Corso di aggiornamento Montecchio Emilia

Corso di aggiornamento Montecchio Emilia 2008

Facendo seguito a diverse sollecitazioni pervenute dai colleghi della Polizia Municipale abbiamo completato il programma del corso già inoltrato agli inizi di febbraio con una lezione aggiuntiva (GRATUITA) sulle notifiche da effettuarsi con la particolare procedura prevista dal Codice di Procedura Penale.

In particolare la lezione supplementare si terrà mercoledì 26/03/2008, stesso luogo delle precedenti.
Nell’area Iniziative/Formazione i dettagli.


Cartelle mute: Sentenza CTR Venezia

Con Sentenza 17 gennaio 2008, n. 49/14/07, la Commissione tributaria regionale Veneto-Venezia ha stabilito, in un ricorso secondo grado, che le cartelle non sottoscritte sono valide, distaccandosi dall’opinione sostenuta dalle Commissioni Provinciali.

In attesa di una previsione normativa che sancisca una sanzione di nullità delle stesse in caso di mancata indicazione del responsabile del procedimento amministrativo, la Commissione tributaria regionale prevede che, eventualmente, si possa configurare una responsabilità disciplinare a carico del capo ufficio.

Il segretario all’economia, riafferma, in una Nota, la necessità di una previsione normativa di nullità delle “cartelle mute” che potrà aver luogo in fase di approvazione dell’emendamento presentato al decreto milleproroghe.


Cassazione: principi di diritto in merito alla prova di notificazione a mezzo posta

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, investite di “una questione di massima di particolare importanza”, hanno espresso, in una recente sentenza (Sent. n. 627/2008), i seguenti principi di diritto in merito alla prova di notificazione a mezzo posta: “- la produzione dell’avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente la copia del ricorso per cassazione spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale ai sensi dell’art. 149 c.p.c., o della raccomandata con la quale l’ufficiale giudiziario dà notizia al destinatario dell’avvenuto compimento delle formalità” di cui all’art. 140 c.p.c., è richiesta dalla legge esclusivamente in funzione della prova dell’intervenuto perfezionamento del procedimento notificatorio e, dunque, dell’avvenuta instaurazione del contraddittorio; – l’avviso non allegato al ricorso e non depositato successivamente può essere prodotto fino all’udienza di discussione (art. 379 c.p.c.), ma prima che abbia inizio la relazione prevista dal primo comma, ovvero fino all’adunanza della corte in camera di consiglio (art. 380 bis c.p.c.), anche se non notificato mediante elenco alle altre parti ai sensi dell’art. 372, secondo comma c.p.c.; in difetto di produzione dell’avviso di ricevimento e in mancanza di esercizio di attività difensiva da parte dell’intimato, il ricorso è inammissibile, non essendo consentita la concessione di un termine per il deposito e non ricorrendo i presupposti per la rinnovazione della notificazione ai sensi dell’art. 291 c.p.c.; -il difensore del ricorrente presente in udienza o all’adunanza in camera di consiglio può tuttavia domandare di essere rimesso in termini, ai sensi dell’art. 180 bis c.p.c., per il deposito dell?avviso che affermi di non aver ricevuto, offrendo la prova documentale di essersi tempestivamente attivato nel richiedere all’amministrazione postale un duplicato dell’avviso stesso, secondo quanto previsto dall’art. 6, primo comma, l. n. 890 del 1982″. Così pronunciando, le Sezioni Unite hanno dichiarato inammissibile un ricorso, non avendo, nel caso di specie, “l’intimato svolto attività difensiva e (!) i ricorrenti addotto alcuna giustificazione in ordine alla mancata produzione dell?avviso di ricevimento della raccomandata spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale.


Corso di aggiornamento a Fasano

Corso di aggiornamento a Fasano

I messi notificatori del Comune di Fasano sono tornati “sui banchi di scuola”. E ci sono tornati per mettersi al passo con i tempi e con il continuo mutare di leggi e regolamenti. Il corso di aggiornamento professionale per messi notificatori è stato tenuto dagli esperti dell’”Anna” (l’Associazione nazionale notifiche atti) che si è tenuto nel Palazzo municipale. E’ la prima volta nella sua storia che il sodalizio tiene un corso di questo tipo in Puglia.
“Abbiamo ricevuto tante adesioni da ogni parte della nostra regione – ha precisato l’assessore Enrico Digeronimo – e la cosa ci ha fatto molto piacere. Questo – il primo corso di aggiornamento, di una serie che, come Amministrazione comunale, stiamo mettendo a punto nell’ottica della professionalizzazione eccellente sia dei nostri dipendenti comunali che di coloro che, eventualmente, verranno da altre realtà. Abbiamo voluto cominciare da questo corso per messi notificatori, poiché questa figura professionale svolge ormai una funzione strategica”.


Dal 1° gennaio obbligatorio il Codice IBAN

A partire dal 28 gennaio 2008, avrà inizio la migrazione a SEPA, acronimo di Single Euro Payments Area (Area unica di pagamenti in Europa). SEPA è un obiettivo posto dall’Unione Europea per la creazione di un mercato unico dei pagamenti, all’interno del quale si potranno effettuare transazioni agli stessi costi e con modalità analoghe a quelle che attualmente vengono utilizzate all’interno dei confini nazionali. Un primo effetto pratico collegato all’attuazione di SEPA è costituito dal fatto che, a partire dal 1 gennaio 2008, l’IBAN (International Bank Account Number) sostituirà progressivamente le tradizionali coordinate bancarie (ABI, CAB e numero di conto corrente).” L’IBAN (International Bank Account Number) è la coordinata bancaria internazionale che consente di identificare, in maniera standard, il conto corrente del beneficiario permettendo all’ordinante o alla banca di quest’ultimo di verificarne la correttezza grazie ai due caratteri di controllo.


Corte di Cassazione: Avviso di accertamento notificato al de cuius

È valido l’avviso di accertamento notificato a mezzo posta nell’ultimo domicilio del de cuius e a lui intestato, se il coniuge, persona legittimata a riceverlo in ragione dei suoi rapporti con il destinatario, firmi la ricevuta di ritorno senza rappresentare al portalettere l’avvenuto decesso. In questo caso, non è necessaria la notifica “impersonale e collettiva” a tutti gli eredi, dal momento che l’ufficio non è stato messo a conoscenza del decesso.

È quanto affermato dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 26844 del 20/12/2007.

La controversia traeva origine dall’impugnazione di un avviso di accertamento, con la quale gli eredi del contribuente deducevano la nullità della notifica avvenuta in violazione dell’articolo 65, quarto comma, del Dpr 600/1973, per non essere stata effettuata “impersonalmente e collettivamente” a tutti gli eredi nell’ultimo domicilio del de cuius.

I giudici di primo grado accoglievano il ricorso degli eredi, mentre la Commissione tributaria regionale riformava la sentenza della Ctp, rilevando la validità della notifica effettuata nell’ultimo domicilio del defunto, considerato che l’ufficio non era stato messo a conoscenza del decesso del contribuente.

Gli eredi ricorrevano per cassazione.

Prima di esaminare la sentenza in esame, è opportuno precisare brevemente che l’articolo 65 del Dpr 600/1973 prevede che:

  • gli eredi rispondano in solido delle obbligazioni tributarie il cui presupposto si sia verificato anteriormente alla morte del dante causa
  • gli eredi debbano comunicare all’ufficio delle imposte del domicilio fiscale del dante causa le proprie generalità e il proprio domicilio fiscale
  • la notifica degli atti intestati al dante causa possa essere effettuata agli eredi impersonalmente e collettivamente nell’ultimo domicilio dello stesso, con la sua efficacia che si estende nei confronti di quelli che, almeno trenta giorni prima, non abbiano effettuato la comunicazione di cui sopra.

Al riguardo, è opportuno ricordare che la Corte di cassazione ha più volte affermato che l’articolo 65 considera espressamente e disciplina, di conseguenza, il solo caso in cui la morte del soggetto passivo del rapporto giuridico tributario sia nota all’ufficio. Secondo la giurisprudenza di legittimità, l’ipotesi prevista dalla norma si articola in due sottoipotesi.

Più specificatamente, se gli eredi hanno comunicato all’ufficio le proprie generalità e il proprio domicilio fiscale, la notifica degli atti intestati al dante causa:

  1. può essere effettuata a ciascuno di essi personalmente e individualmente e, quindi, nel loro domicilio fiscale differenziato
  2. può essere effettuata agli stessi impersonalmente e collettivamente nell’ultimo domicilio del defunto, anche per i trenta giorni successivi alla presentazione diretta all’ufficio della comunicazione delle proprie generalità e del proprio domicilio fiscale, o successivi alla data di spedizione della raccomandata con ricevuta di ritorno della stessa comunicazione.

Nel caso in cui, invece, gli eredi non abbiano comunicato all’ufficio le proprie generalità e il proprio domicilio fiscale, la notifica degli atti intestati al dante causa, della cui morte l’ufficio è comunque a conoscenza, è efficacemente effettuata dall’ufficio impersonalmente e collettivamente agli eredi nell’ultimo domicilio del defunto (cfr Cassazione, sentenze nn. 13504/1993, 16699/2005, 7645/2006, 8272/2006, 12886/2007).

Tanto premesso, la Suprema corte ha rigettato il ricorso presentato dai contribuenti, affermando che se il decesso del soggetto passivo del rapporto giuridico tributario non sia noto all’ufficio, non può trovare applicazione l’articolo 65 del Dpr 600/1973, il quale “non considera affatto l’ipotesi in cui l’ufficio non abbia alcuna conoscenza della morte del soggetto passivo d’imposta“.

In tal caso, pertanto, l’Amministrazione finanziaria potrà correttamente emettere i propri atti nei confronti del defunto, tentando la notificazione degli avvisi di accertamento presso il suo domicilio.

Peraltro, hanno concluso i giudici, la circostanza secondo cui la moglie, coerede del de cuius, non abbia rappresentato il decesso del marito all’atto della notifica, non consentiva, a maggior ragione, all’ufficio di conoscere che il contribuente non era più in vita, né di poter effettuare la notifica “impersonale e collettiva” agli eredi, secondo quanto previsto dal comma 4 dell’articolo 65.


Cassazione: permesso invalidi per zone ZTL valido in tutto il territorio nazionale

Il permesso che consente ai portatori di handicap il transito nelle zone a traffico limitato deve considerarsi valido su tutto il territorio nazionale e non soltanto nell’ambito del comune che lo ha rilasciato. E’ quanto afferma la Seconda sezione civile della Corte di Cassazione con sentenza 719/2008 che ha così accolto il ricorso di un automobilista milanese che era stato contravvenzionato per avere circolato con la sua auto in una ztl di Roma.
Il giudice di Pace della capitale, che si era interessato della vicenda non aveva ritenuto che il permesso rilasciato dal Comune di Milano potesse avere validità anche nella città di Roma.
La Cassazione ribaltando la decisione del primo giudice ha espressamente chiarito che il contrassegno deve considerarsi “valido per tutto il territorio nazionale”.
Erronea dunque, scrivono i giudici di Piazza Cavour “l’affermazione del giudice di pace che il contrassegno invalidi rilasciato dal comune di Milano nel 2002 non consentisse al ricorrente di circolare successivamente all’interno delle zone a traffico limitato del comune di Roma”.


Cassazione: quando è lecito spiare le mail dei dipendenti?

Non sempre costituisce reato leggere la posta elettronica dei dipendenti. E’ quanto afferma la quinta sezione penale della Corte di Cassazione con sentenza 47096/2007.  Secondo la Corte infatti è possibile spiare le e-mail dei lavoratori a patto che la lettura della posta elettronica sia voluta dal datore di lavoro attraverso la richiesta di conoscere le loro password. Ecco dunque fin dove possono spingersi le Aziende senza violare la privacy dei dipendenti. Quando il sistema telematico sia protetto da una password – scrive al Corte – “deve ritenersi che la corrispondenza in esso custodita sia lecitamente conoscibile da parte di tutti coloro che legittimamente dispongano della chiave informatica di accesso. Anche quando la legittimazione all’accesso sia condizionata, l’eventuale violazione di tali condizioni può rilevare sotto altri profili, ma non può valere a qualificare la corrispondenza come “chiusa’ anche nei confronti di chi sin dall’origine abbia un ordinario titolo di accesso”. A questa decisione i giudici di Piazza Cavour sono giunti analizzando il caso di un’impiegata di Chivasso che era stata licenziata dopo che il datore di lavoro aveva letto il contenuto delle sue e-mail di ufficio. La Suprema Corte ha ritenuto che non c’è stata violazione della corrispondenza informatica, in base all’art. 616 del codice penale osservando che “le password poste a protezione dei computer e della corrispondenza di ciascun dipendente dovevano essere a conoscenza anche dell’organizzazione aziendale, essendo prescritta la comunicazione, al superiore gerarchico, legittimato ad utilizzarla per accedere al computer anche per la mera assenza dell’utilizzatore abituale”. La condanna dunque scatta solo se si va a leggere la posta “chiusa”. In sostanza “quando non vi sia stata sottrazione o distrazione, la condotta di chi si limita a prendere cognizione è punibile solo se riguarda ‘corrispondenza chiusa’. Chi prende cognizione di corrispondenza aperta è punito solo se l’abbia a tale scopo sottratta al destinatario ovvero distratta dalla sua destinazione”. Infatti, chiarisce la Corte, la corrispondenza telematica può “essere qualificata come ‘chiusa’ solo nei confronti dei soggetti che non siano legittimati all’accesso dei sistemi informatici di invio o di ricezione dei singoli messaggi”. Nell’impianto motivazionale della sentenza si legge inoltre che “diversamente da quanto avviene per la corrispondenza cartacea, di regola accessibile solo al destinatario, è appunto la legittimazione all’uso del sistema informatico o telematico che abilita alla conoscenza delle informazioni in esso custodite”. Proprio per questo nel caso preso in esame non c’è “stata violazione da parte del dirigente che ha fatto uso delle “chiave di accesso di cui legittimamente disponeva, come noto alla stessa impiegata”.


BUONE FESTE !!!

BUONE FESTE !!!
Piace pensare che il Natale riesca a cancellare le incomprensioni, l’indifferenza, la cattiveria che purtroppo caratterizza la vita di molti, lasciando posto ad una grande apertura di cuore.


TESSERAMENTO 2008

La Giunta Esecutiva, nella seduta del 13.11.2007, ha deliberato le quote per il tesseramento 2008 che rimangono invariate:
1. Tipo A – Messi Comunali: € 60,00
2. Tipo B – Messi del Giudice di Pace e di Conciliazione: € 60,00;
3. Tipo C – Ufficiali Giudiziari: € 60,00;
4. Tipo D – Messi Provinciali: € 60,00;
5. Tipo E – Comuni fino a 10.000 abitanti: € 100,00;
6. Tipo F – Comuni con popolazione da 10.001 a 100.000 abitanti: € 150,00;
7. Tipo G – Comuni con popolazione oltre i 100.001 abitanti: € 200,00;
8. Tipo H – Altri Enti: € 250,00;
9. Tipo I – Soggetti privati: € 250,00.


Incontro con il Ministro della Giustizia

Si terrà il 30.11.2007 a Roma l’incontro al Ministero della Giustizia tra l’Associazione e il Ministro Sen. Clemente Mastella.
L’incontro verterà in particolar modo sulla situazione dei Messi Comunali e l’istituzione della nuova figura dell’Agente Notificatore


Corte di Cassazione: Circolari Agenzia delle Entrate non vincolanti

Con Sentenza 9 ottobre 2007, n. 23031 (depositata il 2 novembre 2007) le Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione hanno affermato che le Circolari con le quali l’Agenzia delle Entrate interpreta una norma giuridica in ambito tributario non sono vincolanti in quanto esprimono esclusivamente un parere dell’Amministrazione finanziaria.

Secondo la Corte, la Circolare, anche se impartisce direttive agli uffici gerarchicamente subordinati affinché si uniformino ad essa, può essere disattesa sia dagli stessi uffici dell’Agenzia, che dal contribuente; questi, viceversa, non può impugnarla ne davanti al giudice amministrativo ne davanti al giudice tributario, in quanto non si tratta di un atto generale di imposizione o di esercizio di potestà impositiva.

In particolare, rileva la Corte, un Provvedimento non può considerarsi illegittimo per violazione di quanto affermato nella Circolare. Se l’interpretazione contenuta nella Circolare è corretta, il Provvedimento sarà illegittimo per violazione di legge, in caso contrario, esso sarà legittimo.


Atti fiscali: notifica anche per i non residenti (A.I.R.E.)

La Corte Costituzionale, con Sentenza 24 ottobre 2007, n. 366 (depositata il 7 novembre 2007), ha ritenuto ammissibile la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto di cui agli artt. 58 e 60,  D.P.R. n. 600/1973 e art. 26, D.P.R. n. 602/1973 in quanto violano i precetti costituzionali posti a garanzia della tutela dell’effettiva e tempestiva conoscenza degli atti da parte del destinatario.

Secondo la Corte Costituzionale la conoscibilità degli atti fiscali deve essere garantita anche ai contribuenti residenti all’estero. Le norme in oggetto, invece, dispongono che nel caso di notificazione ad un residente all’estero, non debbano applicarsi le norme di cui all’art. 142, C.p.c


Diritto di accesso agli atti amministrativi e privacy

Il Consiglio di Stato fissa un punto di equilibrio tra l’interesse all’informazione, che si realizza attraverso l’esercizio del diritto di accesso alla documentazione amministrativa e costituisce esplicazione dei valori di trasparenza ed imparzialità dell’azione amministrativa e quello alla riservatezza dei soggetti terzi, tutelato dal legislatore nella normativa sulla privacy.

Consiglio di Stato Sentenza, Sez. V, 29/09/2007, n. 4999

La sentenza del Consiglio di Stato affronta il problema dell’apparente conflitto tra l’interesse all’informazione, che si realizza attraverso l’esercizio del diritto di accesso alla documentazione amministrativa e costituisce esplicazione dei valori di trasparenza ed imparzialità dell?azione amministrativa e quello alla riservatezza dei soggetti terzi, che inerisce alla sfera degli assetti privatistici e si traduce, nella necessità di garantire la segretezza dei c.d. dati sensibili, quali risultano individuati e definiti dal legislatore nella normativa sulla privacy.

Ad agire è infatti una associazione di volontariato con finalità statutaria la difesa degli animali e la lotta al randagismo, la quale si doleva che il TAR aveva riconosciuto il suo diritto di accesso agli atti amministrativi della ASL competente, relativi ad un Canile, ma con le cautele dettate dall’esigenza di salvaguardare la riservatezza dei terzi, ai sensi della legge sulla protezione dei dati personali. In ottemperanza a tale decisione la Asl aveva fornito soltanto pochi dati, generici e anonimi: in pratica dati non sufficienti ad accertare eventuali condotte illegittime.

La associazione lamenta, insomma, la insufficiente realizzazione del suo diritto alla informazione, diritto strumentale alla tutela degli interessi statutariamente perseguiti. Ciò contrasterebbe con la giurisprudenza amministrativa che ha riconosciuto che la tutela della riservatezza dei soggetti terzi è destinata a recedere allorché l’accesso sia esercitato per la difesa di un interesse giuridico (Cons. Stato, Sez. VI, 20 aprile 2006, n. 2223).

Il Consiglio di Stato ritiene tuttavia che il bilanciamento tra i due valori vada effettuato caso per caso, in modo da garantire, da un lato, la difesa di un interesse giuridicamente rilevante, ancorché nei limiti in cui l’accesso sia effettivamente necessario alla tutela di quell’interesse (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 2 ottobre 2006, n. 5718) e, dall’altro, in modo da salvaguardare, ove ciò risulti (e fino a quando risulti) possibile tutelare il diritto alla riservatezza, al quale la legge riconosce ugualmente una particolare tutela.

Nel caso contemplato, in definitiva, il principio stabilito nella sentenza impugnata del TAR poteva ritenersi corretto: atteso che si era ordinato di consentire in via generale l’accesso ai documenti, solo salvaguardando l’esigenza delle riservatezza attraverso meccanismi che rendessero non conosciuti i nominativi dei terzi coinvolti.

L’inconveniente denunciato dalla Associazione (ostruzionismo e consenso all’accesso di soli dati generici e limitati, oltre che anonimi) non è quindi la conseguenza di un errata decisione del Tar, ma, al contrario della sua elusione da parte della Asl intimata; per questa parte la associazione potrà agire con il giudizio di ottemperanza per ottenere l’accesso a una più ampia serie di dati.

Per la individuazione dei responsabili invece, ipotizzandosi atti di rilevanza penale, lo schermo della riservatezza potrà essere superato dall’Autorità Giudiziaria in sede di procedimento e processo penale.

Alberto Marcheselli, Magistrato e Professore a contratto di Diritto Tributario presso l’Università degli Studi di Torino
Tratto da Quotidiano Giuridico Ipsoa 2007


NOTIFICA RICEVUTA DALL’INCARICATO DEL DIFENSORE IN LUOGO DIVERSO DALLO STUDIO RISULTANTE AGLI ATTI

SENTENZA NOTIFICA RICEVUTA DALL’INCARICATO DEL DIFENSORE IN LUOGO DIVERSO DALLO STUDIO RISULTANTE AGLI ATTI

La Corte di Cassazione – Sezione Prima Civile, Sentenza 20 ottobre 2007, n. 21291 si è posta in consapevole contrasto contro il proprio orientamento espresso con Sentenza 26844/2006, che aveva ritenuto inammissibile il ricorso in cassazione qualora la notifica nel domicilio del procuratore intimato, non costituito in giudizio, diverso da quello eletto nel giudizio “a quo”, non sia accompagnata dalla documentazione comprovante il nuovo domicilio.
Secondo la Cassazione, “una tale conclusione può giustificarsi infatti nell’ipotesi in cui la notifica presso il domicilio dichiarato nel giudizio di merito non abbia avuto buon fine, come del resto più volte la giurisprudenza ha affermato (Cass. 14033/2005; Cass. 8287/2002; Cass. 2740/1998) e non già allorché, come nel caso in esame, abbia avuto invece esito positivo, dovendosi in tal caso, nel quadro di una interpretazione che privilegi, come si è osservato, il riferimento personale rispetto a quello topografico, desumere dal ricevimento dell’atto operato dallo stesso difensore (o dal suo incaricato) la corrispondenza del luogo indicato nella relata con il suo nuovo domicilio. In sostanza, in tal caso è lo stesso difensore domiciliatario a confermare con il ricevimento dell’atto, sia pure attraverso un suo incaricato, attestato dall’ufficiale giudiziario, l’avvenuto mutamento del domicilio nel luogo in cui è avvenuta”.
Secondo il nuovo orientamento della Cassazione, dunque: “anche se eseguita in luogo diverso da quello indicato dal domiciliatario e pur in assenza di alcuna indicazione negli atti processuali, in cui non risulta nemmeno un’eventuale comunicazione all’Ordine degli Avvocati da parte del destinatario, la notifica a mani della persona “addetta al ritiro” deve ritenersi perfettamente valida, dovendosi privilegiare il riferimento personale su quello topografico in quanto, ai fini della notifica dell’impugnazione ai sensi dell’art. 330 C.P.C., l’elezione di domicilio presso lo studio del procuratore assume la mera funzione di indicare la sede dello studio ed è priva di una sua autonoma rilevanza. …