Notifica postale

In relazione alla notificazione effettuata mediante l’utilizzo di una raccomandata A.R. ordinaria c’è una interessante sentenza della Corte di Cassazione che prende in esame proprio il problema della determinazione del momento in cui la notificazione si intende perfezionata per il destinatario. La Sentenza di Cassazione n. 2047/2016 prende in considerazione la notificazione postale di atti tributari effettuata direttamente dall’ufficio che adotta l’atto a mezzo di raccomandata A.R. ordinaria e precisa che pur non potendosi applicare le norme della legge 890/1982, dovendo fare riferimento a quanto previsto nel regolamento postale di cui al D.M. 01.10.2008, che dispone in merito all’attività di consegna delle raccomandate ordinarie ma nulla dice in merito all’attività di notificazione, si debba procedere, in assenza di specifiche norme emanate dal legislatore, ad una interpretazione che consenta di contemperare gli interessi del notificante con quelli del notificato. Così la sentenza richiamata pur avendo escluso che si applichino in via diretta le norme della legge 890/1982 ritiene che tali disposizioni vadano applicate in via analogica, cioè che si debba comunque fare riferimento ai principi in essa contenuti. La conclusione è quindi che nel caso in cui la raccomandata A.R. sia stata restituita perché il destinatario non ne ha curato il ritiro, si debba comunque fare riferimento ai 10 giorni dal rilascio dell’avviso di giacenza di cui all’art. 25 del citato DM. Se la preoccupazione è quella di disporre dell’avviso di giacenza lasciato dal postino la prova dell’avviso in questione è riportata sulla raccomandata A.R., ritornata dopo la giacenza. Sulla busta è infatti annotata dal postino la data di rilascio dell’avviso contrassegnata dalla dicitura “avvisato il” e dalla data e siglata dal portalettere. Se la dicitura manca si può richiedere all’ufficio postale che tale indicazione sia riportata sulla busta. Per quanto sia comprensibile che la mancanza di specifiche norme per la notificazione postale effettuata mediante una raccomandata A.R. ordinaria, abbia determinato il ricorso al Messo Comunale nei casi di compiuta giacenza, in assenza di norme apposite e di un orientamento giurisprudenziale specifico, la sentenza 2047/2016 risolve finalmente il problema in modo condivisibile.


Cass. civ. Sez. VI – 5, Ord., (ud. 10-12-2015) 02-02-2016, n. 2047

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente – Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere – Dott. CIGNA Mario – Consigliere – Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere – Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente: ordinanza sul ricorso 22318-2013 proposto da: AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis; – ricorrente – e contro L.C.; – intimato – avverso la sentenza n. 31/02/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di MILANO del 14/11/2012, depositata il 18/02/2013; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/12/2015 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLO COSENTINO.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

rilevato che, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata in Cancelleria la relazione di seguito integralmente trascritta;

L’Agenzia delle Entrate ricorre contro il sig. L.C. per la cassazione della sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, riformando la decisione di primo grado, ha annullato l’avviso di accertamento con cui l’Ufficio aveva rettificato i redditi del contribuente per l’anno 2005. In particolare, per quanto qui interessa la Commissione Tributaria Regionale ha disatteso l’eccezione dell’Ufficio di tardività del ricorso introduttivo del contribuente. In proposito il giudice territoriale ha accertato in fatto che il plico postale contenente l’atto impostavo era stato ritirato dal contribuente presso l’ufficio postale in data 4.1.2011 e quindi ha affermato che questa (e non la data – anteriore – in cui era spirato il termine di dieci giorni dall’invio della raccomandata contenente l’avviso di giacenza) era la data a cui ancorare il dies a quo del termine per l’impugnazione.

Il ricorso dell’Agenzia si fonda su un solo motivo, riferito all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, con il quale si denuncia la violazione della L. n. 890 del 1982, artt. 8 e 14, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, nonché la falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 6 in cui sarebbe incorso il giudice territoriale. Secondo la difesa erariale la decisione gravata violerebbe la disposizione, contenuta nella L. n. 890 del 1982, art. 8, comma 4, alla cui stregua “La notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata di cui al comma 2 ovvero dalla data del ritiro del piego, se anteriore”. La doglianza appare fondata, con le seguenti precisazioni.

Va premesso che, secondo quanto riferisce la stessa ricorrente a pag. 9 del ricorso, per la notifica dell’atto impugnato l’Ufficio si avvalse della possibilità di procedere alla notifica diretta per posta L. n. 890 del 2002, ex art. 14. Nella specie non è quindi direttamente applicabile il disposto della L. n. 890 del 2002, art. 8, giacché, come questa Corte ha chiarito nella sentenza n. 17598/10, nel caso di notifica per posta effettuata direttamente dall’Ufficio, “il notificante è abilitato alla notificazione dell’atto senza l’intermediazione dell’ufficiale giudiziario (ferma restando, ovviamente, quella dell’ufficiale postale), e, quindi, a modalità di notificazione semplificata, alle quali, pertanto, non si applicano le disposizioni della L. n. 890 del 1982, concernenti le sole notificazioni effettuate a mezzo posta tramite gli ufficiali giudiziali (o, eventualmente, i messi comunali e i messi speciali autorizzati), bensì le norme concernenti il servizio postale ordinario”.

Peraltro il regolamento del servizio di recapito adottato con D.M. 1 ottobre 2008, contenente la disciplina del servizio postale ordinario, si limita a prevedere che gli “invii a firma” (tra cui le raccomandate) che non sia stato possibile recapitare per assenza del destinatario o di altra persona abilitata al ritiro vengano consegnati presso l’ufficio postale di distribuzione (art. 24), ove i medesimi rimangono in giacenza per trenta giorni a decorrere dal giorno successivo al rilascio dell’avviso di giacenza (art. 25); nessuna disposizione di detto regolamento contiene – né, in considerazione dell’oggetto del regolamento, avrebbe ragione di contenere – una regola (analoga a quella dettata in materia di notifiche effettuate a mezzo posta dalla L. n. 890 del 2002, art. 8, comma 4) sul momento in cui si debba ritenere pervenuto al destinatario un atto che l’agente postale abbia depositato in giacenza presso l’ufficio postale a causa della impossibilità di recapitarlo per l’assenza del medesimo destinatario o di altra persona abilitata. Sotto altro aspetto, non pare possibile evocare, nella specie, il principio, reiteratamente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, che la data a cui si ritiene pervenuta al destinatario una comunicazione trasmessa per posta raccomandata ordinaria va individuata in quella del rilascio dell’avviso di giacenza, con conseguente irrilevanza del periodo legale del compimento della giacenza e di quello intercorso tra l’avviso di giacenza e l’eventuale ritiro da parte del destinatario (Cass. 6527/03, in tema di comunicazione di licenziamento, Cass. 27526/13, in tema di disdetta del contratto di locazione).

Tale principio, fondato sul disposto degli artt. 1334 e 1335 c.c., concerne l’efficacia da attribuire alla comunicazione degli atti negoziali unilaterali e non si attaglia alla ipotesi di notificazione L. n. 890 del 1982, ex art. 14. Ciò non solo per il rilievo che altro è una comunicazione e altro è una notificazione (quale comunque deve ritenersi, pur in assenza dell’intervento di un agente notificatore, quella di cui alla L. n. 890 del 1982, art. 14, il testo del quale letteralmente esordisce con le parole “La notificazione”); ma anche perché il menzionato art. 14 fa riferimento ad atti notificati “al contribuente” e, pertanto, la disciplina del procedimento notificatorio ivi previsto non può essere ricostruita senza considerare la portata del disposto della L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 1 (Statuto del contribuente), alla cui stregua “l’amministrazione finanziaria deve assicurare l’effettiva conoscenza da parte del contribuente degli atti a lui destinati.

Ora, se è vero che lo stesso comma fa salve “le disposizioni in materia di notifica degli atti tributari”, è innegabile che, quando una disposizione espressa manchi, il principio di effettiva conoscenza deve orientare l’interprete e, nel caso che ci occupa, non consente di ancorare il momento di perfezionamento della notifica (dal quale decorrono termini, brevi e tassativi, per l’impugnazione degli atti impositivi) al compimento di un adempimento – il rilascio dell’avviso di giacenza – nel qual è certo che il destinatario dell’atto non ne ha conoscenza (non essendo stato reperito dall’agente postale) incolpevolmente (non avendo ancora avuto la possibilità di recarsi a ritirare l’atto presso l’ufficio postale).

Una ricostruzione del sistema che trasponga alla notifica L. n. 890 del 1982, ex art. 14 i principi elaborati dalla giurisprudenza con riferimento alla presunzione di conoscenza degli atti ricettizi risulterebbe dunque irrimediabilmente in contrasto con l’art. 24 Cost. (cfr. C. cost. n. 346/98: “la funzione propria della notificazione è quella di portare l’atto a conoscenza del destinatario, al fine di consentire l’instaurazione del contraddicono e l’effettivo esercizio del diritto di difesa. Compete naturalmente al legislatore, nel bilanciamento tra l’interesse del notificante e quello del notificatario, determinare i modi attraverso i quali tale scopo possa realizzarsi individuando altresì i rimedi per evitare che il diritto di agire in giudizio del notificante sia paralizzato da circostanze personali – come ad esempio l’assenza dalla abitazione o dall’ufficio – riguardanti il destinatario della notificazioni…..non sembra in ogni caso potersi dubitare che la discrezionalità del legislatore incontri un limite nel fondamentale diritto del destinatario della notificazione ad essere posto in condizione di conoscere, con l’ordinaria diligenza e senza necessità di effettuare ricerche di particolare complessità, il contenuto dell’atto e l’oggetto della procedura instaurata nei suoi confronti, non potendo ridursi il diritto di difesa del destinatario medesimo ad una garanzia di conoscibilità puramente teorica dell’atto notificatogli.”).

Per converso non appare convincente la soluzione, adottata nella sentenza gravata, di ancorare il momento del perfezionamento della notifica al ritiro dell’atto presso l’Ufficio postale; ciò non solo perché in tal modo si rimetterebbe al destinatario la scelta del momento da cui far decorrere il termine di impugnazione dell’atto notificato, ma soprattutto perché il “bilanciamento tra l’interesse del notificante e quello del notificatario” a cui fa riferimento lo stralcio sopra trascritto della sentenza della Corte costituzionale n. 346/98 non consente di comprimere l’interesse del notificatore al punto da consentire al destinatario dell’atto di impedire gli affetti della notifica L. n. 890 del 1982, ex art. 14, omettendo di recarsi a ritirare l’atto presso l’ufficio postale. Si ritiene quindi, in definitiva, che il suddetto bilanciamento debba rinvenirsi facendo applicazione – non diretta ma analogica – della regola dettata nella L. n. 890 del 1982, art. 8, comma 4, secondo cui “La notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata di cui al comma 2 ovvero dalla data del ritiro del piego, se anteriore”; peraltro, poiché il citato regolamento del servizio di recapito adottato non prevede la spedizione di una raccomandata contenete l’avviso di giacenza, ma soltanto, all’art. 25, il “rilascio dell’avviso di giacenza”, la regola da applicare per individuare la data di perfezionamento della notifica L. n. 890 del 1982, ex art. 14, in caso di mancato recapito della raccomandata all’indirizzo del destinatario, è quella che la notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data del rilascio dell’avviso di giacenza (o, nel caso o in cui l’agente postale abbia, ancorché non tenuto, trasmesso l’avviso di giacenza tramite raccomandata, dalla data di spedizione di quest’ultima), ovvero dalla data del ritiro del piego, se anteriore. Poiché la sentenza gravata ha fatto applicazione della diversa regola secondo cui la notificazione si avrebbe per eseguita dalla data del ritiro del piego, anche se posteriore al decorso di dieci giorni dalla data di spedizione della raccomandata contenete l’avviso di giacenza, la stessa va cassata con rinvio (non è possibile procedere in sede di legittimità al diretto esame degli atti, di carattere extraprocessuale, relativi alla notifica dell’atto impositivo). Si propone la cassazione con rinvio della sentenza gravata. Che il contribuente non si è costituito in questa sede; che la relazione è stata notificata alla ricorrente; che non sono state depositate memorie difensive; che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide gli argomenti esposti nella relazione; che, pertanto, il ricorso va accolto e la sentenza gravata va cassata con rinvio al giudice territoriale, che si atterrà al principio di diritto enunciato nella relazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza gravata e rinvia ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che regolerà anche le spese del presente giudizio. Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2015.

Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2016


INFORTUNIO IN ITINERE: sempre tutelato l’uso della bici

Sempre indennizzato chi si fa male mentre va al lavoro in bicicletta (anche elettrica): per le due ruote arriva l’infortunio in itinere indennizzato dall’Inail.
Anche chi va al lavoro in bicicletta ha diritto ad essere indennizzato dall’Inail se si fa male durante il percorso. La novità è prevista dalla legge n. 221 del 28.12.2015 (art. 5 commi IV e V), che ha introdotto un vero e proprio pacchetto di misure destinate a promuovere ad ampio raggio la green economy.
Tra queste, oltre al bonus destinato ai comuni con più di 100 mila abitanti, per incentivare l’uso della due ruote quale mezzo di trasporto (con progetti di bike-pooling e bike-sharing, la realizzazione di percorsi protetti per gli spostamenti casa, scuola, lavoro, programmi di educazione e sicurezza stradale, ecc.), c’è anche il diritto a vedersi indennizzato qualsiasi incidente occorso mentre ci si reca al lavoro in bicicletta (anche elettrica).
Attraverso le modifiche apportate al T.U. in materia di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (dpr 1124/1965), viene stabilito che l’uso della bicicletta deve – “per i positivi riflessi ambientali – intendersi sempre necessitato”.
Ciò significa che qualsiasi sinistro occorra al lavoratore a seguito dell’utilizzo della bici, nel percorso casa-lavoro (e viceversa), sarà configurabile come “infortunio in itinere” e dunque sempre indennizzabile dall’Inail.
Restano fuori dalla copertura assicurativa, naturalmente, le interruzioni e le deviazioni del tutto indipendenti dal lavoro, salvo che non siano dovute a cause di forza maggiore, esigenze essenziali e improrogabili o all’adempimento di obblighi penalmente rilevanti.

LEGGE 28 dicembre 2015, n. 221 (1).
Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali.
(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 18 gennaio 2016, n. 13.

Art. 5. Disposizioni per incentivare la mobilità sostenibile
1. Nell’ambito dei progetti finanziati ai sensi dell’articolo 19, comma 6, del decreto legislativo 13 marzo 2013, n. 30, la quota di risorse di competenza del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare è destinata prioritariamente, nel limite di 35 milioni di euro, al programma sperimentale nazionale di mobilità sostenibile casa-scuola e casa-lavoro, di cui al comma 2 del presente articolo, per il finanziamento di progetti, predisposti da uno o più enti locali e riferiti a un ambito territoriale con popolazione superiore a 100.000 abitanti, diretti a incentivare iniziative di mobilità sostenibile, incluse iniziative di piedibus, di car-pooling, di car-sharing, di bike-pooling e di bike-sharing, la realizzazione di percorsi protetti per gli spostamenti, anche collettivi e guidati, tra casa e scuola, a piedi o in bicicletta, di laboratori e uscite didattiche con mezzi sostenibili, di programmi di educazione e sicurezza stradale, di riduzione del traffico, dell’inquinamento e della sosta degli autoveicoli in prossimità degli istituti scolastici o delle sedi di lavoro, anche al fine di contrastare problemi derivanti dalla vita sedentaria. Tali programmi possono comprendere la cessione a titolo gratuito di «buoni mobilità» ai lavoratori che usano mezzi di trasporto sostenibili. Nel sito web del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare è predisposta una sezione denominata «Mobilità sostenibile», nella quale sono inseriti e tracciati i finanziamenti erogati per il programma di mobilità sostenibile, ai fini della trasparenza e della maggiore fruibilità dei progetti.
2. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito, per i profili di competenza, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sono definiti il programma sperimentale nazionale di mobilità sostenibile casa-scuola e casa-lavoro nonché le modalità e i criteri per la presentazione dei progetti di cui al comma 1 mediante procedure di evidenza pubblica. Entro sessanta giorni dalla presentazione dei progetti, con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito, per i profili di competenza, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, si provvede alla ripartizione delle risorse e all’individuazione degli enti beneficiari. Gli schemi dei decreti di cui al primo e al secondo periodo, da predisporre sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono trasmessi alle Camere, ai fini dell’acquisizione del parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia. I pareri di cui al presente comma sono espressi entro trenta giorni dall’assegnazione, decorsi i quali i decreti sono comunque adottati.
3. Al fine di incentivare la mobilità sostenibile tra i centri abitati dislocati lungo l’asse ferroviario Bologna-Verona, promuovere i trasferimenti casa-lavoro nonché favorire il ciclo-turismo verso le città d’arte della Pianura padana attraverso il completamento del corridoio europeo EUROVELO 7, è assegnato alla regione Emilia-Romagna, promotrice a tal fine di un apposito accordo di programma con gli enti interessati, un contributo pari a euro 5 milioni per l’anno 2016 per il recupero e la riqualificazione ad uso ciclo-pedonale del vecchio tracciato ferroviario dismesso, la cui area di sedime è già nella disponibilità dei suddetti enti. All’onere derivante dal presente comma si provvede, quanto a 4 milioni di euro, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, e, quanto ad 1 milione di euro, mediante corrispondente riduzione delle risorse dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 29, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, iscritte nel capitolo 3070 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.
4. All’articolo 2, terzo comma, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, dopo il terzo periodo è inserito il seguente: «L’uso del velocipede, come definito ai sensi dell’articolo 50 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, deve, per i positivi riflessi ambientali, intendersi sempre necessitato».
5. All’articolo 210, quinto comma, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, dopo il terzo periodo è inserito il seguente: «L’uso del velocipede, come definito ai sensi dell’articolo 50 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, deve, per i positivi riflessi ambientali, intendersi sempre necessitato».
6. Al fine di assicurare l’abbattimento dei livelli di inquinamento atmosferico ed acustico, la riduzione dei consumi energetici, l’aumento dei livelli di sicurezza del trasporto e della circolazione stradale, la riduzione al minimo dell’uso individuale dell’automobile privata e il contenimento del traffico, nel rispetto della normativa vigente e fatte salve l’autonomia didattica e la libertà di scelta dei docenti, il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca adotta, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentiti per i profili di competenza i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti e dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, specifiche linee guida per favorire l’istituzione in tutti gli istituti scolastici di ogni ordine e grado, nell’ambito della loro autonomia amministrativa ed organizzativa, della figura del mobility manager scolastico, scelto su base volontaria e senza riduzione del carico didattico, in coerenza con il piano dell’offerta formativa, con l’ordinamento scolastico e tenuto conto dell’organizzazione didattica esistente. Il mobility manager scolastico ha il compito di organizzare e coordinare gli spostamenti casa-scuola-casa del personale scolastico e degli alunni; mantenere i collegamenti con le strutture comunali e le aziende di trasporto; coordinarsi con gli altri istituti scolastici presenti nel medesimo comune; verificare soluzioni, con il supporto delle aziende che gestiscono i servizi di trasporto locale, su gomma e su ferro, per il miglioramento dei servizi e l’integrazione degli stessi; garantire l’intermodalità e l’interscambio; favorire l’utilizzo della bicicletta e di servizi di noleggio di veicoli elettrici o a basso impatto ambientale; segnalare all’ufficio scolastico regionale eventuali problemi legati al trasporto dei disabili. Dall’attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


Cass. civ., Sez. lavoro, Sent., (data ud. 11/11/2015) 26/01/2016, n. 1351

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 5556/2013 proposto da:

P.S. c.f. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CONCA D’ORO 184/190, presso lo studio dell’avvocato DISCEPOLO Maurizio, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contor AZIENDA OSPEDALIERO UNIVERSITARIA “OSPEDALI RIUNITI UMBERTO I, G.M. LANCISI, G. SALESI” di ANCONA, p.i. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ORVIETO 1, presso lo studio dell’avvocato VENTURA Francesco, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1260/2012 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 10/12/2012 R.G.N. 637/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/11/2015 dal Consigliere Dott. FEDERICO BALESTRIERI;

udito l’Avvocato VENTURA FRANCESCO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
Con ricorso al Tribunale di Ancona, P.S. deduceva di aver prestato servizio presso l’Azienda Ospedaliera Umberto I, quale ausiliario specializzato area socio assistenziale, dapprima con contratto a tempo determinato dal 10.9.1998 al 30.4.1999, e quindi, presso l’Azienda Ospedaliera G.M. Lancisi di Ancona con contratto a tempo indeterminato dall’8.8.2002 al 31.12.2003, mentre a decorrere da 1.1.2004 era passata alle dipendenze dell’Azienda Opedaliero Universitaria Ospedali Riuniti “Umberto I – G. Lancisi – G. Salesi” di Ancona, conservando la qualifica di ausiliario specializzato.

Deduceva la ricorrente che in data 15 aprile 2011 aveva ricevuto una lettera di contestazione degli addebiti nella quale la si metteva a conoscenza del fatto che il Dirigente Professioni Sanitarie Area Infermieristica ed Ostetrica, a seguito del certificato medico presentato il 26.3.2011, redatto dal Dott. Pe.Al., aveva “provveduto a richiedere conferma al medico estensore circa l’avvenuta correzione manuale della prognosi da due a tre giorni”.

Le si comunicava che il Dott. Pe., con nota del 11.4.2011 aveva dichiarato che il certificato recava correzioni non apportate dal medico personalmente al momento della compilazione. Nella nota si aggiungeva che “il comportamento da lei tenuto non è osservante delle disposizioni vigenti in materia di corretta giustificazione dell’assenza dal servizio, in quanto è stata prodotta una certificazione che attesta falsamente lo stato di malattia”.

La sig.ra P. chiedeva quindi di essere ascoltata personalmente e dichiarava di non aver in passato mai corretto un certificato medico; aggiungeva di trovarsi in un momento di particolare difficoltà personale, di aver agito impulsivamente apponendo una correzione senza riflettere sulle conseguenze del gesto e sulla gravità del fatto, anche considerato lo stato ansioso depressivo da cui era affetta e che documentava con certificazione medica.

L’azienda ospedaliera, in data 1.6.11, infliggeva alla ricorrente la sanzione disciplinare del licenziamento senza preavviso “visto il D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 55 quater, comma 1, lett. A) e comma 3; visto altresì l’art. 14, comma 2, lett. H) del vigente regolamento di disciplina, approvato con determina n. 290/G del 23.7.2010, che prevede in particolare l’applicazione della sanzione disciplinare del licenziamento senza preavviso nel caso di falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altra modalità fraudolenta, ovvero giustificazione dell’assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o che attesta falsamente uno stato di malattia”.

Il licenziamento veniva impugnato dalla ricorrente con ricorso al Tribunale di Ancona, con cui lamentava la violazione del divieto degli automatismi espulsivi e del principio della gradualità e proporzionalità della sanzione disciplinare rispetto alla infrazione commessa sotto i profili soggettivo e oggettivo (in via subordinata con richiesta di rimessione alla Corte Costituzionale per la dichiarazione di illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55 quater); violazione del predetto art. 55 quater; della L. n. 604 del 1966, art. 1, per mancanza di giusta causa o giustificato motivo di licenziamento.

Resisteva l’azienda ospedaliera. Il Tribunale respingeva la domanda con sentenza del 2.7.12, che veniva appellata dalla P., riproponendo le medesime censure; resisteva la datrice di lavoro.

Con sentenza depositata il 10 dicembre 2012, la Corte d’appello di Ancona rigettava il gravame.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la lavoratrice, affidato a tre motivi, poi illustrati con memoria.

Resiste l’azienda ospedaliera con controricorso.

Motivi della decisione
1. – Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2119 c.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo della causa, oltre ad illogica motivazione della sentenza impugnata.

Lamenta che la sentenza impugnata aveva omesso di esaminare la natura dolosa o meno del comportamento, il cui onere probatorio gravava sulla datrice di lavoro. Evidenzia che al fine di valutare la legittimità del licenziamento è necessario accertare, in relazione alla qualità del singolo rapporto intercorso fra parti, ed alla qualità ed al grado di fiducia che il rapporto comporta: 1) se la specifica mancanza risulti oggettivamente e soggettivamente idonea a ledere in modo grave, così da farla venir meno, la fiducia che il datore ripone ne proprio dipendente, senza che possa assumere rilievo l’assenza o la modesta entità del danno patrimoniale subito dal datore (Cass. n. 4060/2011; Cass. 23 aprile 2004 n. 7724; Cass. 23 aprile 2002 n. 5943); 2) che l’irrogazione della massima sanzione disciplinare è giustificata solamente in presenza di un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali, ovvero di un comportamento tale che non consenta la prosecuzione del rapporto di lavoro (Cass. 24 luglio 2006 n 16864; Cass. 25 febbraio 2005 n. 3994); 3) la valutazione della gravità del comportamento e della sua idoneità a ledere irrimediabilmente la fiducia che il datore di lavoro ripone nel proprio dipendente (giudizio da effettuarsi considerando la natura e la qualità del rapporto, la qualità ed il grado del vincolo di fiducia connesso al rapporto, l’entità della violazione commessa e l’intensità dell’elemento soggettivo); 4) che sul piano probatorio, premesso che l’elemento soggettivo è necessaria parte di ogni atto umano, se all’integrazione dei fatti giuridicamente legittimanti il licenziamento è necessario il dolo, l’onere datoriale di provare la sussistenza dei fatti si estende alla prova dei dolo;

e pertanto, ai fini della legittimità del licenziamento, la prova della sussistenza del fatto nella sua mera materialità è insufficiente.

Lamenta che la valutazione dei fatti, pur rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito, non si sottrae al controllo di legittimità ove non adeguatamente motivata e non sia frutto di un bilanciamento tra le esigenze imprenditoriali di cui all’art. 41 Cost. e della proporzionalità della sanzione.

2.- Con il secondo motivo la lavoratrice denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, e cioè la piena capacità di intendere e volere della P. al momento della commissione del fatto, anche alla luce della documentazione sanitaria inerente il suo stato depressivo.

3.- Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55 quater, in relazione agli artt. 4 e 41 Cost., per prevedere la norma in questione un automatismo della più grave delle sanzioni, senza alcun intervento valutativo dell’amministrazione nei profili soggettivi della responsabilità, in contrasto con i principi desumibili da Corte Cost. 9.7.1999 n. 286, e dall’art. 2106 c.c., pure richiamato dal D.Lgs n. 165 del 2001, art. 55, comma 2.

4.- I motivi, che per la loro connessione possono esaminarsi congiuntamente, sono infondati.

Ed invero, come esattamente rilevato dalla Corte territoriale, sebbene debba condividersi la tesi dell’illegittimità, in via astratta (come del resto in più occasioni affermato dal Giudice delle leggi, cfr. C. Cost. n. 971/88, n. 239/96 e n. 286/99), di qualsivoglia automatismo nell’irrogazione di sanzioni disciplinari (specie laddove queste consistano nella massima sanzione) in base al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55, così come modificato dal D.Lgs. n. 150 del 2009, permanendo il sindacato giurisdizionale sulla proporzionalità della sanzione rispetto al fatto addebitato (giusta il perdurante richiamo all’art. 2106 c.c., da parte dell’art. 55, comma 2), e pur dovendosi qui rimarcare che la proporzionalità della sanzione disciplinare rispetto ai fatti commessi è regola valida per tutto il diritto punitivo (sanzioni penali, amministrative L. n. 689 del 1981, ex art. 11, etc.), trasfusa per l’illecito disciplinare nell’art. 2106 c.c., pure richiamato dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55, con conseguente possibilità per il giudice di annullamento della sanzione “eccessiva”, proprio per il divieto di automatismi sanzionatori, non essendo in definitiva possibile introdurre, con legge o con contratto, sanzioni disciplinari automaticamente consequenziali ad illeciti disciplinari, deve rilevarsi che nella specie la Corte di merito ha adeguatamente motivato circa la sussistenza nel caso esaminato di tale proporzionalità, ritenendo sussistente il dolo nella volontaria falsificazione del certificato da consegnare al datore di lavoro, con aumento della prognosi di malattia da due a tre giorni al fine di aumentare l’assenza per malattia, e dunque la proporzionalità della sanzione a fronte di un comportamento gravemente fraudolento, tale da minare la fiducia del datore di lavoro sui futuri adempimenti.

Deve peraltro rimarcarsi che anche in tema di giusta causa di licenziamento, invocata dalla ricorrente nel primo motivo, questa Corte ha affermato che l’art. 2119 c.c., configura una norma elastica, in quanto costituisce una disposizione di contenuto precettivo ampio e polivalente destinato ad essere progressivamente precisato, nell’estrinsecarsi della funzione nomofilattica della Corte di Cassazione, fino alla formazione del diritto vivente mediante puntualizzazioni, di carattere generale ed astratto. A tale processo non partecipa tuttavia la soluzione del caso singolo, se non nella misura in cui da essa sia possibile estrarre una puntualizzazione della norma mediante una massima di giurisprudenza.

Ne consegue che, mentre l’integrazione giurisprudenziale della nozione di giusta causa a livello generale ed astratto si colloca sul piano normativo, e consente, pertanto, una verifica di legittimità sotto il profilo della violazione di legge, l’applicazione in concreto del più specifico canone integrativo, così ricostruito, rientra nella valutazione di fatto devoluta al giudice di merito, e non è censurabile in sede di legittimità se non per vizio di motivazione insufficiente o contraddittoria (Cass. 12.8.09 n. 18247).

Se è poi pur vero che nel caso in esame la massima sanzione è tipizzata dalla legge (art. 55 quater) e che, per le ragioni viste, ciò non di meno anche tale previsione è sindacabile alla luce del principio di civiltà giuridica del canone di proporzionalità della sanzione, resta che anche in tal caso l’accertamento in concreto della giustificatezza del licenziamento costituisce apprezzamento di fatto, riservato al giudice del merito ed incensurabile in sede di legittimità se sorretto, come nella specie, da motivazione congrua e immune da vizi (e plurimis, Cass. 17 maggio 2012 n. 7751, Cass. 26 gennaio 2011 n. 1788; Cass. 8 gennaio 2008 n. 144; Cass. n. 11674/2005).

In tal senso, ed in analoga fattispecie, si è già pronunciata questa Corte con sentenza 6.6.14 n. 12806, ove, evidenziata la coincidenza (come nel caso in esame) della condotta contestata rispetto alla previsione di legge (D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55 quater), è stato considerato che, anche dal punto di vista soggettivo, il comportamento risultava grave in base alla congrua motivazione dalla sentenza impugnata.

Nel caso oggi in esame la Corte territoriale ha logicamente valutato la gravita del fatto e la sua idoneità a minare la fiducia del datore di lavoro in ordine ai futuri adempimenti della dipendente, escludendo inoltre, con adeguata motivazione, che la presenza di uno stato ansioso depressivo, di cui la ricorrente soffriva da molti anni e specie in assenza di qualsivoglia prova circa la commissione del falso in un momento di acuzie della malattia, potesse escludere l’incapacità di intendere e di volere al momento della commissione dell’illecito.

Il vizio motivo, di cui alla seconda censura, risulta dunque insussistente, specie alla luce del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile ratione temporis, che ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico che concerne esclusivamente l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti da testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia). L’omesso esame di altri elementi istruttori non integra invece di per sè vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice (Cass. sez. un. 22 settembre 2014 n. 19881), così come avvenuto nella specie.

4.1- Non può infine essere accolta la censura contenuta in ricorso circa l’illegittimità del Regolamento di disciplina dell’azienda ospedaliera datrice di lavoro, ovvero la sua possibile interpretazione come preclusiva della regola dell’automatismo della sanzione disciplinare alla luce del più volte citato art. 55 quater di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, modificato dal D.Lgs. n. 150 del 2009.

Sotto il primo profilo la censura è inammissibile, posto che il Regolamento non risulta prodotto, in contrasto con l’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, nè ne viene riprodotto il testo ritenuto rilevante in ricorso, in contrasto col principio di autosufficienza; sotto il secondo profilo la censura risulta infondata alla luce delle precedenti considerazioni in tema di automatismo delle sanzioni e del perdurante principio di proporzionalità delle sanzioni, il cui giudizio è tuttavia rimesso al giudice del merito che, se logicamente motivato, risulta insindacabile in sede di legittimità.

5.- Il ricorso deve pertanto rigettarsi.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 100,00 per esborsi, Euro 3.000,00 per compensi, oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Conclusione
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 novembre 2015.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2016


ACCESSO “ESPLORATIVO” : la trasparenza non può complicare il compito della PA

E’ necessario coniugare il diritto alla trasparenza con l’esigenza di non pregiudicare, attraverso un improprio esercizio del diritto di accesso, il buon andamento della PA, riversando sulla stessa l’onere di reperire documentazione inerente un determinato segmento di attività.

Il Consiglio di Stato ha ribadito che se non può in linea di principio pretendersi che – in sede di accesso agli atti – vengano indicati dall’interessato specifici dati (quali il numero di protocollo e la data di formazione di un atto) non in suo possesso, deve in ogni caso rilevarsi come la PA sia tenuta a produrre documenti individuati in modo sufficientemente preciso e circoscritto, e non anche a compiere attività di ricerca ed elaborazione degli stessi.

Ciò al fine di coniugare il diritto alla trasparenza con l’esigenza di non pregiudicare, attraverso un improprio esercizio del diritto di accesso, il buon andamento della PA, riversando sulla stessa l’onere di reperire documentazione inerente un determinato segmento di attività.

Richieste generiche, infatti, sottoporrebbero l’ente a ricerche incompatibili sia con la funzionalità, sia con l’economicità e la tempestività dell’azione amministrativa.

In altri termini, a prescindere dalla specifica indicazione della data e del numero di protocollo attribuito agli atti richiesti, non v’è dubbio che con l’esercizio del diritto di accesso non si possa costringere l’ente ad attività di ricerca ed elaborazione dati. L’istanza, quindi, non può essere generica, eccessivamente estesa o riferita ad atti non specificamente individuati.

Tar Lombardia, Milano, IV, 23 gennaio 2020, n. 154

“la domanda di accesso di cui alla legge 241/1990 ed al codice dei contratti pubblici non si configura come una sorta di azione popolare, finalizzata ad un controllo generalizzato nei confronti dell’amministrazione, ma presuppone la titolarità in capo al richiedente di una situazione soggettiva differenziata, tale da giustificare l’ostensione dei documenti amministrativi richiesti (cfr. l’art. 22 comma 1 lettera “b” della legge 241/1990).
Dal canto suo l’art. 53 del codice dei contratti, costituente una normativa speciale rispetto a quella della legge 241/1990, al comma sesto prevede un diritto di accesso ai fini della difesa in giudizio solo a favore del «concorrente».
Nel caso di specie la società, nella propria domanda di accesso evidenzia, in maniera peraltro generica, di volere acquisire piena conoscenza degli atti del procedimento e dello stato della procedura negoziata e ciò (così testualmente) «in ragione della precedente esclusione…dalla antecedente procedura aperta volta alla realizzazione delle medesime opere» (cfr. ancora il doc. 2 della ricorrente).
In altri termini, pare che l’esistenza di un precedente provvedimento di esclusione mai contestato sia posto a fondamento di un’istanza di accesso ad una nuova procedura di gara – seppure avente analogo oggetto – alla quale l’esponente non è stata invitata e che non ha in ogni modo neppure contestato, quanto meno sotto il profilo del mancato invito, davanti alla competente sede giurisdizionale.
Preme poi evidenziare che la domanda di accesso di cui è causa ha per oggetto, per esplicita ammissione della stessa richiedente, un «coacervo di documenti», riguardanti spesso soggetti terzi (si pensi alle offerte economiche e tecniche), senza alcuna differenziazione fra i medesimi (si veda l’elenco dal n. 1 al n. 14 del doc. 2 della ricorrente), finendo così per realizzare una sorta di accesso “esplorativo”, senza alcuna chiara indicazione dello specifico e concreto interesse giuridico che dovrebbe sorreggere l’istanza di ostensione, vista anche la mole e l’eterogeneità dei documenti richiesti (cfr. sul punto Consiglio di Stato, sez. V, sentenza n. 1732/2019, di conferma della sentenza di questa Sezione n. 1381/2018).
Il Collegio rileva altresì che non vi è alcun contenzioso pendente fra l’attuale esponente e l’amministrazione con riguardo alle due procedure di gara di cui sopra e che lo stesso Consiglio di Stato, con recente sentenza della Sezione V n. 64/2020, ha statuito che: «contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza appellata, la mera intenzione di verificare e sondare l’eventuale opportunità di proporre ricorso giurisdizionale (anche da parte di chi vi abbia, come l’impresa seconda graduata, concreto ed obiettivo interesse) non legittima un accesso meramente esplorativo a informazioni riservate, perché difetta la dimostrazione della specifica e concreta indispensabilità a fini di giustizia».
Si aggiunga, da ultimo e per doverosa completezza, che l’istanza di accesso di cui è causa è stata presentata ai sensi della legge n. 241/1990 e che pertanto la stessa deve essere valutata esclusivamente ai sensi di tale normativa, non potendo quindi trovare in alcun modo applicazione nella presente controversia la diversa modalità di accesso di cui al D.Lgs. 33/2013 (c.d. accesso civico), non essendo consentita la conversione della domanda di accesso in corso di giudizio (cfr. TAR Toscana, sez. II, n. 1748/2019)”.

Consiglio di Stato, sez. IV sentenza 12.1.2016 n. 68

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3495 del 2015, proposto da:

Paolo Di Sante, rappresentato e difeso dall’avv.to Adalberto Palestini, con domicilio eletto presso la Segreteria Sezionale del Consiglio di Stato in Roma, Piazza Capo di Ferro, 13;

contro

Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti -Svca (Struttura di Vigilanza Sulle Concessioni Autostradali), rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Strada dei Parchi Spa, rappresentata e difesa dall’avv.to Marco Segatori, con domicilio eletto presso Marco Segatori in Roma, viale Parioli N.74;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. LAZIO – ROMA: SEZIONE III n. 00973/2015, resa tra le parti, concernente diniego accesso agli atti sulle violazioni del piano operazioni invernali.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti -Svca (Struttura di Vigilanza Sulle Concessioni Autostradali) e della Strada dei Parchi Spa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 luglio 2015 il Cons. Antonio Bianchi e udito per le parti l’avvocato Cristiano Castrogiovanni, su delega dell’avvocato Marco Segatori;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Il Signor Paolo Di Sante instaurava dinnanzi al Giudice di Pace di Montorio al Vomaro (poi Giudice di Pace di Teramo) un giudizio nei confronti della Strada dei Parchi S.p.a., al fine di vedersi risarcire i danni subiti nell’evento nevoso del febbraio 2012, avendo detta società, nella sua tesi, omesso di approntare le misure idonee alla messa in sicurezza della strada.

Nel corso del giudizio l’ANAS, con nota CDG–0078.55 – P del 5 giugno 2012, chiedeva alla Strada dei Parchi quale sua concessionaria, di fornire i chiarimenti del caso.

La società formulava di conseguenza le proprie deduzioni.

Con istanza del 2.10.2014, il Di Sante richiedeva quindi alla Struttura di Vigilanza sulle Concessioni Autostradali (SVCA) del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti di poter prendere visione ed estrarre copia di tutta la documentazione inerente l’attività istruttoria formalizzata con la nota ANAS anzidetta.

L’istanza veniva però rigettata, sul presupposto che la stessa fosse preordinata ad un controllo generalizzato dell’operato dell’Amministrazione ed avendo la controinteressata (ossia la Strada dei Parchi S.p.a , concessionaria della strada cui l’attività istruttoria era riferita) espresso il proprio diniego all’accesso non sussistendo, ad avviso di quest’ultima, alcun interesse giuridicamente tutelato in testa al richiedente.

Il Di Sante impugnava quindi detto diniego dinnanzi al Tar Lazio, deducendo nella sostanza che i documenti richiesti sarebbero stati utili ai fini defensionali nella causa instaurata dinnanzi al Giudice di Pace.

Si costituiva in giudizio la società controinteressata, eccependo l’inammissibilità dell’istanza d’accesso per difetto dei requisiti di legge e chiedendo quindi il rigetto del ricorso.

Con la sentenza 21 gennaio 2015 n. 973 il Tar Lazio respingeva il ricorso, rilevando la genericità dell’istanza ed assumendo altresì che la stessa, di natura esplorativa, fosse preordinata ad un inammissibile controllo generalizzato dell’attività dell’Amministrazione.

Secondo il primo giudice, poi, i documenti oggetto dell’istanza di accesso, siccome atti interni all’esercizio dell’attività ispettiva svolta dalla struttura ministeriale di vigilanza sulle concessioni autostradali, non avrebbero potuto essere divulgati in assenza di specifica motivazione, non evincibile dal contenuto dell’istanza medesima.

Avverso detta pronuncia il Di Sante ha quindi interposto l’odierno appello, chiedendone l’integrale riforma.

Si è costituita in giudizio la società controinteressata, chiedendo la reiezione del gravame siccome infondato.

Alla camera di consiglio del 14 luglio 2015, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

  1. Con il primo mezzo di censura l’appellante deduce l’erroneità della gravata sentenza, nella parte in cui ha ritenuto generica l’istanza di accesso per cui è causa.

Al riguardo, infatti, assume che non poteva essere posto a suo carico l’onere di specificare gli estremi di protocollo e la data degli atti di cui aveva richiesto l’ostensione e che dall’istanza sarebbero stati comunque ricavabili elementi idonei a individuare i documenti di interesse.

  1. Il motivo, così come proposto, non può trovare accoglimento.
  2. Ed invero, se non può in linea di principio pretendersi che l’istante in sede di accesso agli atti indichi specifici dati (quali il numero di protocollo e la data di formazione di un atto) non in suo possesso, deve in ogni caso rilevarsi come l’Amministrazione, in detta sede, sia tenuta a produrre documenti individuati in modo sufficientemente preciso e circoscritto, e non anche a compiere attività di ricerca ed elaborazione degli stessi.

Ciò al fine di coniugare il diritto alla trasparenza con l’esigenza di non pregiudicare, attraverso un improprio esercizio del diritto di accesso, il buon andamento dell’Amministrazione, riversando sulla stessa l’onere di reperire documentazione inerente un determinato segmento di attività.

Richieste generiche, infatti, sottoporrebbero l’Amministrazione a ricerche incompatibili sia con la funzionalità dei plessi, sia con l’economicità e la tempestività dell’azione amministrativa.

In altri termini, a prescindere dalla specifica indicazione della data e del numero di protocollo attribuito agli atti richiesti, non v’è dubbio come l’accesso non possa costringere l’Amministrazione ad attività di ricerca ed elaborazione dati, di guisa che la relativa istanza non può essere generica, eccessivamente estesa o riferita ad atti non specificamente individuati.

  1. Tanto premesso, nel caso di specie la richiesta del Signor Di Sante è testualmente volta ad ottenere “tutta la documentazione nessuna esclusa inerente l’attività svolta nel procedimento di verifica … “, senza ulteriori precisazioni o specificazioni.

L’oggetto dell’accesso, quindi, è costituito da un numero indeterminato di documenti, in alcun modo individuati e per di più formati in un arco temporale non meglio specificato.

Pertanto, del tutto correttamente il primo giudice ha ritenuto una istanza siffatta del tutto “generica” e, conseguentemente, legittimo il diniego espresso al riguardo dall’Amministrazione.

Come già precisato, infatti, l’istanza di accesso deve avere ad oggetto una specifica documentazione in possesso dell’Amministrazione indicata in modo sufficientemente preciso e circoscritto e non può riguardare, come nella fattispecie, dati ed informazioni generiche riguardanti un complesso non individuato di atti di cui non si conosce neppure con certezza la consistenza, il contenuto e finanche la effettiva sussistenza, assumendo un sostanziale carattere di natura meramente esplorativa .

  1. Con i restanti mezzi di censura – che possono essere trattati congiuntamente attesa la sostanziale unicità della ragione addotta a loro sostegno – l’appellante deduce l’erroneità della sentenza:

(i) nella parte in cui ha ritenuto la natura esplorativa dell’istanza;

(ii) nella parte in cui ha ritenuto corretto sottrarre all’accesso i documenti richiesti, costituendo gli stessi “atti interni all’esercizio della attività ispettiva svolta dalla Struttura di vigilanza sulle concessioni autostradali”;

iii) nella parte in cui ha ritenuto che l’istante non abbia chiarito le ragioni per la quali l’accesso alla documentazione sarebbe stato utile.

Assume, infatti, il Sig Di Sante che l’interesse sotteso alla presentazione dell’istanza non è quello di effettuare un’indagine esplorativa, bensì quello di acquisire documentazione utile nell’ambito del giudizio pendente dinnanzi al Giudice di Pace, ciò che lo legittimerebbe di per sé ad acquisire la documentazione richiesta, ancorché interna all’esercizio della attività ispettiva svolta dalla Struttura di vigilanza.

  1. La doglianza non può essere condivisa.
  2. Invero, il fatto che si tratti nella prospettazione del ricorrente di un accesso c.d. defensionale, è circostanza recessiva rispetto all’accertata genericità dell’istanza dallo stesso presentata la quale, come sopra precisato, non poteva comunque come tale essere positivamente evasa.

E ciò a maggior ragione, ove si consideri come nella specie l’Amministrazione destinataria della richiesta di accesso non sia neppure parte del giudizio instaurato dinnanzi al Giudice di Pace – solo genericamente citato nella richiesta medesima – e come, pertanto, la stessa non sia stata posta nella condizione di apprezzare in modo oggettivo e compiuto il concreto interesse del richiedente.

In tale contesto, pertanto, la decisione assunta dal Tar di ritenere di natura sostanzialmente “esplorativa” la richiesta d’accesso per cui è causa, deve andare esente da mende.

  1. Conclusivamente l’appello si appalesa privo di fondamento e, come tale, da respingere .
  2. Sussistono comunque giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,lo respinge .

Spese compensate .

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 luglio 2015 con l’intervento dei magistrati:

Giorgio Giaccardi, Presidente

Fabio Taormina, Consigliere

Diego Sabatino, Consigliere

Silvestro Maria Russo, Consigliere

Antonio Bianchi, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 12/01/2016

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


Circolare 001/2016 – Convenzione con i Comuni per la notificazione degli AVA inviati dall’INPS

L’Associazione Nazionale Notifiche Atti che ha come scopo la valorizzazione della figura del Messo Comunale, sollecitata dai suoi iscritti in relazione alle richieste pervenute per la notificazione degli avvisi di addebito inviati dagli uffici dell’INPS la quale ha inviato uno schema di convenzione con i Comuni, a nostro parere, non idonea alla notificazione degli Avvisi di Addebito (vedi nostra Circolare 001/2015).

Pertanto si propone un testo di Convenzione che si ritiene idoneo alla notificazione degli Avvisi di Addebito inviati per la notificazione da parte dell’INPS.

Testo convenzione: Circolare 2016-001 Convenzione INPS


Riunione Consiglio Generale del 23.01.2016

Ai sensi dell’art. 15 dello Statuto, viene convocata la riunione Consiglio Generale che si svolgerà sabato 23 gennaio 2016 alle ore 8:30 presso il Comune di Cesena (FC) – Piazza del Popolo 10, in prima convocazione, e alle ore 10:30 in seconda convocazione, per deliberare sul seguente ordine del giorno:

  1. Approvazione e ratifica adesioni all’Associazione 2015;
  2. Approvazione e ratifica adesioni all’Associazione 2016;
  3. Approvazione Bilancio Consuntivo 2015;
  4. Approvazione Bilancio Preventivo 2016;
  5. Varie ed eventuali.

Vedi:

Verbale CG del 23 01 2016

Relazione Bilancio 2015

Bilancio consuntivo 2015

Bilancio preventivo 2016


Riunione Giunta Esecutiva del 23.01.2016

Ai sensi dell’art. 13 dello Statuto, viene convocata la riunione della Giunta Esecutiva che si svolgerà sabato 23 gennaio 2016 alle ore 7:30 presso il Comune di Cesena – Palazzo Municipale – Piazza del Popolo 10, in prima convocazione, e alle ore 9:30 in seconda convocazione, per deliberare sul seguente ordine del giorno:

  1. Approvazione e ratifica adesioni all’Associazione 2015;
  2. Approvazione e ratifica adesioni all’Associazione 2016;
  3. Approvazione Bilancio Consuntivo 2015;
  4. Approvazione Bilancio Preventivo 2016;
  5. Varie ed eventuali.

Vedi:

Verbale GE 23 01 2016

Relazione Bilancio 2015

Bilancio consuntivo 2015

Bilancio preventivo 2016


Garante Privacy: pareri favorevoli ai fini dell’implementazione dello Spid

Il Garante della Privacy ha fornito all’Agid (Agenzia per l’Italia digitale) due pareri favorevoli per il completamento del lavoro di implementazione dello Spid, il sistema pubblico per la gestione dell’identità digitale di cittadini e imprese, il primo relativo ad una versione aggiornata di uno schema di regolamento che disciplina le modalità attuative per la realizzazione del sistema; il secondo riguardante lo schema tipo di convenzione che regola i rapporti fra l’Agid e i gestori dell’identità digitale.

Per quanto riguarda il regolamento che disciplina le modalità attuative dello Spid, sono stati apportati alcuni perfezionamenti che riguardano, in particolare:

  • il rafforzamento dei controlli dell’Agid in tema di sicurezza informatica e protezione dei dati;
  • una più puntuale definizione delle modalità di conservazione della documentazione inerente la creazione e il rilascio dell’identità digitale;
  • la specificazione delle caratteristiche del servizio all’utente dell’avvenuto utilizzo delle sue credenziali;
  • una migliore esplicitazione delle procedure di sospensione e revoca dei gestori.

Il Garante, attribuendo particolare importanza alla materia in esame, ha ritenuto necessario innalzare ulteriormente i livelli di garanzia. Infatti, l’Autorità ha chiesto, in particolare, di perfezionare la descrizione dei differenti livelli di sicurezza delle identità digitali Spid, per rendere più coerente il regolamento con quanto previsto dalla normativa europea in materia.

Inoltre, afferma il Garante, è necessario specificare che, se il gestore dell’identità digitale fornisce solo l’identificazione da remoto come modalità per la verifica dell’identità del richiedente, ciò deve essere messo in evidenza, oltre che nelle condizioni e termini del contratto, anche nell’informativa da rendere all’utente.

Quanto alla convenzione relativa ai gestori dell’identità digitale, essa appare sostanzialmente conforme alle indicazioni rese dall’Ufficio del Garante durante il tavolo tecnico.

In particolare è stato migliorato il contenuto della convenzione relativamente alle garanzie previste dalla normativa sulla protezione dei dati personali nel caso in cui il gestore si avvalga di soggetti esterni per la fornitura del servizio d’identità digitale oltre alle modalità di comunicazione da parte del gestore di eventuali violazioni o intrusioni nei dati personali.

(Garante per la protezione dei dati personali, Provvedimento 17 dicembre 2015, n. 660)

doc. web n. 4538528

Parere all’Agid su uno schema di regolamento in tema di modalità attuative per la realizzazione dello SPID e uno schema di convenzione relativa ai gestori – 17 dicembre 2015

Registro dei provvedimenti n. 660 del 17 dicembre 2015

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

Nella riunione odierna, in presenza del dott. Antonello Soro, presidente, della dott.ssa Augusta Iannini, vice presidente, della prof.ssa Licia Califano e della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici, componenti e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;

Vista la richiesta di parere dell’Agenzia per l’Italia digitale;

Visto l’articolo 154, comma 4, del Codice in materia di protezione dei dati personali (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, di seguito Codice);

Vista la documentazione in atti;

Viste le osservazioni dell’Ufficio formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

Relatore la dott.ssa Augusta Iannini;

PREMESSO

  1. L’Agenzia per l’Italia digitale (di seguito anche AGID) ha richiesto il parere del Garante su due schemi-tipo di convenzione fra l’AGID medesima, da un lato, e, rispettivamente, i gestori di identità digitale e le pubbliche amministrazioni in qualità di fornitori di servizi, dall’altro, da adottare ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 24 ottobre 2014 (di seguito dPCM) recante la definizione delle caratteristiche del sistema pubblico per la gestione dell’identità digitale di cittadini e imprese (SPID), sul cui schema il Garante ha reso parere in data 19 giugno 2014.

Inoltre, l’AGID ha nuovamente sottoposto a parere del Garante, in una versione aggiornata, lo schema di regolamento recante le modalità attuative per la realizzazione dello SPID, sul quale l’Autorità ha espresso un primo parere in data 4 giugno 2015 che riguardava, oltre allo schema di regolamento sulle modalità attuative, anche lo schema di regolamento dell’Agenzia relativo alle regole tecniche (parere n. 332 del 4 giugno 2015, doc. web n. 4257475).

L’articolo 4 del dPCM, infatti, ai commi 2, 3 e 4, prevede che l’Agenzia adotti regolamenti per  definire, appunto, le regole tecniche e le modalità attuative per la realizzazione dello SPID, le modalità di accreditamento dei soggetti SPID, nonché le procedure necessarie a consentire ai gestori dell’identità digitale, tramite l’utilizzo di altri sistemi di identificazione informatica conformi ai requisiti dello SPID, il rilascio dell’identità digitale.

Riguardo agli schemi degli altri regolamenti dell’Agenzia previsti dal citato articolo 4 (concernenti, in particolare, l’accreditamento dei gestori di identità digitale e le procedure necessarie a consentire ai predetti gestori, tramite l’utilizzo di altri sistemi di identificazione informatica conformi ai requisiti dello SPID, il rilascio dell’identità digitale), l’Autorità ha reso il proprio parere, in data 23 aprile scorso (pareri n. 237 e n. 238 del 23 aprile 2015, doc. web n. 3953079 e n. 3953181).

Infine, l’articolo 10, comma 2, del predetto dPCM prevede che l’AGID stipuli apposita convenzione con i gestori dell’identità digitale e disponga l’iscrizione degli stessi nel registro SPID.

Il presente parere –per evidenti ragioni di affinità di materia- si riferisce sia al nuovo schema di regolamento, sia allo schema di convenzione-tipo concernente, appunto, i gestori dell’identità digitale. Il Garante si esprimerà in prosieguo sull’altro schema di convenzione, relativo all’adesione a SPID da parte delle pubbliche amministrazioni, in qualità di fornitori di servizi.

RILEVATO

  1. Il Garante riconnette particolare importanza alla materia in esame per le implicazioni che ne possono derivare sotto il profilo della tutela della riservatezza e della protezione dei dati personali; in ragione di ciò, il nuovo schema di regolamento e lo schema di convenzione sono stati elaborati dall’AGID all’esito di riunioni e interlocuzioni avute con l’Ufficio del Garante, modificando e integrando l’originaria formulazione di alcuni articoli in coerenza con i rilievi e le osservazioni formulati durante il tavolo tecnico.

2.1. Il regolamento sulle modalità attuative di SPID.

Per quanto riguarda lo schema di regolamento, l’Autorità prende innanzitutto atto che nel testo è stato inserito l’articolo 32-bis, riguardante la collaborazione fra l’AGID e il Garante, già oggetto di una specifica condizione nel precedente parere (cfr. punto 5.21. del parere cit. del 4 giugno 2015).

Lo schema presenta inoltre alcuni mirati perfezionamenti, volti a rendere il regolamento pienamente conforme ai principi e alle garanzie in materia di protezione dei dati personali, che l’Autorità aveva già evidenziato nel precedente parere. Tali perfezionamenti sono il frutto di ulteriori approfondimenti svolti in collaborazione fra l’Ufficio del Garante e i rappresentanti dell’Agenzia.

Le integrazioni riguardano in particolare

  • una maggiore coerenza fra il testo del regolamento e il d.P.C.M.;
  • il rafforzamento dei controlli posti in essere dall’AGID in tema di sicurezza informatica e protezione dei dati personali;
  • il rafforzamento della sicurezza delle procedure di identificazione in remoto;
  • una più puntuale definizione di adeguate modalità di conservazione della documentazione  inerente alla creazione e al rilascio dell’identità digitale (ivi comprese le registrazioni audio/video acquisite nel caso d’identificazione in remoto);
  • la specificazione delle caratteristiche del servizio di segnalazione all’utente dell’avvenuto utilizzo delle sue credenziali;
  • una migliore esplicitazione in merito alle procedure di sospensione e revoca dei gestori.

Nondimeno si rileva che, in ragione della complessità e dell’importanza della materia, resta l’esigenza di apportare allo schema di regolamento alcuni ulteriori perfezionamenti, nei termini di seguito descritti:

a) all’articolo 2, deve essere perfezionata la descrizione dei livelli di sicurezza delle identità digitali SPID al fine di garantire una maggiore coerenza della disposizione con quanto previsto all’art. 8 del Regolamento (UE) n. 910/2014 del 23 luglio 2014, in materia di livelli di garanzia dei mezzi di identificazione elettronica. In particolare, al fine di eliminare ogni ambiguità del testo, occorre specificare che il rischio menzionato nel medesimo articolo per descrivere i differenti livelli di sicurezza delle identità digitali riguarda l’uso abusivo o l’alterazione dell’identità. Al riguardo, va precisato che il livello 1 è caratterizzato da un’affidabilità e una qualità delle specifiche tecniche, norme e procedure dello strumento di identificazione elettronica tali da ridurre il rischio di uso abusivo o di alterazione dell’identità; al livello 2 l’affidabilità e la qualità delle predette specifiche tecniche, norme e procedure è tale da ridurre significativamente il predetto  rischio, mentre al livello 3 l’affidabilità e la qualità delle stesse specifiche, norme e procedure è tale da impedire l’uso abusivo o l’alterazione dell’identità. Ciò, al fine di mantenere un’opportuna distinzione tra la valutazione, in capo ai gestori dell’identità digitale, del livello di affidabilità e sicurezza dei sistemi di identificazione elettronica predisposti, e, quella, in capo ai fornitori di servizi, dell’impatto per gli utenti interessati di un utilizzo improprio delle loro identità SPID in relazione all’accesso a differenti tipologie di servizi elettronici offerti;

b) l’articolo 8 va ulteriormente perfezionato specificando che se il gestore dell’identità digitale fornisce solo l’identificazione da remoto, come modalità per la verifica dell’identità del richiedente, ciò deve essere messo in specifica evidenza, oltre che nelle condizioni e termini del contratto, anche nell’informativa da rendere all’interessato ai sensi dell’articolo 13 del Codice;

c) all’articolo 28 è necessario espungere il termine “di trasmissione” che sembra il frutto di un refuso.

2.2.. La convenzione-tipo relativa ai gestori dell’identità digitale.

Quanto alla convenzione relativa ai gestori dell’identità digitale, essa appare sostanzialmente conforme alle indicazioni rese dall’Ufficio del Garante nel quadro delle predette interlocuzioni.

In particolare è stato migliorato il contenuto della convenzione relativamente a:

  • la coerenza fra il testo della convenzione e il Regolamento (UE) n. 910/2014 in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno (eIDASS), il dPCM e i regolamenti attuativi adottati dall’AGID;
  • le garanzie previste dalla normativa sulla protezione dei dati personali nel caso in cui il gestore si avvalga di soggetti esterni per la fornitura del servizio d’identità digitale;
  • la specificazione degli obblighi del gestore riguardo al trattamento dei dati personali;
  • gli obblighi in capo ai gestori relativi alle misure di sicurezza e agli strumenti crittografici adottati, con particolare riguardo alla loro adeguatezza rispetto agli standard riconosciuti in ambito europeo e internazionale;
  • gli obblighi dei gestori nei confronti degli utenti, relativi in particolare all’accesso da parte di questi ultimi alle informazioni relative ai servizi da essi erogati e alla disponibilità di indicazioni semplici e chiare circa le caratteristiche e il funzionamento del sistema SPID;
  • le modalità di comunicazione da parte del gestore di eventuali violazioni o intrusioni nei dati personali;
  • le procedure che l’AGID è tenuta ad adottare in caso di inadempimenti del gestore.

Anche in questo caso, in ragione della complessità e dell’importanza della materia, si segnala l’esigenza di apportare al provvedimento alcune indicazioni, nei termini di seguito descritti:

  1. occorre inserire all’articolo 2, comma 1, lett. a) dello schema l’esplicito riferimento all’articolo 29 del Codice riguardo al caso in cui il gestore si avvalga di soggetti esterni per la fornitura del sevizio d’identità digitale;
  2. è necessario sostituire nell’articolo 2, comma 2, lett. g) la formula “una periodicità inferiore ai due giorni lavorativi previsti” con la seguente: “una periodicità inferiore ai tre giorni lavorativi previsti”.

IL GARANTE

  1. esprime parere favorevole sullo schema di regolamento dell’Agenzia per l’Italia digitale recante le modalità attuative per la realizzazione dello SPID, evidenziando la necessità di apportare allo schema i perfezionamenti indicati al punto 2.1.;
  2. esprime parere favorevole sullo schema di convenzione relativa ai gestori dell’identità digitale, evidenziando la necessità di apportare allo schema-tipo i perfezionamenti indicati al punto 2.2..

Roma, 17 dicembre 2015

IL PRESIDENTE

Soro

IL RELATORE

Iannini

IL SEGRETARIO GENERALE

Busia


Giornata di Studio Capo d’Orlando (ME) – 8.04.2016

Locandina Capo 2016LA NOTIFICA ON LINE

Venerdì 8 aprile 2016

Comune di Capo d’Orlando (ME)

Municipio
Sala Consiliare
Via Vittorio Emanuele 1
Orario: 9:00 – 13:00 e 14:00 – 17:00

con il patrocinio del Comune di Capo d’Orlando (ME)

Quote di Iscrizione alla giornata di studio:

€ 132.00(*) (**) se il partecipante alla giornata di studio è già socio A.N.N.A. (persona fisica già iscritta all’Associazione alla data del 31.12.2015 con rinnovo anno 2016 già pagato al 31.12.2015. Tale requisito attiene esclusivamente alle persone fisiche. L’iscrizione ad ANNA del solo ente di appartenenza non soddisfa tale condizione per i propri dipendenti.
€ 202.00(*) (**) (***) se il partecipante NON è ancora socio A.N.N.A ma intende iscriversi per l’anno 2016 pagando la quota insieme a quella della giornata di studio. Tra i servizi che l’Associazione offre ai propri Iscritti vi è anche l’accesso all’area riservata del sito www.annamessi.it ed un’assicurazione per colpa grave.
€ 272,00 più I.V.A se dovuta (*) (**), per chi vuole frequentare solo la giornata di studio (NON è iscritto ad A.N.N.A. e NON vuole iscriversi).


 Partecipazione di 2 o più dipendenti dello stesso Ente:

  • € 200,00 (*) (**) (***) per il primo partecipante
  • € 150,00 (*) (**) (***) per il secondo partecipante
  • € 65,00 (*) (**) (***) per il terzo e oltre partecipante

Tali quote comprendono l’iscrizione all’Associazione per l’anno 2016 a cui si deve aggiungere € 2,00 (Marca da Bollo) sull’unica fattura emessa. Tale promozione non è assimilabile alle Quote di Iscrizione sopra descritte (Quote di Iscrizione alla giornata di studio)


La quota di iscrizione comprende: accesso in sala, colazione di lavoro e materiale didattico.

Le quote d’iscrizione dovranno essere pagate, al netto delle spese bancarie e/o postali,   comprensive  dell’imposta di bollo di € 2,00, tramite:

Versamento in Banca sul Conto Corrente Bancario:

  • Codice IBAN: IT 20 J 07601 12100 000055115356 [Banco Posta di Poste Italiane]
  • Versamento in Posta sul Conto Corrente Postale n. 55115356
  • Versamento per contanti presso la Segreteria della giornata di studio

Intestazione : Associazione Nazionale Notifiche Atti
Causale: Giornata Capo 2016 o numero fattura
(*) Se la fattura è intestata ad un Ente Pubblico la quota è esente da IVA ai sensi ai sensi dell’Art. 10 DPR n. 633/1972 così come dispone l’art. 14, comma 10 legge 537 del 24/12/1993 – comprensivo di  € 2,00 (Marca da Bollo)

(**) Le spese bancarie e/o postali per il versamento delle quote di iscrizione sono a carico di chi effettua il versamento.
(***) Se la giornata di studio si effettua negli ultimi 3 mesi dell’anno la eventuale quota di iscrizione all’Associazione A.N.N.A. deve intendersi versata per l’annualità successiva.

L’Associazione rilascerà ai partecipanti un attestato di frequenza, che potrà costituire un valido titolo personale di qualificazione professionale.

L’iscrizione alla giornata di studio potrà essere effettuata anche on line cliccando sul link a fondo pagina cui dovrà seguire il versamento della quota di iscrizione alla giornata di studio.
I docenti sono operatori di settore che con una collaudata metodologia didattica assicurano un apprendimento graduale e completo dei temi trattati. Essi collaborano da anni in modo continuativo con A.N.N.A. condividendone così lo stile e la cultura.

I corsi / seminari / convegni / giornate di studio non sono configurabili come appalti di servizi.

Pertanto per il loro acquisto non è necessario transitare dalle Centrali di Committenza (nazionale o regionale), né è prevista la richiesta del CIG. Si veda anche paragrafo 3.9 della Determinazione dell’AVCP n. 4 del 7 luglio 2011.

La formazione in materia di appalti e contratti pubblici, se prevista dal Piano triennale per la prevenzione della corruzione del singolo Ente, non è soggetta al tetto di spesa definito dall’art. 6, comma 13, del D.L. n. 78/2010. Si tratta infatti di formazione obbligatoria prevista dalla Legge n. 190/2012 (cfr. Corte dei conti: sez. reg.le di controllo Emilia Romagna n. 276/2013; sez. reg.le di controllo Liguria n. 75/2013; sez. reg.le di controllo Lombardia n. 116/2011)

Docente:

Asirelli Corrado 6Asirelli Corrado

Resp. Messi Comunali del Comune di Cesena (FC)

Membro della Giunta Esecutiva  di A.N.N.A.

Membro della Commissione Normativa di A.N.N.A.

Programma:

Il Messo Comunale

· Obblighi e competenze e responsabilità

Il procedimento di notificazione

  • Art. 137 c.p.c.: norme introduttive sulla notificazione degli atti
  • Art. 138 c.p.c.: notificazione in mani proprie
  • Art. 139 c.p.c.: notificazione nella residenza, dimora e domicilio

· Concetto di dimora, residenza e domicilio

  • Art. 140 c.p.c. Notifica agli irreperibili relativi
  • La sentenza della Corte Costituzionale n. 3/2010
  • Art. 141 c.p.c. Notificazione presso il domiciliatario
  • Art. 142 c.p.c. Notificazione a persone non residenti né dimoranti né domiciliate nella Repubblica
  • Art. 143 c.p.c. Notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti
  • Art. 145 c.p.c. Notificazione alle persone giuridiche

La notificazione a mezzo posta “tradizionale

  • Ambito di applicazione della L. 890/1982
  • Attività del Messo Comunale e attività dell’Ufficiale Postale

Le notifiche degli atti pervenuti tramite P.E.C.

  • Art. 137, 3° comma, c.p.c.: problemi applicativi

La notificazione a mezzo posta elettronica

  • Art. 48 D.Lgs 82/2005 (Codice dell’Amministrazione Digitale)
  • La PEC
  • La firma digitale
  • La notificazione a mezzo posta elettronica
  • “Legge di Stabilità” 2013 (L. 228/2012)
  • Art. 149 bis c.p.c.

La notificazione degli atti tributari

  • Il D.P.R. 600/1973
  •             L’Art. 60 del D.P.R. 600/1973
  •             L’Art. 65 del D.P.R. 600/1973 (Eredi)
  • Le notifiche ai soggetti A.I.R.E.
  • L’Art. 26 del D.P.R. 602/1973 e sentenza della Corte Costituzionale 258/2012

Casa Comunale

  • · La consegna degli atti presso la Casa Comunale (al destinatario ed a persone delegate)

Cenni sull’Albo on Line

  • Le raccomandazioni del Garante della privacy

· Il diritto “all’oblio”

Risposte a quesiti

 Gli argomenti trattati si intendono aggiornati con le ultime novità normative e giurisprudenziali in materia di notificazioni

L’Associazione provvederà ad effettuare l’esame di idoneità per le persone che verranno indicate dall’Amm.ne, al fine del conseguimento della nomina a Messo Notificatore previsto dalla legge finanziaria del 2007  (L. 296/2006, Art. 1, comma 158 e ss.)

Nota bene: Qualora l’annullamento dell’iscrizione venga comunicato meno di cinque giorni prima dell’iniziativa, l’organizzazione si riserva la facoltà di fatturare la relativa quota, anche nel caso di non partecipazione alla giornata di studio.

Vedi: Attività di formazione anno 2016

Vedi: Fotografie della Giornata di Studio
Vedi: Video della Giornata di Studio
Scarica: MODULO DI PARTECIPAZIONE Capo d’Orlando 2016 
Sul modulo dovranno obbligatoriamente essere indicati tutti i codici (CUU, CIG ecc.) che dovranno comparire nella fattura

Scarica: Autocertificazioni Fiscali 2016

  1. Dichiarazione DURC
  2. Dichiarazione sulla tracciabilità dei pagamenti, L. 136/2010
  3. Documento d’Identità personale del Legale Rappresentante di A.N.N.A.
  4. Dichiarazione sostitutiva del certificato generale del casellario giudiziale e dei carichi pendenti
  5. Dichiarazione relativa alla fase di liquidazione delle fatture di competenza

Giornata di Studio Basiglio (MI) – 16.02.2016

Locandina Giornata Basiglio 2016LA NOTIFICA ON LINE

Martedì 16 febbraio 2016

Comune di Basiglio (MI)

Municipio
Sala Consiliare
Piazza Leonardo da Vinci 1
Orario: 9:00 – 13:00 e 14:00 – 17:00
con il patrocinio del Comune di Basiglio (MI)

Quote di Iscrizione alla giornata di studio:

€ 132.00(*) (**) se il partecipante alla giornata di studio è già socio A.N.N.A. (persona fisica già iscritta all’Associazione alla data del 31.12.2015 con rinnovo anno 2016 già pagato al 31.12.2015. Tale requisito attiene esclusivamente alle persone fisiche. L’iscrizione ad ANNA del solo ente di appartenenza non soddisfa tale condizione per i propri dipendenti.
€ 202.00(*) (**) (***) se il partecipante NON è ancora socio A.N.N.A ma intende iscriversi per l’anno 2016 pagando la quota insieme a quella della giornata di studio. Tra i servizi che l’Associazione offre ai propri Iscritti vi è anche l’accesso all’area riservata del sito www.annamessi.it ed un’assicurazione per colpa grave.
€ 272,00 più I.V.A se dovuta (*) (**), per chi vuole frequentare solo la giornata di studio (NON è iscritto ad A.N.N.A. e NON vuole iscriversi).


 Partecipazione di 2 o più dipendenti dello stesso Ente:

  • € 200,00 (*) (**) (***) per il primo partecipante
  • € 150,00 (*) (**) (***) per il secondo partecipante
  • € 65,00 (*) (**) (***) per il terzo e oltre partecipante

Tali quote comprendono l’iscrizione all’Associazione per l’anno 2016 a cui si deve aggiungere € 2,00 (Marca da Bollo) sull’unica fattura emessa. Tale promozione non è assimilabile alle Quote di Iscrizione sopra descritte (Quote di Iscrizione alla giornata di studio).


La quota di iscrizione comprende: accesso in sala, colazione di lavoro e materiale didattico.

Le quote d’iscrizione dovranno essere pagate, al netto delle spese bancarie e/o postali,   comprensive  dell’imposta di bollo di € 2,00, tramite:

Versamento in Banca sul Conto Corrente Bancario:

  • Codice IBAN: IT 20 J 07601 12100 000055115356 [Banco Posta di Poste Italiane]
  • Versamento in Posta sul Conto Corrente Postale n. 55115356
  • Versamento per contanti presso la Segreteria della giornata di studio

Intestazione : Associazione Nazionale Notifiche Atti
Causale: Giornata Basiglio 2016 o numero fattura
(*) Se la fattura è intestata ad un Ente Pubblico la quota è esente da IVA ai sensi ai sensi dell’Art. 10 DPR n. 633/1972 così come dispone l’art. 14, comma 10 legge 537 del 24/12/1993 – comprensivo di  € 2,00 (Marca da Bollo)

(**) Le spese bancarie e/o postali per il versamento delle quote di iscrizione sono a carico di chi effettua il versamento.
(***) Se la giornata di studio si effettua negli ultimi 3 mesi dell’anno la eventuale quota di iscrizione all’Associazione A.N.N.A. deve intendersi versata per l’annualità successiva.

L’Associazione rilascerà ai partecipanti un attestato di frequenza, che potrà costituire un valido titolo personale di qualificazione professionale.

L’iscrizione alla giornata di studio potrà essere effettuata anche on line cliccando sul link a fondo pagina cui dovrà seguire il versamento della quota di iscrizione alla giornata di studio.
I docenti sono operatori di settore che con una collaudata metodologia didattica assicurano un apprendimento graduale e completo dei temi trattati. Essi collaborano da anni in modo continuativo con A.N.N.A. condividendone così lo stile e la cultura.

I corsi / seminari / convegni / giornate di studio non sono configurabili come appalti di servizi.

Pertanto per il loro acquisto non è necessario transitare dalle Centrali di Committenza (nazionale o regionale), né è prevista la richiesta del CIG. Si veda anche paragrafo 3.9 della Determinazione dell’AVCP n. 4 del 7 luglio 2011.

La formazione in materia di appalti e contratti pubblici, se prevista dal Piano triennale per la prevenzione della corruzione del singolo Ente, non è soggetta al tetto di spesa definito dall’art. 6, comma 13, del D.L. n. 78/2010. Si tratta infatti di formazione obbligatoria prevista dalla Legge n. 190/2012 (cfr. Corte dei conti: sez. reg.le di controllo Emilia Romagna n. 276/2013; sez. reg.le di controllo Liguria n. 75/2013; sez. reg.le di controllo Lombardia n. 116/2011)

Docente:

Asirelli Corrado 6Asirelli Corrado

Resp. Messi Comunali del Comune di Cesena (FC)

Membro della Giunta Esecutiva  di A.N.N.A.

Membro della Commissione Normativa di A.N.N.A.

Programma:

Il Messo Comunale

· Obblighi e competenze e responsabilità

Il procedimento di notificazione

  • Art. 137 c.p.c.: norme introduttive sulla notificazione degli atti
  • Art. 138 c.p.c.: notificazione in mani proprie
  • Art. 139 c.p.c.: notificazione nella residenza, dimora e domicilio

· Concetto di dimora, residenza e domicilio

  • Art. 140 c.p.c. Notifica agli irreperibili relativi
  • La sentenza della Corte Costituzionale n. 3/2010
  • Art. 141 c.p.c. Notificazione presso il domiciliatario
  • Art. 142 c.p.c. Notificazione a persone non residenti né dimoranti né domiciliate nella Repubblica
  • Art. 143 c.p.c. Notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti
  • Art. 145 c.p.c. Notificazione alle persone giuridiche

La notificazione a mezzo posta “tradizionale

  • Ambito di applicazione della L. 890/1982
  • Attività del Messo Comunale e attività dell’Ufficiale Postale

Le notifiche degli atti pervenuti tramite P.E.C.

  • Art. 137, 3° comma, c.p.c.: problemi applicativi

La notificazione a mezzo posta elettronica

  • Art. 48 D.Lgs 82/2005 (Codice dell’Amministrazione Digitale)
  • La PEC
  • La firma digitale
  • La notificazione a mezzo posta elettronica
  • “Legge di Stabilità” 2013 (L. 228/2012)
  • Art. 149 bis c.p.c.

La notificazione degli atti tributari

  • Il D.P.R. 600/1973
  •             L’Art. 60 del D.P.R. 600/1973
  •             L’Art. 65 del D.P.R. 600/1973 (Eredi)
  • Le notifiche ai soggetti A.I.R.E.
  • L’Art. 26 del D.P.R. 602/1973 e sentenza della Corte Costituzionale 258/2012

Casa Comunale

  • · La consegna degli atti presso la Casa Comunale (al destinatario ed a persone delegate)

Cenni sull’Albo on Line

  • Le raccomandazioni del Garante della privacy

· Il diritto “all’oblio”

Risposte a quesiti

 Gli argomenti trattati si intendono aggiornati con le ultime novità normative e giurisprudenziali in materia di notificazioni

L’Associazione provvederà ad effettuare l’esame di idoneità per le persone che verranno indicate dall’Amm.ne, al fine del conseguimento della nomina a Messo Notificatore previsto dalla legge finanziaria del 2007  (L. 296/2006, Art. 1, comma 158 e ss.)

Nota bene: Qualora l’annullamento dell’iscrizione venga comunicato meno di cinque giorni prima dell’iniziativa, l’organizzazione si riserva la facoltà di fatturare la relativa quota, anche nel caso di non partecipazione alla giornata di studio.

Vedi: Attività di formazione anno 2016

Scarica: MODULO DI PARTECIPAZIONE Basiglio 2016 Sul modulo dovranno obbligatoriamente essere indicati tutti i codici (CUU, CIG ecc.) che dovranno comparire nella fattura

Scarica: Documentazione fiscale 2016

  1. Dichiarazione DURC
  2. Dichiarazione sulla tracciabilità dei pagamenti, L. 136/2010
  3. Documento d’Identità personale del Legale Rappresentante di A.N.N.A.
  4. Dichiarazione sostitutiva del certificato generale del casellario giudiziale e dei carichi pendenti
  5. Dichiarazione relativa alla fase di liquidazione delle fatture di competenza

 

Vedi: Album fotografie

Vedi:


Giornata di Studio Fara in Sabina – 9.02.2016

Locandina Fara 2016LA NOTIFICA ON LINE

Martedì 9 febbraio 2016

Comune di Fara in Sabina

Sala Convegni
Municipio
Via Santa Maria in Castello 12
Orario: 9:00 – 13:00 e 14:00 – 17:00

con il patrocinio del Comune di Fara in Sabina (RI)

Quote di Iscrizione alla giornata di studio:

€ 132.00(*) (**) se il partecipante alla giornata di studio è già socio A.N.N.A. (persona fisica già iscritta all’Associazione alla data del 31.12.2015 con rinnovo anno 2016 già pagato al 31.12.2015. Tale requisito attiene esclusivamente alle persone fisiche. L’iscrizione ad ANNA del solo ente di appartenenza non soddisfa tale condizione per i propri dipendenti.
€ 202.00(*) (**) (***) se il partecipante NON è ancora socio A.N.N.A ma intende iscriversi per l’anno 2016 pagando la quota insieme a quella della giornata di studio. Tra i servizi che l’Associazione offre ai propri Iscritti vi è anche l’accesso all’area riservata del sito www.annamessi.it ed un’assicurazione per colpa grave.
€ 272,00 più I.V.A se dovuta (*) (**), per chi vuole frequentare solo la giornata di studio (NON è iscritto ad A.N.N.A. e NON vuole iscriversi).


 Partecipazione di 2 o più dipendenti dello stesso Ente:

  • € 200,00 (*) (**) (***) per il primo partecipante
  • € 150,00 (*) (**) (***) per il secondo partecipante
  • € 65,00 (*) (**) (***) per il terzo e oltre partecipante

Tali quote comprendono l’iscrizione all’Associazione per l’anno 2016 a cui si deve aggiungere € 2,00 (Marca da Bollo) sull’unica fattura emessa. Tale promozione non è assimilabile alle Quote di Iscrizione sopra descritte (Quote di Iscrizione alla giornata di studio)


La quota di iscrizione comprende: accesso in sala, colazione di lavoro e materiale didattico.

Le quote d’iscrizione dovranno essere pagate, al netto delle spese bancarie e/o postali,   comprensive  dell’imposta di bollo di € 2,00, tramite:

Versamento in Banca sul Conto Corrente Bancario:

  • Codice IBAN: IT 20 J 07601 12100 000055115356 [Banco Posta di Poste Italiane]
  • Versamento in Posta sul Conto Corrente Postale n. 55115356
  • Versamento per contanti presso la Segreteria della giornata di studio

Intestazione : Associazione Nazionale Notifiche Atti
Causale: Giornata Fara 2016 o numero fattura
(*) Se la fattura è intestata ad un Ente Pubblico la quota è esente da IVA ai sensi ai sensi dell’Art. 10 DPR n. 633/1972 così come dispone l’art. 14, comma 10 legge 537 del 24/12/1993 – comprensivo di  € 2,00 (Marca da Bollo)

(**) Le spese bancarie e/o postali per il versamento delle quote di iscrizione sono a carico di chi effettua il versamento.
(***) Se la giornata di studio si effettua negli ultimi 3 mesi dell’anno la eventuale quota di iscrizione all’Associazione A.N.N.A. deve intendersi versata per l’annualità successiva.

L’Associazione rilascerà ai partecipanti un attestato di frequenza, che potrà costituire un valido titolo personale di qualificazione professionale.

L’iscrizione alla giornata di studio potrà essere effettuata anche on line cliccando sul link a fondo pagina cui dovrà seguire il versamento della quota di iscrizione alla giornata di studio.
I docenti sono operatori di settore che con una collaudata metodologia didattica assicurano un apprendimento graduale e completo dei temi trattati. Essi collaborano da anni in modo continuativo con A.N.N.A. condividendone così lo stile e la cultura.

I corsi / seminari / convegni / giornate di studio non sono configurabili come appalti di servizi.

Pertanto per il loro acquisto non è necessario transitare dalle Centrali di Committenza (nazionale o regionale), né è prevista la richiesta del CIG. Si veda anche paragrafo 3.9 della Determinazione dell’AVCP n. 4 del 7 luglio 2011.

La formazione in materia di appalti e contratti pubblici, se prevista dal Piano triennale per la prevenzione della corruzione del singolo Ente, non è soggetta al tetto di spesa definito dall’art. 6, comma 13, del D.L. n. 78/2010. Si tratta infatti di formazione obbligatoria prevista dalla Legge n. 190/2012 (cfr. Corte dei conti: sez. reg.le di controllo Emilia Romagna n. 276/2013; sez. reg.le di controllo Liguria n. 75/2013; sez. reg.le di controllo Lombardia n. 116/2011)

Docente:

Durì Francesco

Resp. Messi Comunali del Comune di Udine

Membro della Giunta Esecutiva  di A.N.N.A.

Membro della Commissione Normativa di A.N.N.A.

Programma:

Il Messo Comunale

· Obblighi e competenze e responsabilità

Il procedimento di notificazione

  • Art. 137 c.p.c.: norme introduttive sulla notificazione degli atti
  • Art. 138 c.p.c.: notificazione in mani proprie
  • Art. 139 c.p.c.: notificazione nella residenza, dimora e domicilio

· Concetto di dimora, residenza e domicilio

  • Art. 140 c.p.c. Notifica agli irreperibili relativi
  • La sentenza della Corte Costituzionale n. 3/2010
  • Art. 141 c.p.c. Notificazione presso il domiciliatario
  • Art. 142 c.p.c. Notificazione a persone non residenti né dimoranti né domiciliate nella Repubblica
  • Art. 143 c.p.c. Notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti
  • Art. 145 c.p.c. Notificazione alle persone giuridiche

La notificazione a mezzo posta “tradizionale

  • Ambito di applicazione della L. 890/1982
  • Attività del Messo Comunale e attività dell’Ufficiale Postale

Le notifiche degli atti pervenuti tramite P.E.C.

  • Art. 137, 3° comma, c.p.c.: problemi applicativi

La notificazione a mezzo posta elettronica

  • Art. 48 D.Lgs 82/2005 (Codice dell’Amministrazione Digitale)
  • La PEC
  • La firma digitale
  • La notificazione a mezzo posta elettronica
  • “Legge di Stabilità” 2013 (L. 228/2012)
  • Art. 149 bis c.p.c.

La notificazione degli atti tributari

  • Il D.P.R. 600/1973
  •             L’Art. 60 del D.P.R. 600/1973
  •             L’Art. 65 del D.P.R. 600/1973 (Eredi)
  • Le notifiche ai soggetti A.I.R.E.
  • L’Art. 26 del D.P.R. 602/1973 e sentenza della Corte Costituzionale 258/2012

Casa Comunale

  • · La consegna degli atti presso la Casa Comunale (al destinatario ed a persone delegate)

Cenni sull’Albo on Line

  • Le raccomandazioni del Garante della privacy

· Il diritto “all’oblio”

Risposte a quesiti

 Gli argomenti trattati si intendono aggiornati con le ultime novità normative e giurisprudenziali in materia di notificazioni

L’Associazione provvederà ad effettuare l’esame di idoneità per le persone che verranno indicate dall’Amm.ne, al fine del conseguimento della nomina a Messo Notificatore previsto dalla legge finanziaria del 2007  (L. 296/2006, Art. 1, comma 158 e ss.)

Nota bene: Qualora l’annullamento dell’iscrizione venga comunicato meno di cinque giorni prima dell’iniziativa, l’organizzazione si riserva la facoltà di fatturare la relativa quota, anche nel caso di non partecipazione alla giornata di studio.

Vedi: Attività di formazione anno 2016

Vedi: Video della Giornata di Studio

Scarica: MODULO DI PARTECIPAZIONE Fara in Sabina 2016
Sul modulo dovranno obbligatoriamente essere indicati tutti i codici (CUU, CIG ecc.) che dovranno comparire nella fattura

Scarica: Documentazione fiscale 2016

  1. Dichiarazione DURC
  2. Dichiarazione sulla tracciabilità dei pagamenti, L. 136/2010
  3. Documento d’Identità personale del Legale Rappresentante di A.N.N.A.
  4. Dichiarazione sostitutiva del certificato generale del casellario giudiziale e dei carichi pendenti
  5. Dichiarazione relativa alla fase di liquidazione delle fatture di competenza

 

Vedi: Album Fotografico

Vedi: Video della Giornata di Studio


Le modifiche per le notifiche degli atti dell’Agenzia delle Entrate

logo_Agenzia_entrate___crop_rsz_200x200Rivoluzionata la disciplina dei termini per l’accertamento fiscale. Il ddl Stabilità 2016, interviene sugli articoli 43 del dpr 29 settembre 1973, n. 600, e 57 del dpr 26 ottobre 1972, n. 633 revisionando la vigente disciplina relativa ai termini per l’accertamento delle imposte sui redditi e dell’Iva.

Allungamento di uno ovvero di due anni del termine ordinario per la notifica degli avvisi – a seconda che il contribuente abbia o meno presentato la dichiarazione dei redditi ed eliminazione della previsione che riconosce all’Amministrazione termini doppi in ipotesi di reato fiscale. Queste le novità principali.

Attualmente, gli avvisi di accertamento in materia di Iva e imposte sui redditi devono essere notificati dall’Agenzia delle entrate entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione ovvero, in caso di mancata presentazione della stessa, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui avrebbe dovuto essere presentata.

In particolare, i commi 130 e 131, dell’art. 1, del ddl Stabilità 2016, intervenendo sugli articoli 57 del dpr 633 del 1972 (relativo ai termini per gli accertamenti Iva) e 43 del dpr n. 600 del 1973 (in materia di accertamento delle imposte sui redditi), hanno fissato al 31 dicembre «del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione» e al 31 dicembre «del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata», i termini per la notificazione dell’accertamento.

Novità anche per la disciplina degli accertamenti in caso di violazioni penali–tributarie.

In particolare, oggi si prevede che, in caso di violazione che comporti l’obbligo di denuncia per uno dei reati di cui al dlgs 10 marzo 2000, n. 74, i tradizionali termini di accertamento sono raddoppiati. In tale circostanza, dunque, l’Amministrazione può notificare gli atti impositivi entro l’ottavo o il decimo anno successivo a quello in cui, rispettivamente, la dichiarazione è stata presentata o avrebbe dovuto esser presentata. Sul tema era intervenuto recentemente anche il dlgs 5 agosto 2015, n. 128, il quale, dando attuazione alla delega di cui all’art. 8, comma 2, della legge 11 marzo 2014, n. 23, precisava che la denuncia per reati tributari deve essere presentata entro la scadenza dell’ordinario termine di accertamento.

Il ddl Stabilità 2016 sopprime del tutto tale disciplina. Di conseguenza, anche nell’ipotesi in cui si riscontrino violazioni penal-tributarie, si applicheranno gli ordinari termini di accertamento, come modificati dallo stesso ddl Stabilità. Niente più raddoppio, dunque.

Il nuovo calendario dal periodo di imposta 2016.

La disciplina dei termini per l’accertamento ridisegnata dal ddl Stabilità 2016, come espressamente precisato dal 132 dell’art. 1 del ddl, sarà applicabile a partire dal periodo d’imposta 2016 mentre in relazione ai periodi d’imposta precedenti risulteranno applicabili le disposizioni attualmente vigenti che prevedono la notifica degli avvisi, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto ovvero del quinto anno successivo a quello in cui è stata ovvero avrebbe dovuto essere presentata la dichiarazione.

In relazione ai periodi d’imposta precedenti al 2016, conseguentemente, risulteranno applicabili anche le disposizioni che riconoscono all’Amministrazione termini raddoppiati in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale per alcuno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74.


Cass. civ., Sez. V, Sent., (data ud. 01/12/2015) 30/12/2015, n. 26088

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CICALA Mario – Presidente –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 4678-2009 proposto da:

G.N., G.F. in proprio difeso da se medesimo, elettivamente domiciliati in ROMA VIA BALDO DEGLI UBALDI 66, presso lo studio dell’avvocato RINALDI GALLICANI SIMONA, rappresentati e difesi dall’avvocato FRANCESCO GHIRALDI giusta delega a margine;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI SIRMIONE;

– intimato –

nonchè da:

COMUNE DI SIRMIONE in persona del Sindaco in carica, elettivamente domiciliato in ROMA VIA M. PRESTINARI 13, presso lo studio dell’avvocato RAMADORI PAOLA, rappresentato e difeso dall’avvocato LOVISETTI MAURIZIO giusta delega in calce;

– controricorrente incidentale –

contro

G.N., G.F. in proprio difeso da se medesimo, elettivamente domiciliati in ROMA VIA BALDO DEGLI UBALDI 66, presso lo studio dell’avvocato RINALDI GALLICANI SIMONA, rappresentati e difesi dall’avvocato FRANCESCO GHIRALDI giusta delega a margine;

– controricorrenti all’incidentale –

avverso la sentenza n. 12/2009 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di BRESCIA, depositata il 19/01/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 01/12/2015 dal Consigliere Dott. FRANCESCO TERRUSI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FUZIO Riccardo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
La commissione tributaria regionale della Lombardia, sez. di Brescia, ha respinto l’appello proposto da G.F., in proprio e in rappresentanza del figlio N., avverso la sentenza della locale commissione tributaria provinciale che, previa riunione, aveva dichiarato inammissibili cinque ricorsi contro altrettanti avvisi di accertamento in materia di lei, notificati dal comune di Sirmione.

La commissione tributaria regionale ha confermato la statuizione di inammissibilità osservando che i ricorsi erano in effetti da considerare tardivi, essendo stati gli accertamenti notificati per compiuta giacenza il 7 gennaio 2007 e i ricorsi a loro volta notificati nel successivo mese di giugno.

Il contribuente, in proprio e nella riferita qualità, ha proposto ricorso per cassazione basato su due motivi. Il comune di Sirmione ha resistito con controricorso e proposto, a sua volta, ricorso incidentale condizionato affidato a un motivo.

Il ricorrente principale ha depositato controricorso in replica al ricorso incidentale e, successivamente, una memoria.

Motivi della decisione
1. – Col primo motivo del ricorso principale è dedotta la violazione dell’art. 149 cod. proc. civ., L. n. 890 del 1982, art. 4, comma 3, e L. n. 556 del 1996, art. 21, in quanto, atteso il principio di scissione degli effetti della notificazione per il notificante e il destinatario, sancito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 477 del 2002, occorreva nella specie considerare che l’esito della notifica degli avvisi di accertamento si era avuto col ritiro del piego raccomandato il 12-4-2007; sicchè i ricorsi, essendo stati notificati l’8-6-2007, avrebbero dovuto esser considerati tempestivi.

2. – Il motivo, ove non inammissibile in relazione al prospettato quesito, che invero non si rinviene a conclusione della disamina, essendo stato il motivo concluso dalla enunciazione mera di un ipotizzabile principio di diritto, è comunque manifestamente infondato.

Contrariamente a quanto dal ricorrente sostenuto, la Corte costituzionale nella nota sentenza n. 477 del 2002, per quanto introducendo nel sistema il principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione a seconda che l’effetto rilevi per il notificante o per il destinatario, si è limitata a stabilire l’incostituzionalità del combinato disposto dell’art. 149 cod. proc. civ. e della L. n. 890 del 1982, art. 4, comma 3, nella parte in cui prevedono che la notificazione si perfeziona, per il notificante, alla data di ricezione dell’atto da parte del destinatario anzichè a quella, antecedente, di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario.

La declaratoria non rileva affatto nel caso di specie, posto che viene qui in considerazione il problema esattamente opposto, vale a dire il problema del momento perfezionativo della notificazione dell’atto per il destinatario onde computare il termine di decadenza dell’impugnazione.

3. – Per ciò che attiene al destinatario, occorre far riferimento, nella notificazione a mezzo posta, alla L. n. 890 del 1982, art. 8, che detta la disciplina specifica per i casi in cui l’agente postale non possa recapitare il plico per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneità o assenza delle altre persone legittimate a riceverlo.

Appare opportuno rammentarne i passaggi procedimentali, al fine di evidenziare in cosa consista l’errore interpretativo del ricorrente.

La norma citata prevede che nelle evenienze suddette il piego sia depositato lo stesso giorno presso l’ufficio postale preposto alla consegna o presso una sua dipendenza e che del tentativo di notifica del piego e del suo deposito sia data notizia al destinatario, a cura dell’agente postale preposto alla consegna, mediante avviso in busta chiusa a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento.

L’avviso deve contenere l’indicazione del soggetto che ha richiesto la notifica e del suo eventuale difensore, dell’ufficiale giudiziario al quale la notifica è stata richiesta e del numero di registro cronologico corrispondente, della data di deposito e dell’indirizzo dell’ufficio postale o della sua dipendenza presso cui il deposito è stato effettuato, nonchè l’espresso invito al destinatario a provvedere al ricevimento del piego a lui destinato mediante ritiro dello stesso entro il termine massimo di sei mesi, “con l’avvertimento che la notificazione si ha comunque per eseguita trascorsi dieci giorni dalla data del deposito e che, decorso inutilmente anche il predetto termine di sei mesi, l’atto sarà restituito al mittente”.

Trascorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata di cui al secondo comma della norma appena detta, senza che il destinatario o un suo incaricato ne abbia curato il ritiro, l’avviso di ricevimento è poi restituito al mittente in raccomandazione con annotazione in calce, sottoscritta dall’agente postale, della data dell’avvenuto deposito e dei motivi che l’hanno determinato, dell’indicazione “atto non ritirato entro il termine di dieci giorni” e della data di restituzione.

E trascorsi sei mesi dalla data in cui il piego è stato depositato nell’ufficio postale o in una sua dipendenza senza che il destinatario o un suo incaricato ne abbia curato il ritiro, il piego stesso è restituito al mittente in raccomandazione con annotazione in calce, sottoscritta dall’agente postale, della data dell’avvenuto deposito e dei motivi che l’hanno determinato, dell’indicazione “non ritirato entro il termine di centottanta giorni” e della data di restituzione.

4. – In base alla disposizione introdotta, nel testo della norma, dal D.L. 14 marzo 2005, n. 35, art. 2, “la notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata di cui al secondo comma ovvero dalla data del ritiro del piego, se anteriore”.

Ne consegue che è inesatto sostenere che, in esito al principio di scissione soggettiva, il momento di perfezionamento della notificazione eseguita per posta sia sempre correlato, quanto al destinatario, alla materiale consegna dell’atto. Ciò accade nei casi in cui la materiale consegna (id est, propriamente, il ritiro) sia anteriore ai dieci giorni. Non anche invece nei casi in cui l’atto sia notificato per compiuta giacenza e il ritiro sia avvenuto dopo il decorso del termine detto dalla spedizione della raccomandata informativa, giacchè la notifica si ha giustappunto per eseguita “in ogni caso”, quanto al destinatario, decorsi dieci giorni dalla data di spedizione di quella raccomandata.

Onde rigettare il motivo di ricorso è allora sufficiente considerare che il ricorrente non ha mosso rilievo all’affermazione dell’impugnata sentenza circa il fatto che gli avvisi erano stati notificati “per compiuta giacenza, il 7 gennaio 2007”. In particolare non ha mosso rilievo alla circostanza che la notificazione per compiuta giacenza fosse valida in ragione dell’avvenuta successiva spedizione della raccomandata informativa. Egli ha insistito nel sostenere semplicemente che, essendo stato il plico in effetti ritirato il 12-4-2007 (nei sei mesi dalla data di deposito), la notifica dovevasi ritenere perfezionata, nei propri confronti, al momento del ritiro.

Ma questo è infondato giacchè, appunto, nei casi dianzi indicati, la notifica si perfeziona “in ogni caso” al decorso dei dieci giorni dal data di spedizione della raccomandata informativa.

5. – Col secondo motivo del ricorso principale è dedotta un’omessa motivazione su fatto controverso; fatto che sarebbe identificabile in quanto dedotto a suo tempo col secondo motivo del proposto appello.

Il motivo è inammissibile perchè non concluso dalla prescritta sintesi contenente la specificazione del fatto controverso, decisivo, in rapporto al quale andrebbe ritenuto il vizio di omessa motivazione.

6. – Consegue l’assorbimento del ricorso incidentale.

Spese alla soccombenza.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale, assorbito l’incidentale, e condanna il ricorrente alle spese processuali, che liquida in Euro 2.000,00 per compensi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella misura di legge.

Conclusione
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta sezione civile, il 1 dicembre 2015.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2015


Cass. civ., Sez. V, Sent., (data ud. 10/12/2014) 30/12/2015, n. 26053

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.P., + ALTRI OMESSI rappresentati e difesi dall’avv. Lucisano Claudio, presso il quale sono elettivamente domiciliati in Roma in via Crescenzio n. 91;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Rema alla via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente in rgn. 2597 del 2012 e resistente in rgn. 26357 del 2012 –

e EQUITALIA NORD (già Equitalia Esatri) spa, rappresentata e difesa dall’avv. Giuseppe Fiertler ed elettivamente domiciliata in Roma presso l’avv. Salvatore Torrisi alla via Federico Cesi n. 31;

– controricorrente in rgn. 2597 del 2012 –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 180/7/10, depositata il 30 novembre 2010;

ed avverso il diniego di definizione della lite pendente prot.

2012/101654 del 6 agosto 2012, notificato il 10 agosto 2012;

Udita la relazione delle cause svolta nella pubblica udienza del 10 dicembre 2014 dal Relatore Cons. Antonio Greco;

udita l’avvocato dello Stato Maria Camassa, rispettivamente, per la contro ricorrente e per la resistente;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GIACALONE Giovanni che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.

Svolgimento del processo
C.P., + ALTRI OMESSI propongono ricorso per cassazione (rgn. 2597/12), sulla base di nove motivi, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia che, accogliendo l’appello dell’Agenzia delle entrate, ha confermato la fondatezza della pretesa manifestata con la cartella di pagamento, notificata il 30 luglio 2007, relativa all’avviso di liquidazione, notificato nel settembre 2002, emesso a seguito della sentenza della CTP di Milano del 21 aprile 1998, divenuta definitiva, con la quale era stato rigettato il ricorso avverso l’avviso di accertamento ai fini dell’INVIM in relazione all’acquisto di un terreno edificabile sito nel Comune di Varese.

L’Agenzia delle entrate e la spa Equitalia Nord resistono con distinti controricorsi.

I contribuenti, successivamente alla proposizione del ricorso per cassazione di cui si è detto, presentavano domanda di definizione della lite pendente ai sensi del D.L. n. 98 del 2011, art. 39, comma 12, come convertito, domanda che veniva respinta dall’ufficio perchè “non valida”, atteso che la controversia “riguarda una cartella di pagamento emessa a seguito di avviso di liquidazione non impugnato e, pertanto, non è definibile. Inoltre la controversia ha un valore superiore ad Euro 20.000 e, quindi, non rientrerebbe, comunque, tra quelle per le quali non è prevista la definizione della lite”.

Avverso tale diniego i signori C. hanno presentato a questa Corte, dinanzi alla quale la lite era appunto pendente, ricorso (rgn. 26357/12) ai sensi della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 16, comma 8.

L’Agenzia delle entrate ha depositato atto di costituzione al fine di partecipare all’udienza di discussione.

Motivi della decisione
I ricorsi, siccome relativi al medesimo giudizio, vanno riuniti per essere definiti con unica pronuncia.

L’esame dell’impugnazione del diniego di definizione della lite pendente per ragioni logiche deve precedere.

I primi quattro motivi di tale ricorso sono infondati, in quanto correttamente il provvedimento rileva come la controversia “riguarda (l’impugnazione di) una cartella di pagamento…”, e non come dedotto dai contribuenti – che il ricorrente “non ha definito la cartella esattoriale”; quanto alla comunicazione e notificazione del diniego, è incontroverso che esse siano intervenute tempestivamente, vale a dire entro il 30 settembre 2012, come previsto dalla legge; il quinto motivo è inammissibile, in quanto concernente ipotesi, non ricorrenti nella specie, di liquidazione del tributo in base alla dichiarazione; il sesto motivo è inammissibile, in quanto l’indicazione del valore della lite è nel provvedimento ultronea (“inoltre …”), rispetto alla precedente ragione di esclusione (“la controversia riguarda una cartella di pagamento emessa a seguito di avviso di liquidazione non impugnato e, pertanto, non è definibile”); sono infondati il settimo e l’ottavo motivo, con i quali si assume che il solo Direttore centrale dell’Agenzia delle entrate avrebbe il potere di sottoscrivere il provvedimento in ordine all’istanza di condono, ovvero un soggetto con qualifica dirigenziale: lo stesso D.L. 13 agosto 2011, n. 138, art. 39, comma 12, lettera d), infatti, fa in proposito riferimento solo a “gli uffici competenti” e a “la comunicazione degli uffici”, laddove alla successiva lett. f), in relazione alla determinazione delle modalità di versamento, il legislatore ha inteso prescrivere esplicitamente “provvedimenti del direttore dell’agenzia delle entrate”. Quanto infine al dedotto vizio della notifica del diniego, i contribuenti con l’impugnazione dell’atto e con le difese spiegate hanno dimostrato di averne piena conoscenza, con conseguente sanatoria di un eventuale vizio, ai sensi dell’art. 156 cod. proc. civ., applicabile nella materia tributaria anche agli atti non processuali.

Il ricorso è pertanto complessivamente infondato, sicchè occorre passare all’esame delle censure rivolte con il ricorso per cassazione avverso la sentenza della CTR della Lombardia.

Il primo motivo, con il quale si chiede pronuncia di estinzione per intervenuto condono, si rivela privo di pregio, essendo stata respinta, come si è visto sopra, la domanda di definizione formulata ai sensi del D.L. n. 98 del 2011, art. 39, comma 12.

Con il secondo motivo i contribuenti si dolgono che l’Agenzia delle entrate non abbia proposto l’appello anche nei confronti dell’agente per la riscossine, presente in primo grado, il quale pure aveva poi autonomamente proposto appello.

Il motivo è infondato, ove si consideri che il concessionario per la riscossione, infatti, “a parte l’esercizio dei poteri propri, volti alla riscossione delle imposte iscritte nel ruolo, nell’operazione di portare a conoscenza del contribuente il ruolo, dispiega una mera funzione di notifica, ovverosia di trasmissione al destinatario del titolo esecutivo così come, salva l’ipotesi di errore materiale, formato dall’ente e, pertanto, non è passivamente legittimato a rispondere di vizi propri del ruolo, come trasfuso nella cartella” (Cass. n. 933 del 2009).

Col terzo motivo i contribuenti censurano la decisione, sotto il profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione, per aver ritenuto legittimo, da parte dell’ufficio, l’impiego del messo speciale per la notificazione dell’appello.

Il motivo è infondato, alla luce del consolidato orientamento di questa Corte, secondo il quale nel processo tributario “il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 16 ha natura di norma generale e regola le modalità delle notificazioni degli atti del processo tributario, dettando una disciplina speciale sia per il contribuente sia per gli organi dell’Amministrazione tributaria; il comma 4 della cit.

disposizione ha per oggetto solo atti dell’Amministrazione tributaria, prevedendo un’ulteriore modalità di notificazione a disposizione degli uffici pubblici, che consiste nella possibilità di avvalersi di messi comunali o di messi autorizzati. Tale regola, per ragioni, non tanto letterali, quanto logiche e sistematiche, si applica anche alla notificazione del ricorso in appello: applicando detto principio, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza della commissione tributaria regionale che aveva invece dichiarato inammissibile l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate perchè curato non dall’ufficiale giudiziario bensì dal messo speciale” (tra le altre, Cass. n. 23618 del 2011).

Con il quarto motivo assumono che l’avviso di liquidazione alla base della cartella di pagamento impugnata sarebbe stato emesso oltre il termine di decadenza fissato.

Il rilievo è inammissibile in quanto, posto che è incontroversa la regolare notificazione dell’avviso di liquidazione, in sede di impugnazione della successiva cartella di pagamento è possibile dedurre solo vizi propri della cartella stessa.

Con il quinto motivo, assumono che dovrebbe distinguersi fra vizi della cartella di pagamento e vizi dell’iscrizione a ruolo.

Il motivo è inammissibile per difetto del requisito dell’autosufficienza, in quanto, posto che l’iscrizione a ruolo non ha un rilievo esterno autonomo, acquistandolo solo con la notificazione della cartella di pagamento, i contribuenti non indicano il vizio dell’iscrizione a ruolo che sarebbe deducibile impugnando il prodromico avviso di liquidazione, atto che, all’evidenza, svolge nel procedimento una diversa funzione.

Con il sesto motivo assumono che il ruolo non sarebbe motivato, perchè, in luogo di richiamare “il primo atto ad esso presupposto, vale a dire l’avviso di liquidazione, richiami l’atto a quest’ultimo presupposto, vale a dire l’avviso di rettifica.

Il motivo è infondato, in quanto, come si legge nella sentenza impugnata, “la cartella contiene esplicito riferimento all’atto cui si riferisce la richiesta, nonchè alla sentenza emessa dalla CT che ha reso definitivo l’accertamento in quanto non impugnato. Sulla base di questi dati i contribuenti erano in grado di conoscere perfettamente la pretesa erariale”.

Con il settimo motivo assumono che vi sarebbe una duplicazione delle somme richieste, sulla base, da una parte dell’avviso di rettifica, e dall’altra parte, dell’avviso di liquidazione.

Il motivo è infondato, in quanto, come chiarito dal giudice d’appello, “il ruolo e la conseguente cartella sono stati formati a seguito dell’avvenuta definitività dell’accertamento e del mancato pagamento dell’imposta complementare portata dall’avviso di liquidazione, atto non impugnato.

L’ottavo motivo, con il quale ci si duole della mancata i sottoscrizione del ruolo da parte del capo dell’ufficio, incorre nello stesso errore commesso con il quinto motivo, perchè non considera che l’iscrizione a ruolo non ha un autonomo rilievo esterno, essendo “portata” dalla cartella di pagamento, la quale deve essere notificata al contribuente, e per la quale non è prescritta la sottoscrizione del titolare dell’ufficio. Questa Corte ha in proposito chiarito che “in tema di riscossione delle imposte sul reddito, la mancanza della sottoscrizione della cartella di pagamento da parte del funzionario competente non comporta l’invalidità dell’atto, quando non è in dubbio la riferibilità di questo all’Autorità da cui promana, giacchè l’autografia della sottoscrizione è elemento essenziale dell’atto amministrativo nei soli casi in cui sia prevista dalla legge” (tra le altre, Cass. n. 13461 del 2012). A norma del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 25 poi, la cartella, quale documento per la riscossione degli importi contenuti nei ruoli, deve essere predisposta secondo il modello approvato con decreto del Ministero competente, che non prevede la sottoscrizione dell’esattore, ma solo la sua intestazione e l’indicazione della causale, tramite apposito numero di codice.

Per le ragioni esposte con riguardo al settimo ed all’ottavo motivo, è inammissibile il nono motivo del ricorso, con il quale si lamenti il mancato esame del dedotto “vizio relativo alla sottoscrizione del ruolo da parte di un soggetto privo di qualifica dirigenziale”.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.
La Corte, riunito al presente il ricorso rgn. 26357 del 2012, rigetta i ricorsi.

Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese, liquidate in Euro 6.000 per compensi di avvocato, oltre alle spese prenotate a debito in favore dell’Agenzia delle entrate, ed in Euro 4.000 per compensi di avvocato, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, in favore di Equitalia Nord spa.

Conclusione
Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2014.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2015