NOTA DI COMPIACIMENTO PER LAZZARO FONTANA

Lazzaro Fontana – C.te della Polizia Locale dell’Unione Colline Matildiche (RE) – Componente dell’Ufficio di STAFF del Presidente Nazionale ANVU – Componente Giunta Esecutiva e Commissione Normativa di A.N.N.A. e docente formazione A.N.N.A.

ALL’INDOMANI DELL’APPROVAZIONE DELL’ENNESIMO DECRETO LEGGE PER CONTRASTARE LA PANDEMIA DA COVID-19 SONO FIERA DI PUBBLICARE LA NOTA DI COMPIACIMENTO DELL’ORDINE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI ED ESPERTI CONTABILI DI REGGIO EMILIA NEI CONFRONTI DEL NOSTRO ULTRATRENTENNALE SOCIO ED ESPERTO DOCENTE ANVU LAZZARO FONTANA, COMANDANTE DEL CORPO DI POLIZIA LOCALE DELL’UNIONE COLLINE MATILDICHE (RE) CHE MI ONORO AVERE QUALE COMPONENTE DEL MIO STAFF NAZIONALE.

SONO GRATA AL C.TE LAZZARO FONTANA PER IL PREZIOSISIMO, GRATUITO ED INCESSANTE CONTRIBUTO PROFESSIONALE FORNITO AI DIRIGENTI ANVU (Associazione Professionale Polizia Locale d’Italia) ED, ATTRAVERSO LA NOSTRA ASSOCIAZIONE PROFESSIONALE E LE SUE STRUTTURE, AI COLLEGHI DI TUTTA L’ITALIA FIN DALL’INIZIO DELLA PANDEMIA.

I SUOI PUNTUALI E COSTANTI AGGIORNAMENTI SONO STATI PER TUTTI NOI UN PREZIOSISSIMO E DETERMINANTE CONTRIBUTO NELL’ AFFRONTARE LE DIFFICILI AZIONI DI PRESIDIO E CONTROLLO DEL TERRITORIO, AL SERVIZIO DELLE COMUNITA’ OVE LAVORIAMO, AZIONI COMPLICATE DA UN SUSSEGUIRSI INCREDIBILE DI NORMATIVE NAZIONALI E REGIONALI CHE LUI DISTRICA.

UN SINCERO GRAZIE AL C.TE LAZZARO FONTANA A NOME MIO, DEL CONSIGLIO DIRETTIVO NAZIONALE E DI TUTTI I COLLEGHI D’ITALIA.

SARA’ MIA PREMURA ORGANIZZARE UN MOMENTO DI RICONOSCENZA NEI SUOI CONFRONTI IN UNO DEI FUTURI EVENTI FORMATIVI ANVU, PERCHE’ MERITA DI PERCEPIRE TUTTA LA NOSTRA STIMA.

IL PRESIDENTE NAZIONALE ANVU
SILVANA PACI

LEGGI Lettera-ODCEC-Fontana 2020

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La Giunta Esecutiva Nazionale di A.N.N.A. (Associazione Nazionale Notifiche Atti) è orgogliosa che un proprio componente riceva delle note di ringraziamento e di encomio come quelle sopra riportate dall’ANVU Nazionale e dall’ODCEC (Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili) di Reggio Emilia.

Nell’occasione ci pregiamo di segnalare che l’attività formativa dell’Associazione è rigorosamente rispettosa delle normative anti-contagio COVID-19 vigenti e che Lazzaro Fontana, così come gli altri nostri docenti, nei corsi che tiene per i Messi Comunali/Notificatori nei quali è docente, forma gli stessi al fine di fare le notifiche “a mani proprie” con “accorgimenti e metodiche” tali da salvaguardare la salute di questi particolari lavoratori che si muovono sul territorio a “contatto” con tante persone, ma, altresì, anche quella dei destinatari nelle cui abitazioni, teoricamente, dovrebbero entrare, limitando al massimo inutili esposizioni a possibili contagi.

Tacchini Pietro
Presidente Nazionale A.N.N.A.


Piattaforma per le notifiche digitali

L’attesa nei confronti della realizzazione della piattaforma per la notificazione digitale è veramente alta, perché rappresenterà un vero punto di svolta per la digitalizzazione di tutta la Pubblica Amministrazione.
Tale piattaforma è quanto da noi auspicato già dal 2005 con il convegno svoltosi ad Ancona con il progetto “Testo unico delle notifiche”
Il funzionamento della piattaforma è stato descritto nel DL Semplificazioni appena convertito con la legge n. 120/2020, l’innovazione era già introdotta con la Legge di Bilancio 2020. La piattaforma ha l’obiettivo di rendere più semplice, efficiente, sicura ed economica la notificazione con valore legale di atti, provvedimenti, avvisi e comunicazioni della pubblica amministrazione, con risparmio per la spesa pubblica e minori oneri per i cittadini.
Piattaforma per le notifiche
La Presidenza del Consiglio dei ministri, tramite la società PagoPA S.p.A., svilupperà la piattaforma digitale per le notifiche, che potrà essere affidata – in tutto o in parte – a Poste Italiane, che si occupa anche della spedizione dell’avviso di avvenuta ricezione e la consegna della copia cartacea degli atti oggetto di notificazione, e garantisce, su tutto il territorio nazionale, l’accesso universale alla piattaforma e al nuovo servizio di notificazione digitale, sostituendo SOGEI come previsto inizialmente; il progetto è finanziato con la somma di 2 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2020, già stanziati con la Legge di Stabilità 2020 (articolo 1, comma 403, della legge 27 dicembre 2019, n. 160), mentre per l’adesione alla piattaforma, le amministrazioni utilizzano le risorse umane, finanziarie e strumentali previste a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (commi 19 e seguenti).
Nel comma 2 dell’art. 26 sono contenute le definizioni a cui fare riferimento:
a) «gestore della piattaforma», cioè la società pagoPA S.p.A.;
b) «piattaforma»,
c) «amministrazioni», le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, compresi anche gli agenti della riscossione e, limitatamente agli atti emessi nell’esercizio dell’attività loro affidata;
d) «destinatari», le persone fisiche, le persone giuridiche, gli enti, le associazioni e ogni altro soggetto pubblico o privato, residenti o aventi sede legale nel territorio italiano ovvero all’estero ove titolari di codice fiscale attribuito
e) «delegati», le persone fisiche, le persone giuridiche, gli enti, le associazioni e ogni altro soggetto pubblico o privato, ivi inclusi i soggetti intermediari (avvocati, commercialisti, associazioni, ecc.), ai quali i destinatari conferiscono il potere di accedere alla piattaforma per reperire, consultare e acquisire, per loro conto, atti, provvedimenti, avvisi e comunicazioni notificati dalle amministrazioni;
f) «delega»,
g) «avviso di avvenuta ricezione», l’atto formato dal gestore della piattaforma, con il quale viene dato avviso al destinatario in ordine alle modalità di acquisizione del documento informatico oggetto di notificazione;
h) «identificativo univoco della notificazione (IUN)», il codice univoco attribuito dalla piattaforma ad ogni singola notificazione richiesta dalle amministrazioni;
i) «avviso di mancato recapito», l’atto formato dal gestore della piattaforma con il quale viene dato avviso al destinatario in ordine alle ragioni della mancata consegna dell’avviso di avvenuta ricezione in formato elettronico e alle modalità di acquisizione del documento informatico oggetto di notificazione.
È chiaro che la piattaforma riguarda tutto l’ampio spettro di amministrazioni che si avvalgono ogni giorno della notifica per la consegna di atti con valore giuridico; rimarrebbero escluse solo le notifiche che riguardano (comma 17):
a) agli atti del processo civile, penale, per l’applicazione di misure di prevenzione, amministrativo, tributario e contabile e ai provvedimenti e alle comunicazioni ad essi connessi;
b) agli atti della procedura di espropriazione forzata
c) agli atti dei procedimenti di competenza delle autorità provinciali di pubblica sicurezza.
Stranamente manca una definizione di “notifica”, che è invece l’oggetto principale di cui si occupa la piattaforma: ad oggi, le disposizioni di riferimento sono contenute negli artt. 138 e seguenti del Codice di Procedura civile, oltre a disposizioni specifiche in materia tributaria.
Le figure professionali interessate sono:
• I messi comunali (ex Legge n. 265/1999) notificano atti di carattere amministrativo (ordinanze, verbali, convocazioni, inviti, avvisi, circolari, ed ogni altra forma di atto) per conto dell’amministrazione comunale e su richiesta di altri enti, purché nei limiti del territorio comunale di competenza (il destinatario ha residenza, dimora o domicilio nello stesso comune) ed operano con le norme del Codice di Procedura Civile.
• I messi notificatori (ex Legge n. 296/2006) notificano atti di accertamento e/o riscossione dei tributi locali, procedure esecutive o delle entrate patrimoniali dello stato (generalmente dell’agenzia delle entrate) ed operano secondo le norme del D.P.R. n. 600/1973 e D.P.R. n. 602/1973.
• Oltre agli ufficiali giudiziari (ex Legge 890/82) che però non sono direttamente interessati, vista l’espressa esclusione delle notifiche riguardanti i processi dall’utilizzo della piattaforma in questione.
Incertezze sull’esecuzione delle notifiche
Con l’avvento della PEC su larga scala (ad oggi 3 grandi categorie di soggetti hanno l’obbligo di avere un indirizzi di Posta Certificata, e cioè le PA, le imprese e i professionisti iscritti agli albi) si rileva una grande incertezza sulle corrette modalità per l’esecuzione della notifica del documento informatico, cioè se debba avvenire con le procedure di cui all’art. 149 bis del Codice di Procedura Civile o con un semplice invio tramite il protocollo informatico, secondo quanto previsto dall’art. 48 e 6 bis del CAD. Nel comma 3 si prevede la facoltà di adesione delle amministrazioni, in alternativa alle modalità previste da altre disposizioni di legge: visto il grande impatto di semplificazione e ottimizzazione del processo di notifica, sarebbe più opportuno prevedere un utilizzo obbligatorio da parte di tutte le Amministrazioni, magari anche scaglionato in base a scadenze temporali o altri criteri, come sta avvenendo – ad esempio – per l’utilizzo di Siope +.
Il mancato utilizzo della piattaforma continuerebbe a mantenere inalterata la situazione attuale, con il grande carico di lavoro a carico delle Amministrazioni e soprattutto dei Comuni, che si occupano della gestione diretta delle notifiche per tutte le PA che lo richiedono. Il gestore della piattaforma assicura l’autenticità, l’integrità, l’immodificabilità, la leggibilità e la reperibilità dei documenti informatici resi disponibili dalle amministrazioni e, a sua volta, li rende disponibili ai destinatari, ai quali assicura l’accesso alla piattaforma, personalmente o a mezzo delegati, per il reperimento, la consultazione e l’acquisizione dei documenti informatici oggetto di notificazione; l’accesso avviene tramite SPID o CIE, oltre che con l’app IO (comma 8).
Possono essere utilizzate anche «tecnologie basate su registri distribuiti», definite dall’articolo 8-ter del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, dando così spazio all’utilizzo della blockchain nella PA. Nella parte successiva si fa riferimento all’attestazione di conformità agli originali analogici delle copie informatiche di atti, provvedimenti, avvisi e comunicazioni, con riferimento alle disposizioni contenute nel CAD (artt. 23 e seguenti). Se si assume che tutte le Amministrazioni interessate potranno inserire i propri atti nella piattaforma per il completamento del processo di notifica, non è chiaro perché si continua a parlare di “copie informatiche di originali analogici”, quando invece da tempo tutte le PA dovrebbero produrre gli atti di propria competenza in formato esclusivamente digitale (vedi art. 3 bis del CAD).
L’utilizzo della firma
È importante anche precisare che sembra finalmente risolto il contrasto giurisprudenziale sul tipo di firma da utilizzare per la notifica delle cartelle esattoriali (nel caso di specie): in un primo tempo si riteneva che fosse utilizzabile solo la firma CADES (quindi con formato .p7m), invece ora è stato chiarito che tutti i tipi di firma sono ammissibili (CADES e PADES), in quanto offrono le stesse garanzie e anche tenuto conto delle normative europee (tra tutti, il Regolamento EIDAS). Solo nel caso in cui il destinatario provveda a “stampare” l’atto, dovrà essere presente un sistema che renda la copia cartacea conforme all’originale informatico, disponibile nella piattaforma.
La necessità di chiarezza
Il comma 3 si chiude precisando che “La piattaforma può essere utilizzata anche per la trasmissione di atti, provvedimenti, avvisi e comunicazioni per i quali non è previsto l’obbligo di notificazione al destinatario “. Non è però chiara l’utilità di questa parte, e che rapporto ci sia con l’invio di un documento da parte dell’amministrazione tramite la propria PEC e il protocollo informatico; si potrebbe trattare di una gestione “ottimizzata” degli atti da recapitare tramite Posta, ma rimane poi da capire come funziona la gestione contabile e amministrativa delle spese, che sarebbero invece a carico delle Amministrazioni.
Inoltre, quando si fa riferimento a standard di processo per l’attestazione di conformità dei documenti, sarebbe importante dare dei punti di riferimento, in modo da evitare difformità di comportamento tra diverse PA: meglio sarebbe invece definire fin da subito degli “standard tecnologici” di upload del documento e di utilizzo della piattaforma, oltre a servizi web per interfacciamento diretto con i SW di gestione documentale utilizzati dalle PA, necessari per ottimizzarne l’utilizzo.
Le comunicazioni
La comunicazione tra il gestore della piattaforma e il destinatario può avvenire in modalità telematica o cartacea (a seconda del recapito associato alla persona/impresa), e consiste nell’invio dell’avviso di avvenuta ricezione, con il quale comunica l’esistenza e l’identificativo univoco della notificazione (IUN), nonché le modalità di accesso alla piattaforma e di acquisizione del documento oggetto di notificazione (comma 4). Se la casella di posta elettronica certificata o il servizio elettronico di recapito certificato qualificato risultano saturi, il gestore della piattaforma effettua un secondo tentativo di consegna decorsi almeno sette giorni dal primo invio.
Se anche a seguito di tale tentativo la casella di posta elettronica certificata o il servizio elettronico di recapito certificato qualificato risultano saturi oppure se l’indirizzo elettronico del destinatario non risulta valido o attivo, il gestore della piattaforma rende disponibile in apposita area riservata, per ciascun destinatario della notificazione, l’avviso di mancato recapito del messaggio, secondo le modalità previste dal successivo decreto di cui al comma 15. Il gestore della piattaforma inoltre dà notizia al destinatario dell’avvenuta notificazione dell’atto a mezzo di lettera raccomandata, senza ulteriori adempimenti a proprio carico.
Recapiti e avvisi
Risulta quindi quantomai necessario il collegamento della piattaforma con ANPR, che contiene i dati della residenza di ciascun soggetto, oltre ai registri IPA e INIPEC, e quest’ultimo in un prossimo futuro conterrà anche i domicili delle persone fisiche, in base alle Linee Guida AGID (delle quali è terminata da poco la consultazione). Per i destinatari che non sono in possesso di una PEC, il recapito dell’avviso cartaceo avviene a mezzo posta direttamente dal gestore della piattaforma, con le modalità previste per la notificazione di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari (L. 890/1982). Lo stesso avviso di ricezione sarà reso disponibile anche attraverso l’app IO, e i cittadini potranno comunicare anche un indirizzo e-mail non certificato, un numero di telefono o un altro analogo recapito digitale (comma 7). La notificazione si perfeziona (comma 9):
• per l’amministrazione, nella data in cui il documento informatico è reso disponibile sulla piattaforma;
• per il destinatario: il settimo giorno successivo alla data di consegna dell’avviso di avvenuta ricezione in formato elettronico, il decimo giorno successivo al perfezionamento della notificazione dell’avviso di avvenuta ricezione in formato cartaceo;
• in ogni caso, se anteriore, nella data in cui il destinatario, o il suo delegato, ha accesso, tramite la piattaforma, al documento informatico oggetto di notificazione.
Inoltre, al comma 10 si prevede che “la messa a disposizione ai fini della notificazione del documento informatico sulla piattaforma impedisce qualsiasi decadenza dell’amministrazione e interrompe il termine di prescrizione correlato alla notificazione dell’atto, provvedimento, avviso o comunicazione”. Quindi si può assumere che l’avviso di avvenuta ricezione inviato dalla piattaforma sostituisce la “relata di notifica”, che è fino ad oggi lo strumento con il quale conclude la notifica, regolato dall’art. 148 del Codice di Procedura Civile: “l’agente certifica l’eseguita notificazione mediante relazione da lui datata e sottoscritta, apposta in calce all’originale e alla copia dell’atto. La relazione indica la persona alla quale è consegnata la copia e le sue qualità, nonché il luogo della consegna, oppure le ricerche, anche anagrafiche, fatte dall’ufficiale giudiziario, i motivi della mancata consegna e le notizie raccolte sulla reperibilità del destinatario.”
Inoltre, se la notifica per le Amministrazioni si perfeziona “automaticamente” con l’inserimento del documento nella piattaforma, sarebbe bene un raccordo più esplicito con le norme del CPC: ad esempio occorre capire come risolvere il caso delle persone cancellate dall’anagrafe per irreperibilità, al momento regolato dall’art. 140 CPC, o delle persone con residenza sconosciuta, trattato dall’art. 143 CPC. Il raccordo normativo in questo caso è fondamentale, perché questi sono i casi che nella pratica comportano i più grandi problemi di gestione. Il gestore della piattaforma, forma e rende disponibili sulla piattaforma, alle amministrazioni e ai destinatari, le attestazioni opponibili ai terzi relative:
a) alla data di messa a disposizione dei documenti informatici sulla piattaforma da parte delle amministrazioni;
b) all’indirizzo del destinatario risultante, alla data dell’invio dell’avviso di avvenuta ricezione, da uno degli elenchi di cui agli articoli 6-bis, 6-ter e 6-quater del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 o eletto ai sensi del comma 5, lettera c);
c) alla data di invio e di consegna al destinatario dell’avviso di avvenuta ricezione in formato elettronico; e alla data di ricezione del messaggio di mancato recapito alle caselle di posta elettronica certificata o al servizio elettronico di recapito certificato qualificato risultanti sature, non valide o non attive;
d) alla data in cui il gestore della piattaforma ha reso disponibile l’avviso di mancato recapito del messaggio ai sensi del comma 6;
e) alla data in cui il destinatario ha avuto accesso al documento informatico oggetto di notificazione;
f) al periodo di malfunzionamento della piattaforma ai sensi del comma 13;
g) alla data di ripristino delle funzionalità della piattaforma ai sensi del comma 13.
Oltre alla copia informatica dell’avviso di avvenuta ricezione cartaceo e degli atti relativi alla notificazione di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari, dei quali attesta la conformità agli originali (comma 11 e 12). Anche in questo caso è necessario il raccordo con i SW gestionali degli enti, per fare in modo che i dati e i documenti di queste attestazioni siano messi a disposizione e comunicati all’Amministrazione che ha attivato la notifica, possibilmente tramite WS dedicati. Le spese di notificazione degli atti, provvedimenti, avvisi e comunicazioni oggetto di notificazione tramite piattaforma sono poste a carico del destinatario e sono destinate alle amministrazioni, al fornitore del servizio universale di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261 e al gestore della piattaforma. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, o del Ministro delegato per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono disciplinate le modalità di determinazione e anticipazione delle spese e i criteri di riparto (comma 14).
Quindi sembrerebbe che al momento della ricezione dell’atto il destinatario debba anche pagare le spese di notifica: se così fosse, la piattaforma dovrebbe permettere il pagamento con pagoPA, che si potrebbe far carico anche del riparto delle somme incassate tra gli enti interessati.
L’avvio della piattaforma
Per l’entrata in esercizio della piattaforma sono previsti dei decreti attuativi (comma 15 e 16), compreso il parere del Garante per la protezione dei dati personali da adottare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del DL Semplificazione, attraverso cui è definita l’infrastruttura tecnologica e il piano dei test e le regole tecniche, oltre alle modalità di adesione delle amministrazioni alla piattaforma. Ultimati i test e le prove tecniche di corretto funzionamento della piattaforma, è fissato il termine a decorrere dal quale le amministrazioni possono aderire alla piattaforma.
Lo scenario futuro
Con le nuove modalità di notifica si prevede un’immediata contrazione delle anticipazioni finanziarie, per un ammontare annuo non inferiore a 50 milioni di euro (spese vive di notifica), nonché una riduzione dei costi connessi al contenzioso, per circa 55 milioni di Euro all’anno; inoltre, potrebbe attendersi una significativa riduzione dei costi netti di notifica e spedizione, attualmente stimati in circa 41 milioni di euro annui (calcolati al netto delle somme recuperate a titolo di rimborso per le spese di notifica e spedizione, ove previsto).
Ma risparmi consistenti li avrebbero anche i Comuni, con ricadute positive sui servizi che potrebbero essere erogati ai cittadini. Il risparmio non è solo in termini di “spese vive”, ma anche di personale dedicato interamente a questa attività, che potrebbe essere dedicato ad altro.


Visite fiscali INPS, nuovo servizio per cambiare l’indirizzo di reperibilità

Visite fiscali INPS, arriva il servizio online per cambiare l’indirizzo di reperibilità. Le novità sono contenute nella  Circolare numero 106 del 23-09-2020, che fornisce le istruzioni per i dipendenti pubblici e privati.
I lavoratori dipendenti pubblici e privati potranno modificare online l’indirizzo di reperibilità per le visite mediche INPS in caso di malattia comune.
Il nuovo strumento rende più immediate nonché tracciabili le modifiche, che potranno essere effettuate direttamente dal lavoratore e senza ulteriori adempimenti da parte dell’INPS.
Il servizio di modifica dell’indirizzo di reperibilità per le visite fiscali sostituisce le modalità ad uso sino ad oggi, che prevedevano la comunicazione tramite e-mail al medico legale dell’INPS o al Contact Center, e che resteranno utilizzabili esclusivamente in caso di indisponibilità del servizio telematico.
Si chiama “Sportello al cittadino per le VMC” il nuovo servizio predisposto dall’INPS per modificare l’indirizzo di reperibilità. La novità è illustrata dalla Circolare numero 106 del 23-09-2020.
Il lavoratore dipendente pubblico o privato, previa autenticazione sul sito INPS, potrà accedervi tramite la sezione dedicata ai Servizi Online.
Sarà possibile comunicare e gestire, in caso di malattia ed assenza dal lavoro, una diversa reperibilità rispetto a quella comunicata precedentemente con il certificato di malattia in corso di prognosi o anche con altra comunicazione.
La funzione “Indirizzo reperibilità ai fini delle visite mediche di controllo” permette quindi la comunicazione di un nuovo indirizzo di reperibilità per un’eventuale visita fiscale di controllo domiciliare da parte dei medici INPS.
Per uno stesso certificato di malattia il cittadino può comunicare più reperibilità successive.
Come specificato dalla circolare INPS n. 106 del 23 settembre 2020:
• ogni nuova reperibilità comunicata, nell’ambito dello stesso certificato di malattia in corso di validità, implica l’annullamento automatico dell’eventuale precedente reperibilità limitatamente al periodo di sovrapposizione tra i periodi delle due variazioni comunicate;
• ogni reperibilità è storicizzata, onde evitare che si perda traccia degli indirizzi che possono essere stati utilizzati per eventuali visite mediche di controllo.
Il nuovo servizio predisposto dall’INPS per semplificare la procedura di gestione delle visite fiscali è disponibile per tutti i lavoratori dei settori privato e pubblico ma, specifica la circolare n. 106, non sostituisce gli obblighi contrattuali di comunicazione da parte dei medesimi lavoratori nei confronti dei propri datori di lavoro.
Per quanto riguarda i lavoratori privati che, in caso di malattia, hanno diritto ad essere indennizzati, resta l’onere di comunicare in maniera tempestiva eventuali variazioni dell’indirizzo di reperibilità, per evitare l’applicazione delle sanzioni previste in caso di impossibilità per i medici INPS di effettuare la visita fiscale.
Oltre a dover comunicare correttamente l’indirizzo, il lavoratore dovrà fornire tutti gli elementi utili per consentire ai medici dell’INPS di reperire l’abitazione del lavoratore.
Il compito di verificare che l’indirizzo sia corretto spetta al lavoratore. Nel caso di errori riscontrati nel certificato medico trasmesso all’INPS, bisognerà modificare in maniera tempestiva l’indirizzo di reperibilità al fine di consentire il regolare svolgimento delle visite fiscali.
Per i dipendenti pubblici, invece, la normativa vigente prevede che il dipendente comunichi preventivamente alla sua Amministrazione di appartenenza l’eventuale variazione dell’indirizzo di reperibilità, durante il periodo di prognosi.
L’Amministrazione è tenuta a fornire quindi il dato all’INPS per l’effettuazione delle visite fiscali. La disponibilità all’utilizzo del nuovo servizio anche per il lavoratore pubblico ha lo scopo di ottimizzare il flusso comunicativo e offrire maggiori garanzie per l’effettuazione delle visite fiscali.
Il servizio non deve, invece, essere utilizzato dai lavoratori pubblici per gli adempimenti relativi alla comunicazione del solo allontanamento temporaneo dal proprio domicilio di reperibilità, per terapie, visite mediche, accertamenti sanitari o per gli altri giustificati motivi.
Il datore di lavoro viene messo al corrente del diverso indirizzo di reperibilità comunicato dal lavoratore:
• in fase di richiesta di una VMC, se la comunicazione è stata effettuata prima della richiesta di visita;
• al momento della consultazione degli esiti, qualora il lavoratore abbia comunicato una variazione di reperibilità dopo la richiesta di VMC e il datore di lavoro abbia acconsentito – spuntando l’apposito campo – ad inviare la visita al diverso indirizzo fornito dal lavoratore.
In ogni caso, il nuovo servizio dell’INPS non esonera il lavoratore dall’effettuare le comunicazioni previste al proprio datore di lavoro, sulla base del contratto di riferimento.


Mansioni superiori: differenze retributive

Il Tribunale di Treviso riconosce sotto il profilo economico le mansioni superiori all’impiegata dell’Agenzia delle Entrate a cui è stata adibita non avendo né titolo di studio né profilo professionale
Nel pubblico impiego, il dipendente assegnato allo svolgimento, al di fuori dei casi consentiti, di mansioni corrispondenti a una qualifica superiore rispetto a quella posseduta, avrà diritto anche in relazione a tali compiti a una retribuzione proporzionata e sufficiente ai sensi dell’art. 36 della Costituzione.
Ciò a condizione che le mansioni superiori siano state svolte, sotto il profilo quantitativo e qualitativo, nella loro pienezza e sempre che, in relazione all’attività spiegata, siano stati esercitati i poteri ed assunte le responsabilità correlate ad esse.
Lo ha rammentato il Tribunale del Lavoro di Treviso nella sentenza n. 136-2020 in materia di riconoscimento delle mansioni superiori, sotto il profilo economico, di dipendente dell’Agenzia delle Entrate.
La ricorrente, assistente tributaria di II area funzionale, lamenta di aver continuativamente svolto mansioni superiori rispetto all’inquadramento posseduto, avendo nel tempo svolto in autonomia tutta una serie di attività tra cui quelle di accertamento e contestazione nei confronti di soggetti sospettati di evasione fiscale, provvedendo anche alla predisposizione degli avvisi di accertamento e delle denunce penali in presenza dei relativi presupposti di legge, assumendo il ruolo di responsabile del procedimento nell’ambito delle segnalazioni inoltrate all’Autorità giudiziaria.
Il Tribunale rileva come la giurisprudenza di legittimità, nelle controversie tese ad ottenere il riconoscimento di qualifica superiore o comunque volte a dimostrare lo svolgimento di mansioni superiori (per rivendicare le relative differenze retributive), abbia più volte affermato che il procedimento logico giuridico alla base dell’indagine diretta alla determinazione dell’inquadramento del lavoratore non può prescindere da tre fasi successive.
Devono, in pratica, accertarsi in fatto le attività lavorative in concreto svolte nonché individuarsi le qualifiche e gradi previsti dal contratto collettivo di categoria. Andrà poi effettuato un raffronto tra il risultato della prima indagine e i testi della normativa contrattuale individuati nella seconda.
All’esito di tale procedimento, e ai fini dell’applicazione della tutela apprestata dall’art. 2103 c.c., la condizione da verificare è che l’assegnazione alle mansioni superiori sia stata piena, nel senso che abbia comportato l’assunzione della responsabilità e l’esercizio dell’autonomia proprie della corrispondente qualifica superiore.
Nello specifico settore del pubblico impiego, prosegue la sentenza, è consolidato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui “in materia di pubblico impiego contrattualizzato (…) l’impiegato cui sono state assegnate, al di fuori dei casi consentiti, mansioni superiori (anche corrispondenti ad una qualifica di due livelli superiori a quella di inquadramento) ha diritto, in conformità alla giurisprudenza della Corte costituzionale (fra le altre sentenze n. 908 del 1988; n. 57 del 1989: n. 236 del 1992: n. 296 del 1990), ad una retribuzione proporzionata e sufficiente ai sensi dell’art. 36 Cost.”
Tale retribuzione deve trovare integrale applicazione, senza sbarramenti temporali di alcun genere, pure nel pubblico impiego privatizzato, sempre che le mansioni superiori assegnate siano siate svolte, sotto il profilo quantitativo e qualitativo, nella loro pienezza, e sempre che, in relazione all’attività spiegata, siano stati esercitati i poteri e assunte le responsabilità correlate a dette superiori mansioni ( Cass. SS.UU. n. 25837/2007 e Cass. n. 27887/2009).
Nel caso di specie, le emergenze istruttorie conducono il giudice ad affermare che le mansioni svolte dalla ricorrente siano senz’altro da ricondurre a quelle riconducibili alla terza area funzionale e, per l’effetto, l’Agenzia delle Entrate viene condannata, ex art. 52 d.lgs. 165/01, al pagamento in suo favore delle differenze retributive tra quanto avrebbe percepito con un inquadramento nella III area funzionale, livello retributivo F1, e quanto ha effettivamente percepito, oltre la maggior somma tra interessi legali e rivalutazione monetaria dalle singole scadenze al saldo.
Tuttavia, per il Tribunale è fondata l’eccezione di prescrizione sollevata dalla resistente Agenzia delle Entrate: essendo rivendicate differenze retributive, spiega il Tribunale, devono intendersi in ogni caso prescritte le somme riferibili al periodo anteriore al quinquennio calcolato a ritroso dalla data di notifica del ricorso.


Documenti informatici: le nuove regole

Pubblicate sul sito dell’Agid le nuove Linee Guida per la formazione, gestione e conservazione dei documenti informatici
L’Agenzia per l’Italia Digitale il 10 settembre 2020 ha inserito sul suo sito ufficiale le “Linee guida sulla formazione, gestione e conservazione dei documenti informatici”. Un vero e proprio manuale in cui si forniscono importanti indicazioni sui principali step che caratterizzano la vita del documento informatico, dalla formazione alla conservazione.
Le Linee guida, al fine di consentire la rapida visione degli argomenti trattati da parte degli addetti ai lavori, è strutturata in 4 capitoli.
Il primo capitolo definisce l’ambito oggettivo e soggettivo di applicazione, lo scopo, i principi generali in materia di gestione documentale, chiarendone la natura vincolante.
Il secondo capitolo si occupa della formazione dei documenti informatici e di quelli amministrativi informatici.
Il terzo capitolo è dedicato alla gestione documentale, ossia registrazione, aggregazione, archiviazione dei documenti, sistema di conservazione e misure di sicurezza.
Il quarto infine tratta della conservazione dei documenti. In questa parte viene descritto il processo di conservazione dei documenti, le modalità di esibizione degli stesso e vengono definiti i ruoli e le responsabilità degli addetti.
Le linee guida si pongono il duplice scopo di aggiornare le regole tecniche del Codice dell’Amministrazione digitale e di riunire in una guida unica le regole tecniche e le circolari in materia. In questo modo è possibile avere un quadro d’insieme sulla gestione del documento informatico, attraverso il raggruppamento di materie disciplinate separatamente.
L’opera di aggiornamento ha reso necessaria l’abrogazione dell’intero DPCM del 13 novembre 2014 e della maggior parte delle norme del DPCM del 3 dicembre 2013. Abrogata anche la circolare n. 60 del 23 gennaio 2013 dell’Agid, sostituita dall’allegato 6 delle presenti Linee Guida.
Le Linee guida hanno carattere vincolante e valenza erga omnes. Nella gerarchia delle fonti esso è un atto di regolamentazione, per cui, se quanto prescritto viene violato è possibile ricorrere al giudice amministrativo, se invece le violazioni vengono commesse dai soggetti di cui al comma 2 art. 2 Codice Amministrazione Digitale, tra cui compaiono le pubbliche amministrazioni statali, gli enti locali e le Camere di Commercio, è previsto il ricorso al Difensore Civico presso l’Agid, il quale, ricevuta la segnalazione, se la ritiene fondata, invita il responsabile a porvi rimedio entro il termine massimo di 30 giorni.
Le linee guida entrano in “vigore il giorno successivo a quello della loro pubblicazione sul sito istituzionale di AGID, di cui si darà notizia sulla Gazzetta Ufficiale. Esse si applicano 270 giorni successivi alla loro entrata in vigore. A partire da questo termine i soggetti di cui all’ art. 2 commi 2 e 3 del CAD formano i loro documenti esclusivamente in conformità alle presenti Linee Guida.”
Linee Guida sul documento informatico
Data emissione: 09-09-2020
Le Linee guida sono articolate in un documento principale e in sei Allegati che ne costituiscono parte integrante.
Gli allegati sono i seguenti:
Allegato 1 Glossario dei termini e degli acronimi
Allegato 2 Formati di File e Riversamento
Allegato 3 Certificazione di processo
Allegato 4 Standard e specifiche tecniche
Allegato 5 metadati
Allegato 6 Comunicazione tra AOO di Documenti Amministrativi Protocollati


Non basta la parola del portiere per considerare la società irreperibile

Risulta nulla la notifica dell’atto tributario che viene eseguita senza lo svolgimento di autonome ricerche presso gli uffici anagrafici comunali. È questo l’importante principio sancito dalla Corte di Cassazione.

La notifica dell’atto tributario eseguita con le modalità previste per i casi di irreperibilità assoluta è nulla se il destinatario è risultato assente al momento della consegna e il messo notificatore si è basato solo sulle dichiarazioni del portiere dello stabile, che ha affermato di non conoscere il contribuente.
Perché si verifichi l’irreperibilità assoluta, infatti, il messo Comunale/notificatore non può fare riferimento soltanto a dichiarazioni di terzi. Deve svolgere autonome ricerche presso gli uffici anagrafici per verificare che il destinatario dell’atto non abbia più abitazione, ufficio o azienda nel Comune già sede del proprio domicilio fiscale.
A precisarlo è la Corte di Cassazione con la sentenza n. 27035 del 24 ottobre 2018.
La sentenza della Corte di Cassazione ribadisce alcuni importanti principi normativi in tema di corretta modalità di consegna e notifica degli avvisi e degli atti di carattere tributario.
I fatti – La controversia nasce a seguito dell’impugnazione di un avviso di intimazione di pagamento notificato dall’agente della riscossione ad una società per omessa notifica della prodromica cartella di pagamento recante l’iscrizione a ruolo dell’IVA dovuta a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione.
La società si doleva del fatto di non aver mai ricevuto la raccomandata informativa prevista dall’articolo 140 del codice di procedura civile, a cui rimanda l’articolo 60 del DPR 600/1973 in tema di notifica, in caso di assenza del destinatario al momento della consegna dell’atto tributario.
Il ricorso della società è stato respinto dalla CTP e la medesima sorte è toccata in sede di appello. I giudici della CTR hanno ritenuto regolare la notifica della cartella di pagamento effettuata dall’agente della riscossione, in quanto l’articolo 60 d.P.R. n. 600 del 1973 non prevede l’invio della raccomandata informativa in una ipotesi “di irreperibilità assoluta del destinatario.”
Avverso la decisione di secondo grado la società ha proposto ricorso in Cassazione che, ritenendone fondati i relativi motivi, ha deciso nel merito di accogliere l’originario ricorso della società contribuente annullando l’avviso di intimazione e condannando l’agente della riscossione al pagamento delle spese del giudizio di legittimità a favore del ricorrente.
La decisione – La notificazione degli avvisi e gli altri atti tributari (che per legge devono essere notificati al contribuente) è espressamente disciplinata dall’articolo 60 del D.Lgs. 600/1973 che, facendo espresso rinvio alle norme stabilite in materia dal codice di procedura civile (artt. 137 e seguenti), prevede che la notifica sia eseguita dai messi comunali o dai messi speciali autorizzati dall’ufficio dell’Agenzia delle entrate.
Per quanto attiene le corrette modalità di consegna dell’atto, i giudici della Suprema Corte distinguono due diverse ipotesi, ognuna con peculiarità proprie:
• l’irreperibilità temporanea;
• l’irreperibilità assoluta.
Modalità di consegna degli avvisi di accertamento e degli atti tributari in genere: l’ipotesi della temporanea irreperibilità
La prima ipotesi riguarda il caso in cui la residenza e l’indirizzo del destinatario sono conosciuti, ma la consegna non è andata a buon fine perché il destinatario (o ogni altro possibile consegnatario) non è stato rinvenuto per temporanea irreperibilità.
In questo caso la notifica si intende effettuata con il deposito della copia dell’atto nella casa comunale dove la notificazione deve eseguirsi, con l’affissione dell’avviso di deposito, in busta chiusa e sigillata, alla porta dell’abitazione (o dell’ufficio o dell’azienda) del destinatario, al quale deve essere obbligatoriamente data notizia per raccomandata con avviso di ricevimento (secondo quanto previsto dall’articolo 140 codice di procedura civile).
Modalità di consegna degli avvisi di accertamento e degli atti tributari in genere: l’ipotesi della irreperibilità assoluta
La seconda ipotesi riguarda invece il caso in cui la residenza e l’indirizzo del destinatario non sono conosciuti perché questi risulta trasferito in luogo sconosciuto e il messo notificatore, che ha tentato di effettuare la consegna all’ultimo indirizzo conosciuto, non rinviene il destinatario.
L’accertamento di tale irreperibilità assoluta deve essere dichiarata dallo stesso messo notificatore solo dopo aver eseguito autonome ricerche nell’anagrafe comunale del luogo dove è situato il domicilio fiscale del contribuente, per verificare che il suddetto trasferimento non si sia risolto in un mero mutamento di indirizzo nell’ambito dello stesso comune.
In questo caso l’avviso di deposito, in busta chiusa e sigillata, deve essere affisso nell’albo del comune e la notificazione, ai fini della decorrenza del termine per ricorrere, si ha per eseguita nell’ottavo giorno successivo a quello di affissione, senza necessità di inviare la raccomandata informativa (secondo quanto previsto dall’articolo 60, comma 1, lettera e) del DPR 600/1973).
In altri termini, il primo caso ravvisa una ipotesi di assenza relativa perché il destinatario è effettivamente residente nell’indirizzo indicato nel certificato anagrafico del comune ma al momento della notifica dell’atto tributario è momentaneamente assente (cd. “semplice assenza”).
Il secondo caso, invece, riguarda una ipotesi di irreperibilità assoluta il destinatario non è residente all’indirizzo conosciuto e non è possibile individuare o ricercare la sua residenza (cd. “irreperibilità assoluta”).
I giudici di legittimità hanno affermato, ribadendo quanto già sancito dalla sentenza n. 24260 del 2014, che è illegittima la notifica di una cartella di pagamento effettuata con le modalità previste nei casi di irreperibilità assoluta, se il messo abbia attestato l’irreperibilità del destinatario nel comune dove era situato il domicilio fiscale del contribuente, senza però aver indicato le ulteriori ricerche compiute per verificare che il trasferimento non fosse un mero mutamento di indirizzo all’interno dello stesso comune. Le modalità corrette, infatti, sono quelle previste per i casi di assenza momentanea, che comprendono l’invio da parte dell’agente della riscossione della raccomandata informativa.
Il summenzionato principio è stato ulteriormente confermato dalla sentenza n. 2877/2018, in cui è stato sancito che “in tema di notificazione degli atti impositivi, prima di effettuare la notifica secondo le modalità previste dall’art. 60, comma 1, lett. e), del D.P.R. n. 600 del 1973, in luogo di quella ex art. 140 c.p.c., il messo notificatore o l’ufficiale giudiziario devono svolgere ricerche volte a verificare l’irreperibilità assoluta del contribuente, ossia che quest’ultimo non abbia più né l’abitazione né l’ufficio o l’azienda nel Comune già sede del proprio domicilio fiscale.”
Nella controversia in esame la CTR ha sostenuto che, trattandosi di un caso di ipotesi di “irreperibilità assoluta”, non era necessario l’invio da parte dell’agente della riscossione della raccomandata informativa. A tale conclusione i giudici erano giunti basandosi solo sulle dichiarazioni del portiere dello stabile dove era domiciliata la società contribuente, che aveva affermato di non conoscere la società.
Diversamente, i giudici di legittimità hanno ravvisato una ipotesi di irreperibilità relativa, “non avendo il messo notificatore svolto ricerche dirette a verificare l’irreperibilità assoluta della società contribuente, ossia che quest’ultima non avesse più né l’abitazione né l’ufficio o l’azienda nel Comune già sede del proprio domicilio fiscale, non potendosi ritenere sufficiente a quel fine la generica dichiarazione da quello acquisita dal portiere dello stabile.”
Così facendo i giudici d’appello non si sono attenuti ai summenzionati principi perché hanno ritenuto idonee a giustificare il ricorso alla notifica a soggetto assolutamente irreperibile, una mera dichiarazione di un soggetto terzo (il portiere) omettendo ulteriori verifiche. Tuttavia, proprio tale circostanza avrebbe dovuto indurre il messo notificatore a compiere i controlli necessari ad accertare “se l’indicazione del domicilio della società destinataria dell’atto era corretta o se lo stesso non fosse mutato”.


Assenteismo in Comune Reggio Calabria, condannati in 26

REGGIO CALABRIA, 17 SET – Con la condanna di 26 dei 32 imputati si è concluso il processo “Torno Subito 2” nato da un’inchiesta della polizia di stato sull’assenteismo nel Comune di Reggio Calabria.

Il giudice monocratico Andreina Mazzariello ha accolto in buona parte le richieste della Procura della Repubblica rappresentata dal Procuratore della Repubblica, Giovanni Bombardieri, e dall’aggiunto Gerardo Dominijanni.

Ai 26 dipendenti del Comune condannati sono state inflitte pene varianti tra un anno e mezzo ed 8 mesi di reclusione.

Per due degli imputati assolti, Pasquale Bonocore e Antonino Branca, é stata usata la formula “perché il fatto non sussiste”. Gli altri quattro, invece, sono stati assolti “per la particolare tenuità del fatto”. Si tratta di Antonino Pino, Maurizio Delfino, Sebastiano Gullì e Pasqualina Scuncia.

Le indagini della Procura hanno rivelato che molti impiegati del Comune erano soliti attestare la propria presenza sul luogo di lavoro dal quale poi si allontanavano senza un giustificato motivo, procurandosi così un ingiusto profitto. (ANSA).


Notifica con esito negativo

E’ possibile superare la decadenza di legge tramite la rinnovazione della notifica a patto che sussistano due condizioni:
1. l’errore sul domicilio del destinatario non deve essere imputabile al notificante;
2. il procedimento notificatorio deve essere riattivato entro un “termine ragionevole” (è ragionevole un termine non superiore alla metà di quello stabilito per la decadenza della notifica).
Questo il principio affermato dalla Corte di Cassazione, con sentenza n. 28269 pubblicata il 4 novembre 2019. Nella pronuncia la Suprema Corte torna sulla questione della notifica non andata a buon fine per delineare quando sia possibile effettuare una nuova notifica anche dopo la scadenza dei termini di legge.
La vicenda giudiziale che ha portato la Cassazione ad esprimersi sulla rinotificazione tardiva era nata per la definizione di un rapporto di mediazione intrapreso tra Caio e le società Beta e Gamma, dove Caio aveva aiutato le due società a concludere un accordo per una compravendita immobiliare. Caio non avendo ricevuto il pagamento dovuto citava in giudizio le due società per vedersi accogliere la sua richiesta di pagamento. Il giudizio di primo grado si concludeva con la soccombenza di Caio, ma nel ricorso in Appello Caio riusciva a far valere le proprie ragioni ed ottenere la riforma della sentenza con la liquidazione delle sue spettanze per l’attività svolta.
Beta soccombente nel giudizio di Appello impugnava la sentenza davanti alla Suprema Corte di Cassazione, a base delle proprie doglianze la società ricorrente deduceva la completa inconsapevolezza del ruolo svolto da Caio all’interno delle trattative, e quindi, eccepiva la forma contrattuale attribuibile al caso di specie, ovvero rilevava che non si trattava di un rapporto di mediazione vero e proprio, ma di un semplice mandato conferitogli dalla sola società Gamma, e che per l’effetto, solo la mandante era tenuta a versare il compenso richiesto da Caio.
La Suprema Corte ha accolto le argomentazioni esposte dalla società Beta, ed ha sottolineato che il rapporto tra le parti non poteva neanche essere considerato alla stregua della c.d. mediazione atipica (che ricorre nel caso in cui il mediatore abbia ricevuto l’incarico, da uno dei contraenti, di svolgere un’attività intesa alla ricerca di una persona interessata alla conclusione di uno specifico affare, a determinate e prestabilite condizioni) poiché anche in questa ipotesi il rapporto tra le parti doveva assumere una forma contrattuale. La forma contrattuale secondo la Corte poteva configurarsi anche mediante fatti concludenti che implicavano la volontà dei contraenti di avvalersi dell’opera del mediatore o tramite la semplice accettazione dell’opera. Richiamando un’altra sentenza della Corte sul tema (Cass. 4107/2019), l’intermediario deve operare in modo palese, rendendo nota la qualità rivestita, inoltre, in caso di controversia l’onere della prova è a carico della parte che pretende di essere remunerata. Considerato che nel caso di specie Beta aveva fin dall’inizio espresso la sua ignoranza sull’identità professionale di Caio e che quest’ultimo non aveva provato di aver reso note le sue qualità e il motivo per cui agiva, la Corte accoglieva le doglianze della società Beta.
La Corte ha deciso anche sulla tardività della notifica del controricorso effettuata da Caio nei confronti della società Gamma. La notifica alla società Gamma non era andata a buon fine in quanto il difensore della società Gamma aveva trasferito il suo studio professionale in altra sede. Caio accertato l’errore chiedeva di essere rimesso in termini, ma la Corte non riteneva accoglibile la richiesta in quanto la notifica andava effettuata al domicilio reale, ovvero quello dichiarato nei pubblici registri. L’errore di Caio non era neanche scusabile poiché il legale di Gamma aveva trasferito la propria sede, con relativa comunicazione all’albo professionale di appartenenza oltre un anno prima della notifica del controricorso.
Secondo la Corte la possibilità di superare la decadenza di legge era subordinata a due condizioni che nel caso di specie non sussistevano:
1) l’errore sul domicilio del destinatario non deve essere attribuibile al soggetto notificante;
2) la nuova notifica deve essere effettuata in un termine non superiore alla metà di quello stabilito a pena di decadenza.
Oltre alla pronuncia in esame la Suprema Corte è stata chiamata a decidere diverse volte in tema di rinnovazione della notificazione, come nella sentenza n. 3552 del 14.02.2014, dove ha posto a base della decisione la distinzione tra la notifica nulla da quella giuridicamente inesistente. Nei casi di notifica nulla la Corte ha affermato la possibilità di rinnovare la notifica anche dopo la scadenza del termine di legge, fattispecie preclusa in tutti quei casi di notifica inesistente.
In una recente ordinanza (n. 4538 del 15.02.2019) gli Ermellini hanno anche chiarito come distinguere una notifica nulla da quella affetta da inesistenza, ovvero secondo il “criterio di collegamento tra il luogo della notifica e il destinatario dell’atto”. Nell’ipotesi in cui nel luogo della notifica errata non vi è nessun collegamento con il destinatario la notifica è da ritenersi inesistente, mentre nell’ipotesi in cui il luogo di notifica è collegato con il destinatario la notifica è affetta dalla sola nullità. Un esempio di scuola di notifica nulla è quella della notifica effettuata al precedente domicilio del destinatario dove vivono i genitori dello stesso. In questo caso i genitori rappresentano un vero e proprio collegamento tra l’effettivo destinatario e il luogo della notifica errata.


Notifiche via pec tempestive fino alla mezzanotte dell’ultimo giorno

La Cassazione torna a pronunciarsi sulle notifiche telematiche. Tempestiva l’impugnazione entro la mezzanotte dell’ultimo giorno utile orologio che segna quasi mezzanotte
L’appello proposto entro la mezzanotte dell’ultimo giorno utile deve ritenersi tempestiva e dunque pienamente valida. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, con la sentenza n. 18235/2020
La Suprema Corte ha così accolto un ricorso contro la decisione del giudice d’appello che aveva, invece, ritenuto tardiva l’impugnazione perché notificata a mezzo PEC oltre le ore 23:00 dell’ultimo giorno utile e, per questo, ritenuta perfezionatasi ex art. 16 del d.l. n. 179 del 2012, alle ore 7:00 del giorno successivo, quando il termine per proporre appello era decorso.
Nel dichiarare fondato il ricorso, gli Ermellini richiamano espressamente quanto stabilito sul punto dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 75/2019, depositata in data 9 aprile 2019.
In tale occasione, la Consulta ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 16-septies del D.L. n. 179/2012 (conv. in L. n. 221/2012) “nella parte in cui prevede che la notifica eseguita con modalità telematiche la cui ricevuta di accettazione è generata dopo le ore 21 ed entro le ore 24 si perfeziona per il notificante alle ore 7 del giorno successivo, anziché al momento di generazione della predetta ricevuta”.
I giudici costituzionali hanno rilevato un irragionevole “vulnus” recato dalla norma menzionata al pieno esercizio del diritto di difesa, in particolare per quanto riguarda la “fruizione completa dei termini per l’esercizio dell’azione in giudizio, anche nella sua essenziale declinazione di diritto ad impugnare, che è contenuto indefettibile di una tutela giurisdizionale effettiva”.
La succitata sentenza rammenta come il divieto di notifica per via telematica oltre le ore 21 risulti introdotto, attraverso il richiamo dell’art. 147 c.p.c. nella prima parte del censurato art. 16-septies allo scopo di tutelare il destinatario, per salvaguardarne, cioè, il diritto al riposo in una fascia oraria (dalle 21 alle 24) in cui egli sarebbe stato, altrimenti, costretto a continuare a controllare la propria casella di posta elettronica
Ciò giustifica la fictio iuris, contenuta nella seconda parte della norma, per cui il perfezionamento della notifica, effettuabile dal mittente fino alle ore 24, è differito, per il destinatario, alle ore 7 del giorno successivo. Ciò, invece, non giustifica una corrispondente limitazione nel tempo degli effetti giuridici della notifica nei riguardi del mittente: a questi, infatti, verrebbe impedito di utilizzare appieno il termine utile per approntare la propria difesa, che l’art. 155 c.p.c. computa “a giorni” e che, nel caso di impugnazione, scade, appunto, allo spirare della mezzanotte dell’ultimo giorno.
Nel caso di specie, dunque, l’applicazione del principio espresso dalla Consulta ha l’effetto di far ritenere tempestivo l’appello del ricorrente in quanto notificato entro le ore 24:00 dell’ultimo giorno utile.
Per completezza di esame, la sesta sezione civile richiama anche il principio secondo cui “l’efficacia retroattiva delle pronunce di accoglimento emesse dalla Corte costituzionale incontra un limite nelle situazioni consolidate per effetto di intervenute decadenze: tale limite, tuttavia, non opera quando la dichiarazione di illegittimità costituzionale investe proprio la norma che avrebbe dovuto rendere operante la decadenza” (Cass. n. 1644/2019; n. 5240/2000)
Vedi anche: Corte Costituzionale: valide le notifiche via p.e.c. dopo le 21


Sottoscrizione dell’avviso di accertamento: la delega è valida anche senza il nome del delegato

Sottoscrizione dell’avviso di accertamento: serve una delega di firma e non di funzione, per la validità non è necessaria l’indicazione del nome del delegato e della durata della stessa. 
Con la sentenza n. 18675 del 9 settembre 2020, la Corte di Cassazione ha ribadito che la delega per la sottoscrizione dell’avviso di accertamento, essendo una delega di firma e non di funzioni, non necessita dell’obbligatoria indicazione del nome del delegato e della durata di validità della stessa, perché tali informazioni possono essere legittimamente riportate nell’ordine di servizio che individui l’impiegato legittimato alla firma attraverso l’indicazione della qualifica rivestita.
La sentenza – Il procedimento vede contrapposte l’Agenzia delle entrate ed un contribuente a cui era stato notificato un avviso di accertamento ai fini Irpef, Iva e Irap.
Il ricorso proposto dal contribuente è stato accolto sia dalla CTP che dalla CTR, che ha ritenuto nulla la sottoscrizione dell’accertamento dopo aver rinvenuto negli atti del procedimento “un mero richiamo ad una asserita delega n. 30 del 2013 non prodotta in giudizio a seguito della contestazione del contribuente”.
L’Amministrazione finanziaria ha impugnato la sentenza d’appello, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 42 del D.P.R. n. 600/1973, avendo la CTR ritenuto che la delega conferita al sottoscrittore dell’atto non contenesse l’indicazione nominativa del delegato e la durata di validità della delega, trattandosi di delega di firma e non di funzioni, riservate al delegante.
La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il ricorso dell’Ufficio e ha cassato con rinvio la sentenza impugnata.
L’art 42 cit. prevede al comma 1 che gli accertamenti, in rettifica o d’ufficio, sono portati a conoscenza dei contribuenti mediante la notificazione di avvisi sottoscritti, a pena di nullità, dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato.
Sul punto i giudici di cassazione hanno confermato il principio, già esposto nelle precedenti sentenze nn. 8814/2019 e 18383/2019, secondo cui la delega per la sottoscrizione dell’avviso di accertamento, attribuita dal dirigente ai sensi dell’art. 42, “è una delega di firma e non di funzioni”.
Ne consegue, pertanto, che l’indicazione del nominativo del soggetto delegato e della durata della delega non costituiscono elementi necessari ai fini della validità dell’atto impositivo, ben potendo essere indicati negli ordini di servizio che individuino l’impiegato legittimato alla firma mediante l’indicazione della qualifica rivestita, “idonea a consentire, ex post, la verifica del potere in capo al soggetto che ha materialmente sottoscritto l’atto”.
Nella controversia i giudici di merito non hanno fatto corretta applicazione di tale principio, arrivando a negare validità alla delega perché priva del nominativo del soggetto delegato.
Infatti, dagli atti del procedimento è emerso che l’Ufficio avesse regolarmente depositato la delega n. 30 del 2013, recante proroga delle deleghe di firma, confermativa delle deleghe, precedentemente conferite con la disposizione di servizio n. 17 del 2012, dal direttore provinciale dell’Ufficio al funzionario firmatario dell’avviso di accertamento impugnato dalla parte.
Da qui l’accoglimento del ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate, con conseguente rinvio alla CTR in diversa composizione, anche per la decisione delle spese del giudizio di legittimità.


“Furbetti del cartellino” a Gioia Tauro, tre vigili urbani agli arresti domiciliari

Tre persone agli arresti domiciliari, divieto di dimora per altre sei. E’ il risultato di una operazione della Guardia di Finanza del comando provinciale di Reggio Calabria nei confronti di alcuni dipendenti del Comune di Gioia Tauro, accusati, a vario titolo, di assenteismo e peculato d’uso. Sette dipendenti appartengono alla Polizia municipale (gli arrestati, ai domiciliari, sono infatti tre vigili), due al servizio bibliotecario.
Le indagini, coordinate dalla procura della Repubblica di Palmi (con il procuratore Ottavio Sferlazza ed il sostituto Davide Lucisano), riferite al periodo settembre-dicembre dello scorso anno, hanno preso il via da una denuncia presentata dall’allora comandante della Polizia locale, che qualche mese dopo si era dimesso dall’incarico, in relazione ad una serie di ipotesi di assenteismo da parte di alcuni suoi collaboratori.
In particolare è stato accertato che gli indagati, pur attestando regolarmente la loro presenza in servizio, spesso si assentavano dal posto di lavoro in maniera del tutto ingiustificata con uso improprio di autovetture di servizio con sistematicità, per dedicarsi alle più disparate esigenze di carattere personale e familiare, non garantendo servizi essenziali per la collettività, ivi compreso il comandante pro-tempore anche egli destinatario di una misura cautelare.
In un episodio, è stato riscontrato, inoltre, che una vigilessa, oltre a recarsi ingiustificatamente con l’auto del corpo fuori dal territorio di competenza aveva portato con sé l’arma di servizio. Analoghe condotte di assenteismo, sono state, infine, accertate nei confronti anche di due bibliotecari i quali, dopo aver attestato regolarmente la presenza in servizio, avevano abbandonato il posto di lavoro non consentendo la fruibilità della biblioteca alla collettività.
“Le ordinanze del gip di Palmi – ha commentato il sindaco di Gioia Tauro, Aldo Alessio – hanno di fatto azzerato il corpo di Polizia locale del Comune. Le condotte ascritte individuano violazioni dei doveri professionali, di correttezza e lealtà nei confronti del Comune di Gioia Tauro – datore di lavoro nonché pubblica amministrazione che si aspetta dai suoi impiegati un ruolo di integrità morale per il rispetto della città e dei cittadini. Provvederemo alle misure che la legge ci impone – immediata sospensione dal servizio e contestazione degli addebiti – in relazione alle contestazioni mosse dalla procura della Repubblica e in rispetto delle decisioni del gip. Preannunciamo la costituzione del Comune di Gioia Tauro quale parte civile – ha concluso – a tutela degli interessi patrimoniali, morali e di immagine del Comune”.
Fonte AGI


La notifica del fermo amministrativo dell’auto anche con posta privata

Per effetto della liberalizzazione realizzata in attuazione di alcune direttive dell’Unione europea, gli atti tributari possono essere recapitati da operatori diversi dal fornitore del servizio universale
A decorrere dal 30 aprile 2011, è valida la notificazione dell’atto tributario eseguita da un agente notificatore (articolo 140 c.p.c.), quando la raccomandata che informa il destinatario del deposito dell’atto presso la casa comunale sia stata inviata avvalendosi dei servizi offerti da un licenziatario di posta privata anziché di quelli del fornitore del servizio universale.
Questo il principio affermato dalla V sezione della Corte di Cassazione con la sentenza n. 15361 del 20 luglio 2020.
La vicenda processuale
Un contribuente impugnava dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Salerno il preavviso di fermo amministrativo riguardante un autoveicolo di sua proprietà.
La pronuncia di prime cure, sfavorevole all’istante, veniva riformata dalla Commissione tributaria regionale della Campania la quale, con sentenza n. 2466/2017 del 17 marzo 2017, riteneva fondata la doglianza della parte privata che aveva eccepito l’inesistenza della notifica del prodromico avviso di accertamento.
Nello specifico, il collegio d’appello concludeva che la notifica dell’atto impositivo, eseguita dal messo comunale in base all’articolo 140 c.p.c. per temporanea assenza del destinatario e di altre persone abilitate a ricevere la consegna, non poteva dirsi perfezionata in quanto, per la spedizione della raccomandata informativa del deposito dell’atto presso la casa comunale, l’agente notificatore si era avvalso dei servizi offerti da un operatore postale privato anziché di quelli di Poste Italiane.
Nel gravame di legittimità, l’Agenzia delle entrate denunciava la sentenza impugnata, in particolare osservando che la stessa, nel ritenere inesistente la contestata notifica, non aveva tenuto conto degli effetti della liberalizzazione dei servizi postali realizzata in attuazione di alcune direttive dell’Unione europea. L’ufficio finanziario rilevava, inoltre, che, nella specie, la prescritta “raccomandata informativa” del deposito dell’atto alla casa comunale risultava ricevuta da persona che l’addetto alla consegna aveva rinvenuto presso il domicilio del destinatario.
La pronuncia della Corte di Cassazione
Il giudice di legittimità ha accolto il descritto motivo, ricordando in primis che la disciplina positiva di riferimento sui servizi postali costituita dall’articolo 4 del Dlgs n. 261/1999 ha, nel tempo, subito una serie di modificazioni.
Nello specifico, osserva la Corte di Cassazione, mentre in passato era prevista l’attribuzione in esclusiva al fornitore del servizio universale di tutti “gli invii raccomandati attinenti alle procedure amministrative e giudiziarie”, successivamente (a decorrere dal 30 aprile 2011) l’ambito dei servizi affidati in esclusiva a detto “fornitore” è stato ridefinito includendovi tra l’altro i “servizi inerenti le notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari di cui alla legge 20 novembre 1982, n. 890…”.
Anteriormente alla riforma del 2011, ricorda la sentenza, il giudice di legittimità era costante nel ritenere, per un verso, che costituissero oggetto di riserva le notificazioni a mezzo posta tanto degli atti tributari sostanziali che di quelli processuali; per l’altro, che in entrambi i casi l’incaricato di un servizio di posta privata fosse privo della qualità di pubblico ufficiale, con la conseguenza che agli atti da esso compiuti non poteva riconoscersi efficacia fidefacente fino a querela di falso. Viceversa, prosegue la Cassazione, dal 30 aprile 2011, gli invii raccomandati riguardanti atti tributari diversi da quelli in senso stretto giudiziari “possono essere stati oggetto di notifica anche tramite operatore postale privato in possesso dello specifico titolo abilitativo costituito dalla ‘licenza individuale’ di cui all’art. 5, comma 1, del d. lgs. n. 261/1999”.
In definitiva, ribadisce la Corte suprema, si può ritenere valida la notifica dell’atto impositivo, eseguita mediante licenziatario di posta privata nel periodo intercorrente tra la parziale liberalizzazione attuata, come detto, a decorrere dal 30 aprile 2011 e quella portata a pieno compimento dalla legge n. 124/2017, questa conclusione recita la sentenza in rassegna “appare, in primo luogo, in linea con l’evoluzione interpretativa che ha ormai ritenuto configurabile l’ipotesi di inesistenza della notificazione in casi assolutamente residuali…; ma, soprattutto, essa appare consonante con la sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte, Cass. SU 26 marzo 2019, n. 8416”.
La pronuncia della Corte di Cassazione interviene a chiarire un profilo decisamente rilevante con riguardo all’ipotesi di una notificazione nel cui iter procedimentale, oltre all’attività dell’agente notificatore, sia previsto in qualche modo un coinvolgimento anche dell’operatore postale.
Questa ipotesi ricorre, oltre che nel caso esaminato (quello cioè della notifica ex articolo 140 c.p.c. il quale prevede che, a seguito dell’accertata irreperibilità temporanea del destinatario, a quest’ultimo si fornisca notizia del deposito dell’atto presso la casa comunale “per raccomandata con avviso di ricevimento”), ad esempio anche nell’ipotesi prevista dal precedente articolo 139 c.p.c., in cui si stabilisce che, dell’avvenuta notificazione dell’atto (a mani di uno dei soggetti specificamente abilitati alla ricezione per conto del destinatario), viene data notizia all’interessato “a mezzo di lettera raccomandata”.
In sostanza, nelle descritte ipotesi, un “segmento” della complessiva fattispecie notificatoria viene affidato a un soggetto ulteriore rispetto all’agente notificatore: questo soggetto, l’operatore postale appunto, provvede all’adempimento prescritto dalla norma.
La materia ha conosciuto nel tempo una costante evoluzione che, in attuazione di alcune direttive unionali, ha comportato la progressiva erosione, fino poi alla completa eliminazione, dell’area dei servizi postali riservati al fornitore del servizio universale, vale a dire di Poste italiane.
Sul punto, intervenendo a comporre un acceso dibattito interpretativo, con sentenza n. 299/2020, le sezioni unite della Cassazione hanno affermato il principio di diritto secondo il quale, in tema di notificazione di atti processuali, posto che in base alla direttiva n. 2008/6/Ce del Parlamento e del Consiglio è prevista la possibilità per tutti gli operatori postali di notificare atti giudiziari, a meno che lo Stato membro non evidenzi e dimostri una giustificazione oggettiva ostativa, “è nulla e non inesistente la notificazione di atto giudiziario eseguita dall’operatore di posta privata senza relativo titolo abilitativo nel periodo intercorrente fra l’entrata in vigore della suddetta direttiva e il regime introdotto dalla legge n. 124 del 2017”.
Con la sentenza n. 15361/2020, dopo aver precisato che la richiamata sentenza delle sezioni unite non è riferibile alla fattispecie da essa esaminata, che attiene alla notifica di atto sostanziale tributario a mezzo di licenziatario privato nel periodo intercorrente tra la parziale liberalizzazione in vigore dal 30 marzo 2011 e quella compiutamente attuata con la legge n. 124/2017, inserisce dunque un’ulteriore tessera nel mosaico, ancora in fase di completa definizione, relativo alla tematica della validità delle notifiche eseguite per il tramite di operatore postale diverso dal fornitore del servizio universale.


Molteplici inadempienze? Giustificato motivo di licenziamento

La Corte Suprema di Cassazione ha confermato la legittimità di un licenziamento per giustificato motivo soggettivo irrogato al dipendente di una Srl a cui erano state contestate plurime inadempienze e trascuratezze circa le proprie mansioni.
Questo, con particolare riferimento alle modalità di redazione del piano finanziario della società, rientrante tra le competenze attribuite al prestatore già a decorrere dal momento della sua assunzione presso la datrice, e che, sulla base di una formazione professionale progressiva, era poi diventata la sua mansione centrale.
Dipendente non affidabile nella resa? Licenziamento per giustificato motivo soggettivo
Rispetto al primo grado, in cui era stato confermato un recesso per giusta causa, i giudici di gravame avevano ritenuto che la base giustificativa del licenziamento andasse piuttosto rinvenuta nel giustificato motivo soggettivo.
Non si verteva – aveva precisato la Corte d’appello – nell’ambito di trasgressioni incidenti sul vincolo fiduciario, tali da imporre il licenziamento per giusta causa, ma di inadempimenti rilevanti sotto il profilo di una affidabile resa lavorativa, determinate da mancanza di diligenza e impegno professionale.
Da qui il ricorso in sede di legittimità del dipendente, il quale, tra gli altri motivi, si doleva che i giudici di merito avessero posto a fondamento del licenziamento disciplinare il mancato o erroneo espletamento di una mansione che, in realtà, non gli era stata attribuita.
A suo dire, infatti, la redazione e revisione del piano finanziario aziendale aveva costituito una mansione nuova, la cui corretta esecuzione non poteva quindi essere posta a base del licenziamento disciplinare.
Motivo, questo, respinto dalla Suprema corte nella sentenza n. 13625 del 2 luglio 2020: tale doglianza – veicolata per il tramite dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ. – costituiva, in realtà, una censura fattuale che mirava ad una diversa ricostruzione della fattispecie oltre che ad un’inammissibile diversa valutazione delle risultanze istruttorie di primo grado e, come tale, non poteva trovare accoglimento.


Notifiche digitali per la Pubblica Amministrazione

Inizia a prendere forma una nuova possibilità di notifica di atti della pubblica amministrazione. Dopo le basi poste dai commi 402 e 403, art. 1,L. 160/2019, con i quali è stato dato incarico alle società PagoP.a. e Sogei di realizzare la struttura informatica (oltre a stanziare i fondi necessari), il legislatore, con l’art. 26 del dl n. 76 del 16/07/2020 ha fornito le prime indicazioni sul funzionamento di una «piattaforma per la notificazione digitale degli atti della pubblica amministrazione».

Con lo stesso decreto, all’art. 24, viene inoltre disposta la proroga dell’obbligo di utilizzo dei pagamenti PagoP.a. dal 30/06/2020 al 28/02/2021 e vengono fornite le regole per l’accesso ai servizi digitali della p.a., disponendo che per usufruirne dovranno essere utilizzati i sistemi Spid e Cie, oltre all’App IO. Le medesime modalità di identificazione sono richieste per accedere alla nuova piattaforma ili cui all’alt. 26, da utilizzare per la notifica di atti, provvedimenti, avvisi e comunicazioni della p.a., compresi gli atti per i quali non è previsto obbligo di notifica, ma escluse le notificazioni del processo (tributario compreso) e delle procedure ili espropriazione forzata.

Per quanto attiene a formazione, trasmissione, copia, duplicazione, riproduzione e validazione temporale dei documenti informatici si rimanda alle regole del Cad (dlgs 82/2005). Importante è la precisazione che l’utilizzo di tale piattaforma è facoltativo e che rappresenta una modalità alternativa alle procedure di notifica previste dalle norme vigenti, comprese quelle tributarie. Esaminando i dettagli di funzionamento della piattaforma, si parte dagli obblighi del gestore della struttura, tenuto ad assicurare la disponibilità degli atti al destinatario e a inviare allo stesso un avviso col quale si rende nota l’esistenza di un atto a lui destinato, l’identificativo univoco della notificazione (lun) e le modalità di accesso alla piattaforma per l’acquisizione del documento. L’indirizzo di recapito per tale avviso viene attinto dagli elenchi Ini-pec, Ipa e dall’indice nazionale dei domicili digitali di persone fisiche, professionisti e altri enti di diritto privato non tenuti all’iscrizione in albi, elenchi o registri professionali o nel registro delle imprese, nonché dai domicili eletti per determinati atti/affari o per la ricezione di notifiche della p.a.

Il perfezionamento della notifica avviene, per l’Amministrazione, nella data in cui il documento informatico è reso disponibile sulla piattaforma, mentre, per il destinatario, il settimo giorno successivo alla data di consegna dell’avviso di avvenuta ricezione in formato elettronico, disciplinando altre si casi di mancato recapito e di invio in formato cartaceo.
Precisazione importante per gli enti notificanti riguarda la decadenza e la prescrizione:il decreto prevede che «la messa a disposizione ai fini della notificazione del documento informatico sulla piattaforma impedisce qualsiasi decadenza dell’amministrazione e interrompe il termine di prescrizione correlato alla notificazione dell’atto,provvedimento, avviso o comunicazione» . Tocca questo argomento anche il caso di eventuale malfunzionamento della piattaforma, che ne sospende i termini.

La procedura non è però ancora fruibile in quanto si attendono i decreti attuativi.

Leggi: DECRETO-LEGGE 16 luglio 2020, n. 76 – Art. 26

 


Il giudice tributario ripristina il concetto di contradditorio

L’omessa notifica dell’impugnazione a tutte le parti che hanno partecipato al giudizio di primo grado non comporta l’inammissibilità dell’appello tempestivamente prodotto nei confronti dell’altra parte; al giudice tributario il compito di integrare il contraddittorio.

Lo ha stabilito la Corte Suprema di Cassazione con la sentenza n.17061/2020 del 13 agosto.

Con questa sentenza, la cassazione ha annullato, con rinvio, una sentenza emessa dalla Ctr della Campania che aveva ritenuto inammissibile l’appello proposto dal Concessionario alla riscossione che non aveva «provato» la notifica dell’appello anche nei confronti dell’Agenzia delle entrate. Alcune Commissioni tributarie di merito, ritengono che la violazione dell’articolo 53, secondo comma, del dlgs n. 546/92 determini un vizio insanabile del gravame.

Specificamente, che l’omesso invio dell’atto di appello ad alcuni resistenti comporti l’inesistenza del rapporto processuale. L’articolo 53 del dlgs n. 546/92, infatti, al secondo comma dispone che: il ricorso in appello è proposto nelle forme di cui all’art. 20, commi 1 e 2, nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato al giudizio di primo grado e deve essere depositato a norma dell’art. 22, commi 1, 2 e 3. A tal proposito, i giudici di Piazza Cavour hanno rilevato che, l’assenza di prova della notifica nei confronti di un litisconsorte necessario, quanto meno sotto il profilo processuale, è idonea a determinare la nullità della notificazione e, quindi, la mancata impugnazione della sentenza della Ctp nei suoi confronti, ma non già l’inammissibilità dell’appello tempestivamente introdotto con la regolare notificazione nei confronti dell’altro litisconsorte; la mancata impugnazione nei confronti di un litisconsorte, infatti, non determina l’inammissibilità del gravame, ma impone al giudice di disporre l’integrazione del contraddittorio nei confronti del litisconsorte pretermesso. Da considerare, infatti, che dallo stesso articolo 53 del dlgs n. 546/92 non si deduce che l’inosservanza di questa prescrizione sia sanzionata con la nullità, precisando altresì che
«Comunque, ai sensi dell’art. 156 c.p.c., nessuna nullità può essere comminata se non espressamente prevista (…)» (Cassazione, sentenza 14423/2010).