L’Ufficio con unico motivo di ricorso denunziava violazione e falsa applicazione dell’art. 139 c.p.c. e dell’art. 60 del d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600, censurando la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio per avere ritenuto nulla la notificazione dell’avviso di accertamento, senza considerare che essa era stata ricevuta da persona qualificatasi convivente (coniuge separato) con il destinatario ed era stata effettuata presso l’indirizzo del contribuente risultante dalla sua dichiarazione annuale, dando per contro rilievo alla variazione anagrafica della residenza pur in mancanza della prova che essa fosse stata comunicata all’Ufficio procedente dal Comune interessato.
La sentenza gravata dichiarava illegittima la cartella di pagamento impugnata in ragione della ritenuta nullità della notifica dell’avviso di accertamento, rilevando che la stessa, sulla base della documentazione offerta dal ricorrente, era stata eseguita presso il suo vecchio indirizzo e quindi ricevuta da persona che non risultava, all’epoca, più convivente.
La Corte di cassazione ha confermato il principio di diritto dei giudici di secondo grado ritenendo la sentenza incensurabile in sede di legittimità in ordine all’accertamento delle circostanze di fatto da cui essa muove e pienamente rispondente al dettato normativo di cui all’art. 60 d.p.r. 600/1973.
L’art. 60, 1° co., del d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600, prescrive che la notificazione degli avvisi deve essere eseguita presso il domicilio fiscale del contribuente, stabilendo al contempo, che le variazioni e le modificazioni dell’indirizzo non risultanti dalla dichiarazione annuale hanno effetto, ai fini delle notificazioni, dal trentesimo giorno successivo a quello dell’avvenuta variazione anagrafica.
La Corte ha precisato che una lettura costituzionalmente orientata della norma imposta a seguito della sua declaratoria di illegittimità operata dalla sentenza della Corte costituzionale n. 360 del 2003, che ha espunto l’inciso che condizionava l’efficacia della variazione al decorso del termine di cui sopra, obbliga a ritenere variato l’indirizzo immediatamente a seguito della variazione anagrafica.
Sicché l’interpretazione di tale disposizione patrocinata dall’Ufficio ricorrente, secondo cui la variazione dell’indirizzo avrebbe efficacia trascorsi 60 giorni nemmeno dalla variazione anagrafica, quanto dalla successiva comunicazione della stessa da parte del comune all’Ufficio medesimo, è stata ritenuta del tutto insostenibile alla luce del sopravvenuto (rispetto alla data di proposizione del ricorso) arresto del giudice delle leggi.
La Corte non ha infine condiviso la tesi dell’Amministrazione che, lamentando la violazione dell’ art. 139 c.p.c. ha assunto la validità della notifica in discorso per essere stato comunque l’atto ricevuto da persona (il coniuge) qualificatasi convivente, argomentando come da tale dichiarazione non può invero trarsi altro che una mera presunzione relativa di convivenza, presunzione, a sua volta, superabile dall’interessato mediante prova contraria, prova che, nella specie, il giudice a quo, con accertamento di fatto non censurabile se non sotto il profilo – qui non sollevato – del difetto di detta motivazione, ha ritenuto assolta in forza della documentazione da cui risultava sia il precedente cambio di indirizzo della residenza anagrafica del contribuente rispetto al luogo in cui era stata eseguita la notificazione, che l’intervenuta separazione personale con il coniuge che aveva ricevuto la notifica.
Corte Cassazione Sentenza 11 giugno 2009, n. 13510