1. Il termine di dieci giorni di cui alla L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 8, comma 4, (Notificazione di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari), nel testo sostituito dall’art. 2, comma 3, lettera c), numero 3, del d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 14 maggio 2005, n. 80, entrato in vigore il 17 marzo 2005 – secondo il quale, nel caso (quale quello di specie), in cui il piego raccomandato depositato presso l’ufficio postale preposto alla consegna non sia stato ritirato dal destinatario, “La notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata di cui al secondo comma…” – deve essere qualificato come termine “a decorrenza successiva” e computato, secondo il criterio di cui all’art. 155, primo comma, c.p.c. escludendo il giorno iniziale (data di spedizione della lettera raccomandata di cui allo stesso art. 8, comma 2) e conteggiando quello finale;
2. Il termine di dieci giorni di cui alla L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 8, comma 4, deve intendersi compreso fra i “termini per il compimento degli atti processuali svolti fuori dell’udienza”, di cui all’art. 155, quinto comma, c.p.c., aggiunto dall’art. 2, comma 1, lettera f) della legge 28 dicembre 2005, n. 263 entrato in vigore il 1 marzo 2006, con la conseguenza che il dies ad quem del termine medesimo, ove scadente nella giornata del sabato, é prorogato di diritto al primo giorno seguente non festivo, ai sensi del combinato disposto del quinto e del quarto comma dello stesso art. 155 c.p.c.
A seguito di ricorso in data 1 dicembre 2008, presentato al Tribunale di Terni da P. Q., titolare della impresa individuale Cartoplastica P., per la dichiarazione di fallimento della s.r.l. Exporter in liquidazione, il Giudice delegato, con decreto del 3 dicembre 2008, tra l’altro, convocò dinanzi a sé la debitrice s.r.l. Exporter, in persona del legale rappresentante pro tempore, ed il creditore istante per l’udienza del 12 gennaio 2009, mandando a tale creditore di notificare il ricorso ed il decreto “entro il termine di 15 giorni prima dell’udienza fissata, con deposito entro l’udienza dell’atto notificato”. Nell’udienza del 12 gennaio 2009, in assenza della Società debitrice, il difensore del P. fece presente che la notificazione del ricorso e del decreto alla debitrice era stata eseguita presso la sede sociale a mezzo del servizio postale, ai sensi dell’art. 3, comma 3, della legge 21 gennaio 1994, n. 53 (Facoltà di notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati e procuratori legali), con spedizione del piego raccomandato con avviso di ricevimento in data 15 dicembre 2008, e che il piego raccomandato, non potuto consegnare per assenza della destinataria, era stato depositato presso l’ufficio postale preposto alla consegna in data 16 dicembre 2008, ai sensi dell’art. 8, secondo comma, della legge 20 novembre 1982, n. 890 (Notificazione di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari), con contestuale spedizione dell’avviso di deposito alla stessa Società debitrice, sottolineando altresì che la notificazione si era perfezionata, per compiuta giacenza ai sensi dell’art. 8, quarto comma, della stessa legge n. 890 del 1982, in data 27 dicembre 2008. Nella stessa udienza del 12 gennaio 2009 il Tribunale – preso atto del ricorso e del decreto così notificati e disposta la riunione di altra istanza per la dichiarazione di fallimento della s.r.l. Exporter in liquidazione, presentata dalla s. a. s. Ferramenta S. di V. D. & C. – si riservò di decidere e, con sentenza n. 7 del 30 gennaio 2009, dichiarò il fallimento della s.r.l. Exporter in liquidazione.
2. – A seguito di reclamo di quest’ultima – la quale sosteneva che non era stato rispettato il termine dilatorio di quindici giorni tra la data della notificazione del ricorso e del decreto di convocazione e quella dell’udienza, di cui all’art. 15, terzo comma, della legge fallimentare, nel testo sostituito dall’art. 2, comma 4, del d.lgs. 12 settembre 2007 n. 169, applicabile ratione temporis -, la Corte d’Appello di Perugia, con sentenza n. 249/09 del 12 giugno 2009, revocò la dichiarazione di fallimento della s.r.l. Exporter in liquidazione. In particolare, la Corte di Perugia ha osservato che:
a) la notificazione de qua fu eseguita a mezzo del servizio postale, ai sensi della menzionata legge n. 53 del 1994;
b) per l’assenza del destinatario, il piego raccomandato fu depositato presso l’ufficio postale preposto alla consegna in data 16 dicembre 2008;
c) “nessuno essendosi presentato a ritirare il plico, la notifica si perfezionò con la giacenza di dieci giorni”;
d) “La giacenza si completò il giorno 29 dicembre, poiché i giorni 25 e 26 dicembre sono festivi mentre il giorno 27 era sabato ed il 28 era domenica, quindi nessuno di questi giorni era utile alla scadenza, stante il disposto degli ultimi due commi dell’art. 155 c.p.c.. Primo dei quindici giorni del termine dilatorio dell’art. 15 L.F. fu quindi il 30 dicembre. Ultimo dei quindici giorni liberi era il 13 gennaio, ma l’udienza si tenne, come disposto, lunedì 12 gennaio. All’udienza nessuno comparve per la società debitrice…. Evidente la violazione del contraddittorio, per non essere stato garantito al debitore termine pari a quello previsto dalla norma e dallo stesso decreto di convocazione, deve essere revocata la sentenza dichiarativa di fallimento, affetta da nullità”.
3. – Avverso tale sentenza il Fallimento della s.r.l. Exporter in liquidazione ha proposto ricorso per cassazione, deducendo quattro motivi di censura, illustrati con memoria. Resiste, con controricorso, la s.r.l. Exporter in liquidazione, la quale ha anche proposto ricorso incidentale fondato su un motivo, cui resiste, con controricorso, il Fallimento. 3.1. – Con il primo (con cui deduce: “Violazione e falsa applicazione di norme di legge, con specifico riferimento al computo dei termini ed alla loro eventuale proroga: art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., art. 155 c.p.c., art. 8 L. 890/82, nel testo vigente”), e con il secondo motivo (con cui deduce: “Violazione e falsa applicazione di norme di legge, con specifico riferimento al computo dei termini ed alla loro eventuale proroga in caso di scadenza in giorno festivo: art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., art. 155 c.p.c., art. 8 L. 890/82, e relative modifiche”) – i quali possono essere esaminati congiuntamente, avuto riguardo alla loro stretta connessione -, il Fallimento ricorrente principale critica la sentenza impugnata, sostenendo che il termine di cui all’art. 8 della legge n. 890 del 1982, non é qualificabile come “termine processuale”, con la conseguenza che ad esso non si applica la disciplina di cui all’art. 155 c.p.c.. Al riguardo, il ricorrente – premesso che per “termini processuali” debbono intendersi “quelli che ineriscono al (e si inseriscono nel) processo” e che “più in particolare il riferimento di cui all’art. 155 c.p.c., é ai termini previsti dal codice di rito” – afferma che il termine di cui all’art. 8 della legge n. 890 del 1982, oltre ad essere previsto da una legge estranea al codice di rito, non é preordinato allo svolgimento di attività processuali, limitandosi a contenere una “previsione assoluta di conoscenza dell’atto da parte del destinatario della notifica”; sostiene, inoltre, che il termine previsto dall’art. 155 cod. proc. civ. “attiene ad una attività da compiersi da parte di colui a favore del quale quel termine é posto”, vale a dire, con riferimento all’attività di notificazione, “ad un’attività del soggetto notificante”, l’attività processuale del quale “si é esaurita con la richiesta di notifica”; aggiunge, infine, che la proroga del termine che scade in giorno festivo non é prorogabile sempre e comunque ma soltanto in relazione ai termini “acceleratori” e, quindi, soltanto “per coloro che ne sono destinatari”.
Nella specie, trattandosi dei termine previsto dall’art. 15, terzo comma, della legge fallimentare, cioè di un termine “dilatorio”, la sua scadenza nel giorno di sabato non era prorogabile al giorno del lunedì successivo, con la conseguenza che, nel giorno del 12 gennaio 2009 (celebrazione dell’udienza di convocazione del debitore), il termine dilatorio di quindici giorni, di cui all’art. 15, terzo comma, della legge fallimentare, doveva ritenersi pienamente rispettato. Con il terzo motivo (con cui deduce: “Violazione e falsa applicazione di norme di legge, con specifico riferimento al regime applicabile al procedimento finalizzato alla dichiarazione di fallimento instauratasi nel dicembre 2008): art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., art. 155 c.p.c., art. 15 D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169”), il ricorrente principale critica per altro verso la sentenza impugnata, sostenendo che il termine di quindici giorni di cui all’art. 15, terzo comma, della legge fallimentare, non é qualificabile come “termine libero”, con la conseguenza che – contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte perugina – il dies a quo non deve essere computato, mentre va computato il dies ad quem, con l’ulteriore conseguenza che l’udienza di convocazione del debitore del 12 gennaio 2009 doveva considerarsi assolutamente valida; Con il quarto motivo (con cui deduce: “Violazione e falsa applicazione di norme di legge, con specifico riferimento al computo dei termini ed alla loro eventuale proroga in caso di scadenza in giorno di sabato: art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., art. 155 c.p.c., art. 8 L. 890/82, e relative modifiche”), il ricorrente principale critica, infine, la sentenza impugnata, sostenendo che – contrariamente a quanto ritenuto dai Giudici a quibus -la giornata del sabato deve considerarsi “lavorativa”, in particolare anche quanto all’attività di notificazione degli atti sia per il notificante sia per il notificato.
3.1.1. – La controricorrente eccepisce, preliminarmente, l’inammissibilità del ricorso principale, in quanto il curatore fallimentare non avrebbe né la legittimazione né l’interesse a proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza impugnata, senza neppure il previo parere del comitato dei creditori. 3.2. – Con l’unico motivo (con cui deduce: “Violazione e falsa applicazione di norme di legge, con specifico riferimento agli artt. 47-quinquies del R.D. 12/41, e dell’art. 158 c.p.c.: art. 360 comma 1, n. 3 c.p.c., artt. 47-quinquies R.D. 12/41, e dell’art. 158 c.p.c.”), la ricorrente incidentale critica la sentenza impugnata, affermando che la Corte d’Appello aveva respinto l’eccezione, dalla stessa sollevata, relativa al vizio di costituzione del collegio giudicante in primo grado ed osservando al riguardo che il Tribunale di Terni era stato presieduto da un giudice anziano e non dal Presidente del Tribunale che, in quanto in servizio, avrebbe dovuto e potuto presiedere il collegio giudicante, con conseguente nullità della sentenza dichiarativa di fallimento per vizio di costituzione del giudice, in quanto la sostituzione del Presidente del Tribunale non risultava dettata né da previsione tabellare né da motivato impedimento dello stesso. A conclusione del motivo, la ricorrente incidentale formula il seguente quesito di diritto: “Dica la Corte se sia valida e/o esistente la sentenza dichiarativa di fallimento emessa da un Tribunale in composizione Collegiale e riunito in Camera di Consiglio composto tra gli altri da un Giudice facente funzioni di Presidente anziché dal Presidente del Tribunale senza previsione tabellare e/o ragioni e motivi di impedimento ovvero se la stessa sia invalida e/o nulla e/o inesistente in quanto tale da violare l’art. 47-uqinquies del R.D. 12/41 … e le prescrizioni in materia tabellare”. 3.2.1. – Il ricorrente principale eccepisce l’inammissibilità del ricorso incidentale, innanzitutto, perché la sentenza impugnata non si é pronunciata sulla questione; in secondo luogo, perché il motivo é privo di autosufficienza; in terzo luogo, perché é stato formulato un quesito di diritto plurimo e tautologico; infine, perché le tabelle concernenti i collegi giudicanti si riferiscono alle udienze pubbliche e non alle adunanze in camera di consiglio, relativamente alle quali il collegio può essere presieduto sia dai presidente del tribunale sia dal giudice che ne esercita le funzioni sia dal giudice più anziano.
4. – I ricorsi sono stati assegnati alla Prima Sezione civile. Tale Sezione, con ordinanza interlocutoria n. 5144/11 del 3 marzo 2011, ha disposto la trasmissione degli atti al Primo Presidente per l’eventuale rimessione dei ricorsi alle Sezioni Unite, ai sensi dell’art. 374, secondo comma, cod. proc. civ., presentando essi una questione di massima di particolare importanza. Al riguardo, il Collegio rimettente ha osservato: “La questione… riguarda la corretta qualificazione dell’attività che il notificando avrebbe dovuto porre in essere per l’acquisizione dell’atto notificato, dovendosi più precisamente chiarire se l’atto del ritiro della notifica possa essere inteso come atto processuale, e se la coincidenza dell’ultimo giorno fissato per il deposito dell’atto con la giornata di sabato determini o meno la proroga al primo giorno seguente non festivo”. Tale chiarimento, ad avviso della Prima Sezione, presenta profili di delicatezza in ragione della diversità dei momenti di verificazione degli effetti della notifica per il notificante e per il notificato (Corte costituzionale, sentenza n. 477 del 2002), della decorrenza degli effetti della notifica per il destinatario che abbia ritirato il plico dopo l’ultimo dei prescritti dieci giorni di giacenza (art. 8, quarto comma, della legge 20.11.1982, n. 890), della possibilità per il notificando di ritirare comunque il plico anche dopo la scadenza del decimo giorno, fermi gli effetti legali sopra richiamati riconducibili alla scadenza dell’ultimo giorno di giacenza, per la potenziale incidenza della interpretazione data sul punto dal giudice di legittimità su una pluralità di controversie.
5. – Assegnati i ricorsi a queste Sezioni unite, ambedue le parti hanno depositato memorie. All’odierna udienza di discussione, il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del primo, secondo e quarto motivo del ricorso principale, assorbiti il terzo motivo dello stesso ricorso principale ed il ricorso incidentale.
In caso di notificazione eseguita a mezzo del servizio postale (ai sensi dell’art. 8, secondo e quarto comma, della legge 20 novembre 1982, n. 890), il perfezionamento della notifica può coincidere, oltre che con il materiale recapito o con il ritiro del plico da parte del destinatario, anche con lo spirare del termine di 10 giorni stabilito per la «compiuta giacenza».
Con pronuncia resa a Sezioni Unite la Corte di Cassazione ha chiarito che il termine di 10 giorni va considerato di natura processuale e a decorrenza successiva. Ne discende l’applicazione delle regole ordinarie stabilite dal codice di procedura civile (dunque, se il termine dei 10 giorni scade in un giorno festivo, o nella giornata di sabato, la scadenza va prorogata al primo giorno seguente non festivo).
In primis, occorre considerare l’art. 149, terzo comma, cod. proc. civ., – aggiunto dall’art. 2, comma 1, lettera e) della legge 28 dicembre 2005, n. 263, entrato in vigore il 1 marzo 2006, che, nel disciplinare la notificazione a mezzo del servizio postale, dispone: “La notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, al momento della consegna del plico all’ufficiale giudiziario e, per il destinatario, dal momento in cui lo stesso ha la legale conoscenza dell’atto”.
Tale disposizione, afferma la Corte, codifica il principio di scissione fra i due momenti di perfezionamento della notificazione, conformemente a quanto più volte affermato dalla Corte costituzionale: “… risulta ormai presente nell’ordinamento processuale civile, fra le norme generali sulle notificazioni degli atti, il principio secondo il quale – relativamente alla funzione che sul piano processuale, cioè come atto della sequenza del processo, la notificazione é destinata a svolgere per il notificante – il momento in cui la notifica si deve considerare perfezionata per il medesimo deve distinguersi da quello in cui essa si perfeziona per il destinatario; pur restando fermo che la produzione degli effetti che alla notificazione stessa sono ricollegati é condizionata al perfezionamento del procedimento notificatorio anche per il destinatario e che, ove a favore o a carico di costui la legge preveda termini o adempimenti o comunque conseguenze dalla notificazione decorrenti, gli stessi debbano comunque calcolarsi o correlarsi al momento in cui la notifica si perfeziona nei suoi confronti”.
La stessa disposizione, inoltre – nella parte in cui stabilisce che la notifica si perfeziona per il destinatario dal momento in cui questo “ha la legale conoscenza dell’atto” si collega proprio alla notificazione tramite posta, nella quale il perfezionamento della notifica non sempre coincide con il materiale recapito o ritiro del piego raccomandato da parte del notificato, potendo invece coincidere, come nella specie, con l’inutile spirare del termine di “compiuta giacenza”, di cui all’articolo 8, quarto comma, della legge n. 890 del 1982.
Ancora, l’articolo 8, quarto comma, della legge n. 890 del 1982, – nel testo sostituito dall’articolo 2, quarto comma, lettera c) numero 3 del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dall’art. 1 comma 1 della legge 14 maggio 2005, n. 80, entrato in vigore il 17 marzo 2005 , stabilisce che “La notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata di cui al secondo comma ovvero dalla data del ritiro del piego, se anteriore”.
Per la Corte, “tale disposizione realizza – contemperandoli – due diversi e contrapposti interessi: quello del notificante, anche sia comunque assicurato un termine finale per il perfezionamento del procedimento di notificazione dallo stesso promosso, spirato il quale, appunto, “la notificazione si ha per eseguita” anche in mancanza di ritiro del piego depositato da parte del destinatario, che pertanto, da tale momento, “ha la legale conoscenza dell’atto”; quello del notificato – nei casi, di cui al secondo comma dello stesso articolo 8, di mancato recapito del piego – a disporre di un termine ragionevole per il ritiro dello stesso presso l’ufficio postale preposto alla consegna, dal momento che la previsione di tale termine risponde al “fondamentale diritto del destinatario della notificazione ad essere posto in condizione di conoscere, con l’ordinaria diligenza e senza necessità di effettuare ricerche di particolare complessità, il contenuto dell’atto e l’oggetto della procedura instaurata nei suoi confronti, non potendo ridursi il diritto di difesa del destinatario medesimo ad una garanzia di conoscibilità puramente teorica dell’atto notificatogli” (cfr. Corte costituzionale n. 346 del 1998).
Infine, l’art. 155 cod. proc. civ., sul computo dei termini, dispone, ai comma 4, che, “se il giorno di scadenza é festivo, la scadenza é prorogata di diritto al primo giorno seguente non festivo”, e, ai commi quinto e sesto – aggiunti dall’articolo 2, comma 1, lettera f, della citata legge n. 263 del 2005, entrati in vigore il 1 marzo 2006, applicabili anche ai processi pendenti a tale data (art. 58, comma 3, della legge 18 giugno 2009, n. 69: cfr. le ordinanze nn. 7841 del 2011, 454 del 2010, 15636 del 2009 e la sentenza n, 6212 del 2010) , che: “La proroga prevista dal comma 4, si applica altresì ai termini per il compimento degli atti processuali svolti fuori dell’udienza che scadono nella giornata del sabato (quinto comma). Resta fermo il regolare svolgimento delle udienze e di ogni altra attività giudiziaria, anche svolta da ausiliari, nella giornata del sabato, che ad ogni effetto é considerata lavorativa (sesto comma)”.
Per la Corte, tali commi aggiunti per un verso (quinto comma), assimilano il giorno del sabato a quello festivo, limitatamente però “ai termini per il compimento degli atti processuali svolti fuori dell’udienza che scadono nella giornata del sabato”, per l’altro (sesto comma), puntualizzano tuttavia che in tale giornata – “ad ogni effetto considerata lavorativa” – “resta fermo il regolare svolgimento delle udienze e di ogni altra attività giudiziaria, anche svolta da ausiliari”.
L’art. 155, quinto comma, cod. proc. civ., secondo il quale tale disposizione, diretta a prorogare al primo giorno non festivo il termine che scada nella giornata del sabato, opera con esclusivo riguardo ai termini a decorrenza successiva e non anche per quelli che si computano “a ritroso” con l’assegnazione di un intervallo di tempo minimo prima del quale deve essere compiuta una determinata attività, in quanto, altrimenti, si determinerebbe l’effetto contrario dell’abbreviazione dell’intervallo, in pregiudizio delle esigenze garantite con la previsione del termine medesimo.
La realizzazione dei contrapposti interessi del notificante – al perfezionamento del procedimento di notificazione – e del notificato – alla conoscibilità effettiva dell’atto – richiede che per quest’ultimo “trascorrano” o “decorrano”, appunto, dieci giorni dal momento in cui lo stesso, con la spedizione dell’avviso di deposito, é stato posto in condizione di conoscere effettivamente il contenuto dell’atto.
Conseguentemente, questo termine deve essere computato secondo i normali criteri, escludendo il giorno iniziale e conteggiando quello finale (art. 155, primo comma, cod. proc. civ.).
Si tratta di stabilire, ora, se quello previsto dall’art. 8, quarto comma, della legge n. 890 del 1982 sia, o no, termine previsto “per il compimento degli atti processuali svolti fuori dell’udienza” (art. 155, quinto comma, cod. proc. civ.), con la conseguenza – in caso di risposta affermativa – che esso, se scadente nella giornata del sabato, é prorogato di diritto al primo giorno seguente non festivo (art. 155, quarto comma, cod. proc. civ.).
Al riguardo – tenute presenti tutte le considerazioni che precedono e, in particolare, il rilievo che per “atti processuali”, di cui all’ora menzionato quinto comma dell’art. 155 devono intendersi quelli che hanno rilevanza, diretta o indiretta, nel processo (cfr., supra, n. 3.1.2., lettera C) – é agevole rilevare che l’intero (tradizionale) procedimento di notificazione di atti inerenti al processo – sia esso promosso ed eseguito dall’avvocato ai sensi della citata legge n. 53 del 1994 (come nella specie), ovvero eseguito dall’ufficiale giudiziario, previa consegna a quest’ultimo dell’atto da notificare – si svolge necessariamente “fuori dell’udienza” fino al suo compimento, come ovviamente fuori dell’udienza si effettua in particolare, nelle notificazioni a mezzo del servizio postale, anche l’eventuale “ritiro” del piego depositato presso l’ufficio postale preposto alla consegna da parte del notificato. “Ritiro” che, d’altro canto, é certamente qualificabile come “atto processuale” ai sensi del menzionato quinto comma, art. 155, costituendo esso, se anteriore al compimento del periodo di “giacenza” di cui all’art. 8, quarto comma, della legge n. 890 del 1982, l’altra forma di perfezionamento del procedimento di notificazione eseguito a mezzo del servizio postale, nei casi di mancata consegna del piego al destinatario o alle persone abilitate a riceverlo di cui allo stesso art. 8, comma 2 (“Resta… fermo, per il destinatario, il principio del perfezionamento della notificazione solo alla data di ricezione dell’atto, attestata dall’avviso di ricevimento, con la conseguente decorrenza da quella stessa data di qualsiasi termine imposto al destinatario medesimo”: così la citata sentenza della Corte costituzionale n. 477 del 2002, n. 3.2. del Considerato in diritto).
Ne discende che, nel caso in cui il termine di dieci giorni, di cui all’art. 8, quarto comma, della legge n. 890 del 1982, scada della giornata del sabato, la scadenza é prorogata di diritto al primo giorno seguente non festivo, ai sensi del combinato disposto dell’art. 155 c.p.c., commi 4 e 5.
Leggi: Corte Suprema di Cassazione, Sezioni Unite – Sentenza 1 Febbraio 2012, n. 1418