decreto ingiuntivo operata ai sensi dell’art. 143 c.p.c., dalla società creditrice, avendo ritenuto che l’ufficiale notificante avesse effettivamente eseguito due successivi tentativi di notificazione presso l’indirizzo della destinataria, rimasti infruttuosi; in particolare, essendo risultato, presso il citofono della residenza anagrafica della B., la sola dicitura “Famiglia S.” senza alcun riferimento alla stessa.

2. Avverso la sentenza d’appello, ha proposto ricorso per cassazione B.G., sulla base di due motivi di impugnazione.

3. Resiste con controricorso la Gia.Fra.Ma. s.r.l., che ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità, ovvero per il rigetto del ricorso.

4. A seguito della fissazione della camera di consiglio, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la ricorrente ha presentato memoria.

5. Con nota depositata in data 12/1/2017 il difensore della società intimata ha dichiarato di aver rinunciato al mandato difensivo.

Motivi della decisione
1. Con il primo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 143 e 148 c.p.c., nonchè dell’art. 143 bis c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto la regolarità della notifica ex art. 143 c.p.c., essendo emerso il difetto della normale diligenza richiesta dall’art. 148 c.p.c., ai fini dell’esecuzione della notificazione, avendo l’ufficiale giudiziario trascurato di rilevare come la dicitura “Famiglia S.” sul citofono dell’indirizzo della B. corrispondesse effettivamente alla residenza di quest’ultima, essendo la stessa coniuge del defunto marito di cognome ” S.”.

2. Con il secondo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per omesso esame circa un fatto decisivo controverso (in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.), avendo la corte territoriale omesso di esaminare la decisiva circostanza secondo cui la controparte era perfettamente a conoscenza che la signora B. fosse coniugata ” S.”, in ragione di una serie di processi che, da lungo tempo, avevano interessato le stesse due parti.

3. Il primo motivo è manifestamente fondato e suscettibile di assorbire la rilevanza del secondo.

Osserva il collegio – in dissenso rispetto alla proposta formulata dal relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. – come, nel caso in cui l’ufficiale giudiziario non abbia rinvenuto il destinatario della notificazione nel luogo risultante dal certificato anagrafico in suo possesso, lo stesso è tenuto a svolgere ogni ulteriore ricerca e indagine dandone conto nella relazione di notificazione, dovendo ritenersi, in difetto di notizie su dette ulteriori ricerche, che la notificazione sia nulla, con il conseguente obbligo per il giudice di disporne il rinnovo, con la fissazione di apposito termine perentorio, ai sensi dell’art. 291 c.p.c. (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 2909 del 07/02/2008, Rv. 601331 – 01).

Nella specie, avendo l’ufficiale giudiziario completato la notificazione ai sensi dell’art. 143 c.p.c., limitandosi al riscontro dell’assenza del destinatario nel luogo risultante dal certificato anagrafico senza indicazione di alcuna ulteriore ricerca, dev’essere rilevata la nullità di detta notificazione, con la conseguente cassazione, sul punto, della sentenza impugnata e il rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello di Brescia, cui è altresì rimessa la regolazione delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso e, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, e rinvia ad altra Sezione della Corte d’appello di Brescia, cui rimette per la regolazione delle spese anche del presente giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta – 3 Civile, il 12 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 3 aprile 2017


Pasqua 2017

Pasqua 2017


Cass. civ., Sez. VI – 3, Ord., (data ud. 24/01/2017) 29/03/2017, n. 8150

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14947/2015 proposto da:

V.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SAN TOMMASO D’AQUINO 116 presso lo studio dell’avvocato ANTONINO DIERNA che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

STUDIO GESTIONI IMMOBILIARI S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, P.I. (OMISSIS), in persona del liquidatore elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 38, presso lo studio dell’avvocato ALBERTO DI NATALE che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 24276/2014 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 03/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. LINA RUBINO.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione
V.S. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 24276/2014, pronunciata ex art. 281 sexies all’udienza del 3 dicembre 2014, con la quale veniva rigettata la sua opposizione a precetto proposta nei confronti di Studio Gestione Immobili s.r.l. in liquidazione. Resiste Studio Gestione Immobili s.r.l. in liquidazione con controricorso illustrato da memoria.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 c.p.c., su proposta del relatore, in quanto ritenuto manifestamente fondato.

Il Collegio, all’esito della camera di consiglio, esaminato anche il contenuto della memoria, ritiene di condividere la soluzione proposta dal relatore.

La sentenza impugnata si è consapevolmente discostata dai principi di diritto già affermati da questa Corte, con sentenza n. 1289 del 2012 e con ordinanza n. 23693/2011, non massimate, ai quali si ritiene invece debba essere data continuità. Denunciando violazione dell’art. 479 c.p.c., e art. 654 c.p.c., comma 2, nonchè vizi di motivazione, la ricorrente afferma che – qualora si voglia agire esecutivamente nei confronti di un singolo condomino in forza di decreto ingiuntivo ottenuto nei confronti del Condominio occorre che il titolo esecutivo sia notificato al condomino esecutato, essendo il principio di cui all’art. 654 cit.,secondo comma, secondo il quale ai fini dell’esecuzione non occorre una nuova notificazione del decreto ingiuntivo, applicabile solo nei confronti dell’ingiunto.

Il motivo è fondato.

Il Condominio è soggetto distinto da ognuno dei singoli condomini, ancorchè si tratti di soggetto non dotato di autonomia patrimoniale perfetta, e l’art. 654, comma 2, è da ritenere applicabile solo al soggetto nei confronti del quale il decreto ingiuntivo sia stato emesso ed al quale sia stato ritualmente notificato. Qualora il creditore intenda far valere la responsabilità patrimoniale di un soggetto diverso dall’ingiunto – pur se in ipotesi responsabile dei debiti di lui – a cui il titolo esecutivo non sia stato mai notificato, la norma dell’art. 654, comma 2, è da ritenere inapplicabile, dovendosi sempre riconoscere al soggetto passivo dell’esecuzione il diritto di avere notizia e piena cognizione della natura del titolo in forza del quale si procede nei suoi confronti. Erroneamente il Tribunale ha ritenuto che l’amministratore abbia la rappresentanza dei singoli condomini ed, in quanto tale, sia legittimato a ricevere la notificazione di atti con effetti immediatamente riconducibili ai condomini.

In caso di titolo esecutivo giudiziale, formatosi nei confronti dell’ente di gestione condominiale in persona dell’amministratore e azionato nei confronti del singolo condomino quale obbligato pro quota, la notifica del precetto al singolo condomino, ex art. 479 c.p.c., non può prescindere dalla notificazione, preventiva o contestuale, del titolo emesso nei confronti dell’ente di gestione.

Se infatti una nuova notificazione del titolo esecutivo non occorre per il destinatario diretto del decreto monitorio nell’ipotesi di cui all’art. 654 c.p.c., comma 2, detta notificazione, invece, è necessaria qualora si intenda agire contro il singolo condomino, non indicato nell’ingiunzione ma responsabile pro quota della obbligazione a carico del condominio. Costui, invero, deve essere messo in grado non solo di conoscere qual è il titolo ex art. 474 c.p.c., in base al quale viene minacciata in suo danno l’esecuzione, ma anche di adempiere l’obbligazione da esso risultante entro il termine previsto dall’art. 480 c.p.c..

Il ricorso va pertanto accolto. La causa può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, dichiarando la nullità del precetto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara la nullità del precetto. Liquida le spese del giudizio di merito in Euro 900,00 oltre 200,00 per esborsi, accessori e contributo spese generali e le spese del giudizio di cassazione in complessivi Euro 1.200,00, oltre 200,00 per esborsi, oltre contributo spese generali ed accessori.

Conclusione
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Corte di Cassazione, il 24 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 29 marzo 2017


Assemblea Generale Straordinaria – 06.05.2017

Si comunica che ai sensi dell’art. 13 dello Statuto viene convocata la riunione dell’Assemblea Generale Straordinaria sabato 6 maggio 2017 alle ore 8:00 in prima convocazione ed alle ore 10:00 in seconda convocazione, presso la Sala del Consiglio Comunale del Comune di Cesena (FC) – Piazza del Popolo 10

Ordine del Giorno:

  1. Modifiche allo Statuto dell’Associazione
  2. Varie ed eventuali.

Leggi: Verbale AGS del 06 05 2017


Assemblea Generale Ordinaria – 06.05.2017

Si comunica che ai sensi dell’art. 13 dello Statuto viene convocata la riunione dell’Assemblea Generale Ordinaria sabato 6 maggio 2017 alle ore 07:30 in prima convocazione ed alle ore 9:30 in seconda convocazione, presso la Sala del Consiglio Comunale del Comune di Cesena (FC) – Piazza del Popolo 10.

Ordine del Giorno:

  1. Revoca Delega al Consiglio Generale per l’approvazione del bilancio consuntivo anno 2014 come da attribuzione delega A.G. del 28.03.2015;
  2. Approvazione del bilancio consuntivo anno 2016;
  3. Approvazione del bilancio preventivo anno 2017
  4. Approvazione e ratifica adesioni all’Associazione;
  5. Delega al Consiglio Generale per l’approvazione dei bilanci preventivi anni 2018, 2019, e consuntivo anno 2017, 2018 ai sensi dell’art. 16 dello Statuto;
  6. Elezione componenti la Giunta Esecutiva;
  7. Elezione dei Componenti il Consiglio Generale;
  8. Elezione Presidente;
  9. Elezione Vice Presidente;
  10. Attività associative;
  11. Iniziative proselitismo Associazione;
  12. Varie ed eventuali.

Leggi: AGO 06 05 2017 Verbale


Giornata di Studio Iglesias – 29.06.2017

Locandina GdS Iglesias 2017LA NOTIFICA ON LINE

Giovedì 29 giugno 2017

Comune di Iglesias (CI)

Municipio
Sala Riunioni
Centro Direzionale Amministrativo
Via Isonzo 7
Orario: 9:00 – 13:00 e 14:00 – 17:00
con il patrocinio del Comune di Iglesias (CI)

Quote di Iscrizione alla giornata di studio:

€ 142.00(*) (**) se il partecipante alla giornata di studio è già socio A.N.N.A. (persona fisica già iscritta all’Associazione alla data del 31.12.2016 con rinnovo anno 2017 già pagato al 31.12.2016. Tale requisito attiene esclusivamente alle persone fisiche. L’iscrizione ad ANNA del solo ente di appartenenza non soddisfa tale condizione per i propri dipendenti.

€ 212.00(*) (**) (***) se il partecipante NON è ancora socio A.N.N.A ma intende iscriversi per l’anno 2017 pagando la quota insieme a quella della giornata di studio. Tra i servizi che l’Associazione offre ai propri Iscritti vi è anche l’accesso all’area riservata del sito www.annamessi.it ed un’assicurazione per colpa grave.

€ 272,00 più I.V.A se dovuta (*) (**), per chi vuole frequentare solo la giornata di studio (NON è iscritto ad A.N.N.A. e NON vuole iscriversi).


 Partecipazione di 2 o più dipendenti dello stesso Ente:

  • € 200,00 (*) (**) (***) per il primo partecipante
  • € 150,00 (*) (**) (***) per il secondo partecipante
  • € 65,00 (*) (**) (***) per il terzo e oltre partecipante

Tali quote comprendono l’iscrizione all’Associazione per l’anno 2017 a cui si deve aggiungere € 2,00 (Marca da Bollo) sull’unica fattura emessa. Tale promozione non è assimilabile alle Quote di Iscrizione sopra descritte (Quote di Iscrizione alla giornata di studio).


La quota di iscrizione comprende: accesso in sala, colazione di lavoro e materiale didattico.

Le quote d’iscrizione dovranno essere pagate, al netto delle spese bancarie,   comprensive  dell’imposta di bollo di € 2,00, tramite:

Versamento in Banca sul Conto Corrente Bancario:

  • Codice IBAN: Codice IBAN: IT06 T030 6234 2100 0000 1790 603 (Banca Mediolanum)
  • Versamento in sul Conto Corrente n. 1790 603 (Banca Mediolanum)
  • Versamento per contanti presso la Segreteria della giornata di studio
entro la data di effettuazione della Giornata di Studio. Al pervenimento del modulo di partecipazione verrà emessa fattura elettronica.

Intestazione : Associazione Nazionale Notifiche Atti

Causale: G.d.S. Iglesias 2017 o numero fattura elettronica (*) Se la fattura è intestata ad un Ente Pubblico la quota è esente da IVA ai sensi ai sensi dell’Art. 10 DPR n. 633/1972 così come dispone l’art. 14, comma 10 legge 537 del 24/12/1993 – comprensivo di  € 2,00 (Marca da Bollo)

(**) Le spese bancarie e/o postali per il versamento delle quote di iscrizione sono a carico di chi effettua il versamento. (***) Se la giornata di studio si effettua negli ultimi 3 mesi dell’anno la eventuale quota di iscrizione all’Associazione A.N.N.A. deve intendersi versata per l’annualità successiva.

L’Associazione rilascerà ai partecipanti un attestato di frequenza, che potrà costituire un valido titolo personale di qualificazione professionale.

L’iscrizione alla giornata di studio potrà essere effettuata anche on line cliccando sul link a fondo pagina cui dovrà seguire il versamento della quota di iscrizione alla giornata di studio. I docenti sono operatori di settore che con una collaudata metodologia didattica assicurano un apprendimento graduale e completo dei temi trattati. Essi collaborano da anni in modo continuativo con A.N.N.A. condividendone così lo stile e la cultura.

I corsi / seminari / convegni / giornate di studio non sono configurabili come appalti di servizi.

Pertanto per il loro acquisto non è necessario transitare dalle Centrali di Committenza (nazionale o regionale), né è prevista la richiesta del CIG. Si veda anche paragrafo 3.9 della Determinazione dell’AVCP n. 4 del 7 luglio 2011.

La formazione in materia di appalti e contratti pubblici, se prevista dal Piano triennale per la prevenzione della corruzione del singolo Ente, non è soggetta al tetto di spesa definito dall’art. 6, comma 13, del D.L. n. 78/2010. Si tratta infatti di formazione obbligatoria prevista dalla Legge n. 190/2012 (cfr. Corte dei conti: sez. reg.le di controllo Emilia Romagna n. 276/2013; sez. reg.le di controllo Liguria n. 75/2013; sez. reg.le di controllo Lombardia n. 116/2011)

Docente:

Durì Francesco

Resp. Uff. Notifiche del Comune di Udine

Membro della Giunta Esecutiva  di A.N.N.A.

Membro della Commissione Normativa di A.N.N.A.

Programma:

Il Messo Comunale

· Obblighi e competenze e responsabilità

Il procedimento di notificazione

  • Art. 137 c.p.c.: norme introduttive sulla notificazione degli atti
  • Art. 138 c.p.c.: notificazione in mani proprie
  • Art. 139 c.p.c.: notificazione nella residenza, dimora e domicilio

· Concetto di dimora, residenza e domicilio

  • Art. 140 c.p.c. Notifica agli irreperibili relativi
  • La sentenza della Corte Costituzionale n. 3/2010
  • Art. 141 c.p.c. Notificazione presso il domiciliatario
  • Art. 142 c.p.c. Notificazione a persone non residenti né dimoranti né domiciliate nella Repubblica
  • Art. 143 c.p.c. Notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti
  • Art. 145 c.p.c. Notificazione alle persone giuridiche

La notificazione a mezzo posta “tradizionale

  • Ambito di applicazione della L. 890/1982
  • Attività del Messo Comunale e attività dell’Ufficiale Postale

Le notifiche degli atti pervenuti tramite P.E.C.

  • Art. 137, 3° comma, c.p.c.: problemi applicativi

La notificazione a mezzo posta elettronica

  • Art. 48 D.Lgs 82/2005 (Codice dell’Amministrazione Digitale)
  • La PEC
  • La firma digitale
  • La notificazione a mezzo posta elettronica
  • Art. 149 bis c.p.c.
  • Le nuove disposizioni del C.A.D.
  • La PEC come strumento esclusivo di comunicazione e notifica della P.A. 

La notificazione degli atti tributari

  • Il D.P.R. 600/1973
  •             L’Art. 60 del D.P.R. 600/1973
  •             L’Art. 65 del D.P.R. 600/1973 (Eredi)
  • Le notifiche ai soggetti A.I.R.E.
  • L’Art. 26 del D.P.R. 602/1973 e sentenza della Corte Costituzionale 258/2012

Casa Comunale

  • · La consegna degli atti presso la Casa Comunale (al destinatario ed a persone delegate)

Cenni sull’Albo on Line

  • Le raccomandazioni del Garante della privacy

· Il diritto “all’oblio”

Risposte a quesiti

 Gli argomenti trattati si intendono aggiornati con le ultime novità normative e giurisprudenziali in materia di notificazioni

L’Associazione provvederà ad effettuare l’esame di idoneità per le persone che verranno indicate dall’Amm.ne, al fine del conseguimento della nomina a Messo Notificatore previsto dalla legge finanziaria del 2007  (L. 296/2006, Art. 1, comma 158 e ss.)

Nota bene: Qualora l’annullamento dell’iscrizione venga comunicato meno di cinque giorni prima dell’iniziativa, l’organizzazione si riserva la facoltà di fatturare la relativa quota, anche nel caso di non partecipazione alla giornata di studio.

Vedi: Attività di formazione anno 2017

Scarica: Depliant GdS Iglesias 2017

Vedi: Fotografie della Giornata di Studio

Vedi: Video della Giornata di Studio

Scarica: MODULO DI PARTECIPAZIONE G.d.S. Iglesias (CI) 2017

Sul modulo dovranno obbligatoriamente essere indicati tutti i codici (CUU, CIG ecc.) che dovranno comparire nella fattura elettronica

Scarica: Autocertificazioni Fiscali 2017

    1. Dichiarazione sulla tracciabilità dei pagamenti, L. 136/2010
    2. Dichiarazione DURC
    3. Dichiarazione sostitutiva del certificato generale del casellario giudiziale e dei carichi pendenti
    4. Dichiarazione relativa alla fase di liquidazione delle fatture di competenza
    5. Dichiarazione insussistenza motivi di esclusione a contrattare con la Pubblica Amministrazione
    6. Documento d’Identità personale del Legale Rappresentante di A.N.N.A.

Giornata di Studio Fara in Sabina (RI) – 04.05.2017

Locandina Fara 2017LA NOTIFICA ON LINE

Giovedì 4 maggio 2017

Comune di Fara in Sabina (RI)

Municipio
Sala Convegni
Via Santa Maria in Castello 12
Orario: 9:00 – 13:00 e 14:00 – 17:00
con il patrocinio del Comune di Fara in Sabina (RI)

Quote di Iscrizione alla giornata di studio:

€ 132.00(*) (**) se il partecipante alla giornata di studio è già socio A.N.N.A. (persona fisica già iscritta all’Associazione alla data del 31.12.2016 con rinnovo anno 2017 già pagato al 31.12.2016. Tale requisito attiene esclusivamente alle persone fisiche. L’iscrizione ad ANNA del solo ente di appartenenza non soddisfa tale condizione per i propri dipendenti.

€ 202.00(*) (**) (***) se il partecipante NON è ancora socio A.N.N.A ma intende iscriversi per l’anno 2017 pagando la quota insieme a quella della giornata di studio. Tra i servizi che l’Associazione offre ai propri Iscritti vi è anche l’accesso all’area riservata del sito www.annamessi.it ed un’assicurazione per colpa grave.

€ 272,00 più I.V.A se dovuta (*) (**), per chi vuole frequentare solo la giornata di studio (NON è iscritto ad A.N.N.A. e NON vuole iscriversi).


 Partecipazione di 2 o più dipendenti dello stesso Ente:

  • € 200,00 (*) (**) (***) per il primo partecipante
  • € 150,00 (*) (**) (***) per il secondo partecipante
  • € 65,00 (*) (**) (***) per il terzo e oltre partecipante

Tali quote comprendono l’iscrizione all’Associazione per l’anno 2017 a cui si deve aggiungere € 2,00 (Marca da Bollo) sull’unica fattura emessa. Tale promozione non è assimilabile alle Quote di Iscrizione sopra descritte (Quote di Iscrizione alla giornata di studio).


La quota di iscrizione comprende: accesso in sala, colazione di lavoro e materiale didattico.

Le quote d’iscrizione dovranno essere pagate, al netto delle spese bancarie e/o postali,   comprensive  dell’imposta di bollo di € 2,00, tramite:

Versamento in Banca sul Conto Corrente Bancario:

  • Codice IBAN: Codice IBAN: IT06 T030 6234 2100 0000 1790 603 (Banca Mediolanum)
  • Versamento in sul Conto Corrente n. 1790 603 (Banca Mediolanum)
  • Versamento per contanti presso la Segreteria della giornata di studio
entro la data di effettuazione della Giornata di Studio. Al pervenimento del modulo di partecipazione verrà emessa fattura elettronica.

Intestazione : Associazione Nazionale Notifiche Atti

Causale: Giornata Fara 2017 o numero fattura elettronica (*) Se la fattura è intestata ad un Ente Pubblico la quota è esente da IVA ai sensi ai sensi dell’Art. 10 DPR n. 633/1972 così come dispone l’art. 14, comma 10 legge 537 del 24/12/1993 – comprensivo di  € 2,00 (Marca da Bollo)

(**) Le spese bancarie e/o postali per il versamento delle quote di iscrizione sono a carico di chi effettua il versamento. (***) Se la giornata di studio si effettua negli ultimi 3 mesi dell’anno la eventuale quota di iscrizione all’Associazione A.N.N.A. deve intendersi versata per l’annualità successiva.

L’Associazione rilascerà ai partecipanti un attestato di frequenza, che potrà costituire un valido titolo personale di qualificazione professionale.

L’iscrizione alla giornata di studio potrà essere effettuata anche on line cliccando sul link a fondo pagina cui dovrà seguire il versamento della quota di iscrizione alla giornata di studio. I docenti sono operatori di settore che con una collaudata metodologia didattica assicurano un apprendimento graduale e completo dei temi trattati. Essi collaborano da anni in modo continuativo con A.N.N.A. condividendone così lo stile e la cultura.

I corsi / seminari / convegni / giornate di studio non sono configurabili come appalti di servizi.

Pertanto per il loro acquisto non è necessario transitare dalle Centrali di Committenza (nazionale o regionale), né è prevista la richiesta del CIG. Si veda anche paragrafo 3.9 della Determinazione dell’AVCP n. 4 del 7 luglio 2011.

La formazione in materia di appalti e contratti pubblici, se prevista dal Piano triennale per la prevenzione della corruzione del singolo Ente, non è soggetta al tetto di spesa definito dall’art. 6, comma 13, del D.L. n. 78/2010. Si tratta infatti di formazione obbligatoria prevista dalla Legge n. 190/2012 (cfr. Corte dei conti: sez. reg.le di controllo Emilia Romagna n. 276/2013; sez. reg.le di controllo Liguria n. 75/2013; sez. reg.le di controllo Lombardia n. 116/2011)

Docente:

Asirelli Corrado 4Asirelli Corrado

Coord. Ufficio Notifiche del Comune di Cesena (FC)

Membro della Giunta Esecutiva  di A.N.N.A.

Membro della Commissione Normativa di A.N.N.A.

Programma:

Il Messo Comunale

· Obblighi e competenze e responsabilità

Il procedimento di notificazione

  • Art. 137 c.p.c.: norme introduttive sulla notificazione degli atti
  • Art. 138 c.p.c.: notificazione in mani proprie
  • Art. 139 c.p.c.: notificazione nella residenza, dimora e domicilio

· Concetto di dimora, residenza e domicilio

  • Art. 140 c.p.c. Notifica agli irreperibili relativi
  • La sentenza della Corte Costituzionale n. 3/2010
  • Art. 141 c.p.c. Notificazione presso il domiciliatario
  • Art. 142 c.p.c. Notificazione a persone non residenti né dimoranti né domiciliate nella Repubblica
  • Art. 143 c.p.c. Notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti
  • Art. 145 c.p.c. Notificazione alle persone giuridiche

La notificazione a mezzo posta “tradizionale

  • Ambito di applicazione della L. 890/1982
  • Attività del Messo Comunale e attività dell’Ufficiale Postale

Le notifiche degli atti pervenuti tramite P.E.C.

  • Art. 137, 3° comma, c.p.c.: problemi applicativi

La notificazione a mezzo posta elettronica

  • Art. 48 D.Lgs 82/2005 (Codice dell’Amministrazione Digitale)
  • La PEC
  • La firma digitale
  • La notificazione a mezzo posta elettronica
  • Art. 149 bis c.p.c.
  • Le nuove disposizioni del C.A.D.
  • La PEC come strumento esclusivo di comunicazione e notifica della P.A. 

La notificazione degli atti tributari

  • Il D.P.R. 600/1973
  •             L’Art. 60 del D.P.R. 600/1973
  •             L’Art. 65 del D.P.R. 600/1973 (Eredi)
  • Le notifiche ai soggetti A.I.R.E.
  • L’Art. 26 del D.P.R. 602/1973 e sentenza della Corte Costituzionale 258/2012

Casa Comunale

  • · La consegna degli atti presso la Casa Comunale (al destinatario ed a persone delegate)

Cenni sull’Albo on Line

  • Le raccomandazioni del Garante della privacy

· Il diritto “all’oblio”

Risposte a quesiti

 Gli argomenti trattati si intendono aggiornati con le ultime novità normative e giurisprudenziali in materia di notificazioni

L’Associazione provvederà ad effettuare l’esame di idoneità per le persone che verranno indicate dall’Amm.ne, al fine del conseguimento della nomina a Messo Notificatore previsto dalla legge finanziaria del 2007  (L. 296/2006, Art. 1, comma 158 e ss.)

Nota bene: Qualora l’annullamento dell’iscrizione venga comunicato meno di cinque giorni prima dell’iniziativa, l’organizzazione si riserva la facoltà di fatturare la relativa quota, anche nel caso di non partecipazione alla giornata di studio.

Vedi: Attività di formazione anno 2017

Scarica: Depliant G.d.S. Fara in Sabina (RI) 2017

Vedi: Video della Giornata di Studio

Vedi:

Scarica: MODULO DI PARTECIPAZIONE Fara in Sabina (RI) 2017

Sul modulo dovranno obbligatoriamente essere indicati tutti i codici (CUU, CIG ecc.) che dovranno comparire nella fattura elettronica

Scarica: Autocertificazioni Fiscali 2017

    1. Dichiarazione sulla tracciabilità dei pagamenti, L. 136/2010
    2. Dichiarazione DURC
    3. Dichiarazione sostitutiva del certificato generale del casellario giudiziale e dei carichi pendenti
    4. Dichiarazione relativa alla fase di liquidazione delle fatture di competenza
    5. Dichiarazione insussistenza motivi di esclusione a contrattare con la Pubblica Amministrazione
    6. Documento d’Identità personale del Legale Rappresentante di A.N.N.A.

Cass. civ., Sez. lavoro, Sent., (data ud. 20/12/2016) 09/03/2017, n. 6099

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16126-2015 proposto da:

D.F.V., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA F. DENZA, 3, presso lo studio dell’avvocato ANGELO MARTUCCI, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati VITTORIO TORAZZI, GIOVANNI VILLANI, PATRIZIA SERASSO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

AZIENDA SANITARIA – A.S.L. TO (OMISSIS), C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TACITO presso lo studio dell’avvocato CINZIA DE MICHELI, rappresentata e difesa dagli avvocati ROBERTO CARAPELLE, DARIO TINO VLADIMIRO GAMBA, giusta delega in atti;

– controricorrente – avverso la sentenza n. 354/2015 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 17/04/2015 R.G.N. 21/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/12/2016 dal Consigliere Dott. ANNALISA DI PAOLANTONIO;

uditi gli Avvocati GIOVANNI VILLANI e PATRIZIA SERASSO;

udito l’Avvocato DARIO TINO VLADIMIRO GAMBA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA Mario, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
1 – La Corte di Appello di Torino, in sede di reclamo L. n. 92 del 2012, ex art. 1, comma 58 ha riformato la sentenza del Tribunale di Ivrea che, all’esito del giudizio di opposizione, aveva confermato l’ordinanza con la quale era stata dichiarata dallo stesso Tribunale l’illegittimità del licenziamento per giusta causa intimato dalla azienda sanitaria ASL TO (OMISSIS) al dirigente medico D.F.V..

2 – La Corte territoriale ha premesso che il reclamato, titolare di incarico di direzione di struttura complessa, era stato autorizzato ad espletare attività libero professionale intramuraria in specifiche fasce orarie e per complessive 6,30 ore settimanali. In data 13 giugno 2013 la Azienda aveva contestato al dirigente la “sovrapposizione dell’attività svolta in orario di libera professione con l’orario dell’attività di servizio” nonchè il “mancato rispetto dell’orario autorizzato ” e, all’esito del procedimento disciplinare aveva intimato il licenziamento per “falsa attestazione della presenza in servizio mediante alterazione dei sistemi di rilevamento o con altre modalità fraudolente”.

3 – Il giudice di appello, respinta l’eccezione di inammissibilità dei motivi di reclamo, ha ritenuto non violato il principio della immodificabilità della contestazione, poichè i fatti non erano stati modificati nella loro materialità e la modifica aveva riguardato solo la qualificazione giuridica e la indicazione delle norme rispetto alle quali si era verificato l’inadempimento. Ha, poi, escluso che la condotta descritta dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55 quater, lett. a) richieda, come asserito dal Tribunale, un quid pluris rispetto alla falsa attestazione della presenza in servizio e, quindi, ha ritenuto integrata la fattispecie nel caso in cui il dipendente si allontani dal luogo di lavoro senza procedere alla timbratura della scheda magnetica. Ha evidenziato che la condotta del D.F. non poteva essere “scriminata” dall’invio alla stessa ASL della documentazione attestante la prenotazione delle visite da effettuare in regime di intra moenia nonchè della rendicontazione mensile dell’attività svolta, posto che detto invio aveva finalità contabile/amministrativa e all’epoca dei fatti, in mancanza di collegamento fra uffici, non incideva sui controlli riservati all’ufficio del personale, relativi alla verifica della presenza in servizio dei medici autorizzati all’esercizio della libera professione. Infine la Corte ha ritenuto che il comportamento fosse tale da ledere il vincolo fiduciario in quanto il D.F. si era sistematicamente allontanato dal servizio, in orari diversi da quelli indicati nella autorizzazione. Nessuna rilevanza poteva avere la circostanza che il dirigente avesse accumulato oltre 800 ore di surplus orario, perchè il “recupero” delle ore prestate in eccesso presuppone una corretta rilevazione delle presenze e, comunque, non può essere unilateralmente effettuato dal lavoratore.

4 – Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso D.F.V. sulla base di tre motivi. La Azienda Sanitaria TO (OMISSIS) ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione
1.1 – Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, violazione degli artt. 101, 112, 132, 420, 434 e 437 c.p.c. nonchè dell’art. 111 Cost.. Premette che la Azienda nelle fasi del giudizio di primo grado ed in sede di reclamo aveva modificato “l’impostazione processuale prospettando argomenti nuovi”. Il reclamato aveva denunciato la violazione delle regole del contraddittorio e con l’istanza depositata all’esito della udienza di discussione dell’11 marzo 2015 aveva chiesto alla Corte di dichiarare la inammissibilità della “introduzione nel giudizio dei fatti nuovi e della nuova ricostruzione di cui alla discussione”. Su detta istanza il giudice di secondo grado non aveva provveduto ed aveva accolto il reclamo aderendo alla tesi della ASL, senza fare alcun cenno alle difese svolte dal dirigente, il quale aveva dimostrato come non vi potesse essere alcuna intenzionalità di eludere i sistemi di controllo della presenza in azienda.

1.2 – La seconda censura, formulata sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, denuncia la violazione di plurime disposizioni del codice di rito (artt. 101, 112, 115, 132 e 416 c.p.c.), dell’art. 2697 c.c., dell’art. 111 Cost. e della L. n. 300 del 1970, art. 7. Il ricorrente, oltre a richiamare le doglianze già oggetto del primo motivo, evidenzia che la Corte territoriale, per valutare la sussistenza della denunciata violazione del principio della immutabilità della contestazione, avrebbe dovuto comparare le due condotte e non “fare riferimento ad una equivalenza di funzione, equivalenza da trarre in base ad un procedimento interpretativo”. Aggiunge che la ASL, dopo avere contestato solo la sovrapposizione degli orari, aveva ritenuto di intimare il licenziamento in relazione all’ipotesi prevista dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55 quater, lett. a) ma non aveva in alcun modo dimostrato la asserita alterazione dei sistemi di controllo. Anche al riguardo la Corte territoriale avrebbe dovuto motivare, trattandosi di un punto decisivo per la soluzione della controversia.

1.3 – Il terzo motivo lamenta “violazione e falsa applicazione della L. n. 165 del 2001, art. 55 quater (art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5); violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”. Dopo avere ribadito che il diritto di difesa era stato leso dalla modifica della contestazione e, poi, delle circostanze dedotte in sede processuale, rileva il ricorrente che la condotta fraudolenta richiede che il fatto oggettivo sia dolosamente preordinato al raggiungimento di un fine illecito. Aggiunge che la giurisprudenza penale, richiamata dalla Corte territoriale, richiede anche che il soggetto agisca al fine di profitto mentre nel caso di specie detta finalità doveva essere sicuramente esclusa, così come doveva essere esclusa la induzione in errore, perchè il sistema di controllo della attività libero professionale prevedeva l’invio di atti il cui esame avrebbe agevolmente consentito di rilevare la sovrapposizione di orari poi contestata. Infine censura la sentenza impugnata per avere travisato le prove documentali offerte perchè l’ufficio libera professione condivideva le informazioni con l’ufficio del personale e con le strutture contabili che provvedevano al pagamento.

2 – Il primo motivo è inammissibile, nella parte in cui denuncia la violazione dell’art. 437 c.p.c., perchè formulato senza il necessario rispetto degli oneri di specificazione e di allegazione imposti dall’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4.

Il ricorrente sostiene, in sintesi, che la Corte di Appello avrebbe dovuto rilevare la inammissibilità dei motivi di reclamo con i quali la ASL aveva prospettato nuovi argomenti a sostegno della asserita legittimità del licenziamento, ma non fornisce gli elementi necessari per verificare la fondatezza del rilievo.

La giurisprudenza di questa Corte è consolidata nell’affermare che l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un error in procedendo, presuppone che la parte riporti, nel ricorso stesso, gli elementi e i riferimenti atti a individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio processuale, onde consentire alla Corte di effettuare, senza compiere generali verifiche degli atti, il controllo del corretto svolgersi dell’iter processuale (Cass. 8.6.2016 n. 11738 e Cass. 30.9.2015 n. 19410).

Pertanto, qualora venga denunciata la novità delle questioni prospettate solo in sede di impugnazione (nel rito disciplinato dalla L. n. 92 del 2012 in violazione dell’art. 1, comma 59 stessa legge e non dell’art. 437 c.p.c.) il ricorrente è tenuto a riportare nel ricorso il contenuto degli scritti difensivi della controparte e ad allegare gli stessi ex art. 369 c.p.c., n. 4 o, in alternativa, a fornire precise indicazioni che consentano alla Corte di rintracciare immediatamente gli atti nel fascicolo processuale.

Nel caso di specie l’esposizione dei fatti di causa risulta estremamente analitica quanto al contenuto degli atti formati dal D.F., ma non riporta le deduzioni della ASL nelle diverse fasi del giudizio (limitandosi a rinviare alla motivazione della sentenza impugnata) e, quindi, non fornisce alla Corte gli elementi necessari per valutare la denunciata inammissibilità dei motivi di reclamo.

2.1 – Palesemente infondato è il motivo nella parte in cui eccepisce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., perchè il giudice di appello ha dato ampio conto delle ragioni per le quali la condotta addebitata al D.F., valutata nei suoi aspetti oggettivi e soggettivi, doveva essere ritenuta di gravità tale da giustificare il licenziamento per giusta causa.

Occorre al riguardo evidenziare che la sentenza è stata pubblicata l’8 aprile 2015, sicchè è applicabile alla fattispecie l’art. 360 c.p.c., n. 5 nel testo modificato dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 (pubblicata sulla G.U. n. 187 dell’11.8.2012), di conversione del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, che consente di denunciare in sede di legittimità unicamente l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti.

Hanno osservato le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U. 22.9.2014 n. 19881 e Cass. S.U. 7.4.2014 n. 8053) che la ratio del recente intervento normativo è ben espressa dai lavori parlamentari lì dove si afferma che la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 ha la finalità di evitare l’abuso dei ricorsi per cassazione basati sul vizio di motivazione, non strettamente necessitati dai precetti costituzionali, e, quindi, di supportare la funzione nomofilattica propria della Corte di cassazione, quale giudice dello ius constitutionis e non dello ius litigatoris, se non nei limiti della violazione di legge. Il vizio di motivazione, quindi, rileva solo allorquando l’anomalia si tramuta in violazione della legge costituzionale, “in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.”, sicchè quest’ultima non può essere ritenuta mancante o carente solo perchè non si è dato conto di tutte le risultanze istruttorie e di tutti gli argomenti sviluppati dalla parte a sostegno della propria tesi.

2.2 – Non sussiste, poi, la asserita violazione dell’art. 112 c.p.c. in quanto la Corte territoriale non aveva alcun obbligo di pronunciare su quanto dedotto nella “istanza fuori udienza”, irritualmente depositata dalla difesa del D.F.. Invero la L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 60, prevede che la corte d’appello, “sentite le parti, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione ammessi e provvede con sentenza all’accoglimento o al rigetto della domanda, dando, ove opportuno, termine alle parti per il deposito di note difensive fino a dieci giorni prima dell’udienza di discussione”.

Così come per il rito disciplinato dagli artt. 433 c.p.c. e segg. la autorizzazione al deposito è rimessa alla facoltà discrezionale del giudice (Cass. 5.8.2013 n. 18627), sicchè, in mancanza di detta autorizzazione, tutte le difese delle parti devono essere illustrate oralmente.

3 – Il secondo motivo presenta profili di inammissibilità perchè denuncia ex art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5 la violazione di plurime disposizioni di legge, senza individuare con chiarezza i vizi della sentenza impugnata e senza indicare in modo esplicito le ragioni per le quali le norme richiamate in rubrica sarebbero state erroneamente applicate dal giudice di appello.

Le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che nel giudizio di cassazione il fatto che un singolo motivo sia articolato in più profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe potuto essere prospettato autonomamente, non costituisce, di per sè, ragione d’inammissibilità purchè la formulazione permetta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne, se necessario, l’esame separato (Cass. S.U. 6.5.2015 n. 9100).

E’ stato, inoltre, evidenziato che la violazione e falsa applicazione di norme di diritto deve essere dedotta non solo mediante la puntuale indicazione delle norme asseritamente violate, ma anche mediante specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti, intese a dimostrare motivatamente in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina; diversamente il motivo è inammissibile, richiedendo un inesigibile intervento integrativo della Corte che, per giungere alla compiuta formulazione del motivo, dovrebbe individuare per ciascuna delle doglianze lo specifico vizio di violazione di legge o del vizio di motivazione (Cass. n. 328/2007; Cass. n. 21611/2013; Cass. n. 20957/2014; Cass. n. 635/2015).

Da ciò discende che l’esame verrà limitato alle censure adeguatamente illustrate nel motivo, con il quale il ricorrente, oltre a riproporre questioni già prospettate nella prima censura, addebita sostanzialmente alla sentenza impugnata la violazione del principio della immutabilità, a suo dire violato perchè l’addebito originario si riferiva alla sola sovrapposizione degli orari e non menzionava la falsa attestazione della presenza in servizio, fatto, questo, posto a fondamento del recesso per giusta causa.

La censura è infondata.

Nel procedimento disciplinare la contestazione non obbedisce ai rigidi canoni che presiedono alla formulazione dell’accusa nel processo penale, nè si ispira ad uno schema precostituito e a una regola assoluta e astratta, “ma si modella in relazione ai principi di correttezza che informano un rapporto interpersonale che già esiste tra le parti, ed è funzionalmente e teleologicamente finalizzata alla esclusiva soddisfazione dell’interesse dell’incolpato ad esercitare pienamente il diritto di difesa” (Cass. 30.12.2009 n.27842).

Dalla finalità che la contestazione realizza questa Corte ha tratto la conseguenza che non interferisce con il principio della immutabilità la diversa qualificazione giuridica del fatto addebitato, giacchè il diritto di difesa è leso solo qualora a fondamento dell’atto di recesso vengano poste circostanze diverse da quelle addebitate, in relazione alle quali il lavoratore non sia stato in grado di rappresentare la propria posizione.

L’indagine comparativa che il giudice del merito è chiamato ad effettuare non deve, pertanto, arrestarsi alla formulazione letterale dei due atti a confronto, ma deve riguardare gli aspetti sostanziali della condotta e deve considerare che una circostanza in tanto può essere ritenuta “nuova” in quanto la stessa esuli dall’originario atto di incolpazione. Ciò non si verifica allorquando il fatto in relazione al quale il licenziamento viene intimato può essere ricompreso nella contestazione, della quale costituisce specificazione, effettuata all’esito del procedimento disciplinare e delle difese svolte dall’incolpato.

Il ricorso, per sostenere la violazione del principio della immutabilità, fa leva solo sul tenore letterale dei due atti, lì dove, al contrario, la Corte territoriale ha correttamente valorizzato la funzione della contestazione, rilevando che all’esito della proceduta la ASL aveva individuato l’ipotesi normativa applicabile alla fattispecie, senza violare in alcun modo il diritto di difesa del D.F., che aveva interloquito su tutti gli aspetti della vicenda, e senza modificare la materialità del fatti, in quanto la “falsa attestazione della presenza in servizio” era sostanzialmente corrispondente alla sovrapposizione di orari originariamente contestata.

Le conclusioni alle quali il giudice di appello è pervenuto, incensurabili in sede di legittimità quanto al giudizio di fatto, risultano rispettose dei principi di diritto sopra enunciati, con conseguente infondatezza del motivo di ricorso.

3 – Non sussiste la denunciata violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55 quater giacchè la interpretazione data alla norma dalla sentenza impugnata è conforme alla giurisprudenza di questa Corte, alla quale il Collegio intende dare continuità (Cass. nn. 17637, 17259, 24574 del 2016).

E’ stato, infatti, affermato che la chiara formulazione della disposizione (nel testo applicabile ratione temporis alla vicenda dedotta in giudizio, realizzatasi prima delle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 116 del 2016, art. 3, comma 1) e anche la sua ratio, evincibile dall’obiettivo, enunciato nel D.Lgs. n. 150 del 2009, art. 67, comma 1 di “potenziamento del livello di efficienza degli uffici pubblici e di contrastare i fenomeni di scarsa produttività e di assenteismo”, inducono a ritenere che la registrazione effettuata attraverso l’utilizzo del sistema di rilevazione della presenza sul luogo di lavoro è corretta e non falsa solo se nell’intervallo compreso tra le timbrature in entrata e in uscita il lavoratore è effettivamente presente in ufficio, mentre è falsa e fraudolentemente attestata nei casi in cui miri a far emergere, in contrasto con il vero, che il lavoratore è presente in ufficio.

La condotta che si compendia nell’allontanamento dal luogo di lavoro senza far risultare, mediante timbratura del cartellino o della scheda magnetica, i periodi di assenza economicamente apprezzabili è, infatti, idonea oggettivamente a indurre in errore l’amministrazione di appartenenza circa la presenza su luogo di lavoro e costituisce, altresì, condotta penalmente rilevante ai sensi del D.Lgs n. 165 del 2001, art. 55, comma 1.

3.1 – Questa Corte ha anche evidenziato che utili elementi a conforto della esegesi accolta possono desumersi dal D.Lgs. n. 116 del 2016, art. 3, comma 1. Tale norma ha introdotto nell’art. 55 quater il comma 1 bis che dispone “costituisce falsa attestazione della presenza in servizio qualunque modalità fraudolenta posta in essere, anche avvalendosi di terzi, per far risultare il dipendente in servizio o trarre in inganno l’amministrazione presso la quale il dipendente presta attività lavorativa circa il rispetto dell’orario di lavoro dello stesso. Della violazione risponde anche chi abbia agevolato con la propria condotta attiva o omissiva la condotta fraudolenta”.

E’ certo innegabile che l’intervento additivo, sicuramente non qualificabile come fonte di interpretazione autentica, non ha efficacia retroattiva; è nondimeno indiscutibile la potestà del legislatore di produrre norme aventi finalità chiarificatrici, idonee, sia pure senza vincolare per il passato, ad orientare l’interprete nella lettura di norme preesistenti, in applicazione del principio di unità ed organicità dell’ordinamento giuridico (Cass. SSUU n.18353/2014).

Del tutto correttamente, pertanto, la Corte territoriale ha ritenuto che nella fattispecie dedotta in giudizio ricorresse l’ipotesi di falsa attestazione della presenza in servizio con modalità fraudolente, essendo “incontestato che il D.F., pur risultando continuativamente in servizio, di fatto si allontanava negli orari di visita presso la struttura convenzionata, senza procedere alla timbratura della scheda magnetica, così attestando falsamente la propria presenza sul luogo di lavoro”.

3.2 – Le deduzioni svolte in merito alla assenza di frode esulano dal perimetro del vizio di sussunzione, perchè attengono al giudizio di fatto e mirano ad ottenere una rivalutazione delle risultanze processuali, non consentita in sede di legittimità.

La giurisprudenza di questa Corte ha da tempo precisato che il vizio di violazione di norme di diritto consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie normativa astratta e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di una errata ricostruzione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma ed inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione. Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (cfr. fra le più recenti Cass. 21.11.2016 n. 24029 e Cass. 17.5.2016 n. 10057 Cass. 10.7.2015 n. 14468).

Da detto principio generale è stata tratta la conseguenza, in tema di licenziamento per giusta causa, della possibilità di configurare un vizio di sussunzione solo qualora “la combinazione e il peso dei dati fattuali, così come definito dal giudice del merito, non consente comunque la riconduzione alla nozione legale di giusta causa di licenziamento. Altrimenti occorrerà dedurre che è stato omesso l’esame di un parametro tra quelli individuati dalla giurisprudenza ai fini dell’integrazione della giusta causa avente valore decisivo, nel senso che l’elemento trascurato avrebbe condotto ad un diverso esito della controversia con certezza e non con grado di mera probabilità; ma in tal caso il vizio è attratto nella sfera di applicabilità dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5..” (Cass. 23.9.2016 n. 18715) e, quindi, per le sentenze pronunciate decorsi trenta giorni dall’entrata in vigore della legge 7 agosto 2012 n.134 (pubblicata sulla G.U. n. 187 dell’11.8.2012), di conversione del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, sarà denunciabile unicamente l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti.

Detto vizio non ricorre nella fattispecie perchè la Corte territoriale, dopo avere ritenuto provata la materialità della condotta, ha escluso la allegata buona fede del D.F., esaminando e ritenendo infondati gli argomenti difensivi da quest’ultimo allegati a sostegno della asserita illegittimità del recesso.

In particolare il giudice di appello ha ritenuto irrilevanti sia l’invio della documentazione attestante la attività libero professionale, sia le eccedenze di orario maturate dal dirigente e ha ampiamente motivato sulla gravità della condotta, anche valorizzando il ruolo apicale ricoperto dal D.F. il quale, in quanto preposto alla direzione della struttura complessa, era tenuto garantire il rispetto delle procedure imposte per la attestazione dell’orario di servizio e a segnalare eventuali abusi o omissioni nei riscontri documentali.

Ha, poi, evidenziato che la prestazione di attività libero professionale in orari diversi da quelli autorizzati era di per sè lesiva degli interessi dell’Azienda, posto che la autorizzazione medesima teneva evidentemente conto delle esigenze organizzative della struttura diretta.

Tanto basta per escludere la fondatezza del motivo.

4 – Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vanno poste a carico del ricorrente nella misura indicata in dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve darsi atto della ricorrenza delle condizioni previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 200,00 per esborsi e Euro 5.000,00 per competenze professionali, oltre rimborso spese generali del 15 % ed accessori legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

Conclusione
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2017