Notifiche digitali ai contribuenti anche per gli atti non obbligatori

Comunicazioni al domicilio digitale regolate dal decreto sull’accertamento. Nuovo invio se l’indirizzo è saturo: poi invio cartaceo o deposito su sito Infocamere

Al via le notifiche digitali generalizzate: con l’entrata in vigore delle nuove norme in materia di accertamento, gli atti giungeranno ai contribuenti via Pec agli indirizzi digitali. Il decreto delegato per la riforma delle procedure accertative ha introdotto il nuovo articolo 60-ter al Dpr 600/1973 che disciplinerà le comunicazioni al domicilio digitale.

Dispositivo dell’art. 60 Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi

La notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente è eseguita secondo le norme stabilite dagli articoli 137 e seguiti del codice di procedura civile, con le seguenti modifiche:

1) a) la notificazione è eseguita dai messi comunali ovvero dai messi speciali autorizzati dall’ufficio;
2) b) il messo deve fare sottoscrivere dal consegnatario l’atto o l’avviso ovvero indicare i motivi per i quali il consegnatario non ha sottoscritto;
3) b-bis) se il consegnatario non è il destinatario dell’atto o dell’avviso, il messo consegna o deposita la copia dell’atto da notificare in busta che provvede a sigillare e su cui trascrive il numero cronologico della notificazione, dandone atto nella relazione in calce all’originale e alla copia dell’atto stesso. Sulla busta non sono apposti segni o indicazioni dai quali possa desumersi il contenuto dell’atto. Il consegnatario deve sottoscrivere una ricevuta e il messo dà notizia dell’avvenuta notificazione dell’atto o dell’avviso, a mezzo di lettera raccomandata;
4) c) salvo il caso di consegna dell’atto o dell’avviso in mani proprie, la notificazione deve essere fatta nel domicilio fiscale del destinatario;
5) d) in facoltà del contribuente di eleggere domicilio presso una persona o un ufficio nel comune del proprio domicilio fiscale per la notificazione degli atti o degli avvisi che lo riguardano. In tal caso l’elezione di domicilio deve risultare espressamente da apposita comunicazione effettuata al competente ufficio a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento ovvero in via telematica con modalità stabilite con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate;
6) e) quando nel comune nel quale deve eseguirsi la notificazione non vi è abitazione, ufficio o azienda del contribuente, l’avviso del deposito prescritto dall’art. 140 del codice di procedura civile, in busta chiusa e sigillata, si affigge nell’albo del comune, e la notificazione, ai fini della decorrenza del termine per ricorrere, si ha per eseguita nell’ottavo giorno successivo a quello di affissione;
7) e-bis) è facoltà del contribuente che non ha la residenza nello Stato e non vi ha eletto domicilio ai sensi della lettera d), o che non abbia costituito un rappresentante fiscale, comunicare al competente ufficio locale, con le modalità di cui alla stessa lettera d), l’indirizzo estero per la notificazione degli avvisi e degli altri atti che lo riguardano; salvo il caso di consegna dell’atto o dell’avviso in mani proprie, la notificazione degli avvisi o degli atti è eseguita mediante spedizione a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento;
8) f) le disposizioni contenute negli articoli 142, 143, 146, 150 e 151 del codice di procedura civile non si applicano.

L’elezione di domicilio ha effetto dal trentesimo giorno successivo a quello della data di ricevimento delle comunicazioni previste alla lettera d) ed alla lettera e-bis) del comma precedente.

Le variazioni e le modificazioni dell’indirizzo hanno effetto, ai fini delle notificazioni, dal trentesimo giorno successivo a quello dell’avvenuta variazione anagrafica o, per le persone giuridiche e le società ed enti privi di personalità giuridica, dal trentesimo giorno successivo a quello della ricezione da parte dell’ufficio della dichiarazione prevista dagli articoli 35 e 35-ter del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, ovvero del modello previsto per la domanda di attribuzione del numero di codice fiscale dei soggetti diversi dalle persone fisiche non obbligati alla presentazione della dichiarazione di inizio attività IVA.

Salvo quanto previsto dai commi precedenti ed in alternativa a quanto stabilito dall’articolo 142 del codice di procedura civile, la notificazione ai contribuenti non residenti è validamente effettuata mediante spedizione di lettera raccomandata con avviso di ricevimento all’indirizzo della residenza estera rilevato dai registri dell’Anagrafe degli italiani residenti all’estero o a quello della sede legale estera risultante dal registro delle imprese di cui all’articolo 2188 del codice civile. In mancanza dei predetti indirizzi, la spedizione della lettera raccomandata con avviso di ricevimento è effettuata all’indirizzo estero indicato dal contribuente nelle domande di attribuzione del numero di codice fiscale o variazione dati e nei modelli di cui al terzo comma, primo periodo. In caso di esito negativo della notificazione si applicano le disposizioni di cui al primo comma, lettera e).

La notificazione ai contribuenti non residenti è validamente effettuata ai sensi del quarto comma qualora i medesimi non abbiano comunicato all’Agenzia delle entrate l’indirizzo della loro residenza o sede estera o del domicilio eletto per la notificazione degli atti, e le successive variazioni, con le modalità previste con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate. La comunicazione e le successive variazioni hanno effetto dal trentesimo giorno successivo a quello della ricezione.

Qualunque notificazione a mezzo del servizio postale si considera fatta nella data della spedizione; i termini che hanno inizio dalla notificazione decorrono dalla data in cui l’atto è ricevuto.

In deroga all’articolo 149 bis del codice di procedura civile e alle modalità di notificazione previste dalle norme relative alle singole leggi d’imposta non compatibili con quelle di cui al presente comma, la notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati alle imprese individuali o costituite in forma societaria e ai professionisti iscritti in albi o elenchi istituiti con legge dello Stato può essere effettuata direttamente dal competente ufficio con le modalità previste dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, a mezzo di posta elettronica certificata, all’indirizzo del destinatario risultante dall’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC). All’ufficio sono consentite la consultazione telematica e l’estrazione, anche in forma massiva, di tali indirizzi. Se la casella di posta elettronica risulta satura, l’ufficio effettua un secondo tentativo di consegna decorsi almeno sette giorni dal primo invio. Se anche a seguito di tale tentativo la casella di posta elettronica risulta satura oppure se l’indirizzo di posta elettronica del destinatario non risulta valido o attivo, la notificazione deve essere eseguita mediante deposito telematico dell’atto nell’area riservata del sito internet della società InfoCamere Scpa e pubblicazione, entro il secondo giorno successivo a quello di deposito, del relativo avviso nello stesso sito, per la durata di quindici giorni; l’ufficio inoltre dà notizia al destinatario dell’avvenuta notificazione dell’atto a mezzo di lettera raccomandata, senza ulteriori adempimenti a proprio carico. Ai fini del rispetto dei termini di prescrizione e decadenza, la notificazione si intende comunque perfezionata per il notificante nel momento in cui il suo gestore della casella di posta elettronica certificata gli trasmette la ricevuta di accettazione con la relativa attestazione temporale che certifica l’avvenuta spedizione del messaggio, mentre per il destinatario si intende perfezionata alla data di avvenuta consegna contenuta nella ricevuta che il gestore della casella di posta elettronica certificata del destinatario trasmette all’ufficio o, nei casi di cui al periodo precedente, nel quindicesimo giorno successivo a quello della pubblicazione dell’avviso nel sito internet della società InfoCamere Scpa. Nelle more della piena operatività dell’anagrafe nazionale della popolazione residente, per i soggetti diversi da quelli obbligati ad avere un indirizzo di posta elettronica certificata da inserire nell’INI-PEC, la notificazione può essere eseguita a coloro che ne facciano richiesta, all’indirizzo di posta elettronica certificata di cui sono intestatari, all’indirizzo di posta elettronica certificata di uno dei soggetti di cui all’articolo 12, comma 3, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, ovvero del coniuge, di un parente o affine entro il quarto grado di cui all’articolo 63, secondo comma, secondo periodo, del presente decreto, specificamente incaricati di ricevere le notifiche per conto degli interessati, secondo le modalità stabilite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate. Nelle ipotesi di cui al periodo precedente, l’indirizzo dichiarato nella richiesta ha effetto, ai fini delle notificazioni, dal quinto giorno libero successivo a quello in cui l’ufficio attesta la ricezione della richiesta stessa. Se la casella di posta elettronica del contribuente che ha effettuato la richiesta risulta satura, l’ufficio effettua un secondo tentativo di consegna decorsi almeno sette giorni dal primo invio. Se anche a seguito di tale tentativo la casella di posta elettronica risulta satura oppure nei casi in cui l’indirizzo di posta elettronica del contribuente non risulta valido o attivo, si applicano le disposizioni in materia di notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente, comprese le disposizioni del presente articolo diverse da quelle del presente comma e quelle del codice di procedura civile dalle stesse non modificate, con esclusione dell’articolo 149 bis del codice di procedura civile. (1) (2)

Note

(1) La Corte Costituzionale con sentenza 10 – 19 dicembre 2003, n. 360 ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’art. 60, ultimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), nella parte in cui prevede che le variazioni e le modificazioni dell’indirizzo del contribuente, non risultanti dalla dichiarazione annuale, hanno effetto, ai fini delle notificazioni, dal sessantesimo giorno successivo a quello della avvenuta variazione anagrafica”.

(2) La Corte Costituzionale, con sentenza 24 ottobre-7 novembre 2007, n. 366 ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 58, primo comma e secondo periodo del secondo comma, e 60, primo comma, lettere c), e) ed f), del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), e dell’articolo 26, ultimo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), nella parte in cui prevede, nel caso di notificazione a cittadino italiano avente all’estero una residenza conoscibile dall’amministrazione finanziaria in base all’iscrizione nell’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE), che le disposizioni contenute nell’articolo 142 del codice di procedura civile non si applicano”.


Come cambiano i rinnovi contrattuali nel pubblico impiego

A fissare le nuove regole è il testo della direttiva “madre” elaborata dal Dipartimento per la Funzione Pubblica: le nuove disposizioni ci fanno capire come cambiano adesso i rinnovi contrattuali nel pubblico impiego.

Nell’ambito dei rinnovi contrattuali per il triennio 2022-2024, il Ministro per la Pubblica Amministrazione, Paolo Zangrillo, ha delineato un approccio innovativo volto a migliorare le condizioni di lavoro e a consolidare il senso di appartenenza alle istituzioni.

Tra tutti i punti, in un contesto in cui le dinamiche organizzative e lavorative rivestono un ruolo sempre più centrale, è il welfare integrativo che emerge come chiave strategica per il rafforzamento del benessere del personale pubblico.

Scopriamo dunque quali saranno le nuove leve su cui si agirà nella formulazione e nelle trattative dei prossimi CCNL per tutti i dipendenti pubblici.

Come cambiano i rinnovi contrattuali nel pubblico impiego?

Il nuovo approccio pone al centro dell’attenzione la consapevolezza che la motivazione del dipendente pubblico non è limitata solo agli aspetti economici, ma è influenzata da una serie di fattori. La costruzione di condizioni organizzative adeguate, che abbraccino il benessere organizzativo e il senso di appartenenza, è vista come un catalizzatore straordinario per la motivazione del personale.

Welfare integrativo

In questo contesto, il welfare integrativo emerge come uno strumento cruciale per rendere il lavoro nella pubblica amministrazione altamente attraente, allineandolo alle condizioni offerte dal settore privato.

L’approccio innovativo è supportato dai risultati di studi di settore, che evidenziano come il welfare integrativo, orientato al benessere organizzativo e lavorativo, contribuisca in modo significativo all’aumento delle performance e alla creazione di un ambiente lavorativo positivo.

Questa direzione è stata delineata già nel rinnovo contrattuale 2016/2018, con l’introduzione graduale del welfare nella Pubblica Amministrazione, seguita dalla riformulazione dell’istituto nelle direttive successive.

Il Ministro Zangrillo ha ribadito l’importanza del welfare integrativo come leva strategica per rafforzare la Pubblica Amministrazione. Il documento sottolinea che la contrattazione nazionale dovrebbe promuovere il benessere del personale, prendendo in considerazione le diverse esigenze demografiche e familiari. Le possibili aree di intervento spaziano dal sostegno alla genitorialità alle prestazioni sanitarie, dall’istruzione alla mobilità sostenibile.

Sostegno alla genitorialità

In primo luogo, il documento fa riferimento al sostegno alla genitorialità come un’area chiave di intervento. Questo potrebbe includere politiche e iniziative che facilitano la conciliazione tra vita professionale e familiare, come orari di lavoro flessibili, servizi di assistenza all’infanzia o congedi parentali retribuiti. Riconoscere e sostenere le esigenze specifiche dei dipendenti genitori contribuisce a creare un ambiente lavorativo più favorevole e inclusivo.

Prestazioni sanitarie

Le prestazioni sanitarie rappresentano un altro settore di intervento cruciale. L’implementazione di programmi che coprono aspetti quali assicurazione sanitaria integrativa, accesso a servizi medici specializzati e iniziative di promozione della salute può contribuire significativamente al benessere fisico e mentale dei dipendenti pubblici. Questo tipo di supporto non solo influisce positivamente sulla salute individuale, ma può anche ridurre l’assenteismo e migliorare le performance lavorative complessive.

Istruzione

L’istruzione è identificata come un’altra area di intervento, suggerendo la possibilità di promuovere la formazione continua e lo sviluppo delle competenze tra i dipendenti pubblici. Questo potrebbe essere realizzato attraverso corsi di formazione, workshop o altre iniziative educative che migliorano le competenze professionali e personali dei lavoratori.

Agevolazioni fiscali e contributive

L’Artefice della contrattazione nazionale è chiamato a valorizzare gli istituti del welfare aziendale con agevolazioni fiscali e contributive. Inoltre, è prevista un’ampia contrattazione integrativa, considerata il livello più adatto per affrontare le specifiche esigenze e destinare una percentuale dei fondi per il trattamento accessorio al welfare.

Mobilità sostenibile

Infine, la mobilità sostenibile emerge come un obiettivo importante. Incentivare l’uso di mezzi di trasporto sostenibili non solo riduce l’impatto ambientale ma può anche migliorare la qualità della vita dei dipendenti, contribuendo a ridurre lo stress legato agli spostamenti.

Dotazione finanziaria

La dotazione finanziaria per i contratti 2022/24 raggiunge i 9,95 miliardi l’anno, rappresentando un aumento significativo rispetto alle tornate precedenti. Tuttavia, nonostante questo incremento, molto probabilmente potrebbe non essere sufficiente a coprire l’inflazione del triennio di riferimento, segnalando la complessità delle sfide economiche.

Formazione

Infine, la direttiva sottolinea anche l’importanza della formazione, richiedendo contratti che garantiscano almeno 24 ore annue di formazione per ogni dipendente. Questa enfasi sulla formazione è considerata un diritto-dovere del dipendente, un elemento cruciale per migliorare le performance e affrontare le sfide del mondo moderno del lavoro.

La promozione della formazione è, inoltre, indicata come un obiettivo di performance per i dirigenti, sottolineando l’importanza di un coinvolgimento attivo dei dipendenti e l’uso di strumenti a distanza per ottimizzare i costi.

L’accento sulla crescita delle capacità digitali e sulle competenze trasversali e manageriali riflette l’impegno per un adeguato esercizio della leadership da parte dei dirigenti.

Leggi: Atto di indirizzo quadro per i rinnovi contrattuali 2022-2024 per la PA


PNRR: superata la milestone europea sulle notifiche digitali

Sono 1.921 i Comuni che, grazie alle risorse PNRR, hanno completato con successo l’integrazione su SEND – Servizio Notifiche Digitali. Un risultato importante che ha permesso di raggiungere e superare ampiamente la milestone europea del PNRR di dicembre 2023, che prevedeva l’integrazione dei sistemi di notificazione di almeno 800 enti alla nuova piattaforma tecnologica nazionale. Il Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio dei ministri prosegue così nel percorso di digitalizzazione delle notifiche di atti amministrativi.

SEND, realizzata e gestita da PagoPA S.p.A. è una piattaforma che semplifica la gestione delle comunicazioni a valore legale inviate dalla PA (locale e centrale) a cittadini e imprese: notifiche riguardanti, ad esempio, esiti di pratiche amministrative, violazioni del codice della strada, avvisi di accertamento di tributi o rimborsi e tanto altro.

“La milestone europea del PNRR sulle notifiche digitali è stata non solo raggiunta, ma ampiamente superata. Con oltre 1.900 Comuni ora integrati su SEND, abbiamo realizzato un progresso significativo nella digitalizzazione delle notifiche, facilitando comunicazioni rapide, economiche e sicure non solo tra PA e cittadini, ma anche tra PA e imprese. Accedendo a SEND, un cittadino può visualizzare e gestire in modo totalmente digitale l’esito di una pratica amministrativa con un evidente risparmio di tempo e denaro.Questa piattaforma dimostra che semplificare i rapporti con la PA è un obiettivo non solo possibile ma essenziale e fortemente voluto da questo Governo”, ha dichiarato il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’innovazione tecnologica Alessio Butti.

“Siamo orgogliosi di avere contribuito ad assicurare il conseguimento di questo traguardo PNRR relativo alla piattaforma SEND, che abbiamo reso operativa insieme al Dipartimento per la Trasformazione Digitale a inizio luglio scorso. Avere più che raddoppiato, in meno di sei mesi, il numero di amministrazioni attese per fine 2023 a bordo del nuovo Servizio Notifiche Digitali è motivo di ulteriore soddisfazione e ci sprona a proseguire nella strategia di raccordo operativo costante con le istituzioni e i partner tecnologici che affiancano gli enti sul territorio. Una collaborazione essenziale per favorire l’adozione incrementale di SEND da parte di tutte le PA da qui al 2026 e offrire a sempre più cittadini i vantaggi della notificazione digitale”, ha commentato Alessandro Moricca, Amministratore Unico di PagoPA S.p.A.

Cos’è SEND

SEND, Servizio Notifiche Digitali (anche nota come Piattaforma Notifiche Digitali), nasce per innovare la comunicazione tra Stato e cittadini, sfruttando le opportunità del digitale per migliorare le possibilità di ricezione, gestione, controllo e conservazione delle comunicazioni a valore legale emesse dagli enti.

In particolare, SEND ha l’obiettivo di semplificare il processo di notificazione degli atti amministrativi verso cittadini e imprese, offrendo loro nuove opportunità per l’esercizio dei propri diritti e l’adempimento dei propri doveri con risparmio per la spesa pubblica, minori oneri di notifica per i destinatari ed un’esperienza utente più efficace. Grazie al nuovo servizio, i cittadini possono ricevere e consultare le comunicazioni delle PA aderenti in digitale dal proprio indirizzo PEC, accedendo online al sito di SEND o direttamente dall’app IO.

Per tutti coloro che non sono in possesso di un recapito digitale, o che non hanno effettuato l’accesso a SEND, sarà comunque previsto l’invio della raccomandata cartacea. In ogni caso, anche quando il destinatario riceve la comunicazione in formato cartaceo si tratta di un atto nativo digitale e depositato in digitale in piattaforma, con tutto ciò che ne consegue in termini di efficienza e sicurezza per le amministrazioni e i loro utenti.

Il target del PNRR e i numeri dell’Avviso

Il PNRR prevede delle milestone intermedie per raggiungere gli ambiziosi obiettivi del 2026. In particolare, entro dicembre 2023 era prevista l’integrazione di almeno 800 enti sulla piattaforma SEND. Per favorire questo processo è stato pubblicato a settembre del 2022 un Avviso da 200 milioni di euro su PA digitale 2026, che ha visto la partecipazione di circa 5.000 Comuni. Ad oggi, quelli già integrati e attivi sulla piattaforma sono 1.921, ed altri 3.688 hanno formalizzato la contrattualizzazione del partner tecnologico quale primo passo dell’iter di adesione. Numeri importanti, necessari per traghettare la PA italiana verso l’obiettivo di avere entro giugno 2026 almeno 6.400 enti attivi su SEND.


Avvisi di Addebito INPS

Dalla Circolare A.N.N.A. “Circolare 2015-001 Avviso di Addebito – Notifica tramite Messi Comunali 2015”

A tutt’oggi non risulta che l’Agenzia delle Entrate abbia diramato disposizioni in tal senso e quindi ritornando a quanto più sopra specificato in merito all’applicazione dell’art. 60 del D.P.R. 600/1973, va ribadito il principio richiamato nella circolare n. 16 del 27 gennaio 2000, secondo cui si applica il particolare procedimento di notificazione delle imposte dei redditi solo se una norma di settore lo prevede espressamente, e poiché l’art. 30 del D.L. 78/2010 non lo prevede, per la notificazione degli AVA si applicherà esclusivamente il procedimento ordinario e cioè gli artt. 137 c.p.c. e seguenti, compreso l’art. 143 c.p.c. ricomponendo così tutti i dubbi che una diversa interpretazione comporterebbe.

Si riporta quanto previsto nella convenzione stipulata dal Comune di Roma Capitale e l’I.N.P.S:

Visto che ad oggi sono state sottoscritte più convenzioni con altrettanti Comuni e pervenute all’Istituto richieste di adattamenti e modifiche del testo da parte di A.N.N.A. (Associazione Nazionale Notifiche Atti) oltre che da alcuni enti locali che per procedere nelle notifiche vorrebbero concordare modalità operative e/o compensi diversi da quelli previsti nella convenzione quadro di cui alla determinazione n. 87/2015;

Preso atto che la convenzione è stipulata sulla base dell’art. 30, commi 1 e 4, del d.l. n. 78/2010, sopra citato e che, in ogni caso, Roma Capitale è tenuta a procedere alle notifiche secondo le norme di legge vigenti, nel testo convenzionale in esame, come richiesto da Roma Capitale, è stato eliminato nelle premesse il riferimento al DPR n. 600/1973 e nell’art. 3 il riferimento all’art. 60 del DPR sopra citato e quello all’art. 140 c.p.c., che disciplinano rispettivamente le modalità di notifica degli atti nei casi di irreperibilità assoluta e relativa;


Notifica via pec è nulla se il deposito delle ricevute di accettazione e consegna sono in formato pdf

La Corte Suprema di Cassazione si è pronunciata sulle conseguenze derivanti dal deposito telematico di un atto giudiziario notificato a mezzo pec senza le ricevute di accettazione e consegna in formato “eml” o “msg” con la sentenza n. 16189, pubblicata l’8 giugno 2023.
Sulla scorta di un decreto di omologa della separazione, una signora notificava all’ex marito un atto di precetto con il quale intimava a quest’ultimo il pagamento di una consistente somma di denaro per il protratto inadempimento del versamento dell’assegno di mantenimento della figlia.
Il precetto veniva opposto dall’ex marito. All’esito del giudizio di opposizione (espressamente qualificato come opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c.), nella contumacia della intimante, il Tribunale dava ragione all’opponente, dichiarando la nullità dell’intimazione.
Pertanto, l’ex moglie, investiva della questione la Corte Suprema di Cassazione deducendo, con un unico motivo, la nullità della sentenza del Tribunale, rilevabile anche d’ufficio, per estensione di quella concernente la notificazione a mezzo PEC della citazione introduttiva del giudizio di opposizione.
Pertanto, l’ex moglie, investiva della questione la Corte Suprema di Cassazione deducendo, con un unico motivo, la nullità della sentenza del Tribunale, rilevabile anche d’ufficio, per estensione di quella concernente la notificazione a mezzo PEC della citazione introduttiva del giudizio di opposizione.
Secondo la ricorrente, il deposito dell’atto di citazione in opposizione al precetto, la cui notifica era stata effettuata a mezzo PEC, era illegittimo in quanto l’opponente aveva depositato l’atto di opposizione notificato mediante il deposito della copia analogica del messaggio di posta elettronica certificata (ricevuta di accettazione e consegna) e degli atti allegati scansionati in formato pdf, senza allegare i files in formato “eml” o in formato “msg”.
Il motivo del ricorso è stato ritenuto fondato dalla Corte Suprema di Cassazione la quale ha dichiarato la nullità del giudizio di merito, svoltosi in unico grado, e rinviato la causa al Tribunale di provenienza, in persona di diverso magistrato, per un nuovo esame, affermando il seguente principio di diritto: “In tema di notificazione a mezzo posta elettronica certificata, la violazione delle forme digitali previste dalla L. n. 53 del 1994, artt. 3-bis, comma 3, e 9 nonché dall’art. 19-bis delle “specifiche tecniche” date con provvedimento 16 aprile 2014 del Responsabile per i Sistemi Informativi Automatizzati del Ministero della giustizia – che impongono il deposito in PCT dell’atto notificato, delle ricevute di accettazione e consegna in formato “.eml” o “.msg” e dell’inserimento dei dati identificativi delle suddette ricevute nel file “datiAtto.xml” -, previste in funzione non solo della prova ma anche della validità dell’atto processuale (arg. ex art. 11 della stessa L. n. 53 del 1994), determina, salvo che sia impossibile procedere al deposito con modalità telematiche dell’atto notificato a norma dell’art. 3-bis legge cit. (nel qual caso l’avvocato fornisce prova della notificazione estraendo copia su supporto analogico del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna e ne attesta la conformità ai documenti informatici da cui sono tratte ai sensi del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, art. 23, comma 1: L. n. 53 del 1994, art. 9, commi 1-bis e 1-ter), la nullità della notificazione:
atteso, per un verso, che soltanto il rispetto delle predette forme (le quali permettono, attraverso l’apertura del file, di verificare la presenza dell’atto notificato nella disponibilità informatica del destinatario) consente di ritenere provato il raggiungimento dello scopo legale dell’atto processuale di notificazione che, a differenza della comunicazione, non ha la funzione di portare la semplice notizia di un altro atto processuale, ma la diversa funzione di realizzarne la tempestiva consegna, nella sua interezza, al destinatario per consentirgli di esercitare appieno il diritto di difesa e al contraddittorio; e considerato, per altro verso, che tale dimostrazione non è invece consentita ove il deposito dell’atto notificato a mezzo PEC e delle ricevute di accettazione e consegna avvenga in diverso formato (ad es. in formato PDF), salvo che, in concreto desunta aliunde, sulla base delle circostanze emerse nella fattispecie concreta, nel qual caso la nullità è sanata per convalidazione oggettiva, ai sensi dell’art. 156, comma 3, c.p.c.”. Gli Ermellini, nell’affermare il suddetto principio di diritto, hanno osservato che:

  • ai sensi della legge n. 53 del 1994, artt. 3-bis, comma 3, e 9 (ed avuto riguardo anche all’art. 19-bis del Provvedimento del Responsabile S.I.A. del 16 aprile 2014), la prova della notifica a mezzo PEC deve essere offerta esclusivamente con modalità telematica mediante il deposito nel processo civile telematico dell’atto notificato, delle ricevute di accettazione e consegna in formato “.eml” o “.msg” e dell’inserimento dei dati identificativi delle suddette ricevute nel file “DatiAtto.xml”;
  • solo nel caso in cui non si possa procedere al deposito dell’atto notificato a mezzo pec con modalità telematiche, l’avvocato estrae copia su supporto analogico del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna e ne attesta la conformità ai documenti informatici da cui sono tratte, ai sensi del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, art. 23, comma 1, (L. n. 53 del 1994, cit., art. 9, comma 1-bis);
  • nel caso in cui, una volta effettuata la notifica dell’atto a mezzo di posta elettronica certificata, la parte non sia in grado di fornirne la prova ai sensi della L. n. 53 del 1994, art. 9, comma 1-bis, la violazione delle forme digitali non determina l’inesistenza della notifica dell’atto medesimo, bensì la sua nullità, vizio che può essere sanato per convalidazione oggettiva (art. 156, comma 3, c.p.c.), ove l’atto abbia raggiunto comunque lo scopo cui è destinato;
  • la configurazione del vizio in termini di nullità, anziché di inesistenza, è conforme al disposto di cui alla legge n. 53 del 1994, art. 11, il quale prevede la sanzione della nullità, comunque rilevabile d’ufficio, per le notificazioni previste dalla medesima legge in mancanza dei requisiti soggettivi ed oggettivi ivi stabiliti, nonché in caso di inosservanza dei precedenti articoli della stessa legge, oltre che nell’ipotesi di incertezza sulla persona cui è stata consegnata la copia dell’atto o sulla data della notifica;
  • la configurazione della nullità e non dell’inesistenza, è conforme, anche all’orientamento degli stessi giudici di legittimità secondo il quale la violazione delle forme digitali non integra una causa di inesistenza della notifica, unico vizio che non ammette la sanatoria per il raggiungimento dello scopo;
  • la prova che l’atto sia stato portato nella disponibilità del notificando – ove non risulti da altre specifiche circostanze verificatesi nel caso concreto (come, ad es., nell’ipotesi in cui il suo difensore, nell’ambito di uno scambio di corrispondenza difensiva con il difensore del notificante, provveda a ritrasmettergli la copia ricevuta dell’atto notificato) – viene data istituzionalmente solo mediante il deposito telematico delle ricevute di accettazione e consegna in formato “.eml” e “.msg” e mediante l’inserimento dei relativi dati identificativi nel file “Dati.Atto.xml”, l’accesso al quale consente di verificare la presenza dell’atto nella disponibilità del destinatario;
  • il solo deposito dell’atto notificato a mezzo PEC e delle ricevute di accettazione e consegna in formato PDF non consente analoga prova.


Valida la notifica di una cartella di pagamento in formato PDF

È irrilevante la mancata allegazione della copia della cartella di pagamento con file «pdf nativo» quando l’atto in essa contenuto, precedentemente notificato, è noto al ricorrente e quando non si contesta la sua difformità rispetto all’originale. In questo modo si è espressa la Corte Suprema di Cassazione civile con la sentenza n. 28852/2023.

La società Alfa s.r.l. impugnava una comunicazione preventiva di iscrizione di fermo amministrativo su veicolo di sua proprietà notificata dall’Agenzia delle Entrate Riscossione a mezzo PEC lamentando, tra le modalità di notifica, l’allegazione di file PDF e la mancata sottoscrizione digitale.

Il giudizio innanzi alla CTP ed alla CTR
Svolto in giudizio in contraddittorio con l’agente della riscossione, la domanda attore veniva disattesa in ambedue i gradi di merito.

Il giudice territoriale ha ritenuto irrilevante la mancata allegazione della copia della cartella di pagamento con file «pdf nativo» sul rilievo che si trattava di «atto già notificato nell’anno 2017, e quindi ben noto all’opponente, che, per di più, non contesta affatto la sua difformità rispetto all’originale».

La pronuncia della Corte Suprema di Cassazione
La contribuente ha proposto ricorso per la Corte Suprema di Cassazione con sei motivi, di cui due relativi alla notifica a mezzo PEC:

1) violazione e falsa applicazione degli artt. 20, 22 e 23 del codice dell’amministrazione digitale in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., per giuridica inesistenza della notificazione, avvenuta a mezzo pec, per allegazione alla mail dell’atto in formato .pdf (copia per immagine su supporto informatico) e non già come documento informatico provvisto di firma digitale (.pdf nativo digitale);

2) violazione e falsa applicazione degli artt. 20, 22 e 23 del codice dell’amministrazione digitale in relazione all’ art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., per giuridica inesistenza della notificazione, concretata nel caso dalla trasmissione di una mera scansione dell’atto, oltremodo priva della sottoscrizione digitale.

La Corte Suprema di Cassazione ha affrontato congiuntamente i 2 motivi, ritenendoli infondati.

Va premesso che il D.P.R. 68/2005, art. 1, lett. f), definisce il messaggio di posta elettronica certificata, come “un documento informatico composto dal testo del messaggio, dai dati di certificazione e dagli eventuali documenti informatici allegati”. La lett. i ter), art. 1, del CAD – inserita dal D.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 235, art. 1, comma 1, lett. c), – poi, definisce “copia per immagine su supporto informatico di documento analogico” come “il documento informatico avente contenuto e forma identici a quelli del documento analogico”, mentre la lett. i quinquies), art. 1, del medesimo CAD – inserita dal D.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 235, art. 1, comma 1, lett. c),- nel definire il “duplicato informatico” parla di “documento informatico ottenuto mediante la memorizzazione, sullo stesso dispositivo o su dispositivi diversi, della medesima sequenza di valori binari del documento originario”.

La Corte Suprema di Cassazione si è ripetutamente espressa sul punto ritenendo che la notifica della cartella di pagamento può avvenire, indifferentemente, sia allegando al messaggio PEC un documento informatico, che sia duplicato informatico dell’atto originario (il c.d. “atto nativo digitale”), sia mediante una copia per immagini su supporto informatico di documento in originale cartaceo (la c.d. “copia informatica”).

Per tale motivo va esclusa la denunciata illegittimità della notifica della cartella di pagamento eseguita a mezzo posta elettronica certificata, poiché era nella facoltà del notificante allegare, al messaggio trasmesso alla contribuente via PEC, un documento informatico realizzato in forma di copia per immagini di un documento in origine analogico.

Inoltre, nessuna norma di legge impone che la copia su supporto informatico della cartella di pagamento in origine cartacea, notificata dall’agente della riscossione tramite PEC, venga poi sottoscritta con firma digitale.

Già le Sezioni Unite avevano affermato il principio che l’irritualità della notificazione di un atto a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna dello stesso ha comunque prodotto il risultato della sua conoscenza e determinato così il raggiungimento dello scopo legale.

Come già affermato dal giudice territoriale, la Corte Suprema di Cassazione ribadisce che non appare necessaria l’attestazione di conformità atteso che, ai sensi dell’art. 22 CAD, comma 3 – come modificato dal D.Lgs. 13 dicembre 2017, n. 217, art. 66, comma 1, “Le copie per immagine su supporto informatico di documenti originali formati in origine su supporto analogico nel rispetto delle linee guida hanno la stessa efficacia probatoria degli originali da cui sono tratte se la loro conformità all’originale non è espressamente disconosciuta”.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso, dà atto che sussistono i presupposti ex art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115 del 2002 per il versamento da parte della ricorrente del doppio del contributo unificato e nulla statuisce sulle spese in mancanza di costituzione degli intimati.

Orientamenti giurisprudenziali

Cass. 05/10/2020, n. 21328

Cass. 08/07/2020, n. 14402

Cass. 30948/2019

Cass 6417/2019

Cass. 21290/2018

Cass. SS.UU. 28 settembre 2018 n. 23620

Cass. 27561/2018

Cass. 26053/2015

Cass. 2577/2014

Cass. 13461/2012


BUON ANNO !!! 2024


E’ online un “toolkit” di comunicazione a disposizione di tutti gli Enti che hanno aderito a “Send”

La Piattaforma “PagoPa” ha informato che è online un “toolkit” di comunicazione a disposizione di tutti gli Enti che hanno aderito a “Send”, per fornire supporto agli Enti che abbiano necessità di informare i cittadini sul funzionamento del Servizio

Con una Notizia pubblicata in data 14 dicembre 2023, la Piattaforma “PagoPa” ha informato che è online un “toolkit” di comunicazione a disposizione di tutti gli Enti che hanno aderito a “Send – Servizio notifiche digitali”, la nuova Piattaforma che semplifica la gestione delle comunicazioni a valore legale per Amministrazioni, Cittadini e Imprese. L’obiettivo del “toolkit” è fornire un supporto concreto ad ogni Ente che abbia necessità di informare i propri cittadini sul funzionamento del nuovo Servizio e promuovere la ricezione in digitale, anche tramite App “Io”, delle notifiche degli Atti amministrativi a loro destinati

Come si apprende dalla Notizia, il “toolkit” contiene suggerimenti, strumenti e materiali pronti all’uso, che ogni Ente può personalizzare e utilizzare in autonomia per creare la propria campagna di comunicazione e:

  • informare i Cittadini della propria adesione alla Piattaforma;
  • sensibilizzare gli utenti sulla possibilità e sui vantaggi di ricevere comunicazioni a valore legale tramite “Send”, attraverso canali digitali o analogici.

Gli Enti che hanno aderito a “Send” possono dunque contare su una Guida e dei materiali pronti per essere utilizzati sui canali di comunicazione istituzionali, al fine di accompagnare in modo efficace l’adozione del nuovo Servizio sul territorio e spiegarne i vantaggi agli utenti.

I materiali grafici, i template e i casi d’uso che si trovano nel kit permettono infatti di dare informazioni corrette e chiare, garantendo coerenza con i materiali ufficiali di presentazione di “Send”, al fine di rendere il nuovo Servizio sempre più riconoscibile e noto anche tra i cittadini.


BUONE FESTE 2023/2024

Con l’avvicinarsi delle festività natalizie, non c’è momento migliore per dire “Grazie”

A.N.N.A augura un felice periodo natalizio e un prospero anno nuovo


Raccomandata A.R.: una distanza di due giorni tra di esse non interrompe l’unità del contesto temporale

“L’art. 140 c.p.c. prevede che “se non è possibile eseguire la consegna per irreperibilità o per incapacità o rifiuto delle persone indicate”, la notificazione abbia luogo ugualmente con lo svolgimento di tre formalità distinte: il deposito di copia dell’atto da notificare nella casa comunale, l’affissione dell’avviso del deposito sulla porta dell’abitazione o dell’ufficio del destinatario, ed infine l’invio di una raccomandata con avvio di ricevimento anch’essa con l’avviso del deposito.

La notificazione si considera perfezionata soltanto con l’esecuzione dell’ultima, in senso temporale, delle tre formalità.

Queste ultime debbono essere eseguite in uno stesso contesto temporale, nell’ambito di quella certa notificazione, ma nulla impone che vengano eseguite in uno stesso giorno, così la Corte Suprema di Cassazione con sentenza n. 7939 del 30.05.2002. Una distanza di due giorni tra di esse non interrompe certo l’unità del contesto temporale: in sostanza, rimane irrilevante che per ragioni operative, per la mancanza di un ufficio postale aperto in orario utile, o per altro motivo, l’invio della raccomandata sia stato seguito di qualche giorno l’affissione dell’avviso sulla porta dell’abitazione o dell’ufficio del destinatario (che nella normalità dei casi verrà effettuata quando l’ufficiale giudiziario si sarà recato in luogo e non avrà potuto eseguire la notificazione con uno dei sistemi ordinari, e sarà perciò la prima, temporalmente, ad essere eseguita delle tre formalità richieste), ed il deposito dell’atto nella casa comunale.”


Albo pretorio, termini di pubblicazione flessibili

La Cassazione conferma l’annullamento delle multe irrogate dal Garante privacy agli enti
Niente sanzioni ai comuni che tengono delibere oltre 15 gg
Frenate le sanzioni privacy per i comuni che tengono le delibere per più di 15 giorni sull’albo pretorio on line.
La Suprema Corte di Cassazione, sezione II, con la sentenza n. 29438 del 24 ottobre 2023, ha confermato l’annullamento di due sanzioni, di 20 mila euro ciascuna, irrogate nel 2017 dal Garante della privacy a un comune, cui si contestava di avere mantenuto pubblicate dell’albo pretorio in rete, complete dei dati personali di un cittadino, alcune delibere e determinazioni dirigenziali, e tutto ciò oltre il periodo di 15 giorni previsto dall’articolo 124 del dlgs n.267/2000 (Testo unico per gli enti locali, Tuel).
La Suprema Corte di Cassazione avalla l’interpretazione secondo cui questo termine deve considerarsi ordinatorio e non perentorio. Pertanto, la disciplina privacy non va considerata come una spada di Damocle, che colpisce automaticamente e indiscriminatamente.
D’altra parte, però, la pronuncia stessa non deve essere strumentalizzata ed essere intesa come un lasciapassare per condotte lassiste: anche i termini ordinatori vanno rispettati; inoltre, il Garante potrà sempre contestare e sanzionare la violazione di altre disposizioni, come l’omessa correttezza nel trattamento dei dati, ai sensi dell’articolo 5 del regolamento Ue n. 2016/679 (Gdpr). 
Una persona ha mandato alcune segnalazioni al Garante a proposito della permanenza di propri dati sul sito dell’albo pretorio comunale e ciò oltre il 15° giorni dalla scadenza del termine di pubblicazione degli atti, come previsto dal Tuel. Il Garante ha aperto due procedimenti, ha ritenuto illecite le persistenti pubblicazioni e ha sanzionato il comune con due ingiunzioni di 20 mila euro cadauna.
Già nei procedimenti avanti al Garante era, però, emerso un particolare, che ha giocato il suo ruolo anche in Cassazione: i dati erano stati oggetto di specifiche consultazioni con meccanismi informatici (memorizzazione e reiterato utilizzo delle pagine web contenenti le informazioni), riconducibili con elevata probabilità al diretto interessato, motivato a controllare il persistere della pubblicazione. Ciò può portare alla deduzione che nessun altro aveva consultato i dati del cittadino coinvolto, eccettuato quest’ultimo, che li avrebbe monitorati per usarli nel contenzioso contro il comune. L’ente locale ha impugnato le due sanzioni e il tribunale le ha annullate. Il Garante ha, quindi, proposto ricorso contro la sentenza di primo grado, ma la Suprema Corte di Cassazione lo ha respinto. Peraltro, le motivazioni della pronuncia della Suprema Corte di Cassazione sono particolarmente rilevanti e devono essere attentamente studiate. Il primo profilo riguarda la regola per cui negli atti da pubblicare e diffondere sul web si devono riportare solo i dati necessari e pertinenti. Sul punto la Suprema Corte di Cassazione rileva che, in astratto, la regola è corretta, ma aggiunge che per sanzionare eventuali abusi, il Garante deve specificamente indicare, caso per caso, quali dati pubblicati abbiano “ecceduto quelli necessari al perseguimento del fine istituzionale”: in mancanza l’ingiunzione del Garante è manchevole di elementi e può essere impugnata per carenza di motivazione.
Un secondo profilo riguarda la disciplina stessa della pubblicazione degli atti. Nel caso specifico, sottolinea la Suprema Corte di Cassazione, siamo di fronte a una pubblicazione necessaria per perseguire un fine istituzionale, fondata su una norma di legge (l’articolo 124 citato), la quale prevede un periodo di diffusione con un termine finale (15 giorni) non perentorio. A fronte di ciò, si deduce dalle motivazioni dell’ordinanza che gli atti sanzionatori del Garante non possono contare su un automatismo, per cui il decorso dei 15 giorni sarebbe sufficiente a far scattare le sanzioni privacy per la illecita diffusione di dati personali. Per la Suprema Corte di Cassazione non è così e il Garante non può nemmeno limitarsi ad affermare in astratto la eccessiva dilatazione del tempo della esposizione al pubblico dei dati personali.
Nel caso specifico, infatti, il Garante non ha preso posizione a riguardo del fatto che, probabilmente, non c’è stata nessuna esposizione “al pubblico” dei dati dell’interessato, visto che gli accessi alla pagina web in questione sono apparsi riconducibili al solo interessato (ipoteticamente mosso da intenti speculativi). Inoltre, il comune si è dimostrato collaborativo e, in buona fede, ha sollecitato interventi tecnici sul sito dell’albo on line per adeguarsi e mantenersi nel limite (non perentorio) dei 15 giorni. Sulla base di questi rilievi, la Suprema Corte di Cassazione ritiene, dunque, che non si deve considerare pregiudizialmente oppressiva la pubblica amministrazione. Peraltro, l’ente non deve considerare un tale orientamento come un implicito via libera a condotte inappropriate. Anche se non ci sono automatismi sanzionatori, il termine di 15 giorni della pubblicazione all’albo pretorio on line è previsto da una legge e va, quindi, rispettato, con la predisposizione di procedure tecniche di eliminazione degli atti dalle pagine web alla scadenza.
L’ente deve, inoltre, osservare regole di redazione sintetica degli atti senza inserimento di dati eccedenti e deve rispettare i divieti di diffusione previsti da leggi speciali quali, ad esempio gli articoli 7-bis e 26 del d.lgs. 33/2013 e l’articolo 2-septies del Codice della privacy (divieto di diffusione di dati sanitari, biometrici e genetici).


“Casella piena”, la Corte Suprema Sezioni unite decideranno se la notifica è valida

La Terza sezione civile, sentenza n. 32287/2023, ha rimesso la questione al massimo consesso dopo aver rilevato una “non conciliabile diversità di vedute” nella giurisprudenza di legittimità.
Sugli effetti della notifica telematica non completata per “casella piena” vi è una “non conciliabile diversità di vedute” all’interno della giurisprudenza di legittimità, per di più “senza che né l’una né l’altra impostazione paiano del tutto convincenti, sia sul piano del metodo, che del risultato ermeneutico”. Con la sentenza n. 32287/2023 la Terza sezione civile rimette alle Sezioni unite la soluzione di una delle questioni più spinose legate alla diffusione del processo telematico. La Corte Suprema di Cassazione, riunita nel suo massimo consesso, dovrà dunque dipanare una volta per tutte “la tematica delle condizioni di validità e delle conseguenze della notifica telematica non completata per casella piena”.
La vicenda parte dalla proposizione di un ricorso alla Corte Suprema di Cassazione valutato tardivo dalla parte controricorrente che deduce di aver notificato la sentenza d’appello (ai fini della decorrenza del termine breve ex art. 326 c.p.c.) con messaggio PEC restituito però dal sistema con la dicitura “… è stato rilevato un errore 5.2.2 – InfoCert S.p.A. – casella piena. Il messaggio è stato rifiutato dal sistema”. E poiché la mancata consegna è imputabile a negligenza del destinatario, la notifica deve intendersi regolarmente perfezionata, con la conseguenza che il ricorso è stato notificato fuori tempo massimo, oltre i tre mesi.
La Corte Suprema di Cassazione ricorda che sono due le principali linee giurisprudenziali. Secondo un primo indirizzo: “La notificazione di un atto eseguita ad un soggetto, obbligato per legge a munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata, si ha per perfezionata con la ricevuta con cui l’operatore attesta di avere rinvenuto la cd. casella PEC del destinatario “piena”, da considerarsi equiparata alla ricevuta di avvenuta consegna, in quanto il mancato inserimento nella casella di posta per saturazione della capienza rappresenta un evento imputabile al destinatario, per l’inadeguata gestione dello spazio per l’archiviazione e la ricezione di nuovi messaggi” (Cass., Sez. 3, ord., n. 3164/2020).
Sul tema si registra, però, un altro orientamento (Cass., Sez. 3, n. 40758/2021) così massimata: “In caso di notificazione a mezzo PEC del ricorso per cassazione non andata a buon fine, ancorché per causa imputabile al destinatario (nella specie per “casella piena”), ove concorra una specifica elezione di domicilio fisico – eventualmente in associazione al domicilio digitale – il notificante ha il più composito onere di riprendere idoneamente il procedimento notificatorio presso il domiciliatario fisico eletto in un tempo adeguatamente contenuto, non potendosi, invece, ritenere la notifica perfezionata in ogni caso con il primo invio telematico”. Tale opzione ermeneutica, tuttavia, si fonda su una specifica caratteristica della fattispecie: ossia, quella della necessaria compresenza di un domicilio digitale della parte (sostanzialmente immanente, ex art. 16-sexies d.l. n. 179/2012) e di un domicilio elettivo fisico, o tradizionale.
Così però, prosegue, non si risolve il problema di fondo, ossia “se e quando la notifica telematica del messaggio PEC, non consegnato per “casella piena”, si perfezioni”. Serve infatti una regola generale che risolva tali questioni già all’interno della fattispecie “minima” (ossia, messaggio PEC non consegnato per “casella piena” del destinatario), a prescindere dall’elezione di domicilio fisico.
Del resto, anche l’orientamento “restrittivo” non si giova di un percorso lineare dovendo necessariamente confrontarsi col dato normativo vigente, e dunque l’articolo 3-bis, comma 3, della legge n. 53/1994, che specificamente cristallizza il momento di perfezionamento della notifica effettuata dall’avvocato in quello della generazione del messaggio di “avvenuta” consegna. Ebbene, prosegue la decisione, l’utilizzo del participio passato del verbo “avvenire”, “non autorizza altra interpretazione, già sul piano letterale, diversa da quella per cui, in caso di mancata generazione di un simile messaggio, non possa in realtà discutersi di effettivo perfezionamento della notifica”.
E allora la linea suggerita del collegio rimettente prende le mosse da quanto previsto in un ambito specifico, quello concorsuale, in cui “l’esigenza della conoscenza o della conoscibilità delle iniziative poste in essere dai propri creditori (o dal Pm) è assai rilevante”. In questi casi sia che la mancata consegna del messaggio PEC derivi da causa imputabile al destinatario, sia che derivi da causa a lui non imputabile, “non si ha mai il perfezionamento della notifica, occorrendo sempre una ulteriore iniziativa del notificante”.
E, aggiunge la Corte Suprema di Cassazione, non v’è alcuna ragione per relegare una simile impostazione al solo ambito concorsuale, perché il tema investe direttamente il diritto di difesa e al contraddittorio, costituzionalmente rilevanti per tutti i consociati ex articoli 24 e 101 Cost.
Del resto, prosegue, anche la riforma Cartabia, Dlgs n. 149/2022, che pure vede la notifica telematica degli atti processuali come sostanzialmente obbligatoria (salvi casi residuali) stabilisce che, quando la notifica degli atti da parte dell’avvocato a mezzo Pec non riesce per causa imputabile al destinatario vi siano soluzioni alternative. In caso di impresa o professionista l’inserimento a spese del richiedente nell’area web riservata prevista dall’articolo 359 del codice della crisi d’impresa; mentre se il destinatario è una persona fisica le modalità ordinarie.
Una disposizione che conferma come l’ordinamento positivo non considera mai perfezionata una notifica di messaggio a mezzo Pec, effettuata da un avvocato ai sensi della legge n. 53/1994, qualora essa non sia andata a buon fine, benché per causa imputabile al destinatario.
Tutto questo, conclude l’ordinanza interlocutoria, renda evidente che, sul tema la giurisprudenza della Corte Suprema di Cassazione non possa dirsi univoca sì di una questione di massima di particolare importanza, “involgendo i presupposti stessi del funzionamento delle modalità di notificazione coi nuovi e generalizzati strumenti tecnologici in ogni ambito processuale: ciò che ne individua quale sede naturale per la disamina le Sezioni Unite di questa Corte Suprema di Cassazione, come del resto pure ritenuto dal Procuratore Generale”.


Cartella recapitata con raccomandata, nessun vizio di notifica

L’agente della riscossione può avvalersi direttamente del servizio postale rappresentando tale procedura una forma alternativa alle altre previste, che si perfeziona con la consegna del plico.
È valida la notifica della cartella esattoriale eseguita mediante invio diretto di raccomandata da parte del concessionario della riscossione tramite il servizio postale.
È quanto ha stabilito, con la sentenza n. 27007 del 21 settembre 2023, la quinta sezione della Corte Suprema di Cassazione, accogliendo le tesi dell’Amministrazione finanziaria e cancellando la decisione dei giudici tributari di secondo grado.
Con tale sentenza la Corte Suprema di Cassazione ha, chiarito, infatti, che la seconda parte del primo comma dell’articolo 26 del Dpr n. 602/1973 prevede una modalità di notifica, integralmente affidata al concessionario stesso e all’ufficiale postale, alternativa rispetto a quella della prima parte della medesima disposizione. In tal caso, la notifica si perfeziona con la ricezione della raccomandata da parte del destinatario, alla data risultante dall’avviso di ricevimento, senza necessità di un’apposita relata, visto che è l’ufficiale postale a garantirne, nel menzionato avviso, l’esecuzione effettuata su istanza del soggetto riscossore legittimato e l’effettiva coincidenza tra destinatario e consegnatario della cartella.
Un concessionario della riscossione, incaricato dall’ente impositore, notificava a un contribuente diverse cartelle di pagamento, con contestuali intimazioni di pagamento. Proprio queste ultime erano oggetto di impugnazione giudiziale da parte del contribuente, che sosteneva l’irregolarità della notifica in quanto avvenuta mediante servizio postale a opera di un soggetto non abilitato allo scopo.
Il giudizio di merito vedeva soccombere l’Amministrazione finanziaria, con il contribuente che riusciva a far dichiarare nulla la notificazione delle intimazioni di pagamento a lui dirette.
La Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, infatti, accoglieva l’appello del contribuente sul rilievo che le cartelle di pagamento, poste a fondamento delle intimazioni di pagamento impugnate, erano state notificate mediante servizio postale in violazione del Dpr n. 602/1973, articolo 26, in quanto tale notifica era avvenuta dal concessionario tramite ufficiale postale, soggetto non abilitato. Per tale ragione la notifica doveva considerarsi inesistente con l’aggiunta, sempre a giudizio dei magistrati pugliesi di merito, che il concessionario non aveva dato prova dell’avvenuta emissione e notifica delle cartelle, non essendo sufficiente né il deposito della cartolina di ricevimento della raccomandata né la notificazione delle successive intimazioni di pagamento e né le fotocopie degli estratti di ruolo.
Avverso tale determinazione dei giudici tributari, il concessionario della riscossione, Equitalia Sud, decideva di proporre ricorso di ultima istanza dinanzi la suprema Corte di cassazione.
Si ricorda come il comma 1 dell’articolo 26 del Dpr n. 602/1973 preveda espressamente che “la cartella è notificata dagli ufficiali della riscossione o da altri soggetti abilitati dal concessionario nelle forme previste dalla legge ovvero, previa eventuale convenzione tra comune e concessionario, dai messi comunali o dagli agenti della polizia municipale; in tal caso, quando ai fini del perfezionamento della notifica sono necessarie più formalità, le stesse possono essere compiute, in un periodo di tempo non superiore a trenta giorni, da soggetti diversi tra quelli sopra indicati ciascuno dei quali certifica l’attività svolta mediante relazione datata e sottoscritta. La notifica può essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento; in tal caso, la cartella è notificata in plico chiuso e la notifica si considera avvenuta nella data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto da una delle persone previste dal secondo comma o dal portiere dello stabile dove è l’abitazione, l’ufficio o l’azienda”.
Ecco, dunque, che la seconda parte della norma regola proprio la notifica mediante raccomandata affidata al servizio postale per conto del concessionario/agente della riscossione. Il quinto comma della medesima disposizione dispone, poi, che il concessionario è tenuto a conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso di ricevimento e ha l’obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell’Amministrazione.
La Corte Suprema di Cassazione chiamata a pronunciarsi definitivamente sulla questione, ha accolto il ricorso avanzato dall’amministrazione finanziaria, cassando la decisione dei giudici tributari di merito.
La Corte Suprema di Cassazione ha, infatti, ritenuto che ben può il concessionario avvalersi direttamente del servizio postale per la notifica degli atti impositivi, rappresentando tale notifica una forma alternativa alle altre normativamente previste. Inoltre, a fronte dell’eccezione della parte di non aver ricevuto le cartelle, ha ritenuto che le copie conformi degli originali delle ricevute di ritorno attestanti la consegna delle raccomandate siano pienamente sufficienti a fornire la prova richiesta all’Amministrazione.
Secondo la Corte Suprema di Cassazione, dunque, la notifica della cartella esattoriale può avvenire anche mediante invio diretto, da parte del concessionario, di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, in quanto la seconda parte del primo comma dell’articolo 26 sopra citato prevede una modalità di notifica, integralmente affidata al concessionario stesso e all’ufficiale postale, e la notifica si perfeziona con la ricezione del destinatario, alla data risultante dall’avviso di ricevimento, senza necessità di un’apposita relata, visto che è l’ufficiale postale a garantirne, nel menzionato avviso, l’esecuzione effettuata e l’effettiva coincidenza tra destinatario e consegnatario della cartella.
L’indirizzo seguito dalla decisione sembra, per altro, univoco nella giurisprudenza della Corte Suprema di Cassazione come confermato, tra le molte, dalla sentenza n. 10037/2019, secondo la quale la notificazione a mezzo posta della cartella esattoriale da parte del concessionario/agente della riscossione eseguita mediante raccomandata con avviso di ricevimento è pienamente valida e si conclude positivamente con la consegna del plico al domicilio del destinatario, senza alcun altro adempimento a opera dell’ufficiale postale se non quello di assicurarsi che la persona, individuata come legittimata alla ricezione, apponga la sua firma sul registro di consegna della corrispondenza, oltre che sull’avviso di ricevimento da restituire al mittente.
Ancora la Corte Suprema di Cassazione in tema di prova dell’avvenuta notificazione della cartella esattoriale, ha ricordato come con la sentenza della Corte Suprema di Cassazione n. 8201/2023 è stato ribadito che la prova del perfezionamento del procedimento di notifica e della relativa data è assolta mediante la produzione della relazione di notificazione o dell’avviso di ricevimento, recanti il numero identificativo della cartella, non essendo necessaria la produzione in giudizio della copia o dell’originale della cartella stessa.
In conclusione, la Corte Suprema di Cassazione, accogliendo le tesi dell’Amministrazione e reputando del tutto errata l’affermazione dei giudici tributari circa l’inesistenza della notifica della cartella fondata sul rilievo che il concessionario non poteva all’uopo effettuarla mediante il servizio postale, ha annullato definitivamente la decisione della Corte di giustizia tributaria di secondo grado, dando ragione al Fisco.


Atto notificato ex art. 140 c.p.c. alla residenza anagrafica del destinatario: non sempre è valida

Con la sentenza n. 27540/2023, pubblicata il 28 settembre 2023, la Corte Suprema di Cassazione si è pronunciata sui presupposti affinché possa essere considerata valida la notifica di un atto eseguita ai sensi dell’art. 140 c.p.c., per compiuta giacenza, all’indirizzo di residenza del destinatario risultante dal certificato anagrafico.
La vicenda approdata all’esame dei giudici di legittimità parte dal ricorso ex art. 702 bis c.p.c. promosso da un avvocato per ottenere la condanna di una sua ex cliente al pagamento dei compensi professionali maturati a seguito dell’attività di rappresentanza e assistenza legale svolti in suo favore.
Il ricorso e il provvedimento di fissazione dell’udienza venivano notificati ai sensi dell’art. 140 c.p.c. per compiuta giacenza presso la residenza anagrafica della convenuta.
Nella contumacia di quest’ultima, il Tribunale accoglieva il ricorso e la condannava al pagamento in favore del legale della somma richiesta a titolo di compensi professionali.
Contro la decisione del Tribunale, la convenuta proponeva ricorso straordinario per Cassazione deducendo la nullità della notificazione del ricorso introduttivo ex art. 702 bis c.p.c. e la nullità della notificazione dell’ordinanza, in forma esecutiva, emessa dal Tribunale, ai fini dell’idoneità a far decorrere il termine breve per la proposizione del ricorso in quanto eseguita presso la sua residenza anagrafica in assenza del requisito della temporanea/precaria assenza, senza tener conto della residenza effettiva e/o del domicilio effettivo della stessa resistente.
La ricorrente in Cassazione, nel proporre il gravame, evidenziava che alla data del mancato ritiro entro il decimo giorno del ricorso introduttivo instaurato dal legale innanzi al Tribunale non aveva la residenza effettiva nel luogo in cui era avvenuta la notifica e che, svolgendo l’attività di magistrato era in carica presso la Corte di Appello di una città diversa. Di conseguenza, secondo la ricorrente la notifica eseguita ai sensi dell’art. 140 c.p.c. nel luogo della residenza anagrafica doveva essere dichiarata nulla, come l’intero procedimento e l’ordinanza impugnata.
Il motivo del ricorso è stato ritenuto fondato dalla Corte Suprema di Cassazione la quale nell’accoglierlo con rinvio al Tribunale, in diversa composizione, ha ribadito il costante orientamento degli stessi giudici di legittimità riguardo alla notifica eseguita ai sensi dell’art. 140 c.p.c. presso la residenza anagrafica del destinatario dell’atto ma dimorante stabilmente altrove.
Secondo il suddetto orientamento, la Corte Suprema di Cassazione ha evidenziato:
1) la notifica deve ritenersi correttamente eseguita solo qualora non possa addebitarsi al notificante l’inosservanza dell’obbligo di ordinaria diligenza nell’accertamento dell’effettiva residenza del destinatario della stessa;
2) la notifica eseguita, ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ., non è valida anche se effettuata nel luogo di residenza del destinatario risultante dai registri anagrafici, nell’ipotesi in cui questi si sia trasferito altrove e il notificante ne abbia conosciuto, ovvero con l’ordinaria diligenza avrebbe potuto conoscerne, l’effettiva residenza, dimora o domicilio, dove è tenuto ad effettuare la notifica stessa, in osservanza dell’art. 139 cod. proc. civ.
3) la circostanza secondo la quale nell’indirizzo risultante dai registri anagrafici si trovi la residenza effettiva del destinatario costituisce mera presunzione superabile con qualsiasi mezzo di prova, in quanto non coperta dalla fidefacenza della relata;
4) la prova della mancata conoscenza del processo a causa della nullità della notifica della citazione può essere fornita, mediante l’impiego di presunzioni.
Nel caso esaminato, hanno concluso la nullità della notifica della citazione quanto la prova della mancata conoscenza del processo a causa di ciò, si traggono dal fatto che l’effettiva residenza, dimora o domicilio dell’ex cliente del legale in luogo diverso dalla residenza anagrafica era ed è agevolmente ritraibile dall’attività di magistrato svolta dalla medesima in altra sede, circostanza, questa, di cui il legale era a perfetta conoscenza, come dallo stesso dichiarato nell’atto introduttivo del giudizio.
Novembre 2023


Pec: se l’allegato è illeggibile, la notifica è nulla

L’ illeggibilità del file allegato alla Pec non rende inesistente la notifica, se per il resto l’invio è regolare. L’importante chiarimento arriva dalla Sezione lavoro della Corte Suprema di Cassazione, con sentenza n. 30082/2023, che ha così accolto, con rinvio, il ricorso del ministero dell’Istruzione nei confronti di una decisione della Corte d’Appello di Palermo che aveva dichiarato improcedibile l’appello proposto contro la decisione del tribunale di accoglimento delle domande di cinque impiegati amministrativi (personale A.T.A.) volte all’accertamento del loro diritto all’assunzione a tempo indeterminato.

Per il giudice di secondo grado, infatti, dalla dimensione degli atti allegati – «1 byte» – non si poteva che desumere, come sostenuto dagli appellati, che si trattasse di file del tutto vuoti e ha così ritenuto “inesistente, e quindi non sanabile, la notificazione dell’atto d’appello, per la totale mancanza materiale dell’atto da notificare”.

La Corte Suprema di Cassazione, Sezione lavoro, per prima cosa ricorda che le Sezioni Unite hanno più volte messo in guardia il giudice sulla necessità di considerare «residuale» la categoria dell’inesistenza della notificazione, che distingue la linea di confine tra l’atto (sia pure nullo) e il non-atto ed è «configurabile, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile quell’atto» (Cass. n. 14916/2016).

Nel caso specifico il procedimento di trasmissione degli atti “risulta perfettamente conforme al diritto”. In quanto “sia il mittente che il destinatario sono i soggetti abilitati, rispettivamente, ad effettuare e a ricevere la notificazione e la consegna è avvenuta correttamente, come certificato dal gestore del servizio e, del resto, pacifico tra le parti”. Ciò che viene in rilievo invece è l’ipotesi della «totale mancanza materiale dell’atto», perché gli allegati, pur menzionati nel messaggio di posta elettronica certificata, risultano inconsistenti, come desumibile dall’indicazione delle dimensioni pressoché nulle dei relativi documenti informatici.

Ebbene, in un simile caso, quando cioè delle anomalie rendono illeggibili, o parzialmente illeggibili, i file allegati al messaggio, il destinatario ha il «dovere di informare il mittente della difficoltà nella presa visione degli allegati trasmessi via pec, onde fornirgli la possibilità di rimediare a tale inconveniente». Né vale l’obiezione per cui il mittente avrebbe facilmente potuto accorgersi dell’anomalia, perché qui non conta la “colpevolezza o meno” quanto piuttosto “se la notifica sia da considerare nulla, e quindi rinnovabile, o inesistente, e pertanto tale da rendere improcedibile il giudizio di appello”.

Prosegue il ragionamento, un ruolo decisivo è il fatto che il messaggio PEC “indicava in modo inequivocabile sia la sua provenienza dall’Avvocatura dello Stato, per conto del Ministero, sia i nomi degli appellati, sia l’oggetto della notificazione («ricorso in appello per la riforma della sentenza n. 245/2017 del Tribunale del Lavoro di Palermo»), sia, infine, il numero di iscrizione a ruolo del processo presso la Corte d’Appello di Palermo («n. 467/2017 R.G.L.»)”. Ne deriva che la consegna del messaggio, “seppure gravemente incompleta per la totale illeggibilità degli allegati, era idonea a fare conoscere al destinatario l’esatto oggetto (anche se non il contenuto) della notificazione”.

Ciò, dunque, esclude che si possa parlare di «totale mancanza dell’atto», da intendersi come atto notificatorio, e, quindi, la sussistenza dell’ipotesi estrema e residuale della inesistenza della notificazione.

In definitiva per la Corte Suprema di Cassazione, Sezione lavoro, va affermato il seguente principio di diritto: «Nelle notificazioni a mezzo PEC, qualora il messaggio regolarmente pervenuto al destinatario indichi chiaramente gli estremi essenziali della notificazione (soggetto notificante, soggetto notificato, oggetto della notifica), qualsiasi anomalia che renda di fatto illeggibili gli allegati (atti notificati e relata di notifica) comporta la nullità, e non la inesistenza, della notificazione».