La Corte d’appello di Catanzaro, con la sentenza del 9 febbraio 2023, nel ritenere valida la notificazione della sentenza dichiarativa di fallimento presso il “domicilio digitale” del procuratore della società fallita e, di conseguenza, spirato il termine per la proposizione del reclamo da parte del socio illimitatamente responsabile e legale rappresentante della medesima società, ha affermato che, alla luce della vigente normativa, deve considerarsi come validamente effettuata la notifica via pec al “domicilio digitale” anche in caso di espressa elezione di “domicilio fisico”, in quanto trattasi di due opzioni alternative che, lungi l’una dal precludere l’altra, concorrono.
Orientamenti giurisprudenziali: Cass. civ., Sez. III, Ord., 14 dicembre 2021, n. 39970, Cass. civ., Sez. lavoro, Sent., 11 febbraio 2021, n. 3557
La Corte di d’appello di Catanzaro, si è pronunciata sulla validità della notificazione della sentenza di fallimento di una s.n.c., emessa dal Tribunale di Cosenza, al “domicilio digitale”, ovvero all’indirizzo pec, del procuratore della società; nonché di conseguenza sull’idoneità della stessa a far decorrere il termine perentorio per proporre reclamo, ai fini di valutare la tempestività o meno del ricorso depositato dal socio illimitatamente responsabile e legale rappresentate della s.n.c..
Infatti, nel costituirsi in giudizio, la Curatela del Fallimento aveva eccepito l’inammissibilità del reclamo per tardività, poiché il relativo ricorso era stato proposto dal fallito oltre il termine perentorio di trenta giorni stabilito dall’art. 18 comma 1 L.F., termine decorrente “dalla data della notificazione della sentenza a norma dell’art.17” (art. 18, co. 4, L.F.).
Precisamente, l’art. 17 L.F. dispone che entro il giorno successivo al deposito in cancelleria, la sentenza che dichiara il fallimento vada notificata, su richiesta del cancelliere, al debitore, eventualmente presso il domicilio eletto nel corso del procedimento, e comunicata per estratto al pubblico ministero, al curatore e al richiedente il fallimento, con la specificazione che l’estratto deve contenere il nome del debitore, il nome del curatore, il dispositivo e la data del deposito della sentenza.
L’art. 18 L.F. prosegue poi prevedendo che contro la sentenza che dichiara il fallimento possa essere proposto reclamo dal debitore e da qualunque interessato con ricorso da depositarsi nella cancelleria della Corte d’appello nel termine perentorio di trenta giorni, termine che come precisato al comma 4 decorre per il debitore dalla data della notificazione della sentenza.
Premettendo che l’eccezione è stata ritenuta fondata e meritevole di accoglimento, la Corte d’Appello ha rilevato come risultasse dall’attestazione telematica che in data 31.01.2022 la Cancelleria fallimentare del Tribunale di Cosenza aveva notificato a mezzo pec la sentenza dichiarativa di fallimento, oggetto del reclamo, ex art. 170 c.p.c., all’indirizzo di posta elettronica certificata dell’avvocato procuratore speciale costituito nel giudizio pre-fallimentare.
I Giudici hanno evidenziato come, ai sensi dell’art. 16, comma 4, D.L. 18.10.2012, n. 179 (convertito in L. 17.12.2012 n. 221), “Nei procedimenti civili e in quelli davanti al Consiglio nazionale forense in sede giurisdizionale, le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria sono effettuate esclusivamente per via telematica all’indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni, secondo la normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici”.
Pertanto, la notificazione della sentenza dichiarativa del fallimento da parte della Cancelleria all’indirizzo pec del procuratore domiciliatario era da ritenersi idonea a far decorrere il termine per impugnare ex art. 18 .L.F.; e ciò ancorché la società fallita, nell’atto di costituzione in giudizio, avesse optato per un’elezione di “domicilio fisico” presso lo studio dell’avvocato.
Al riguardo, la Corte di Catanzaro ha richiamato la giurisprudenza della Corte Suprema di Cassazione la quale ritiene che, alla luce della vigente normativa, il “domicilio fisico” costituisca un’alternativa al “domicilio digitale”, e che, dunque, debba considerarsi come validamente effettuata la notifica al “domicilio digitale” pure in caso di espressa elezione di “domicilio fisico”.
In particolare, si è riportato un precedente della giurisprudenza di legittimità che, seppur non riguardante l’ipotesi di reclamo ex art. 18 L.F., è stato ritenuto a questa assimilabile, e in cui la Suprema Corte di Cassazione ha considerato tardivo il ricorso per cassazione in quanto la sentenza impugnata era da ritenersi, ai fini di decorrenza del termine breve, validamente notificata via pec al domiciliatario in appello oltre che al “dominus” difensore; e ciò nonostante l’elezione di “domicilio fisico” in capo all’avvocato, destinatario della notifica telematica (Cass. civ., Sez. III, Ord., 14 dicembre 2021, n. 39970).
La norma venuta in rilievo nel caso appena menzionato è quella, sempre introdotta con la L. di conversione n. 221/2012, dell’art. 16-sexies D.L. n. 179/2021, che sotto la rubrica “Domicilio digitale” stabilisce che “quando la legge prevede che le notificazioni degli atti in materia civile al difensore siano eseguite, ad istanza di parte, presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario, alla notificazione con le predette modalità può procedersi esclusivamente quando non sia possibile, per causa imputabile al destinatario, la notificazione presso l’indirizzo di posta elettronica certificata, risultante dagli elenchi di cui all’articolo 6-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, nonché dal registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal ministero della giustizia”.
La Corte Suprema di Cassazione ha così affermato, richiamando a propria volta un’altra pronuncia di legittimità (Cass. civ., Sez. lavoro, Sent., 11 febbraio 2021, n. 3557), che il “domicilio digitale” può essere utilizzato per la notificazione in questione, anche se non elide la prerogativa processuale di eleggere “domicilio fisico”, sicché le due opzioni concorrono: in tal caso, la parte aveva solo eletto domiciliazione fisica, ma la domiciliazione digitale, pur non impedendo l’utilizzo della prima, restava, per volontà dell’ordinamento, una delle due possibilità ai fini in discussione. Ne discendeva la ritualità della notifica della sentenza impugnata, nei sensi eccepiti dalla controricorrente, con conseguente sua idoneità all’attivazione del termine breve di impugnazione e tardività del ricorso.
Dunque, la validità della notificazione della sentenza dichiarativa di fallimento presso il “domicilio digitale” del procuratore della società fallita ha portato, di riflesso, a ritenere che fosse spirato il termine per la proposizione del reclamo da parte del socio illimitatamente responsabile e legale rappresentante della società fallita.
Ed invero, è stato applicato alla fattispecie il principio enunciato da Cass. civ., Sez. I, 17 novembre 2016, n. 23430, secondo cui “nel caso di dichiarazione di fallimento di una società di persone e del socio illimitatamente responsabile, anche in virtù di un ragionevole bilanciamento tra le ricordate esigenze di tutela del diritto di difesa e quelle di concentrazione e celerità dello svolgimento delle procedure concorsuali, deve ritenersi che, nel caso in cui il socio dichiarato fallito abbia anche la veste di legale rappresentante della società, la notifica della sentenza ricevuta in questa veste assicuri la piena conoscenza della decisione anche con riguardo alla dichiarazione del suo fallimento personale, con la conseguenza che da detta notifica decorre il termine breve per proporre reclamo anche nella qualità di socio illimitatamente responsabile”.
La Corte d’Appello non ha dubitato che il suddetto soggetto avesse avuto legale e completa conoscenza della sentenza che dichiarava il suo fallimento quale socio illimitatamente responsabile della snc, già al momento della notifica dell’atto presso il domicilio eletto da quest’ultima, in quanto egli aveva anche la veste di legale rappresentante della società.
Ne è derivata, pertanto, l’inammissibilità del reclamo proposto in data 2.5.2022, poiché ben oltre il termine di trenta giorni dalla notifica della sentenza impugnata avvenuta in data 31.1.2022; e la Corte d’Appello di Catanzaro, ha in definitiva dichiarato inammissibile il reclamo e condannato il reclamante al pagamento delle spese di lite.