Circolare 2023-001: Modalità di notifica ai sensi dell’art. 139 C.p.c.

Circolare A.N.N.A. N. 1-2023

È consuetudine dell’Associazione monitorare le sentenze in modo da avere l’opportunità di cogliere i principi desumibili dall’insieme delle decisioni rese dagli organi giurisdizionali, in pratica l’indirizzo che la giurisprudenza adotta quale interprete delle leggi vigenti.

In questo ambito, avendo ricevuto, in diverse occasioni, sollecitazioni atte a dirimere i dubbi, nell’ambito dell’attività di notifica dei messi comunali e notificatori circa le problematiche che emergono quando ci si ritrova nella circostanza per la quale il soggetto destinatario è temporaneamente assente dall’abitazione, nella quale si rinviene una persona che si qualifica come famigliare o come convivente di fatto dello stesso destinatario, tenteremo, di seguito, di dare organicità alla questione.

La domanda che ci si pone è relativa alla possibilità che sia considerata valida la notifica a familiare non convivente ma anche come sia possibile per il messo comunale o notificatore stabilire se il soggetto a cui affida il plico sia davvero una persona di famiglia o meno.

Cercheremo, di seguito, di riportare le principali sentenze in materia che, è opportuno rilevarlo, non hanno un indirizzo univoco, anche se, tendenzialmente, la Corte Suprema di Cassazione pare orientata a garantire la consegna dell’atto, in virtù del principio secondo cui il termine individuato nell’articolo 139 del Codice di procedura civile deve essere inteso nel senso che appartenga ad uno “dei soggetti legati allo stesso destinatario da vincoli di sangue o di parentela, comportanti diritti e doveri reciproci e che implicano la presunzione della successiva consegna al destinatario”.

Salvo che “accetti l’atto senza riserve, la validità della notificazione può essere esclusa solo se il notificando, che assume di non avere ricevuto l’atto, dia la dimostrazione che la presenza del familiare in casa era del tutto occasionale e momentanea”.

Ma andiamo con ordine riportando per esteso il dettato dell’articolo 139 del C.P.C.

Se non avviene nel modo previsto nell’articolo precedente, la notificazione deve essere fatta nel comune di residenza del destinatario, ricercandolo nella casa di abitazione o dove ha l’ufficio o esercita l’industria o il commercio

Se il destinatario non viene trovato in uno di tali luoghi, l’ufficiale giudiziario consegna copia dell’atto a una persona di famiglia o addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda, purché non minore di quattordici anni o non palesemente incapace.

In mancanza delle persone indicate nel comma precedente, la copia è consegnata al portiere dello stabile dove è l’abitazione, l’ufficio o l’azienda e, quando anche il portiere manca, a un vicino di casa che accetti di riceverla.

Se la copia è consegnata al portiere o al vicino, l’ufficiale giudiziario ne dà atto nella relazione di notificazione, specificando le modalità con le quali ne ha accertato l’identità, e dà notizia al destinatario dell’avvenuta notificazione dell’atto, a mezzo di lettera raccomandata.

Se il destinatario vive abitualmente a bordo di una nave mercantile, l’atto può essere consegnato al capitano o a chi ne fa le veci.

Quando non è noto il comune di residenza, la notificazione si fa nel comune di dimora, e, se anche questa è ignota, nel comune di domicilio, osservate in quanto è possibile le disposizioni precedenti.

L’articolo in argomento ha lo scopo di garantire che la notifica degli atti venga effettuata quando questa non può avvenire in mani proprie ai sensi del precedente articolo 138. Quindi vengono prescritte determinate modalità relative sia ai luoghi dove ricercare il destinatario, come la residenza, la dimora o il domicilio, sia alle persone abilitate a ricevere l’atto, i c.d. consegnatari.

Questi ultimi soggetti permettono che in ogni caso sia assicurato il conseguimento dello scopo della conoscenza legale in mancanza della persona fisica destinataria.

Si rileva come, finora, dottrina e giurisprudenza intendano la successione rigida dei luoghi in cui effettuare la ricerca quindi nel comune di residenza del destinatario, ricercandolo nella casa di abitazione o dove ha l’ufficio o esercita l’industria o il commercio, quindi nel comune di dimora, e, se anche questa è ignota, nel comune di domicilio, osservate in quanto è possibile le disposizioni precedenti.

Ricordiamo, ancora, che in ogni caso è affetta da nullità la notifica eseguita in un comune differente da quelli indicati nell’articolo 139, salvo che venga effettuata a mani proprie del destinatario ai sensi del citato art. 138 c.p.c. ed in un luogo ove il soggetto attivo della notificazione, (ufficiale giudiziario, messo comunale, messo notificatore etc.) abbia competenza territoriale.

Prima di addentrarci in modo più incisivo sul dispositivo dell’articolo 139 c.p.c. sopra riportato occorre chiarire che il disposto normativo, per quanto riguarda il messo comunale o notificatore, così come rinviene, riguarda la notificazione di atti in materia amministrativa, quindi sanzioni amministrative, ordinanze sindacali o dirigenziali, atti di accertamento in materia di tributi locali etc.

La legge, infatti, dispone differenti modalità, qualora la categoria degli atti destinati a notificazione sia governata da una normativa speciale che, partendo dal contenuto delle norme procedurali civilistiche, dispone, di volta in volta, differenti modalità di comportamento.

A titolo di esempio ricordiamo che, per quanto concerne la notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente, quindi il caso degli avvisi di accertamento relativi all’imposta sui redditi, emanati dall’Agenzia delle Entrate, l’articolo 60 del D.P.R. 29 settembre 1973 N. 600 che regolamenta tale speciale materia, pur rinviando alla disciplina del codice di procedura civile, richiede, a differenza di quanto disposto dall’art. 139 c.p.c., anche ove l’atto sia consegnato nelle mani di persona di famiglia, l’invio della raccomandata informativa quale adempimento essenziale della notifica che sia eseguita dai messi comunali o dai messi speciali autorizzati dall’ufficio delle imposte.

Ancora differente il disposto dell’art. 7 della Legge 20 novembre 1982, n. 890 in materia di notificazione a mezzo della posta, c.d. atti giudiziari, laddove si stabilisce che (comma 2°):

2. Se la consegna non può essere fatta personalmente al destinatario, il piego è consegnato, nel luogo indicato sulla busta che contiene l’atto da notificare, a persona di famiglia che conviva anche temporaneamente con lui ovvero addetta alla casa ovvero al servizio del destinatario, purché il consegnatario non sia persona manifestamente affetta da malattia mentale o abbia età inferiore a quattordici anni. In mancanza delle persone indicate al periodo precedente, il piego può essere consegnato al portiere dello stabile ovvero a persona che, vincolata da rapporto di lavoro continuativo, è comunque tenuta alla distribuzione della posta al destinatario.

Mentre il comma 3° indica che:

“3. L’avviso di ricevimento e di documenti attestanti la consegna debbono essere sottoscritti dalla persona alla quale è consegnato il piego e, quando la consegna sia effettuata a persona diversa dal destinatario, la firma deve essere seguita, su entrambi i documenti summenzionati, dalla specificazione della qualità rivestita dal consegnatario, con l’aggiunta, se trattasi di familiare, dell’indicazione di convivente anche se temporaneo. Se il piego non viene consegnato personalmente al destinatario dell’atto, l’operatore postale dà notizia al destinatario medesimo dell’avvenuta notificazione dell’atto a mezzo di lettera raccomandata. Il costo della raccomandata è a carico del mittente”.

Così che, in questa fattispecie, la Corte Suprema di Cassazione Civile con Ordinanza 15 settembre 2021 n. 24880 ha stabilito, fra l’altro che “La consegna del plico al famigliare nel caso di notificazione a mezzo del servizio postale è valida se il famigliare convive, anche temporaneamente, con il destinatario. Questo rapporto di convivenza può essere presunto se il famigliare si trova nell’abitazione del destinatario e riceve l’atto e Il destinatario ha l’onere di provare la non convivenza per contestare la notificazione”.

Quindi l’esortazione è quella di porre particolare attenzione sia al momento della procedura nella quale ci si trova, presso uno dei luoghi deputati ed effettuare la notificazione, nel caso in cui non sia possibile effettuare la consegna a mani proprie ai sensi dell’ articolo 138 Codice Procedura Civile, ma anche tenendo conto della categoria degli atti destinati a notificazione nonché dello strumento che si sta utilizzando, quindi, laddove si proceda a mani o utilizzando il disposto della Legge 20 novembre 1982, n. 890 perché, come abbiamo visto, esistono differenze che, mal interpretate, possono portare alla nullità della procedura di notificazione.

Così come occorre porre attenzione nella redazione della relazione di notificazione da cui deve emergere che, il ricorso all’articolo in argomento deriva dall’impossibilità di procedere mediante consegna a mani proprie ed, ancora, come, nel caso di notifica nelle mani del portiere, l’ufficiale notificante deve dare atto, oltre che dell’inutile tentativo di consegna a mani proprie per l’assenza del destinatario, delle vane ricerche delle altre persone preferenzialmente abilitate a ricevere l’atto, pena la possibile dichiarazione di nullità della procedura. Conseguentemente deve intendersi nell’ultima delle eventualità qualora anche il portiere manchi nell’effettuare la consegna al vicino di casa che accetti di ricevere. Infine, si rammenta che anche la mancanza della spedizione della prevista raccomandata prevista in caso di consegna al portiere ed al vicino di casa che accetti di ricevere è parimenti causa di nullità, rammentando quanto sopra riportato nell’eventualità in cui sia la legge speciale a governare la notifica dell’atto. Quindi, per inciso, quando si applichi il disposto dell’art. 60 D.P.R. 600/1973, anche ove l’atto sia consegnato nelle mani di persona di famiglia, l’invio della raccomandata informativa è adempimento essenziale della notifica.

Alle persone di famiglia, secondo la dottrina vigente, devono intendersi equiparati gli affini. Da notare che la norma non richiede necessariamente la sussistenza di un rapporto di convivenza tra la persona di famiglia ed il destinatario dell’atto, con la conseguenza che, se il soggetto attivo nella notificazione (ufficiale giudiziario, messo comunale, messo notificatore etc.) trovi un soggetto che a lui si qualifica come familiare, nell’abitazione del destinatario e questi accetti di ricevere l’atto, senza riserve, si presume la validità della notifica. Ovvero l’esistenza della presunzione giuridica che ammette una prova contraria, prevede cioè solo una inversione dell’onere della prova in conseguenza delle dichiarazioni rese allo stesso soggetto che sta effettuando la notificazione (ufficiale giudiziario, messo comunale, messo notificatore etc.). Indubbiamente, questo non vale, con conseguente nullità della notifica, nel caso in cui la stessa sia eseguita presso la residenza, domicilio o dimora del familiare, non coincidente con quella del destinatario.

Di seguito riportiamo quindi le principali sentenze che possono aiutare l’attività del messo comunale o notificatore nel caso in cui debba ricorrere all’applicazione dell’articolo 139 Codice di Procedura Civile:

Corte Suprema di Cassazione, civile sez. III, 1° aprile 1992 n. 3936

La notificazione mediante consegna a persona di famiglia, ai sensi dell’art. 139 c.p.c. non postula necessariamente un rapporto di convivenza con il destinatario dell’atto, intendendosi il termine di “convivenza” nello stretto senso di appartenenza allo stesso nucleo familiare, considerato che l’espressione adottata dal citato art. 139, comma 2 è comprensiva non solo delle persone in rapporto di stabile convivenza con il destinatario, ma anche dei soggetti legati allo stesso destinatario da vincoli di sangue o di parentela, comportanti diritti e doveri reciproci e che implicano la presunzione della successiva consegna al destinatario. Ne consegue che ove la persona di famiglia trovata dall’ufficiale giudiziario nella casa di abitazione del destinatario accetti l’atto senza riserve, la validità della notificazione può essere esclusa solo se il notificando, che assume di non avere ricevuto l’atto, dia la dimostrazione che la presenza del familiare in casa era del tutto occasionale e momentanea.

Corte Suprema di Cassazione civile, Sez. VI-5, sentenza n. 3906 del 12 marzo 2012

In tema di notificazioni, la dimostrazione dell’insussistenza del rapporto di parentela tra il destinatario dell’atto e la persona che risulti indicata come consegnataria nella relata di notifica può essere offerta mediante prova documentale, riguardando un’attestazione che non è frutto della diretta percezione dell’ufficiale giudiziario procedente, ma di notizie a questo fornite, e non è, quindi, assistita da fede privilegiata; tuttavia, non è sufficiente, al fine di negare validità alla notificazione, la produzione di uno stato integrale di famiglia, il cui contenuto non esclude il rapporto di parentela.

Corte Suprema di Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 322 del 11 gennaio 2007

L’art. 139 c.p.c., consentendo la consegna della copia dell’atto da notificare a persona di famiglia del destinatario, per l’ipotesi in cui non sia stata possibile la consegna nelle mani di quest’ultimo, non impone all’ufficiale giudiziario procedente di svolgere ricerche in ordine al rapporto di convivenza indicato dalla suddetta persona con dichiarazione della quale viene dato atto nella relata di notifica, incombendo, invece, a chi contesta la veridicità di siffatta dichiarazione di fornire la prova del contrario.

Corte Suprema di Cassazione civile, Sez. V, sentenza n. 23368 del 30 ottobre 2006

In tema di notificazioni, la consegna dell’atto da notificare «a persona di famiglia» secondo il disposto dell’art. 139 c.p.c., non postula necessariamente né il solo rapporto di parentela — cui è da ritenersi equiparato quello di affinità — né l’ulteriore requisito della convivenza del familiare con il destinatario dell’atto, non espressamente menzionato dalla norma, risultando, all’uopo, sufficiente l’esistenza di un vincolo di parentela o di affinità che giustifichi la presunzione che la «persona di famiglia» consegnerà l’atto al destinatario stesso; resta, in ogni caso, a carico di colui che assume di non aver ricevuto l’atto l’onere di provare il carattere del tutto occasionale della presenza del consegnatario in casa propria, senza che a tal fine rilevino le sole certificazioni anagrafiche del familiare medesimo.

Corte Suprema di Cassazione civile, Sez. V, sentenza n. 16164 del 28 ottobre 2003

In caso di notificazione ai sensi dell’art. 139, secondo comma, c.p.c., la qualità di persona di famiglia o di addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda di chi ha ricevuto l’atto si presume iuris tantum dalle dichiarazioni recepite dall’ufficiale giudiziario nella relata di notifica, incombendo sul destinatario dell’atto, che contesti la validità della notificazione, l’onere di fornire la prova contraria ed, in particolare, di allegare e provare l’inesistenza di alcun rapporto con il consegnatario, comportante una delle qualità su indicate, ovvero la occasionalità della presenza dello stesso consegnatario. Per tale forma di notificazione non è necessario l’ulteriore adempimento dell’avviso al destinatario, a mezzo lettera raccomandata, dell’avvenuta notificazione, come è invece previsto, al quarto comma dello stesso art. 139, in caso di consegna al portiere o al vicino di casa. La qualifica di “coadiuvante” attribuita nella relata di notifica alla persona consegnataria dell’atto va ritenuta espressione equivalente a quella di “addetta alla casa”, con la quale l’art. 139, secondo comma, c.p.c. fa riferimento a peculiari rapporti sostanziali, anche di natura provvisoria o precaria, fra consegnatario e destinatario dell’atto, che facciano presumere, indipendentemente dall’espressione letterale utilizzata nella relata, che il secondo venga successivamente edotto dal primo dell’avvenuta notifica.

Cass., Sez. Un., 30 maggio 2005, n. 11332

In caso di notifica nelle mani del portiere, l’ufficiale notificante deve dare atto, oltre che dell’inutile tentativo di consegna a mani proprie per l’assenza del destinatario, delle vane ricerche delle altre persone preferenzialmente abilitate a ricevere l’atto, onde nel riferire al riguardo, sebbene non debba necessariamente fare uso di formule sacramentali né riprodurre testualmente le ipotesi normative, deve, non di meno, attestare chiaramente l’assenza del destinatario e dei soggetti rientranti nelle categorie contemplate dal comma 2 dell’articolo 139 del c.p.c., la successione preferenziale dei quali è nella norma tassativamente stabilita. È nulla, pertanto, la notificazione nelle mani del portiere quando la relazione dell’ufficiale giudiziario non contenga l’attestazione del mancato rinvenimento delle persone indicate nella norma citata.

Ovviamente abbiamo detto che la consegna, ai c.d. consegnatari, effettuata ai sensi dell’art. 139 c.p.c. deve tenere conto di determinate modalità relative sia ai luoghi dove ricercare il destinatario, come la residenza, la dimora o il domicilio, sia alle persone abilitate a ricevere l’atto, i c.d. consegnatari, tanto che possiamo, di seguito, leggere una sentenza che chiarisce in modo indiscutibile come la consegna al di fuori di uno dei luoghi deputati, pur effettuata ad un ipotetico soggetto idoneo a ricevere sia causa di nullità:

Corte Suprema di Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 19218 del 14 settembre 2007

In tema di notificazioni, nel procedimento disciplinato dagli artt. 138 e 139 c.p.c., che è imperniato sulla consegna diretta della copia dell’atto al destinatario, la consegna della copia a persona la cui presenza in casa sia occasionale (nella specie, a persona che si assumeva «coniuge di fatto» del destinatario e in un luogo diverso da quello ove quest’ultimo aveva il domicilio o la dimora) — pur non richiedendosi che sia legata a lui da rapporto di parentela o di stabile convivenza — non è assistita dalla presunzione di consegna al destinatario stesso e non consente il perfezionamento della notifica, che deve ritenersi quindi nulla, salva la sanabilità di tale nullità con la costituzione in giudizio della parte o con la mancata deduzione di essa con l’atto di impugnazione.

Riassumendo, vediamo quindi che la regola definisce che il soggetto attivo della notificazione si rechi a casa del destinatario per notificare un atto, quindi questo sia consegnato direttamente nelle mani del destinatario.

Se questi, però, dovesse essere temporaneamente assente, la notifica può essere fatta a una persona di casa. Con «persona di famiglia» si intende un familiare convivente con più di 14 anni e che non sia palesemente incapace di intendere e volere.

Il coniuge non è compreso tra i parenti o affini e va aggiunto a parte. Si pensi che il rapporto di coniugio trascina con sé quello di unione civile e convivenza di fatto, il che rappresenta spesso un problema per il notificatore. Così come la persona coabitante non rientra in nessuna delle categorie descritte anche se palesemente sarebbe più di un vicino di casa, eppure non è contemplato tra i consegnatari, e rappresenta un caso sempre più frequente soprattutto nelle città, dove si condivide spesso l’abitazione con persone anche sconosciute, ma più spesso legate da amicizia, ben più di un vicino, ebbene, in questo caso non è possibile considerarlo come soggetto utile ad effettuare il ritiro.

Oltre al familiare convivente, la busta può essere data anche a una «persona addetta alla casa» come la collaboratrice domestica (o, nel caso degli uffici, la segretaria).

Il problema si pone quando ad aprire la porta è una persona che, seppur legata da un rapporto di parentela con il destinatario dell’atto, non convive con lui e si trova nel suo appartamento solo momentaneamente, a titolo di cortesia. Parliamo insomma del classico ospite: si pensi ad una suocera o ad una sorella. Di qui il dubbio: è valida la notifica a familiare non convivente? E soprattutto, come fa l’ufficiale giudiziario a stabilire se il soggetto a cui affida il plico è davvero un convivente stabile o meno?

Sul punto, si sono sprecate pagine di giurisprudenza. Non perché la questione sia controversa, ma perché uno dei motivi di ricorso più sfruttati contro la notificazione degli atti, gli atti giudiziari, le cartelle esattoriali o gli accertamenti fiscali è sempre legato alla correttezza della notifica. E siccome postini, ufficiali giudiziari, messi comunali svolgono spesso un compito legato a rigide formalità, è possibile ottenere dal giudice una dichiarazione di nullità della notifica.

La Corte Suprema di Cassazione ha cercato di fissare delle regole in merito alla notifica a familiare non convivente.

A chi notificare un atto?

Le regole sulle notifiche, valide sia per gli atti giudiziari che per quelli amministrativi/fiscali, sono contenute agli articoli 138 e seguenti del codice di procedura civile.

L’articolo 139 fissa un rigido ordine di soggetti a cui la notifica va consegnata in caso di temporanea assenza del destinatario presso la propria abitazione, nonché di luoghi ove accedere.

  1. persona di famiglia o addetta alla casa, purché non minore di 14 anni e non palesemente incapace;
  2. in mancanza di questa, al portiere dello stabile ove è sita l’abitazione o l’ufficio del destinatario;
  3. in mancanza anche del portiere, a un vicino di casa che accetti di ricevere la notifica.

Tale ordine delle persone è tassativo: pertanto, si può passare da una categoria all’altra solo in caso di assenza, incapacità o rifiuto del consegnatario precedente.

Indispensabile il richiamo alla necessità di esplicitare in relata di notifica il susseguirsi delle condizioni che portano ad individuare il soggetto cui è effettuata la consegna, quindi la consegna alla persona di famiglia, capace e maggiore di 14 anni, in assenza del destinatario; l’eventuale consegna al portiere in assenza del destinatario, della persona di famiglia o addetta alla casa etc.

Familiare non convivente: chi è?

Come dicevamo in apertura, quando la norma parla di persona di famiglia intende un familiare che si dichiari come tale e sia reperito nell’abitazione del destinatario ed accetti di ricevere senza riserve.

Questo significa che è nulla la notifica di un atto nelle mani di un familiare che ha la propria residenza in luogo diverso da quella del destinatario e non sia convivente del secondo. La notifica non può essere sanata neanche se l’effettivo destinatario viene a conoscenza dell’atto in modo diverso.

Ciò che vuol dire la Corte Suprema di Cassazione è che non si può ritenere valida la consegna dell’atto ad un indirizzo ove il destinatario non vive più neanche se, in tale abitazione, vivono i suoi familiari.

La giurisprudenza afferma che la consegna dell’atto da notificare è validamente effettuata quando l’atto è consegnato a persona di famiglia e, con la dizione «persona di famiglia», la norma non fa riferimento al solo rapporto di parentela, né all’ulteriore requisito della convivenza del familiare con il destinatario dell’atto, ma è sufficiente l’esistenza di un vincolo di parentela o di affinità che giustifichi la presunzione che la persona di famiglia consegnerà l’atto al destinatario.

Questo significa che, nell’ipotesi di notifica all’indirizzo ove il destinatario è effettivamente residente, l’atto è valido anche se consegnato a un familiare che si trova in quel luogo momentaneamente, come ospite.

Resta, in ogni caso, a carico di chi dichiara di non aver ricevuto l’atto, l’onere di provare il carattere del tutto occasionale della presenza del consegnatario in casa propria, senza che a tal fine rilevino le sole certificazioni anagrafiche del familiare medesimo.

In sintesi, possiamo dire che:

  • la notifica in un luogo ove il destinatario non è residente è sempre nulla, anche se l’atto è consegnato a familiare;
  • la notifica nel luogo ove il destinatario è residente è valida solo se consegnata a un familiare, anche se non convivente, purché si trovi lì a titolo di ospitalità. Viceversa, se la presenza del familiare è del tutto occasionale, ad esempio solo qualche ora, la notifica nelle sue mani è suscettibile di nullità.

 Notifica a familiare non convivente: che fare?

Il destinatario che riceva una notifica presso la vecchia residenza ove non abita più può far valere la nullità dell’atto anche se lo stesso viene accettato dai suoi familiari che ancora vivono in tale appartamento. Non si può, infatti, presumere che questi ultimi abbiano consegnato la busta all’effettivo destinatario.

Di conseguenza, la Corte Suprema di Cassazione, richiamando il suo precedente orientamento, ha ricordato che la notifica a mani di un familiare del destinatario, eseguita presso la residenza del primo, che sia diversa da quella del secondo, non determina l’operatività della presunzione di convivenza non meramente occasionale tra i due, con conseguente nullità della notificazione medesima, non sanata dalla conoscenza che ne abbia il destinatario.

Si tratta di un vizio insanabile della notifica che può essere fatto valere, però, solo a determinate condizioni, da parte dello stesso destinatario.

Deve altresì considerarsi nulla la notifica dell’atto giudiziario eseguita in mani di un familiare che si dichiari convivente, ma non lo sia, stante il trasferimento altrove dell’effettivo destinatario della notifica.

Come dimostrare la non convivenza?

Spetta al destinatario dimostrare che l’atto è stato consegnato a familiare non convivente. A tal fine, come chiarito dalla Corte Suprema di Cassazione, la parentela e la convivenza tra destinatario dell’atto e consegnatario, quest’ultimo dichiaratosi, nella specie, “familiare convivente” non possono presumersi dall’attestazione dell’agente postale, che fa fede solo delle dichiarazioni a lui rese, non anche dell’intrinseca veridicità del relativo contenuto; sicché, il destinatario, che abbia prodotto a confutazione di tale veridicità un certificato storico di residenza, non è tenuto ad un’ulteriore, impossibile, prova del fatto negativo circa l’assenza di ogni relazione di parentela e convivenza col consegnatario dell’atto.

Nel concludere, l’articolo 139 c.p.c. individua diverse categorie di consegnatari. Dapprima abbiamo le persone di famiglia o quelle addette alla casa, all’ufficio o all’azienda, poi si passa ad altra categoria e precisamente al portiere dello stabile e, in sua mancanza, al vicino di casa che accetti di riceverla.

La prima locuzione, e cioè quella di “persona di famiglia”, ha comportato un annoso problema interpretativo circa la necessità che il familiare consegnatario sia in rapporto di convivenza col destinatario o invece che tale vincolo non necessiti ai fini della validità della notificazione.

La necessità di garantire che l’atto giunga nella sfera di conoscibilità del destinatario aveva fatto ritenere dapprima che solo l’ulteriore requisito della convivenza del familiare potesse garantire il conseguimento dello scopo.

Tuttavia, la mancanza nella norma di un espresso richiamo in tal senso ha contribuito a modificare successivamente l’orientamento giurisprudenziale. Pertanto, la qualità di “persona di famiglia” viene riconosciuta a parenti, affini, affiliati, presenti non occasionalmente presso l’abitazione del destinatario e alle persone con esso conviventi.

Quindi, quando anche manchi un vincolo di parentela, il requisito della convivenza consente di ricomprendere il consegnatario nell’ambito della famiglia. Se invece il consegnatario è legato da uno dei vincoli di relazione sopra indicati, non è necessario l’ulteriore requisito della convivenza.

È opportuno allora precisare il significato di convivenza.

Convivenza significa comunione di vita, ossia comunanza di mezzi e di fini nel vivere quotidiano. Si differenzia enormemente, dunque, dalla coabitazione e dalla presenza occasionale presso l’abitazione.

Si precisa che ai fini della validità della notifica mediante consegna ad un familiare, l’attuale orientamento giurisprudenziale ritiene sia sufficiente che tale persona sia rinvenuta presso l’abitazione, ufficio o azienda del destinatario, che la stessa si qualifichi come familiare e che accetti di ricevere l’atto senza riserve. Il fatto che il familiare sia rinvenuto presso la casa del destinatario, in sua assenza, contribuisce a ritenere che tale consegnatario sia idoneo, per il vincolo che a lui lo lega, a recapitare sollecitamente l’atto. Non è sufficiente, ai fini della contestazione della notifica, la produzione di un certificato anagrafico che attesti la diversa residenza del familiare, che ben potrebbe essere anche temporaneamente convivente.

È comunque fondamentale che la notifica avvenga esclusivamente nella residenza o dimora o domicilio del destinatario dell’atto, ed è nulla nell’ipotesi in cui la notifica sia eseguita nella residenza del familiare.

Ricordiamo che la notifica a persona convivente è suscettibile di nullità se la firma è illeggibile, manca l’indicazione del nominativo e del grado di parentela con il destinatario dell’atto.

La notifica effettuata tramite consegna del plico a persona convivente con il destinatario è nulla se questa è difficilmente identificabile perché per esempio manca l’indicazione del rapporto di parentela.

È quanto affermato dalla Corte Suprema di Cassazione che condanna le relate di notifica generiche e poco chiare.

Queste ultime, infatti, devono essere complete di tutti gli elementi necessari per dimostrare la correttezza del procedimento di consegna dell’atto.

Eventuali errori e omissioni nella relata possono compromettere la validità della notifica.

Settembre 2023

La Commissione Normativa

 

Scarica: Circolare 2023-001 Modalità di notifica ai sensi dell’art. 139 c.p.c.


Nuovo art. 213 del c.d.s.

Circolare A.N.N.A. 2022-003
Codice della strada –
Art. 213

Misura cautelare del sequestro e sanzione accessoria della confisca amministrativa

Nel 2003 è stato modificato l’art. 213 del Codice della Strada con l’introduzione del comma 2 quater, sollevando molte perplessità tra gli addetti di Polizia Stradale e tra coloro che dovevano notificare gli atti relativi, ovvero disporre la pubblicazione di quanto inviavano gli organi di polizia ai Comuni.

Prendiamo atto che nel dicembre 2018 tali modifiche sono state abrogate dal D.L. n. 113 del 04/10/2018 (il c.d. decreto sicurezza 1), convertito con modificazioni dalla L. n. 132 dell’01/12/2018, n. 132.

Per alcuni anni non è esistita più una norma che prevedesse la pubblicazione di qualsivoglia tipologia di documento all’Albo on Line del Comune sede della depositeria che “ospitava” il veicolo sequestrato.

Nella nuova formulazione introdotta dal D.L. 10.9.2021, convertito in L. 9.11.2021, n. 156 si prevede:

  1. Nell’ipotesi in cui il presente codice prevede la sanzione accessoria della confisca amministrativa, l’organo di polizia che accerta la violazione provvede al sequestro del veicolo o delle altre cose oggetto della violazione facendone menzione nel verbale di contestazione della violazione.
  2. Nelle ipotesi di cui al comma 1, il proprietario o, in caso di sua assenza, il conducente del veicolo o altro soggetto obbligato in solido, è sempre nominato custode con l’obbligo di depositare il veicolo in un luogo di cui abbia la disponibilità o di custodirlo, a proprie spese, in un luogo non sottoposto a pubblico passaggio, provvedendo al trasporto in condizioni di sicurezza per la circolazione stradale. Il documento di circolazione è trattenuto presso l’ufficio di appartenenza dell’organo di polizia che ha accertato la violazione. Il veicolo deve recare segnalazione visibile dello stato di sequestro con le modalità stabilite nel regolamento. Di ciò è fatta menzione nel verbale di contestazione della violazione.
  3. Nelle ipotesi di cui al comma 5, qualora il soggetto che ha eseguito il sequestro non appartenga ad una delle Forze di polizia di cui all’articolo 16 della legge 1° aprile 1981, n. 121, le spese di custodia sono anticipate dall’amministrazione di appartenenza. La liquidazione delle somme dovute alla depositeria spetta alla prefettura-ufficio territoriale del Governo. Divenuto definitivo il provvedimento di confisca, la liquidazione degli importi spetta all’Agenzia del demanio, a decorrere dalla data di ricezione del provvedimento adottato dal prefetto.
  4. È sempre disposta la confisca del veicolo in tutti i casi in cui questo sia stato adoperato per commettere un reato, diverso da quelli previsti nel presente codice, sia che il reato sia stato commesso da un conducente maggiorenne, sia che sia stato commesso da un conducente minorenne.
  5. All’autore della violazione o ad uno dei soggetti con il medesimo solidalmente obbligati che rifiutino ovvero omettano di trasportare o custodire, a proprie spese, il veicolo, secondo le prescrizioni fornite dall’organo di polizia, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 1.814 a euro 7.261, nonché la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a tre mesi. In caso di violazione commessa da minorenne, il veicolo è affidato in custodia ai genitori o a chi ne fa le veci o a persona maggiorenne appositamente delegata, previo pagamento delle spese di trasporto e custodia. Quando i soggetti sopra indicati si rifiutino di assumere la custodia del veicolo o non siano comunque in grado di assumerla, l’organo di polizia dispone l’immediata rimozione del veicolo e il suo trasporto presso uno dei soggetti di cui all’articolo 214 bis. Di ciò è fatta menzione nel verbale di contestazione della violazione. Il veicolo è trasferito in proprietà al soggetto a cui è consegnato, senza oneri per l’erario, quando, decorsi cinque giorni dalla comunicazione di cui al periodo seguente, l’avente diritto non ne abbia assunto la custodia, pagando i relativi oneri di recupero e trasporto. Del deposito del veicolo è data comunicazione mediante pubblicazione nel sito internet istituzionale della prefettura-ufficio territoriale del Governo competente; la medesima comunicazione reca altresì l’avviso che, se l’avente diritto non assumerà la custodia del veicolo nei successivi cinque giorni, previo pagamento dei relativi oneri di recupero e custodia, il veicolo sarà alienato anche ai soli fini della sua rottamazione. La somma ricavata dall’alienazione è depositata, sino alla definizione del procedimento in relazione al quale è stato disposto il sequestro, in un autonomo conto fruttifero presso la tesoreria dello Stato. In caso di confisca, questa ha ad oggetto la somma depositata; in ogni altro caso la medesima somma è restituita all’avente diritto. Nel caso di veicoli sequestrati in assenza dell’autore della violazione, per i quali non sia stato possibile rintracciare contestualmente il proprietario o altro obbligato in solido, e affidati a uno dei soggetti di cui all’articolo 214 bis, il verbale di contestazione, unitamente a quello di sequestro recante l’avviso ad assumerne la custodia, è notificato senza ritardo dall’organo di polizia che ha eseguito il sequestro. Contestualmente, il medesimo organo di polizia provvede altresì a dare comunicazione del deposito del veicolo presso il soggetto di cui all’articolo 214 bis mediante pubblicazione di apposito avviso nell’albo pretorio del comune ove è avvenuto l’accertamento della violazione. Qualora, per comprovate difficoltà oggettive, non sia stato possibile eseguire la notifica e il veicolo risulti ancora affidato a uno dei soggetti di cui all’articolo 214 bis, la notifica si ha per eseguita nel trentesimo giorno successivo a quello di pubblicazione della comunicazione di deposito del veicolo nell’albo pretorio del comune ove è avvenuto l’accertamento della violazione.
  6. Fuori dei casi indicati al comma 5, entro i trenta giorni successivi alla data in cui, esauriti i ricorsi anche giurisdizionali proposti dall’interessato o decorsi inutilmente i termini per la loro proposizione, è divenuto definitivo il provvedimento di confisca, il custode del veicolo trasferisce il mezzo, a proprie spese e in condizioni di sicurezza per la circolazione stradale, presso il luogo individuato dal prefetto ai sensi delle disposizioni dell’articolo 214 bis. Decorso inutilmente il suddetto termine, il trasferimento del veicolo è effettuato a cura dell’organo accertatore e a spese del custode, fatta salva l’eventuale denuncia di quest’ultimo all’autorità giudiziaria qualora si configurino a suo carico estremi di reato. Le cose confiscate sono contrassegnate dal sigillo dell’ufficio cui appartiene il pubblico ufficiale che ha proceduto al sequestro. Con decreto dirigenziale, di concerto fra il Ministero dell’interno e l’Agenzia del demanio, sono stabilite le modalità di comunicazione, tra gli uffici interessati, dei dati necessari all’espletamento delle procedure di cui al presente articolo.
  7. Avverso il provvedimento di sequestro è ammesso ricorso al prefetto ai sensi dell’articolo 203. Nel caso di rigetto del ricorso, il sequestro è confermato. La declaratoria di infondatezza dell’accertamento si estende alla misura cautelare ed importa il dissequestro del veicolo ovvero, nei casi indicati al comma 5, la restituzione della somma ricavata dall’alienazione. Quando ne ricorrono i presupposti, il prefetto dispone la confisca con l’ordinanza ingiunzione di cui all’articolo 204, ovvero con distinta ordinanza, stabilendo, in ogni caso, le necessarie prescrizioni relative alla sanzione accessoria. Il prefetto dispone la confisca del veicolo ovvero, nel caso in cui questo sia stato alienato, della somma ricavata. Il provvedimento di confisca costituisce titolo esecutivo anche per il recupero delle spese di trasporto e di custodia del veicolo.
  8. Il soggetto che ha assunto la custodia il quale, durante il periodo in cui il veicolo è sottoposto al sequestro, circola abusivamente con il veicolo stesso o consente che altri vi circolino abusivamente è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 1.984 a euro 7.937. Si applica la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente. L’organo di polizia dispone l’immediata rimozione del veicolo e il suo trasporto presso uno dei soggetti di cui all’articolo 214 bis. Il veicolo è trasferito in proprietà al soggetto a cui è consegnato, senza oneri per l’erario.
  9. La sanzione stabilita nel comma 1 non si applica se il veicolo appartiene a persone estranee alla violazione amministrativa.
  10. Il provvedimento con il quale è stata disposta la confisca del veicolo è comunicato dal prefetto al P.R.A. per l’annotazione nei propri registri.

10-bis. Il provvedimento con il quale è disposto il sequestro del veicolo è comunicato dall’organo di polizia procedente ai competenti uffici del Dipartimento per la mobilità sostenibile di cui al comma 10 per l’annotazione al PRA. In caso di dissequestro, il medesimo organo di polizia provvede alla comunicazione per la cancellazione dell’annotazione nell’Archivio nazionale dei veicoli e al PRA.

Pertanto, NON SI DEVE PUBBLICARE all’Albo on Line la copia del verbale di accertamento (il verbale ove è indicata la sanzione pecuniaria amministrativa), la copia del verbale di sequestro del veicolo e neppure l’avviso con il quale l’Organo di Polizia comunica al proprietario di detto veicolo che se entro un predeterminato numero di giorni non ritira/non da disposizioni relative allo stesso il medesimo viene confiscato e ceduto al custode/acquirente.

Si segnala che la pubblicazione all’Albo on Line è attualmente prevista in relazione a un UNICO AVVISO PUBBLICO che deve contenere solo i DATI ESSENZIALI (per rispettare la normativa sulla Privacy) indicati solitamente, insieme ad altri, nei tre documenti precitati (li ricordiamo: verbale sanzionatorio, verbale di sequestro ed avviso con il quale si comunica ____).

Detto UNICO AVVISO PUBBLICO deve essere compilato e fatto pervenire dall’Organo di Polizia che ha accertato la violazione in questione; qualora ciò non avvenga e siano inviati “solo” i tre documenti precitati, riteniamo NON POSSIBILE (o, per dirla in altro modo, è vietata) la pubblicazione di tali tre documenti all’Albo on Line, anche se questa è esplicitamente richiesta dall’Organo di Polizia, perché tale pubblicazione NON è prevista da nessuna norma di legge o di regolamento e violerebbe le norme vigenti sulla privacy.

Si ritiene, pertanto, che il Messo Comunale/Addetto all’Albo, qualora riceva una richiesta di pubblicazione all’Albo on line del Comune del verbale di sequestro, debba RESTITUIRE l’atto all’Ente richiedente precisando che deve essere pubblicato un avviso.

Tale avviso deve essere redatto dall’Ente emittente e NON dal Messo Comunale. Esso dovrà contenere i dati previsti dal decreto dirigenziale previsto dal comma 6.

Attualmente tale decreto non è stato ancora emesso.

In assenza di un apposito modulo predisposto a livello ministeriale l’Associazione A.N.N.A. suggerisce, a puro scopo esemplificativo, il sotto riportato fac-simile di COMUNICAZIONE/AVVISO PUBBLICO DI AVVENUTO DEPOSITO.

Ad ogni buon fine si precisa che la pubblicazione all’Albo Pretorio (on Line) della COMUNICAZIONE/AVVISO PUBBLICO DI AVVENUTO DEPOSITO va fatta per il numero di giorni previsto (30 giorni pieni, escludendo quello di pubblicazione e quello di defissione), nel Comune ove è stato effettuato il sequestro (indipendentemente da quello ove il veicolo è depositato/custodito) e che la referta di detta pubblicazione va inviata all’Organo di Polizia che la ha richiesta allegando copia analogica (cioè cartacea), od ancor meglio digitale, dell’AVVISO PUBBLICO pubblicato all’Albo Pretorio (on Line).

 FAC-SIMILE DELL’AVVISO PUBBLICO/COMUNICAZIONE DI AVVENUTO DEPOSITO

AVVISO PUBBLICO/COMUNICAZIONE DI AVVENUTO DEPOSITO (*)

DA PUBBLICARE PER TRENTA GIORNI ALL’ALBO PRETORIO (ON LINE) DEL COMUNE DI ________ (__)

AI SENSI E PER GLI EFFETTI DELL’ART. 213 COMMA 5 DEL VIGENTE CODICE DELLA STRADA.

Il Comandante della ______________ (___)

COMUNICA

che in data ______ si è proceduto a depositare presso il custode-acquirente (articolo 214-bis CdS)  _____ il veicolo marca ____, targato ____, telaio ____, di colore ____ sequestrato con verbale n° ____/____ ai sensi dell’art. ______ del CdS a seguito del verbale n° _____/____ di contestazione della violazione (__________________) prevista e punita dall’art. _____ del CdS – il veicolo è stato sequestrato in assenza dell’autore della violazione.

Ad ogni buon fine

SI AVVISA

che qualora la notifica “ordinaria” del verbale di contestazione, unitamente a quello di sequestro recante l’avviso ad assumerne la custodia, per comprovate difficoltà oggettive non sia stata possibile ed il veicolo risulti ancora affidato ad uno dei soggetti di cui all’ articolo 214-bis CdS, LA NOTIFICA SI HA, COMUNQUE, PER ESEGUITA nel trentesimo giorno successivo a quello della pubblicazione nell’Albo Pretorio (on Line) del Comune ove è avvenuto l’accertamento della violazione della presente comunicazione di avvenuto deposito del sopracitato veicolo.

Luogo e data __________                                                                IL COMANDANTE

                                                                                                         ___________________ 

 

(*) Avviso da pubblicare per trenta giorni consecutivi all’Albo Pretorio (on Line) del comune ai sensi e per gli effetti dell’art. 213 comma 5 del vigente Codice della Strada.

Novembre 2022

Scarica: Circolare A.N.N.A. 2022-003 Codice della strada – Art. 213


Circolare 2022-004: Decreto di esproprio: competenza notificatoria

 

 

Leggi: Circolare 2022-004 Decreto di esproprio-Competenza notificatoria


Circolare 2/2022 – Perfezionamento della notifica a mezzo p.e.c. non consegnata per cause dipendenti dal destinatario

Circolare 2/2022 – Perfezionamento della notifica p.e.c. non consegnata per cause attribuibili al destinatario

Com’è noto, il Codice dell’Amministrazione Digitale contenuto nel D.Lgs. 82 del 2005 (CAD), equipara, tramite l’art. 6(1), le comunicazioni elettroniche trasmesse ad uno dei domicili digitali, di cui all’articolo 3-bis, alla notificazione per mezzo della posta, salvo che la legge disponga diversamente. Le suddette comunicazioni si intendono spedite dal mittente se inviate al proprio gestore e si intendono consegnate se rese disponibili al domicilio digitale del destinatario, salva la prova che la mancata consegna sia dovuta a fatto non imputabile al destinatario medesimo.
Il comma 1-quater del medesimo articolo stabilisce inoltre che “I soggetti di cui all’articolo 2, comma 2 (ovvero pubblica amministrazione) notificano direttamente presso i domicili digitali di cui all’articolo 3-bis i propri atti, compresi i verbali relativi alle sanzioni amministrative, gli atti impositivi di accertamento e di riscossione e le ingiunzioni di cui all’articolo 2 del regio decreto 14 aprile 1910, n. 639, fatte salve le specifiche disposizioni in ambito tributario”, con ciò configurando un vero e proprio obbligo da parte della pubblica amministrazione a notificare i propri atti a mezzo della p.e.c. nei confronti dei soggetti tenuti per legge a dotarsi di un domicilio digitale.
Tali soggetti sono quelli individuati dal D.L. 29 novembre 2008, n. 185, art. 16 commi 6 e 7, ovvero imprese costituite in forma societaria e professionisti iscritti in albi ed elenchi istituiti con legge dello Stato, nonché, dal D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, art. 5, ovvero ditte individuali.
A questi si affiancheranno a breve le persone fisiche, i professionisti e gli altri enti di diritto privato non tenuti all’iscrizione in albi, elenchi o registri professionali o nel registro delle imprese, come previsto dall’art. 6-quater del CAD.
Va precisato che l’obbligo all’uso dello strumento p.e.c. si desume anche dal contenuto dell’art. 3-bis co. 4 del CAD che prevede espressamente che “A decorrere dal 1° gennaio 2013, salvo i casi in cui è prevista dalla normativa vigente una diversa modalità di comunicazione o di pubblicazione in via telematica, le amministrazioni pubbliche e i gestori o esercenti di pubblici servizi comunicano con il cittadino esclusivamente tramite il domicilio digitale dallo stesso dichiarato, anche ai sensi dell’articolo 21-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, senza oneri di spedizione a suo carico. Ogni altra forma di comunicazione non può produrre effetti pregiudizievoli per il destinatario.”
Da quanto sopra esposto appare chiara l’importanza che tale forma di notificazione va assumendo e soprattutto è destinata ad assumere nel momento in cui i anche le persone fisiche saranno tenute a dotarsi di domicilio digitale.
Ora, di pari passo con l’affermarsi di questo strumento, emerge la necessità di chiarire alcuni aspetti della procedura che potrebbero dar luogo a contenzioso nei rapporti fra pubblica amministrazione e soggetti destinatari degli atti da questa emanati.
In particolare, ci dedichiamo ora ad analizzare le conseguenze derivanti dalla mancata consegna dell’atto nella casella di posta elettronica certificata del destinatario, quando questa sia dovuta a mancato rinnovo del contratto con il gestore del servizio o alla trascuratezza nella gestione della stessa che, risultando piena, non è più in grado di accogliere ulteriori comunicazioni.
Ci si chiede sostanzialmente quali siano le conseguenze di ciò relativamente al perfezionamento della notificazione.
Dall’esame del testo dell’art. 6 del CAD sembrerebbe doversi dedurre che la notifica, nei casi sopra esposti, si dà per perfezionata, ciò in quanto le comunicazioni “si intendono consegnate se rese disponibili al domicilio digitale del destinatario, salva la prova che la mancata consegna sia dovuta a fatto non imputabile al destinatario medesimo.” Il mancato rinnovo della p.e.c. o la negligente gestione della stessa, tale da rendere impossibile la consegna per mancanza di spazio, sembrano proprio ricadere fra le cause imputabili direttamente al destinatario.
A supporto di detta interpretazione si riportano, massimate, alcune sentenze della Corte Suprema di Cassazione, allegate, nel testo esteso, alle presenti considerazioni.
1) Cassazione civile, Sez. I, Sentenza, (data udienza 06/10/2016) 03/01/2017, n. 31
La notifica telematica del ricorso per dichiarazione di fallimento e del decreto ex art. 15, comma 3, legge fallimentare, nel testo successivo alle modifiche apportategli dall’art. 17 del d.l. n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221 del 2012, si perfeziona nel momento in cui perviene all’indirizzo di posta elettronica certificata (P.E.C.) del destinatario, precedentemente comunicato dal medesimo al tempo della sua iscrizione nel registro delle imprese ai sensi dell’art. 16, comma 6, del d.l. n. 185 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2 del 2009, e dell’art. 5, comma 1, del d.l. n. 179 cit., salva la prova che il predetto indirizzo sia erroneo per fatto non imputabile all’imprenditore che ha effettuato la comunicazione. (In applicazione del principio esposto, la Suprema Corte ha cassato la sentenza con la quale la corte d’appello aveva revocato il fallimento sul presupposto che il ricorso ed il decreto di comparizione erano stati notificati ad un indirizzo P.E.C. che, pur risultando dal certificato camerale della società debitrice, apparteneva, in realtà, ad altra società). (Cassa con rinvio, Corte d’Appello Palermo, 12/09/2014);
2) Cassazione civile, Sez. lavoro, Sentenza, (data udienza 14/02/2018) 21/05/2018, n. 12451
È valida ed efficace la comunicazione dell’avvenuto deposito del decreto di rigetto dell’opposizione allo stato passivo avvenuto a mezzo P.E.C. all’indirizzo indicato dall’avvocato e conclusosi con messaggio di mancata comunicazione per risultare piena la casella di posta elettronica del destinatario. In tal caso la comunicazione deve ritenersi regolarmente avvenuta giacché, una volta ottenuta dall’ufficio giudiziario l’abilitazione all’utilizzo del sistema di posta elettronica certificata, l’avvocato che abbia effettuato la comunicazione del proprio indirizzo di p.e.c., diventa responsabile della gestione della propria utenza, nel senso che ha l’onere, non solo di procedere alla periodica verifica delle comunicazioni regolarmente inviategli dalla cancelleria a tale indirizzo, ma anche di attivarsi affinché i messaggi possano essere regolarmente recapitati.
3) Cassazione civile, Sez. VI – 3, Ordinanza, (data udienza 10/10/2019) 11/02/2020, n. 3164
E’ dunque onere del difensore provvedere al controllo periodico della propria casella di p.e.c.. Un simile onere è manifestamente finalizzato ad assicurare che gli effetti giuridici connessi alla notifica di atti tramite lo strumento telematico si possano produrre nel momento in cui il gestore del servizio p.e.c. rende disponibile il documento nella casella di posta del destinatario. Il disposto del D.M., data la natura secondaria della fonte, naturalmente non è sufficiente a giustificare la conclusione che in presenza di c.d. casella di p.e.c. satura la notificazione si abbia per perfezionata. Ma non altrettanto è da dirsi per l’espressione “rendere disponibile” figurante nel citato disposto codicistico: poiché esso individua un’azione dell’operatore determinativa di effetti potenziali e non una condizione di effettività della detta potenzialità dal punto di vista del destinatario, si giustifica la conclusione che, qualora il “rendere disponibile” quale azione dell’operatore non possa evolversi in una effettiva disponibilità da parte del destinatario per causa a lui imputabile, come per essere la casella satura, la notificazione si abbia per perfezionata, con la conseguenza che il notificante può procedere all’utilizzazione dell’atto come se fosse stato notificato.
4) Cassazione civile, Sez. III, Ordinanza., (data udienza 10/11/2020) 23/02/2021, n. 4920
Nel giudizio di cassazione, in tema di comunicazione dell’avviso di fissazione dell’adunanza camerale, l’indicazione, nel ricorso, del codice fiscale del difensore, pur in mancanza di quella del relativo indirizzo di p.e.c., comporta l’automatica domiciliazione nel proprio indirizzo di P.E.C. figurante obbligatoriamente dal “Reginde”, sicché correttamente la cancelleria, a norma del combinato disposto degli artt. 366, ultimo comma, e 136, comma 2, c.p.c., procede all’individuazione della p.e.c. dal “Reginde” e all’esecuzione della comunicazione presso la relativa casella; pertanto, nell’ipotesi in cui la comunicazione inviata all’esito di tale individuazione non vada a buon fine per rifiuto da parte della casella di P.E.C. del destinatario, la mancata consegna dell’avviso deve ritenersi imputabile al difensore e la cancelleria non è onerata di procedere al rinnovo dell’atto attraverso una nuova comunicazione a mezzo posta, che, se effettuata tardivamente, resta irrilevante. (Rigetta, Tribunale Avellino, 12/02/2018);
5) Cassazione civile, Sez. III, Sentenza, 23/06/2021, n. 17968 (rv. 661836-01)
Nell’ipotesi di notifica del decreto ingiuntivo a mezzo p.e.c., a norma dell’art. 3 bis della legge n. 53 del 1994, la circostanza che la e-mail P.E.C. di notifica sia finita nella cartella della posta indesiderata (“spam”) della casella P.E.C. del destinatario e sia stata eliminata dall’addetto alla ricezione, senza apertura e lettura della busta, per il timore di danni al sistema informatico aziendale, non può essere invocata dall’intimato come ipotesi di caso fortuito o di forza maggiore ai fini della dimostrazione della mancata tempestiva conoscenza del decreto che legittima alla proposizione dell’opposizione tardiva ai sensi dell’art. 650 c.p.c.; ciò in quanto l’art.20 del d.m. n. 44 del 2011 (regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi di cui al d.lgs. n. 82 del 2005), nel disciplinare i requisiti della casella P.E.C. del soggetto abilitato esterno, impone una serie di obblighi – tra cui quello di dotare il terminale informatico di “software” idoneo a verificare l’assenza di virus informatici nei messaggi in arrivo e in partenza, nonché di “software antispam” idoneo a prevenire la trasmissione di messaggi indesiderati – finalizzati a garantire il corretto funzionamento della casella di posta elettronica certificata, il cui esatto adempimento consente di isolare i messaggi sospetti ovvero di eseguire la scansione manuale dei relativi “files”, sicché deve escludersi l’impossibilità di adottare un comportamento alternativo a quello della mera ed immediata eliminazione del messaggio p.e.c. nel cestino, una volta che esso sia stato classificato dal computer come “spam”. (Rigetta, Corte D’Appello Bologna, 22/01/2019).
A sostegno, invece, della tesi opposta parrebbe attestarsi la sentenza di seguito riportata:
1) Cassazione civile, Sez. III, Sentenza 20/12/2021, n. 40758
In caso di notifica telematica effettuata dall’avvocato, il mancato perfezionamento della stessa per non avere il destinatario reso possibile la ricezione dei messaggi sulla propria casella p.e.c., pur chiaramente imputabile al destinatario, impone alla parte di provvedere tempestivamente al suo rinnovo secondo le regole generali dettate dagli artt. 137 e ss. c.p.c. e non mediante deposito dell’atto in cancelleria, non trovando applicazione la disciplina di cui all’art. 16, comma 6, ultima parte del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, prevista per il caso in cui la ricevuta di mancata consegna venga generata a seguito di notifica o comunicazione effettuata dalla Cancelleria, atteso che la notifica trasmessa a mezzo P.E.C. dal difensore si perfeziona al momento della generazione della ricevuta di avvenuta consegna (RAC).
Va premesso che la sentenza si riferisce all’ambito processuale, quindi a situazioni e procedure che si discostano da quelle amministrative, oggetto delle presenti considerazioni. In realtà, in questo caso, il rigetto del ricorso è dovuto non tanto a ragioni relative alla validità o meno della notificazione non consegnata causa casella piena, quanto all’obbligatorietà di ripetere la notifica, in linea con il principio per cui dev’esser escluso che il regime normativo concernente l’identificazione del c.d. domicilio digitale abbia soppresso la prerogativa processuale della parte di individuare, in via elettiva, uno specifico luogo fisico come valido riferimento, eventualmente in associazione al domicilio digitale, per la notificazione degli atti del processo alla stessa destinati (Cass., 11/02/2021, n. 3557, pag. 5, in cui si richiamano: Cass. nn. 1982 del 2020, 2942 del 2019, 22892 del 2015).
Pertanto, vista le norme che regolano l’uso della “p.e.c.” e vista la giurisprudenza prevalente, parrebbe ragionevole ritenere che la notifica effettuata al domicilio digitale del destinatario, risultante dagli elenchi di cui all’art. 3-bis CAD, sia da considerarsi regolarmente perfezionata anche in caso di casella piena o non più attiva, stante che in entrambi i casi la mancata consegna deriva puramente da cause attribuibili al destinatario stesso.
Per quanto attiene, invece, alle eventuali ripercussioni che le conclusioni sopra esposte potrebbero avere sull’attività del Messo Comunale/Messo Notificatore, si consiglia allo stesso, in caso di richieste di notificazione motivate da un esito negativo del tentativo effettuato precedentemente tramite p.e.c., di procedere comunque alla notifica sul territorio, ciò al fine di evitare ogni eventuale responsabilità, nel contempo rapportandosi con l’ufficio/ente richiedente che, ovviamente, valuterà autonomamente il valore da attribuire alla mancata consegna nella casella p.e.c. corrispondente al domicilio digitale del destinatario, a prescindere dalle diverse pronunce giurisprudenziali adottate in merito.

_________________________
(1) Lo stesso dicasi dell’art. 48, di cui è disposta l’abrogazione a far data dall’entrata in vigore del decreto previsto dall’art. 65, co. 7 del D.Lgs. 13 dicembre 2017, n. 217, con cui sono adottate le misure necessarie a garantire la conformità dei servizi di posta elettronica certificata di cui agli articoli 29 e 48 del decreto legislativo del 7 marzo 2005, n. 82, al regolamento (UE) n. 910/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 2014, in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno e che abroga la direttiva 1999/93/CE.

La commissione normativa di A.N.N.A.

Scarica la circolare: Circolare 2022-002 Perfezionamento della notifica a mezzo p.e.c. non consegnata per cause dipendenti dal destinatario


Circolare 1/2022 – Notifica ex art. 140 c.p.c. la cui raccomandata A.R. non è andata a buon fine

In merito alla mancata notifica di un atto di accertamento per mancato perfezionamento della procedura prevista dall’art. 140 c.p.c., quando il postino attesta la irreperibilità assoluta del destinatario (risulta essere barrata la casella TRASFERITO IRREPERIBILE O SCONOSCIUTO) della raccomandata informativa, si è predisposta la seguente lettera di risposta all’Ente che ha richiesto la notifica e che richiede la rinotifica.

Scarica: Circolare 2022-001 Notifica ex art. 140 c.p.c. la cui raccomandata A.R. non è andata a buon fine


Circolare 4/2021 – Notificazione di atti finanziari a contribuenti con residenza estera

Breve sintesi dell’evoluzione dell’art. 60 relativamente all’oggetto
L’art. 60 del DPR 29.9.1973 n. 600, che regola la notifica degli atti in materia di imposte dirette, la cui applicazione è stata successivamente estesa anche alle materie relative a imposta di registro, ipotecaria e catastale, successioni e donazioni e IVA, nella sua formulazione iniziale escludeva, fra l’altro, all’art. 60, comma 1, lettera f) il ricorso alla procedura prevista dall’art. 142 c.p.c. concernente la notificazione a soggetti non residenti, né dimoranti, né domiciliati nella Repubblica.
Successivamente, la Corte Costituzionale con sentenza n. 366 del 24.10.2007, dichiarava l’illegittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 58, primo comma e secondo periodo del secondo comma, e 60, primo comma, lettere c ) e f), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), e dell’articolo 26, ultimo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), nella parte in cui prevede, nel caso di notificazione a cittadino italiano avente all’estero una residenza conoscibile dall’amministrazione finanziaria in base all’iscrizione nell’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (A.I.R.E.), che le disposizioni contenute nell’articolo 142 del codice di procedura civile non si applicano.
In realtà nelle more dell’esame della questione di costituzionalità sollevata in relazione alle norme sopra citate, era stato emanato il D.L. 4 luglio 2006, n. 223 il quale aveva introdotto nell’art. 60, 1° comma, la lettera e-bis) il cui testo si riporta di seguito:
e-bis) è facoltà del contribuente che non ha la residenza nello Stato e non vi ha eletto domicilio ai sensi della lettera d), o che non abbia costituito un rappresentante fiscale, comunicare al competente ufficio locale, con le modalità di cui alla stessa lettera d), l’indirizzo estero per la notificazione degli avvisi e degli altri atti che lo riguardano; salvo il caso di consegna dell’atto o dell’avviso in mani proprie, la notificazione degli avvisi o degli atti è eseguita mediante spedizione a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento.
Infine, il D.L. 25 marzo 2010, n. 40 ha disposto l’introduzione dei commi 4 e 5 nell’art. 60, regolando compiutamente la notificazione a contribuenti italiani con residenza estera: di seguito il testo dei commi aggiunti.
4. Salvo quanto previsto dai commi precedenti ed in alternativa a quanto stabilito dall’articolo 142 del codice di procedura civile, la notificazione ai contribuenti non residenti è validamente effettuata mediante spedizione di lettera raccomandata con avviso di ricevimento all’indirizzo della residenza estera rilevato dai registri dell’Anagrafe degli italiani residenti all’estero o a quello della sede legale estera risultante dal registro delle imprese di cui all’articolo 2188 del codice civile. In mancanza dei predetti indirizzi, la spedizione della lettera raccomandata con avviso di ricevimento è effettuata all’indirizzo estero indicato dal contribuente nelle domande di attribuzione del numero di codice fiscale o variazione dati e nei modelli di cui al terzo comma, primo periodo. In caso di esito negativo della notificazione si applicano le disposizioni di cui al primo comma, lettera e).(1)
5. La notificazione ai contribuenti non residenti è validamente effettuata ai sensi del quarto comma qualora i medesimi non abbiano comunicato all’Agenzia delle entrate l’indirizzo della loro residenza o sede estera o del domicilio eletto per la notificazione degli atti, e le successive variazioni, con le modalità previste con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate. La comunicazione e le successive variazioni hanno effetto dal trentesimo giorno successivo a quello della ricezione.
Pertanto, in base al testo vigente dell’art. 60, la notifica rivolta al contribuente non residente può essere effettuata tramite spedizione dell’atto con raccomandata A.R. all’indirizzo estero segnalato ai sensi del comma 1, lett. e bis), oppure, in assenza di questa comunicazione, ai sensi del 4 comma.
Ovviamente l’incombenza è a carico dell’Agenzia delle Entrate, a cui le comunicazioni di cui sopra sono dirette da parte del contribuente.
Modalità operative di notificazione.
In pratica i casi che possono presentarsi al Messo Comunale a cui viene richiesta la notifica di un atto rivolto a contribuente italiano residente all’estero sono i seguenti:
  1) sull’atto sono riportate le generalità del destinatario legate ad un indirizzo situato all’interno del Comune per cui il Messo Comunale è territorialmente competente; in tal caso, qualora dall’esame dei registri anagrafici risulti un’iscrizione all’A.I.R.E. (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero), si potrà desumere che gli uffici dell’Agenzia delle Entrate non siano a conoscenza di tale situazione. Si procederà pertanto con la restituzione dell’atto indicando contestualmente l’indirizzo estero risultante dai registri A.I.R.E., e sottolineando l’obbligo di rispettare il dettato dell’art. 60, 1° comma lett. e-bis) o, in alternativa del 4° comma dello stesso articolo;
  2) sull’atto viene riportato correttamente, accanto alle generalità del contribuente, l’indirizzo estero risultante dai registri A.I.R.E. In tal caso la notificazione all’estero non è andata a buon fine o l’Agenzia delle Entrate, pur avendo provveduto alla spedizione dell’atto mediante lettera raccomandata A.R. all’indirizzo estero non è ancora a conoscenza dell’esito e richiede comunque al Messo Comunale di notificare l’atto nell’ultima residenza anagrafica in Italia. Ciò avviene generalmente al fine di evitare la decadenza del diritto che viene fatto valere tramite l’atto di accertamento. Infatti, se l’avviso di ricevimento collegato alla raccomandata estera venisse restituito oltre il termine di decadenza previsto per la notifica, con la dicitura “trasferito”, “sconosciuto” o equivalente, la notifica non potrebbe considerarsi perfezionata e la pretesa giuridica dell’Agenzia dell’Entrata verrebbe a decadere.
Al fine di non incorrere in questa eventualità, viene pertanto richiesto al Messo Comunale di notificare l’atto nell’ultima residenza nel territorio italiano, ricercando un’eventuale abitazione, ufficio o azienda all’interno del territorio comunale.
In tal caso si raccomanda al Messo Comunale di non applicare direttamente la procedura di cui all’art. 60, 1° comma, lett. e) ma di procedere preventivamente alle doverose ricerche per lo meno presso l’ultima abitazione conosciuta del contribuente che potrebbe rivelarsi come il luogo presso cui lo stesso dimora di fatto in occasione dei suoi rientri sul territorio italiano e dove, sempre a titolo esemplificativo, hanno ancora la propria residenza il coniuge, i genitori, i figli etc.
In tal caso la procedura adottata potrà essere quella prevista dall’art. 139 o 140 del codice di procedura civile: ciò in quanto l’art. 60 del DPR 29.9.1973 n. 600 fa riferimento al domicilio fiscale e non alla residenza anagrafica, anche se questi nella maggioranza dei casi coincidono.
Vale probabilmente la pena sottolineare che il requisito che legittima la notificazione presso l’abitazione del parente del destinatario non è il mero vincolo parentale ma il fatto che l’abitazione del parente possa essere considerata anche abitazione del destinatario della notifica, per cui saranno le dichiarazioni raccolte dal messo che potranno confermare una simile situazione, dichiarazioni che sarà bene riportare in relata al fine di giustificare la scelta del luogo di notificazione.
Va inoltre ricordata l’applicazione delle disposizioni della lett. b-bis dell’art. 60 e di conseguenza l’invio della raccomandata informativa dell’avvenuta notificazione presso l’abitazione considerata dimora di fatto del destinatario.
Ovviamente, qualora dalle ricerche effettuate non emerga l’esistenza di abitazione, ufficio o azienda del contribuente all’interno del territorio comunale, si procederà ai sensi dell’art. 60, 1° comma, lett. e), mediante deposito dell’atto presso la Casa Comunale e contestuale affissione di un avviso di deposito all’albo on line per la durata di 8 gg.
È inoltre consigliabile precisare in relata che si procede ai sensi della lett. e) e del 4° comma, ultimo periodo dell’art. 60 DPR 600/1973, per sottolineare il fatto che è stata tentata anche la notifica estera con esito negativo.
Si suggerisce infine, nel caso di prossimità del termine di decadenza, di contattare comunque gli uffici finanziari per agevolare e concordare le eventuali decisioni in merito alle procedure da adottare.

_______________
(1) La Corte Suprema di Cassazione, con la sentenza n. 20256 del 22 agosto 2017, ha concluso che la notificazione degli atti agli italiani residenti all’estero è validamente effettuata mediante spedizione di lettera raccomandata con avviso di ricevimento all’indirizzo della residenza estera rilevato dai registri A.I.R.E., non essendo necessario seguire la procedura più articolata prevista dall’articolo 142 c.p.c.

Scarica: Circolare 2021-004 Notificazione di atti finanziari a contribuenti con residenza estera


Circolare 2021- 003 Le Notifiche degli ASO e dei TSO

AGGIORNAMENTO DELLA CIRCOLARE A.N.N.A. N. 002/2018: Le Notifiche degli A.S.O. e dei T.S.O.

L’articolo 32 della Costituzione italiana assegna alla Repubblica il compito di tutelare la salute come fondamentale diritto dell’individuo (senza alcuna distinzione, quindi, fra cittadini e non cittadini), e interesse della collettività, oltre che di garantire cure gratuite agli indigenti; il secondo comma dispone che “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”….

Leggi: Circolare 2021-003 Le Notifiche degli ASO e dei TSO
Leggi anche LEGGE 23 dicembre 1978, n. 833


Circolare 2021-002: La notificazione dell’atto impo-esattivo

LA NOTIFICAZIONE DELL’ATTO IMPO-ESATTIVO. AVVISI DI ACCERTAMENTO CON VALORE DI TITOLO ESECUTIVO
PROCEDIMENTO DI NOTIFICA E COMPETENZE DEL MESSO COMUNALE E NOTIFICATORE

Dal 1° gennaio 2020 anche gli atti di accertamento e irrogazione sanzioni emessi dai Comuni possono avere efficacia esecutiva. La legge di bilancio 2020 (legge 27 dicembre 2019, n. 160) art. 1 commi 784 ss., permette di applicare la tipologia dell’accertamento esecutivo, già operante per le imposte sui redditi, IVA e IRAP e per somme dovute a qualsiasi titolo all’INPS (ex artt. 29 e 30  del D.L. n. 78/2010), anche ai Tributi Locali.
Questi atti, definiti impo-esattivi, consentono all’Ente Locale impositore di evitare la successiva emissione dell’ingiunzione fiscale o della cartella esattoriale nel caso di procedimento di riscossione coattiva affidato all’Agenzia delle Entrate Riscossioni, qualora il contribuente non abbia provveduto al pagamento o proposto ricorso nel termine di 60 gg. dalla notificazione degli stessi.
Si tratta quindi di un importante strumento che consente di semplificare e accelerare il recupero delle entrate tributarie e patrimoniali non riscosse.
Tuttavia, proprio perché questa nuova tipologia di atti comprende in sé sia l’avviso di accertamento che il titolo esecutivo, ciò pone degli interrogativi in merito sia alle modalità di notificazione che alla relativa competenza.
Relativamente all’ingiunzione fiscale (RD n. 639/1910) questa Associazione si è già più volte espressa, escludendo la competenza del Messo Comunale.
Per quanto concerne l’avviso di accertamento con valore esecutivo, osserviamo che la L. n. 160/2019 non si esprime nel merito alle modalità di notificazione, limitandosi a prevedere i termini di esecutività dalla data di notificazione, nulla aggiungendo in merito alle forme della stessa.
Per tale motivo, in assenza di disposizioni specifiche o derogatorie, dobbiamo concludere che l’atto impo-esattivo emanato dall’Ente Locale segue le regole applicate alla notificazione dell’atto impositivo vero e proprio e poiché l’art. 1 comma 161 della legge 296/2006 non prevede procedure speciali di notificazione relativamente agli avvisi di accertamento dei Tributi degli Enti Locali, il procedimento di riferimento rimane quello indicato nel Codice di Procedura Civile.
A supporto di questa interpretazione, va rilevato che, anche nel caso degli avvisi di accertamento impo-esattivi emanati dall’Agenzia delle Entrate, l’art. 29 del DL n. 78/2010 che dispone in merito, non ha previsto l’adozione delle modalità di notificazione di cui all’art. 26 del DPR 602/1973 inerenti all’atto esattivo vero e proprio, ovvero la cartella di pagamento.
La stessa Commissione Tributaria Regionale del Piemonte con la sentenza n. 757/3/19 conferma quanto detto: Riguardo all’atto impo-esattivo cd. “primario”, l’art. 29 del DL n. 78/2010, al co. 1, lett. a) periodo primo, parla di notificazione senza ulteriori specificazioni, rinviando a quanto disposto dall’art. 60 del DPR n. 600/1973 che disciplina la notificazione eseguita tramite Messi…”  l’art. 60 DPR 600/1973 è citato nel testo della sentenza in riferimento alla notificazione dell’atto di accertamento dell’Agenzia delle Entrate e quindi confermando che il procedimento di notifica da adottare è quello previsto per la fase impositiva.

In realtà l’art. 29 del DL 78/2010 dispone solo in merito alla possibilità di ricorrere alla notificazione diretta dell’ente impositore a mezzo di raccomandata ordinaria per quello che viene definito atto impo-esattivo “secondario” mentre l’art. 1 comma 161 della legge 296/2006 prevede altrettanto per l’avviso di accertamento dei tributi degli enti locali.
Da ciò si deduce che il Messo Comunale, in forza della sua competenza generale alla notificazione degli atti della P.A, ex art. 10 L. 265/1999, potrà legittimamente provvedere anche alla notificazione della nuova tipologia di atti impo-esattivi.
Per quanto riguarda, infine, il Messo Notificatore di cui alla L. 296/2006, si ritiene che lo stesso, essendo già competente alla notificazione dell’atto impositivo così come di quello esattivo, come indicato nell’art. 1 comma 158 della legge 296/2006, abbia pieno titolo anche alla notificazione dell’atto impo-esattivo.
Si ribadisce pertanto quanto già sostenuto in precedenti circolari (Circolare 01/2015 – Avvisi di Addebito INPS, Circolare 001/2016 – Convenzione con i Comuni per la notificazione degli AVA inviati dall’INPS) relative alla notificazione di un altro atto impo-esattivo, ovvero l’avviso di addebito dell’INPS di cui all’art. 30 del DL 78/2010, per il quale il legislatore non ha dato indicazioni particolari sulle forme della notificazione eseguita dai messi comunali, determinando così il ricorso al procedimento di notifica di cui agli artt. 137 e ss. del codice di procedura civile.

Quindi, in conclusione, sia che l’atto da notificare sia un avviso di accertamento per così dire “puro” (atto impositivo) sia che si tratti di un avviso di accertamento con valore di titolo esecutivo (atto impo-esattivo), cioè redatto con le indicazioni del legislatore per conferire a questa nuova categoria di atti anche valenza di titolo esecutivo (come per l’ingiunzione fiscale/cartella di pagamento), il procedimento di notificazione non cambia, così che:

  • per i Tributi degli Enti Locali si applica il procedimento notificatorio ordinario previsto dagli artt. 137 e seguenti del Codice di Procedura Civile

                 competenza del Messo Comunale e del Messo Notificatore

  • per i Tributi erariali dell’Amministrazione Finanziaria Statale si applica il procedimento notificatorio previsto dall’art. 60 del DPR 600/1973

                 competenza, quale soggetto notificante, del Messo Comunale

Scarica: Circolare 2021-002 La notifica degli atti impoesattivi


Circolare 2021-001: La notifica in relazione alla pandemia COVID-19

A distanza di quasi un anno dall’insorgenza della pandemia da COVID 19 dobbiamo prendere atto del permanere dello stato di emergenza e dell’aggravarsi della situazione di grave crisi che investe in modo particolare il nostro paese. Alla luce della recrudescenza del contagio cui assistiamo dall’autunno scorso, torniamo a richiamare l’attenzione dei nostri associati sull’importanza del rispetto delle norme di sicurezza in generale e particolarmente sul lavoro.

Leggi: Circolare 2021-001 La notifica in relazione al COVID 19


Circolare 2020-002: considerazioni su circolare ministero interni notifica a mezzo p.e.c. a impresa individuale

Leggi: Circolare 2020-002 CONSIDERAZIONI SU CIRCOLARE MINISTERO INTERNI NOTIFICA A MEZZO PEC A IMPRESA INDIVIDUALE


Circolare 2020-001 Coronavirus (COVID-19)

In relazione all’evolversi della diffusione del Coronavirus (COVID-19) il Consiglio dei Ministri ha emanato il Decreto del 4 marzo 2020 valido su tutto il territorio nazionale.

Tra i provvedimenti: “sono sospesi i congressi, le riunioni, i meeting e gli eventi sociali, in cui è coinvolto personale sanitario o personale incaricato dello svolgimento di servizi pubblici essenziali o di pubblica utilità; è altresì differita a data successiva al termine di efficacia del presente decreto ogni altra attività convegnistica o congressuale;” pertanto le Giornate di Studio per Agenti Notificatori programmate dalla nostra Associazione sono sospese. Verranno comunicate le nuove date non appena la situazione lo permetterà.

In questi giorni diverse volte abbiamo tutti, giustamente, ringraziato il personale medico e sanitario. Ma io credo che una menzione e un sentito ringraziamento li meritino anche la categoria dei farmacisti, che senza mascherina e senza particolari strumenti di protezione accolgono e consigliano chi non sta bene, esponendosi a clienti con tosse, raffreddore o sintomi influenzali.

Un grazie sincero per la loro presenza tranquillizzante e la loro professionalità che garantiscono un presidio su tutto il territorio nazionale.

In forza del proliferare di prescrizioni e notizie riguardanti la diffusione del coronavirus, in considerazione delle misure adottate dal Governo, a tutela della sanità pubblica è opportuno menzionare anche l’attività espletata dall’ufficio notifiche di ogni Comune

Pur comprendendo la difficoltà di stabilire, a priori, regole di tutela, si evidenzia che, come noto l’attività svolta dai dipendenti dell’Ufficio Notifiche si espleta per un verso sul territorio e qui ci si rivolge ad una eterogeneità di soggetti e di situazioni che non consentono, in modo assoluto, di avere certezze su chi si ha di fronte; per altro verso l’attività di sportello. Pertanto, è necessario adottare le opportune misure volte alla difesa della salute dei dipendenti.

Sostanzialmente è bene richiedere alla propria Amministrazione, in linea con le prescrizioni governative (“… nelle pubbliche amministrazioni e, in particolare, nelle aree di accesso alle strutture del servizio sanitario, nonché in tutti i locali aperti al pubblico, in conformità alle disposizioni di cui alla direttiva del Ministro per la pubblica amministrazione 25 febbraio 2020, n. 1, sono messe a disposizione degli addetti, nonché degli utenti e visitatori, soluzioni disinfettanti per l’igiene delle mani; …”), la dotazione di liquido per la detersione delle mani per i Messi Comunali che operano sul territorio e di eventuali mascherine di protezione per i casi di maggior rischio quali ad esempio i tentativi di notifica in strutture abitative fatiscenti come sovente capita.

Si riporta di seguito alcune informazioni e indicazioni riguardanti l’aspetto igienico sanitario a cui attenersi.


Circolare 2019-006 Casa Comunale “delocalizzata”

Il Comune è libero di designare come “case comunali” anche altri luoghi rispetto al municipio.
Le disposizioni procedurali inerenti alla notificazione degli atti, da porsi in essere con il rito degli irreperibili, quindi l’assenza del destinatario e degli altri soggetti legittimati al ritiro, prevedono, per la validità della notifica, il deposito di copia dell’atto presso la casa comunale, rappresentando questa la sede del comune nei confronti dei terzi, nonché il luogo degli atti comunali e degli organi che li deliberano, fino a poco fa, insuscettibile di estensione a diversi “luoghi”.
Si ricorda che, ancora nell’anno 2012 la Suprema Corte aveva sentenziato circa la necessità di individuare un unico luogo designato “casa comunale”, laddove doveva avvenire il deposito degli atti notificati causa l’assenza o l’irreperibilità assoluta del destinatario.
A seguito di un ricorso proposto da un cittadino che deduceva che l’articolo 140 c.p.c., là dove stabilisce che il piego non potuto consegnare sia depositato nella “casa del comune”, il ricorrente evidenziava che non può che essere “un luogo pubblico ufficiale, certo e stabile, non certo un ufficio estemporaneamente indicato in un provvedimento” dell’amministrazione comunale.
Quindi, la Corte di Cassazione, sez. III civile, con la sentenza 5 settembre 2019 n. 22167 è entrata nel merito del problema, con una pronuncia degna di nota per la pregevole ricostruzione storico-sistematica con riguardo alla nozione di “casa comunale”.
Secondo la Cassazione, tale espressione deve interpretarsi nel senso di comprendervi il municipio – inteso come sede storica del Comune – o ogni altro luogo designato in tal senso dall’amministrazione comunale. Pertanto, una notifica effettuata in un luogo diverso dalla sede del Comune, ma indicata dallo stesso quale sede equipollente, è valida ed efficace. Parimenti, valida è la notificazione effettuata dagli incaricati di una società privata. Infatti, alla P.A. è consentito appaltare a privati l’esecuzione dei compiti del Messo Comunale, compresa la notifica dei verbali di accertamento alle violazioni del codice della strada.
II primo motivo di ricorso ha riguardato il luogo del deposito del plico, che non era avvenuto presso il Comune, ma in una sede sussidiaria dello stesso, designata con un provvedimento dirigenziale, un biennio prima dei fatti di causa. Secondo il ricorrente il dato letterale dell’art. 140 C.P.C. è di diverso segno. La norma, infatti, in caso di assenza del destinatario, prevede il deposito della copia dell’atto presso la casa comunale e non in un luogo diverso, seppur indicato dal Comune quale sede secondaria. La Suprema Corte rigetta tale ricostruzione, considerando valida ed efficace la notifica, giacché il luogo di deposito del plico è stato indicato come equipollente alla casa comunale, pertanto è da escludersi ogni vizio di notifica. La P.A., infatti, è libera di designare come “case comunali” anche luoghi ulteriori rispetto al municipio; ove ciò accada, tutti questi siti vanno considerati equivalenti, a tutti gli effetti di legge, alla casa comunale.
Per fortificare tale affermazione, la sentenza offre un’interpretazione storica e ordinata del testo normativo.
I Supremi giudici ripercorrono storicamente la legislazione per ricostruire il significato di “casa comunale”, analizzando tutte le norme in cui tale espressione, nel tempo, è stata impiegata. I molteplici provvedimenti legislativi citati dimostrano che, storicamente, il legislatore ha indicato la casa comunale come luogo deputato a molteplici attività, ammettendo sempre luoghi a essa alternativi, diversi ed equipollenti. In passato, infatti, la ratio della scelta della casa comunale era dettata dalla facilità di individuazione della stessa da parte di tutti i consociati, anche quelli non istruiti. Con il tempo, la ratio è mutata; infatti, l’evoluzione della società, la diminuzione dell’analfabetismo e, soprattutto, la facoltà da parte «della P.A. di far pervenire le proprie deliberazioni ai cittadini, rendono puramente teorica la possibilità che questi ultimi siano tratti in errore nell’individuazione della casa comunale o dei luoghi destinati a sostituirla». Pertanto, l’espressione “casa comunale” presente in ambito di notificazione, (art. 140 o 143 C.P.C. come anche nell’art. 157 C.P.P.) va intesa come sinonimo di “municipio o altro luogo a tal fine designato dall’amministrazione comunale”.
Stabiliscono i Giudici che l’espressione “casa comunale” si rinviene in numerose norme, processuali e sostanziali; in particolare, l’art. 3 DPR 396/2000 (regolamento sullo stato civile) prevede che i comuni possano istituire uno o più uffici dello stato civile; la norma e stata interpretata nel senso che «casa comunale può essere considerata qualsiasi struttura nella disponibilità giuridica del Comune, vincolata allo svolgimento di funzioni istituzionali» (Cons. di Stato, I, parere 196/2014). La disposizione in argomento riguarda la celebrazione del matrimonio. Pertanto, se la legge ammette la “delocalizzazione” rispetto alla sede storica del municipio in materia matrimoniale, a fortiori deve consentire la designazione di case comunali alternative per il deposito degli atti notificati. Diversamente opinando, si giungerebbe all’assurdo per cui si richiedono oneri formali più stringenti per atti di minor rilievo (come il deposito di un verbale di accertamento) rispetto a «un atto di preminente importanza sociale, giuridica e costituzionale» come il matrimonio.
La Corte si sofferma anche sul deposito del plico nella frazione di un Comune, poiché il ricorrente, nelle sue difese, ha invocato un precedente in materia (Cass. 1321/1993). In quel caso, I’ufficiale giudiziario aveva depositato il plico nella casa comunale di una frazione del Comune e la Corte aveva ritenuto nulla la notifica. La nullità, però, non dipendeva dal fatto che il plico fosse stato depositato in un luogo diverso dal municipio, ma dalla circostanza che le frazioni non possiedono una casa comunale e non era stato dimostrato che il Comune avesse deputato un luogo equipollente nella frazione.
Il ricorrente cita ancora un altro precedente (Cass. 16817/2012), considerato non pertinente dalla Suprema Corte perché, in quella fattispecie, la notifica era stata ritenuta nulla, non in quanto effettuata in un luogo diverso dalla casa comunale, ma in quanto la designazione di quel luogo come equipollente al municipio era avvenuta con un provvedimento amministrativo successivo all’esecuzione della notifica. I supremi giudici ribadiscono che i precedenti invocati dal ricorrente (Cass. 1321/1993 e Cass. 16817/2012) sono inconferenti al caso in esame, tuttavia, anche qualora siano da considerarsi pertinenti, non pare opportuno darvi continuità, ed enunciano il seguente principio di diritto:
«in materia di notificazione di atti e quindi anche di verbali di accertamento di violazioni del codice della strada, la “casa del comune” in cui l’Ufficiale notificante deve depositare la copia dell’atto da notificare si identifica, in alternativa alla sede principale del Comune, anche in qualsiasi struttura nella disponibilità giuridica di questo, vincolata allo svolgimento di funzioni istituzionali con provvedimento adottato prima della notificazione e chiaramente menzionata nell’avviso di avvenuto deposito».
Dunque la sentenza in argomento stabilendo che, in tema di notificazioni di atti, come i verbali di accertamento di violazioni del codice della strada, I’espressione “casa del comune”, in cui l’ufficiale notificante deve depositare la copia dell’atto da notificare, va interpretata sia come la sede principale del Comune, che come qualsiasi struttura nella sua disponibilità giuridica, deputata allo svolgimento di funzioni istituzionali, tramite un provvedimento adottato prima della notificazione, di fatto, statuisce una nuova interpretazione delle norme in materia, sollevando le problematiche, soprattutto, per quelle realtà che sentivano la necessità, magari per estensione territoriale, di individuare sedi diverse laddove il cittadino può procedere al ritiro degli atti a lui destinati, per andare incontro alle mutate esigenze sociali.
Ora, la stessa sentenza, causa il secondo motivo cui il ricorrente ha fatto ricorso, in considerazione del fatto che la notificazione sia stata eseguita da un privato, in luogo del Messo Comunale ha esteso, di fatto, un orientamento già emerso in passato, individuando che, la notifica del verbale di accertamento della violazione è disciplinata dall’art. 201, c. 3, Codice della Strada.
La norma indica quattro categorie di soggetti che possono provvedere alla notificazione:
 Gli organi incaricati dei servizi di polizia stradale (ad esempio, Carabinieri o Polizia municipale);
 I messi comunali,
 Un funzionario dell’amministrazione che ha accertato la violazione.
 Il servizio postale.
La disposizione si conclude affermando che le notificazioni s’intendono comunque validamente eseguite – quindi, anche senza il rispetto delle previsioni di cui sopra – quando siano fatte alla residenza, domicilio o sede del soggetto, risultante dalla carta di circolazione o dall’archivio nazionale dei veicoli o dalla patente di guida del conducente.
Ciò premesso, la Corte rileva come molteplici norme facciano riferimento alla figura del Messo Comunale, senza tuttavia fornirne una definizione. Si ritiene che la qualifica di Messo Comunale prescinda dal rapporto giuridico che lo lega al Comune, il quale è libero di scegliere la forma contrattuale più idonea a perseguire il pubblico interesse. Pertanto, può rivestire la qualifica di messo:
• Il dipendente della P.A.,
• Il funzionario non dipendente,
• Il mandatario della pubblica amministrazione,
• L’appaltatore di servizi per l’amministrazione.
Alla luce di quanto sopra, il Comune è libero di appaltare a soggetti privati l’esecuzione dei compiti tipici del Messo Comunale, ad esempio, la notificazione dei verbali di accertamento delle infrazioni al codice della strada, come accaduto nel caso di specie.
Per completezza espositiva, si ricorda che la nozione di Messo Comunale non coincide con quella di Messo Notificatore.
In conclusione, una notifica effettuata in un luogo diverso dalla sede del Comune, ma indicata dallo stesso quale sede equipollente, è valida ed efficace. In egual misura è valida la notificazione effettuata dagli incaricati di una società privata in quanto all’ente è consentito appaltare a privati l’esecuzione dei compiti del Messo Comunale, compresa la notifica dei verbali di accertamento delle violazioni del codice della strada.

Riferimenti normativi:
R.D. 2641/1865 (regolamento di procedura): I’espressione casa comunale vi compare per la prima volta, ove si prevedeva che le udienze fossero tenute «nella casa comunale o in quell’altra che sia dal municipio destinata» (art. 173); anche qui, era prevista la facoltà di individuare un luogo diverso;
R.D. 642/1907 (regolamento di procedura davanti al Consiglio di Stato): prevedeva che la notifica potesse avvenire presso la casa comunale o con consegna al sindaco o a chi ne fa le veci o all’impiegato delegato; il ricorso alla congiunzione disgiuntiva “o” fa comprendere come il deposito presso il municipio potesse essere sostituito da atti considerati equipollenti e, quindi, il luogo diverso dalla casa comunale;
R.D. 643/1907 – Annesso A (regolamento di procedura davanti alla giunta provinciale): come sopra;
R.D. 830/1909 – Annesso A (regolamento sulla pesca): disponeva che il sindacato dei pescatori possedesse sede nella casa comunale «o nei locali di una delle associazioni che lo compongono»; anche in questo caso, la designazione della casa comunale non è assoluta, ma ammette alternative;
R.D. 1612/1942 (regolamento per I’esecuzione del TU sulla disciplina dei cittadini in tempo di guerra): disponeva che il manifesto di chiamata alla guerra dovesse essere affisso alla casa comunale e in altri principali luoghi pubblici (art. 42).
La nozione di “Messo Comunale” si rinviene nel R.D. 383/1934 art. 273; poi abrogato e sostituito dall’art. 64 legge 142/1990; altre norme in cui si rinviene sono l’art. 201 Codice della Strada, l’art. 10 legge 265/1999.
Il messo notificatore è stato introdotto dall’art. 1 commi 158 e 159 della legge 296/2006; la legge ha attribuito al messo il compito di eseguire le notificazioni di tre specifiche categorie di atti:
a) Gli atti di accertamento dei tributi locali;
b) Gli atti delle procedure esecutive di cui al testo unico sulla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato (RD 639/1910);
c) Gli atti di invito al pagamento delle entrate extratributarie dei comuni.

Leggi: Circolare 2019-006 Casa Comunale delocalizzata


Circolare 2019-005 Ingiunzione Fiscale – Il Messo Comunale è competente alla notifica?

CircolareANNA1Facendo seguito ad una comunicazione che sta circolando ad opera di alcuni uffici Tributi di Enti Locali che giudicano illegittime le affermazioni contenute nella circolare n. 1/2017 di questa Associazione in merito all’Ingiunzione fiscale (o di pagamento) di cui al R.D. 639/1910 si precisa quanto nella circolare sotto riportata viene esplicitato.

Leggi: Circolare 2019-005 Ingiunzione Fiscale – Il Messo Comunale è competente alla notifica

Per opportuna conoscenza il testo della lettera cui fa riferimento la circolare:

Lettera del 23 10 2019


Circolare 2019-004 Notifica art. 65 DPR 600/1973 – Applicabile anche ai Tributi Locali

L’articolo 65 del D.P.R. 600/1973 prende in considerazione l’eventualità in cui non risultino ancora identificati gli eredi del contribuente defunto ma non introduce una procedura speciale di notificazione, rimanendo fermo a tal fine il riferimento all’art. 60 della medesima legge.

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Leggi: Circolare 2019-004 Notifica art. 65 DPR 600-1973 – Applicabile anche ai Tributi Locali


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