Cass. civ., Sez. lavoro, Sent., (data ud. 05/07/2016) 19/09/2016, n. 18326

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17916-2012 proposto da:

COMUNE DI CELLATICA, P.I. (OMISSIS), in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA APPIA NUOVA 96, presso lo studio dell’avvocato PAOLO ROLFO, rappresentato e difeso dall’avvocato DOMENICO BEZZI, giusta delega in atti;

– ricorrente – contro

B.F., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE AMIATA 33, presso lo studio dell’avvocato MICHELA FUSCO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati ROBERTO VASAPOLLI, ROBERTO MANCINI, MICHELE AGOSTINI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 237/2012 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 31/05/2012 R.G.N. 673/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/07/2016 dal Consigliere Dott. ELENA BOGHETICH;

udito l’Avvocato FUSCO MICHELA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA Mario, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
Con sentenza depositata il 31 maggio 2012 la Corte di appello di Brescia, in riforma della sentenza del Tribunale della medesima sede, ha dichiarato illegittimi i due licenziamenti irrogati il (OMISSIS) alla dipendente B.F. dal Comune di Cellatica ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001 per assenza ingiustificata protratta per oltre tre giorni, anche non continuativi, nel (OMISSIS). La Corte, ritenuta necessaria (nonostante la specifica e tipizzata previsione normativa) la verifica della sussistenza degli elementi soggettivi ed oggettivi della giusta causa di risoluzione del contratto, ha rinvenuto, nella condotta della lavoratrice, i profili della buona fede trattandosi di madre di una bambina minore affetta da handicap che aveva chiesto, infruttuosamente – per l’arco temporale (OMISSIS) – la fruizione di un periodo di aspettativa non retribuita e considerato, inoltre, il comportamento dell’ente che aveva proceduto ad un’unica contestazione disciplinare per poi adottare plurimi provvedimenti e che non aveva avvertito la lavoratrice dell’esaurimento di tutto l’arco temporale previsto dal D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 47 a titolo di congedo per malattia della figlia. In assenza di connotazioni di gravità tali da giustificare la sanzione espulsiva, il giudice di merito ha disposto la reintegrazione della lavoratrice nel posto di lavoro.

Avverso la sentenza impugnata ricorre il Comune con tre motivi. Resiste la B. con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione
1. Con il primo motivo il Comune ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55 quater, comma 1, lett. b) nonchè vizio di motivazione, rilevando che la Corte territoriale ha erroneamente recuperato spazi discrezionali e valutativi della giusta causa di licenziamento di contro esclusi dal legislatore il quale, enucleando – con la modifica apportata con il D.Lgs. n. 150 del 2009, art. 69 – ipotesi tipizzate di licenziamento ha attribuito rilievo pressochè autonomo al dato oggettivo dell’assenza protratta nel triennio, cui non può conseguire, da parte datoriale pubblica, altra reazione se non quella del provvedimento di risoluzione del rapporto di lavoro. Rileva, inoltre, parte ricorrente come nonostante le indiscutibili difficoltà derivanti alla lavoratrice dalla disabilità della figlia – la B. avesse fruito a più riprese di permessi speciali e, in genere, di assenze giustificate per ragioni familiari e/o di salute e che rientra, pertanto, nella comune e minima diligenza del dipendente tenere il computo dei giorni a propria disposizione e di quelli mancanti alla necessaria ripresa dell’attività lavorativa. Si deduce, inoltre, che la Corte territoriale ha, in particolare, confuso le problematiche della figlia disabile (che negli anni addietro hanno trovato ampia comprensione da parte del Comune, che a più riprese è venuto incontro alle particolari esigenze della lavoratrice, consentendo l’ampio utilizzo di tutti gli strumenti posti dall’ordinamento a tutela di situazioni svantaggiate) con l’osservanza dei doveri di ufficio a cui è tenuto ogni dipendente, che – nel caso di specie – doveva essere rinvenuta nella condotta tenuta dalla lavoratrice in epoca anteriore e successiva ai fatti addebitati, condotta che è, invece, stata improntata al dispregio delle più elementari regole che il pubblico dipendente è tenuto a seguire (come evidenziato nella memoria autorizzata del 19.9.2011, a cui il Comune rinvia, ove si è sottolineato che la B. l’8.7.2011 non rientrava dal congedo parentale usufruito D.Lgs. n. 151 del 2001, ex art. 32).

2. Con il secondo motivo il Comune denuncia violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55 quater, comma 1, lett. b) nonchè vizio di motivazione, avendo, la Corte territoriale, censurato la condotta dell’ente pubblico per non aver tempestivamente preavvisato la B. dell’esaurimento dei giorni di congedo dalla stessa fruibili, non sussistendo un siffatto onere a carico del datore di lavoro.

3. Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 25 del CCNL comparto Regioni Enti locali stipulato il 6.7.1995 nonchè vizio di motivazione ove il giudice di merito ha censurato l’adozione di una pluralità di sanzioni disciplinari in conseguenza di una condotta unitaria della dipendente, essendosi, il Comune, limitato ad ottemperare alla previsione legislativa che prevede il decorso di tre giorni di assenza ingiustificata per integrare la fattispecie normativa.

4. Preliminarmente, non può ravvisarsi – nella memoria ex art. 378 c.p.c. depositata dal Comune – una chiara ed effettiva determinazione a rinunciare al ricorso in Cassazione. Invero, la memoria, che riporta la rubrica “Note per l’udienza del 5.7.2016. Rinuncia al ricorso”, si compendia nella comunicazione di un successivo licenziamento (intimato alla B. in data (OMISSIS)) e nella produzione della sentenza della Corte di appello di Brescia n. 274/2014 di declaratoria di legittimità di tale provvedimento espulsivo, senza manifestare, peraltro, una chiara ed incontrovertibile volontà dell’ente di abbandonare la presente controversia.

5. I motivi, strettamente connessi tra loro, sono fondati.

Il legislatore del 2009 ha integralmente sostituito il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55 inserendo, fra l’altro, l’art. 55 quater nel quale, fermi gli istituti più generali del licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo, sono state introdotte e tipizzate alcune ipotesi di infrazione particolarmente gravi e, come tali, ritenute idonee a fondare un licenziamento. Tra queste è prevista l’ipotesi dell’assenza priva di valida giustificazione per un numero di giorni, anche non continuativi, superiori a tre nell’arco di un biennio.

14. L’art. 55 quater, comma 1 dispone, invero, che, “Ferma la disciplina in tema di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo e salve ulteriori ipotesi previste dal contratto collettivo, si applica comunque la sanzione del licenziamento disciplinare, nei seguenti casi: (…) b) assenza priva di valida giustificazione per un numero di giorni, anche non continuativi, superiore a tre nell’arco di un biennio o comunque per più di sette giorni nel corso degli ultimi dieci anni ovvero mancata ripresa del servizio, in caso di assenza ingiustificata, entro il termine fissato dall’amministrazione”.

La disposizione ha introdotto una tipizzazione di fattispecie di illeciti disciplinari per i quali è prevista l’applicazione del licenziamento. Si pone, quindi, il problema di verificare se – una volta accertato che il lavoratore abbia commesso una delle mancanze previste dalla norma – il licenziamento sia una conseguenza automatica e necessaria ovvero se l’amministrazione conservi il potere-dovere di valutare l’effettiva portata dell’illecito, tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto e, quindi, di graduare la sanzione da irrogare, potendo ricorrere a quella espulsiva solamente nell’ipotesi in cui il fatto presenti caratteri propri del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa di licenziamento.

Sul piano strettamente letterale, la nuova normativa offre spunti in senso opposto: da una parte, si prevede che si applichi “comunque” il licenziamento ove ricorrano le fattispecie tipizzate ma, dall’altra parte, viene richiamato il generale principio di proporzionalità enunciato dall’art. 2106 c.c. (D.Lgs. n. 165, art. 55, comma 2, primo periodo) e viene mantenuta “ferma la disciplina in tema di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo”, con implicito richiamo del consolidato orientamento giurisprudenziale relativo alle c.d. norme elastiche ed alla verifica di legittimità demandata al giudice. Il D.Lgs. n. 165, art. 55 septies può soccorrere per una interpretazione di valenza sistematica solamente nelle ipotesi di assenze imputabili a malattia, che non concerne il caso di specie.

Non apparendo dirimente il criterio letterale, come già sottolineato da questa Corte (cfr. Cass. n. 1351/2016), l’esame della giurisprudenza costituzionale impone di privilegiare una ermeneusi “morbida” (come definita dallo stesso ricorrente) che consenta di ritenere che, anche in presenza di uno degli illeciti elencati dalla disposizione, l’amministrazione sia tenuta a svolgere il procedimento disciplinare all’esito del quale, valutate tutte le circostanze del caso concreto e, in particolare, la ricorrenza di circostanze influenti sull’intensità del dolo o la gravità della colpa in senso attenuante della responsabilità del dipendente, può irrogare anche una sanzione conservativa. Deve, quindi, escludersi la configurabilità in astratto di qualsivoglia automatismo nell’irrogazione di sanzioni disciplinari, specie laddove queste consistano nella massima sanzione. Il Giudice delle leggi, infatti, esaminando diverse disposizioni legislative che prevedevano automatismi espulsivi, ha ritenuto che la privazione di una valutazione di graduazione della sanzione in riferimento al caso concreto vulnera i principi della tutela del lavoro (artt. 4 e 35 Cost.), del buon andamento amministrativo (art. 97 Cost.) e quelli fondamentali di ragionevolezza (art. 3 Cost. Cfr. Corte Cost. n. 971/1988 e Corte Cost. n. 706/1996 in materia di destituzione di diritto; Corte Cost. n. 170/2015 in materia di trasferimento obbligatorio in caso di violazione di specifici doveri da parte dei magistrati).

6. Deve, ritenersi, allora, che la disposizione normativa cristallizza, dal punto di vista oggettivo, la gravità della sanzione prevedendo ipotesi specifiche di condotte del lavoratore, mentre consente la verifica, caso per caso, della sussistenza dell’elemento intenzionale o colposo, ossia la valutazione se ricorrono elementi che assurgono a “scriminante” della condotta tenuta dal lavoratore tali da configurare una situazione di inesigibilità della prestazione lavorativa. In particolare, con riguardo all’assenza non giustificata, la tipizzazione ex ante effettuata dal legislatore onera il lavoratore di dedurre e fornire elementi che consentano (in primis all’Amministrazione e, successivamente ed eventualmente, al giudice) di valutare la ricorrenza di circostanze tali da impedire lo svolgimento dell’attività lavorativa, in tal senso comprendendo sia l’adempimento della prestazione principale sia tutto il corredo degli obblighi strumentali di correttezza e diligenza, e tali, quindi, da giustificare la condotta tenuta dal lavoratore seppur coincidente con la tipizzazione (oggettiva) effettuata dal legislatore.

7. Ebbene, nel caso di specie, non sussistono dubbi sul fatto che, dal punto di vista oggettivo, il comportamento contestato alla lavoratrice integrava la fattispecie tipizzata al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55 quater, lett. b ricorrendo tre giorni di assenza non giustificati nell’arco di un mese ((OMISSIS)).

La Corte territoriale non ha, peraltro, adeguatamente valutato la gravità dell’inadempimento con riguardo agli elementi soggettivi e, in particolare non ha considerato se l’adempimento, da parte della B., dei doveri d’ufficio (con riferimento alla comunicazione delle ragioni di assenza e, soprattutto, all’utilizzo di tutti gli istituti a disposizione del dipendente che si trovi in una situazione di svantaggio, quali ferie e permessi, per giustificare le assenze) doveva ritenersi, e per quale ragione, comportamento non esigibile, dovendosi ritenere – viceversa – rientrare nella normale diligenza del lavoratore il rispetto dell’orario di lavoro e delle condizioni di fruizione (previa richiesta) di pause, ferie e in generale di cause di sospensione del rapporto di lavoro previste dalla legge o dal contratto collettivo.

8. Deve, in conclusione affermarsi il principio di diritto secondo cui ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55 quater, lett. b) l’assenza priva di valida giustificazione per un numero di giorni, anche non continuativi, superiore a tre nell’arco di un biennio consente l’intimazione della sanzione disciplinare del licenziamento purchè non ricorrano elementi che assurgono a “scriminante” della condotta tenuta dal lavoratore tali da configurare una situazione di inesigibilità della prestazione lavorativa.

9. Per le ragioni esposte il ricorso va accolto nei sensi di cui in motivazione, la sentenza impugnata va cassata con rinvio, anche per le spese, alla Corte di appello di Brescia in diversa composizione.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Brescia in diversa composizione.

Conclusione
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 5 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2016


L’istituto della notifica per pubblici proclami. Art. 150 c.p.c.

pubblici-proclamiIl codice del processo amministrativo ha previsto l’istituto della notifica per pubblici proclami, senza, tuttavia, specificarne le modalità, la cui definizione resta affidata volta per volta al presidente del Tribunale ovvero della Sezione investita della cognizione della causa. In mancanza di specifiche indicazioni da parte del giudice che ordina l’integrazione del contraddittorio, deve ritenersi senz’altro applicabile, in forza c.d. “rinvio esterno” di cui all’art. 39 comma 2, c.p.a., la disciplina contenuta nel codice di procedura civile. A tal riguardo va evidenziato che ai sensi dell’articolo 150 c.p.c. la notificazione per pubblici proclami si perfeziona mediante il deposito di copia dell’atto nella casa comunale del luogo in cui ha sede l’ufficio giudiziario davanti al quale si promuove o si svolge il processo, e con l’inserimento di un estratto di esso nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica. E’ altresì previsto che la notificazione si ha per avvenuta quando l’ufficiale giudiziario deposita una copia dell’atto, con la relazione e i documenti giustificativi dell’attività svolta, nella cancelleria del giudice davanti al quale si procede. Da quanto detto deriva che la notifica per pubblici proclami può ritenersi perfezionata soltanto mediante il rispetto del suddetto iter procedimentale e con la prova del deposito della documentazione ad essa relativa nella Segreteria del giudice che ha ordinato l’incombente, con la conseguenza che l’omissione di tale ultimo adempimento comporta l’improcedibilità del ricorso (in questi termini cdfr. Cons. St., Sez. IV, n. 3759 del 2008).

Consiglio di Stato Sez. VI del 31.8.2016 n. 3764

Leggi anche: Notifica per pubblici proclami: quando mancano presupposti e modalità;    Art. 150 c.p.c. Notificazione per pubblici proclami


Giornata di Studio Tortona (AL) – 28.10.2016

Locandina Tortona 2016LA NOTIFICA ON LINE

Venerdì 28 ottobre 2016

Comune di Tortona (AL)

Teatro Civico

Sala Ridotto

Via Ammiraglio Mirabello 3

Orario: 9:00 – 13:00 e 14:00 – 17:00
con il patrocinio del Comune di Tortona (AL)

Quote di Iscrizione alla giornata di studio:

€ 132.00(*) (**) se il partecipante alla giornata di studio è già socio A.N.N.A. (persona fisica già iscritta all’Associazione alla data del 31.12.2015 con rinnovo anno 2016 già pagato al 31.12.2015. Tale requisito attiene esclusivamente alle persone fisiche. L’iscrizione ad ANNA del solo ente di appartenenza non soddisfa tale condizione per i propri dipendenti.
€ 202.00(*) (**) (***) se il partecipante NON è ancora socio A.N.N.A ma intende iscriversi per l’anno 2017 pagando la quota insieme a quella della giornata di studio. Tra i servizi che l’Associazione offre ai propri Iscritti vi è anche l’accesso all’area riservata del sito www.annamessi.it ed un’assicurazione per colpa grave.
€ 272,00 più I.V.A se dovuta (*) (**), per chi vuole frequentare solo la giornata di studio (NON è iscritto ad A.N.N.A. e NON vuole iscriversi).


 Partecipazione di 2 o più dipendenti dello stesso Ente:

  • € 200,00 (*) (**) (***) per il primo partecipante
  • € 150,00 (*) (**) (***) per il secondo partecipante
  • € 65,00 (*) (**) (***) per il terzo e oltre partecipante

Tali quote comprendono l’iscrizione all’Associazione per l’anno 2017 a cui si deve aggiungere € 2,00 (Marca da Bollo) sull’unica fattura emessa. Tale promozione non è assimilabile alle Quote di Iscrizione sopra descritte (Quote di Iscrizione alla giornata di studio).


La quota di iscrizione comprende: accesso in sala, colazione di lavoro e materiale didattico.

Le quote d’iscrizione dovranno essere pagate, al netto delle spese bancarie e/o postali,   comprensive  dell’imposta di bollo di € 2,00, tramite:

Versamento in Banca sul Conto Corrente Bancario:

  • Codice IBAN: IT 20 J 07601 12100 000055115356 [Banco Posta di Poste Italiane]
  • Versamento in Posta sul Conto Corrente Postale n. 55115356
  • Versamento per contanti presso la Segreteria della giornata di studio

Intestazione : Associazione Nazionale Notifiche Atti
Causale: Giornata Tortona 2016 o numero fattura
(*) Se la fattura è intestata ad un Ente Pubblico la quota è esente da IVA ai sensi ai sensi dell’Art. 10 DPR n. 633/1972 così come dispone l’art. 14, comma 10 legge 537 del 24/12/1993 – comprensivo di  € 2,00 (Marca da Bollo)

(**) Le spese bancarie e/o postali per il versamento delle quote di iscrizione sono a carico di chi effettua il versamento.
(***) Se la giornata di studio si effettua negli ultimi 3 mesi dell’anno la eventuale quota di iscrizione all’Associazione A.N.N.A. deve intendersi versata per l’annualità successiva.

L’Associazione rilascerà ai partecipanti un attestato di frequenza, che potrà costituire un valido titolo personale di qualificazione professionale.

L’iscrizione alla giornata di studio potrà essere effettuata anche on line cliccando sul link a fondo pagina cui dovrà seguire il versamento della quota di iscrizione alla giornata di studio.
I docenti sono operatori di settore che con una collaudata metodologia didattica assicurano un apprendimento graduale e completo dei temi trattati. Essi collaborano da anni in modo continuativo con A.N.N.A. condividendone così lo stile e la cultura.

I corsi / seminari / convegni / giornate di studio non sono configurabili come appalti di servizi.

Pertanto per il loro acquisto non è necessario transitare dalle Centrali di Committenza (nazionale o regionale), né è prevista la richiesta del CIG. Si veda anche paragrafo 3.9 della Determinazione dell’AVCP n. 4 del 7 luglio 2011.

La formazione in materia di appalti e contratti pubblici, se prevista dal Piano triennale per la prevenzione della corruzione del singolo Ente, non è soggetta al tetto di spesa definito dall’art. 6, comma 13, del D.L. n. 78/2010. Si tratta infatti di formazione obbligatoria prevista dalla Legge n. 190/2012 (cfr. Corte dei conti: sez. reg.le di controllo Emilia Romagna n. 276/2013; sez. reg.le di controllo Liguria n. 75/2013; sez. reg.le di controllo Lombardia n. 116/2011)

Docente:

Asirelli Corrado

Coord. Uff. Notifiche Comune di Cesena (FC)

Membro della Giunta Esecutiva  di A.N.N.A.

Membro della Commissione Normativa di A.N.N.A.

Programma:

Il Messo Comunale

· Obblighi e competenze e responsabilità

Il procedimento di notificazione

  • Art. 137 c.p.c.: norme introduttive sulla notificazione degli atti
  • Art. 138 c.p.c.: notificazione in mani proprie
  • Art. 139 c.p.c.: notificazione nella residenza, dimora e domicilio

· Concetto di dimora, residenza e domicilio

  • Art. 140 c.p.c. Notifica agli irreperibili relativi
  • La sentenza della Corte Costituzionale n. 3/2010
  • Art. 141 c.p.c. Notificazione presso il domiciliatario
  • Art. 142 c.p.c. Notificazione a persone non residenti né dimoranti né domiciliate nella Repubblica
  • Art. 143 c.p.c. Notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti
  • Art. 145 c.p.c. Notificazione alle persone giuridiche

La notificazione a mezzo posta “tradizionale

  • Ambito di applicazione della L. 890/1982
  • Attività del Messo Comunale e attività dell’Ufficiale Postale

Le notifiche degli atti pervenuti tramite P.E.C.

  • Art. 137, 3° comma, c.p.c.: problemi applicativi

La notificazione a mezzo posta elettronica

  • Art. 48 D.Lgs 82/2005 (Codice dell’Amministrazione Digitale)
  • La PEC
  • La firma digitale
  • La notificazione a mezzo posta elettronica
  • Art. 149 bis c.p.c.
  • Le nuove disposizioni del C.A.D.  La pec come strumento esclusivo di comunicazione e notifica della P.A..

La notificazione degli atti tributari

  • Il D.P.R. 600/1973
  •             L’Art. 60 del D.P.R. 600/1973
  •             L’Art. 65 del D.P.R. 600/1973 (Eredi)
  • Le notifiche ai soggetti A.I.R.E.
  • L’Art. 26 del D.P.R. 602/1973 e sentenza della Corte Costituzionale 258/2012

Casa Comunale

  • · La consegna degli atti presso la Casa Comunale (al destinatario ed a persone delegate)

Cenni sull’Albo on Line

  • Le raccomandazioni del Garante della privacy

· Il diritto “all’oblio”

Risposte a quesiti

 Gli argomenti trattati si intendono aggiornati con le ultime novità normative e giurisprudenziali in materia di notificazioni

L’Associazione provvederà ad effettuare l’esame di idoneità per le persone che verranno indicate dall’Amm.ne, al fine del conseguimento della nomina a Messo Notificatore previsto dalla legge finanziaria del 2007  (L. 296/2006, Art. 1, comma 158 e ss.)

Nota bene: Qualora l’annullamento dell’iscrizione venga comunicato meno di cinque giorni prima dell’iniziativa, l’organizzazione si riserva la facoltà di fatturare la relativa quota, anche nel caso di non partecipazione alla giornata di studio.

Vedi: 

Attività di formazione anno 2016

Attività di formazione anno 2017

Scarica: Depliant Corso Tortona 2016

Vedi: Immagini della Giornata di Studio

Vedi: Video della Giornata di Studio

Scarica: MODULO DI PARTECIPAZIONE Tortona 2016  Sul modulo dovranno obbligatoriamente essere indicati tutti i codici (CUU, CIG ecc.) che dovranno comparire nella fattura

Scarica: Autocertificazioni Fiscali 2016

  1. Dichiarazione DURC
  2. Dichiarazione sulla tracciabilità dei pagamenti, L. 136/2010
  3. Documento d’Identità personale del Legale Rappresentante di A.N.N.A.
  4. Dichiarazione sostitutiva del certificato generale del casellario giudiziale e dei carichi pendenti
  5. Dichiarazione relativa alla fase di liquidazione delle fatture di competenza

Giornata di Studio Zola Predosa (BO) – 11.10.2016

Locandina Zola 2016LA NOTIFICA ON LINE

Martedì 11 ottobre 2016

Comune di Zola Predosa (BO)

Sala Corsi
Municipio

Piazza della Repubblica 1

Orario: 9:00 – 13:00 e 14:00 – 17:00
con il patrocinio del Comune di Zola Predosa (BO)

Quote di Iscrizione alla giornata di studio:

€ 132.00(*) (**) se il partecipante alla giornata di studio è già socio A.N.N.A. (persona fisica già iscritta all’Associazione alla data del 31.12.2015 con rinnovo anno 2016 già pagato al 31.12.2015. Tale requisito attiene esclusivamente alle persone fisiche. L’iscrizione ad ANNA del solo ente di appartenenza non soddisfa tale condizione per i propri dipendenti.
€ 202.00(*) (**) (***) se il partecipante NON è ancora socio A.N.N.A ma intende iscriversi per l’anno 2017 pagando la quota insieme a quella della giornata di studio. Tra i servizi che l’Associazione offre ai propri Iscritti vi è anche l’accesso all’area riservata del sito www.annamessi.it ed un’assicurazione per colpa grave.
€ 272,00 più I.V.A se dovuta (*) (**), per chi vuole frequentare solo la giornata di studio (NON è iscritto ad A.N.N.A. e NON vuole iscriversi).


 Partecipazione di 2 o più dipendenti dello stesso Ente:

  • € 200,00 (*) (**) (***) per il primo partecipante
  • € 150,00 (*) (**) (***) per il secondo partecipante
  • € 65,00 (*) (**) (***) per il terzo e oltre partecipante

Tali quote comprendono l’iscrizione all’Associazione per l’anno 2017 a cui si deve aggiungere € 2,00 (Marca da Bollo) sull’unica fattura emessa. Tale promozione non è assimilabile alle Quote di Iscrizione sopra descritte (Quote di Iscrizione alla giornata di studio).


La quota di iscrizione comprende: accesso in sala, colazione di lavoro e materiale didattico.

Le quote d’iscrizione dovranno essere pagate, al netto delle spese bancarie e/o postali,   comprensive  dell’imposta di bollo di € 2,00, tramite:

Versamento in Banca sul Conto Corrente Bancario:

  • Codice IBAN: IT 20 J 07601 12100 000055115356 [Banco Posta di Poste Italiane]
  • Versamento in Posta sul Conto Corrente Postale n. 55115356
  • Versamento per contanti presso la Segreteria della giornata di studio

Intestazione : Associazione Nazionale Notifiche Atti
Causale: Giornata Zola 2016 o numero fattura
(*) Se la fattura è intestata ad un Ente Pubblico la quota è esente da IVA ai sensi ai sensi dell’Art. 10 DPR n. 633/1972 così come dispone l’art. 14, comma 10 legge 537 del 24/12/1993 – comprensivo di  € 2,00 (Marca da Bollo)

(**) Le spese bancarie e/o postali per il versamento delle quote di iscrizione sono a carico di chi effettua il versamento.
(***) Se la giornata di studio si effettua negli ultimi 3 mesi dell’anno la eventuale quota di iscrizione all’Associazione A.N.N.A. deve intendersi versata per l’annualità successiva.

L’Associazione rilascerà ai partecipanti un attestato di frequenza, che potrà costituire un valido titolo personale di qualificazione professionale.

L’iscrizione alla giornata di studio potrà essere effettuata anche on line cliccando sul link a fondo pagina cui dovrà seguire il versamento della quota di iscrizione alla giornata di studio.
I docenti sono operatori di settore che con una collaudata metodologia didattica assicurano un apprendimento graduale e completo dei temi trattati. Essi collaborano da anni in modo continuativo con A.N.N.A. condividendone così lo stile e la cultura.

I corsi / seminari / convegni / giornate di studio non sono configurabili come appalti di servizi.

Pertanto per il loro acquisto non è necessario transitare dalle Centrali di Committenza (nazionale o regionale), né è prevista la richiesta del CIG. Si veda anche paragrafo 3.9 della Determinazione dell’AVCP n. 4 del 7 luglio 2011.

La formazione in materia di appalti e contratti pubblici, se prevista dal Piano triennale per la prevenzione della corruzione del singolo Ente, non è soggetta al tetto di spesa definito dall’art. 6, comma 13, del D.L. n. 78/2010. Si tratta infatti di formazione obbligatoria prevista dalla Legge n. 190/2012 (cfr. Corte dei conti: sez. reg.le di controllo Emilia Romagna n. 276/2013; sez. reg.le di controllo Liguria n. 75/2013; sez. reg.le di controllo Lombardia n. 116/2011)

Docente:

Asirelli Corrado

Coord. Uff. Notifiche Comune di Cesena (FC)

Membro della Giunta Esecutiva  di A.N.N.A.

Membro della Commissione Normativa di A.N.N.A.

Programma:

Il Messo Comunale

· Obblighi e competenze e responsabilità

Il procedimento di notificazione

  • Art. 137 c.p.c.: norme introduttive sulla notificazione degli atti
  • Art. 138 c.p.c.: notificazione in mani proprie
  • Art. 139 c.p.c.: notificazione nella residenza, dimora e domicilio

· Concetto di dimora, residenza e domicilio

  • Art. 140 c.p.c. Notifica agli irreperibili relativi
  • La sentenza della Corte Costituzionale n. 3/2010
  • Art. 141 c.p.c. Notificazione presso il domiciliatario
  • Art. 142 c.p.c. Notificazione a persone non residenti né dimoranti né domiciliate nella Repubblica
  • Art. 143 c.p.c. Notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti
  • Art. 145 c.p.c. Notificazione alle persone giuridiche

La notificazione a mezzo posta “tradizionale

  • Ambito di applicazione della L. 890/1982
  • Attività del Messo Comunale e attività dell’Ufficiale Postale

Le notifiche degli atti pervenuti tramite P.E.C.

  • Art. 137, 3° comma, c.p.c.: problemi applicativi

La notificazione a mezzo posta elettronica

  • Art. 48 D.Lgs 82/2005 (Codice dell’Amministrazione Digitale)
  • La PEC
  • La firma digitale
  • La notificazione a mezzo posta elettronica
  • Art. 149 bis c.p.c.

La notificazione degli atti tributari

  • Il D.P.R. 600/1973
  •             L’Art. 60 del D.P.R. 600/1973
  •             L’Art. 65 del D.P.R. 600/1973 (Eredi)
  • Le notifiche ai soggetti A.I.R.E.
  • L’Art. 26 del D.P.R. 602/1973 e sentenza della Corte Costituzionale 258/2012

Casa Comunale

  • · La consegna degli atti presso la Casa Comunale (al destinatario ed a persone delegate)

Cenni sull’Albo on Line

  • Le raccomandazioni del Garante della privacy

· Il diritto “all’oblio”

Risposte a quesiti

 Gli argomenti trattati si intendono aggiornati con le ultime novità normative e giurisprudenziali in materia di notificazioni

L’Associazione provvederà ad effettuare l’esame di idoneità per le persone che verranno indicate dall’Amm.ne, al fine del conseguimento della nomina a Messo Notificatore previsto dalla legge finanziaria del 2007  (L. 296/2006, Art. 1, comma 158 e ss.)

Nota bene: Qualora l’annullamento dell’iscrizione venga comunicato meno di cinque giorni prima dell’iniziativa, l’organizzazione si riserva la facoltà di fatturare la relativa quota, anche nel caso di non partecipazione alla giornata di studio.

Vedi: 

Attività di formazione anno 2016

Attività di formazione anno 2017

Scarica: Depliant Giornata di Studio Zola 2016

Vedi: Immagini della Giornata di Studio

Vedi: Video della Giornata di Studio

Scarica: MODULO DI PARTECIPAZIONE Zola Predosa 2016  Sul modulo dovranno obbligatoriamente essere indicati tutti i codici (CUU, CIG ecc.) che dovranno comparire nella fattura

Scarica: Autocertificazioni Fiscali 2016

  1. Dichiarazione DURC
  2. Dichiarazione sulla tracciabilità dei pagamenti, L. 136/2010
  3. Documento d’Identità personale del Legale Rappresentante di A.N.N.A.
  4. Dichiarazione sostitutiva del certificato generale del casellario giudiziale e dei carichi pendenti
  5. Dichiarazione relativa alla fase di liquidazione delle fatture di competenza

Cass. civ., Sez. lavoro, Sent., (data ud. 04/05/2016) 06/09/2016, n. 17637

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11863/2014 proposto da:

N.G. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIROLAMO DA CARPI 1, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO FUNARI, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE (OMISSIS) già, AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE (OMISSIS) C.F. (OMISSIS) in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FILIPPO MEDA 35, presso lo studio dell’avvocato BARBARA BENTIVOGLIO, (AVVOCATURA AZIENDALE) che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati MARIA CRISTINA TANDOI, GABRIELLA MAZZOLI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 9935/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 02/12/2013, R.G. N. 2875/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/05/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE NAPOLETANO;

udito l’Avvocato GIUSEPPE GALLINARO per delega ANTONIO FUNARI;

udito l’avvocato BARBARA BENTIVOGLIO e GABRIELLA MAZZOLI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
La Corte di Appello di Roma, confermando la sentenza del Tribunale di Roma, rigettava l’impugnazione dei provvedimenti di sospensione dal servizio e di licenziamento adottati dall’Azienda Unità Sanitaria Locale (OMISSIS) nei confronti di N.G. per essersi lo stesso assentato dal servizio pur avendo fatto risultare la sua presenza mediante timbratura, in entrata ed in uscita, del cartellino marcatempo.

A base del decisum la Corte del merito poneva innanzitutto il rilievo secondo il quale l’allegata non volontarietà del comportamento a causa di malattia costituiva un fatto non dedotto nel ricorso di primo grado e come tale era da considerarsi inammissibile con conseguente non necessità di sospendere il processo sino alla definizione del procedimento penale nel quale era sta disposta perizia per accertare la capacità d’intendere e volere del N. al momento del fatto. Riteneva, poi, la predetta Corte, corretto il comportamento dell’ASL (OMISSIS) che aveva fatto decorrere gli effetti della sospensione e del licenziamento dalla data del rientro dalla malattia. Assumeva, inoltre, la Corte distrettuale l’irrilevanza delle addotte ragioni giustificative del comportamento addebitato non avendo il N. richiesto autorizzazioni per assentarsi dal servizio per prestare assistenza ai genitori ed essendosi allontanato dal luogo di lavoro dopo avere falsamente attestato la sua presenza attraverso la timbratura del cartellino marcatempo in entrata ed in uscita, comportamento questo integrante la previsione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55 ter, trattandosi di falsa attestazione della presenza in servizio con modalità fraudolenta.

Avverso questa sentenza il N. ricorre in cassazione in ragione di quattro censure, illustrate da memoria, cui resiste con controricorso l’Azienda intimata.

Motivi della decisione
Con il primo motivo il ricorrente,deduce vizio di motivazione e sostiene che la Corte del merito non ha ben valutato tutti i fatti dedotti nel giudizio relativi al suo stato d’incapacità ed in particolare alla relazione del dott. I..

Con la seconda censura il ricorrente, denuncia ex art. 360, n. 3, la “indebita reiezione dell’istanza di sospensione del presente giudizio per pregiudizialità rispetto a quello penale in violazione dell’art. 295 c.p.c., e art. 211 disp. att. c.p.p..

Le due censure che in quanto strettamente connesse dal punto di vista logico giuridico vanno trattate unitariamente, non possono trovare accoglimento.

Preliminarmente va rilevato che alla stregua dell’orientamento delle Sezioni Unite di questa Corte la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (S.U. 7 aprile 2014 n. 8053).

Tanto comporta che la censura in esame con la quale si denuncia sostanzialmente un’ “incompletezza, incongruità e contraddittorietà” della motivazione non è scrutinabile in questa sede di legittimità non senza considerare che la sentenza impugnata sotto il profilo in esame non presenta alcuna anomalia motivazionale nei sensi sopra indicati.

A tanto aggiungasi che tutte le deduzioni in ordine alle quali parte ricorrente denuncia una insufficiente motivazione attengono ad allegazioni avvenute in grado di appello e che come tali sono irrilevanti ai fini, appunto,della ritenuta novità della questione afferente la non volontarietà del comportamento per malattia mentale.

Nè il mero richiamo alla relazione del dott. I. vale a superare la non tempestiva deduzione del fatto di cui trattasi quale ragione integrante uno specifico profilo d’impugnazione del licenziamento ritenuto dalla Corte del merito non denunciabile per la prima volta in appello.

Conseguentemente non potendo trovare ingresso, come asserito dalla Corte del merito senza alcuna censura sul punto, in grado di appello il profilo in parola in quanto diverso da quelli specifici posti a base, nel ricorso introduttivo del giudizio, delle impugnazioni dei provvedimenti disciplinari, correttamente detta Corte ha escluso la necessità della invocata sospensione del processo civile sino alla definizione del procedimento penale nel quale era stata disposta perizia per accertare la capacità d’intendere e volere del N. al momento del fatto.

Con la terza critica il N. assume “l’illegittimità dei provvedimenti di sospensione e di licenziamento benchè con efficacia prorogata al momento del rientro in servizio del dott. N. e mancata applicazione delle norme poste dal D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 41, comma 2, lett. e ter”.

Sostanzialmente il ricorrente prospetta che l’ASL alla scadenza del periodo di congedo avrebbe dovuto sottoporre il dott. N. a visita medica d’idoneità specifica ai sensi del denunciato D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 41, comma 2, lett. e) ter.

La critica è inammissibile.

La questione infatti è da considerarsi nuova e, quindi, inammissibile, posto che non risulta trattata in alcun modo nella sentenza impugnata ed il ricorrente, in violazione del principio di specificità del ricorso ex art. 366 c.p.c., n. 6, e art. 369 c.p.c., n. 4, non ha indicato in quale atto del giudizio precedente ha dedotto siffatta questione ed in quali termini (Cass. 2 aprile 2004 n. 6542, Cass. Cass. 21 febbraio 2006 n.3664 e Cass. 28 luglio 2008 n. 20518).

Nè può sottacersi che l’eventuale violazione da parte dell’ASL della denunciata norma non può certo incidere sulla validità dei provvedimenti disciplinari adottati la cui legittimità non è condizionata, nella specie, dalla eventuale violazione della richiamata normativa.

Con l’ultimo motivo il ricorrente deduce violazione ed erronea applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55 quater, e dell’art. 8, comma 11, lett. a) e f) del CCNL del personale della dirigenza medica e veterinaria del 6 maggio 2010.

Prospetta il ricorrente che nessuna delle ipotesi contemplate dal richiamato D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55 quater, a differenza di quanto affermato dalla Corte di Appello, è configurabile nella fattispecie e la denunciata normativa contrattuale presuppone l’intenzionalità del comportamento.

La censura è infondata.

Il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55 quater, per quello che interessa in questa sede, dispone che:

1. Ferma la disciplina in tema di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo e salve ulteriori ipotesi previste dal contratto collettivo, si applica comunque la sanzione disciplinare del licenziamento nei seguenti casi: a) falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustificazione dell’assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o che attesta falsamente uno stato di malattia; b) assenza priva di valida giustificazione per un numero di giorni, anche non continuativi, superiore a tre nell’arco di un biennio o comunque per più di sette giorni nel corso degli ultimi dieci anni ovvero mancata ripresa del servizio, in caso di assenza ingiustificata, entro il termine fissato dall’amministrazione; omissis.

Al riguardo va rilevato che, per quanto riguarda la timbratura del cartellino marcatempo, correttamente la Corte del merito ha ritenuto ricorrente nella specie l’ipotesi di falsa attestazione della presenza in servizio con modalità fraudolente, considerato che la timbratura del cartellino marcatempo in entrata ed in uscita non corrispondente alla reale situazione di fatto costituisce certamente una modalità fraudolenta giacchè la falsa attestazione del pubblico dipendente circa la presenza in ufficio riportata sui cartellini marcatempo o nei fogli di presenza costituisce condotta fraudolenta oggettivamente idonea ad indurre in errore l’amministrazione datore di lavoro circa la presenza effettiva sul luogo di lavoro e integra il reato di truffa aggravata ove il pubblico dipendente si allontani senza far risultare, mediante timbratura del cartellino o della scheda magnetica, i periodi di assenza, sempre che siano da considerare economicamente apprezzabili (Cass. pen. n. 8426 del 2014).

La rilevata estraneità del profilo della intenzionalità del comportamento rende non conferente la critica concernente la violazione della norma contrattuale collettiva.

In conclusione il ricorso va rigettato. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza. Si dà atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 3.000,00 per compensi oltre Euro 100,00 per esborsi e spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002D.P.R. 30/05/2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17,si dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Conclusione
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 4 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2016


L’attività formativa dell’Associazione – anno 2017

Notifica on line 2017Il «Progetto per la valorizzazione del Messo Comunale» è una iniziativa dell’Associazione A.N.N.A. che ha come obbiettivo principale quello di riqualificare la figura ed il ruolo del Messo Comunale e tutte le figure che svolgono l’attività di notificazione, attraverso la conoscenza dei principi fondamentali del Procedimento notificatorio.

L’Associazione attraverso tale iniziativa, che si svolge su tutto il territorio nazionale, intende dare il proprio contributo affinché l’applicazione delle norme che regolano il Procedimento notificatorio sia la più uniforme possibile .

L’informatizzazione della pubblica amministrazione è certamente una delle principali sfide che Stato, Regioni ed Enti locali si trovano ad affrontare in questo momento storico. L’impatto della tecnologia sull’amministrazione pubblica ed i servizi ai cittadini è di enorme portata, ma per risultare veramente efficace il processo di informatizzazione necessita di un gran numero di strumenti normativi, tecnici ed organizzativi. Gli effetti dello sviluppo e della diffusione dell’innovazione tecnologica sulla produzione documentaria sono oramai rilevanti (basti pensare a quelli derivanti dall’introduzione della firma elettronica e del servizio di posta elettronica certificata che hanno reso possibile la formazione, la trasmissione e la ricezione di documenti informatici a valenza giuridica e forza probatoria), il che rende necessari l’attivazione di sistemi di gestione elettronica e lo sviluppo di soluzioni di natura archivistica, organizzativa e tecnologica, capaci di garantire la conservazione nel tempo e la fruizione della memoria digitale.

Di fronte a tale situazione, A.N.N.A. si propone di fornire un contributo alla soluzione delle problematiche connesse alla produzione e conservazione dei documenti e degli archivi informatici; problematiche che, se non affrontate correttamente, rischiano di provocare la perdita irreversibile di gran parte del patrimonio archivistico che sarà prodotto in futuro dalle amministrazioni pubbliche e dalle imprese.

Le giornate di studio, di carattere prevalentemente pratico, affrontano la materia delle notifiche attraverso l’analisi, lo sviluppo ed il coordinamento delle norme procedurali. Particolare attenzione viene prestata alla compilazione dei moduli operativi, anche in relazione alle conseguenze derivanti dall’evoluzione giurisprudenziale che spesso sopperisce a lacune legislative ovvero ne determina ulteriori dubbi e difficoltà sull’applicabilità delle norme. Si tratterà, inoltre, in maniera approfondita della Notifica On Line

A richiesta, scritta, l’Associazione provvederà ad effettuare l’esame di idoneità per le persone che verranno indicate al fine del conseguimento della nomina a Messo Notificatore previsto dalla legge finanziaria del 2007 (Art. 1, comma 158 e ss.).

I docenti sono operatori di settore che, con una collaudata metodologia didattica, assicurano un apprendimento graduale e completo dei temi trattati. Essi collaborano da anni in modo continuativo con A.N.N.A. condividendone così lo stile e la cultura.

PRIMO SEMESTRE  2017

Data

Luogo

Tipologia

 Venerdì 27 Gennaio  Castelgomberto (VI)  Giornata di Studio per Agenti Notificatori in house
 Giovedì 2 Febbraio  Montegrotto Terme (PD)  Giornata di Studio per Agenti Notificatori
 Giovedì 9 Febbraio  Martinsicuro (TE)  Giornata di Studio per Agenti Notificatori
 Mercoledì 15 Febbraio  Trezzo sull’Adda (MI)  Giornata di Studio per Agenti Notificatori in house
 Giovedì 2 Marzo  Udine  Giornata di Studio per Agenti Notificatori
 Venerdì 10 Marzo  Imperia  Giornata di Studio per Agenti Notificatori
 Mercoledì 15 Marzo  Montecchio Emilia (RE)  Giornata di Studio per Agenti Notificatori
 Giovedì 30 Marzo  Ossona (MI)  Giornata di Studio per Agenti Notificatori
 Giovedì 6 Aprile  Fasano (BR)  Giornata di Studio per Agenti Notificatori
 Giovedì 4 Maggio  Fara in Sabina (RI)  Giornata di Studio per Agenti Notificatori
 Venerdì 26 Maggio  Verdellino (BG)  Giornata di Studio per Agenti Notificatori in House
 Giovedì 29 Giugno  Iglesias  Giornata di Studio per Agenti Notificatori

 SECONDO SEMESTRE  2017

Data

Luogo

Tipologia

 Giovedì 12 Ottobre  Ricigliano (SA) Giornata di Studio per Agenti Notificatori
 Mercoledì 18 Ottobre  Lainate (MI) Giornata di Studio per Agenti Notificatori
 Giovedì 9 Novembre  Ancona Giornata di Studio per Agenti Notificatori
 Venerdì 10 Novembre  Cesena (FC) Giornata di Studio per Agenti Notificatori
 Martedì 21 Novembre  Cento (FE)  Giornata di Studio in house per Agenti Notificatori
 Venerdì 15 Dicembre  UTI Carnia (UD)  Giornata di Studio in house per Agenti Notificatori

Cass. civ., Sez. V, Sent., (data ud. 04/02/2016) 09/08/2016, n. 16679

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14623/2015 proposto da:

RIVADOSSI RAFFINERIA METALLI SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA CRESCENZIO 2, presso lo studio dell’avvocato GUGLIELMO FRANSONI, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati GIUSEPPE CORASANITI, ELISA BONZANI, VICTOR UCKMAR giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 7229/2014 della COMM. TRIB. REG. della LOMBARDIA SEZ. DIST. di BRESCIA, depositata il 23/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/02/2016 dal Consigliere Dott. ETTORE CIRILLO;

udito per il ricorrente l’Avvocato CORASANITI che si riporta alle conclusioni contenute nel ricorso e alla memoria;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SOLDI Anna Maria, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
1. In fattispecie di fatturazione e doppia registrazione di operazioni ritenute inesistenti ma regolate e assolte col regime domestico d’inversione contabile per il commercio di rottami, il fisco mediante plurimi atti recupera, tra l’altro, l’IVA detratta dalla cessionaria Rivadossi a fronte di fatture emesse da presunte cartiere, Eurometal e ItalMetal. La decisione d’appello, per quanto qui ancora interessa, è impugnata dalla contribuente con tredici motivi di ricorso riguardanti le sfavorevoli determinazione riguardo all’imposizione sul valore aggiunto. L’amministrazione non spiega attività difensiva.

2. Da ultimo, la contribuente deposita memoria invocando i più favorevoli trattamenti fiscali e sanzionatori introdotti in materia d’inversione contabile nelle operazioni inesistenti dallo ius superveniens – D.Lgs. n. 158 del 2015, art. 15, comma 1, lett. f), e art. 31, – destinato ad essere applicato rispetto alle previsioni di matrice sanzionatoria con effetto dal primo gennaio 2016 (L. n. 208 del 2015, art. 32, comma 1, mod. art. 1, comma 133).

Motivi della decisione
1. Con il primo motivo (pag. 167) la ricorrente contesta la decisione del giudice d’appello in punto di legittimo raddoppio dei termini per il recupero dell’IVA per il 2005 (art. 57, comma 3 D.Iva; art. 2697 c.c.). Il motivo non è fondato perchè il raddoppio dei termini decadenziali per l’esercizio dell’attività di accertamento opera a prescindere dalle vicende delle indagini preliminari e del processo penale, essendo sufficiente un accertamento fiscale che comporti la mera sussistenza dell’obbligo di denuncia (Cass. 22587/2012). Il che prescinde dal fatto che una denuncia penale sia stata materialmente confezionata ex artt. 331, 347 e 333 c.p.p., e che la stessa sia stata effettivamente inoltrata all’autorità giudiziaria, in disparte dall’esito della denuncia stessa.

2. Con il secondo motivo (pag. 169) la ricorrente contesta la decisione del giudice d’appello in punto di notificazione degli atti cd. impo-esattivi per il recupero dell’IVA per il 2006 e il 2007 (D.L. n. 78 del 2010, art. 28; D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60; L. n. 890 del 1982, art. 14, comma 1). Il motivo non è fondato perchè è assolutamente pacifico che le notifiche tanto degli avvisi di accertamento (Cass. 15315/2014) quanto degli atti di riscossione (Cass. 6395/2014) possano avvenire direttamente a cura del soggetto legittimato (agenzia fiscale o concessionario) mediante gli agenti postali e secondo le regole ordinarie per le raccomandate, senza che, dunque, sia necessaria la mediazione di uno specifico agente notificatore, quale l’ufficiale giudiziario o altro messo incaricato o pubblico ufficiale assimilato. Il D.L. n. 78 del 2010, art. 28, non deroga affatto alle regole del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 4, e del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 2, limitandosi soltanto ad estendere la notifica per raccomandata postale agli atti successivi e consequenziali agli atti cd. impo-esattivi. Inoltre l’art. 56 d.Iva richiama ed estende all’imposizione sul valore aggiunto le modalità di notifica previste per la imposte sui redditi (comma 1) con evidente recepimento dell’intero art. 60 cit..

3. Con il terzo motivo (pag. 173) la ricorrente contesta la decisione del giudice d’appello in punto motivazione degli atti impositivi per il recupero dell’IVA per il 2005 e il 2006 (art. 56 d.Iva; art. 7, comma 1 Statuto). Il mezzo non è fondato perchè, sotto le spoglie della pretesa violazione di norme di diritto procedimentali, mira rivisitare il giudizio di merito della C.t.r. sulla idoneità della motivazione degli atti impositivi. A tal fine la ricorrente trascura di considerare che il giudice d’appello a pag. 4, lett. c), della sentenza osserva come la formula utilizzata dall’ufficio relativamente alla contabilizzazione di fatture per operazioni inesistenti vada letta nell’insieme delle argomentazioni sviluppate sia nell’avviso di accertamento, sia nel PVC, ai fini del positivo giudizio sulla sua idoneità argomentativa. Il che non è stato contestato con specifici e autosufficienti riferimenti ai singoli punti degli avvisi e del PVC. 4. Con il quarto motivo (pag. 179) la ricorrente contesta la decisione del giudice d’appello in punto d’integrazione probatoria disposta dalla C.t.p. riguardo al recupero dell’IVA per gli anni d’imposta dal 2005 al 2008 (art. 7, e art. 1, comma 1 proc. trib.; artt. 99, 112, 115, 210 e 213 c.p.c.). Il mezzo è inammissibile perchè la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l’interesse della parte alla regolarità dell’attività giudiziaria ma garantisce solo l’eliminazione del concreto pregiudizio subito dal diritto di difesa in conseguenza della violazione medesima. Ne consegue che è inammissibile il motivo che, come nella specie, deduca un’irrituale acquisizione documentale nel corso del giudizio di primo grado ma ometta di precisare l’effettivo e concreto pregiudizio difensivo subito (Cass. 26831/2014). Si aggiunga che l’irrituale produzione documentale nel giudizio di primo grado, volontaria o provocata dal giudice, non assume rilievo preclusivo nella definizione del giudizio d’appello, laddove può essere, comunque, legittimamente utilizzata dalla parte in appello e dalla C.t.r. nella decisione ai sensi dell’art. 58 proc. trib. (Cass. 6914/2011).

5. Con il quinto motivo (pag. 188) la ricorrente contesta la decisione del giudice d’appello in punto d’integrazione probatoria disposta dalla C.t.p. e riguardo al riparto dell’onere della prova sul recupero dell’IVA per gli anni d’imposta dal 2005 al 2008 (art. 2697 c.c.). Il mezzo è correlato ai quarto motivo ed è egualmente inammissibile perchè la contribuente non specifica in che cosa si sostanzi il pregiudizio difensivo subito.

6. Con il sesto motivo (pag. 190) la ricorrente eccepisce la pretesa nullità della sentenza d’appello per carenza assoluta di motivazione specifica relativa alle ragioni per le quali la C.t.r. ha ritenuto del tutto irrilevanti i diversi elementi fattuali che, allegati in giudizio dalla contribuente, sarebbero stati, a suo dire, in grado di escludere la natura di cartiere di Eurometal e ItalMetal, ovvero per asserita apparenza di motivazione, tale da impedire l’individuazione della ratio decidendi della pronuncia (art. 132 c.p.p., comma 1 – n. 4, e art. 156 c.p.c., comma 3; art. 118 att.; art. 1, comma 2, e art. 36, comma 2 – n. 4 proc. trib.). Il mezzo è inammissibile atteso che esso mira a una valutazione dell’idoneità dimostrativa del ragionamento probatorio del giudice di merito preclusa dal novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in termini di mera insufficienza argomentativa e non risultando affatto violato il minimo costituzionale della motivazione e risultando, invece, rispettati i limiti formali della motivazione stessa. Infatti il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., applicabile ratione temporis, introduce un vizio specifico, denunciabile innanzi al giudice di legittimità, concernente l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti ed abbia carattere decisivo ai fini del decisum. Nella nuova formulazione non vi è alcun riferimento alla motivazione della sentenza impugnata nè sono più menzionati i vizi di insufficienza e contraddittorietà argomentativa. La riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, deve, dunque, intendersi finalizzata a ridurre al minimo costituzionale il sindacato di legittimità sulla motivazione della sentenza impugnata per cui l’anomalia motivazionale denunciabile per cassazione è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante ed attiene all’esistenza della motivazione in sè (conf. da ultimo Cass. 1050/2016 in applicazione di S.U. 8053/2014). Inoltre, l’inosservanza dell’obbligo di motivazione integra violazione della legge processuale, denunciabile con ricorso per cassazione, solo quando si traduca in mancanza della motivazione stessa, e cioè nei casi di radicale carenza di essa o nel suo estrinsecarsi in argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi (Cass. 25972/2014). Nella specie è la stessa contribuente, a pag. 191 del ricorso, a individuare la ratio decidendi della sentenza d’appello laddove indi riscontri logico-circostanziali della natura di cartiere delle ditte fornitrici: (a) nell’assenza di vere e proprie sedi operative aziendali, (b) nella mancanza di documentazione contabile relativa ai rapporti delle due ditte con i rispettivi fornitori, (c) nel fatto che un tale L., della ditta Eurometal, era stato fermato con una valigetta contenente denaro contante chiuso in varie buste sigillate e contrassegnate in maniera alfanumerica ed era stato filmato mentre entrava nello stabilimento della contribuente con una busta bianca uscendone privo. Vale ricordare che è nulla, per violazione degli artt. 36 e 61 proc. trib. e dell’art. 118 att. c.p.c., solo la sentenza d’appello che sia completamente carente dell’illustrazione delle critiche mosse dall’impugnante alla statuizione di primo grado e delle considerazioni che hanno indotto la commissione regionale a disattenderle sicchè sia impossibile l’individuazione del thema decidendum e delle ragioni poste a fondamento del dispositivo (Cass. 28113/2013). Il che certamente non ricorre nella decisione in esame, osservandosi, inoltre, che il giudice di merito ha un discrezionale potere di scelta e di valutazione dei mezzi probatori acquisiti al processo (Cass. 960/2015, 2.1).

7. Con il settimo motivo (pag. 197) la ricorrente censura la sentenza d’appello per avere ritenuto sussistente la prova per presunzioni della natura di cartiere di Eurometal e ItalMetal, (artt. 2729 e 2697 c.c.). Il mezzo è inammissibile perchè pare calibrato più su una lettura comparativa delle allegazioni di fatto, compiuta autonomamente dalla parte ricorrente, che sulla censura del rispetto dei parametri legali dell’art. 2720 c.c., secondo i principi regolativi dettati dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. 17535/2008 e 9750/2015). Nè risulta in alcun modo impugnata la sentenza d’appello riguardo al rispetto dei peculiari requisiti metodologici stabiliti in materia dalle sezioni unite (sent. 584/2008).

8. Con l’ottavo motivo (pag. 199) la ricorrente eccepisce la pretesa nullità della sentenza d’appello per carenza assoluta di motivazione specifica relativa alle ragioni per le quali la C.t.r. ha ritenuto il coinvolgimento della contribuente nelle attività fraudolente di Eurometal e ItalMetal, ovvero per asserita apparenza di motivazione, tale da impedire l’individuazione della ratio decidendi della pronuncia (art. 132 c.p.c., comma 1 – n. 4, e art. 156 c.p.c., comma 3; art. 118 att.; art. 1, comma 2, e art. 36, comma 2 – n. 4 proc. trib.).

Il mezzo è inammissibile per le stesse ragioni diritto enunciate sub 6). Inoltre è la stessa contribuente – a pag. 200/201 del ricorso – a individuare la ratio decidendi della sentenza d’appello laddove individua riscontri logico-circostanziali del suo coinvolgimento:(a) nel contenuto e nel tenore delle intercettazioni telefoniche, non episodiche, ma collegate le une con le altre alle operazioni in corso; (b) nella mancanza di documentazione aziendale idonea a dimostrare l’estraneità della contribuente; (c) nei reiterati prelievi in banca di danaro contante da parte delle ditte cartiere immediatamente dopo gli accrediti dei bonifici disposti dalla contribuente; (d) nelle preoccupazioni manifestate dai rappresentanti della contribuente alla notizia dell’indagine intrapresa dalla polizia tributaria.

9. Con il nono motivo (pag. 203) la ricorrente censura la sentenza d’appello per avere ritenuto sussistente la prova per presunzioni del coinvolgimento della contribuente nelle attività fraudolente di Eurometal e ItalMetal (artt. 2729 e 2697 c.c.). Il mezzo è inammissibile perchè pare calibrato più su una lettura comparativa delle allegazioni di fatto, compiuta autonomamente dalla parte ricorrente, che sulla censura del rispetto dei parametri legali dell’art. 2720 c.c., secondo i principi regolativi dettati dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. 17535/2008 e 9750/2015). Nè risulta in alcun modo impugnata la sentenza d’appello riguardo al rispetto dei peculiari requisiti metodologici stabiliti in materia dalle sezioni unite (sent. 584/2008; vedi sub 7).

10. Con il decimo motivo (pag. 205) la ricorrente eccepisce la pretesa nullità della sentenza d’appello per carenza assoluta di motivazione specifica relativamente alle ragioni per le quali la C.t.r. ha ritenuto la mancanza di ulteriori elementi di riscontro alle dichiarazioni di terzi prodotte a discari dalla contribuente, ovvero per asserita apparenza di motivazione, sì da impedire l’individuazione della ratio decidendi della pronuncia (art. 132 c.p.c., comma 1 – n. 4, e art. 156 c.p.c., comma 3; art. 118 att.; art. 1, comma 2, e art. 36, comma 2 – n. 4 proc. trib.). Il mezzo è inammissibile per le stesse ragioni diritto enunciate sub 6) e le medesime considerazioni svolte infra sub 11).

11. Con l’undicesimo motivo (pag. 208) la ricorrente censura la sentenza d’appello per avere ritenuto sussistente la prova per presunzioni del coinvolgimento della contribuente nelle attività fraudolente di Eurometal e ItalMetal (artt. 2729 e 2697 c.c.). Il mezzo è inammissibile perchè a pag. 5/6 la C.t.r. non nega affatto rilevanza probatoria alle dichiarazioni dei terzi a discarico ma dà atto che la C.t.p. aveva “esposto una chiara disamina delle dichiarazioni rese dai suddetti terzi con relativa confutazione”. Sul punto non v’è specifica impugnazione in ricorso; mentre, se è vero che la prova per presunzioni può essere fondata anche su un solo indizio dichiarativo, è pur vero la C.t.r. nega per relationem la globale efficacia dimostrativa di dichiarazioni che restano confinate nell’apprezzamento di fatto precluso in sede di legittimità e devoluto al monopolio del giudice di merito. Dunque, ancora una volta, il mezzo pare calibrato più su una lettura comparativa delle allegazioni di fatto, compiuta autonomamente dalla parte ricorrente, che sulla censura del rispetto dei parametri legali dell’art. 2720 c.c., secondo i principi regolativi dettati dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. 17535/2008 e 9750/2015). Nè risulta in alcun modo impugnata la sentenza d’appello riguardo al rispetto dei peculiari requisiti metodologici stabiliti in materia dalle sezioni unite (sent. 584/2008; vedi sub 7).

12. Con il dodicesimo motivo (pag. 211) la ricorrente denuncia violazione di norme di diritto sostanziali (art. 21, comma 7, e art. 74, commi 7 e 8 d.Iva) laddove la C.t.r. non considera che, trattandosi di operazioni regolate in regime domestico d’inversione contabile, esse erano di per sè stesse neutrali e le relative irregolarità non potevano comportare perdita di gettito fiscale recuperabile con gli avvisi di accertamento.

13. Con il correlato tredicesimo motivo (pag. 221) la ricorrente denuncia violazione di norme di diritto sostanziali (D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 5 bis, e art. 10, comma 3 dello Statuto) laddove la C.t.r. non considera che, anche alla luce del principio di proporzionalità delle sanzioni sancito dalla giurisprudenza comunitaria e tenuto conto anche della natura di sanzione indiretta rivestita dal recupero dell’intera imposta in materia regolata in regime d’inversione contabile interna, nessun’altra sanzione poteva essere applicata.

14. Infine, con memoria, la contribuente invoca i più favorevoli trattamenti fiscali e sanzionatori introdotti in materia d’inversione contabile nelle operazioni inesistenti dallo ius superveniens – art. 15, comma 1, lett. f), e dal D.Lgs. n. 158 del 2015, art. 31 – destinato ad essere applicato rispetto a tutte le previsioni di matrice sanzionatoria con effetto dal primo gennaio 2016 (art. 32, comma 1, mod. L. n. 208 del 2015, art. 1, comma 133).

15. Tanto premesso, si osserva che, secondo la giurisprudenza comunitaria il regime dell’inversione contabile costituisce strumento che consente, in particolare, di contrastare l’evasione e l’elusione fiscale constatate in taluni tipi di operazioni (Equoland p.42 e Veleclair p.34). A tal fine, la disciplina nazionale per il commercio dei rottami, che qui interessa, prevede che la fattura sia emessa dal cedente senza addebito d’imposta, con l’osservanza delle disposizioni dei cui all’art. 21 e segg. d.Iva e con l’indicazione di cui all’art. 74, che si tratta di operazione con IVA non addebitata in via di rivalsa. Indi, la fattura è integrata dal cessionario, che diviene soggetto passivo d’imposta, con l’indicazione dell’aliquota e della imposta stessa. La fattura, così integrata, è registrata nel registro delle vendite dal cessionario, che in tal modo assolve l’obbligo di pagamento del tributo, detratto con la parallela annotazione nel registro degli acquisti. Inoltre, trattandosi di operazione imponibile (D.L. n. 269 del 2003, art. 35, comma 1, lett. a)), il cedente conserva il diritto all’ordinaria detrazione dell’imposta relativa agli acquisti inerenti. Nella specie è pacifico che la contribuente cessionaria abbia regolarmente effettuato l’inversione contabile a suo carico e reso neutrali operazioni ritenute inesistenti dal fisco e, in particolare, soggettivamente inesistenti dalla C.t.r..

16. Relativamente al regime d’inversione contabile questa Corte ha affermato (ord. 22532/2012, in operazione intra) che il disposto dell’art. 21, comma 7, d.Iva per un verso incide direttamente sul soggetto emittente la fattura, costituendolo debitore d’imposta sulla base dell’applicazione del solo principio comunitario di cui all’art. 28 octies, par. 1, lett. d), dir. 1977/388/CE ora (art. 203 dir. 2006/112/CE). Per un altro verso incide indirettamente, in combinato disposto con l’art. 19, comma 1, e l’art. 26, comma 3, d.Iva, pure sul destinatario della fattura medesima, il quale non può esercitare il diritto alla detrazione dell’imposta in carenza del suo presupposto (v. Cass. 12353/2005, 2823/2008, 24231/2011). Nel caso di operazioni inesistenti in regime d’inversione contabile, il cessionario è l’effettivo soggetto d’imposta e l’IVA integrata a debito sulle fatture emesse a fronte di operazioni inesistenti è dovuta, in base al principio comunitario di cui all’art. 28 octies, anche quando si tratta di forniture inesistenti o diverse da quelle indicate in fattura. Ciò incide – per il combinato disposto dell’art. 21, comma 7, art. 19, comma 1, e art. 26, comma 3 cit. – sul destinatario della fattura medesima che non può esercitare il diritto alla detrazione dell’imposta mancando il suo presupposto, ovverosia la corrispondenza anche soggettiva dell’operazione fatturata con quella in concreto realizzata (v. Cass. 13803/2014). Infatti “la presentazione di false fatture (…), alla pari di qualsiasi altra alterazione di prove, è (…) atta a compromettere il funzionamento del sistema comune dell’IVA” e “il diritto dell’Unione non impedisce agli Stati membri di considerare l’emissione di fatture irregolari alla stregua di una frode fiscale e di negare l’esenzione in una siffatta ipotesi” (C. giust. 7.12.2010, C-285/09, 48 e 49). La frode opera, dunque, come limite generale al principio fondamentale di neutralità dell’IVA (implicitamente C. giust., Ecotrade 70, e Cass. 5072/2015 D.6), ossia al principio secondo cui la detrazione dell’imposta è accordata se i requisiti sostanziali dell’operazione sono comunque soddisfatti (Idexx, p.38; Ecotrade pp.63-66), intendendosi per tali che gli “acquisti siano stati effettuati da un soggetto passivo, che quest’ultimo sia parimenti debitore dell’IVA attinente a tali acquisti e che i beni di cui trattasi siano utilizzati ai fini di proprie operazioni imponibili” (Idexx p.43). Consequenzialmente trattandosi nella specie dell’IVA detratta dalla cessionaria Rivadossi col regime domestico d’inversione contabile però a fronte di frode con fatture emesse da cartiere per operazioni soggettivamente inesistenti, non può trovare applicazione il più generale principio secondo cui il diritto alla detrazione non può essere negato nei casi in cui l’operatore nazionale non ha applicato – o non ha applicato correttamente – la procedura dell’inversione contabile senza violazione dei requisiti sostanziali (Cass. 5072/2015, D.3, e 7576/2015, p.8).

17. Il D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 6, comma 9 bis, n. 3, introdotto dal decreto di riforma del sistema sanzionatorio tributario (D.Lgs. n. 158 del 2015, art. 15), prima stabilisce: “Se il cessionario o committente applica l’inversione contabile per operazioni esenti, non imponibili o comunque non soggette a imposta, in sede di accertamento devono essere espunti sia il debito computato da tale soggetto nelle liquidazioni dell’imposta che la detrazione operata nelle liquidazioni anzidette, fermo restando il diritto del medesimo soggetto a recuperare l’imposta eventualmente non detratta ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 26, comma 3, e del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21, comma 2”. Poi aggiunge: “La disposizione si applica anche nei casi di operazioni inesistenti, ma trova in tal caso applicazione la sanzione amministrativa compresa tra il cinque e il dieci per cento dell’imponibile, con un minimo di 1.000 Euro”. Il che significa che devono essere espunti sia il debito computato che la detrazione operata nelle liquidazioni dell’imposta anche nei casi di operazioni inesistenti che siano astrattamente “esenti, non imponibili o comunque non soggette a imposta e che siano regolate dal cessionario coll’inversione contabile interna”. Per l’insidiosità che verosimilmente si ritiene che tale fattispecie rivesta, trova solo in tale ultimo caso applicazione la sanzione amministrativa tra il cinque e il dieci per cento dell’imponibile (con un minimo di mille Euro). Dunque, i più favorevoli trattamenti fiscali e sanzionatori introdotti dal comma 9 bis, n. 3, non trovano applicazione nel caso di operazioni imponibili soggettivamente inesistenti ancorchè regolate in regime domestico d’inversione contabile. La diversa conclusione, che potrebbe essere desunta dal non chiaro tenore della relazione illustrativa laddove si parla di “procedura”, non rileva poichè ogni testo normativo deve essere interpretato secondo il suo contenuto obiettivo mentre i lavori preparatori non costituiscono elemento decisivo per la sua interpretazione (Cass. 1654/1962).

18. Non rileva neppure la recentissima modifica dell’art. 21, comma 7, D.Iva: “Se il cedente o prestatore emette fattura per operazioni inesistenti, ovvero se indica nella fattura i corrispettivi delle operazioni o le imposte relative in misura superiore a quella reale, l’imposta è dovuta per l’intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura”. Si tratta di disposizione che, introdotta dal D.Lgs. n. 158 del 2015, art. 31, è applicabile dal primo gennaio 2016 sempre ai sensi dell’art. 32, comma 1 (mod. L. n. 208 del 2015, art. 1, comma 133). La relazione illustrativa afferma che la modifica opera “al fine di rendere chiaro che la relativa prescrizione non riguarda le ipotesi di operazioni soggette a reverse charge”. Ciò tocca, però, unicamente la posizione del cedente verso il fisco e non quella del cessionario il quale per le operazioni inesistenti, anche se solo soggettivamente, ma pur sempre imponibili perde comunque il diritto di detrazione per effetto del combinato disposto dell’art. 19, comma 1, e dell’art. 26, comma 3 D.Iva.

19. Quanto alla misura della risposta punitiva, la Corte di giustizia osserva, da tempo, che l’importo della sanzione deve sempre essere graduabile e non può eccedere quanto necessario per assicurare l’esatta riscossione ed evitare l’evasione dell’imposizione sul valore aggiunto (Equoland, p.44 e Redlihs, p.45 e da 50 a 52; cfr. EMS-Bulgaria Transport p.75). In relazione a tali parametri e tenuto conto della perdita del diritto di detrazione, per essere le operazioni imponibili e soggettivamente inesistenti, si esclude l’applicazione delle esimenti di diritto interno previste per le violazioni meramente formali, ovverosia più in dettaglio per quelle sole violazioni che non arrecano pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo e non incidono sul tributo (D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 5 bis, e art. 10, comma 3 dello Statuto). Tuttavia il decreto di riforma ha quasi completamente ridisegnato e fortemente ridimensionato il sistema sanzionatorio tributario. Vale, dunque, il dettato del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 3, comma 3, che ha esteso il principio del favor rei anche al settore fiscale, sancendo l’applicazione retroattiva delle più favorevoli norme sanzionatorie sopravvenute, che devono essere applicate, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, e quindi anche in sede di legittimità, all’unica condizione che il provvedimento sanzionatorio non sia divenuto definitivo. Pertanto, se è in contestazione l’an della violazione tributaria, sussiste ancora controversia sulla debenza delle sanzioni e s’impone l’applicazione del più favorevole regime sanzionatorio sopravvenuto (Cass. 8243/2008). Ciò è compito devoluto al giudice di merito che dovrà;(a) traguardare la fattispecie concretamente accertata dal giudice d’appello attraverso il nuovo assetto punitivo introdotto dal D.Lgs. n. 158 del 2015; (b) individuare le ipotesi sanzionatorie confacenti in continuità precettiva con l’originaria contestazione del fisco (D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 5, comma 4, art. 6, comma 6, art. 9, commi 1 e 3); (c) graduarne la portata nei limiti comunitari di quanto strettamente necessario per assicurare l’esatta riscossione ed evitare l’evasione dell’imposizione sul valore aggiunto, operando se del caso parziale disapplicazione del diritto interno.

20. In conclusione, accolto il tredicesimo motivo nei sensi di cui al p.19 e rigettato il ricorso nel resto, si deve cassare la sentenza d’appello nei limiti dell’accoglimento e rinviare la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla C.t.r. della Lombardia, sez. Brescia, in diversa composizione.

P.Q.M.
La Corte accoglie il tredicesimo motivo nei sensi di cui in motivazione, rigetta il ricorso nel resto, cassa la sentenza d’appello nei limiti dell’accoglimento e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla C.t.r. della Lombardia, sez. Brescia, in diversa composizione.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Conclusione
Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2016


Schema di decreto legislativo recante modifiche ed integrazioni al Codice dell’amministrazione digitale

Si riporta lo SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO RECANTE MODIFICHE E INTEGRAZIONI AL CODICE DELL’AMMINISTRAZIONE DIGITALE di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, approvato, di modifica del CAD. Da leggere con estrema attenzione perché sarà, la base di costruzione di nuove regole in un ambito estremamente vario della nostra attività di notificazione degli atti, dal concetto di titolare dei dati, ai criteri di interoperabilità che trascinano la necessità di ristabilire l’utilizzo di formati, per non parlare del concetto di domicilio digitale che, viene esplicitamente evidenziato, riguarderà “comunicazioni e notifiche”.

Ovviamente ora si aspetta che le modifiche vengano ricomprese nel CAD unitamente a quelle che dovranno essere trascinate a seguito dell’entrata in vigore del Regolamento europeo EIDAS in materia di firma digitale, marca temporale etc.


Riforma Madia, l’addio della pubblica amministrazione alla carta slitta da agosto a dicembre 2016

L’addio alla carta slitta di quattro mesi. L’ultima versione del decreto legislativo sul Codice dell’amministrazione digitale (Cad), esaminata dal consiglio dei ministri il 10 agosto, posticipa dal 12 agosto al 12 dicembre il termine ultimo entro cui la pubblica amministrazione dovrà adeguare i propri sistemi per gestire tutti i documenti in modalità digitale. L’obbligo è stato sospeso perché molti enti non sono pronti. Per le amministrazione già pronte, però, rimane la facoltà di passare dalla carta al digitale già ora.

Il nuovo Cad prevede poi l’introduzione del cosiddetto domicilio digitale (Spid), l’identificativo con cui ogni cittadino potrà entrare in contatto con la p.a., e la possibilità di effettuare micropagamenti via sms fino 50 euro per bollette, certificati o multe. Nel testo sono inserite anche clausole volte a incentivare lo smartworking ed è prevista l’istituzione di un commissario ufficiale all’Agenzia digitale per tre anni. L’Agenzia per l’Italia digitale (Agid) potrà irrogare sanzioni maggiori rispetto a quelle attuali, che si fermano a un massimo di 20 mila euro. Le società partecipate quotate saranno escluse dall’applicazione del nuovo Cad.


Per gli enti pubblici documenti digitali dal 12 agosto 2016

digitalizzazione_documenti_12_agostoIl 12 agosto segnerà un cambiamento epocale per le pubblica amministrazione. A partire da tale data, infatti, tutti gli enti pubblici saranno obbligati a gestire le pratiche utilizzando esclusivamente il formato digitale. Non sarà più ammessa la produzione e l’utilizzo di documenti cartacei.

I vecchi documenti potranno essere acquisiti in digitale ed eventualmente essere sottoposti a riconoscimento ottico dei caratteri (OCR) per facilitare operazioni di ricerca e copia&incolla.

Per rendere pienamente valide le copie digitali di vecchi documenti cartacei o di documenti prodotti ex novo, le amministrazioni pubbliche saranno sempre tenute ad apporre una firma digitale o altra firma elettronica qualificata (i dipendenti dovranno in ogni caso ottenere specifica delega dal funzionario).

L’obiettivo è evidentemente quello di assicurare ai cittadini e agli utenti in generale tutti i requisiti di legge: i documenti digitali, cioè, dovranno avere caratteristiche di autenticità, immodificabilità e leggibilità.

Sebbene il decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri non preveda alcuna sanzione per le amministrazioni pubbliche inadempienti, tutti i sistemi informativi degli enti dovranno essere adeguati in modo tale da poter lavorare esclusivamente con documenti in formato digitale, opportunamente firmati. La PA aveva 18 mesi di tempo e il 12 agosto scade il periodo concesso per l’adeguamento che, soprattutto nel caso dei piccoli comuni, ha subìto non pochi rallentamenti.

D’ora in avanti, tra l’altro, non sarà più necessario produrre un documento in più copie perché sarà sufficiente l’unico esemplare digitale – peraltro riproducibile “all’infinito” – dotato di firma elettronica.

Maggiori informazioni sulle nuove modalità di conservazione dei documenti informatici sono consultabili a questo indirizzo.


Bilancio 2015

Copertina bilancio 2015aAtti relativi al Bilancio dell’Associazione dell’anno 2015 approvato dalla Giunta Esecutiva del 23.01.2016 e su delega dell’Assemblea Generale dal Consiglio Generale del 23.01.2016

Bilancio 2015


Blilancio 2014

Immagine bilancio consuntivo 2014Atti relativi al Bilancio dell’Associazione dell’anno 2014 approvato dalla Giunta Esecutiva del 31.01.2015 e su delega dell’Assemblea Generale dal Consiglio Generale del 28.03.2015

Bilancio 2014


Pubblico impiego: posto fisso addio?

La cancellazione del posto fisso è prevista a pagina 72 del decreto del governo. Si tratta della norma attuativa più attesa tra quelle collegate alla riforma Madia della PA, già approvata un anno fa.

Secondo quanto riportato dal decreto tutte le PA devono comunicare annualmente al ministero le “eccedenze di personale” rispetto alle “esigenze funzionali o alla situazione finanziaria”, in sostanza per liberarsi dei dipendenti che la contingenza di bilancio non permette di tenere a carico.

Il documento, precisa, tuttavia, che tali “eccedenze” possano essere spostate immediatamente presso un altro ufficio, nel raggio di 50 km da quello di partenza mediante la mobilità obbligatoria. Viceversa i dipendenti “eccedenti” sono messi in “disponibilità”, ossia non lavorano e incassano l’80% dello stipendio con i conseguenti contributi ai fini pensionistici.

Attenzione, però, perché se entro 2 anni gli stessi non trovano un altro posto, anche con inquadramento più basso o stipendio minore, il rispettivo “rapporto di lavoro si intende definitivamente risolto”.

Dipendenti pubblici: licenziati quando?

Un meccanismo in parte similare a quello illustrato sopra, previsto dalla bozza del nuovo testo unico sul pubblico impiego, a livello teorico esiste già. Tuttavia, ad oggi, gli uffici che mancano di comunicare le eccedenze non rischiano nulla, per cui nessuno le precisa. Grazie alle nuove disposizioni, invece, dovrebbe scattare lo stop alle assunzioni con conseguente procedimento disciplinare per il dirigente.

Scatti di anzianità: cancellati per sempre?

Nonostante gli scatti di anzianità siano già stati congelati per lungo tempo, con le regole del nuovo testo unico vengono, però, eliminati per sempre. Tutti i dipendenti pubblici, infatti, saranno valutati annualmente dai rispettivi dirigenti per il lavoro svolto.

Saranno, poi, queste stesse valutazioni ad incidere sull’assegnazione o meno di un aumento retributivo, variabile a seconda delle risorse a disposizione, che potrà andare a non più del 20% dei dipendenti per ciascuna amministrazione.

Entro febbraio le nuove riforme?

In base alla riforma della PA questa parte delle delega potrà essere esercitata già entro febbraio 2017, e non più entro settembre come più volte annunciato dallo stesso governo.

Le altre novità

La bozza, tra le altre misure inserite, prevede anche:

  • l’obbligo della conoscenza dell’inglese come requisito per i concorsi pubblici
  • l’automatica visita fiscale per le assenze fatte al venerdì e nei giorni prefestivi
  • un procedimento disciplinare velocizzato
  • la cancellazione dell’indennità di trasferta
  • il buono pasto reso uguale per tutti (7 euro al giorno)

Equitalia: A suo carico la prova di regolare notifica della cartella esattoriale

Per dimostrare la regolare notifica, è Equitalia che deve produrre in giudizio sia gli avvisi di ricevimento sia le copie delle cartelle esattoriali cui fanno riferimento.

Se il contribuente, nell’eccepire la mancata notifica della cartella esattoriale o altro atto della riscossione, agisce in giudizio contro Equitalia, spetta a quest’ultima fornire prova di regolare notifica tramite la produzione sia degli avvisi di ricevimento e delle relate (o dell’estratto di ruolo) sia delle singole cartelle o degli atti notificati.

Nel caso in cui il contribuente contestasse la corrispondenza tra l’avviso di ricevimento/relata e la cartella, infatti, è dovere di Equitalia tenere a deposito la copia di quest’ultima in modo da dimostrarne la correlazione con la ricevuta di notifica.

L’opinione della Commissione Tributaria di Salerno e della Cassazione

Questo è ciò che ha affermato la Commissione Tributaria Provinciale di Salerno in una sentenza recente.

 In caso di contestazione sulla notifica delle cartelle, sostengono i giudici, la dimostrazione di aver svolto la notifica secondo le norme di legge è l’onere probatorio più rilevante in capo ad Equitalia. L’allegazione degli estratti di ruolo e delle relate di notifica non è sufficiente a tal fine e bisogna, infatti, esibire la copia integrale della cartella che si assume essere stata notificata.  In precedenza, anche la Cassazione ha avuto modo di precisare che, nel caso in cui la cartella fosse stata notificata tramite raccomandata, “le ricevute di ritorno esibite provano solo il fatto che il contribuente abbia ricevuto un plico ma ‘non assolutamente’ il suo contenuto”.

Un obbligo per legge

D’altro canto, l’esibizione della cartella è un obbligo richiesto espressamente dalla legge, che sostiene come la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notifica debba essere conservata per cinque anni dal concessionario. Quest’ultimo ha l’obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell’amministrazione.

In assenza della documentazione probatoria, precisano I giudici salernitani, Equitalia avrebbe dovuto allegare. Comunque va accertato l’avvenuto decorso del termine di prescrizione decorrente dalle date ipotizzate come notifica avvenuta.

Pertanto, nel calcolo dell’eventuale termine di prescrizione, nel caso in cui Equitalia non avesse depositato le copie delle cartelle notificate insieme agli avvisi ricevimento/relate, sono le date ipotizzate di avvenuta notifica cui occorre fare riferimento.

Le cartelle esattoriali di Equitalia, come quelle di tutti gli altri agenti della riscossione, vanno in prescrizione dopo un certo periodo di tempo. La cancellazione del debito e la sua rimozione dall’estratto di ruolo del contribuente può presentare però alcune difficoltà che è bene conoscere. In primo luogo, bisogna imparare ad accorgersi quando una cartella esattoriale è andata in prescrizione.

Decadenza e prescrizione delle cartelle di pagamento

Non è facile accorgersi con tempestività che una cartella esattoriale è scaduta innanzitutto perché ci sono diversi tipi di scadenze per diverse forme di tributo e di sanzione. Vediamo allora in via preliminare quali sono i termini di decadenza e prescrizione dei più frequenti tipi di cartelle di pagamento.
Per quanto riguarda l’IVAi termini di prescrizione dell’imposta sono di 10 anni. Passato questo periodo di tempo, dunque, l’eventuale pignoramento ai danni del contribuente non può più avvenire. L’IVA va invece in decadenza, per le dichiarazioni dei redditi presentate fino al 2015, il 31 dicembre del 4° anno successivo in caso di dichiarazione infedele e il 31 dicembre del 5° anno in caso di dichiarazione omessa. A partire dal 2016 i termini di decadenza cambiano rispettivamente al 31 dicembre del 5° e 7° anno successivi alla presentazione. Discorso molto simile per l’IRPEF e l’IRAP: i termini di prescrizione sono di 10 anni, e la decadenza fino al 2015 scatta il 31 dicembre del 4° anno successivo in caso di dichiarazione infedele e il 31 dicembre del 5° anno in caso di dichiarazione omessa. Per le dichiarazioni presentate a partire dal 2016, valgono le stesse modifiche previste per l’IVA.

Discorso diverso per TASI e IMU: in questo caso i termini di prescrizione sono di soli 5 anni. Per quanto riguarda la decadenza, essa scatta il 31 dicembre del 5° anno successivo a quello in cui il versamento avrebbe dovuto essere effettuato. I contributi INPS e INAIL vanno similmente in prescrizione dopo 5 anni, ma decadono generalmente il 31 dicembre dell’anno successivo al termino fissato per il versamento. Canone Rai, imposta ipocatastale e imposta di registro, infine, vanno in prescrizione dopo 10 anni, mentre le contravvenzioni al Codice della Strada scadono dopo 5 anni e il bollo auto dopo 3 anni.

Cartella esattoriale prescritta: cosa fare?

Se è vero che raramente Equitalia avanza erroneamente un pignoramento sulla basa di una cartella scaduta, è anche vero che non è semplice farsi riconoscere la cancellazione del debito anche nei casi in cui ci si renda conto perfettamente della situazione. Non si può, infatti, ricorrere a un giudice, perché il diritto a impugnare un atto di Equitalia in tribunale scade solitamente a 60 giorni dalla notifica della cartella. La strada migliore è allora quella di attendere una successiva notifica dell’agente di riscossione, come un’intimazione di pagamento o l’avvio di un pignoramento, e impugnare quest’ultimo atto in tribunale prima della scadenza.


I giudici europei rilevano diritto alle ferie un principio importante del diritto sociale UE

Un lavoratore ha diritto a un’indennità finanziaria se non ha potuto usufruire di una parte o della totalità delle ferie annuali retribuite – anche se sia egli stesso a porre fine al proprio rapporto di lavoro.

Questo quanto stabilito dalla Corte di Giustizia Europea nella sua sentenza sul contendere tra l’azienda del personale del comune della città di Vienna e un suo dipendente, Hans Maschek.

Il caso

Dipendente pubblico della città di Vienna, il sig. Maschek è stato collocato a riposo su sua richiesta, dal 1° luglio 2012. Nel periodo compreso tra il 15 novembre 2010 e il 30 giugno 2012, aveva continuato a percepire lo stipendio pur non presentandosi sul posto di lavoro: inizialmente, grazie a un periodo di congedo, poi tramite una convenzione con il proprio datore di lavoro.

Dopo la sua entrata in pensione, il sig. Maschek ha chiesto al proprio datore di lavoro di pagare un’indennità finanziaria per le ferie annuali retribuite non godute perché, a suo dire, si era nuovamente ammalato poco prima del pensionamento.

Per tutta risposta, il datore di lavoro ha respinto la sua domanda ai sensi della normativa riguardante la retribuzione dei dipendenti pubblici della città di Vienna. Quest’ultima stabilisce che un lavoratore che ponga fine al rapporto di lavoro di propria iniziativa non abbia diritto a tale indennità – in particolar modo quando chiede di essere collocato a riposo.

A seguito del ricorso proposto dal sig. Maschek, contrario tale rigetto, il tribunale amministrativo di Vienna, il Verwaltungsgericht Wien, ha chiesto alla Corte di giustizia Europea di pronunciarsi sulla compatibilità o meno di una normativa di tal genere con il diritto dell’Unione e, in particolare, con la direttiva 2003/88.

La sentenza della Corte UE e la direttiva 2003/88

Pronunciandosi sul caso, la Corte ha indicato come la direttiva 2003/88 preveda, per quanto riguarda certi aspetti dell’orario di lavoro, che ogni lavoratore debba beneficiare di ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane.

Tale diritto rappresenta un principio particolarmente importante del diritto sociale dell’unione, hanno rilevato i giudici europei, che hanno aggiunto come questo vada riconosciuto a ogni lavoratore a prescindere dal suo stato di salute.

Nel momento in cui si pone fine al rapporto di lavoro, non è più possibile avvalersi delle ferie annuali retribuite.  La direttiva prevede perciò che il lavoratore abbia diritto a un’indennità finanziaria al fine di evitare che, a causa di tale impossibilità, non riesca in alcun modo a beneficiare di tale diritto, neppure in forma pecuniaria.

La Corte ha considerato irrilevante il motivo per cui il rapporto di lavoro è cessato e ha sostenuto quindi che il fatto che un lavoratore abbia posto fine di sua iniziativa al rapporto di lavoro non condiziona in nessun modo il suo diritto di percepire all’eventuale indennità finanziaria per le ferie annuali retribuite di cui non ha potuto usufruire prima della cessazione del rapporto di lavoro.