Il nuovo Regolamento europeo in materia di protezione dei dati personali

E’ ufficialmente in vigore il nuovo Regolamento europeo in materia di protezione dei dati personali.

Il testo – pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea (GUUE) lo scorso 4 maggio – diventerà definitivamente applicabile in via diretta in tutti i Paesi UE a partire dal 25 maggio 2018, quando dovrà essere garantito il perfetto allineamento fra la normativa nazionale in materia di protezione dati e le disposizioni del Regolamento.

Il Regolamento è parte del cosiddetto Pacchetto protezione dati, l’insieme normativo che definisce un nuovo quadro comune in materia di tutela dei dati personali per tutti gli Stati membri dell’UE e comprende anche la Direttiva in materia di trattamento dati personali nei settori di prevenzione, contrasto e repressione dei crimini. La Direttiva, pubblicata in GUUE insieme al Regolamento e vigente dallo scorso 5 maggio, dovrà essere recepita dagli Stati membri entro 2 anni.

Sul sito del Garante per la protezione dei dati personali è disponibile una pagina informativa (http://www.garanteprivacy.it/pacchettoprotezionedati) che ha illustrato finora l’iter normativo del Pacchetto e che sarà progressivamente arricchita con aggiornamenti e materiali informativi e di approfondimento.


La notifica a parenti non conviventi

La notificazione di un atto tributario eseguita presso l’abitazione del contribuente, con consegna a persona qualificatasi come «cognata», seppur non convivente, è regolare. Il Messo Comunale, infatti, non è tenuto a indagare sullo stato di convivenza o sulla effettività del rapporto di parentela che si presume «iuris tantum» dalle dichiarazioni a costui rese: spetta, semmai, al contribuente fornire la prova contraria, circa l’inesistenza di un legame con il consegnatario ovvero l’occasionalità della presenza dello stesso nell’abitazione.

Sono le conclusioni che si leggono nella sentenza n. 16499/2016 della Corte di Cassazione. Si dibatteva sulla presunta irregolarità della notifica di atti tributari, prodromici rispetto all’impugnata cartella di pagamento: la mancata notifica di detti atti avrebbe inficiato la cartella. La Commissione Tributaria di Roma, con sentenza favorevole al contribuente, annullava la cartella, poiché la notifica di detti atti era avvenuta a persona rinvenuta nell’abitazione e qualificatasi come «cognata»: poiché era stato dimostrato che la cognata non era «convivente» con il destinatario del plico, La Commissione Tributaria di Roma aveva ritenuto irregolari le notifiche.

La Corte di cassazione ha annullato la sentenza della Commissione Tributaria di Roma, rinviando gli atti ad altra sezione del collegio. In base alle previsioni dell’articolo 139 del c.p.c., richiamato dall’articolo 60 del dpr 600/1973, se il destinatario del plico non si trova nel luogo in cui viene eseguita la notifica, il Messo Comunale «consegna copia dell’atto a una persona di famiglia o addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda, purché non minore di quattordici anni o non palesemente incapace». Lo status di persona di famiglia o addetto alla casa, e quindi un legame con l’effettivo destinatario e la stabilità della presenza del consegnatario in quel luogo, sono condizioni che si presumono iuris tantum, dal fatto che il consegnatario si trovi in quel luogo al momento della notifica e dalla dichiarazione (eventualmente) rilasciata al Messo Comunale. Dunque, spiega la Cassazione, la presunzione di legge reca la sussistenza tra i soggetti di una relazione tale da far ritenere la regolare trasmissione dal primo al secondo del plico notificato. Sebbene tale presunzione non abbia natura assoluta e sia suscettibile di prova contraria, tale onere spetta comunque al destinatario che, dimostrando l’insussistenza del dichiarato rapporto di familiarità, la solo occasionale presenza del familiare nella casa, o entrambe le cose insieme, assuma di non aver ricevuto l’atto notificato con le modalità prescritte dalla legge.

La Corte di Cassazione osserva che il giudice di merito non ha considerato che, in base all’articolo 139 c.p.c. (richiamato dall’articolo 60 del dpr n. 600/1973), l’ufficiale giudiziario/Messo Comunale non è tenuto a svolgere indagini o ricerche particolari in ordine all’effettività dello stato di convivenza, e nemmeno, nel caso di consegna a persona di famiglia, a espressamente indicare tale stato nella relata di notificazione. E ciò, nella specie, per la basilare ragione che il rapporto di convivenza non è prescritto dal comma 2, dell’art. 139 c.p.c. In proposito l’esegesi giurisprudenziale del secondo comma dell’art. 139 c.p.c., ha ampliato il concetto di «persona di famiglia» fino a ricomprendervi non solo i parenti ma anche gli affini e ha escluso che sia implicito nella previsione codicistica che la «persona di famiglia» cui fa riferimento la norma citata debba convivere col notificatario. Inoltre, la giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente affermato che in caso di notificazione ai sensi dell’art. 139 c.p.c., comma 2, la qualità di persona di famiglia o di addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda di chi ha ricevuto l’atto si presume «iuris tantum» dalle dichiarazioni recepite dall’ufficiale giudiziario nella relata di notifica, incombendo sul destinatario dell’atto, che contesti la validità della notificazione, l’onere di fornire la prova contraria e, in particolare, di provare l’inesistenza di un rapporto con il consegnatario comportante una delle qualità su indicate ovvero la occasionalità della presenza dello stesso consegnatario (Cass. nn. 23368/2006, 21362/2010, 26501/2014, 7211/2016).

La Commissione Tributaria di Roma dunque non ha considerato che nel concorso di circostanze fattuali assodate in giudizio (presenza della consegnataria presso l’abitazione del destinatario X e rapporto di affinità tra i due) ricorreva qui la presunzione di legge circa la sussistenza tra i soggetti di una relazione tale da far ritenere la regolare trasmissione dal primo al secondo del plico notificato. È vero che tale presunzione non ha natura assoluta e può, pertanto, essere superata dalla prova contraria a onere del destinatario che, deducendo l’insussistenza del dichiarato rapporto di familiarità, la solo occasionale presenza del familiare nella casa, ovvero entrambe le cose insieme, assuma di non aver ricevuto l’atto notificato con le suddette modalità (ex multis, Cass. ord. 12181/2013).

Cass. civ. Sez. V, Sent., 05-08-2016, n. 16499

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sig.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15599/2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

V.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 108/2009 della COMM.TRIB.REG. del LAZIO, depositata il 21/04/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/05/2016 dal Consigliere Dott. LAURA TRICOMI;

udito per il ricorrente l’Avvocato GAROFOLI che ha chiesto l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FUZIO Riccardo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

  1. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per la cassazione della sentenza n. 108/02/09, depositata il 21.04.2009 e non notificata, con la quale la Commissione Tributaria Regionale del Lazio ha riformato la decisione di primo grado che aveva respinto l’impugnazione della cartella di pagamento n. (OMISSIS), per IVA, IRPEF e contributo SSN per l’anno di imposta 1997, proposta da V.G., lamentando la omessa notifica degli atti prodromici alla formazione del ruolo.
  2. Il giudice di appello procedeva all’esame delle relate di notifica degli atti prodromici della cartella, depositate sin dal primo grado dall’Agenzia, dalle quali risultava che la notifica degli atti era avvenuta, a mezzo messo speciale, in (OMISSIS) e che gli atti erano stati consegnati, stante l’assenza del destinatario, a persona presente nell’abitazione e qualificatasi come cognata del destinatario, che aveva regolarmente sottoscritto l’atto. Quindi, sulla scorta della certificazione anagrafica depositata, dalla quale risultava che la sottoscrittrice L.A. non conviveva con il contribuente, dichiarava la nullità della notifica degli atti presupposti della cartella “in quanto la ricevente non era di fatto familiare convivente, risultando comprovato che risiedeva nello stesso condominio ma in interno diverso” (fol.3 della sentenza).
  3. Il ricorso è articolato su due motivi; l’intimato non svolge difese.

Motivi della decisione

1.1. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, e art. 139 c.p.c., comma 2, (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) per avere la sentenza impugnata erroneamente ritenuto invalida la notificazione degli atti prodromici alla cartella, eseguita nel domicilio del contribuente a mezzo del messo speciale, a mani di un soggetto presente nell’abitazione che si era qualificata come “cognata” ed aveva sottoscritto gli atti, poiché dalla certificazione anagrafica tale soggetto non era risultata risiedere presso l’abitazione del contribuente.

A parere dell’Agenzia, contrariamente a quanto sostenuto dal giudice di merito, lo stato di convivenza non era necessario ex art. 139 c.p.c., e, comunque, le risultanze delle certificazioni anagrafiche non potevano avere rilevanza esclusiva, giacché non davano certezza in ordine alla sussistenza in concreto del requisito della affectio familiae, che è alla base della presunzione della successiva consegna dell’atto al destinatario, mentre unico elemento rilevante doveva essere considerato – ove ricorrente e provata – la “occasionalità” in concreto di detta presenza.

1.2. Con il secondo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce l’insufficiente motivazione (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) sul fatto decisivo e controverso della occasionalità e momentaneità della presenza della cognata presso l’abitazione del contribuente, avente natura di fatto impeditivo del perfezionamento della procedura di notificazione per avere il giudice di merito escluso la validità della notificazione, in assenza di altre idonee circostanze di fatto ed elementi di prova, sulla base del solo ed irrilevante certificato anagrafico, prodotto in giudizio dal contribuente.

2.1. Il primo motivo è fondato.

2.2. Osserva la Corte che il giudice di merito non ha considerato che, in base all’art. 139 c.p.c., (richiamato dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60), l’ufficiale giudiziario non è tenuto a svolgere indagini o ricerche particolari in ordine all’effettività dello stato di convivenza; e nemmeno, nel caso di consegna a persona di famiglia, ad espressamente indicare tale stato nella relata di notificazione. E ciò – nella specie – per la basilare ragione che il rapporto di convivenza non è prescritto dall’art. 139, comma 2 cit..

2.3. In proposito l’esegesi giurisprudenziale dell’art. 139 c.p.c., comma 2, ha ampliato il concetto di “persona di famiglia” fino a ricomprendervi non solo i parenti ma anche gli affini ed ha escluso che sia implicito nella previsione codicistica che la “persona di famiglia” cui fa riferimento la norma citata debba convivere col notificatario. Inoltre, la giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente affermato che in caso di notificazione ai sensi dell’art. 139 c.p.c., comma 2, la qualità di persona di famiglia o di addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda di chi ha ricevuto l’atto si presume “iuris tantum” dalle dichiarazioni recepite dall’ufficiale giudiziario nella relata di notifica, incombendo sul destinatario dell’atto, che contesti la validità della notificazione, l’onere di fornire la prova contraria ed, in particolare, di provare l’inesistenza di un rapporto con il consegnatario comportante una delle qualità su indicate ovvero la occasionalità della presenza dello stesso consegnatario (Cass. nn.23368/2006, 21362/2010, 26501/2014, 7211/2016).

2.4. Non ha la CTR dunque considerato che nel concorso di circostanze fattuali assodate in giudizio (presenza della consegnataria presso l’abitazione del destinatario e rapporto di affinità tra i due) ricorreva qui la presunzione di legge circa la sussistenza tra i soggetti di una relazione tale da far ritenere la regolare trasmissione dal primo al secondo del plico notificato (v. tra le tante, Cass. 21362/10 cit. e 23368/06). E’ vero che tale presunzione non ha natura assoluta e può, pertanto, essere superata dalla prova contraria ad onere del destinatario che deducendo l’insussistenza del dichiarato rapporto di familiarità, la solo occasionale presenza del familiare nella casa, ovvero entrambe le cose insieme – assuma di non aver ricevuto l’atto notificato con le suddette modalità (ex multis, Cass. ord. 12181/13).

2.5. Nel caso di specie, tuttavia, la nullità della notificazione dell’atto presupposto è stata affermata dalla CTR non per l’avvenuto superamento probatorio di tale presunzione ad opera del contribuente, ma in ragione dell’errata applicazione alla fattispecie del principio di diritto afferente la convivenza, esclusa dal giudice di appello sulla scorta della certificazione anagrafica.

La decisione della Commissione appare pertanto errata e va emendata.

2.6. In definitiva, il ricorso va accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio ad altra sezione della CTR del Lazio, la quale – esclusa la nullità della cartella per nullità della notifica degli atti prodromici – valuterà nel merito le doglianze proposte.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR del Lazio in altra composizione per l’esame della controversia e le statuizione anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 16 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2016


Nuovo testo del Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD)

E’ entrato in vigore in relazione al D.Lgs. 26 agosto 2016, n. 179 con decorrenza 14.09.2016 il nuovo Codice dell’Amministrazione Digitale

Leggi: d-l-7-marzo-2005-n-82-nuovo-cad-2016


L’istituto della notifica per pubblici proclami. Art. 150 c.p.c.

pubblici-proclamiIl codice del processo amministrativo ha previsto l’istituto della notifica per pubblici proclami, senza, tuttavia, specificarne le modalità, la cui definizione resta affidata volta per volta al presidente del Tribunale ovvero della Sezione investita della cognizione della causa. In mancanza di specifiche indicazioni da parte del giudice che ordina l’integrazione del contraddittorio, deve ritenersi senz’altro applicabile, in forza c.d. “rinvio esterno” di cui all’art. 39 comma 2, c.p.a., la disciplina contenuta nel codice di procedura civile. A tal riguardo va evidenziato che ai sensi dell’articolo 150 c.p.c. la notificazione per pubblici proclami si perfeziona mediante il deposito di copia dell’atto nella casa comunale del luogo in cui ha sede l’ufficio giudiziario davanti al quale si promuove o si svolge il processo, e con l’inserimento di un estratto di esso nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica. E’ altresì previsto che la notificazione si ha per avvenuta quando l’ufficiale giudiziario deposita una copia dell’atto, con la relazione e i documenti giustificativi dell’attività svolta, nella cancelleria del giudice davanti al quale si procede. Da quanto detto deriva che la notifica per pubblici proclami può ritenersi perfezionata soltanto mediante il rispetto del suddetto iter procedimentale e con la prova del deposito della documentazione ad essa relativa nella Segreteria del giudice che ha ordinato l’incombente, con la conseguenza che l’omissione di tale ultimo adempimento comporta l’improcedibilità del ricorso (in questi termini cdfr. Cons. St., Sez. IV, n. 3759 del 2008).

Consiglio di Stato Sez. VI del 31.8.2016 n. 3764

Leggi anche: Notifica per pubblici proclami: quando mancano presupposti e modalità;    Art. 150 c.p.c. Notificazione per pubblici proclami


Schema di decreto legislativo recante modifiche ed integrazioni al Codice dell’amministrazione digitale

Si riporta lo SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO RECANTE MODIFICHE E INTEGRAZIONI AL CODICE DELL’AMMINISTRAZIONE DIGITALE di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, approvato, di modifica del CAD. Da leggere con estrema attenzione perché sarà, la base di costruzione di nuove regole in un ambito estremamente vario della nostra attività di notificazione degli atti, dal concetto di titolare dei dati, ai criteri di interoperabilità che trascinano la necessità di ristabilire l’utilizzo di formati, per non parlare del concetto di domicilio digitale che, viene esplicitamente evidenziato, riguarderà “comunicazioni e notifiche”.

Ovviamente ora si aspetta che le modifiche vengano ricomprese nel CAD unitamente a quelle che dovranno essere trascinate a seguito dell’entrata in vigore del Regolamento europeo EIDAS in materia di firma digitale, marca temporale etc.


Riforma Madia, l’addio della pubblica amministrazione alla carta slitta da agosto a dicembre 2016

L’addio alla carta slitta di quattro mesi. L’ultima versione del decreto legislativo sul Codice dell’amministrazione digitale (Cad), esaminata dal consiglio dei ministri il 10 agosto, posticipa dal 12 agosto al 12 dicembre il termine ultimo entro cui la pubblica amministrazione dovrà adeguare i propri sistemi per gestire tutti i documenti in modalità digitale. L’obbligo è stato sospeso perché molti enti non sono pronti. Per le amministrazione già pronte, però, rimane la facoltà di passare dalla carta al digitale già ora.

Il nuovo Cad prevede poi l’introduzione del cosiddetto domicilio digitale (Spid), l’identificativo con cui ogni cittadino potrà entrare in contatto con la p.a., e la possibilità di effettuare micropagamenti via sms fino 50 euro per bollette, certificati o multe. Nel testo sono inserite anche clausole volte a incentivare lo smartworking ed è prevista l’istituzione di un commissario ufficiale all’Agenzia digitale per tre anni. L’Agenzia per l’Italia digitale (Agid) potrà irrogare sanzioni maggiori rispetto a quelle attuali, che si fermano a un massimo di 20 mila euro. Le società partecipate quotate saranno escluse dall’applicazione del nuovo Cad.


Per gli enti pubblici documenti digitali dal 12 agosto 2016

digitalizzazione_documenti_12_agostoIl 12 agosto segnerà un cambiamento epocale per le pubblica amministrazione. A partire da tale data, infatti, tutti gli enti pubblici saranno obbligati a gestire le pratiche utilizzando esclusivamente il formato digitale. Non sarà più ammessa la produzione e l’utilizzo di documenti cartacei.

I vecchi documenti potranno essere acquisiti in digitale ed eventualmente essere sottoposti a riconoscimento ottico dei caratteri (OCR) per facilitare operazioni di ricerca e copia&incolla.

Per rendere pienamente valide le copie digitali di vecchi documenti cartacei o di documenti prodotti ex novo, le amministrazioni pubbliche saranno sempre tenute ad apporre una firma digitale o altra firma elettronica qualificata (i dipendenti dovranno in ogni caso ottenere specifica delega dal funzionario).

L’obiettivo è evidentemente quello di assicurare ai cittadini e agli utenti in generale tutti i requisiti di legge: i documenti digitali, cioè, dovranno avere caratteristiche di autenticità, immodificabilità e leggibilità.

Sebbene il decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri non preveda alcuna sanzione per le amministrazioni pubbliche inadempienti, tutti i sistemi informativi degli enti dovranno essere adeguati in modo tale da poter lavorare esclusivamente con documenti in formato digitale, opportunamente firmati. La PA aveva 18 mesi di tempo e il 12 agosto scade il periodo concesso per l’adeguamento che, soprattutto nel caso dei piccoli comuni, ha subìto non pochi rallentamenti.

D’ora in avanti, tra l’altro, non sarà più necessario produrre un documento in più copie perché sarà sufficiente l’unico esemplare digitale – peraltro riproducibile “all’infinito” – dotato di firma elettronica.

Maggiori informazioni sulle nuove modalità di conservazione dei documenti informatici sono consultabili a questo indirizzo.


Pubblico impiego: posto fisso addio?

La cancellazione del posto fisso è prevista a pagina 72 del decreto del governo. Si tratta della norma attuativa più attesa tra quelle collegate alla riforma Madia della PA, già approvata un anno fa.

Secondo quanto riportato dal decreto tutte le PA devono comunicare annualmente al ministero le “eccedenze di personale” rispetto alle “esigenze funzionali o alla situazione finanziaria”, in sostanza per liberarsi dei dipendenti che la contingenza di bilancio non permette di tenere a carico.

Il documento, precisa, tuttavia, che tali “eccedenze” possano essere spostate immediatamente presso un altro ufficio, nel raggio di 50 km da quello di partenza mediante la mobilità obbligatoria. Viceversa i dipendenti “eccedenti” sono messi in “disponibilità”, ossia non lavorano e incassano l’80% dello stipendio con i conseguenti contributi ai fini pensionistici.

Attenzione, però, perché se entro 2 anni gli stessi non trovano un altro posto, anche con inquadramento più basso o stipendio minore, il rispettivo “rapporto di lavoro si intende definitivamente risolto”.

Dipendenti pubblici: licenziati quando?

Un meccanismo in parte similare a quello illustrato sopra, previsto dalla bozza del nuovo testo unico sul pubblico impiego, a livello teorico esiste già. Tuttavia, ad oggi, gli uffici che mancano di comunicare le eccedenze non rischiano nulla, per cui nessuno le precisa. Grazie alle nuove disposizioni, invece, dovrebbe scattare lo stop alle assunzioni con conseguente procedimento disciplinare per il dirigente.

Scatti di anzianità: cancellati per sempre?

Nonostante gli scatti di anzianità siano già stati congelati per lungo tempo, con le regole del nuovo testo unico vengono, però, eliminati per sempre. Tutti i dipendenti pubblici, infatti, saranno valutati annualmente dai rispettivi dirigenti per il lavoro svolto.

Saranno, poi, queste stesse valutazioni ad incidere sull’assegnazione o meno di un aumento retributivo, variabile a seconda delle risorse a disposizione, che potrà andare a non più del 20% dei dipendenti per ciascuna amministrazione.

Entro febbraio le nuove riforme?

In base alla riforma della PA questa parte delle delega potrà essere esercitata già entro febbraio 2017, e non più entro settembre come più volte annunciato dallo stesso governo.

Le altre novità

La bozza, tra le altre misure inserite, prevede anche:

  • l’obbligo della conoscenza dell’inglese come requisito per i concorsi pubblici
  • l’automatica visita fiscale per le assenze fatte al venerdì e nei giorni prefestivi
  • un procedimento disciplinare velocizzato
  • la cancellazione dell’indennità di trasferta
  • il buono pasto reso uguale per tutti (7 euro al giorno)


Equitalia: A suo carico la prova di regolare notifica della cartella esattoriale

Per dimostrare la regolare notifica, è Equitalia che deve produrre in giudizio sia gli avvisi di ricevimento sia le copie delle cartelle esattoriali cui fanno riferimento.

Se il contribuente, nell’eccepire la mancata notifica della cartella esattoriale o altro atto della riscossione, agisce in giudizio contro Equitalia, spetta a quest’ultima fornire prova di regolare notifica tramite la produzione sia degli avvisi di ricevimento e delle relate (o dell’estratto di ruolo) sia delle singole cartelle o degli atti notificati.

Nel caso in cui il contribuente contestasse la corrispondenza tra l’avviso di ricevimento/relata e la cartella, infatti, è dovere di Equitalia tenere a deposito la copia di quest’ultima in modo da dimostrarne la correlazione con la ricevuta di notifica.

L’opinione della Commissione Tributaria di Salerno e della Cassazione

Questo è ciò che ha affermato la Commissione Tributaria Provinciale di Salerno in una sentenza recente.

 In caso di contestazione sulla notifica delle cartelle, sostengono i giudici, la dimostrazione di aver svolto la notifica secondo le norme di legge è l’onere probatorio più rilevante in capo ad Equitalia. L’allegazione degli estratti di ruolo e delle relate di notifica non è sufficiente a tal fine e bisogna, infatti, esibire la copia integrale della cartella che si assume essere stata notificata.  In precedenza, anche la Cassazione ha avuto modo di precisare che, nel caso in cui la cartella fosse stata notificata tramite raccomandata, “le ricevute di ritorno esibite provano solo il fatto che il contribuente abbia ricevuto un plico ma ‘non assolutamente’ il suo contenuto”.

Un obbligo per legge

D’altro canto, l’esibizione della cartella è un obbligo richiesto espressamente dalla legge, che sostiene come la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notifica debba essere conservata per cinque anni dal concessionario. Quest’ultimo ha l’obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell’amministrazione.

In assenza della documentazione probatoria, precisano I giudici salernitani, Equitalia avrebbe dovuto allegare. Comunque va accertato l’avvenuto decorso del termine di prescrizione decorrente dalle date ipotizzate come notifica avvenuta.

Pertanto, nel calcolo dell’eventuale termine di prescrizione, nel caso in cui Equitalia non avesse depositato le copie delle cartelle notificate insieme agli avvisi ricevimento/relate, sono le date ipotizzate di avvenuta notifica cui occorre fare riferimento.

Le cartelle esattoriali di Equitalia, come quelle di tutti gli altri agenti della riscossione, vanno in prescrizione dopo un certo periodo di tempo. La cancellazione del debito e la sua rimozione dall’estratto di ruolo del contribuente può presentare però alcune difficoltà che è bene conoscere. In primo luogo, bisogna imparare ad accorgersi quando una cartella esattoriale è andata in prescrizione.

Decadenza e prescrizione delle cartelle di pagamento

Non è facile accorgersi con tempestività che una cartella esattoriale è scaduta innanzitutto perché ci sono diversi tipi di scadenze per diverse forme di tributo e di sanzione. Vediamo allora in via preliminare quali sono i termini di decadenza e prescrizione dei più frequenti tipi di cartelle di pagamento.
Per quanto riguarda l’IVAi termini di prescrizione dell’imposta sono di 10 anni. Passato questo periodo di tempo, dunque, l’eventuale pignoramento ai danni del contribuente non può più avvenire. L’IVA va invece in decadenza, per le dichiarazioni dei redditi presentate fino al 2015, il 31 dicembre del 4° anno successivo in caso di dichiarazione infedele e il 31 dicembre del 5° anno in caso di dichiarazione omessa. A partire dal 2016 i termini di decadenza cambiano rispettivamente al 31 dicembre del 5° e 7° anno successivi alla presentazione. Discorso molto simile per l’IRPEF e l’IRAP: i termini di prescrizione sono di 10 anni, e la decadenza fino al 2015 scatta il 31 dicembre del 4° anno successivo in caso di dichiarazione infedele e il 31 dicembre del 5° anno in caso di dichiarazione omessa. Per le dichiarazioni presentate a partire dal 2016, valgono le stesse modifiche previste per l’IVA.

Discorso diverso per TASI e IMU: in questo caso i termini di prescrizione sono di soli 5 anni. Per quanto riguarda la decadenza, essa scatta il 31 dicembre del 5° anno successivo a quello in cui il versamento avrebbe dovuto essere effettuato. I contributi INPS e INAIL vanno similmente in prescrizione dopo 5 anni, ma decadono generalmente il 31 dicembre dell’anno successivo al termino fissato per il versamento. Canone Rai, imposta ipocatastale e imposta di registro, infine, vanno in prescrizione dopo 10 anni, mentre le contravvenzioni al Codice della Strada scadono dopo 5 anni e il bollo auto dopo 3 anni.

Cartella esattoriale prescritta: cosa fare?

Se è vero che raramente Equitalia avanza erroneamente un pignoramento sulla basa di una cartella scaduta, è anche vero che non è semplice farsi riconoscere la cancellazione del debito anche nei casi in cui ci si renda conto perfettamente della situazione. Non si può, infatti, ricorrere a un giudice, perché il diritto a impugnare un atto di Equitalia in tribunale scade solitamente a 60 giorni dalla notifica della cartella. La strada migliore è allora quella di attendere una successiva notifica dell’agente di riscossione, come un’intimazione di pagamento o l’avvio di un pignoramento, e impugnare quest’ultimo atto in tribunale prima della scadenza.


I giudici europei rilevano diritto alle ferie un principio importante del diritto sociale UE

Un lavoratore ha diritto a un’indennità finanziaria se non ha potuto usufruire di una parte o della totalità delle ferie annuali retribuite – anche se sia egli stesso a porre fine al proprio rapporto di lavoro.

Questo quanto stabilito dalla Corte di Giustizia Europea nella sua sentenza sul contendere tra l’azienda del personale del comune della città di Vienna e un suo dipendente, Hans Maschek.

Il caso

Dipendente pubblico della città di Vienna, il sig. Maschek è stato collocato a riposo su sua richiesta, dal 1° luglio 2012. Nel periodo compreso tra il 15 novembre 2010 e il 30 giugno 2012, aveva continuato a percepire lo stipendio pur non presentandosi sul posto di lavoro: inizialmente, grazie a un periodo di congedo, poi tramite una convenzione con il proprio datore di lavoro.

Dopo la sua entrata in pensione, il sig. Maschek ha chiesto al proprio datore di lavoro di pagare un’indennità finanziaria per le ferie annuali retribuite non godute perché, a suo dire, si era nuovamente ammalato poco prima del pensionamento.

Per tutta risposta, il datore di lavoro ha respinto la sua domanda ai sensi della normativa riguardante la retribuzione dei dipendenti pubblici della città di Vienna. Quest’ultima stabilisce che un lavoratore che ponga fine al rapporto di lavoro di propria iniziativa non abbia diritto a tale indennità – in particolar modo quando chiede di essere collocato a riposo.

A seguito del ricorso proposto dal sig. Maschek, contrario tale rigetto, il tribunale amministrativo di Vienna, il Verwaltungsgericht Wien, ha chiesto alla Corte di giustizia Europea di pronunciarsi sulla compatibilità o meno di una normativa di tal genere con il diritto dell’Unione e, in particolare, con la direttiva 2003/88.

La sentenza della Corte UE e la direttiva 2003/88

Pronunciandosi sul caso, la Corte ha indicato come la direttiva 2003/88 preveda, per quanto riguarda certi aspetti dell’orario di lavoro, che ogni lavoratore debba beneficiare di ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane.

Tale diritto rappresenta un principio particolarmente importante del diritto sociale dell’unione, hanno rilevato i giudici europei, che hanno aggiunto come questo vada riconosciuto a ogni lavoratore a prescindere dal suo stato di salute.

Nel momento in cui si pone fine al rapporto di lavoro, non è più possibile avvalersi delle ferie annuali retribuite.  La direttiva prevede perciò che il lavoratore abbia diritto a un’indennità finanziaria al fine di evitare che, a causa di tale impossibilità, non riesca in alcun modo a beneficiare di tale diritto, neppure in forma pecuniaria.

La Corte ha considerato irrilevante il motivo per cui il rapporto di lavoro è cessato e ha sostenuto quindi che il fatto che un lavoratore abbia posto fine di sua iniziativa al rapporto di lavoro non condiziona in nessun modo il suo diritto di percepire all’eventuale indennità finanziaria per le ferie annuali retribuite di cui non ha potuto usufruire prima della cessazione del rapporto di lavoro.


Furbetti del cartellino: entrano in vigore le nuove norme

Vita dura per i “furbetti del cartellino”. Entra in vigore, infatti, il decreto legislativo n. 116/2016 pubblicato in Gazzetta ufficiale il 28 giugno scorso (qui sotto riportato), emanato in attuazione della riforma Madia e avente il fine di mettere alle strette gli assenteisti della Pubblica Amministrazione, con un contrasto più forte che passa da un procedimento “accelerato” con sospensioni veloci e licenziamenti rapidi per chi è colto in flagranza ad attestare falsamente la presenza al lavoro, ma anche super sanzioni a carico di chi deve vigilare.

Lo scopo è quello di mettere un freno a un fenomeno che colpisce la credibilità dell’intera amministrazione pubblica, accelerato dal dibattito avviato dopo il recente episodio del comune di Sanremo (con quasi 200 indagati su poco più di 500 dipendenti) che di fatto ha scoperchiato un “vaso di Pandora” rivelando una questione nazionale che riguarda indifferentemente Nord e Sud, da Belluno alla provincia di Reggio Calabria e da ultimo a quella di Napoli, con oltre 200 episodi di assenteismo e 23 dipendenti “beccati” in flagranza, due dei quali mentre timbravano con la testa coperta da una scatola di cartone.

Saranno operative le diverse novità introdotte dal decreto che ha modificato l’art. 55 quater del Testo unico del pubblico impiego (Dlgs 165/2001).

La falsa attestazione della presenza

In base alle nuove norme, costituisce falsa attestazione della presenza in servizio, “qualunque modalità fraudolenta posta in essere, anche avvalendosi di terzi, per far risultare il dipendente in servizio o trarre in inganno l’amministrazione presso la quale il dipendente presta attività lavorativa circa il rispetto dell’orario di lavoro dello stesso”.

La sospensione senza stipendio

Se la falsa attestazione della presenza in servizio, viene “accertata in flagranza, in altre parole mediante strumenti di sorveglianza o di registrazione degli accessi o delle presenze”, l’amministrazione deve disporre l’immediata sospensione cautelare senza stipendio del dipendente, “fatto salvo solamente il diritto all’assegno alimentare nella misura stabilita dalle disposizioni normative e contrattuali vigenti, senza obbligo di preventiva audizione dell’interessato”.

La sospensione deve essere disposta dal responsabile della struttura in cui il dipendente lavora o, ove ne venga a conoscenza per primo, dall’ufficio, con provvedimento motivato, in via immediata e comunque “entro quarantotto ore” dalla conoscenza del fatto.

Nel caso di violazione di tale termine, in ogni caso non si determina la decadenza dall’azione disciplinare né l’inefficacia della sospensione cautelare, fatta salva l’eventuale responsabilità del dipendente cui essa sia imputabile.

Il licenziamento

Con il medesimo provvedimento di sospensione, si avvia il procedimento disciplinare, procedendo anche alla contestuale contestazione scritta dell’addebito e alla convocazione del dipendente per il contraddittorio a sua difesa.

Il dipendente è convocato, per il contraddittorio a sua difesa, con un preavviso di almeno 15 giorni, potendo farsi assistere da un procuratore o da un rappresentante del sindacato cui aderisce o conferisce mandato.

Fino all’audizione, il dipendente può inviare memoria scritta o in caso di “grave, oggettivo e assoluto impedimento”, chiedere rinvio (motivato) del termine per l’esercizio della sua difesa per un periodo non superiore a 5 giorni. Il differimento può essere disposto soltanto una volta nel corso del procedimento.

L’ufficio deve concludere il procedimento “entro trenta giorni dalla ricezione, da parte del dipendente, della contestazione dell’addebito”. Anche in tal caso, la violazione dei termini, fatta salva l’eventuale responsabilità del dipendente cui essa sia imputabile, non determina la decadenza dall’azione disciplinare ne’ l’invalidità della sanzione irrogata, “purché non risulti irrimediabilmente compromesso il diritto di difesa del dipendente e non sia superato il termine per la conclusione del procedimento di cui all’articolo 55-bis, comma 4”.

Al termine della procedura, se le giustificazioni addotte non sono considerate sufficienti, il lavoratore può essere licenziato.

Il danno all’immagine

Il dipendente beccato ad attestare falsamente la propria presenza al lavoro rischia anche di risarcire il danno all’immagine prodotto alla P.A.

La denuncia dei fatti al Pubblico Ministero e la segnalazione alla competente procura regionale della Corte dei Conti va fatta dal responsabile della struttura che ha sospeso il dipendente entro 15 giorni dall’avvio del procedimento disciplinare. Entro tre mesi dal licenziamento, se ritiene ricorrenti i presupposti, la procura della Corte dei Conti, emette nei confronti del dipendente “invito a dedurre” per il danno d’immagine. L’azione va esercitata entro 120 giorni successivi alla denuncia e senza possibilità di proroga. Quanto all’ammontare del danno risarcibile, questo è rimesso alla valutazione equitativa del giudice, tenendo conto anche della “rilevanza del fatto per i mezzi di informazione”. In ogni caso, l’eventuale condanna non può essere inferiore a 6 mesi di stipendio, oltre agli interessi e alle spese di giustizia.

Puniti anche colleghi e dirigenti

Della violazione perpetrata dal lavoratore sulla falsa attestazione in servizio, rispondono anche i colleghi e comunque “chi agevola con la propria condotta attiva o omissiva la condotta fraudolenta”.

La legge punisce anche i dirigenti e i responsabili di servizio competenti che, avendo acquisito conoscenza del fatto, non si siano attivati ad avviare il procedimento disciplinare e abbiano omesso l’adozione del provvedimento di sospensione cautelare, salvo che non abbiano avuto “giustificato motivo”.

Tali condotte costituiscono “illecito disciplinare punibile con il licenziamento e di esse è data notizia, da parte dell’ufficio competente per il procedimento disciplinare, all’autorità giudiziaria ai fini dell’accertamento della sussistenza di eventuali reati”.

Disposizioni transitorie

Le disposizioni dettate dal nuovo decreto si applicano agli illeciti disciplinari commessi successivamente alla data di entrata in vigore dello stesso, e cioè a partire dal 28 giugno.

DECRETO LEGISLATIVO 20 giugno 2016, n. 116 (1).

Modifiche all’articolo 55-quater del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, lettera s), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di licenziamento disciplinare.

(1)Pubblicato nella Gazz. Uff. 28 giugno 2016, n. 149.

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76, 87 e 97 della Costituzione;

Vista la legge 7 agosto 2015, n. 124, recante riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, e, in particolare, l’articolo 17, comma 1, lettera s), recante delega al Governo per il riordino della disciplina del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche;

Visto il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche e, in particolare gli articoli 55, 55-bis, 55-ter, 55-quater, 55-quinquies, 55-sexies come successivamente modificati dal decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 20 gennaio 2016;

Sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nella riunione del 4 febbraio 2016;

Acquisito il parere della Conferenza unificata, ai sensi dell’articolo 8, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, espresso nella seduta del 3 marzo 2016;

Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi nell’adunanza del 16 marzo 2016;

Acquisito il parere della Commissione parlamentare per la semplificazione e delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 15 giugno 2016;

Sulla proposta del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione;

EMANA

il seguente decreto legislativo:

Art. 1. Modifiche all’articolo 55-quater del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165

  1. All’articolo 55-quater del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono apportate le seguenti modificazioni:
  2. a) dopo il comma 1 è inserito il seguente: «1-bis. Costituisce falsa attestazione della presenza in servizio qualunque modalità fraudolenta posta in essere, anche avvalendosi di terzi, per far risultare il dipendente in servizio o trarre in inganno l’amministrazione presso la quale il dipendente presta attività lavorativa circa il rispetto dell’orario di lavoro dello stesso. Della violazione risponde anche chi abbia agevolato con la propria condotta attiva o omissiva la condotta fraudolenta.»;
  3. b) dopo il comma 3, sono inseriti i seguenti: «3-bis. Nel caso di cui al comma 1, lettera a), la falsa attestazione della presenza in servizio, accertata in flagranza ovvero mediante strumenti di sorveglianza o di registrazione degli accessi o delle presenze, determina l’immediata sospensione cautelare senza stipendio del dipendente, fatto salvo il diritto all’assegno alimentare nella misura stabilita dalle disposizioni normative e contrattuali vigenti, senza obbligo di preventiva audizione dell’interessato. La sospensione è disposta dal responsabile della struttura in cui il dipendente lavora o, ove ne venga a conoscenza per primo, dall’ufficio di cui all’articolo 55-bis, comma 4, con provvedimento motivato, in via immediata e comunque entro quarantotto ore dal momento in cui i suddetti soggetti ne sono venuti a conoscenza. La violazione di tale termine non determina la decadenza dall’azione disciplinare né l’inefficacia della sospensione cautelare, fatta salva l’eventuale responsabilità del dipendente cui essa sia imputabile.

3-ter. Con il medesimo provvedimento di sospensione cautelare di cui al comma 3-bis si procede anche alla contestuale contestazione per iscritto dell’addebito e alla convocazione del dipendente dinanzi all’Ufficio di cui all’articolo 55-bis, comma 4. Il dipendente è convocato, per il contraddittorio a sua difesa, con un preavviso di almeno quindici giorni e può farsi assistere da un procuratore ovvero da un rappresentante dell’associazione sindacale cui il lavoratore aderisce o conferisce mandato. Fino alla data dell’audizione, il dipendente convocato può inviare una memoria scritta o, in caso di grave, oggettivo e assoluto impedimento, formulare motivata istanza di rinvio del termine per l’esercizio della sua difesa per un periodo non superiore a cinque giorni. Il differimento del termine a difesa del dipendente può essere disposto solo una volta nel corso del procedimento. L’Ufficio conclude il procedimento entro trenta giorni dalla ricezione, da parte del dipendente, della contestazione dell’addebito. La violazione dei suddetti termini, fatta salva l’eventuale responsabilità del dipendente cui essa sia imputabile, non determina la decadenza dall’azione disciplinare né l’invalidità della sanzione irrogata, purché non risulti irrimediabilmente compromesso il diritto di difesa del dipendente e non sia superato il termine per la conclusione del procedimento di cui all’articolo 55-bis, comma 4.

3-quater. Nei casi di cui al comma 3-bis, la denuncia al pubblico ministero e la segnalazione alla competente procura regionale della Corte dei conti avvengono entro quindici giorni dall’avvio del procedimento disciplinare. La Procura della Corte dei conti, quando ne ricorrono i presupposti, emette invito a dedurre per danno d’immagine entro tre mesi dalla conclusione della procedura di licenziamento. L’azione di responsabilità è esercitata, con le modalità e nei termini di cui all’articolo 5 del decreto-legge 15 novembre 1993, n. 453, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19, entro i centoventi giorni successivi alla denuncia, senza possibilità di proroga. L’ammontare del danno risarcibile è rimesso alla valutazione equitativa del giudice anche in relazione alla rilevanza del fatto per i mezzi di informazione e comunque l’eventuale condanna non può essere inferiore a sei mensilità dell’ultimo stipendio in godimento, oltre interessi e spese di giustizia.

3-quinquies. Nei casi di cui al comma 3-bis, per i dirigenti che abbiano acquisito conoscenza del fatto, ovvero, negli enti privi di qualifica dirigenziale, per i responsabili di servizio competenti, l’omessa attivazione del procedimento disciplinare e l’omessa adozione del provvedimento di sospensione cautelare, senza giustificato motivo, costituiscono illecito disciplinare punibile con il licenziamento e di esse è data notizia, da parte dell’ufficio competente per il procedimento disciplinare, all’Autorità giudiziaria ai fini dell’accertamento della sussistenza di eventuali reati.».

Art. 2. Clausola di invarianza finanziaria

  1. Dall’attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Art. 3. Disposizione transitoria

  1. Le disposizioni di cui all’articolo 1 si applicano agli illeciti disciplinari commessi successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.


ARAN: I dipendenti pubblici possono essere richiamati mentre sono in ferie

I dipendenti pubblici possono essere richiamati mentre sono in ferie, previo rimborso del viaggio da parte dell’amministrazione.

Ferie e malattia non possono essere utilizzati ad ore, per entrare dopo o uscire prima dal lavoro, bensì solo a giornata.

La “stretta” arriva dall’Aran, che ha pubblicato le Linee Guida per offrire uno strumento agevole di consultazione per tutte le amministrazioni.

Così – norme, contratti e giurisprudenza alla mano – l’Aran ha sciolto dubbi su quanto è lecito e quanto non lo è, indicando tetti e vincoli in fatto di assenze.

Le vere novità invece stanno per arrivare e saranno contenute nel testo unico per il pubblico impiego che dovrebbe vedere la luce entro l’anno.

Ecco i vari chiarimenti:

Ferie e malattia non sono ad ore

Se spacchettare ferie e malattia in ore è stata sempre una questione dibattuta, l’Aran chiarisce che invece è vietato. Sono “a giornata” e quindi non frazionabili. Di conseguenza, chi volesse dimezzare la giornata non può farlo.

Così pure per le malattie, anche se nei mesi scorsi si era parlato di permettere la ricaduta dei permessi ad ore per le visite specialistiche sotto la voce “malattia”.

Ritorno “forzato” dalle vacanze

Quanto alle ferie, non ci sono dubbi invece sul fatto che la PA possa richiamare il lavoratore mentre si trova in vacanza “per oggettive e prevalenti necessità organizzative“. In tal caso scatta il “risarcimento”: il lavoratore “ha diritto al rimborso delle spese documentate di viaggio“.

Non si rinvengono invece disposizioni, legislative o contrattuali, “ostative alla fruizione delle ferie successivamente ad un’assenza per malattia e, quindi, senza la ripresa del servizio” specifica l’Aran. In ogni caso, il via libera sulle ferie è sempre rimesso alla PA.

Lecito anche sospendere le ferie per malattia, ma sempre e solo dietro adeguata documentazione.

I dipendenti pubblici possono essere richiamati mentre sono in ferie, previo rimborso del viaggio da parte dell’amministrazione. Ferie e malattia non possono essere utilizzati ad ore, per entrare dopo o uscire prima dal lavoro, bensì solo a giornata.

Niente malattia per l’attività sindacale

Replicando a un quesito, l’Aran ha chiarito che la malattia non può essere utilizzata per attività sindacale.

La stessa appare “incompatibile con il riposo psico-fisico necessario ad una rapida ripresa della prestazione lavorativa”. Per cui, occorre ricorrere per chi ne ha necessità a permessi ad hoc.

Permessi legge 104/92

Quanto alla legge 104/92, l’Aran precisa che – salvo specifiche situazioni – non possono essere convertite le ferie già fruite nei tre giorni di permessi per assistenza ai familiari portatori di handicap.

A differenza della malattia, inoltre, per l’Aran i permessi ex lege 104 non possono essere presi nel mezzo delle ferie.

Sul punto, di recente era intervenuto il Ministero del lavoro con l’interpello n.20/2016 affermando che il datore di lavoro non può mai negare al dipendente i permessi retribuiti richiesti ai sensi della legge 104 per assistere un familiare disabile, neanche durante il periodo di ferie programmate.

La fruizione dei permessi, a detta del Ministero, sospenderebbe “il godimento delle ferie” che andrebbero ricollocate in un diverso periodo, previo accordo con il datore di lavoro.

Leggi: Regioni e autonomie locali_ Raccolta sistematica Orientamenti Ferie Dicembre 2015


Diventa legge la stretta sugli statali che si fanno timbrare il badge

Diventa legge la stretta sugli statali che timbrano il badge e poi vanno in palestra, a passeggio o a fare il secondo lavoro: 48 ore per essere sospesi, 15 giorni per difendersi e altri 15 per completare l’iter disciplinare. Il dirigente che gira la testa dall’altra parte rischia licenziamento e carcere. Apertura sul rinnovo del contratto della pubblica amministrazione dopo la riduzione da 15 a 4 comparti

Il Consiglio dei ministri ha approvato definitivamente il decreto legislativo che modifica l’art. 55-quater del decreto legislativo 165/2001, in materia di licenziamento disciplinare.

Nello specifico, il nuovo decreto interviene sulla disciplina prevista per la fattispecie di illecito disciplinare denominata falsa attestazione della presenza in servizio.

Al dipendente colto in flagrante sarà applicata la sospensione cautelare entro 48 ore e attivato il procedimento disciplinare che dovrà concludersi entro 30 giorni. E’ prevista la responsabilità disciplinare del dirigente (o del responsabile del servizio) che non proceda alla sospensione e all’avvio del procedimento.

Queste, in particolari, le novità principali:

  • la fattispecie di falsa attestazione della presenza in servizio comprende anche quella realizzata mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento
  • è stato garantito al dipendente il diritto alla percezione di un assegno alimentare – nella misura stabilita dalle disposizioni normative e contrattuali vigenti – durante il periodo di sospensione cautelare dal lavoro
  • per assicurare idonee garanzie di contraddittorio a difesa del dipendente, è stato previsto che con il provvedimento di sospensione si procede anche alla contestuale contestazione dell’addebito e alla convocazione del dipendente dinanzi all’ufficio competente per i procedimenti disciplinari
  • il dipendente sarà convocato per il contraddittorio con preavviso di almeno 15 giorni e potrà farsi assistere da un procuratore o da un rappresentante sindacale
  • nei casi in cui il dirigente abbia avuto notizia dell’illecito e non si sia attivato senza giustificato motivo è prevista la responsabilità per omessa attivazione del procedimento disciplinare e omessa adozione del provvedimento di sospensione cautelare e ne viene data notizia all’Autorità giudiziaria.


Adozione dei documenti amministrativi informatici e del fascicolo informatico

Dall’11 agosto 2016 tutti i documenti della Pubblica Amministrazione dovranno essere digitali e confluire in un fascicolo informatico. La carta uscirà così dalla storia dell’Ente pubblico. Il percorso per raggiungere tale obiettivo non è immediato. Occorrerà procedere alla predisposizione di un crono-programma, di provvedimenti amministrativi a contenuto generale e organizzativo dell’Ente, alla formazione del personale. L’inadempimento da parte delle P.A. ai nuovi obblighi normativi potrebbe determinare l’invalidità degli atti amministrativi approvati successivamente alla scadenza in quanto privi dei requisiti previsti.

I provvedimenti e le azioni da intraprendere per rispettare gli obblighi normativi del DPCONS 13/11/2014

Epigrafe

Premessa

Capo I

Definizioni e ambito di applicazione

Art. 1. Definizioni

Art. 2. Oggetto e ambito di applicazione

Capo II

Documento informatico

Art. 3. Formazione del documento informatico

Art. 4. Copie per immagine su supporto informatico di documenti analogici

Art. 5. Duplicati informatici di documenti informatici

Art. 6. Copie e estratti informatici di documenti informatici

Art. 7. Trasferimento nel sistema di conservazione

Art. 8. Misure di sicurezza

Capo III

Documento amministrativo informatico

Art. 9. Formazione del documento amministrativo informatico

Art. 10. Copie su supporto informatico di documenti amministrativi analogici

Art. 11. Trasferimento nel sistema di conservazione

Art. 12. Misure di sicurezza

Capo IV

Fascicoli informatici, registri e repertori informatici della pubblica amministrazione

Art. 13. Formazione dei fascicoli informatici

Art. 14. Formazione dei registri e repertori informatici

Art. 15. Trasferimento in conservazione

Art. 16. Misure di sicurezza

Capo V Disposizioni finali

Art. 17. Disposizioni finali

Allegato 1 – Glossario/definizioni

Allegato 2 – Formati

Allegato 3 – Standard e specifiche tecniche

Allegato 4 – Specifiche tecniche del pacchetto di archiviazione

Allegato 5 – Metadati

DECRETO PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 13 novembre 2014 (1).

Regole tecniche in materia di formazione, trasmissione, copia, duplicazione, riproduzione e validazione temporale dei documenti informatici nonché di formazione e conservazione dei documenti informatici delle pubbliche amministrazioni ai sensi degli articoli 20, 22, 23-bis, 23-ter, 40, comma 1, 41, e 71, comma 1, del Codice dell’amministrazione digitale di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005.

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 12 gennaio 2015, n. 8.

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Visto il decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, recante «Codice dell’amministrazione digitale» e, in particolare, gli articoli 20, 22, 23-bis, 23-ter, 40, comma 1, 41 e l’71, comma 1;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa»;

Visto il decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e successive modificazioni, recante «Codice in materia di protezione dei dati personali»;

Visto il decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, recante «Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’art. 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137»;

Visti gli articoli da 19 a 22 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, recante «Misure urgenti per la crescita del Paese», con cui è stata istituita l’Agenzia per l’Italia digitale;

Visto il Regolamento (UE) n. 910/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 luglio 2014 in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno e che abroga la direttiva 1999/93/CE, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea serie L 257 del 28 agosto 2014;

Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 22 febbraio 2013, recante «Regole tecniche in materia di generazione, apposizione e verifica delle firme elettroniche avanzate, qualificate e digitali, ai sensi degli articoli 20, comma 3, 24, comma 4, 28, comma 3, 32, comma 3, lettera b), 35, comma 2, 36, comma 2, e 71», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 21 maggio 2013, n. 117;

Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 3 dicembre 2013, recante «Regole tecniche in materia di sistema di conservazione ai sensi degli articoli 20, commi 3 e 5-bis, 23-ter, comma 4, 43, commi 1 e 3, 44, 44-bis e 71, comma 1, del Codice dell’amministrazione digitale di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005», pubblicato nel Supplemento ordinario n. 20 alla Gazzetta Ufficiale – serie generale – 12 marzo 2014, n. 59;

Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 3 dicembre 2013, recante «Regole tecniche per il protocollo informatico ai sensi degli articoli 40-bis, 41, 47, 57-bis e 71, del Codice dell’amministrazione digitale di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005», pubblicato nel Supplemento ordinario n. 20 alla Gazzetta Ufficiale – serie generale – 12 marzo 2014, n. 59;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 21 febbraio 2014 con cui l’onorevole dottoressa Maria Anna Madia è stata nominata Ministro senza portafoglio;

Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 22 febbraio 2014 con cui al Ministro senza portafoglio onorevole dott.ssa Maria Anna Madia è stato conferito l’incarico per la semplificazione e la pubblica amministrazione;

Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 aprile 2014 recante delega di funzioni al Ministro senza portafoglio onorevole dott.ssa Maria Anna Madia per la semplificazione e la pubblica amministrazione;

Acquisito il parere tecnico dell’Agenzia per l’Italia digitale; Sentito il Garante per la protezione dei dati personali;

Sentita la Conferenza unificata di cui all’art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 nella seduta del 24 agosto 2013;

Espletata la procedura di notifica alla Commissione europea di cui alla direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, modificata dalla direttiva 98/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 luglio 1998, attuata con decreto legislativo 23 novembre 2000, n. 427;

Di concerto con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo per le parti relative alla formazione e conservazione dei documenti informatici delle pubbliche amministrazioni;

Decreta:

Capo I

Definizioni e ambito di applicazione

Art. 1.  Definizioni

  1. Ai fini del presente decreto si applicano le definizioni del glossario di cui all’allegato 1 che ne costituisce parte integrante.
  2. Le specifiche tecniche relative alle regole tecniche di cui al presente decreto sono indicate nell’allegato n. 2 relativo ai formati, nell’allegato n. 3 relativo agli standard tecnici di riferimento per la formazione, la gestione e la conservazione dei documenti informatici, nell’allegato n. 4 relativo alle specifiche tecniche del pacchetto di archiviazione e nell’allegato n. 5 relativo ai metadati. Le specifiche tecniche di cui al presente comma sono aggiornate con delibera dell’Agenzia per l’Italia digitale, previo parere del Garante per la protezione dei dati personali, e pubblicate sul proprio sito istituzionale.

Art. 2.  Oggetto e ambito di applicazione

  1. Il presente decreto detta le regole tecniche per i documenti informatici previste dall’art. 20, commi 3 e 4, dall’22, commi 2 e 3, dall’art. 23, e dall’23-bis, commi 1 e 2, e del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante «Codice dell’amministrazione digitale», di seguito Codice.
  2. Il presente decreto detta le regole tecniche previste dall’art. 23-ter, commi 3 e 5, dall’art. 40, comma 1 e dall’art. 41, comma 2-bis del Codice in materia di documenti amministrativi informatici e fascicolo informatico.
  3. Ai sensi dell’art. 2, comma 5, del Codice, le presenti regole tecniche si applicano nel rispetto della disciplina rilevante in materia di tutela dei dati personali e, in particolare, del Codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
  4. Le disposizioni del presente decreto si applicano ai soggetti di cui all’art. 2, commi 2 e 3, del Codice, nonché agli altri soggetti a cui è eventualmente affidata la gestione o la conservazione dei documenti informatici.

Capo II Documento informatico

Art. 3.  Formazione del documento informatico

  1. Il documento informatico è formato mediante una delle seguenti principali modalità:
  2. a) redazione tramite l’utilizzo di appositi strumenti software;
  3. b) acquisizione di un documento informatico per via telematica o su supporto informatico, acquisizione della copia per immagine su supporto informatico di un documento analogico, acquisizione della copia informatica di un documento analogico;
  4. c) registrazione informatica delle informazioni risultanti da transazioni o processi informatici o dalla presentazione telematica di dati attraverso moduli o formulari resi disponibili all’utente;
  5. d) generazione o raggruppamento anche in via automatica di un insieme di dati o registrazioni, provenienti da una o più basi dati, anche appartenenti a più soggetti interoperanti, secondo una struttura logica predeterminata e memorizzata in forma statica.
  6. Il documento informatico assume la caratteristica di immodificabilità se formato in modo che forma e contenuto non siano alterabili durante le fasi di tenuta e accesso e ne sia garantita la staticità nella fase di conservazione.
  7. Il documento informatico, identificato in modo univoco e persistente, è memorizzato in un sistema di gestione informatica dei documenti o di conservazione la cui tenuta può anche essere delegata a terzi.
  8. Nel caso di documento informatico formato ai sensi del comma 1, lettera a), le caratteristiche di immodificabilità e di integrità sono determinate da una o più delle seguenti operazioni:
  9. a) la sottoscrizione con firma digitale ovvero con firma elettronica qualificata;
  10. b) l’apposizione di una validazione temporale;
  11. c) il trasferimento a soggetti terzi con posta elettronica certificata con ricevuta completa;
  12. d) la memorizzazione su sistemi di gestione documentale che adottino idonee politiche di sicurezza;
  13. e) il versamento ad un sistema di conservazione.
  14. Nel caso di documento informatico formato ai sensi del comma 1, lettera b), le caratteristiche di immodificabilità e di integrità sono determinate dall’operazione di memorizzazione in un sistema di gestione informatica dei documenti che garantisca l’inalterabilità del documento o in un sistema di conservazione.
  15. Nel caso di documento informatico formato ai sensi del comma 1, lettere c) e d), le caratteristiche di immodificabilità e di integrità sono determinate dall’operazione di registrazione dell’esito della medesima operazione e dall’applicazione di misure per la protezione dell’integrità delle basi di dati e per la produzione e conservazione dei log di sistema, ovvero con la produzione di una estrazione statica dei dati e il trasferimento della stessa nel sistema di conservazione.
  16. Laddove non sia presente, al documento informatico immodificabile è associato un riferimento temporale.
  17. L’evidenza informatica corrispondente al documento informatico immodificabile è prodotta in uno dei formati contenuti nell’allegato 2 del presente decreto in modo da assicurare l’indipendenza dalle piattaforme tecnologiche, l’interoperabilità tra sistemi informatici e la durata nel tempo dei dati in termini di accesso e di leggibilità. Formati diversi possono essere scelti nei casi in cui la natura del documento informatico lo richieda per un utilizzo specifico nel suo contesto tipico.
  18. Al documento informatico immodificabile vengono associati i metadati che sono stati generati durante la sua formazione. L’insieme minimo dei metadati, come definiti nell’allegato 5 al presente decreto, è costituito da:
  19. a) l’identificativo univoco e persistente;
  20. b) il riferimento temporale di cui al comma 7;
  21. c) l’oggetto;
  22. d) il soggetto che ha formato il documento;
  23. e) l’eventuale destinatario;
  24. f) l’impronta del documento informatico.

Eventuali ulteriori metadati sono definiti in funzione del contesto e delle necessità gestionali e conservative.

Art. 4.  Copie per immagine su supporto informatico di documenti analogici

  1. La copia per immagine su supporto informatico di un documento analogico di cui all’art. 22, commi 2 e 3, del Codice è prodotta mediante processi e strumenti che assicurino che il documento informatico abbia contenuto e forma identici a quelli del documento analogico da cui è tratto, previo raffronto dei documenti o attraverso certificazione di processo nei casi in cui siano adottate tecniche in grado di garantire la corrispondenza della forma e del contenuto dell’originale e della copia.
  2. Fermo restando quanto previsto dall’art. 22, comma 3, del Codice, la copia per immagine di uno o più documenti analogici può essere sottoscritta con firma digitale o firma elettronica qualificata da chi effettua la copia.
  3. Laddove richiesta dalla natura dell’attività, l’attestazione di conformità delle copie per immagine su supporto informatico di un documento analogico di cui all’art. 22, comma 2, del Codice, può essere inserita nel documento informatico contenente la copia per immagine. Il documento informatico così formato è sottoscritto con firma digitale del notaio o con firma digitale o firma elettronica qualificata del pubblico ufficiale a ciò autorizzato. L’attestazione di conformità delle copie per immagine su supporto informatico di uno o più documenti analogici può essere altresì prodotta come documento informatico separato contenente un riferimento temporale e l’impronta di ogni copia per immagine. Il documento informatico così prodotto è sottoscritto con firma digitale del notaio o con firma digitale o firma elettronica qualificata del pubblico ufficiale a ciò autorizzato.

Art. 5.  Duplicati informatici di documenti informatici

  1. Il duplicato informatico di un documento informatico di cui all’art. 23-bis, comma 1, del Codice è prodotto mediante processi e strumenti che assicurino che il documento informatico ottenuto sullo stesso sistema di memorizzazione, o su un sistema diverso, contenga la stessa sequenza di bit del documento informatico di origine.

Art. 6.  Copie e estratti informatici di documenti informatici

  1. La copia e gli estratti informatici di un documento informatico di cui all’art. 23-bis, comma 2, del Codice sono prodotti attraverso l’utilizzo di uno dei formati idonei di cui all’allegato 2 al presente decreto, mediante processi e strumenti che assicurino la corrispondenza del contenuto della copia o dell’estratto informatico alle informazioni del documento informatico di origine previo raffronto dei documenti o attraverso certificazione di processo nei casi in cui siano adottate tecniche in grado di garantire la corrispondenza del contenuto dell’originale e della copia.
  2. La copia o l’estratto di uno o più documenti informatici di cui al comma 1, se sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata da chi effettua la copia ha la stessa efficacia probatoria dell’originale, salvo che la conformità allo stesso non sia espressamente disconosciuta.
  3. Laddove richiesta dalla natura dell’attività, l’attestazione di conformità delle copie o dell’estratto informatico di un documento informatico di cui al comma 1, può essere inserita nel documento informatico contenente la copia o l’estratto. Il documento informatico così formato è sottoscritto con firma digitale del notaio o con firma digitale o firma elettronica qualificata del pubblico ufficiale a ciò autorizzato. L’attestazione di conformità delle copie o dell’estratto informatico di uno o più documenti informatici può essere altresì prodotta come documento informatico separato contenente un riferimento temporale e l’impronta di ogni copia o estratto informatico. Il documento informatico così prodotto è sottoscritto con firma digitale del notaio o con firma digitale o firma elettronica qualificata del pubblico ufficiale a ciò autorizzato.

Art. 7.  Trasferimento nel sistema di conservazione

  1. Il trasferimento dei documenti informatici nel sistema di conservazione avviene generando un pacchetto di versamento nelle modalità e con il formato previsti dal manuale di conservazione di cui all’art. 8 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 dicembre 2013, in materia di conservazione dei documenti informatici.
  2. I tempi entro cui i documenti informatici devono essere versati in conservazione sono stabiliti per le diverse tipologie di documento e in conformità alle regole tecniche vigenti in materia.
  3. Il buon esito dell’operazione di versamento è verificato tramite il rapporto di versamento prodotto dal sistema di conservazione.

Art. 8.  Misure di sicurezza

  1. I soggetti privati appartenenti ad organizzazioni che applicano particolari regole di settore per la sicurezza dei propri sistemi informatici possono adottare misure di sicurezza per garantire la tenuta del documento informatico di cui all’art. 3.
  2. I soggetti privati, per garantire la tenuta del documento informatico di cui all’art. 3, possono adottare, quale modello di riferimento, quanto previsto dagli articoli 50-bis e 51 del Codice e dalle relative linee guida emanate dall’Agenzia per l’Italia digitale. I sistemi di gestione informatica dei documenti rispettano le misure di sicurezza previste dagli articoli da 31 a 36 del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e dal disciplinare tecnico di cui all’allegato B del predetto codice.

Capo III

Documento amministrativo informatico Art. 9.  Formazione del documento amministrativo informatico

  1. Al documento amministrativo informatico si applica quanto indicato nel Capo II per il documento informatico, salvo quanto specificato nel presente Capo.
  2. Le pubbliche amministrazioni, ai sensi dell’art. 40, comma 1, del Codice, formano gli originali dei propri documenti attraverso gli strumenti informatici riportati nel manuale di gestione ovvero acquisendo le istanze, le dichiarazioni e le comunicazioni di cui agli articoli 5-bis, 40-bis e 65 del Codice.
  3. Il documento amministrativo informatico, di cui all’art. 23-ter del Codice, formato mediante una delle modalità di cui all’art. 3, comma 1, del presente decreto, è identificato e trattato nel sistema di gestione informatica dei documenti di cui al Capo IV del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, comprensivo del registro di protocollo e degli altri registri di cui all’art. 53, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, dei repertori e degli archivi, nonché degli albi, degli elenchi, e di ogni raccolta di dati concernente stati, qualità personali e fatti già realizzati dalle amministrazioni su supporto informatico, in luogo dei registri cartacei, di cui all’art. 40, comma 4, del Codice, con le modalità descritte nel manuale di gestione.
  4. Le istanze, le dichiarazioni e le comunicazioni di cui agli articoli 5-bis, 40-bis e 65 del Codice sono identificate e trattate come i documenti amministrativi informatici nel sistema di gestione informatica dei documenti di cui al comma 3 ovvero, se soggette a norme specifiche che prevedono la sola tenuta di estratti per riassunto, memorizzate in specifici archivi informatici dettagliatamente descritti nel manuale di gestione.
  5. Il documento amministrativo informatico assume le caratteristiche di immodificabilità e di integrità, oltre che con le modalità di cui all’art. 3, anche con la sua registrazione nel registro di protocollo, negli ulteriori registri, nei repertori, negli albi, negli elenchi, negli archivi o nelle raccolte di dati contenute nel sistema di gestione informatica dei documenti di cui al comma 3.
  6. Fermo restando quanto stabilito nell’art. 3, comma 8, eventuali ulteriori formati possono essere utilizzati dalle pubbliche amministrazioni in relazione a specifici contesti operativi che vanno esplicitati, motivati e riportati nel manuale di gestione.
  7. Al documento amministrativo informatico viene associato l’insieme minimo dei metadati di cui all’art. 53 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, fatti salvi i documenti soggetti a registrazione particolare che comunque possono contenere al proprio interno o avere associati l’insieme minimo dei metadati di cui all’art. 3, comma 9, come descritto nel manuale di gestione.
  8. Al documento amministrativo informatico sono associati eventuali ulteriori metadati rilevanti ai fini amministrativi, definiti, per ogni tipologia di documento, nell’ambito del contesto a cui esso si riferisce, e descritti nel manuale di gestione.
  9. I metadati associati al documento amministrativo informatico, di tipo generale o appartenente ad una tipologia comune a più amministrazioni, sono definiti dalle pubbliche amministrazioni competenti, ove necessario sentito il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, e trasmessi all’Agenzia per l’Italia digitale che ne cura la pubblicazione on line sul proprio sito.
  10. Ai fini della trasmissione telematica di documenti amministrativi informatici, le pubbliche amministrazioni pubblicano sui loro siti gli standard tecnici di riferimento, le codifiche utilizzate e le specifiche per lo sviluppo degli applicativi software di colloquio, rendendo eventualmente disponibile gratuitamente sul proprio sito il software per la trasmissione di dati coerenti alle suddette codifiche e specifiche. Al fine di abilitare alla trasmissione telematica gli applicativi software sviluppati da terzi, le amministrazioni provvedono a richiedere a questi opportuna certificazione di correttezza funzionale dell’applicativo e di conformità dei dati trasmessi alle codifiche e specifiche pubblicate.

Art. 10.  Copie su supporto informatico di documenti amministrativi analogici

  1. Fatto salvo quanto previsto all’art. 4, l’attestazione di conformità, di cui all’art. 23-ter, comma 3, del Codice, della copia informatica di un documento amministrativo analogico, formato dalla pubblica amministrazione, ovvero da essa detenuto, può essere inserita nel documento informatico contenente la copia informatica. Il documento informatico così formato è sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata del funzionario delegato.
  2. L’attestazione di conformità di cui al comma 1, anche nel caso di uno o più documenti amministrativi informatici, effettuata per raffronto dei documenti o attraverso certificazione di processo nei casi in cui siano adottate tecniche in grado di garantire la corrispondenza del contenuto dell’originale e della copia, può essere prodotta come documento informatico separato contenente un riferimento temporale e l’impronta di ogni copia. Il documento informatico prodotto è sottoscritto con firma digitale o con firma elettronica qualificata del funzionario delegato.

Art. 11.  Trasferimento nel sistema di conservazione

  1. Il responsabile della gestione documentale, ovvero, ove nominato, il coordinatore della gestione documentale:
  2. a) provvede a generare, per uno o più documenti informatici, un pacchetto di versamento nelle modalità e con i formati concordati con il responsabile della conservazione e previsti dal manuale di conservazione;
  3. b) stabilisce, per le diverse tipologie di documenti, in conformità con le norme vigenti in materia, con il sistema di classificazione e con il piano di conservazione, i tempi entro cui i documenti debbono essere versati in conservazione;
  4. c) verifica il buon esito dell’operazione di versamento tramite il rapporto di versamento prodotto dal sistema di conservazione.

Art. 12.  Misure di sicurezza

  1. Il responsabile della gestione documentale ovvero, ove nominato, il coordinatore della gestione documentale predispone, in accordo con il responsabile della sicurezza e il responsabile del sistema di conservazione, il piano della sicurezza del sistema di gestione informatica dei documenti, nell’ambito del piano generale della sicurezza ed in coerenza con quanto previsto in materia dagli articoli 50-bis e 51 del Codice e dalle relative linee guida emanate dall’Agenzia per l’Italia digitale. Le suddette misure sono indicate nel manuale di gestione.
  2. Si applica quanto previsto dall’art. 8, comma 2, secondo periodo.

Capo IV

Fascicoli informatici, registri e repertori informatici della pubblica amministrazione Art. 13.  Formazione dei fascicoli informatici

  1. I fascicoli di cui all’art. 41 del Codice e all’art. 64, comma 4, e all’art. 65 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 fanno parte del sistema di gestione informatica dei documenti e contengono l’insieme minimo dei metadati indicati al comma 2-ter del predetto art. 41 del Codice, nel formato specificato nell’allegato 5 del presente decreto, e la classificazione di cui al citato art. 64 del citato decreto n. 445 del 2000.
  2. Eventuali aggregazioni documentali informatiche sono gestite nel sistema di gestione informatica dei documenti e sono descritte nel manuale di gestione. Ad esse si applicano le regole che identificano

univocamente l’aggregazione documentale informatica ed è associato l’insieme minimo dei metadati di cui al comma 1.

Art. 14.  Formazione dei registri e repertori informatici

  1. Il registro di protocollo e gli altri registri di cui all’art. 53, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, i repertori, gli albi, gli elenchi e ogni raccolta di dati concernente stati, qualità personali e fatti realizzati dalle amministrazioni su supporto informatico in luogo dei registri cartacei di cui all’art. 40, comma 4, del Codice sono formati ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera d).
  2. Le pubbliche amministrazioni gestiscono registri particolari informatici, espressamente previsti da norme o regolamenti interni, generati dal concorso di più aree organizzative omogenee con le modalità previste ed espressamente descritte nel manuale di gestione, individuando un’area organizzativa omogenea responsabile.

Art. 15.  Trasferimento in conservazione

  1. Il responsabile della gestione documentale ovvero, ove nominato, il coordinatore della gestione documentale provvede a generare, per uno o più fascicoli o aggregazioni documentali informatiche o registri o repertori informatici di cui all’art. 14, un pacchetto di versamento che contiene i riferimenti che identificano univocamente i documenti informatici appartenenti al fascicolo o all’aggregazione documentale informatica.
  2. Ai fascicoli informatici, alle aggregazioni documentali informatiche, ai registri o repertori informatici si applica quanto previsto per il documento informatico all’art. 11, comma 1, lettere b) e c).

Art. 16.  Misure di sicurezza

  1. Ai fascicoli informatici, alle aggregazioni documentali informatiche, ai registri o repertori informatici si applicano le misure di sicurezza di cui all’art. 12.

Capo V Disposizioni finali

Art. 17.  Disposizioni finali

  1. Il presente decreto entra in vigore decorsi trenta giorni dalla data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
  2. Le pubbliche amministrazioni adeguano i propri sistemi di gestione informatica dei documenti entro e non oltre diciotto mesi dall’entrata in vigore del presente decreto. Fino al completamento di tale processo possono essere applicate le previgenti regole tecniche. Decorso tale termine si applicano le presenti regole tecniche.

Il presente decreto è inviato ai competenti organi di controllo e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.


Entro l’11 agosto 2016 adozione dei documenti amministrativi informatici e del fascicolo informatico

Dall’11 agosto 2016 tutti i documenti della Pubblica Amministrazione dovranno essere digitali e confluire in un fascicolo informatico. La carta uscirà così dalla storia dell’Ente pubblico. Il percorso per raggiungere tale obiettivo non è immediato. Occorrerà procedere alla predisposizione di un crono-programma, di provvedimenti amministrativi a contenuto generale e organizzativo dell’Ente, alla formazione del personale. L’inadempimento da parte delle P.A. ai nuovi obblighi normativi potrebbe determinare l’invalidità degli atti amministrativi approvati successivamente alla scadenza in quanto privi dei requisiti previsti.

I provvedimenti e le azioni da intraprendere per rispettare gli obblighi normativi del DECRETO PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 13 novembre 2014