Circolare A.N.N.A. N. 1-2023
È consuetudine dell’Associazione monitorare le sentenze in modo da avere l’opportunità di cogliere i principi desumibili dall’insieme delle decisioni rese dagli organi giurisdizionali, in pratica l’indirizzo che la giurisprudenza adotta quale interprete delle leggi vigenti.
In questo ambito, avendo ricevuto, in diverse occasioni, sollecitazioni atte a dirimere i dubbi, nell’ambito dell’attività di notifica dei messi comunali e notificatori circa le problematiche che emergono quando ci si ritrova nella circostanza per la quale il soggetto destinatario è temporaneamente assente dall’abitazione, nella quale si rinviene una persona che si qualifica come famigliare o come convivente di fatto dello stesso destinatario, tenteremo, di seguito, di dare organicità alla questione.
La domanda che ci si pone è relativa alla possibilità che sia considerata valida la notifica a familiare non convivente ma anche come sia possibile per il messo comunale o notificatore stabilire se il soggetto a cui affida il plico sia davvero una persona di famiglia o meno.
Cercheremo, di seguito, di riportare le principali sentenze in materia che, è opportuno rilevarlo, non hanno un indirizzo univoco, anche se, tendenzialmente, la Corte Suprema di Cassazione pare orientata a garantire la consegna dell’atto, in virtù del principio secondo cui il termine individuato nell’articolo 139 del Codice di procedura civile deve essere inteso nel senso che appartenga ad uno “dei soggetti legati allo stesso destinatario da vincoli di sangue o di parentela, comportanti diritti e doveri reciproci e che implicano la presunzione della successiva consegna al destinatario”.
Salvo che “accetti l’atto senza riserve, la validità della notificazione può essere esclusa solo se il notificando, che assume di non avere ricevuto l’atto, dia la dimostrazione che la presenza del familiare in casa era del tutto occasionale e momentanea”.
Ma andiamo con ordine riportando per esteso il dettato dell’articolo 139 del C.P.C.
Se non avviene nel modo previsto nell’articolo precedente, la notificazione deve essere fatta nel comune di residenza del destinatario, ricercandolo nella casa di abitazione o dove ha l’ufficio o esercita l’industria o il commercio
Se il destinatario non viene trovato in uno di tali luoghi, l’ufficiale giudiziario consegna copia dell’atto a una persona di famiglia o addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda, purché non minore di quattordici anni o non palesemente incapace.
In mancanza delle persone indicate nel comma precedente, la copia è consegnata al portiere dello stabile dove è l’abitazione, l’ufficio o l’azienda e, quando anche il portiere manca, a un vicino di casa che accetti di riceverla.
Se la copia è consegnata al portiere o al vicino, l’ufficiale giudiziario ne dà atto nella relazione di notificazione, specificando le modalità con le quali ne ha accertato l’identità, e dà notizia al destinatario dell’avvenuta notificazione dell’atto, a mezzo di lettera raccomandata.
Se il destinatario vive abitualmente a bordo di una nave mercantile, l’atto può essere consegnato al capitano o a chi ne fa le veci.
Quando non è noto il comune di residenza, la notificazione si fa nel comune di dimora, e, se anche questa è ignota, nel comune di domicilio, osservate in quanto è possibile le disposizioni precedenti.
L’articolo in argomento ha lo scopo di garantire che la notifica degli atti venga effettuata quando questa non può avvenire in mani proprie ai sensi del precedente articolo 138. Quindi vengono prescritte determinate modalità relative sia ai luoghi dove ricercare il destinatario, come la residenza, la dimora o il domicilio, sia alle persone abilitate a ricevere l’atto, i c.d. consegnatari.
Questi ultimi soggetti permettono che in ogni caso sia assicurato il conseguimento dello scopo della conoscenza legale in mancanza della persona fisica destinataria.
Si rileva come, finora, dottrina e giurisprudenza intendano la successione rigida dei luoghi in cui effettuare la ricerca quindi nel comune di residenza del destinatario, ricercandolo nella casa di abitazione o dove ha l’ufficio o esercita l’industria o il commercio, quindi nel comune di dimora, e, se anche questa è ignota, nel comune di domicilio, osservate in quanto è possibile le disposizioni precedenti.
Ricordiamo, ancora, che in ogni caso è affetta da nullità la notifica eseguita in un comune differente da quelli indicati nell’articolo 139, salvo che venga effettuata a mani proprie del destinatario ai sensi del citato art. 138 c.p.c. ed in un luogo ove il soggetto attivo della notificazione, (ufficiale giudiziario, messo comunale, messo notificatore etc.) abbia competenza territoriale.
Prima di addentrarci in modo più incisivo sul dispositivo dell’articolo 139 c.p.c. sopra riportato occorre chiarire che il disposto normativo, per quanto riguarda il messo comunale o notificatore, così come rinviene, riguarda la notificazione di atti in materia amministrativa, quindi sanzioni amministrative, ordinanze sindacali o dirigenziali, atti di accertamento in materia di tributi locali etc.
La legge, infatti, dispone differenti modalità, qualora la categoria degli atti destinati a notificazione sia governata da una normativa speciale che, partendo dal contenuto delle norme procedurali civilistiche, dispone, di volta in volta, differenti modalità di comportamento.
A titolo di esempio ricordiamo che, per quanto concerne la notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente, quindi il caso degli avvisi di accertamento relativi all’imposta sui redditi, emanati dall’Agenzia delle Entrate, l’articolo 60 del D.P.R. 29 settembre 1973 N. 600 che regolamenta tale speciale materia, pur rinviando alla disciplina del codice di procedura civile, richiede, a differenza di quanto disposto dall’art. 139 c.p.c., anche ove l’atto sia consegnato nelle mani di persona di famiglia, l’invio della raccomandata informativa quale adempimento essenziale della notifica che sia eseguita dai messi comunali o dai messi speciali autorizzati dall’ufficio delle imposte.
Ancora differente il disposto dell’art. 7 della Legge 20 novembre 1982, n. 890 in materia di notificazione a mezzo della posta, c.d. atti giudiziari, laddove si stabilisce che (comma 2°):
2. Se la consegna non può essere fatta personalmente al destinatario, il piego è consegnato, nel luogo indicato sulla busta che contiene l’atto da notificare, a persona di famiglia che conviva anche temporaneamente con lui ovvero addetta alla casa ovvero al servizio del destinatario, purché il consegnatario non sia persona manifestamente affetta da malattia mentale o abbia età inferiore a quattordici anni. In mancanza delle persone indicate al periodo precedente, il piego può essere consegnato al portiere dello stabile ovvero a persona che, vincolata da rapporto di lavoro continuativo, è comunque tenuta alla distribuzione della posta al destinatario.
Mentre il comma 3° indica che:
“3. L’avviso di ricevimento e di documenti attestanti la consegna debbono essere sottoscritti dalla persona alla quale è consegnato il piego e, quando la consegna sia effettuata a persona diversa dal destinatario, la firma deve essere seguita, su entrambi i documenti summenzionati, dalla specificazione della qualità rivestita dal consegnatario, con l’aggiunta, se trattasi di familiare, dell’indicazione di convivente anche se temporaneo. Se il piego non viene consegnato personalmente al destinatario dell’atto, l’operatore postale dà notizia al destinatario medesimo dell’avvenuta notificazione dell’atto a mezzo di lettera raccomandata. Il costo della raccomandata è a carico del mittente”.
Così che, in questa fattispecie, la Corte Suprema di Cassazione Civile con Ordinanza 15 settembre 2021 n. 24880 ha stabilito, fra l’altro che “La consegna del plico al famigliare nel caso di notificazione a mezzo del servizio postale è valida se il famigliare convive, anche temporaneamente, con il destinatario. Questo rapporto di convivenza può essere presunto se il famigliare si trova nell’abitazione del destinatario e riceve l’atto e Il destinatario ha l’onere di provare la non convivenza per contestare la notificazione”.
Quindi l’esortazione è quella di porre particolare attenzione sia al momento della procedura nella quale ci si trova, presso uno dei luoghi deputati ed effettuare la notificazione, nel caso in cui non sia possibile effettuare la consegna a mani proprie ai sensi dell’ articolo 138 Codice Procedura Civile, ma anche tenendo conto della categoria degli atti destinati a notificazione nonché dello strumento che si sta utilizzando, quindi, laddove si proceda a mani o utilizzando il disposto della Legge 20 novembre 1982, n. 890 perché, come abbiamo visto, esistono differenze che, mal interpretate, possono portare alla nullità della procedura di notificazione.
Così come occorre porre attenzione nella redazione della relazione di notificazione da cui deve emergere che, il ricorso all’articolo in argomento deriva dall’impossibilità di procedere mediante consegna a mani proprie ed, ancora, come, nel caso di notifica nelle mani del portiere, l’ufficiale notificante deve dare atto, oltre che dell’inutile tentativo di consegna a mani proprie per l’assenza del destinatario, delle vane ricerche delle altre persone preferenzialmente abilitate a ricevere l’atto, pena la possibile dichiarazione di nullità della procedura. Conseguentemente deve intendersi nell’ultima delle eventualità qualora anche il portiere manchi nell’effettuare la consegna al vicino di casa che accetti di ricevere. Infine, si rammenta che anche la mancanza della spedizione della prevista raccomandata prevista in caso di consegna al portiere ed al vicino di casa che accetti di ricevere è parimenti causa di nullità, rammentando quanto sopra riportato nell’eventualità in cui sia la legge speciale a governare la notifica dell’atto. Quindi, per inciso, quando si applichi il disposto dell’art. 60 D.P.R. 600/1973, anche ove l’atto sia consegnato nelle mani di persona di famiglia, l’invio della raccomandata informativa è adempimento essenziale della notifica.
Alle persone di famiglia, secondo la dottrina vigente, devono intendersi equiparati gli affini. Da notare che la norma non richiede necessariamente la sussistenza di un rapporto di convivenza tra la persona di famiglia ed il destinatario dell’atto, con la conseguenza che, se il soggetto attivo nella notificazione (ufficiale giudiziario, messo comunale, messo notificatore etc.) trovi un soggetto che a lui si qualifica come familiare, nell’abitazione del destinatario e questi accetti di ricevere l’atto, senza riserve, si presume la validità della notifica. Ovvero l’esistenza della presunzione giuridica che ammette una prova contraria, prevede cioè solo una inversione dell’onere della prova in conseguenza delle dichiarazioni rese allo stesso soggetto che sta effettuando la notificazione (ufficiale giudiziario, messo comunale, messo notificatore etc.). Indubbiamente, questo non vale, con conseguente nullità della notifica, nel caso in cui la stessa sia eseguita presso la residenza, domicilio o dimora del familiare, non coincidente con quella del destinatario.
Di seguito riportiamo quindi le principali sentenze che possono aiutare l’attività del messo comunale o notificatore nel caso in cui debba ricorrere all’applicazione dell’articolo 139 Codice di Procedura Civile:
Corte Suprema di Cassazione, civile sez. III, 1° aprile 1992 n. 3936
La notificazione mediante consegna a persona di famiglia, ai sensi dell’art. 139 c.p.c. non postula necessariamente un rapporto di convivenza con il destinatario dell’atto, intendendosi il termine di “convivenza” nello stretto senso di appartenenza allo stesso nucleo familiare, considerato che l’espressione adottata dal citato art. 139, comma 2 è comprensiva non solo delle persone in rapporto di stabile convivenza con il destinatario, ma anche dei soggetti legati allo stesso destinatario da vincoli di sangue o di parentela, comportanti diritti e doveri reciproci e che implicano la presunzione della successiva consegna al destinatario. Ne consegue che ove la persona di famiglia trovata dall’ufficiale giudiziario nella casa di abitazione del destinatario accetti l’atto senza riserve, la validità della notificazione può essere esclusa solo se il notificando, che assume di non avere ricevuto l’atto, dia la dimostrazione che la presenza del familiare in casa era del tutto occasionale e momentanea.
Corte Suprema di Cassazione civile, Sez. VI-5, sentenza n. 3906 del 12 marzo 2012
In tema di notificazioni, la dimostrazione dell’insussistenza del rapporto di parentela tra il destinatario dell’atto e la persona che risulti indicata come consegnataria nella relata di notifica può essere offerta mediante prova documentale, riguardando un’attestazione che non è frutto della diretta percezione dell’ufficiale giudiziario procedente, ma di notizie a questo fornite, e non è, quindi, assistita da fede privilegiata; tuttavia, non è sufficiente, al fine di negare validità alla notificazione, la produzione di uno stato integrale di famiglia, il cui contenuto non esclude il rapporto di parentela.
Corte Suprema di Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 322 del 11 gennaio 2007
L’art. 139 c.p.c., consentendo la consegna della copia dell’atto da notificare a persona di famiglia del destinatario, per l’ipotesi in cui non sia stata possibile la consegna nelle mani di quest’ultimo, non impone all’ufficiale giudiziario procedente di svolgere ricerche in ordine al rapporto di convivenza indicato dalla suddetta persona con dichiarazione della quale viene dato atto nella relata di notifica, incombendo, invece, a chi contesta la veridicità di siffatta dichiarazione di fornire la prova del contrario.
Corte Suprema di Cassazione civile, Sez. V, sentenza n. 23368 del 30 ottobre 2006
In tema di notificazioni, la consegna dell’atto da notificare «a persona di famiglia» secondo il disposto dell’art. 139 c.p.c., non postula necessariamente né il solo rapporto di parentela — cui è da ritenersi equiparato quello di affinità — né l’ulteriore requisito della convivenza del familiare con il destinatario dell’atto, non espressamente menzionato dalla norma, risultando, all’uopo, sufficiente l’esistenza di un vincolo di parentela o di affinità che giustifichi la presunzione che la «persona di famiglia» consegnerà l’atto al destinatario stesso; resta, in ogni caso, a carico di colui che assume di non aver ricevuto l’atto l’onere di provare il carattere del tutto occasionale della presenza del consegnatario in casa propria, senza che a tal fine rilevino le sole certificazioni anagrafiche del familiare medesimo.
Corte Suprema di Cassazione civile, Sez. V, sentenza n. 16164 del 28 ottobre 2003
In caso di notificazione ai sensi dell’art. 139, secondo comma, c.p.c., la qualità di persona di famiglia o di addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda di chi ha ricevuto l’atto si presume iuris tantum dalle dichiarazioni recepite dall’ufficiale giudiziario nella relata di notifica, incombendo sul destinatario dell’atto, che contesti la validità della notificazione, l’onere di fornire la prova contraria ed, in particolare, di allegare e provare l’inesistenza di alcun rapporto con il consegnatario, comportante una delle qualità su indicate, ovvero la occasionalità della presenza dello stesso consegnatario. Per tale forma di notificazione non è necessario l’ulteriore adempimento dell’avviso al destinatario, a mezzo lettera raccomandata, dell’avvenuta notificazione, come è invece previsto, al quarto comma dello stesso art. 139, in caso di consegna al portiere o al vicino di casa. La qualifica di “coadiuvante” attribuita nella relata di notifica alla persona consegnataria dell’atto va ritenuta espressione equivalente a quella di “addetta alla casa”, con la quale l’art. 139, secondo comma, c.p.c. fa riferimento a peculiari rapporti sostanziali, anche di natura provvisoria o precaria, fra consegnatario e destinatario dell’atto, che facciano presumere, indipendentemente dall’espressione letterale utilizzata nella relata, che il secondo venga successivamente edotto dal primo dell’avvenuta notifica.
Cass., Sez. Un., 30 maggio 2005, n. 11332
In caso di notifica nelle mani del portiere, l’ufficiale notificante deve dare atto, oltre che dell’inutile tentativo di consegna a mani proprie per l’assenza del destinatario, delle vane ricerche delle altre persone preferenzialmente abilitate a ricevere l’atto, onde nel riferire al riguardo, sebbene non debba necessariamente fare uso di formule sacramentali né riprodurre testualmente le ipotesi normative, deve, non di meno, attestare chiaramente l’assenza del destinatario e dei soggetti rientranti nelle categorie contemplate dal comma 2 dell’articolo 139 del c.p.c., la successione preferenziale dei quali è nella norma tassativamente stabilita. È nulla, pertanto, la notificazione nelle mani del portiere quando la relazione dell’ufficiale giudiziario non contenga l’attestazione del mancato rinvenimento delle persone indicate nella norma citata.
Ovviamente abbiamo detto che la consegna, ai c.d. consegnatari, effettuata ai sensi dell’art. 139 c.p.c. deve tenere conto di determinate modalità relative sia ai luoghi dove ricercare il destinatario, come la residenza, la dimora o il domicilio, sia alle persone abilitate a ricevere l’atto, i c.d. consegnatari, tanto che possiamo, di seguito, leggere una sentenza che chiarisce in modo indiscutibile come la consegna al di fuori di uno dei luoghi deputati, pur effettuata ad un ipotetico soggetto idoneo a ricevere sia causa di nullità:
Corte Suprema di Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 19218 del 14 settembre 2007
In tema di notificazioni, nel procedimento disciplinato dagli artt. 138 e 139 c.p.c., che è imperniato sulla consegna diretta della copia dell’atto al destinatario, la consegna della copia a persona la cui presenza in casa sia occasionale (nella specie, a persona che si assumeva «coniuge di fatto» del destinatario e in un luogo diverso da quello ove quest’ultimo aveva il domicilio o la dimora) — pur non richiedendosi che sia legata a lui da rapporto di parentela o di stabile convivenza — non è assistita dalla presunzione di consegna al destinatario stesso e non consente il perfezionamento della notifica, che deve ritenersi quindi nulla, salva la sanabilità di tale nullità con la costituzione in giudizio della parte o con la mancata deduzione di essa con l’atto di impugnazione.
Riassumendo, vediamo quindi che la regola definisce che il soggetto attivo della notificazione si rechi a casa del destinatario per notificare un atto, quindi questo sia consegnato direttamente nelle mani del destinatario.
Se questi, però, dovesse essere temporaneamente assente, la notifica può essere fatta a una persona di casa. Con «persona di famiglia» si intende un familiare convivente con più di 14 anni e che non sia palesemente incapace di intendere e volere.
Il coniuge non è compreso tra i parenti o affini e va aggiunto a parte. Si pensi che il rapporto di coniugio trascina con sé quello di unione civile e convivenza di fatto, il che rappresenta spesso un problema per il notificatore. Così come la persona coabitante non rientra in nessuna delle categorie descritte anche se palesemente sarebbe più di un vicino di casa, eppure non è contemplato tra i consegnatari, e rappresenta un caso sempre più frequente soprattutto nelle città, dove si condivide spesso l’abitazione con persone anche sconosciute, ma più spesso legate da amicizia, ben più di un vicino, ebbene, in questo caso non è possibile considerarlo come soggetto utile ad effettuare il ritiro.
Oltre al familiare convivente, la busta può essere data anche a una «persona addetta alla casa» come la collaboratrice domestica (o, nel caso degli uffici, la segretaria).
Il problema si pone quando ad aprire la porta è una persona che, seppur legata da un rapporto di parentela con il destinatario dell’atto, non convive con lui e si trova nel suo appartamento solo momentaneamente, a titolo di cortesia. Parliamo insomma del classico ospite: si pensi ad una suocera o ad una sorella. Di qui il dubbio: è valida la notifica a familiare non convivente? E soprattutto, come fa l’ufficiale giudiziario a stabilire se il soggetto a cui affida il plico è davvero un convivente stabile o meno?
Sul punto, si sono sprecate pagine di giurisprudenza. Non perché la questione sia controversa, ma perché uno dei motivi di ricorso più sfruttati contro la notificazione degli atti, gli atti giudiziari, le cartelle esattoriali o gli accertamenti fiscali è sempre legato alla correttezza della notifica. E siccome postini, ufficiali giudiziari, messi comunali svolgono spesso un compito legato a rigide formalità, è possibile ottenere dal giudice una dichiarazione di nullità della notifica.
La Corte Suprema di Cassazione ha cercato di fissare delle regole in merito alla notifica a familiare non convivente.
A chi notificare un atto?
Le regole sulle notifiche, valide sia per gli atti giudiziari che per quelli amministrativi/fiscali, sono contenute agli articoli 138 e seguenti del codice di procedura civile.
L’articolo 139 fissa un rigido ordine di soggetti a cui la notifica va consegnata in caso di temporanea assenza del destinatario presso la propria abitazione, nonché di luoghi ove accedere.
- persona di famiglia o addetta alla casa, purché non minore di 14 anni e non palesemente incapace;
- in mancanza di questa, al portiere dello stabile ove è sita l’abitazione o l’ufficio del destinatario;
- in mancanza anche del portiere, a un vicino di casa che accetti di ricevere la notifica.
Tale ordine delle persone è tassativo: pertanto, si può passare da una categoria all’altra solo in caso di assenza, incapacità o rifiuto del consegnatario precedente.
Indispensabile il richiamo alla necessità di esplicitare in relata di notifica il susseguirsi delle condizioni che portano ad individuare il soggetto cui è effettuata la consegna, quindi la consegna alla persona di famiglia, capace e maggiore di 14 anni, in assenza del destinatario; l’eventuale consegna al portiere in assenza del destinatario, della persona di famiglia o addetta alla casa etc.
Familiare non convivente: chi è?
Come dicevamo in apertura, quando la norma parla di persona di famiglia intende un familiare che si dichiari come tale e sia reperito nell’abitazione del destinatario ed accetti di ricevere senza riserve.
Questo significa che è nulla la notifica di un atto nelle mani di un familiare che ha la propria residenza in luogo diverso da quella del destinatario e non sia convivente del secondo. La notifica non può essere sanata neanche se l’effettivo destinatario viene a conoscenza dell’atto in modo diverso.
Ciò che vuol dire la Corte Suprema di Cassazione è che non si può ritenere valida la consegna dell’atto ad un indirizzo ove il destinatario non vive più neanche se, in tale abitazione, vivono i suoi familiari.
La giurisprudenza afferma che la consegna dell’atto da notificare è validamente effettuata quando l’atto è consegnato a persona di famiglia e, con la dizione «persona di famiglia», la norma non fa riferimento al solo rapporto di parentela, né all’ulteriore requisito della convivenza del familiare con il destinatario dell’atto, ma è sufficiente l’esistenza di un vincolo di parentela o di affinità che giustifichi la presunzione che la persona di famiglia consegnerà l’atto al destinatario.
Questo significa che, nell’ipotesi di notifica all’indirizzo ove il destinatario è effettivamente residente, l’atto è valido anche se consegnato a un familiare che si trova in quel luogo momentaneamente, come ospite.
Resta, in ogni caso, a carico di chi dichiara di non aver ricevuto l’atto, l’onere di provare il carattere del tutto occasionale della presenza del consegnatario in casa propria, senza che a tal fine rilevino le sole certificazioni anagrafiche del familiare medesimo.
In sintesi, possiamo dire che:
- la notifica in un luogo ove il destinatario non è residente è sempre nulla, anche se l’atto è consegnato a familiare;
- la notifica nel luogo ove il destinatario è residente è valida solo se consegnata a un familiare, anche se non convivente, purché si trovi lì a titolo di ospitalità. Viceversa, se la presenza del familiare è del tutto occasionale, ad esempio solo qualche ora, la notifica nelle sue mani è suscettibile di nullità.
Notifica a familiare non convivente: che fare?
Il destinatario che riceva una notifica presso la vecchia residenza ove non abita più può far valere la nullità dell’atto anche se lo stesso viene accettato dai suoi familiari che ancora vivono in tale appartamento. Non si può, infatti, presumere che questi ultimi abbiano consegnato la busta all’effettivo destinatario.
Di conseguenza, la Corte Suprema di Cassazione, richiamando il suo precedente orientamento, ha ricordato che la notifica a mani di un familiare del destinatario, eseguita presso la residenza del primo, che sia diversa da quella del secondo, non determina l’operatività della presunzione di convivenza non meramente occasionale tra i due, con conseguente nullità della notificazione medesima, non sanata dalla conoscenza che ne abbia il destinatario.
Si tratta di un vizio insanabile della notifica che può essere fatto valere, però, solo a determinate condizioni, da parte dello stesso destinatario.
Deve altresì considerarsi nulla la notifica dell’atto giudiziario eseguita in mani di un familiare che si dichiari convivente, ma non lo sia, stante il trasferimento altrove dell’effettivo destinatario della notifica.
Come dimostrare la non convivenza?
Spetta al destinatario dimostrare che l’atto è stato consegnato a familiare non convivente. A tal fine, come chiarito dalla Corte Suprema di Cassazione, la parentela e la convivenza tra destinatario dell’atto e consegnatario, quest’ultimo dichiaratosi, nella specie, “familiare convivente” non possono presumersi dall’attestazione dell’agente postale, che fa fede solo delle dichiarazioni a lui rese, non anche dell’intrinseca veridicità del relativo contenuto; sicché, il destinatario, che abbia prodotto a confutazione di tale veridicità un certificato storico di residenza, non è tenuto ad un’ulteriore, impossibile, prova del fatto negativo circa l’assenza di ogni relazione di parentela e convivenza col consegnatario dell’atto.
Nel concludere, l’articolo 139 c.p.c. individua diverse categorie di consegnatari. Dapprima abbiamo le persone di famiglia o quelle addette alla casa, all’ufficio o all’azienda, poi si passa ad altra categoria e precisamente al portiere dello stabile e, in sua mancanza, al vicino di casa che accetti di riceverla.
La prima locuzione, e cioè quella di “persona di famiglia”, ha comportato un annoso problema interpretativo circa la necessità che il familiare consegnatario sia in rapporto di convivenza col destinatario o invece che tale vincolo non necessiti ai fini della validità della notificazione.
La necessità di garantire che l’atto giunga nella sfera di conoscibilità del destinatario aveva fatto ritenere dapprima che solo l’ulteriore requisito della convivenza del familiare potesse garantire il conseguimento dello scopo.
Tuttavia, la mancanza nella norma di un espresso richiamo in tal senso ha contribuito a modificare successivamente l’orientamento giurisprudenziale. Pertanto, la qualità di “persona di famiglia” viene riconosciuta a parenti, affini, affiliati, presenti non occasionalmente presso l’abitazione del destinatario e alle persone con esso conviventi.
Quindi, quando anche manchi un vincolo di parentela, il requisito della convivenza consente di ricomprendere il consegnatario nell’ambito della famiglia. Se invece il consegnatario è legato da uno dei vincoli di relazione sopra indicati, non è necessario l’ulteriore requisito della convivenza.
È opportuno allora precisare il significato di convivenza.
Convivenza significa comunione di vita, ossia comunanza di mezzi e di fini nel vivere quotidiano. Si differenzia enormemente, dunque, dalla coabitazione e dalla presenza occasionale presso l’abitazione.
Si precisa che ai fini della validità della notifica mediante consegna ad un familiare, l’attuale orientamento giurisprudenziale ritiene sia sufficiente che tale persona sia rinvenuta presso l’abitazione, ufficio o azienda del destinatario, che la stessa si qualifichi come familiare e che accetti di ricevere l’atto senza riserve. Il fatto che il familiare sia rinvenuto presso la casa del destinatario, in sua assenza, contribuisce a ritenere che tale consegnatario sia idoneo, per il vincolo che a lui lo lega, a recapitare sollecitamente l’atto. Non è sufficiente, ai fini della contestazione della notifica, la produzione di un certificato anagrafico che attesti la diversa residenza del familiare, che ben potrebbe essere anche temporaneamente convivente.
È comunque fondamentale che la notifica avvenga esclusivamente nella residenza o dimora o domicilio del destinatario dell’atto, ed è nulla nell’ipotesi in cui la notifica sia eseguita nella residenza del familiare.
Ricordiamo che la notifica a persona convivente è suscettibile di nullità se la firma è illeggibile, manca l’indicazione del nominativo e del grado di parentela con il destinatario dell’atto.
La notifica effettuata tramite consegna del plico a persona convivente con il destinatario è nulla se questa è difficilmente identificabile perché per esempio manca l’indicazione del rapporto di parentela.
È quanto affermato dalla Corte Suprema di Cassazione che condanna le relate di notifica generiche e poco chiare.
Queste ultime, infatti, devono essere complete di tutti gli elementi necessari per dimostrare la correttezza del procedimento di consegna dell’atto.
Eventuali errori e omissioni nella relata possono compromettere la validità della notifica.
Settembre 2023
La Commissione Normativa
Scarica: Circolare 2023-001 Modalità di notifica ai sensi dell’art. 139 c.p.c.