La notifica postale è legalmente valida dopo 10 giorni dall’avviso di giacenza

In questa ipotesi, la procedura di consegna dell’atto ha raggiunto il suo scopo, in quanto la raccomandata informativa è pervenuta nella sfera di conoscenza del destinatario, anche se assente

In caso di notificazione di un atto impositivo a mezzo del servizio postale, quando dall’avviso di ricevimento risulti che l’agente postale, a causa dell’assenza del destinatario anche al momento della consegna della raccomandata informativa, abbia provveduto a immettere il prescritto avviso di deposito nella cassetta postale dello stesso e, quindi, a restituire l’atto al mittente, la notifica si perfeziona per “compiuta giacenza” decorsi dieci giorni senza che l’interessato abbia provveduto al ritiro del piego.

Questo, in sintesi, l’insegnamento reso dalla Corte Suprema di Cassazione con la sentenza n. 6853 del 14 marzo 2024, ove la Corte Suprema di Cassazione precisa che, in queste ipotesi, la notifica ha raggiunto il suo scopo, in quanto la raccomandata informativa è pervenuta nella sfera di conoscenza del destinatario.

Nel mese di maggio 2013, l’ufficio, avvalendosi del servizio postale, inviava un avviso di accertamento a un contribuente.

Stante l’assenza del destinatario e di altri soggetti abilitati alla ricezione, l’agente postale dava notizia all’interessato del tentativo di recapito e del deposito dell’atto, inviando la prescritta raccomandata informativa (comunicazione di avvenuto deposito – Cad).

Poiché anche questa raccomandata non veniva recapitata, nuovamente per la temporanea assenza del destinatario e di altri legittimi consegnatari, il “postino” lasciava un avviso nella cassetta della corrispondenza del contribuente, dando atto di tale adempimento nella ricevuta di ritorno poi restituita all’ufficio.

Il 4 marzo 2014, quindi ben dieci mesi dopo i riferiti eventi, la parte privata proponeva ricorso avverso l’avviso di accertamento, lamentando in primis l’inesistenza della notifica innanzi descritta in asserita violazione di una lunga serie di norme disciplinanti l’iter di notificazione in generale e la notifica a mezzo del servizio postale in particolare.

La Commissione tributaria provinciale rilevava la tardività del ricorso e lo dichiarava inammissibile.

Il verdetto veniva ribaltato dal collegio regionale della Sicilia (sentenza n. 6665/8/2021 del 16 luglio 2021), il quale concludeva affermando, che la mancata effettiva ricezione, da parte del contribuente, della raccomandata informativa dell’avvenuto deposito comportava la nullità della notifica, e che la proposizione del ricorso doveva quindi considerarsi tempestiva.

Nel ricorso per cassazione, l’ufficio censurava la decisione, difendendo la ritualità della notificazione, da cui sarebbe derivata la tardività del ricorso introduttivo.

In particolare, la parte pubblica valorizzava la circostanza di aver prodotto in giudizio l’AR della comunicazione di avvenuto deposito, documento che dava conto dell’immissione dell’avviso di giacenza nella cassetta della corrispondenza del destinatario, non rinvenuto perché temporaneamente assente dal proprio domicilio.

La Corte Suprema di Cassazione ha accolto il ricorso, cassando senza rinvio la sentenza impugnata e condannando la parte privata alle spese del giudizio di legittimità.

Al riguardo, i Giudici ricordano che, per consolidata giurisprudenza, qualora l’atto da notificare non venga consegnato al destinatario per sua temporanea assenza ovvero per assenza o inidoneità di altre persone a riceverlo, la prova del perfezionamento della notifica può essere data dal notificante esclusivamente attraverso la produzione in giudizio dell’avviso di ricevimento della raccomandata della Cad, non essendo a tal fine sufficiente la prova dell’avvenuta spedizione di detta raccomandata informativa (Cassazione, sezioni unite., n. 10012/2021, e Cassazione, sentenze nn. 7086, 6352, 3017, del 2024).

Nel caso in esame, spiega la Corte Suprema di Cassazione, nel giudizio di merito l’ufficio ha prodotto sia la raccomandata contenente l’atto da notificare, sia quella con cui era stata data notizia all’interessato dell’avvenuto deposito: in particolare, in quest’ultima si dava conto sia dell’assenza del destinatario che dell’avvenuta immissione in cassetta dell’avviso di giacenza, senza che il medesimo destinatario avesse curato il ritiro del piego nei dieci giorni successivi.

In questa ipotesi, precisa la Corte Suprema di Cassazione richiamando il proprio precedente contenuto nella sentenza n. 8895/2022, secondo cui, quando dall’avviso di ricevimento prodotto in giudizio risulti che l’agente postale, assente il destinatario anche al momento della consegna della raccomandata informativa, abbia correttamente provveduto a immettere l’avviso nella cassetta postale del medesimo e, quindi, a restituire l’atto al mittente, “la notifica si perfeziona a seguito del decorso di dieci giorni senza che il predetto destinatario (nonostante l’invio della comunicazione di avvenuto deposito cd. CAD) abbia provveduto al ritiro del piego depositato presso l’ufficio, così determinando la compiuta giacenza”; in tali casi, “avendo la notifica raggiunto il suo scopo, in quanto la raccomandata informativa è pervenuta presso la sfera di conoscenza del destinatario che l’ha ricevuta presso il proprio indirizzo ed è risultato nuovamente assente, scegliendo di omettere il ritiro di tale plico presso l’ufficio postale, opera la presunzione di cui all’art. 1335 c.c.”, la notificazione si considera validamente eseguita.

Si osserva che la pronuncia interviene a chiarire i contorni di una fattispecie, concernente il perfezionamento della notificazione eseguita a mezzo del servizio postale nei confronti di soggetti che, in sede di recapito dell’atto, risultino temporaneamente assenti, sulla quale non di rado si dibatte nelle aule in cui si amministra la giustizia tributaria.

Premesso che lo scopo della notificazione è quello di portare il contenuto dell’atto nella legale conoscenza di un determinato soggetto e che tale risultato risulta immediatamente percepibile laddove l’iter notificatorio si sia concluso con la consegna dell’atto al destinatario o ad altri soggetti abilitati alla ricezione in sua vece, occorre verificare come il legislatore ha disciplinato le situazioni in cui, nella fase in cui viene tentato il recapito dell’atto, il destinatario risulta temporaneamente assente, e gli altri possibili consegnatari sono anch’essi assenti oppure non intendono ricevere l’atto.

Con specifico riguardo alla notificazione postale, l’articolo 8 della legge n. 890/1982, dopo aver previsto al comma 1 che, “se le persone abilitate a ricevere il piego in luogo del destinatario rifiutano di riceverlo, ovvero se l’operatore postale non può recapitarlo per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneità o assenza delle persone sopra menzionate, il piego è depositato…presso il punto di deposito più vicino al destinatario”, al successivo comma 4 precisa che del tentativo di notifica del piego e del suo deposito “è data notizia al destinatario, a cura dell’operatore postale, mediante avviso in busta chiusa a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento che, in caso di assenza del destinatario, deve essere affisso alla porta d’ingresso oppure immesso nella cassetta della corrispondenza…” e che l’avviso deve contenere, tra l’altro, “…l’espresso invito al destinatario a provvedere al ricevimento del piego a lui destinato…, con l’avvertimento che la notificazione si ha comunque per eseguita trascorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata di cui al periodo precedente…”.

Come già spiegato dalla Corte Suprema di Cassazione (n. 19333/2022 e n. 18076/2023), in caso di assenza del destinatario in occasione del recapito della relativa raccomandata, non seguita dal ritiro del piego entro il termine di giacenza, l’attestazione dell’agente postale in ordine all’avvenuta immissione dell’avviso di deposito nella cassetta postale o alla sua affissione alla porta dell’abitazione, costituiscono formalità che “consentono il perfezionarsi della notifica allo spirare del decimo giorno dalla spedizione della raccomandata stessa, spettando al destinatario contestare, adducendo le relative ragioni di fatto e proponendo quando necessario querela di falso, che, nonostante quanto risultante dalla CAD, in concreto non si siano realizzati i presupposti di conoscibilità richiesti dalla legge oppure egli si sia trovato, senza sua colpa, nell’impossibilità di prendere cognizione del piego” (Cassazione, n. 31845/2022).

Più nello specifico, spiega ancora la sentenza n. 19333/2022, per la Cad, al fine di regolare una vicenda che altrimenti potrebbe portare al reiterarsi indefinito di successivi avvisi e depositi, la norma prevede soltanto che, in caso di assenza del destinatario, l’avviso di deposito deve essere affisso alla porta d’ingresso oppure immesso nella cassetta della corrispondenza dell’abitazione, dell’ufficio o dell’azienda “e pertanto l’agente postale, nel recapitare la raccomandata di avviso, ove non trovi il destinatario, non può far altro che procedere ad uno di tali incombenti, dandone atto nell’avviso di ricevimento della CAD”.

La Corte Suprema di Cassazione, dunque, ribadisce una regola, già affermata, finalizzata a salvaguardare il diritto del mittente a che l’iter notificatorio si perfezioni senza che l’eventuale assenza del destinatario possa divenire arbitra dell’esito positivo della notificazione stessa.


La PEC non garantisce il contenuto del suo allegato

Secondo la Corte Suprema di Cassazione, la posta elettronica certificata (PEC) dimostra l’invio e la ricezione del messaggio, non garantisce il contenuto del documento allegato.

PEC è l’acronimo di Posta Elettronica Certificata.

La PEC, in Italia, è un tipo particolare di posta elettronica che permette di dare al contenuto dello scritto lo stesso valore legale di una tradizionale raccomandata con avviso di ricevimento, garantendo in questo modo la prova dell’invio e della consegna.

L’indirizzo PEC delle imprese e dei professionisti si può rintracciare gratuitamente online attraverso il registro pubblico INI-PEC.

Nonostante sia una particolarità italiana, dal 2018 sono state avviate attività governative per rendere la PEC conforme allo standard dell’Unione Europea.

A partire dal 2024, alla PEC si sostituisce lo standard europeo REM (Registered Electronic Mail) che prevede l’autenticazione a due fattori e la certificazione dell’identità del mittente e del destinatario con lo SPID o la carta d’identità elettronica.

Con decreto depositato il 2/10/2018 il Tribunale di Cagliari ha respinto l’opposizione ex art. 98 legge fallimentare proposta da xxxxxx contro il decreto con il quale il G.D. del fallimento. Xxxxx aveva respinto la sua domanda di insinuazione del credito dell’importo di euro 231.540,70, richiesto a titoli di canoni di affitto di azienda dei quali al contratto sottoscritto tra le parti.

Il Tribunale ha condiviso l’impostazione del G.D., ritenendo il contratto di affitto d’azienda in oggetto non opponibile alla procedura perché privo di data certa.

In particolare, ha osservato che, anche potendo costituire un significativo elemento di prova della data certa la PEC datata 21/01/2013 con la quale la società Xxxxxx (poi fusa in xxxxx) aveva chiesto il pagamento dei canoni insoluti imputandoli al contratto.

Questo documento non era dotato di data certa, essendoci esclusivamente la prova che, in data 21/01/2013, la ricorrente aveva inviato una PEC alla Xxxxx, ma non anche che il documento allegato alla PEC fosse la nota prodotta.

Il Tribunale di Cagliari ha ritenuto che l’opponente avrebbe dovuto riprodurre il documento in formato elettronico, in modo da potere verificare se allegata alla PEC ci fosse la comunicazione prodotta.

Analoga conclusione doveva essere estesa alla nota del 15/10/2012, la quale non conteneva nessun rinvio al contratto, né al suo contenuto, ma esclusivamente alle fatture emesse e non pagate.

Contro il decreto la Xxxxx ha proposto Ricorso per Cassazione Xxxxx, affidandolo a quattro motivi.

La Sezione Prima civile della Corte Suprema di Cassazione nella sentenza n. 10091 del 15 aprile 2024, confermando una linea giurisprudenziale delineata in precedenti decisioni (Cass. n. 32165/2023 e Cass. n. 34755/2023), ha ribadito il principio secondo il quale la posta elettronica certificata (PEC) dimostra l’invio e la ricezione del messaggio, però non garantisce il contenuto del documento allegato.

La Suprema Corte di Cassazione ha chiarito che, nonostante la PEC certifichi data, ora e formato di spedizione di un messaggio, i dettagli non sono on grado di garantire l’autenticità o l’integrità dei file trasmessi con la stessa.

Ad esempio, un file allegato a una PEC potrebbe contenere informazioni false o provenire da terze parti.

In questi casi, la certificazione della PEC non verifica e non conferma la veridicità o la pertinenza del contenuto del documento allegato.

L’autenticità e la completezza dei documenti, viene garantita attraverso l’utilizzo della firma digitale, la quale attesta sia la provenienza del documento, sia la sua integrità, rafforzando la sicurezza e la validità legale del documento in caso di opponibilità a terzi.

La Corte Suprema di Cassazione ha anche specificato che la semplice menzione di un documento in un altro non conferisce in modo automatico allo stesso documento una data certa, se non viene fornita una prova contestuale della sua esistenza e integrità.

Questo principio è fondamentale quando documenti importanti, come contratti o mandati professionali, sono menzionati in altri atti legali senza essere allegati o verificati.

Come si legge su misterlex,it, a questo proposito:

La PEC si conferma uno strumento efficace per garantire la trasmissione certificata di messaggi.

I professionisti del diritto devono stare attenti a non presumere una verifica automatica del contenuto dei documenti allegati, se gli stessi non siano protetti e certificati in modo adeguato attraverso la firma digitale.


Altri 90 milioni di euro per app IO, pagoPA e SEND

Il Dipartimento per la trasformazione digitale ha annunciato la pubblicazione di tre nuovi avvisi per sostenere l’adozione di altrettanti servizi digitali, ovvero app IO, pagoPA e SEND. La somma complessiva disponibile, grazie al PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), ammonta a 90 milioni di euro. Le domande di partecipazione devono essere inviate entro il 20 settembre.

Più fondi per la digitalizzazione

L’attuale governo punta all’eliminazione dello SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) e all’uso esclusivo della CIE (Carta d’Identità Elettronica) come metodo di accesso ai servizi della Pubblica Amministrazione attraverso l’app IO (che includerà il portafoglio digitale italiano). Quest’ultima diventerà quasi indispensabile per i cittadini, quindi sono stati stanziati 30 milioni di euro per spingere i Comuni verso una maggiore adozione.

Alla piattaforma pagoPA sono invece destinati 10 milioni di euro. In questo caso, l’avviso riguarda Regioni e Province autonome, Aziende sanitarie locali e ospedaliere, Università, Enti di ricerca e AFAM.

La fetta maggiore è riservata a SEND, in quanto ancora poco utilizzato. I Comuni possono accedere ad un fondo di 50 milioni di euro per integrare i propri sistemi nella Piattaforma Notifiche Digitali (attivata a luglio 2023) e attivare i primi due servizi. Una parte della somma deriva probabilmente dai 51,7 milioni di euro dell’avviso di settembre 2022.

Grazie agli avvisi di PA Digitale 2026 sono stati allocati 2 miliardi di euro. Circa 17.000 PA locali hanno già aderito agli avvisi del PNRR dedicati al digitale (99% dei Comuni e 88% delle scuole) con oltre 54.000 progetti avviati. Alessio Butti, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’innovazione tecnologica, ha dichiarato:

Altri 90 milioni di euro per digitalizzare la PA. Una dimostrazione tangibile dell’impegno del Governo Meloni nel rendere i servizi pubblici più accessibili e funzionali, favorendo un cambiamento duraturo sul sistema paese. Con l’incremento delle risorse per app IO, pagoPA e la nuova piattaforma SEND guardiamo al futuro, agendo con decisione e visione per non lasciare indietro nessuna amministrazione locale.

Fonte: Dipartimento per la trasformazione digitale


Notifica valida se il destinatario ha la possibilità di conoscere l’atto

Il contribuente che vuole ricorrere alla rimessione nei termini per giustificare la sua assenza dal domicilio deve dimostrare adeguatamente che tale circostanza deriva da causa a lui non imputabile

Ai fini del perfezionamento della notificazione, la conoscibilità dell’atto va intesa come possibilità di conoscenza dello stesso e non come sua conoscenza effettiva e certa.

Questo il principio di diritto espresso dalla Corte Suprema di Cassazione nella sentenza n. 4597 del 21 febbraio 2024, ove ha precisato che la parte che invochi la rimessione in termini per procedere all’impugnazione tardiva deve dimostrare di non aver potuto esercitare tempestivamente il potere processuale per causa ad essa non imputabile o per caso fortuito o forza maggiore, vale a dire per un impedimento non evitabile con un comportamento diligente.

In sede di impugnazione di un atto di accertamento, un contribuente deduceva, tra l’altro, l’illegittimità del provvedimento per difetto di notifica e invocava la rimessione in termini ai sensi dell’articolo 153 del codice di procedura civile.

Il ricorso di primo grado veniva dichiarato inammissibile per tardività.

Lo sfavorevole verdetto veniva ribadito dalla Commissione Tributaria Regionale del Veneto, con sentenza n. 283/03/18 del 1° marzo 2018, che l’interessato impugnava in sede di legittimità.

Dinanzi alla Corte Suprema di Cassazione, per quanto d’interesse, l’istante ribadiva le censure relative alla notifica.

Nello specifico, la parte privata insisteva sull’eccezione di mancato perfezionamento della notificazione, per un verso asserendo la violazione della sequenza procedimentale prevista dalla legge – in particolare, dolendosi della mancata affissione dell’avviso di deposito alla porta dell’abitazione e della mancata ricezione effettiva della comunicazione di avvenuto deposito (Cad), per l’altro, affermando che l’iter notificatorio di cui all’articolo 8 della legge n. 890/1982, ove è previsto il rilascio dell’avviso al destinatario mediante “affissione alla porta d’ingresso oppure mediante immissione nella cassetta della corrispondenza dell’abitazione” avrebbe dovuto interpretarsi come un “ordine di modalità di esecuzione della notifica”, nel senso che l’affissione avrebbe dovuto essere eseguita in via principale mentre l’immissione dell’avviso in cassetta postale, ipotesi verificatasi nel caso in esame, si sarebbe potuta effettuare soltanto in via subordinata.

In aggiunta, il ricorrente affermava che, nel rispetto dell’articolo 60, quarto comma, del Dpr n. 600/1973, ai sensi del quale “qualunque notificazione a mezzo del servizio postale si considera fatta nella data della spedizione; i termini che hanno inizio dalla notificazione decorrono dalla data in cui l’atto è ricevuto”, il termine per l’impugnazione dell’atto avrebbe dovuto computarsi dalla “concreta conoscibilità”, intesa come effettiva conoscenza del provvedimento impugnato.

L’interessato, infine, si doleva del fatto che il giudice di secondo grado non aveva tenuto conto della circostanza che la sua assenza dalla casa di abitazione era dovuta a ragioni di salute, avendo locato un appartamento in una località termale nel periodo in cui la notifica era stata effettuata: concludeva che, trattandosi di causa a lui non imputabile e, comunque, scusabile, il collegio regionale aveva violato l’articolo 153 c.p.c. negandogli la remissione in termini.

La pronuncia della Corte

La Corte Suprema di Cassazione ha rigettato il ricorso, in primis dichiarando inammissibile, in quanto motivo nuovo, la censura relativa alle modalità di esecuzione della notifica e ricordando comunque che, nell’ambito del particolare iter di cui al caso concreto, l’affissione dell’avviso alla porta piuttosto che la sua immissione nella cassetta postale costituiscono “due procedure alternative tra loro, senza ordine di preferenza (Cass., V, n. 22348/2020)”.

Poi, la Corte Suprema di Cassazione ha concluso per l’infondatezza del motivo con cui la parte riteneva di poter ancorare il perfezionamento del procedimento notificatorio alla ricezione effettiva della Cad, puntualizzando che la conoscibilità di un atto notificato “va intesa come possibilità di conoscenza effettiva dell’atto notificando stesso e non come sua conoscenza certa (Cass., Sez. Un. n. 10012/2021)”.

In ordine alla questione della richiesta di rimessione in termini, la Corte Suprema di Cassazione ha ricordato che il presupposto affinché detta rimessione possa operare è che la parte richiedente dimostri di non aver potuto esercitare tempestivamente il potere processuale per causa ad essa non imputabile o per caso fortuito o forza maggiore, occorrendo cioè “che vi sia un impedimento non evitabile con un comportamento diligente (Cass. n. 21794/2015)» (Cass., V, n. 10162/2023)”.

Nella vicenda in esame, rileva la pronuncia, la Commissione Tributaria Regionale ha rigettato la richiesta di rimessione in termini per non aver il ricorrente dimostrato una impossibilità assoluta e oggettiva a rientrare presso la propria residenza, ma bensì, e soltanto, una mera difficoltà relativa.

Nell’ordinamento giuridico, la notificazione costituisce lo strumento finalizzato a portare il contenuto di un atto nella legale conoscenza di uno o più soggetti determinati.

Si parla di “conoscenza legale” perché, ai fini della validità della notifica è necessario, e anche sufficiente, che vengano realizzate le formalità stabilite al riguardo dalla legge (Cassazione, n. 24002/2019, ove si precisa che il rispetto della sequenza procedimentale fissata dal legislatore “costituisce idoneo elemento di garanzia che il destinatario dell’atto, pur non avendo ricevuto l’atto, sia posto nelle condizioni di averne conoscenza”).

Il perfezionamento dell’iter notificatorio si fonda, dunque, sulla ragionevole presunzione di conoscenza dell’atto da parte del destinatario, mentre non è richiesta la conoscenza concreta ed effettiva dell’atto stesso, che di fatto si realizza soltanto nel caso di “notifica in mani proprie” (Cassazione n. 6924/2019)

In definitiva, lo scopo della notifica può dirsi raggiunto e la notifica è valida quando è garantita la conoscibilità, “intesa come possibilità di conoscenza effettiva, dell’atto notificando” (Cassazione, SSUU, n. 10012/2021).

Sotto questo profilo, dunque, la decisione in commento conferma un quadro interpretativo che appare decisamente consolidato.

Anche per quanto concerne l’aspetto della rimessione in termini, di cui all’articolo 153, secondo comma c.p.c., ai sensi del quale “La parte che dimostra di essere incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile può chiedere al giudice di essere rimessa in termini”, la sentenza della Corte Suprema di Cassazione risulta, quindi, coerente con l’orientamento di legittimità per il quale la rimessione “presuppone sempre una situazione di impedimento, non imputabile alla parte che invoca la stessa” (Cassazione, n. 3157/2024), perché “cagionata da un fattore estraneo alla sua volontà che presenti i caratteri dell’assolutezza e non della mera difficoltà” (Cassazione, n. 19384/2023 e n. 1707/2024).


Notifiche avvocati: conversione in legge del decreto PNRR

L’articolo 25-bis della legge di conversione del decreto cd. PNRR disciplina l’impiego di mezzi telematici per le notifiche di atti civili, amministrativi e stragiudiziali. Si consente, pertanto, agli avvocati la notificazione di atti giudiziali e stragiudiziali tramite un invio postale generato con mezzi telematici.

L’articolo 25-bis (“Disposizioni per favorire l’impiego di mezzi telematici per le notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali da parte degli avvocati”) è stato introdotto durante l’esame parlamentare di conversione del decreto PNRR in legge (Legge 29 aprile 2024, n. 56 che reca la “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19, recante ulteriori disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)”), e contiene una disposizione preordinata ad autorizzare gli avvocati la notificazione di atti civili, amministrativi e stragiudiziali tramite un invio postale generato con mezzi telematici. Il testo, nella finalità di semplificare il procedimento di notificazione e favorire il raggiungimento degli obiettivi di efficientamento del sistema giudiziario, funzionali all’attuazione del PNRR sulle modalità della notificazione per mezzo del servizio postale, della legge n. 53 del 1994, la quale disciplina la facoltà di notificazione di atti civili, amministrativi e stragiudiziali da parte degli avvocati per mezzo del servizio postale o mediante posta elettronica certificata, inserendovi il comma 2-bis.

Il procedimento delle notifiche consente agli avvocati la notificazione di atti civili, amministrativi e stragiudiziali mediante un invio postale generato con mezzi telematici, prevedendo che il notificante nella relazione di notificazione debba dare atto delle modalità dell’invio, indicare generalità e residenza, dimora o domicilio del destinatario, il domicilio del notificante, il numero del registro cronologico di cui all’art. 8, come anche i dati previsti dal comma 2. L’atto deve essere sottoscritto dal notificante nel rispetto della normativa processuale, anche regolamentare, sulla sottoscrizione, trasmissione e ricezione dei documenti informatici.

Il documento informatico deve essere munito della firma digitale ovvero del sigillo elettronico qualificato apposti dall’ufficiale postale, il quale provvede a stampare la copia da notificare e l’avviso di ricevimento, contenente le indicazioni di cui al comma 2, nonché a confezionare il piego raccomandato, riportando su ogni pagina il numero identificativo e attestando la conformità della copia.

Legge 29/04/2024, n. 56

In vigore dal 1° maggio 2024

Dopo l’articolo 25 è inserito il seguente:

«Art. 25-bis (Disposizioni per favorire l’impiego di mezzi telematici per le notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali da parte degli avvocati).

– 1. Al fine di semplificare il procedimento di notificazione e favorire il raggiungimento degli obiettivi di efficienza del sistema giudiziario, funzionali all’attuazione del PNRR, all’articolo 3 della legge 21 gennaio 1994, n. 53, dopo il comma 2 è inserito il seguente:

“2-bis. È consentita la notificazione tramite un invio postale generato con mezzi telematici. A tal fine, nella relazione di notificazione il notificante dà atto delle modalità di invio e indica il nome, il cognome, la residenza o dimora o domicilio del destinatario, nonché il domicilio del notificante, il numero del registro cronologico di cui all’articolo 8 e gli elementi previsti dal comma 2 del presente articolo. L’atto è sottoscritto digitalmente dal notificante nel rispetto della normativa processuale, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. L’ufficiale postale appone la propria firma digitale o un sigillo elettronico qualificato sul documento informatico, stampa la copia da notificare e l’avviso di ricevimento e confeziona il piego raccomandato, riportando su ciascuna pagina della copia da notificare il numero identificativo dell’invio postale e attestando la conformità della copia al documento informatico trasmesso. Nell’avviso di ricevimento sono contenute le indicazioni di cui al comma 2”».

Legge 21/01/1994, n. 53

Facoltà di notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati e procuratori legali.
Pubblicata nella Gazz. Uff. 26 gennaio 1994, n. 20. In vigore dal 1° maggio 2024

  1. Il notificante che procede a norma dell’articolo 2 deve:(6)
  2. scrivere la relazione di notificazione sull’originale e sulla copia dell’atto, facendo menzione dell’ufficio postale per mezzo del quale spedisce la copia al destinatario in piego raccomandato con avviso di ricevimento;
  3. presentare all’ufficio postale l’originale e la copia dell’atto da notificare; l’ufficio postale appone in calce agli stessi il timbro di vidimazione, inserendo quindi la copia, o le copie, da notificare nelle buste di cui all’art. 2, sulle quali il notificante ha preventivamente apposto le indicazioni del nome, cognome, residenza o dimora o domicilio del destinatario, con l’aggiunta di ogni particolarità idonea ad agevolarne la ricerca; sulle buste devono essere altresì apposti il numero del registro cronologico di cui all’art. 8, la sottoscrizione ed il domicilio del notificante;
  4. presentare contemporaneamente l’avviso di ricevimento compilato con le indicazioni richieste dal modello predisposto dall’Amministrazione postale, con l’aggiunta del numero di registro cronologico.
  5. Per le notificazioni di atti effettuate prima dell’iscrizione a ruolo della causa o del deposito dell’atto introduttivo della procedura, l’avviso di ricevimento deve indicare come mittente la parte istante e il suo procuratore; per le notificazioni effettuate in corso di procedimento, l’avviso deve indicare anche l’ufficio giudiziario e, quando esiste, la sezione dello stesso.

2-bis.    È consentita la notificazione tramite un invio postale generato con mezzi telematici. A tal fine, nella relazione di notificazione il notificante dà atto delle modalità di invio e indica il nome, il cognome, la residenza o dimora o domicilio del destinatario, nonché il domicilio del notificante, il numero del registro cronologico di cui all’articolo 8 e gli elementi previsti dal comma 2 del presente articolo. L’atto è sottoscritto digitalmente dal notificante nel rispetto della normativa processuale, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. L’ufficiale postale appone la propria firma digitale o un sigillo elettronico qualificato sul documento informatico, stampa la copia da notificare e l’avviso di ricevimento e confeziona il piego raccomandato, riportando su ciascuna pagina della copia da notificare il numero identificativo dell’invio postale e attestando la conformità della copia al documento informatico trasmesso. Nell’avviso di ricevimento sono contenute le indicazioni di cui al comma 2.(8)

  1. Per il perfezionamento della notificazione e per tutto quanto non previsto dal presente articolo, si applicano, per quanto possibile, gli articoli 4 e seguenti della legge 20 novembre 1982, n. 890.

 3-bis.    La notifica è effettuata a mezzo della posta elettronica certificata solo se l’indirizzo del destinatario risulta da pubblici elenchi. Il notificante procede con le modalità previste dall’articolo 149-bis del codice di procedura civile, in quanto compatibili, specificando nella relazione di notificazione il numero di registro cronologico di cui all’articolo 8. (7) (5)

NOTE

(5) Comma abrogato dall’art. 16-quater, comma 1, lett. c), D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221, come inserito dall’art. 1, comma 19, n. 2), L. 24 dicembre 2012, n. 228, a decorrere dal 1° gennaio 2013; per l’efficacia della presente disposizione, vedi l’art. 16-quater, comma 3 del suddetto D.L. 179/2012.

(6) Alinea così modificato dall’art. 16-quater, comma 1, lett. b), D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221, come inserito dall’art. 1, comma 19, n. 2), L. 24 dicembre 2012, n. 228, a decorrere dal 1° gennaio 2013; per l’efficacia della presente disposizione, vedi l’art. 16-quater, comma 3 del suddetto D.L. 179/2012.

(7) Comma aggiunto dall’art. 4, comma 1, L. 28 dicembre 2005, n. 263, a decorrere dal 29 dicembre 2005 e, successivamente, così sostituito dall’art. 25, comma 3, lett. b), L. 12 novembre 2011, n. 183, a decorrere dal 1° gennaio 2012; tale ultima disposizione si applica decorsi trenta giorni dalla data di entrata in vigore della suddetta L. 183/2011, ai sensi di quanto disposto dal citato art. 25, comma 5, L. 183/2011.

(8) Comma inserito dall’art. 25-bis, comma 1, D.L. 2 marzo 2024, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 aprile 2024, n. 56.


Buon 1° MAGGIO


BUON 25 APRILE


Notifiche atti fiscali: cosa cambia con le notifiche digitali?

A partire dal 30 aprile 2024, è stata introdotta una nuova modalità di notifica per gli atti fiscali tramite i domicili digitali. La notifica dell’accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate potrà avvenire presso il domicilio digitale.
Con l’introduzione delle nuove regole riguardanti le notifiche digitali, ogni atto, provvedimento, avviso o comunicazione da parte dell’Agenzia delle Entrate potrà essere inviato ai cittadini attraverso la posta elettronica certificata (PEC) direttamente agli indirizzi digitali registrati. Questo cambio procedurale è stato reso possibile grazie all’aggiunta dell’articolo 60-ter al Dpr 600/1973, che prevede una specifica regolamentazione per le comunicazioni al domicilio digitale, già precedentemente previste nel 7° comma dell’art. 60 emendato nella parte in questione e riformulato con l’introduzione dell’art. 60-ter.
Come vengono inviate le notifiche digitali dall’Agenzia delle Entrate?
Le notifiche, comprese quelle che per legge richiedono una notifica formale, potranno essere inviate direttamente dall’ufficio delle imposte competente tramite PEC. Gli indirizzi utilizzati per queste comunicazioni provengono dagli elenchi Ipa (per le pubbliche amministrazioni), Ini-Pec (per imprese e professionisti) e Inad (per chi non è tenuto ad avere un indirizzo digitale) o è il domicilio speciale comunicato dal cittadino per la notifica di atti relativi ad un determinato procedimento.
Cosa accade se l’indirizzo PEC è saturo o non funzionante?
All’atto del primo tentativo di invio la casella PEC risulta piena o non funzionante, l’ufficio fiscale effettuerà un secondo tentativo dopo almeno sette giorni. Se anche questo secondo tentativo dovesse fallire, le modalità di notifica cambieranno a seconda della categoria del destinatario:
• per le pubbliche amministrazioni, le imprese e i professionisti senza obbligo di indirizzo digitale e per chi ha un domicilio speciale, si procederà con i tradizionali metodi cartacei;
• invece, per imprese e professionisti con obbligo di indirizzo digitale, la notifica verrà effettuata tramite deposito telematico presso l’area riservata di Info Camere Scpa e annunciata sul loro sito internet.
Quando si considera perfezionata la notifica per il mittente e per il destinatario?
Per il mittente, la notifica si considera completata nel momento in cui riceve dal proprio gestore di posta elettronica certificata o di servizio di recapito certificato una ricevuta di accettazione, con attestazione temporale, che conferma l’invio del messaggio.
Per il destinatario, invece, la notifica è considerata perfezionata alla data in cui viene effettivamente consegnata, come attestato dalla ricevuta inviata dal gestore della PEC o del servizio di recapito elettronico certificato al mittente.
Come si perfeziona la notifica in caso di casella PEC satura?
Quando la casella di posta elettronica certificata (PEC) del destinatario è piena e non può ricevere nuovi messaggi, la notifica si considera legalmente perfezionata il quindicesimo giorno dopo la pubblicazione di un avviso sul sito web di InfoCamere Scpa.
Questo meccanismo assicura che il destinatario abbia un periodo definito entro cui prendere atto della notifica, anche in assenza di ricezione diretta.
Le cartelle di pagamento possono essere notificate digitalmente?
Sì, anche le cartelle di pagamento possono essere notificate in modo digitale seguendo le stesse procedure previste per le altre comunicazioni fiscali, in quanto l’art. 26 DPR 602/1973 recepisce le modalità di notificazione introdotte con l’adozione dell’art. 60-ter DPR 600/1973. Questo amplia l’ambito di applicazione delle notifiche digitali, includendo anche gli atti relativi alla riscossione dei tributi.
Quali comunicazioni possono essere inviate digitalmente?
Gli atti e le comunicazioni dell’agente della riscossione che non richiedono per legge una notifica formale potranno essere comunicati ai destinatari utilizzando le nuove modalità digitali previste dall’articolo 60-ter del Dpr 600/1973. Questo include una vasta gamma di comunicazioni che precedentemente potevano richiedere l’invio cartaceo.
Quali sono i vantaggi delle notifiche digitali?
Le notifiche digitali sono viste positivamente, soprattutto perché possono ridurre i problemi frequentemente associati alle notifiche cartacee, come ritardi e smarrimenti. La digitalizzazione delle comunicazioni promette quindi maggiore efficienza e affidabilità.
È prevista l’introduzione della firma digitale per i verbali di verifica?
Sarà introdotta la possibilità di apporre la firma digitale sui verbali redatti a seguito di controlli fiscali. Questa opzione sarà disponibile non appena l’Agenzia delle Entrate pubblicherà un provvedimento specifico. I verificatori potranno firmare digitalmente i verbali, anche se il contribuente li ha già firmati in forma cartacea, attestando così la conformità della versione digitale con quella cartacea.


Omessa sottoscrizione digitale dell’atto redatto in originale informatico

Le Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione nella sentenza n. 6477 del 12 marzo 2024 si sono pronunciate in merito alle conseguenze derivanti dalla mancata sottoscrizione digitale da parte del difensore del ricorso redatto in originale informatico (c.d. nativo digitale).

L’Agenzia delle Entrate impugnava avanti alla Corte Suprema di Cassazione la sentenza della Commissione Tributaria Regionale (C.T.R.) del Lazio, sezione staccata di Latina, che, in riforma della decisione della Commissione Tributaria Provinciale di Frosinone, aveva accolto l’appello della Alfa s.r.l. e annullava, di conseguenza, l’avviso di accertamento emesso nei confronti di detta società.

La società Alfa resisteva con controricorso, eccependo preliminarmente l’inammissibilità per “inesistenza” del ricorso, redatto in originale informatico, in quanto privo di sottoscrizione digitale del difensore.

La Sezione Tributaria con ordinanza interlocutoria, reputando sussistente una questione di massima di particolare importanza in ordine al vizio ravvisabile nel ricorso per cassazione nativo digitale privo della firma digitale del difensore (nella specie, dell’avvocato dello Stato) trasmetteva gli atti al Primo Presidente ai sensi dell’art. 374 c.p.c., il quale ha assegnato la causa a queste Sezioni Unite, che dichiarano ammissibile l’impugnazione sulla base delle seguenti motivazioni:

a) i rilievi della Alfa s.r.l., si concentrano sull’assenza di firma digitale sull’originale del documento informatico, contestandosi, altresì, che l’apposta asseverazione ex art. 9 della legge n. 53/1994 sulla copia in formato analogico possa assolvere allo scopo di riferire l’atto al suo autore e cioè all’Avvocato dello Stato Tizio, anche perché in essa è attestato “un fatto non vero: ovverosia il fatto che il ricorso fosse stato sottoscritto digitalmente”;

b) invero, pur essendo pacifica la circostanza della mancanza di sottoscrizione del ricorso nativo digitale notificato via p.e.c., non è, anzitutto, in discussione (neppure da parte della società controricorrente) la riferibilità del ricorso stesso alla difesa erariale dell’Avvocatura generale dello Stato in quanto tale, essendo ciò comprovato, comunque, dalla relativa notificazione eseguita dall’indirizzo p.e.c. censito nei pubblici registri e riferibile alla medesima Avvocatura;

c) l’asseverazione contestata, nonostante attesti, in contrasto con la realtà fenomenica, che l’originale informatico dell’atto sia “sottoscritto con firma digitale dall’Avvocato dello stato Avv. Tizio”, risulta comunque chiaramente riferita al ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la Alfa s.r.l. e agli allegati messaggi di p.e.c. relativi alla notificazione del ricorso medesimo in data 27 gennaio 2020;

d) detta asseverazione esprime la paternità certa dell’atto, proveniente dall’Avvocatura generale dello Stato, in capo allo stesso avvocato dello Stato Tizio, operando in termini che, nello specifico contesto dato, possono ben essere assimilati alla certificazione dell’autografia della sottoscrizione della procura alle liti, palesando anzi, in maniera anche più evidente di quest’ultima (che si riferisce indirettamente all’atto cui accede), il nesso tra l’atto e il suo autore;

e) pertanto, nella peculiarità della delineata situazione processuale ‘ibrida’ e in continuità con l’indirizzo, ribadito anche da Cass., S.U., n. 22438/2018, per cui è possibile desumere aliunde, da elementi qualificanti, la paternità certa dell’atto processuale, va ritenuto che la notificazione del ricorso nativo digitale dalla casella p.e.c. dell’Avvocatura generale dello Stato censita nel REGINDE e il deposito della copia di esso in modalità analogica con attestazione di conformità sottoscritta dall’avvocato dello Stato, rappresentano elementi univoci da cui desumere la paternità dell’atto, rimanendo così superato l’eccepito vizio in ordine alla mancata sottoscrizione digitale dell’originale informatico del ricorso.


Buona Pasqua !!!


Nulla la notifica della cartella irreperibilità, se le ricerche sono state insufficienti

Poiché, ai sensi dell’art. 60 primo comma lett. e) d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, l’affissione nell’albo municipale dell’avviso del deposito nella casa comunale di un avviso di accertamento I.R.P.E.F. è modalità sostitutiva idonea dell’affissione alla porta dell’abitazione, ufficio o azienda (art. 140 c.p.c.) del destinatario, soltanto se non è possibile reperire effettivamente tali luoghi nel comune ove il contribuente ha il domicilio fiscale, malgrado le ricerche del Messo Comunale; se queste – secondo giudizio di fatto insindacabile in sede di legittimità – sono state insufficienti, la notifica dell’avviso di accertamento, senza il rispetto degli adempimenti prescritti dall’art. 140 c.p.c., non è valida. In questo modo si è espressa la Corte Suprema di Cassazione, Sez. civile con la sentenza n. 5987/2024.

Alla Srl L’A. veniva notificata la cartella esattoriale n. 29 2010 0005718188, riportante le pretese tributarie avanzate mediante quattro avvisi di accertamento ed avente ad oggetto i tributi Irpef ed Iva in relazione all’anno 2004, per un valore complessivo dichiarato pari ad Euro 236.518,70.

La contribuente impugnava l’atto esattivo innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Agrigento contestando, innanzitutto, la radicale invalidità della cartella di pagamento opposta, perché non preceduta dalla necessaria notificazione degli atti prodromici, gli avvisi di accertamento. La CTP riteneva che la procedura di notificazione degli atti presupposti seguita dall’Agenzia risultasse incompleta, e pertanto accoglieva l’impugnazione della contribuente ed annullava l’atto di riscossione.

L’Agenzia delle Entrate spiegava appello avverso la pronuncia sfavorevole conseguita nel primo grado del giudizio, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, sostenendo la regolarità della notificazione degli atti prodromici.

La CTR confermava la decisione adottata dalla CTP.

L’Amministrazione finanziaria ha proposto ricorso per cassazione, avverso la pronuncia ancora sfavorevole conseguita dal giudice del gravame, affidandosi ad un unico, articolato, strumento di impugnazione.

La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso, ha osservato che, in tema di notificazione degli atti impositivi, prima di effettuare la notifica secondo le modalità previste dall’art. 60, comma 1, lett. e), del d.P.R. n. 600 del 1973 in luogo di quella ex art. 140 c.p.c., il Messo Comunale o l’ufficiale giudiziario devono svolgere ricerche volte a verificare l’irreperibilità assoluta del contribuente, ossia che quest’ultimo non abbia più né l’abitazione né l’ufficio o l’azienda nel Comune già sede del proprio domicilio fiscale.

Inoltre, la notificazione di cui all’art. 60 comma primo, lett. e) del d.P.R. n. 600 del 1973 (applicabile anche in tema di I.N.V.I.M., in virtù del combinato disposto di cui agli artt. 20, comma terzo del d.P.R. n. 643 del 1972, e 49, comma terzo del d.P.R. n. 634 del 1972) è ritualmente eseguita solo nella ipotesi in cui, nonostante le ricerche che il Messo Comunale deve svolgere nell’ambito del Comune di domicilio fiscale, in esso non si rinvengano l’effettiva abitazione o l’ufficio o l’azienda del contribuente. La notificazione, in questi casi è ritualmente effettuata mediante deposito dell’atto nella casa comunale ed affissione dell’avviso di deposito nell’albo del Comune senza necessità di comunicazione all’interessato a mezzo di raccomandata con ricevuta di ritorno, né di ulteriori ricerche al di fuori del detto Comune.

Più di recente, si è ribadito che, in tema di notifica degli atti impositivi, la cd. irreperibilità assoluta del destinatario che ne consente il compimento ai sensi dell’art. 60, lett. e), del d.P.R. n. 600 del 1973, presuppone che nel Comune, già sede del domicilio fiscale dello stesso, il contribuente non abbia più abitazione, ufficio o azienda e, quindi, manchino dati ed elementi, oggettivamente idonei, per notificare altrimenti l’atto: peraltro, il tipo di ricerche a tal fine demandato al notificatore non è indicato da alcuna norma, neppure quanto alle espressioni con le quali debba esserne documentato l’esito nella relata, purché dalla stessa se ne evinca con chiarezza l’effettivo compimento.

Infine, poiché ai sensi dell’art. 60 primo comma lett. e) d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 l’affissione nell’albo municipale dell’avviso del deposito nella casa comunale di un avviso di accertamento I.R.P.E.F. è modalità sostitutiva idonea dell’affissione alla porta dell’abitazione, ufficio o azienda (art. 140 c.p.c.) del destinatario, soltanto se non è possibile reperire effettivamente tali luoghi nel comune ove il contribuente ha il domicilio fiscale, malgrado le ricerche del Messo Comunale; se queste – secondo giudizio di fatto insindacabile in sede di legittimità – sono state insufficienti … la notifica dell’avviso di accertamento, senza il rispetto degli adempimenti prescritti dall’art. 140 c.p.c., non è valida.

L’Amministrazione finanziaria non si è confrontata con la decisione adottata dalla CTR, che ha ritenuto indimostrata l’irreperibilità assoluta della società, e, pertanto, illegittima la notificazione degli avvisi di accertamento eseguita ai sensi dell’art. 60, primo comma, lett. e) del Dpr n. 600 del 1973.

L’Ente impositore, proponendo critiche generiche, ha insistito nel ribadire di avere indirizzato un gran numero di raccomandate alla società ed al suo legale rappresentante, e rappresenta che le stesse non sono state ricevute, ma non trascrive quale esito del recapito abbia annotato il notificatore, su ciascuna raccomandata (temporaneamente assente, irreperibile, sconosciuto, trasferito, altro?), contravvenendo all’obbligo di proposizione di censure specifiche nel giudizio di legittimità.

Orientamenti giurisprudenziali

Cass. sez. VI-V, 7.2.2018, n. 2877

Cass. sez. I, 9.6.1997, n. 5100

Cass. sez. I, 13.12.1996, n. 11152


8 marzo Giornata internazionale della donna

 

La Giornata internazionale della donna (o Giornata internazionale dei diritti delle donne) è una ricorrenza internazionale che si celebra l’8 marzo di ogni anno e sottolinea l’importanza della lotta per i diritti delle donne, in particolare per la loro emancipazione, ricordando le conquiste sociali, economiche e politiche e portando l’attenzione su questioni come l’uguaglianza di genere, i diritti riproduttivi, le discriminazioni e le violenze contro le donne.

Viene associata alla Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, istituita il 17 dicembre 1999 e che cade ogni anno il 25 novembre. Viene celebrata negli Stati Uniti a partire dal 1909, in alcuni paesi europei dal 1911 e in Italia dal 1922.

Spesso, nell’accezione comune, nella stampa e in campo pubblicitario viene erroneamente definita come Festa della donna, anche se è più corretto definirla Giornata internazionale della donna, poiché la motivazione alla base della ricorrenza non è una festività, ma la riflessione.


NOTIFICA DELL’ATTO DI PRECETTO (Competenza del Messo Comunale?)

Cos’è l’atto di precetto

Il precetto è l’atto con il quale il creditore intima al proprio debitore di adempiere in suo favore l’obbligo contenuto nel titolo esecutivo, dandogli avviso che in caso di mancato adempimento, procederà ad esecuzione forzata nei suoi confronti.

Prima di ricevere un precetto, il debitore si è visto recapitare altre intimazioni di pagamento, contenute in atti stragiudiziali (come la raccomandata o la pec di messa in mora) e giudiziali, (come l’ordine di pagamento contenuto nel decreto ingiuntivo, nella sentenza di condanna etc..); talora ha provveduto dopo i primi avvisi, a pagamenti parziali del credito. Ma l’atto di precetto è l’ultima “chiamata”. Essa contiene l’attualizzazione del credito, ovvero precisa la somma esattamente dovuta, al netto di eventuali parziali pagamenti nel frattempo intervenuti, e comprensiva degli interessi sul credito nel frattempo maturati, e delle spese che il creditore ha sostenuto dopo l’emissione del titolo esecutivo. Il precetto specifica anche chi sono le parti attualmente interessate all’obbligo, creditore e debitore, che dopo l’emissione del titolo esecutivo, potrebbero essere mutate ad esempio in ragione di una successione nel diritto di credito.

La giurisprudenza è pressoché unanime nel qualificare il precetto come atto stragiudiziale, preliminare all’esecuzione, in quanto destinato esclusivamente al debitore e non ad un giudice e finalizzato a richiedere l’adempimento alla totalità dell’obbligo, prima che il creditore proceda all’esecuzione forzata. Parte prevalente della dottrina propende invece per la natura giudiziale del precetto, assimilandone la funzione a quella dell’atto di citazione, cioè di un atto introduttivo di un processo. Infatti, anche il precetto, come la citazione, individua esattamente l’azione che il creditore intende esercitare e l’oggetto della stessa, e la sua notifica produce l’effetto di dare inizio al processo esecutivo. A sostegno di questo secondo orientamento, propende anche la lettura dell’art. 2943 c.c., (che individua gli atti che producono l’interruzione della prescrizione del diritto), il quale fa espresso riferimento ad “ogni atto introduttivo di un giudizio”, compreso quello “esecutivo”: l’atto introduttivo del giudizio esecutivo, ad avviso della dottrina non può che essere individuato nell’atto di precetto.

Ill differente inquadramento non è solo una disquisizione teorica, ma ha delle conseguenze importanti di carattere pratico. Una prima differenza, per esempio, emerge a riguardo della necessità che l’atto di precetto sia redatto o meno da un avvocato. Secondo l’orientamento dottrinale che lo qualifica come atto processuale, è indispensabile l’assistenza tecnica del difensore, munito di procura. La giurisprudenza invece, qualificandolo come atto stragiudiziale, ritiene che il precetto possa essere validamente formato e notificato anche dal creditore interessato o da un suo rappresentante sostanziale. L’avvocato che ha ricevuto la procura per la presentazione del precetto agisce in virtù di rappresentanza sostanziale e non processuale, e comunque, la mancanza di procura nell’atto di precetto, non determina la nullità dello stesso, essendo sufficiente per la sua validità la sottoscrizione del creditore (Cass. 8213/2012)

Contenuto dell’atto di precetto

L’art. 480 c.p.c. definisce il precetto come “l’intimazione di adempiere l’obbligo risultante dal titolo esecutivo, entro un termine non minore di dieci giorni, salva l’autorizzazione di cui all’art. 482, con l’avvertimento che, in mancanza si procederà ad esecuzione forzata”.

Pertanto, l’atto di precetto dovrà contenere necessariamente l’intimazione, l’indicazione del titolo esecutivo da cui scaturisce l’obbligo del debitore, la previsione di un termine entro il quale adempiere all’obbligo, e l’avvertimento della imminente esecuzione forzata in caso di mancato adempimento entro il termine.

L’obbligo da adempiere deve essere chiaramente indicato, proprio per consentire al debitore l’adempimento esatto. Generalmente l’adempimento consiste in un obbligo di fare (ad esempio, l’obbligo di demolire una costruzione illegittima), o in un obbligo di rilascio di un bene (si pensi all’immobile in locazione), o nella consegna di un bene, oppure nell’obbligo di pagare una determinata somma.

La somma dovuta deve essere esattamente indicata, comprendendo gli interessi, le spese successive, gli acconti eventualmente già corrisposti da scorporare dal totale dovuto, la rivalutazione monetaria. Se però il creditore indica una somma più alta di quella dovuta, il precetto non è nullo, ma il debitore potrà proporre atto di opposizione all’esecuzione (ai sensi dell’art. 615 c.p.c.) per far valere l’errore e determinare l’esatta somma dovuta. Se invece mancasse del tutto l’indicazione della somma, allora il precetto sarebbe affetto da un difetto di regolarità formale, ed il vizio andrebbe fatto valere con l’opposizione agli atti esecutivi (ai sensi dell’art. 617 c.p.c.).

L’avviso dell’imminente esecuzione forzata non deve necessariamente indicare che tipo di esecuzione il creditore intende intraprendere (esecuzione immobiliare, o presso terzi, oppure sui conti correnti o sui beni mobili del creditore). Se poi l’avvertimento dell’esecuzione mancasse del tutto, ciò non sarebbe comunque causa di nullità del precetto, perché la sua essenza ed i suoi effetti sono comunque previsti dalla legge.

L’art. 480 c.p.c. stabilisce invece dei contenuti dell’atto di precetto, la cui mancanza ne determina la nullità.

Indispensabile è l’indicazione “attualizzata” delle parti, ovvero del creditore o dei creditori intimanti e del debitore o dei debitori intimati, che possono mutare rispetto al momento in cui è stato emesso il titolo esecutivo, in caso di successione nel diritto azionato (si pensi agli eredi che subentrano nei diritti del de cuius, alla curatela fallimentare che subentra nei diritti della società fallita etc.). Tuttavia che in tema di nullità vige il principio del raggiungimento dello scopo, secondo il quale la nullità di un atto resta sanata se l’atto ha raggiunto lo scopo per il quale era preordinato. Pertanto, la mancata esatta individuazione del debitore rimane sanata se quest’ultimo propone l’opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi, perché evidentemente ha avuto conoscenza del fatto che l’intimazione era a lui destinata.

È sanzionata con la nullità anche la mancata indicazione della data di notifica del titolo esecutivo, (a meno che il titolo, non sia notificato insieme allo stesso precetto). In modo estensivo la giurisprudenza ha ritenuto la nullità anche nel caso in cui non sia indicato nel precetto il provvedimento che ha reso esecutivo il titolo, (è il caso della mancata indicazione della formula di esecutività del decreto ingiuntivo, cass. 4649/2006). Si è altresì ritenuto che l’opposizione del debitore finalizzata a far valere la nullità per mancata indicazione della data di notifica del titolo esecutivo, non comporti la sanatoria della nullità stessa, trattandosi di requisito formale indispensabile (Cass. 22510/2014).

Ci sono casi in cui la legge prescrive l’integrale trascrizione del titolo esecutivo nell’atto di precetto. In tali casi, l’omessa trascrizione costituisce causa di nullità del precetto. È per esempio il caso dell’accordo raggiunto mediante negoziazione assistita, o a seguito di mediazione civile e commerciale (D.l. 132/2014 art. 5 comma 2 bis e art. 12 comma 1), i quali hanno natura di titoli esecutivi, ma devono essere integralmente riportati nell’atto di precetto. Non è sufficiente trascrivere interamente il titolo esecutivo all’interno dell’atto di precetto, ma è necessario anche che l’ufficiale giudiziario certifichi la conformità della trascrizione al titolo esecutivo originale.

Il D.l. 83/2015 ha introdotto un altro contenuto del precetto, la cui mancanza è sanzionata espressamente dalla nullità. Esso consiste nell’avviso al debitore che può porre rimedio alla propria situazione di sovraindebitamento, avvalendosi dell’ausilio di un organismo di composizione della crisi, o di un professionista nominato dal giudice, e concludendo con i creditori un accordo di composizione della crisi o proponendo agli stessi un piano del consumatore.

La norma inoltre prevede che sia indicata la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio della parte istante, nel comune in cui ha sede il giudice competente l’esecuzione. Per individuare il giudice competente si fa riferimento all’art. 26 c.p.c.: quando l’esecuzione ha ad oggetto beni immobili, o beni mobili del debitore, è competente il giudice del luogo in cui si trovano i beni; se l’esecuzione ha ad oggetto obblighi di fare o di non fare, sarà competente il giudice del luogo in cui l’obbligo deve essere adempiuto, se invece l’espropriazione ha ad oggetto crediti, è competente il giudice del luogo dove il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede. Pertanto, come ha chiarito la Corte Costituzionale, la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio non sono una scelta libera del creditore, ma sono ancorati ad uno dei comuni in cui si trovano i beni del debitore o dove va adempiuto l’obbligo, o dove si trova il debitore. La mancanza di tale indicazione, non è prevista a pena di nullità, ma ha la conseguenza di spostare la competenza del giudice dell’opposizione al precetto davanti al giudice del luogo in cui il precetto sarà notificato, e la parte istante che non ha dichiarato la residenza o il domicilio, riceverà le notificazioni della fase esecutiva presso la cancelleria del giudice del luogo in cui ha notificato il precetto.

Infine, il contenuto dell’atto di precetto non può prescindere dalla sottoscrizione del creditore intimante, sia dell’originale del precetto che delle copie da notificare. La mancanza della sottoscrizione determina l’inesistenza dell’atto o la nullità insanabile.

Nessuna conseguenza è prevista per il caso in cui il precetto non indichi il termine di giorni dieci per l’adempimento, non essendo considerato un requisito per la validità dello stesso. Però in ogni caso il creditore non potrà validamente instaurare l’esecuzione, mediante notifica del pignoramento, prima che il già menzionato termine sia interamente decorso.

Notifica dell’atto di precetto

Il precetto, completo dei contenuti sopra descritti, deve essere notificato al debitore, insieme al titolo esecutivo.

Il creditore, anche personalmente, consegna all’ufficiale giudiziario copia autentica del precetto e del titolo esecutivo, salvo i casi in cui il titolo esecutivo sia stato notificato prima del precetto. Se i debitori sono più di uno, andranno consegnati tanti precetti e tante copie autentiche del titolo esecutivo, quanti sono i debitori.

La notificazione può essere eseguita dall’ufficiale giudiziario “a mani proprie” del destinatario (art. 138 c.p.c.), presso la sua abitazione o dovunque lo trovi, all’interno della circoscrizione di competenza dell’ufficiale giudiziario. Se il destinatario rifiuta di ricevere l’atto, l’ufficiale giudiziario dà atto del rifiuto nella relazione, ma la notifica si intende comunque eseguita a mani proprie, dando luogo ad una presunzione legale di conoscenza dell’atto. La presunzione è finalizzata ad evitare che un rifiuto privo di valida giustificazione possa impedire il perfezionamento della notifica ed il prodursi dei suoi effetti.

La notifica può anche essere effettuata dall’ufficiale giudiziario, consegnando l’atto presso la residenza del debitore (art. 139 c.p.c.), o presso la sede dell’impresa o il luogo di lavoro dello stesso, ed è validamente perfezionata anche se l’atto viene ricevuto da persona di famiglia del debitore, dall’addetto alla casa, all’ufficio o all’azienda, oppure in mancanza, al portiere o al vicino di casa. L’ordine delle persone che possono validamente ricevere l’atto deve essere rispettato, pena la nullità della notifica, per cui non è possibile consegnare l’atto al portiere senza aver prima verificato la presenza di persona di casa che avrebbe potuto riceverlo. Quando la notifica avviene nelle mani del portiere o del vicino di casa, l’ufficiale giudiziario deve inviare all’interessato raccomandata dell’avvenuta consegna, e la notifica si perfeziona per il creditore notificante al momento in cui ha consegnato l’atto all’ufficiale giudiziario. In caso di incertezza sul luogo dell’effettivo domicilio del debitore, è valida la notifica effettuata all’ultima residenza anagrafica.

Nel caso, infine, in cui il luogo di residenza domicilio o dimora del debitore sia noto, ma non sia stato possibile consegnare il precetto ad alcuna delle persone sopra indicate, l’ufficiale giudiziario fa ricorso alla procedura prevista dall’art. 140 c.p.c., affiggendo avviso alla porta del debitore dell’avvenuto deposito della notifica in Comune, ed inviando avviso al debitore del deposito presso la casa comunale anche mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Per il creditore notificante, la notifica del precetto si perfeziona al momento della consegna all’ufficiale giudiziario, invece per il debitore si perfeziona dal momento del ricevimento della raccomandata informativa, e comunque trascorsi dieci giorni dalla stessa (Corte Cost sent. 3 del 2010).

La notifica alla persona giuridica, ad esempio una società, deve essere eseguita presso la sede della stessa (art. 145 c.p.c.). Un quesito che si è posto nella pratica è se sia sufficiente la notifica del precetto e del titolo esecutivo all’amministratore di condominio, quando il creditore intenda procedere al pignoramento solo nei confronti di un condomino, e analogamente se sia sufficiente la notifica al legale rappresentante della società quando il creditore intenda procedere contro il singolo socio. La giurisprudenza ha ritenuto necessario che il singolo condomino (e lo stesso vale per il singolo socio) sia portato a conoscenza personalmente del precetto e del titolo esecutivo, previa notifica degli stessi a lui personalmente indirizzata, in modo da consentirgli la conoscenza effettiva del debito e la possibilità di contestare con l’opposizione all’esecuzione, la sua qualità di condomino, o la sua responsabilità per l’obbligazione del condominio (Cass. 8150/2017).

Il destinatario della notifica del precetto non coincide sempre con il debitore identificato nel titolo esecutivo. Si possono avere infatti casi in cui, dopo l’emissione del titolo esecutivo si sia verificata una successione nel diritto. È il caso, ad esempio, in cui il debitore contro cui si è formato il titolo esecutivo, sia deceduto prima dell’inizio dell’esecuzione, ed al suo posto siano subentrati gli eredi. In questo caso, non sarà possibile notificare agli eredi il precetto insieme al titolo esecutivo, ma si dovrà procedere prima alla notifica del titolo esecutivo, e dopo un congruo lasso di tempo, del precetto. L’art. 477 c.p.c. prevede che, se la notifica del precetto agli eredi avviene entro un anno dalla morte del decuis, sia possibile eseguirla nel domicilio di quest’ultimo, anche se non sono compiutamente identificati i singoli eredi e non sono conosciute le loro generalità. Trascorso l’anno dalla morte, (e decorso l’obbligo di presentare la denuncia di successione), i nomi degli eredi sono conoscibili ai terzi; pertanto, la notifica del precetto dovrà avvenire presso gli eredi, nuovi debitori, compiutamente identificati.

In ogni caso la notifica deve sempre essere indirizzata personalmente alla parte interessata, non essendo valida ad esempio la notifica nelle mani del difensore che ha assistito il debitore nel giudizio di cognizione. Questa precisazione è da tenere presente soprattutto a seguito dell’abrogazione dell’art. 479 comma 2 (avvenuta con D.l. 14.05.2005 n. 80), che ha escluso la possibilità di notificare la sentenza come titolo esecutivo al procuratore costituito della parte.

Generalmente la notifica del solo atto di precetto, senza che sia stato notificato il titolo esecutivo, costituisce causa di nullità della notifica, da far valere tramite opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.).

Fa eccezione a questa regola la previsione di cui all’art. 654 comma 2 c.p.c. La norma si riferisce ai decreti ingiuntivi non provvisoriamente esecutivi, ma che lo divengono in seguito al decorso del termine di quaranta giorni per presentare opposizione, e che pertanto vengono muniti di formula esecutiva, non al momento della loro emissione, ma solo dopo il decorso del termine per l’opposizione. In questo caso, il debitore ha già avuto conoscenza del decreto ingiuntivo che gli è stato notificato proprio al fine di consentirgli di proporre opposizione nel termine di quaranta giorni; per questo motivo, non è necessario che il decreto sia notificato nuovamente insieme al precetto, ma è necessario e sufficiente che nel corpo del precetto siano chiaramente indicate: la data ed il provvedimento che ha disposto l’esecutorietà del decreto ingiuntivo e la menzione della formula esecutiva.

La previa notifica del precetto e del titolo esecutivo non è necessaria nei casi previsti espressamente dalla legge, fra i quali ad esempio il caso della conversione del sequestro conservativo in pignoramento (art. 686 c.p.c.).

In tema di notifica, occorre inoltre soffermarsi brevemente sulla possibilità per l’avvocato di notificare in proprio il precetto ed il titolo esecutivo, mediante la notifica telematica. La notifica telematica, disciplinata dalla L. 183/2011, è una estensione della facoltà, già prevista dalla L. 53/1994, di effettuare notifiche in proprio mediante servizio postale. La notifica telematica avviene attraverso l’utilizzo del servizio di posta elettronica certificata, ed equivale alla notifica effettuata dall’ufficiale giudiziario. Il grande vantaggio della notifica telematica, è che essa non è soggetta ai limiti territoriali di competenza dell’ufficiale notificatore. Il limite invece è costituito dal fatto che anche il debitore intimato deve essere in possesso di una casella di posta elettronica certificata dove recapitare la notifica.

L’avvocato che intende effettuare la notifica telematica del precetto e del titolo esecutivo:

  • deve essere in possesso di una casella pec comunicata al consiglio dell’ordine e iscritta nei pubblici registri, nonché di un dispositivo di firma digitale non scaduto e funzionante;
  • deve essere munito di procura ex art. 83 c.p.c., che va allegata all’atto di precetto nel caso in cui la procura non sia già contenuta nel fascicolo del processo e conoscibile al debitore dagli atti del precedente giudizio (come, ad esempio, nel caso di precetto su sentenza). La procura firmata dal cliente e autenticata dal difensore, deve essere scansionata, e firmata digitalmente dal difensore. Poiché non è più redatta in calce o a margine del precetto, ma su foglio separato, essa deve contenere esplicito e chiaro riferimento al procedimento per il quale viene conferita. L’avvocato domiciliatario della causa non può invece notificare in proprio, in quanto appunto sprovvisto di procura ex art. 83 c.p.c.;
  • deve verificare che l’indirizzo pec del destinatario sia contenuto in uno dei registri pubblici (registro imprese, reG.In.dE, Ini-pec, registro PP.AA.

Il precetto viene creato in formato nativo digitale (word, openoffice, libreoffice) e convertito in pdf; (sulle specifiche tecniche si veda D.M. 16.04.2014. Inoltre, il precetto dovrà essere firmato digitalmente, con firma Cades-bes o Pades-bes. Essendo un documento nativo digitale, non è necessaria alcuna attestazione di conformità dello stesso.

Deve essere predisposta la relata di notifica, (con tutti i contenuti espressamente indicati all’art. 3 bis della L. 53/1994) anch’essa come documento nativo digitale, convertito in pdf e sottoscritto digitalmente.

Se all’atto di precetto si deve unire anche il titolo esecutivo (decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo munito di formula esecutiva, o sentenza munita di formula esecutiva etc..), occorre scansionare il documento cartaceo in formato pdf immagine e attestarne la conformità all’originale analogico. L’attestazione di conformità del titolo (art. 16 undecies D.L. 179/2012 e Art. 19 ter, comma 3 Provv. 16/4/2014 come introdotto dall’art. 1 decreto 28/12/2015 in vigore dal 09.01.2016, deve essere contenuta nella relata di notifica;

Si procederà, quindi, ad inviare la pec allegando: il precetto nativo digitale, sottoscritto; la relata di notifica con attestazione di conformità del titolo esecutivo, anch’essa nativa digitale e sottoscritta; la procura scansionata per immagini in formato pdf; infine, il titolo esecutivo scansionato in formato pdf.

Nell’oggetto della pec deve essere inserita la dicitura “notificazione ai sensi della legge n. 53 del 1994”.

Dopo l’invio va conservata copia informatica della ricevuta di consegna completa.

La notifica si perfeziona per il creditore notificante con il messaggio di “ricevuta di accettazione” della pec; per il debitore notificato con il ricevimento del messaggio di “ricevuta di consegna” (art.  3 bis comma 3 L. 53/94).

(Prima di procedere alla notifica a mezzo pec è sempre opportuno che il legale verifichi le ultime evoluzioni normative, in merito alle modalità o alle specifiche tecniche, trattandosi di materia in rapida evoluzione).

Effetti della notifica del precetto

Il precetto è un atto recettizio, e la produzione dei suoi effetti si verifica solo al momento del perfezionamento della notifica, quando l’atto entra nella sfera di conoscenza del debitore.

Da quel momento decorrono i dieci giorni di tempo per consentire l’adempimento spontaneo del debitore. Decorso inutilmente tale termine, il creditore è libero di introdurre la procedura esecutiva.

Ulteriore importante effetto dell’atto di precetto è quello di interrompere la prescrizione del diritto di credito. L’art. 2943 c.c. stabilisce che l’interruzione della prescrizione del diritto avviene a seguito di un’iniziativa del titolare del diritto, manifestata attraverso l’atto di introduzione di un giudizio (di cognizione, conservativo o esecutivo), oppure attraverso la proposizione dell’arbitrato o infine mediante l’atto di costituzione in mora del debitore.

L’interruzione della prescrizione può essere a carattere istantaneo o permanente. L’art. 2945 c.c. prevede che gli atti introduttivi di un giudizio, determinino l’interruzione permanente della prescrizione, che resta sospesa per tutta la durata del giudizio, fino alla pronuncia della sentenza. Viceversa, gli atti stragiudiziali, come ad esempio l’atto di messa in mora, interrompono la prescrizione con effetto istantaneo; quindi, dopo la notifica dell’atto interruttivo della prescrizione inizia subito a decorrere un nuovo periodo di prescrizione.

Il diverso inquadramento sulla natura giuridica dell’atto di precetto, che dottrina e giurisprudenza hanno elaborato, esercita importanti conseguenze anche in tema di prescrizione del diritto.

Se infatti si aderisce all’orientamento dottrinale, che qualifica l’atto di precetto come atto introduttivo del processo esecutivo, la notifica del precetto interrompe la prescrizione con effetti permanenti fino all’esito del giudizio esecutivo. Al contrario, seguendo il consolidato orientamento giurisprudenziale, che considera il precetto quale atto di carattere stragiudiziale, la notifica del precetto interrompe il decorso della prescrizione del diritto con effetto istantaneo, e subito dopo la notifica del precetto inizia a decorrere immediatamente un nuovo periodo di prescrizione del diritto. (Cass. 7737/2007, Cass. 19738/2014, Cass. 10308/2020).

Per quanto concerne, infine, l’aspetto relativo alla competenza del Messo Comunale a notificare l’atto di precetto, qualora noi ci attenessimo alle considerazioni espresse dalla giurisprudenza, dovremmo esprimerci in senso positivo, ritenendo lo stesso un atto stragiudiziale.

In caso contrario, ovvero tenendo in considerazione la dottrina prevalente che parla di atto giudiziale, sarebbe invece necessariamente l’Ufficiale Giudiziario la figura di notificatore competente.

Va inoltre sottolineato come, in questi casi, la Pubblica Amministrazione, agisce a seguito di una sentenza dell’Autorità Giudiziaria, che costituisce il titolo ad agire nei confronti del debitore, non esercitando pertanto la potestà  d’imperio che è uno degli elementi caratterizzanti la P.A. come tale.

Ciononostante, la norma generale che abilita il Messo Comunale alla notificazione, cioè l’art. 10 della legge 265/1999, consente alla P.A. di rivolgersi al Messo Comunale per la notifica dei propri atti, senza specificare la natura degli stessi, per cui un eventuale limite alla sua competenza dovrebbe ragionevolmente derivare da una specifica previsione di legge da parte del Legislatore in favore di soggetti distinti, quali ad esempio l’Ufficiale Giudiziario o l’avvocato patrocinatore.

In conclusione, rimane sicuramente spazio per una interpretazione allargativa della competenza del Messo Comunale alla notifica degli atti di precetto emessi dalla pubblica amministrazione a seguito sentenza dell’Autorità Giudiziaria.

Si consiglia, ad ogni buon conto, di rendere consapevole il soggetto richiedente in merito alle divergenti tesi interpretative esistenti.


Notificazioni e comunicazioni al domicilio digitale

Decreto Presidente della Repubblica 29/09/1973, n. 600
Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi.
Pubblicato nella Gazz. Uff. 16 ottobre 1973, n. 268, S.O.

Art. 60-ter (Notificazioni e comunicazioni al domicilio digitale) (1)

In vigore dal 22 febbraio 2024

Testo introdotto dall’art. 1, comma 2, lett. d), D.Lgs. 12 febbraio 2024, n. 13
Testo applicabile con riferimento agli atti emessi dal 30 aprile 2024.

1. Tutti gli atti, i provvedimenti, gli avvisi e le comunicazioni, compresi quelli che per legge devono essere notificati, possono essere inviati direttamente dal competente ufficio, con le modalità previste dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, anche in deroga all’articolo 149-bis del codice di procedura civile e alle modalità di notificazione previste dalle norme relative alle singole leggi d’imposta non compatibili con quelle di cui al presente articolo:
a) se destinati a pubbliche amministrazioni e a gestori di pubblici servizi, al domicilio digitale risultante dall’Indice dei domicili digitali delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di pubblici servizi (IPA), di cui all’articolo 6-ter del codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82;
b) se destinati alle imprese individuali o costituite in forma societaria e a tutti i professionisti i cui indirizzi digitali sono inseriti nell’Indice nazionale dei domicili digitali delle imprese e dei professionisti (INI-PEC), di cui all’articolo 6-bis del codice di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005, al domicilio digitale risultante da tale Indice, anche nel caso in cui per lo stesso soggetto è presente un diverso indirizzo nell’Indice nazionale dei domicili digitali delle persone fisiche, dei professionisti e degli altri enti di diritto privato non tenuti all’iscrizione in albi, elenchi o registri professionali o nel registro delle imprese (INAD), di cui all’articolo 6-quater del codice di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005, ovvero nell’Indice dei domicili digitali delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di pubblici servizi (IPA);
c) se destinati alle persone fisiche, ai professionisti e agli altri enti di diritto privato di cui all’articolo 6-quater del codice di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005 al domicilio digitale professionale risultante dall’Indice di cui all’articolo 6-quater di cui al medesimo codice o, in mancanza, all’unico domicilio digitale ivi presente;
d) se destinati ai soggetti che hanno eletto il domicilio digitale speciale di cui al comma 5 del presente articolo, a tale domicilio speciale.
2. All’ufficio sono consentite la consultazione telematica e l’estrazione degli indirizzi di cui al comma 1.
3. Relativamente agli atti, agli avvisi e ai provvedimenti che per legge devono essere notificati, se il domicilio digitale al quale è stato effettuato l’invio risulta saturo, l’ufficio effettua un secondo tentativo di consegna decorsi almeno sette giorni dal primo invio. Se anche a seguito del secondo tentativo, la casella di posta elettronica o il servizio di recapito certificato qualificato risultano saturi, oppure se il domicilio digitale al quale è stato effettuato l’invio non risulta valido o attivo:
a) nei casi previsti dal comma 1, lettere a), c) e d), si applicano le disposizioni in materia di notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente, comprese le disposizioni dell’articolo 60 del presente decreto e quelle del codice di procedura civile dalle stesse non modificate, con esclusione dell’articolo 149-bis del codice di procedura civile;
b) nel caso previsto dal comma 1, lettera b), la notificazione deve essere eseguita mediante deposito telematico dell’atto nell’area riservata del sito internet della società Info Camere Scpa e pubblicazione, entro il secondo giorno successivo a quello di deposito, del relativo avviso nello stesso sito, per la durata di quindici giorni; l’ufficio inoltre dà notizia al destinatario dell’avvenuta notificazione a mezzo di lettera raccomandata, senza ulteriori adempimenti a proprio carico.
4. Ai fini del rispetto dei termini di prescrizione e decadenza, la notificazione si intende comunque perfezionata per il notificante nel momento in cui il suo gestore della casella di posta elettronica certificata o del servizio di recapito certificato qualificato gli trasmette la ricevuta di accettazione con la relativa attestazione temporale che certifica l’avvenuta spedizione del messaggio, mentre per il destinatario si intende perfezionata alla data di avvenuta consegna contenuta nella ricevuta che il gestore della casella di posta elettronica certificata o del servizio di recapito elettronico certificato qualificato del destinatario trasmette all’ufficio o, nel caso di cui al comma 3, lettera b), nel quindicesimo giorno successivo a quello della pubblicazione dell’avviso nel sito internet della società InfoCamere Scpa.
5. I soggetti di cui all’articolo 6-quater del codice di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005, possono eleggere il domicilio digitale speciale presso il quale ricevere sia la notificazione degli atti, degli avvisi e dei provvedimenti che per legge devono essere notificati, sia gli atti e le comunicazioni dei quali la legge non prescrive la notificazione, comunicando tale domicilio, secondo le modalità stabilite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate. Con il medesimo provvedimento sono stabilite le modalità con le quali i soggetti di cui al primo periodo possono confermare o revocare gli indirizzi digitali comunicati secondo le modalità stabilite dai provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate emanati nelle more della piena operatività dell’anagrafe nazionale della popolazione residente.
6. Ai fini della notificazione e dell’invio di atti, provvedimenti, avvisi e comunicazioni, anche ai sensi dell’articolo 26 del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, l’Agenzia delle entrate provvede costantemente all’aggiornamento e al trasferimento dei domicili digitali speciali di cui al comma 5 nell’elenco dei domicili di piattaforma diversificati di cui all’articolo 5, comma 3, del decreto del Ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale 8 febbraio 2022, n. 58. Il gestore della piattaforma di cui all’articolo 26 del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, provvede costantemente all’aggiornamento e al trasferimento dei domicili digitali di piattaforma diversificati in relazione all’Agenzia delle entrate e all’Agenzia delle entrate- Riscossione, nell’elenco dei domicili digitali speciali istituito con il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate. Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, d’intesa con il Dipartimento per la trasformazione digitale, sono stabiliti termini e modalità dell’aggiornamento e del trasferimento delle informazioni di cui al presente comma.

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(1) Articolo inserito dall’art. 1, comma 2, lett. d), D.Lgs. 12 febbraio 2024, n. 13, a decorrere dal 22 febbraio 2024, ai sensi di quanto disposto dall’art. 41, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 13/2024; a norma dell’art. 41, comma 2, del citato D.Lgs. n. 13/2024, tale disposizione si applica con riferimento agli atti emessi dal 30 aprile 2024.


SPID verso l’addio, atteso il lancio di IT Wallet entro la metà del 2024

Dallo SPID a IT Wallet, portafoglio elettronico che oltre alle funzionalità dell’identità digitale consentirà di avere a disposizione i principali documenti di riconoscimento sul proprio smartphone. Il lancio è atteso entro la metà del 2024, ma la migrazione al nuovo sistema sarà graduale

Entro la metà del 2024 è attesa la prima fase di operatività del nuovo portafoglio digitale che racchiuderà al suo interno anche i principali documenti di identità dei cittadini.

Dalla patente alla tessera sanitaria, fino alla carta INPS della disabilità, IT Wallet consentirà di avere a portata di mano e in modalità digitale i documenti utilizzati in ambito amministrativo e sanitario, ma non solo.

Dal nuovo servizio in fase di messa a punto si attende un’ulteriore semplificazione nell’utilizzo del sistema dell’identità digitale, con il progressivo superamento delle credenziali SPID per l’autenticazione ai servizi della Pubblica Amministrazione.

SPID verso l’addio, atteso il lancio di IT Wallet entro la metà del 2024

Nel 2020 e in maniera più corposa nel corso dei primi mesi del 2021, le credenziali SPID sono diventate di fatto obbligatorie per l’accesso ad un’ampia gamma di servizi pubblici online.

Dai servizi INPS, a quelli dell’Agenzia delle Entrate e, successivamente, anche nell’ambito di numerosi Enti Privati, il Sistema Pubblico di Identità Digitale è ormai diventato parte integrante della quotidianità di cittadini e imprese.

Ora però si punta ad una svolta, con il superamento del sistema ad oggi vigente e in vista del passaggio ad un nuovo portale centralizzato.

Questo l’effetto del progetto IT Wallet, che si inserisce nel più ampio capitolo del digital identity wallet europeo, e per il quale entro il mese di giugno 2024 è atteso un primo lancio della versione Beta.

Dal punto di vista pratico saranno destinate ad andare in soffitta le credenziali SPID, in via graduale e in favore di un utilizzo più capillare della CIE, la Carta di Identità Elettronica.

Alla base della scelta questioni legate alla maggior sicurezza garantita dalla CIE, ma anche ai costi della gestione del sistema SPID, per il quale il Governo ha stanziato con l’articolo 18-bis del decreto-legge n. 13/2023 una somma pari a 40 milioni di euro al fine del rinnovo delle convenzioni con gli Identity Provider.

Percorso graduale per l’addio alle credenziali SPID

Cosa cambierà a livello pratico per i cittadini che utilizzano le credenziali SPID?

A fornire alcuni dettagli operativi è stato il Sottosegretario con delega all’Innovazione Alessio Butti, che nel corso dell’Audizione alla Camera del 20 dicembre 2023 ha evidenziato come il sistema SPID abbia rappresentato “un importante strumento per consentire ai cittadini l’uso di servizi digitali erogati dalle PA e da diversi soggetti privati.”

Esistono tuttavia alcune criticità di sicurezza e in particolare sono numerose le frodi realizzate mediante la generazione di false identità digitali, motivo alla base:

“della scelta del Governo di realizzare un’unica identità digitale nazionale, basata sulla CIE, che è emessa dallo Stato.”

Con la carta di identità elettronica è infatti già ad oggi possibile accedere ai servizi pubblici online, seppur con un percorso più complesso rispetto alle credenziali SPID. A differenza di queste però, la CIE ha standard di sicurezza più elevati e consente di evitare il rischio di truffe legate all’utilizzo dell’Identità Digitale (si pensi alla questione del bonus 18 anni).

Un percorso che sarà in ogni caso strutturato per fasi: in un primo momento coesisteranno le modalità di autenticazione così come previste attualmente e l’IT Wallet basato sulla CIE, ma nel piano nelle mani del Dipartimento per l’Innovazione vi è la progressiva migrazione verso il nuovo sistema entro la fine del 2025.

Un percorso graduale e che, salvo rinvii, dovrebbe partire già entro la metà dell’anno in corso.