REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –
Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9497-2018 proposto da:
FTS DI F.R. & C SNC, rappresentata e difesa da MASSIMO CECCANTI;
– ricorrenti –
e contro
PREFETTURA UTG ALESSANDRIA, AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE (OMISSIS);
– intimati-
avverso la sentenza n. 831/2017 del TRIBUNALE di ALESSANDRIA, depositata il 13/09/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/11/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI.
Svolgimento del processo
che:
1. Con ricorso notificato il 12/3/2018, avverso la sentenza n. 831/2017 del Tribunale di Alessandria, pubblicata in data 13/9/2017 e non notificata, la “F.T.S. Di F.R. & C. s.n.c.” propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi. La Prefettura – U.T.G. di Alessandria e l’Agenzia delle Entrate – Riscossione (già Equitalia Nord s.p.a.), intimate, non hanno svolto difese in questa sede.
2. La società qui ricorrente “F.T.S. Di F.R. & C. s.n.c.” deduce di avere ricevuto un verbale di accertamento della violazione del C.d.S. dalla Polizia Stradale di Alessandria, avverso il quale essa aveva proposto ricorso per via gerarchica interna al Prefetto di Alessandria ex art. 203 C.d.S., senza tuttavia ricevere regolare notificazione dell’ingiunzione che è seguita dal rigetto di quel procedimento. Equitalia Nord s.p.a., difatti, aveva notificato alla società una cartella esattoriale intimando il pagamento del credito sotteso al verbale di contravvenzione. Talchè, avverso la cartella, la società proponeva opposizione, cd. “recuperatoria”, ai sensi dell’art. 205 C.d.S., dinanzi al Giudice di Pace di Alessandria, deducendo di non aver mai ricevuto l’atto presupposto, vale a dire l’ordinanza ingiunzione prefettizia, posto che la cartella notificata faceva riferimento solo al rigetto del ricorso da parte del Prefetto; instava, dunque, per l’annullamento della cartella esattoriale per insussistenza del titolo per l’iscrizione a ruolo della sanzione, essendo mancata la notifica dell’ordinanza del Prefetto con cui avrebbe dovuto essere definito il ricorso gerarchico interno de quo. Il GdP rigettava l’opposizione.
3. Avverso la sentenza, l’opponente ha proposto gravame dinanzi al Tribunale di Alessandria che rigettava l’appello ritenendo che la Prefettura avesse provato la rituale notifica dell’ordinanza ingiunzione, in specie, producendo in primo grado copia dell’avviso di ricevimento della raccomandata ordinaria A.R. che, presumibilmente, conteneva il titolo in discussione assumendo che, pertanto, sarebbe stato onere dell’appellante fornire prova del suo reale contenuto, che in tesi era riferito alla nota, a firma del commissario capo, con la quale era stato reso noto il rigetto del ricorso gerarchico proposto avverso il verbale di accertamento.
Inoltre, il Tribunale ha rilevato che le considerazioni svolte dall’appellante in ordine alla correttezza formale del procedimento notificatorio attengono ad una eventuale nullità della notifica, comunque sanabile per raggiungimento dello scopo.
Motivi della decisione
che:
1. Con il primo motivo si denuncia la “Nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 82 c.p.c., comma 3, art. 166 c.p.c., art. 171 c.p.c., comma 3, art. 182 c.p.c., comma 2 e art. 91 c.p.c., comma 1 (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4)”. La società ricorrente adduce che Equitalia Nord s.p.a. ha partecipato al giudizio dinanzi al Tribunale “con patrocinio della delegata L.P. e del Dott. Z.G.P.” che non esercitavano, nè esercitano, la professione di avvocato, in violazione dell’art. 82 c.p.c., comma 3, per cui “davanti al tribunale e alla corte d’appello le parti debbono stare in giudizio col ministero di un procuratore legalmente esercente”. Pertanto, Equitalia sarebbe rimasta a tutti gli effetti contumace nel giudizio di secondo grado, non avendo provveduto il Tribunale a sanare tale vizio di costituzione, nè a dichiararne la contumacia ex art. 171 c.p.c., comma 3.
1.1. Il motivo è inammissibile per manifesta infondatezza. Nel caso in questione la denunciata violazione riguarda la condanna alle spese ricevuta dal ricorrente ed è relativa a una difesa in tesi espletata in assenza di regolare mandato alle liti, tale da far ritenere contumace la parte così rappresentata, e non involge una denuncia riguardo all’erronea quantificazione delle spese di lite. Sul punto va osservato che Equitalia, nell’espletamento delle proprie difese, per regola generale, può avvalersi di propri dipendenti delegati, che possono stare in giudizio personalmente (D.L. 22 ottobre 2016, n. 193, art. 1, comma 8; D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 11, comma 2). Sul punto, anche da ultimo, si sono espresse le Sezioni Unite di questa Corte sancendo che per l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, pur potendo avvalersi in specifici casi dell’Avvocatura dello Stato nonchè degli avvocati del libero foro, resta impregiudicata la sua generale facoltà di avvalersi anche di propri dipendenti innanzi al tribunale e al giudice di pace (Cass., Sez. U, Sentenza n. 30008 del 19/11/2019).
2. Con il secondo motivo si deduce la “Violazione e/o falsa applicazione del D.M. giustizia n. 55 del 2014 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)” ove sono state liquidate le spese di lite, per ciascuna delle convenute (Prefettura e Agenzia delle Entrate), nella misura Euro 1.618,00, nonostante il valore della controversia fosse di Euro 583,00 e quindi in misura eccedente rispetto ai parametri massimi indicati nel D.M. giustizia n. 55 del 2014, applicabile ratione temporis, per una controversia rientrante nello scaglione di valore che va da Euro 0,01 a Euro 1.100,00.
2.1. Il motivo è fondato. Le spese di lite sono state liquidate con parametri eccessivi rispetto ai massimi tabellari. In assenza di una nota spese, anche applicando gli aumenti di cui al D.M. n. 55 del 2014, art. 4 la somma complessiva massima (per tutte le fasi) è pari a Euro 1.172,00 per le controversie di valore non superiore a Euro 1.100,00. Sul punto, poi, deve precisarsi che in ordine ai compensi professionali dell’avvocato riconosciuti a dipendenti della pubblica amministrazione privi di tale qualità, la Legge di stabilità 2012 e, in particolare, la L. 12 novembre 2011, n. 183, art. 4, comma 42, titolato “Liquidazione di spese processuali”, che ha introdotto l’art. 152-bis disp. att. c.p.c., prevede una riduzione del 20 per cento degli onorari di avvocati ivi previsti (…)”. La giurisprudenza di legittimità, di recente (Cass., Sez. L -, Ordinanza n. 19034 del 16/7/2019; Sez. L -, Sentenza n. 9878 del 9/4/2019), ha esteso l’applicabilità del citato art. 152-bis disp. att. c.p.c. anche ai giudizi per prestazioni assistenziali in cui l’Inps si avvalga della difesa diretta D.L. n. 203 del 2005, ex art. 10, comma 6, in quanto le due disposizioni sono accomunate dalla finalità di migliorare il coordinamento e la gestione del contenzioso da parte delle amministrazioni nei gradi di merito, affidando l’attività di difesa nei giudizi in modo sistematico a propri dipendenti. Alla luce della ratio sottesa a tale estensione, deve ritenersi che la disposizione di cui all’art. 152-bis cit. debba applicarsi anche ai dipendenti delegati dall’Agenzia dell’Entrate-Riscossione alla sua rappresentanza e difesa in giudizio, talchè – nel presente procedimento – gli onorari di difesa a favore dei dipendenti patrocinanti l’ente della riscossione avrebbero dovuto essere tutt’al più ridotti nella misura del 20% rispetto agli onorari di avvocato, e non certamente aumentati.
3. Con il terzo motivo si denuncia la “Nullità della sentenza per omessa motivazione (ovvero motivazione apparente), nonchè violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per aver ritenuto che, in virtù del fatto che sull’avviso di ricevimento della raccomandata ordinaria AR inviata alla società era indicato “(OMISSIS)” si dovesse presumere che il contenuto fosse riferito alla l’ordinanza ingiunzione identificata a mezzo del numero di protocollo, fino a prova contraria incombente Alla parte opponente. Si adduce di avere fornito prova contraria, producendo non solo la busta citata, ma anche il suo contenuto, ossia la nota del 7 aprile 2010, a firma del commissario capo, con la quale era stato reso noto il rigetto del ricorso gerarchico proposto avverso il verbale di accertamento presupposto. Pertanto, il giudice avrebbe violato l’art. 115 c.p.c. per non aver tenuto nella giusta considerazione tale documentazione, nonchè l’art. 116 c.p.c. che gli impone di valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento, salvo che la legge disponga altrimenti. E, nel caso di specie, la legge descrive esattamente gli atti e i documenti che devono sorreggere la prova di un’avvenuta notificazione: l’art. 204 C.d.S., comma 2 e art. 201 C.d.S., comma 3, in combinato disposto con la L. n. 890 del 1982, art. 3 prevedono che l’ordinanza ingiunzione venga “notificata” e non meramente “comunicata”, nonchè le formalità specifiche da osservare ove tale notifica avvenga a mezzo del servizio postale. In aggiunta, si deduce che l’annotazione “(OMISSIS)” apposta sulla presunta “notificazione” dell’ordinanza ingiunzione (non solo non corrispondeva al numero di protocollo dell’ordinanza ingiunzione (che avrebbe dovuto essere “(OMISSIS)”), ma era stata inserita nella sezione dedicata all’indirizzo del mittente e, dunque, era indicativa di una aggiunta postuma.
4. Con il quarto motivo si censura la “Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115, 116 e 156 c.p.c., nonchè falsa applicazione dell’art. 204 C.d.S., comma 2 e art. 201 C.d.S., comma 3, e della L. n. 890 del 1982, art. 3 ovvero nullità della sentenza in quanto sorretta da motivazione apparente (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4)” in quanto la raccomandata ricevuta rappresenterebbe una “comunicazione” piuttosto che una rituale “notificazione” e, dunque, neppure potrebbe ritenersi che la sua nullità possa essere sanata ex art. 156 c.p.c. In ogni caso, non sarebbe comunque dimostrato che avesse raggiunto il suo scopo; difatti, con l’opposizione al GdP la società non avrebbe affatto impugnato l’ordinanza ingiunzione, bensì la cartella esattoriale emessa da Equitalia, in quanto unico atto del quale aveva avuto effettiva conoscenza.
5. Con il terzo e quarto motivo il ricorrente prospetta anche il vizio di motivazione apparente ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 senza, tuttavia, confrontarsi con la giurisprudenza di questa Corte in tema di opposizione a cartella esattoriale, per quanto si dirà in seguito. Tanto dedotto, la ricorrente conclude che, in difetto di rituale notificazione dell’ordinanza ingiunzione, l’obbligazione pecuniaria si sarebbe estinta e, di conseguenza, la cartella esattoriale risulterebbe invalida.
5.1. Il terzo ed il quarto motivo sono trattati congiuntamente in quanto intimamente connessi: essi sono entrambi inammissibili per difetto di interesse del ricorrente a far valere detto vizio, ex art. 100 c.p.c..
5.2. Il giudice, senza nulla aggiungere in riferimento al caso concreto, si è attestato sulla giurisprudenza consolidata (Cass., Sez. U -, Sentenza n. 22080 del 22/9/2017; Sez. 3 -, Sentenza n. 16282 del 4/8/2016; Sez. 1, Sentenza n. 9180 del 20/4/2006), in base alla quale l’opposizione alla cartella esattoriale può avere funzione recuperatoria e, pertanto, consente all’interessato di recuperare il mezzo di tutela previsto dalla legge avverso l’atto presupposto solo allorchè la cartella sia stata effettivamente il primo atto attraverso cui l’interessato è venuto a conoscenza della pretesa sanzionatoria. Sotto questo profilo, la rituale notificazione a mezzo del servizio postale del verbale di accertamento della violazione amministrativa e della conseguente ordinanza – ingiunzione, ai sensi della L. 24 novembre 1981, n. 689, artt. 14 e 18 attestata dai rispettivi avvisi di ricevimento, implica la conoscenza legale di tali atti in capo al destinatario, dovendosi, pertanto, escludere che spetti al mittente l’onere di fornire la prova anche del contenuto del plico notificato (Sez. 2, Sentenza n. 13259 del 26/07/2012).
5.3. Va tuttavia preliminarmente osservato che, proprio perchè l’azione ha valore recuperatorio, nella formulazione della censura si omette di indicare la ragione per cui l’atto di accertamento dell’infrazione al Codice della Strada, per quanto notificato con un contenuto diverso da quello indicato nel frontespizio dal mittente, sarebbe illegittimo e da contestare nel merito, nonostante il rigetto del ricorso amministrativo interno (fatto del tutto pacifico). Ed invero anche di recente, il giudice di legittimità ha avuto modo di precisare che “Il destinatario di una cartella di pagamento emessa in base ad un verbale di accertamento per violazioni al codice della strada, che si assume regolarmente notificato, ove proponga opposizione, invocando l’annullamento della cartella quale conseguenza della omissione, invalidità assoluta ovvero inesistenza della notificazione del verbale presupposto, non può che limitarsi a denunciare il vizio invalidante detta notifica, non potendo fare valere in tal sede anche vizi che attengono al merito della pretesa sanzionatoria, la cui allegazione è, al contrario, necessaria qualora sia proposta un’opposizione, riconducibile al cit. D.Lgs. n. 150, art. 6 a cartella di pagamento fondata su un’ordinanza ingiunzione che si assuma illegittimamente notificata, giacchè l’emissione di siffatta ordinanza implica che il verbale di accertamento presupposto sia stato legittimamente contestato o notificato al trasgressore il quale, perciò, ha avuto cognizione anche degli aspetti attinenti al merito dell’esercitata pretesa sanzionatoria (Cass., Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 11789 del 6/5/2019).
5.4. Tale omessa deduzione non consente di ritenere ammissibile la proposta opposizione.
5.5. Alla stregua di quanto sopra, deve affermarsi il seguente principio: “in caso di opposizione alla cartella esattoriale per omessa regolare notifica dell’ordinanza ingiunzione, riguardante una sanzione amministrativa irrogata, proposta in via recuperatoria (nel senso indicato da SU 22080 del 22/9/2017), è onere del ricorrente che ha proposto ricorso gerarchico interno avverso l’accertamento dell’infrazione amministrativa notificata, dedurrei non solo l’omessa regolare notifica dell’atto costituente la premessa dell’emissione della cartella esattoriale (appunto, della ordinanza ingiunzione), ma anche il motivo di illegittimità dell’illecito contestato”.
6. Conclusivamente, il primo, il terzo e il quarto motivo di ricorso vanno dichiarati inammissibili. Il ricorso merita, invece, accoglimento in relazione al secondo motivo; per l’effetto, cassa la sentenza con rinvio al Tribunale di Alessandria, in persona di diverso magistrato, anche per le spese di questa fase processuale.
P.Q.M.
La Corte, dichiara inammissibili il primo, il terzo e il quarto motivo; in accoglimento del ricorso quanto al secondo motivo, cassa la sentenza, con rinvio al Tribunale di Alessandria, in persona di diverso magistrato, anche per le spese di questa fase processuale.
Conclusione
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione terza civile, il 9 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2021