Pubblicare sul web il testo integrale delle sentenze? E’ lecito se non c’è richiesta di omettere le generalità

La Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione (Sent. n. 4239/2009) ha stabilito che è lecita la pubblicazione integrale su internet di sentenze già rintracciabili sul sito ufficiale della Corte che le ha depositate e sempre che le parti non abbiano fatto espressa richiesta di omettere le generalità. Gli Ermellini, nel caso di specie, hanno osservato che “il tribunale, con adeguata e coerente motivazione, ha ritenuto la liceità della pubblicazione integrale sul sito Eius della sentenza di condanna pronunciata dalla Corte dei Conti nei confronti di […] sia in quanto avvenuta nel pieno rispetto della normativa di cui all’art. 52 D.lgs. 30/6/2003, n. 196, sia perché reperibile attraverso la banca dati presente sul sito ufficiale della cennata Corte” e che “i limiti di accesso alla banca dati della Corte dei Conti dedotti dal ricorrente non escludono la liceità della pubblicazione in quanto comunque conforme al disposto dell’art. 52 D.lgs. 196/2003”.


La P.A. può e non deve notificare il verbale a tutti gli interessati

La P.A. può e non deve notificare il verbale a tutti gli interessati

Per la Corte Costituzionale non vi è alcun obbligo della pubblica amministrazione a notificare il verbale di sanzione amministrativa a tutti gli interessati.

Ordinanza Corte Costituzionale 16/01/2009, n. 4

Con la sentenza in commento, la Corte Costituzionale ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 201, comma 1, del Codice della strada, approvato con il D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, sollevata, in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione, dal Giudice di pace di Cittadella.

Il Giudice rimettente, con ordinanza del 15 febbraio 2008 emessa nel corso di un procedimento civile di opposizione a sanzione amministrativa per violazione del codice della strada, ha sollevato, in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 201, comma 1, del Codice della strada, approvato con il D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, in relazione agli artt. 204 bis, comma 1, e 196, comma 1, dello stesso codice e all’art. 22 della L. 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), nella parte in cui dispone che l’autorità amministrativa può, anziché deve, notificare il verbale di contestazione della violazione a tutti i soggetti interessati.

Da tale sistematica, il Giudice rimettente, ne fa discendere una ridotta capacità difensiva dell?effettivo trasgressore nei confronti dell’obbligato in solido che lo convenga in regresso, laddove, invece, la notifica del verbale a tutti gli interessati (proprietario del veicolo, obbligato in solido e trasgressore) permetterebbe a tutti di esplicare le proprie ragioni che, potrebbero essere diverse.

Sul tema, la Corte Costituzionale aveva già avuto occasione di pronunciarsi con l’Ordinanza n. 188 del 2006 ove, dichiarando ai sensi dell’art. 204 del Codice della strada, il soggetto che venga identificato, non immediatamente, quale responsabile della violazione può sempre proporre, dinanzi al giudice di pace, ricorso avverso il verbale di contestazione anche se al solo scopo di escludere che tale atto possa fungere da titolo per la decurtazione del punteggio dalla patente di guida ovvero per un’eventuale azione di regresso esperibile da parte di chi abbia pagato la somma dovuta quale sanzione pecuniaria.
Pertanto, il sistema delineato dal Codice della strada non limita affatto la capacità difensiva dell?effettivo trasgressore nei confronti dell’obbligato in solido anche in ragione della circostanza, frequente, dei ricorsi promossi dal proprietario del veicolo con il successivo intervento in giudizio dell’effettivo trasgressore.


Posta elettronica certificata: come cambia il quadro normativo

La “posta elettronica certificata”, meglio conosciuta con l’acronimo PEC, è uno strumento il cui obiettivo è quello di parificare il valore di una e-mail a quello di una raccomandata cartacea con ricevuta di ritorno.
Il servizio PEC del provider al quale si è affidato l’utente, rilascia al mittente dell’e-mail una ricevuta che attesta la prova dell’avvenuta spedizione del messaggio. Tale comunicazione ha valore legale. Allo stesso modo, anche il gestore al quale si appoggia il destinatario dell’e-mail riceve una ricevuta dell’avvenuta consegna.
Le certificazioni ricevute da mittente e destinatario attestano inoltre che l’e-mail è stata spedita, consegnata e che il messaggio non è stato in alcun modo alterato.
Le ricevute contengono anche l’indicazione temporale per ciascuna operazione effettuata (ad esempio invio e consegna del messaggio).

Il decreto legge “anticrisi” 185/2008 aveva sancito l’obbligatorietà dell’adozione di una casella PEC da parte di iscritti ad Albi, professionisti ed imprese. In particolare, l’articolo 16 del decreto stabiliva l’obbligo per le imprese di comunicare il proprio indirizzo PEC nella domanda di iscrizione al registro oppure entro un periodo di tempo massimo pari a tre anni, dalla data di entrata in vigore della normativa, per le società già iscritte. I professionisti iscritti ad albi ed elenchi istituiti con legge dello Stato avrebbero invece dovuto comunicare il proprio indirizzo PEC ai rispettivi ordini o collegi entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto legge.

In sede di conversione del decreto legge, sono state da poco apportate numerose modifiche alla versione iniziale dello stesso. Nella sostanza, l’intervento sembra aver rimosso l’obbligatorietà della PEC che è uno standard di matrice italiana. L’impresa od il professionista possono servirsi sì di un indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) ma anche, in alternativa, di “un analogo indirizzo di posta elettronica basato su tecnologie che certifichino data e ora dell’invio e della ricezione delle comunicazioni e l’integrità del contenuto delle stesse, garantendo l’interoperabilità con analoghi sistemi internazionali”. La modifica applicata alla normativa sembra quindi configurarsi come un’apertura verso l’impiego, in sostituzione della PEC, di tecniche di firma digitale e di tracciamento della consegna equivalenti e gratuite, già disponibili ed utilizzabili mediante l’uso di account di posta di tipo tradizionale ormai da diversi anni.


Firmato contratto ministeri e scuola: no della Cgil

Disco verde per il contratto dei ministeri e della scuola, per il biennio economico 2008-2009.
Dopo il via libera del governo e della Corte dei Conti, all’Aran è stato formalizzato l’ultimo passaggio con la firma del contratto. La Cgil, RdB-Cub e Cse non hanno firmato.


RESPONSABILITÀ DEL DATORE DI LAVORO PER INFORTUNIO LAVORATORE CON MACCHINA DIFETTOSA

La Corte di Cassazione ha confermato la sentenza della Corte di appello di Brescia che, in riforma della sentenza emessa in primo grado dal Tribunale di Mantova, aveva dichiarato la responsabilità del datore di lavoro per violazione della normativa antinfortunistica, e, riconosciute le attenuanti generiche prevalenti sulla contestata aggravante, lo aveva condannato alla pena di mesi uno e giorni dieci di reclusione, con la concessione dei benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna; al pagamento delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio e al risarcimento del danno a favore della parte civile da liquidarsi in separata sede oltre alla rifusione delle spese di costituzione e rappresentanza in giudizio della parte civile per il primo grado.

Nel caso di specie l’infortunio era stato causato da una macchina stabilizzatrice per lavori stradali che presentava il rischio di cesoiamento tra le parti laterali dello scudo di protezione del tamburo, tanto da cagionare lesioni personali gravissime al lavoratore il quale, avendo inserito il braccio destro nella zona pericolosa della macchina per sistemare un listello di legno proprio nel momento in cui un collega si accingeva a disporre l’abbassamento del suddetto scudo che, calando repentinamente, troncava di netto l’arto del collega il quale riportava lesioni (consistite nel distacco traumatico del braccio destro poi riattaccatogli con un intervento chirurgico) dalle quali derivavano pericolo di vita ed una malattia nel corpo, oltre ad una incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni superiore ai quaranta giorni e all’indebolimento permanente della funzionalità del braccio.

La Cassazione ha aderito al proprio orientamento, affermando che “eventuali concorrenti profili colposi addebitabili al fabbricante [della macchina] non elidono certamente il nesso causale tra la condotta del datore di lavoro e l’evento lesivo in danno del lavoratore …. in linea con la pacifica affermazione secondo cui “configurabile la responsabilità del datore di lavoro il quale introduce nell’azienda e mette a disposizione del lavoratore una macchina – che per vizi di costruzione possa essere fonte di danno per le persone – senza avere appositamente accertato che il costruttore, e l’eventuale diverso venditore, abbia sottoposto la stessa macchina a tutti i controlli rilevanti per accertarne la resistenza e l’idoneità all’uso, non valendo ad escludere la propria responsabilità la mera dichiarazione di avere fatto affidamento sull’osservanza da parte del costruttore delle regole della migliore tecnica”.

In sostanza, “deve considerarsi infondato l’assunto difensivo dell’esonero di responsabilità invocato dal ricorrente sulla base del marchio CE, non potendo ad esso ricollegarsi una presunzione assoluta di conformità della macchina alle norme di sicurezza, proprio per la prevedibilità ed evitabilità dell’evento lesivo. Non può, infine, richiamarsi ai principi dell’affidamento il datore di lavoro che, in tema di sicurezza antinfortunistica, venga meno ai suoi compiti che comprendono, tra l’altro, l’istruzione dei lavoratori sui rischi connessi a determinati lavori, la necessità di adottare le previste misure di sicurezza, la predisposizione di queste, ed anche il controllo continuo, congruo ed effettivo, nel sorvegliare e quindi accertare che quelle misure vengano, in concreto, osservate, non pretermesse per contraria prassi disapplicativa, e, in tale contesto, che vengano concretamente utilizzati gli strumenti adeguati, in termini di sicurezza, al lavoro da svolgere, controllando anche le modalità concrete del processo di lavorazione. Il datore di lavoro, quindi, non esaurisce il proprio compito nell’approntare i mezzi occorrenti all’attuazione delle misure di sicurezza e nel disporre che vengano usati, ma su di lui incombe anche l’obbligo di accertarsi che quelle misure vengano osservate e che quegli strumenti vengano utilizzati”.

(Corte di Cassazione – Sezione Feriale, Sentenza 5 dicembre 2008, n. 45335: Infortunio del lavoratore – Responsabilità del datore di lavoro – Macchina difettosa munita di marcatura CE).


Competenza ridotta per gli ausiliari della sosta

Gli ausiliari del traffico non possono elevare multe a moto e motorini in sosta sui marciapiedi. Lo stabilisce la Corte di cassazione (sentenza 551/2009 della seconda sezione civile) che, accogliendo il ricorso di un motociclista di Bologna, ha statuito che gli accertatori e sia che dipendano dalle aziende di trasporto urbano, sia dalle imprese di gestione dei posteggi pubblici a pagamento e devono attenersi strettamente al compito di garantire la “funzionalità dei posteggi” e quella degli spazi “riservati allo stazionamento e alla fermata” dei mezzi pubblici. Fuori da queste ipotesi, i “vicevigili” non hanno competenza e non possono multare.


Funzionari pubblici fannulloni? Il pedinamento è lecito e rischiano condanna per truffa

I funzionari pubblici debbono rispettare l’orario di lavoro e ciò anche se di fatto svolgono mansioni da dirigente.

Sulla scorta di tale premessa, la Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione (Sent. n. 44912/2008) ha stabilito che sono leciti i controlli posti in essere nei loro confronti e ciò anche se questi consistono nel pedinamento da parte di un investigatore privato e, nel caso di accertata violazione dei loro doveri, rischiano una condanna per truffa.
In particolare, gli Ermellini hanno precisato che “la falsa attestazione del pubblico dipendente , circa la presenza in ufficio riportata sui cartellini marcatempo o nei fogli di presenza, è condotta fraudolenta, idonea oggettivamente ad indurre in errore l’amministrazione di appartenenza circa la presenza su luogo di lavoro, ed è dunque suscettibile di integrare il reato di truffa aggravata”.
Inoltre, la Corte ha ribadito il principio espresso per cui “la prestazione d’opera da parte del lavoratore subordinato a favore di terzi concorrenti costituisce una violazione dell’obbligo di fedeltà che, se è irrilevante sotto il profilo penale qualora compiuta fuori dal normale orario di lavoro, integra il reato di truffa se svolta nell’orario normale, da parte di soggetto che lucra la retribuzione, fingendo di svolgere il lavoro che gli è stato affidato, mentre svolge altra attività. Ne consegue che, ove sorga il giustificato dubbio che un dipendente incaricato di mansioni da espletare al di fuori dei locali dell’azienda in realtà si rende responsabile di un comportamento illecito di tale genere, è giustificato il ricorso alla collaborazione di investigatori privati per verifiche al riguardo, né sono ravvisabili profili di illiceità a norma dell’art. 2, secondo comma, della legge n. 300 del 1970, il quale, prevedendo il divieto per il datore di lavoro di adibire le guardie particolari giurate alla vigilanza dell’attività lavorativa e il divieto per queste ultime di accedere nei locali dove tale attività è in corso, nulla dispone riguardo alla verifica dell’attività lavorativa svolta al di fuori dei locali aziendali da parte di soggetti non inseriti nel normale ciclo produttivo e che “le disposizioni degli artt. 2 e 3 dello Statuto dei Lavoratori non implicano l’impossibilità di ricorrere alla collaborazione di soggetti diversi da quelli in essi previsti (ad esempio investigatori privati) in difetto di espliciti divieti al riguardo e in considerazione della libertà della difesa privata”.


La finanziaria 2009 diventa legge.

Dopo l’approvazione della Camera dello scorso 19 dicembre la legge finanziaria 2009 è legge ed entrerà in vigore a partire dal 1 gennaio 2009. L’approvazione è avvenuta in terza lettura senza il ricorso alla fiducia. Sono stati anche evitati, come avveniva in passato, quei micro-interventi che venivano aggiunti nel percorso del disegno di legge tra Camera e Senato, e che generalmente appesantivano il provvedimento. Il percorso più lineare della finanziaria di quest’anno è dovuto all’anticipazione della manovra avvenuta la scorsa estate che ha modificato la struttura del ddl introducendo anche il principio della triennalità ed eliminando le misure a sostegno dell’economia. La finanziaria 2009 prevede agevolazioni fiscali per le ristrutturazioni edilizie e per gli asili nido, stanzia le risorse per il rinnovo del ccnl nel pubblico impiego, stanzia il fondo per la cassa integrazione straordinaria e blocca le emissioni dei derivati da parte degli enti locali. Ecco in sintesi le principali misure contenute nella manovra.

La Cassa Integrazione Speciale (CIGS): Viene portato a 600 milioni il fondo della cassa integrazione speciale per il 2009. Il ministro del Lavoro, di concerto con il ministro dell’Economia, dovrà disporre entro il 31 dicembre 2009 i trattamenti di cassa integrazione guadagni straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale, nel caso di programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali, in deroga alla normativa vigente.

Contratti nel pubblico impiego: Vengono stanziati 2,8 miliardi per il rinnovo dei contratti nel pubblico impiego. A questa somma si aggiungono 200 milioni che provengono dalla razionalizzazione delle spese dei dipendenti, destinati a incentivi e premi.

Asili Nido: Le spese per il pagamento delle rette d’asilo potranno essere detratte al 19% dall’irpef. Il limite di spesa fissato per il calcolo della detrazione, è di 632 euro per un massimo di 120 euro di sconto a figlio (articolo 2, comma 6).

Le ristrutturazioni edilizie: Confermata la detrazione ai fini irpef del 36% per chi effettua lavori di ristrutturazione edilizia e Iva ridotta al 10% per interventi di recupero del patrimonio edilizio realizzati su fabbricati con prevalente destinazione abitativa privata.

Stop ai derivati degli enti locali: Per il 2009 gli enti locali non potranno emettere derivati. Saranno i regolamenti del ministero dell’Economia a individuare le tipologia dei contratti relativi agli strumenti finanziari derivati, che gli enti possono concludere.

Il fondo per le aree sottoutilizzate: Il FAS, Fondo per le aree sottoutilizzate sarà destinato al mezzogiorno per una quota dell’85%, il 15% andrà invece alle aree del centro nord. Annualmente il Governo presenterà una relazione per indicare l’ammontare delle risorse finanziarie disponibili per il fondo per le aree sottoutilizzate e quelle che saranno utilizzate a seguito delle delibere Cipe o in seguito a provvedimenti che contengono delle variazioni.

Patto di stabilità: Si ammorbidisce la disciplina del Patto di stabilità interno per gli enti locali, ed in particolare per quelli virtuosi che potranno anche utilizzare delle risorse ottenute attraverso le cessioni immobiliari. Inoltre gli investimenti in infrastrutture non saranno conteggiati nel patto di stabilità interno di regioni ed enti locali.

Scuola: Si conferma il fondo di 120 milioni per la scuola privata. Sarà il ministro dell’Istruzione a decidere come ripartire le risorse fra scuole pubbliche e scuole private.


LEGITTIMO IL PIGNORAMENTO DIRETTO DEI CREDITI DEL DEBITORE DA PARTE DEL CONCESSIONARIO

La Corte Costituzionale con sentenza del 28-11-2008, n. 393 ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 72-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), il quale, all’alinea del comma 1, prevede che “Salvo che per i crediti pensionistici e fermo restando quanto previsto dall’articolo 545, commi quarto, quinto e sesto, del codice di procedura civile, l’atto di pignoramento dei crediti del debitore verso terzi può contenere, in luogo della citazione di cui all’articolo 543, secondo comma, numero 4, dello stesso codice di procedura civile, l’ordine al terzo di pagare il credito direttamente al concessionario, fino a concorrenza del credito per cui si procede”.

In particolare, secondo la Consulta, “va rilevato che la facoltà di scelta del concessionario tra due modalità di esecuzione forzata presso terzi non crea né una lesione del diritto di difesa dell’opponente né una rilevante disparità di trattamento tra i debitori esecutati, sia perché questi sono portatori di un interesse di mero fatto rispetto all’utilizzo dell’una o dell’altra modalità e possono in ogni caso proporre le opposizioni all’esecuzione o agli atti esecutivi di cui all’art. 57 del d.P.R. n. 602 del 1973, sia perché non sussiste “un principio costituzionalmente rilevante di necessaria uniformità di regole procedurali”.


Legittimo il pignoramento diretto dei crediti del debitore da parte del concessionario

Legittimo il pignoramento diretto dei crediti del debitore da parte del concessionario

La Corte Costituzionale con Ordinanza 05.12.08, n. 393, ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 72-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), il quale, all’alinea del comma 1, prevede che “Salvo che per i crediti pensionistici e fermo restando quanto previsto dall’articolo 545, commi quarto, quinto e sesto, del codice di procedura civile, l’atto di pignoramento dei crediti del debitore verso terzi può contenere, in luogo della citazione di cui all’articolo 543, secondo comma, numero 4, dello stesso codice di procedura civile, l’ordine al terzo di pagare il credito direttamente al concessionario, fino a concorrenza del credito per cui si procede”.

In particolare, secondo la Consulta, “va rilevato che la facoltà di scelta del concessionario tra due modalità di esecuzione forzata presso terzi non crea né una lesione del diritto di difesa dell’opponente né una rilevante disparità di trattamento tra i debitori esecutati, sia perché questi sono portatori di un interesse di mero fatto rispetto all’utilizzo dell’una o dell’altra modalità e possono in ogni caso proporre le opposizioni all’esecuzione o agli atti esecutivi di cui all’art. 57 del d.P.R. n. 602 del 1973, sia perché non sussiste “un principio costituzionalmente rilevante di necessaria uniformità di regole procedurali””.


Giustizia, al via i tribunali on-line

Il ministro per la Pubblica amministrazione e l’innovazione, Renato Brunetta, ed il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, hanno firmato a Palazzo Chigi il 26 novembre 2008 un Protocollo d’intesa per la realizzazione di programmi d’innovazione digitale. Gli interventi previsti sono: – notificazioni telematiche delle comunicazioni e degli atti processuali ad avvocati e ausiliari del giudice; – rilascio telematico di certificati giudiziari e aumento degli sportelli sul territorio; trasmissione telematica delle notizie di reato tra forze di polizia e procure della Repubblica; – registrazione telematica degli atti giudiziari civili presso l’Agenzia delle Entrate; – accesso pubblico via rete alle sentenze ed ai dati dei procedimenti, in attuazione del Codice dell’Amministrazione digitale; – razionalizzazione, evoluzione e messa in sicurezza delle infrastrutture ICT, dei sistemi informatici e della rete di telecomunicazione della giustizia. L’obiettivo è di semplificare le modalità di svolgimento dei servizi che l’Amministrazione della Giustizia rende agli utenti, e in pari tempo ridurre i costi di funzionamento degli uffici, razionalizzare e rendere più efficienti le infrastrutture e le reti di trasmissione della Giustizia tramite il Sistema Pubblico di Connettività (SPC) e la rete privata delle Forze di Polizia per le funzioni di ordine e sicurezza pubblica.


Notifiche fiscali in caso di variazione di residenza

Con Sentenza n. 26542/2008, depositata lo scorso 5 novembre in cancelleria, la Corte di Cassazione si è espressa in materia di notifiche fiscali qualora il contribuente abbia variato la propria residenza.

Secondo i giudici, in base ai principi dettati dalla Sentenza n. 360/2003 della Corte Costituzionale, nel periodo precedente al 4 luglio 2006 (data di entrata in vigore della Legge n. 248/2006) le notifiche di carattere tributario eseguite presso la vecchia residenza, sia pure nei 60 giorni successivi al trasferimento, devono considerarsi “radicalmente nulle”. In base a tale Sentenza, le variazioni dell’indirizzo del contribuente hanno effetto immediato e non dal sessantesimo giorno successivo.

Diversamente, a decorrere dal 4 luglio 2006 le suddette notifiche possono essere eseguite presso la vecchia residenza nei 30 giorni successivi al trasferimento, così come previsto dal nuovo termine dilatorio introdotto dalla Legge n. 248/2006.


Inesistenti le notifiche degli atti giudiziari compiuti da messi speciali

Sono inesistenti le notifiche di atti giudiziari compiute dai messi speciali dell’Amministrazione finanziaria: la Cassazione, in considerazione della carenza notificatoria di detti soggetti, assimilabili ai messi comunali, ha così assunto una posizione diversa rispetto a quella espressa con sentenza 6 maggio 2004, n. 8625 nella quale aveva sostenuto che tali notificazioni fossero affette da semplice nullità, suscettibile di sanatoria a seguito della costituzione in giudizio della parte.


Comune notifica in ritardo gli atti del fisco? Deve pagare i danni

La Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione (Sent. n. 26118/2008) ha stabilito che deve risarcire il danno la Pubblica Amministrazione che tarda la notifica degli avvisi Iva o di altri atti da notificare nell’interesse dell?Amministrazione finanziaria. Vedi nell’area “Normativa” il commento.


Va licenziato chi si fa timbrare il cartellino da un collega. Anche se non c’è danno per l’Ente

Linea dura della Cassazione contro i dipendenti che si fanno timbrare il cartellino dai colleghi. Per i giudici del Palazzaccio, infatti, in casi del genere si perde il posto di lavoro. La Corte (sezione lavoro sentenza 26239/2009) sottolinea che il licenziamento, risulta equo anche se all’azienda non deriva “un danno economico” giacché è sufficiente il fatto che si sia realizzata una “lesione dei doveri di lealtà” nei confronti dell’azienda. E’ stato così confermato il licenziamento di una dipendente che lavorava presso una clinica di Torino che aveva fatto timbrare il cartellino prima di essere entrata a lavoro avvalendosi della collaborazione di una collega. Ne era seguito l’immediato licenziamento disciplinare che veniva convalidato dal Tribunale di Torino e dalla Corte d’Appello. La donna si era rivolta alla Cassazione per chiedere l’applicazione di una sanzione più lieve considerato che la timbratura del cartellino fatta da un’altra collega non aveva comportato un danno economico all’azienda. La Corte ha respinto il ricorso sottolineando che “la ricostruzione dei fatti operata dal giudice di merito appare logica e coerente” giacché, i giudici di merito hanno motivato facendo riferimento alla “lesione del vincolo fiduciario a prescindere dal danno patrimoniale subito dalla società”. Risulta dunque “congrua la sanzione irrogata vista la gravita’ dell’addebito contestato”.