REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Corte D’Appello di Catanzaro
SEZIONE LAVORO
La Corte, riunita in camera di consiglio, così composta:
1. dott.ssa Barbara Fatale – Presidente rel.
2. dott. Rosario Murgida – Consigliere
3. dott.ssa Giuseppina Bonofiglio – Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa in grado di appello iscritta al numero 138 del Ruolo generale affari contenziosi dell’anno 2022 e vertente
TRA
M.A., con l’Avv. DURANTE EUGENIO, che lo rappresenta e difende in virtù di procura a margine del ricorso di primo grado, presso il cui studio, sito in Lamezia Terme, via S. Miceli n. 24/O, è elettivamente domiciliato
appellante
E
ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (INPS) (C.F.:.(…) – PIVA:(…)), in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliato in Catanzaro, Via Milano, 9, presso l’ufficio legale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Teresa Pugliano, Giacinto Greco, Silvia Parisi e Francesco Muscari Tomaioli, giusta procura generale ad lites, ad atto Notaio Dott. P.C. ni, in R., lì (…), rep. (…), rogito (…)
appellato
e
AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE, p.iva (…), in persona del Legale Rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in Catanzaro, Via V. Cortese n. 12 presso lo Studio dell’Avv. Vincenzo GALLO, da cui è rappresentata e difesa, giusta procura allegata alla memoria di costituzione in appello
appellato
Avente ad oggetto: appello avverso sentenza del Tribunale di Lamezia Terme. Obbligo contributivo
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale di Lamezia Terme, Giudice del lavoro, il 23.1.2013, M.A. ha chiesto di annullare e/o dichiarare nullo e/o di risolvere e/o rescindere e/o rettificare, e, comunque di dichiarare inefficace, l’accordo di rateazione perfezionato a seguito dell’istanza presentata dal medesimo M. il 29.1.2012 ed accettata da Equitalia Sud Spa con comunicazione del 14.2.2012, avente ad oggetto “Accoglimento dell’istanza di rateazione protocollo n. (…) del 31/01/2012 presentata dal CF: (…)”. Ciò poiché nell’accettazione della rateazione: a) è stato erroneamente computato l’importo pari ad Euro 269.213,15, riportato attraverso l’espresso richiamo della cartella di pagamento n. (…) e del sotteso Decreto Ingiuntivo n. 44/2001, che è titolo giudiziale in verità emesso per un credito di gran lunga inferiore e pari a L. 2.211.877 (quindi poco oltre i 2 milioni di L.); b) è stato erroneamente computato anche l’importo di Euro 56.182,89, riportato attraverso l’espresso richiamo della cartella di pagamento n. (…). Le dette somme, ed i relativi titoli, sono stati erroneamente inseriti da Equitalia nel piano di rateazione, e non erano presenti nella istanza del M., la quale non conteneva alcun importo né il riferimento ad alcuna specifica cartella di pagamento. Invero il M. aveva formulato l’istanza di rateazione in modo del tutto generico al solo fine di eliminare ogni pendenza nei confronti dell’agente della riscossione, chiedendo semplicemente e genericamente di rateizzare tutti i debiti in quel momento esistenti. Sulla scorta di tali vizi ed errori, il ricorrente ha chiesto la condanna dei convenuti Equitalia e Inps, in solido tra loro, alla restituzione delle corrispondenti maggiori somme non dovute, medio tempore versate, maggiorate di interessi e rivalutazione, dal dì del dovuto sino all’integrale soddisfo. Sempre nel ricorso, l’istante ha chiesto al Tribunale di accertare la prescrizione di tutti i crediti riportati nelle due cartelle sopra indicate, e nella specie l’intervenuta prescrizione decennale del credito INPS contenuto nel citato D.I. n. 47 del 2001, emesso dal Tribunale del Lavoro di Lamezia Terme in data 1.9.2001 per il valore di L. 80.848,596 (quindi oltre 80 milioni di L.), che è titolo non compreso nella cartella impugnata, ove si fa invece espresso riferimento al diverso decreto ingiuntivo n. 44/2001. Ciò poiché il credito contenuto nel decreto ingiuntivo n. 47/2001 era stato azionato – da ultimo – con la notifica dell’atto di pignoramento avvenuta il 21.12.2001, e questo ha rappresentato l’ultimo atto interruttivo della prescrizione. Invero la procedura è stata dichiarata estinta e dunque non si è mai formato alcun successivo atto e/o provvedimento che abbia potuto interrompere – nuovamente – la prescrizione decennale. Il relativo credito si è pertanto prescritto il 21.12.2011, dunque in epoca antecedente alla istanza di rateazione del M. (del 29.1.2012) e della sua accettazione da parte di Equitalia, e quindi, è ovvio, in epoca anteriore all’instaurazione del presente giudizio. In ogni caso ed infine, il ricorrente ha chiesto il risarcimento dei danni cagionati in seguito e per l’effetto della erronea e/o colposa e/o dolosa iscrizione a ruolo da parte dell’INPS e di Equitalia delle somme di cui alla ripetuta cartella n. (…), e dunque della fittizia esposizione debitoria cagionata in danno al ricorrente, costretto ad accettare una rateazione a condizioni ben più svantaggiose di quelle di cui avrebbe usufruito se fosse stato invitato a rateizzare solo le somme – ben più modiche – effettivamente dovute. Allo stesso modo ha eccepito la prescrizione del credito INAIL riportato nella cartella di pagamento n. (…).
In giudizio si sono costituiti i resistenti Equitalia, INPS ed Inail, i quali hanno chiesto il rigetto delle domande del ricorrente.
Il processo è stato istruito tramite prova per testi ed in via documentale, ed è stato dichiarato interrotto in data 19/01/2018, a seguito dell’assorbimento di Equitalia in Agenzia delle Entrate Riscossione. Esso è stato poi riassunto dal ricorrente in data 11/4/2018 tramite il deposito di ricorso in riassunzione.
Il Tribunale ha rigettato il ricorso alla luce delle seguenti argomentazioni:
“Ai fini della decisione ritiene opportuno questo Giudice che sia necessario fare alcune precisazioni. Riguardo al riconoscimento del debito e dell’effetto interruttivo della istanza di rateizzazione, la S.C. ha avuto modi confermare con decisioni dal n.12731 al 12735 del 2020 che “… Va rammentato che, in materia tributaria, non costituisce acquiescenza, da parte del contribuente, l’aver chiesto ed ottenuto, senza alcuna riserva, la rateizzazione degli importi indicati nella cartella di pagamento, atteso che non può attribuirsi al puro e semplice riconoscimento d’essere tenuto al pagamento di un tributo, contenuto in atti della procedura di accertamento e diriscossione (denunce, adesioni, pagamenti, domande di rateazione o di altri benefici), l’effetto di precludere ogni contestazione in ordine all’an debeatur, salvo che non siano scaduti i termini di impugnazione e non possa considerarsi estinto il rapporto tributario (Cass. n. 3347 del 2017). Correttamente, pertanto, la CTR ha escluso che l’istanza di rateazione avanzata dalla contribuente costituisse acquiescenza, rilevando, altresì, ai fini del decorso del termine di impugnazione, che la presentazione di tale istanza non comportava l’effettiva conoscenza della cartella di pagamento, ben potendo il contribuente richiedere il pagamento rateale per finalità (evitare di subire un’esecuzione o misure cautelar’) che non presuppongono il riconoscimento del debito. …” . Già con precedenti decisioni la S.C. ha avuto modo di affermare che “… Considerato che la Corte territoriale, confermando la decisione del giudice di primo grado – premesso che l’atto di riconoscimento di debito per avere effetto interruttivo della prescrizione deve essere univoco e sorretto da specifica intenzione ricognitiva, dovendosi escludere tale effetto escludere quando abbia finalità diverse – ha ritenuto che tale valore non potesse nel caso attribuirsi alla richiesta di rateizzazione, valorizzando le dichiarazioni rese dal legale rappresentante della società – già valutate dal giudice di primo grado – a conferma di una diversa volontà da parte del debitore, confermata a pochi mesi di distanza dalla presentazione dell’istanza di trattazione del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado in cui si faceva anche valere l’intervenuta prescrizione. Il primo motivo di ricorso di Equitalia Servizi di Riscossione è dunque inammissibile, in quanto valorizza solo la presentazione dell’istanza di rateizzazione ed il pagamento di alcune delle rate, senza confutare la motivazione della Corte che ha avuto riguardo alla volontà ivi espressa dalla parte, quale ricostruita anche in base al comportamento complessivo da questa tenuto, ritenuta non univocamente significativa della volontà ricognitiva. …” (S.C. n.13506/2018) ed ancora con Ordinanza n.16098/2018 ha avuto modo di precisare ulteriormente che “… Con il primo motivo la ricorrente denuncia in rubrica violazione dell’art. 100 c.p.c., artt. 2 e 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sviluppando nel corpo dell’articolazione della censura, in relazione alla giurisprudenza della Corte ivi richiamata, l’argomentazione anche in relazione alla violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, rilevando l’erroneità dell’impugnata pronuncia nella parte in cui ha ritenuto ammissibile l’originaria impugnazione proposta dal contribuente avverso le cartelle ed i ruoli in questione per il tramite di estratto di ruolo, quantunque le risultanze probatorie avessero dimostrato che il contribuente aveva acquisito piena conoscenza di tutte le cartelle in questione, la cui impugnazione doveva ritenersi quindi inammissibile perchè tardiva, non potendo assumersi – una volta notificate le cartelle – l’autonoma impugnabilità dell’estratto di ruolo quale atto interno dell’Amministrazione. Il motivo è manifestamente fondato alla stregua dei principi affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. 2 ottobre 2015, n. 19704), che hanno chiarito che la tutela del contribuente può estendersi sì anche all’impugnazione delle cartelle e dei ruoli ad esse sottesi sempre che l’interesse all’impugnazione nasca effettivamente dalla conoscenza che se ne abbia, in assenza di notifica, solo per mezzo della consegna dell’estratto di ruolo, restando, al di fuori di detta ipotesi, non consentita l’impugnazione in sè dell’estratto di ruolo quale atto interno dell’Amministrazione. Di detto principio la sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione, ritenendo che solo per una delle cartelle l’agente della riscossione avesse provato l’avvenuta rituale notifica. Per le altre cartelle per le quali l’agente della riscossione aveva prodotto documentazione comprovante la richiesta di rateizzazione del debito dalle stesse portato e finanche il pagamento di un certo numero di rate (17 su 72 del beneficio concesso), pur richiamando remoto precedente di questa Corte (Cass. sez. 1^, 19 giugno 1975, n. 2436), la sentenza impugnata se ne è in concreto discostata, perchè, se è vero che di per sè in materia tributaria, non può costituire acquiescenza da parte del contribuente l’avere chiesto ed ottenuto, senza riserva alcuna, la rateizzazione degli importi indicati nelle cartelle di pagamento, nondimeno il riconoscimento del debito comporta in ogni caso l’interruzione del decorso del termine di prescrizione e si pone quindi in maniera incompatibile con l’allegazione del contribuente di non avere ricevuto notifica delle cartelle. Ciò comporta, come chiarito più di recente anche da Cass. sez. 5, 8 febbraio 2017, n. 3347, che in tanto è possibile, comunque, la contestazione nell’an della pretesa tributaria, sempre che non siano scaduti i termini per la proposizione dell’impugnazione avverso le cartelle, nella fattispecie in esameampiamente decorsi all’atto della proposizione del ricorso in primo grado, avuto riguardo alla data del 15 gennaio 2012 dei provvedimenti che avevano autorizzato la rateizzazione del debito richiesta dal contribuente. Il ricorso è dunque fondato in relazione al primo motivo, ciò comportando l’assorbimento del terzo, e la sentenza impugnata va cassata senza rinvio, ex art. 382 c.p.c., perché la causa non avrebbe potuto essere proposta. …”. Alla luce di quanto sinora esposto, quindi, vista la giurisprudenza, non si può non confermare il principio che sottoscrivere un piano di rateizzazione con Agenzia delle Entrate Riscossione non costituisce riconoscimento del debito, ma può comportare al limite una riapertura dei termini di prescrizione, salvo che non siano già decorsi ed in mancanza legittimando eventualmente l’ente ad intraprendere nuove azioni esecutive in danno del debitore. Valutazione quest’ultima che sarà, eventualmente, affrontata ove dovesse presentarsi l’esigenza d’analisi di una simile circostanza nel caso in specie. In aggiunta a quanto si rende necessario precisare che la S. C. a Sezioni Unite, con la sentenza n.23397/2016 ha affermato il principio, costante in giurisprudenza di legittimità, non per ultime la n.18360 e n.18362 del 20020, n.1088 e n.6888 del 2019, la n.23418/2018, di cui deve farsi applicazione, secondo il quale “… La scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 3, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo sena determinare anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo la L. n. 333 del 1993, art. 3, commi 9 e 10) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c.. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. Lo stesso vale per l’avviso di addebito dell’INPS, che, dal 1 gennaio 2011, ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto (D.L. n. 78 del 2010, art. 30, conv., con modif., dalla L. n. 122 del 2010). …”. Orbene, nel caso in esame, parte ricorrente lamenta, l’intervenuta prescrizione dei crediti INPS contenuti nella Cartella Esattoriale n.(…) notificata in data 7.10.2010, e conseguentemente l’illegittimo inserimento della stessa nell’istanza di rateizzazione, in quanto non più riscuotibili per previsione normativa, evidenziando identica questione per l’altra cartella contenente crediti per premi INAIL, il cui esame però è stato demandato alla competenza del Giudice del Lavoro del Tribunale di Catanzaro. Inoltre, lamenta che all’interno della cartella è indicato come titolo il decreto ingiuntivo n.44/2001, mentre i contributi risultano riferirsi al decreto ingiuntivo n.47/2001, di cui non si fa menzione, per cui lo stesso risulta essersi prescritto insieme ai contributi in esso contenuti. Ritiene questo Giudice che il ricorso sulla base della documentazione in atti ed in applicazione proprio dei principi della S.C., non possa esser accolto.
Atteso che i contributi contenuti nei due decreti ingiuntivi n.44 e n.47 del 2001 risultano regolarmente azionati per stessa ammissione di parte ricorrente, con un’esecuzione terminata con l’estinzione della procedura esecutiva il 28.02.2002, e trattandosi di titoli giudiziari la prescrizione è decennale e questa inizia a decorrere certamente dal 01.03.2002 per cui sino al 28.02.2012 non poteva verificarsi alcuna prescrizione dei crediti in essi contenuti. A ciò si aggiunga che la Cartella Esattoriale n.(…) notificata in data 7.10.2010 al di là della corretta o meno indicazione del decreto ingiuntivo ritenuto azionato, indica in modo inequivocabile i contributi e gli anni richiesti in pagamento e non essendo stata opposta, pur essendo stata regolarmente notificata, per stessa ammissione di parte ricorrente che ne ha allegato l’originale in atti, ha fatto sì che questi siano divenuti intangibili, con la conseguenza che l’eventuale loro prescrizione, ove possibile, ha iniziato a decorrere dal 08.10.2010, ancorché quinquennale, per gli anni non contenuti correttamente nel decreto ingiuntivo n.44/2001, per cui la loro prescrizione al limite poteva verificarsi solo dopo il 08.10.2015 . Per cui pur ipotizzando la possibilità di eccepirne la prescrizione dei contributi in essa contenuti, questa doveva esser fatta valere con la tempestiva opposizione alla cartella esattoriale, ma così non è stato, rendendo il suo contenuto irretrattabile, come da giurisprudenza richiamata. Negli atti di causa, fascicolo INPS, vi è un atto di precetto, regolarmente notificato al M. inerente il decreto ingiuntivo n.47/2001, considerato che si intima il pagamento di £.80.848.596 più accessori ecorrispondente all’importo del decreto richiamato, e notificato il precetto il 02.12.2002, per cui anche in questo caso gli importi dei contributi contenuti in detto titolo esecutivo giudiziario, in mancanza di altri atti interruttivi, si sarebbero prescritti a decorrere dal 01.12.2012. Da quanto sopra, essendo l’istanza di rateizzazione è del 31.01.2012, l’Agente della Riscossione ha correttamente inserito la Cartella Esattoriale n.(…), la quale non risulta esser prescritta e ne lo sono i contributi in essa contenuti, per le ragioni su esposte. Conseguenza di quanto sopra è che il ricorso risulta privo di fondamento, non essendoci alcuna prescrizione contributiva, né tantomeno risulta fondata l’affermazione di un abuso dell’Agente per la Riscossione nell’inserire la cartella in questione in quelle da rateizzare, per le ragioni su esposte. Riguardo alla Cartella Esattoriale contenente i crediti INAIL, per come già evidenziato, si è già disposto con Ordinanza d’incompetenza territoriale in favore del Giudice del Lavoro di Catanzaro, conseguentemente, la valutazione ha riguardato solo ed esclusivamente la Cartella Esattoriale n.(…) notificata in data 07.10.2010, sulla cui avvenuta notifica e non opposizione, nel termine di 40 gg dalla sua notifica ai sensi dell’art. 24 del D.Lgs. n. 46 del 1999, non vi è contestazione. Riguardo all’eccezione di inammissibilità avanzata da parte ricorrente inerente il deposito della memoria di costituzione da parte dell’INPS dopo al riassunzione avvenuta cartaceamente e non già per via telematicamente, questa oltre a presentarsi tardiva, perchè proposta all’odierna udienza e non già alla prima utile dopo la riassunzione, risulta essere generica e priva di riferimenti normativi e quindi inammissibile. La domanda è rigettata, le spese di lite, seguono la soccombenza, le quali vengono liquidate anche in favore dell’INAIL, attesa la rinnovata chiamata in giudizio nella riassunzione, nonostante né fosse stata dichiarata l’estromissione per incompetenza territoriale, e che per tutti si liquidano come da dispositivo”.
La sentenza è gravata d’appello da M.A., nei soli confronti di Agenzia Entrate Riscossione e dell’Inps, con atto depositato il 25 febbraio 2022.
Costituitisi in giudizio, gli appellati hanno rassegnato le conclusioni sopra riportate.
La Corte, acquisito il fascicolo telematico di primo grado, alla fissata udienza, sentiti i procuratori delle parti, decide come da allegato dispositivo.
Con il proposto gravame, il sig. M. lamenta che:
1) Il Tribunale ha correttamente rilevato che la richiesta di rateizzazione formulata dal ricorrente non comporta acquiescenza e che ha effetto interruttivo della prescrizione solo quando in essa vi sia atto di riconoscimento del debito univoco e sorretto da specifica intenzione ricognitiva, citando, tra le tante, Cass. civ. n. 13506/2018, salvo che alla data di rateizzazione non siano già decorso il termine prescrizionale (pagg. 7, 8 e 9). Il Giudice di prime cure ha poi correttamente delineato i termini della questione ove ha dedotto “Orbene, nel caso in esame, parte ricorrente lamenta, l’intervenuta prescrizione dei crediti INPS contenuti nella Cartella Esattoriale n.(…) notificata in data 7.10.2010, e conseguentemente l’illegittimo inserimento della stessa nell’istanza di rateizzazione”. Esso ha poi fatto, però, mal governo del principio sopra esposto, omettendo di rilevare l’intervenuta prescrizione del credito riportato nella ripetuta cartella n.(…), afferente il decreto ingiuntivo n. 44/2011. Invero, a parere del Giudice, posto che il titolo è stato azionato con la procedura esecutiva dichiarata estinta in data 28.2.2002, solo dopo il provvedimento di estinzione sarebbe iniziato il nuovo decorso del termine prescrizionale interrotto con l’atto di pignoramento, in concreto il termine inziale per la prescrizione cadrebbe in data 1.3.2002 mentre quello finale in data 28.2.2012 (in realtà, secondo l’errata tesi qui censurata, il decorso della prescrizione si sarebbe compiuto il giorno seguente, ossia l’1.3.2012). “Atteso che i contributi contenuti nei due decreti ingiuntivi n.44 e n.47 del 2001 risultano regolarmente azionati per stessa ammissione di parte ricorrente, con un’esecuzione terminata con l’estinzione della procedura esecutiva il 28.02.2002, e trattandosi di titoli giudiziari la prescrizione è decennale e questa inizia a decorrere certamente dal 01.03.2002 per cui sino al 28.02.2012 non poteva verificarsi alcuna prescrizione dei crediti in essi contenuti” (pag. 10). Tale statuizione è del tutto errata posto che il Tribunale ha ritenuto che il termine di prescrizione sia rimasto sospeso fino alla dichiarazione di estinzione, allo stesso modo di quanto avviene per i giudizi regolarmente esitati con sentenza. Ed invece il Tribunale non ha affatto considerato che “In caso di estinzione del processo, solo l’atto introduttivo del giudizio ha efficacia interruttiva istantanea della prescrizione,che ricomincia a decorrere dalla data di tale atto, non avendo efficacia interruttiva le attività processuali svolte nei processo estinto” (Cass. civ. n. 11016/2003). Dunque, il Tribunale avrebbe dovuto accertare, quale ultimo atto interruttivo, il pignoramento notificato il 21.12.2001, e avrebbe dovuto accertare e dichiarare l’intervenuta prescrizione del credito contenuto risalente al 21.12.2011, dunque in epoca antecedente alla istanza di rateazione del M. (del 29.1.2012) e della sua accettazione da parte di Equitalia, e dunque in epoca anteriore all’instaurazione del presente giudizio;
2) Sempre nella sentenza impugnata, in maniera contraddittoria, il Tribunale ha poi aggiunto che essendo il medesimo credito riportato nella cartella n.(…) notificata il 7.10.2010, esso è divenuto intangibile e che la sua prescrizione ha iniziato a decorrere dal 8.10.2020, ovvero dal giorno seguente al termine per la sua impugnazione. Anche in parte qua la pronuncia si rivela errata, posto che la cartella non può in alcun modo rappresentare atto interruttivo della prescrizione posto che essa è del tutto errata, sebben riferita al d.i. 44/2017 contiene in realtà il credito di cui al d.i. n. 47/2017. Essa non rappresenta certo atto nel quale si richieda in modo chiaro e non equivoco il pagamento di una certa somma di denaro. Al contrario, esso è atto manifestamente errato non certo in grado produrre effetto interruttivo. Non può essere certo condivisibile quanto affermato dal Tribunale, secondo cui la cartella non risulta esser prescritta (come è noto però la prescrizione non riguarda la cartella ma il diritto di credito) e ne lo sono i contributi in essa contenuti.
In via preliminare, si osserva che l’appellante ha espressamente dichiarato di non volere impugnare la parte di sentenza nella parte riguardante l’Inail, sicché i relativi capi devono reputarsi coperti da giudicato; del resto, trattandosi di cause scindibili, non si pone l’esigenza di integrazione del contraddittorio nei confronti del suddetto ente previdenziale.
Nel merito, l’appello non si presta ad essere accolto
Orbene, dalla disamina dell’atto di pignoramento (cfr fascicolo di primo grado di parte ricorrente) notificato il 21.12.2001 si evince che questo si riferisce ad entrambi i decreti ingiuntivi (44/01 e 47/01); d’altro canto, la cartella n. (…) (prodotta dallo stesso ricorrente), riguarda il decreto ingiuntivo 44/01 (lo si legge nella causale della cartella); la sua notifica (è pacifico tra le parti), risale al 7.10.2011, ed è dunque antecedente alla presentazione dell’istanza di rateazione (31.1.2012); nell’istanza che risulta depositata dall’odierno appellante nel suo fascicolo di primo grado, non si indicano le cartelle cui l’istanza è riferita (nel relativo spazio si fa riferimento al prospetto allegato, che però non è stato prodotto); tale istanza, peraltro, non reca il timbro di deposito presso il concessionario, diversamente da quella depositata da Equitalia in primo grado, nel proprio fascicolo, che risulta completa dell’indicazione delle cartelle cui l’istanza si riferisce – tra le quali figura anche la cartella qui in contestazione -, e che reca la sottoscrizione del ricorrente e la data.
Tali notazioni consentono di disattendere le questioni prospettate dall’appellante/opponente inerenti alla mancata conoscenza del contenuto dell’accordo di rateazione; è infatti evidente che, allorché il sig. M. lo sottoscrive, è pienamente consapevole dei titoli cui è riferito, compreso quello del cui inserimento qui si lamenta – che era a lui noto, visto che gli era stato previamente notificato.
Quanto all’eccezione di prescrizione, è vero che dopo l’estinzione del processo esecutivo non inizia a decorrere un nuovo termine di prescrizione, come avviene ai sensi di secondo comma di art. 2945 c.c. allorquando il processo si chiude con sentenza, ma è altrettanto vero che la notifica (7.10.2011) della cartella, riferita al decreto ingiuntivo n. 44/2011, è intervenuta entro dieci anni dalla notifica (21.12.2001) dell’atto di pignoramento ed il termine di prescrizione è decennale, perché si tratta di titolo di formazione giudiziale (il decreto ingiuntivo, appunto).
Ne discende che, quando viene inserito nell’istanza di rateazione, non era ancora prescritto.
Le considerazioni che precedono conducono al rigetto dell’appello e alla conseguente conferma della sentenza gravata.
Le spese del grado di lite seguono la soccombenza e si liquidano nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da A.M., con ricorso in data 25 febbraio 2022, avverso la sentenza del Tribunale di Lamezia Terme, giudice del lavoro, n. 439/2021, resa in data 13 settembre 2021, così provvede:
1. rigetta l’appello;
2. condanna M.A. alla rifusione delle spese del grado di lite, che liquida, per ciascun appellato, in complessivi Euro 7120,00,00, oltre accessori come per legge dovuti;
3. dà atto che sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato dovuto dall’appellante, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115 del 2002, introdotto dall’art. 1 comma 17 L. n. 228 del 2012, salva verifica del requisito soggettivo di esenzione.
Conclusione
Così deciso in Catanzaro, nella camera di consiglio della Corte di appello, Sezione lavoro, 2 febbraio 2023.
Depositata in Cancelleria il 9 marzo 2023.