REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE MUSIS Rosario – Presidente
Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo – Consigliere
Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere
Dott. GIULIANI Paolo – Consigliere
Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
G.A.O., elettivamente domiciliato in Roma Piazza Cavour n. 17, presso lo studio dell’Avv. TERRA Massimo, che lo rappresenta e difende, unitamente all’Avv. Fulvio Castrusini, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
CARROZZERIA ZANON ANTONIMO, in persona del legale rappresentante, domiciliata in Roma, Lungotevere Arnaldo da Brescia n. 9, presso lo studio dell’Avv. LEONE Arturo, che la rappresenta e difende, unitamente all’Avv. Gabriella Terziari, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza del Tribunale di Bassano del Grappa depositata il 19 giugno 2002;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 15 febbraio 2007 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;
udito per il ricorrente l’Avv. Massimo Terra, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito per il resistente l’Avv. Andrea G. Ligi, con delega, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VELARDI Maurizio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
Con sentenza in data 15 maggio 2000, il Giudice di Pace di Bassano del Grappa respingeva l’opposizione proposta da G.A. O., ai sensi dell’art. 650 cod. proc. civ., avverso il Decreto Ingiuntivo emesso nei suoi confronti su istanza della Carrozzeria Zanon. Il G. impugnava tale sentenza deducendo in primo luogo l’erroneità della decisione con cui il Giudice di Pace aveva ritenuto regolare la notifica del ricorso per decreto ingiuntivo e del pedissequo decreto, e con-seguentemente la tardività dell’opposizione. Sosteneva, infatti l’opponente, che non sussistevano i presupposti per procedere alla notifica ai sensi dell’art. 143 cod. proc. civ., comma 1, occorrendo invece applicare la procedura ex art. 140 c.p.c.. L’opponente contestava anche l’an e il quantum della pretesa creditizia azionata in via monitoria.
Il Tribunale di Bassano del Grappa rigettava l’appello.
Quanto alla eccepita irregolarità della notificazione, il Giudice d’appello rilevava che essa era stata eseguita ai sensi dell’art. 143 cod. proc. civ., comma 1, e che nella relata si leggeva: “anzi non potuto notificare in quanto ivi recatomi all’indirizzo in atti indicato rinvengo il di lui padre Sig. G.; lo stesso mi dichiara che il figlio da tempo si è trasferito ma ignora dove reperirlo ad un nuovo indirizzo o recapito stante il non buon rapporto esistente tra i due”. Osservava quindi che, per poter procedere alla notifica ai sensi dell’art. 143 cod. proc. civ., occorre in primo luogo che il destinatario dell’atto si sia trasferito dal luogo nel quale risulta risiedere in base ai registri anagrafici (il che comporta che l’ufficiale giudiziario debba recarsi presso tale luogo, e che lo stesso sia individuato). Nella specie, rilevava il Tribunale, risultava accertato che la residenza conosciuta dell’opponente era in strada (OMISSIS) e che presso tale indirizzo effettivamente l’ufficiale giudiziario si era recato, rinvenendovi una persona che, qualificatasi come il padre del G., gli aveva riferito del trasferimento di quest’ultimo in luogo sconosciuto.
Ciò posto, il Tribunale riteneva infondate le doglianze dell’appellante in ordine all’operato dell’ufficiale giudiziario, per avere questi omesso di verificare presso l’ufficio anagrafe del Comune di Bassano del Grappa se vi fossero state annotazioni relative ad una sua nuova residenza, in quanto le risultanze ufficiali disponibili evidenziavano che il G. risiedeva proprio in strada (OMISSIS). Non era quindi in discussione il fatto che il destinatario della notificazione risiedesse ufficialmente presso tale indirizzo e che le risultanze anagrafiche inducessero l’ufficiale giudiziario a tentare di ivi eseguire la notificazione. Le indagini esperite dall’ufficiale giudiziario, peraltro, dovevano ritenersi rispondenti al canone della dovuta diligenza, giacchè egli aveva rinvenuto In loco una persona qualificatasi come padre del destinatario in assenza di elementi tali da poter anche far soltanto presumere che la sua presenza fosse abusiva (non essendo neanche state dedotte istanze istruttorie in tal senso) e che tale potesse essere percepita dall’ufficiale giudiziario; legittimamente, pertanto, quest’ultimo aveva fatto affidamento sulle dichiarazioni in questione, con la conseguenza che la notificazione ai sensi dell’art. 143 cod. proc. civ., comma 1, doveva essere ritenuta corretta.
Quanto alle istanze istruttorie, il Tribunale dichiarava la inammissibilità della querela di falso proposta dall’appellante, sia perchè proposta tardivamente solo unitamente alla comparsa conclusionale, sia perché la discrasia censurata non risultava assoggettabile a querela di falso, ma alle normali regole probatorie.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso G.A. O. sulla base di sette motivi, illustrati da memoria; resiste, con controricorso, la Carrozzeria Zanon Antonio.
Motivi della decisione
Deve preliminarmente dichiararsi la irricevibilità dei documenti allegati alla memoria ex art. 378 cod. proc. civ., trattandosi di documenti diversi da quelli dei quali, ai sensi dell’art. 372 cod. proc. civ., è consentita la produzione nel giudizio di legittimità.
Con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione degli artt. 139, 140 e 143 cod. proc. civ.. Premesso di non essersi mai trasferito dalla propria residenza, in Via (OMISSIS) in (OMISSIS), ove era stata tentata la notifica, il ricorrente sostiene la insussistenza dei presupposti perchè l’ufficiale giudiziario potesse procedere ad una notificazione ex art. 143 cod. proc. civ., anzichè ex art. 140 c.p.c., peraltro senza assumere alcuna attendibile informazione, senza essere in possesso del certificato anagrafico del destinatario e senza avere ricevuto una richiesta in tal senso da parte del richiedente la notificazione. Infatti, non poteva ritenersi che la dichiarazione riferita al Sig. G. costituisse rifiuto della ricezione dell’atto nè impossibilità di reperire altrove il destinatario, che aveva comunque diritto a ricevere la comunicazione del deposito nelle forme di cui all’art. 140 c.p.c., e non in quelle dell’art. 143 c.p.c.. Nel primo caso, l’ufficiale giudiziario avrebbe avuto l’onere di consegnare copia dell’ingiunzione al soggetto rinvenuto in loco dandone rituale notizia al destinatario mediante lettera raccomandata A.R.; nel secondo caso, invece, l’ufficiale giudiziario avrebbe dovuto accertare, anche tramite soggetti estranei, l’effettivo luogo di residenza del destinatario, usando la normale diligenza prevista dalla legge e il comune buon senso. Del resto, l’asserita non conoscenza, da parte del soggetto rinvenuto in loco, qualificato come padre del destinatario, non poteva costituire in alcun modo impossibilità assoluta di reperire il destinatario dell’atto.
Con il secondo motivo, il ricorrente deduce violazione dell’art. 650 cod. proc. civ., in quanto sussistevano i presupposti per poter ritenere ammissibile l’opposizione tardiva, vertendosi in ipotesi di notifica nulla, inefficace e giuridicamente inesistente. Quand’anche poi si volesse ritenere regolare la notificazione, si verterebbe comunque nell’ipotesi di caso fortuito o forza maggiore, non essendo certamente imputabili ad esso ricorrente le mendaci dichiarazioni assertivamente raccolte o, più probabilmente, inventate di sana pianta dall’ufficiale giudiziario. Del resto, conclude il ricorrente, l’irregolarità della notifica di cui all’art. 650 cod. proc. civ., va intesa in senso ampio, come una violazione delle norme che regolano le notificazioni, anche se non produttiva della nullità della stessa.
Con il terzo motivo il G. deduce la nullità della sentenza ex artt. 50 quater, 158, 161 cod. proc. civ., per invalida costituzione del Giudice unico e omesso intervento del P.M., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 1, 2, 3 e 4. Il Giudice monocratico non avrebbe dovuto decidere sull’ammissibilità o meno della querela di falso, trattandosi di causa devoluta alla cognizione del Tribunale in composizione collegiale ex artt. 50 bis cod. proc. civ. e art. 48 c.p.c., comma 2, ordinamento giudiziario. Anche la inammissibilità della querela, quindi avrebbe dovuto essere pronunciata dal collegio, anche in applicazione dell’art. 281 nonies cod. proc. civ.. Il G.U. aveva l’obbligo di rimettere la causa al collegio provvedendo ai sensi degli artt. 187, 188 e 189. Inoltre, osserva il ricorrente, non è stata fatta alcuna comunicazione al P.M. onde consentirgli di conoscere la causa e di svolgere le proprie autonome determinazioni.
Con il quarto motivo, il ricorrente deduce violazione dell’art. 221 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., nn. 3, 4 e 5. La censura si riferisce alla statuizione della sentenza impugnata in ordine alla tardività della querela di falso, proposta dopo che il Giudice aveva disatteso le istanze istruttorie volte a provare l’irregolarità della notificazione e la falsità delle attestazioni riguardanti le attività assertivamente compiute dall’ufficiale giudiziario. Il Giudice contraddittoriamente avrebbe, da un lato, evidenziato la correttezza della soluzione di ritenere possibile provare per testi le falsità relative alle circostanze apprese dall’ufficiale giudiziario, e, dall’altro, sostenuto che la discrasia censurata non sarebbe assoggettatile a querela di falso, ma alle normali regole probatorie. Errata sarebbe poi la statuizione di tardività, posto che la querela di falso può essere proposta in qualsiasi stato e grado del giudizio, finchè la verità del documento non sia stata accertata con sentenza passata in giudicato.
Con il quinto motivo, il ricorrente denuncia la violazione delle norme in materia di ammissibilità dei mezzi di prova, omesso esame delle risultanze documentali e contraddittoria e/o erronea valutazione delle prove, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., nn. 3, 4 e 5. In sostanza il ricorrente si duole della violazione del suo diritto alla prova.
Con il sesto motivo, il G. lamenta omessa e/o carente e contraddittoria motivazione circa punti decisivi della controversia, ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., nn. 4 e 5. La sentenza impugnata troverebbe fondamento sull’erronea supposizione di fatti e circostanze la cui verità è incontrastabilmente esclusa dalle risultanze probatorie, e cioè sul fatto che esso ricorrente sarebbe stato irreperibile presso la propria residenza, perchè trasferito in luogo ignoto, e che sarebbe stato debitore delle somme vantate dalla parte intimante. Su tali circostanze difetterebbe la motivazione.
Con il settimo motivo, il G. deduce “falsità della relata, ovvero inutilizzabilità, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 4”. La sentenza è stata emessa sulla base di una notificazione giuridicamente inesistente, la cui nullità e falsità ideologica risulta dalle indagini svolte in sede penale.
Da ultimo, il G. propone, sottoscrivendo il ricorso per Cassazione, querela di falso in ordine alla relazione di notifica del decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti, in merito alle attività assertivamente compiute dall’ufficiale giudiziario presso l’abitazione di Via (OMISSIS) in (OMISSIS), e alle pretese dichiarazioni dallo stesso attribuite a tale sig. G., circa la irreperibilità e il non meglio precisato trasferimento di residenza da parte di esso ricorrente.
Il ricorso è fondato nei limiti di seguito indicati.
La questione centrale del presente giudizio, pur nella varietà delle prospettazioni svolte dal ricorrente nei numerosi motivi di ricorso, è quella della ritualità o meno della notificazione del decreto ingiuntivo, avverso il quale il ricorrente ha proposto opposizione tardiva.
La sentenza impugnata ha ritenuto detta notifica rituale, rilevando come l’Ufficiale giudiziario abbia, con la necessaria diligenza, proceduto ad accertare che, nel luogo ove il destinatario della notificazione risultava residente, lo stesso non era reperibile e ad escludere altresì che potesse essere conosciuto il luogo della nuova residenza. La ritualità di tale notificazione è stata desunta dal rilievo che l’ufficiale giudiziario rinvenne presso la residenza anagrafica del ricorrente una persona che, qualificandosi come padre di quest’ultimo, riferì che il ricorrente stesso si era da tempo trasferito e che egli ignorava ove reperirlo. Una simile circostanza è stata contrastata dal ricorrente, il quale non solo ha dedotto di essere sempre stato residente nel luogo ove era stata effettuata la notificazione, ma ha altresì escluso che la persona che ha reso all’ufficiale giudiziario la dichiarazione riportata nella relata di notifica fosse il proprio padre.
In relazione a tale situazione, occorre rilevare che correttamente il Tribunale di Bassano del Grappa ha escluso che fosse ammissibile la proposta querela di falso, e ciò, prima ancora che per la tardività della deduzione istruttoria, per la non esperibilità di detto rimedio con riferimento al contenuto delle dichiarazioni che il pubblico ufficiale riferisce essergli state fatte da terzi. Nella giurisprudenza di questa Corte è saldo il principio secondo cui l’efficacia probatoria che l’art. 2700 cod. civ., riconosce all’atto pubblico (che fa prova piena, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonchè delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che questi dichiari avvenuti in sua presenza), non si estende al contenuto sostanziale delle dichiarazioni rese dalle parti; e perciò detta fede privilegiata non si estende al contenuto sostanziale e, in tema di notifica di atti giudiziari, alla veridicità delle dichiarazioni rese dal consegnatario dell’atto circa le qualità o le condizioni personali del destinatario della notifica, quali appunto la situazione di convivenza, quando questa non è frutto di indagini o accertamenti compiuti dall’ufficiale giudiziario. In tale ipotesi è perciò ammessa la prova contraria da parte dell’interessato, senza necessità di ricorrere alla querela di falso al fine di dimostrare che la predetta situazione non ha corrispondenza con la realtà (Cass., S.U., n. 6635 del 1993). Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi con riferimento a dichiarazioni, quali quelle riportate nella relata di notifica, ricevute dall’ufficiale giudiziario e tali da indurlo, proprio a causa del loro contenuto, a concludere la propria attività notificatoria con una relata negativa.
Correttamente, dunque, il Tribunale di Bassano del Grappa ha escluso l’ammissibilità della proposta querela di falso sulla base del rilievo che le circostanze riferite all’ufficiale giudiziario erano suscettibili di prova contraria. E tuttavia, il Giudice d’appello non ha ammesso le prove che il ricorrente aveva dedotto al fine di dimostrare la non veridicità delle dichiarazioni fatte da un terzo all’ufficiale giudiziario, da questi riferite nella relata di notifica e ritenute idonee a giustificare la notificazione nelle forme dell’art. 143 cod. proc. civ.. La valutazione di irrilevanza delle dedotte istanze istruttorie, peraltro, è stata dal Giudice del merito rapportata alla prova della inadeguatezza delle ricerche effettuate dall’Ufficiale giudiziario, laddove oggetto della prova era la situazione sostanziale riferibile all’essere o no il ricorrente reperibile all’indirizzo ove l’ufficiale giudiziario ha eseguito la notificazione e, in particolare, all’essere o no il soggetto rinvenuto sul posto dall’ufficiale giudiziario il padre del ricorrente. In relazione a tali circostanze, dunque, le istanze istruttorie formulate dal ricorrente si appalesano decisive, sicchè la sentenza impugnata è sul punto (censurato, in particolare, con il quinto motivo di ricorso) viziata e se ne impone la cassazione.
L’accertamento che dovrà essere effettuato dal Giudice di rinvio sul punto consente di ritenere assorbite le questioni ulteriori proposte dal ricorrente in riferimento alla regolarità della notificazione del decreto ingiuntivo oggetto dell’opposizione tardiva (primo e secondo motivo), mentre la già rilevata inammissibilità della querela di falso comporta la reiezione dei motivi con i quali il ricorrente si duole sia della mancata ammissione di detto mezzo in sede di appello (quarto motivo), sia in questa sede di legittimità, dovendosi comunque rilevare che la proposta querela non sarebbe comunque (ammissibile sui limiti all’ammissibilità della querela di falso nel giudizio di cassazione, v., ex plurimis, Cass., n. 21657 del 2006, secondo cui la querela di falso è “proponibile nel giudizio di Cassazione soltanto nei limiti degli atti del relativo procedimento (ricorso, controricorso o documenti producibili à sensi dell’art. 372 c.p.c.), ma non può riguardare documenti in forza dei quali il Giudice di merito abbia pronunciato la decisione impugnata”).
Privo di pregio risulta altresì il terzo motivo, concernente la nullità della sentenza impugnata perchè sulla proposta querela di falso avrebbe dovuto pronunciarsi il Tribunale in composizione collegiale, stante la obbligatoria partecipazione del Pubblico Ministero al giudizio di falso, è sufficiente rilevare che le regole procedurali delle quali il ricorrente denuncia la violazione attengono al giudizio sul merito della proposta querela e non anche alla preliminare delibazione da parte del Giudice del procedimento principale nel caso in cui la querela di falso venga proposta in via incidentale.
In conclusione, il ricorso va accolto nei limiti ora indicati e la sentenza impugnata deve essere conseguentemente cassata, con rinvio al Tribunale di Bassano del Grappa, in persona di diverso magistrato, il quale procederà a nuovo esame delle istanze istruttorie formulate dal ricorrente, di cui ai punti 1, 2 e 3 dell’atto di citazione e della memoria depositata in data 11 settembre 2001. Al Giudice del rinvio è demandato altresì il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, al Tribunale di Bassano del Grappa in persona di diverso magistrato.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 febbraio 2007.
Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2007