REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE
(SEZIONE QUARTA)
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso iscritto al NRG 3258\2005, proposto dal comune di Pianezze in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giorgio Orsoni e Mario Sanino ed elettivamente domiciliato presso quest’ultimo in Roma, viale Parioli n. 180;
contro
I.H. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Paolo Piva e Luigi Manzi, domiciliato presso quest’ultimo in Roma, via Confalonieri n. 5;
e nei confronti di
O.M., non costituita.
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto, sezione II, n. 3762 del 25 ottobre 2004;
Visto il ricorso in appello;
visto l’atto di costituzione in giudizio e contestuale appello incidentale della I.H. s.r.l. (in prosieguo società I.);
viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
visti gli atti tutti della causa;
data per letta alla pubblica udienza del 17 aprile 2007 la relazione del consigliere Vito Poli, uditi gli avvocati come da verbale di udienza;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. La società I. ha presentato domanda di permesso di costruire al comune di Pianezze in data 15 gennaio 2004.
A seguito di una lunga istruttoria, nel corso della quale venivano acquisiti tutti gli avvisi favorevoli, il responsabile del servizio tecnico comunale, dopo aver espresso la determinazione di rilasciare il permesso, liquidava il contributo di costruzione (cfr. nota 27 ottobre 2004, priva di numero di protocollo, comunicata in pari data a mani del titolare della società, come risulta dalla dicitura apposta a mano alla sommità del documento, e sottoscritta, in calce, con firma autografa dal responsabile del servizio apposta sotto la dicitura a stampa IL RESPONSABILE DEL SERVIZIO Geometra A.M.).
1.1. In pari data veniva rilasciato permesso di costruire n. 2004/04 comunicato personalmente al titolare della società in data 6 maggio 2004 (tale comunicazione era attestata in calce al permesso di costruire, in un unico contesto documentale); il 5 maggio 2004 la società provvedeva al pagamento del contributo di costruzione.
1.2. Con delibera del Consiglio comunale – n. 16 del 28 aprile 2004 – veniva adottata la variante n. 23 al p.r.g., in forza della quale veniva drasticamente abbattuta la volumetria edificabile nella zona oggetto dell’intervento costruttivo assentito con il menzionato permesso.
Con determinazione del direttore generale del comune di Pianezze datata 4 giugno 2004, il permesso di costruire – identificato al n. 2004/04 del 6 maggio 2004 – veniva annullato nel presupposto esclusivo della sua posteriorità rispetto alla delibera di adozione della variante e dunque perché emesso in spregio della norma sancita dall’art. 12, comma 3, t.u. edilizia, che vieta il rilascio di titoli edilizi in contrasto con gli strumenti urbanistici in itinere (nel caso di specie il contrasto era con l’art. 32 delle n.t.a. della variante).
1.3. Avverso tale atto e la deliberazione consiliare recante l’adozione della variante insorgeva la società I., deducendo tre autonomi motivi, il primo dei quali imperniato sul travisamento dei fatti in cui era incorso il comune, che non si era avveduto che alla data del 28 aprile 2004 il permesso di costruire oggetto di annullamento in sede di autotutela, era stato già rilasciato.
2. L’impugnata sentenza – T.a.r. del Veneto, sezione II, n. 3762 del 25 ottobre 2004 -:
a) ha riconosciuto la fondatezza del primo motivo dopo aver dato atto che il permesso di costruire era stato rilasciato in data 27 aprile 2004;
b) ha annullato il solo atto di autotutela;
c) ha compensato integralmente fra le parti le spese di lite.
3. Con ricorso notificato il 14 aprile 2005, e depositato il successivo 21 aprile, il comune di Pianezze ha interposto appello avverso la su menzionata sentenza del T.A.R. deducendo:
a) violazione dell’art. 12 t.u. edilizia, degli artt. 29 e 30, l.r. n. 11 del 2004, erronea interpretazione dei fatti di causa, eccesso di potere, difetto di presupposto, contraddittorietà;
b) violazione dell’art. 42, r.d. n. 642 del 1907, il giudice di prime cure avrebbe dovuto sospendere il processo onde consentire la proposizione della querela di falso avverso la nota di determinazione dei contributi di costruzione;
c) tardività delle censure proposte avverso la variante urbanistica n. 23 comunicata personalmente alla società Ittierre con nota del 13 maggio 2004.
4. Si costituiva l’intimata società deducendo l’infondatezza del gravame in fatto e diritto e insistendo, mediante appello incidentale, per la condanna del comune al risarcimento di tutti i danni subiti quantificati in euro 500.000, nonché alla condanna per lite temeraria ex art. 96 c.p.c.
5. Con memoria conclusionale del 5 aprile 2007 la società I. ha ridotto la pretesa risarcitorie a 160.000 euro.
Con memoria conclusionale del 4 aprile 2007 il comune di Pianezze ha insistito, fra l’altro, per la sospensione del presente giudizio onde consentire la proposizione della querela di falso.
6. La causa è passata in decisione all’udienza pubblica del 17 aprile 2007.
7. L’appello principale è infondato e deve essere respinto.
7.1. Il primo motivo è incentrato, nella sostanza, sulla errata individuazione della data di adozione del permesso di costruire; rileva il comune, in particolare, che nella copia del permesso versata nel proprio fascicolo di parte, mancherebbe la sottoscrizione autografa, a fianco dell’indicazione a stampa del nominativo del funzionario, e che la data del 27 marzo 2004 apposta in calce al permesso (sempre a stampa) sarebbe frutto di un errore materiale.
Il mezzo è infondato sia in fatto che in diritto.
7.1.1. E’ emerso dalla ricostruzione degli aspetti salienti della vicenda per cui è causa, che lo stesso giorno (27 aprile 2004) il responsabile del servizio tecnico comunale ha prima individuato l’ammontare dei contributi concessori e poi rilasciato il permesso di costruire debitamente numerato secondo la serie progressiva.
Nella copia del permesso esibito dal comune, oltre alla stampigliatura (con mezzi chiaramente informatici), della data e dell’indicazione del nominativo del funzionario responsabile, sotto la dicitura “IL RESPONSABILE DEL SERVIZIO TECNICO”, è apposto anche un timbro a secco rotondo del comune di Pianezze.
Nella copia del permesso di costruire esibita dalla società I. (produzione n. 3 del fascicolo T.a.r.), sotto la indicazione a stampa del nominativo del funzionario responsabile è apposta anche la sottoscrizione autografa.
7.1.2. Ma la tesi sostenuta dal comune è errata anche in diritto.
Dopo l’entrata in vigore dell’art. 6 quater d.l. n. 6 del 1991, conv., con modif., nella l. 15 marzo 1991 n. 80 (con riguardo agli atti degli enti locali), e dell’art. 3 d.leg. 12 febbraio 1993 n. 39 (con riguardo agli atti di qualsiasi p.a.), l’autografia della sottoscrizione non è configurabile come requisito di esistenza o validità giuridica degli atti amministrativi, allorquando, come nel caso di specie, i dati esplicitati nel contesto documentativo dell’atto consentano di accertare la sicura attribuibilità dello stesso a chi deve esserne l’autore; in questi casi, infatti, secondo le su indicate norme, nel caso di emanazione di atti amministrativi attraverso sistemi informatici e telematici, la firma autografa è sostituita dall’indicazione a stampa, sul documento prodotto dal sistema automatizzato, del nominativo del soggetto responsabile (cfr. Cass. sez. I, 14 settembre 2005, n. 18218; 31 maggio 2005, n. 11499; Cons. Stato, sez. IV, 22 aprile 2004, n. 1856, ord.).
Quanto alle oggettive discrasie rilevabili per tabulas – nella specie la diversità dei caratteri di stampa dei permessi esibiti dalle parti, la presenza della sottoscrizione autografa nel solo permesso depositato dalla società, la presenza nel corpo del testo del permesso dell’attestazione dell’intervenuto pagamento dei contributi di costruzione in realtà avvenuto successivamente in data 5 maggio 2004 – alcune delle quali evidenziate dalla difesa comunale, il collegio osserva che trattasi di conseguenze di prassi amministrative invalse in molti enti pubblici, in forza delle quali del medesimo provvedimento vengono rilasciati più duplicati, sottoscritti solo nella versione consegnata al privato.
L’arbitrarietà di una siffatta prassi (e l’errore commesso nel corpo del permesso di costruire) può condurre a conseguenze diverse, sul piano giuridico, ma non consente di escludere, nel peculiare caso di specie, che la data di adozione del permesso di costruire sia identificabile nel 27 aprile 2004.
7.1.3. Nel sistema precedente il t.u., la misura di salvaguardia era riferita all’istanza di rilascio del permesso; pertanto, non poteva operare laddove il titolo fosse stato già rilasciato al momento dell’adozione dello strumento urbanistico (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 1993 del 1998) sia con provvedimento espresso che mediante la formazione del silenzio assenso; in ogni caso, una volta formatasi la determinazione positiva sull’istanza di concessione, il rilascio del documento formale era ritenuto atto dovuto da parte del comune (cfr. Cons. Stato sez. V, 21 maggio 1984, n. 376), né tantomeno il titolo edilizio avrebbe potuto considerarsi annullato per il solo fatto di essere in contrasto con la proposta di modificazione dello strumento urbanistico (cfr. Cons. Stato, sez. V, 12 luglio 1996, n. 847).
Attesa l’autonomia dei due procedimenti si era ritenuto che non solo la determinazione dell’onere potesse avvenire successivamente al rilascio del titolo ma, qualora tale determinazione fosse avvenuta al momento del rilascio, l’amministrazione avrebbe potuto effettuare i necessari conguagli dell’ammontare del contributo (cfr. Cons. Stato, sez. V, 15 aprile 1996, n. 426).
Alcune delle acquisizioni della giurisprudenza formatasi antecedentemente al nuovo t.u. possono essere utilmente richiamate anche nell’esegesi della nuova disciplina edilizia.
Nel sistema del t.u. deve ritenersi che sia sempre necessario un atto formale conclusivo del procedimento adottato dal dirigente (o funzionario responsabile del servizio).
Si badi che il procedimento di rilascio del permesso di costruire e quello di determinazione dei contributi continuano ad avere natura distinta ed autonoma anche nel t.u., fermo restando che il contenuto minimo essenziale del permesso richiede, a differenza che in passato, la determinazione del contributo di costruzione, oltre che, per quanto di interesse ai fini della presente controversia, la proposta finale motivata del responsabile del procedimento, il parere della commissione edilizia (se imposto dal regolamento edilizio), i termini di inizio e conclusione dei lavori; ciò che non è essenziale è che il pagamento dei contributi preceda il rilascio; tale pagamento, infatti, di norma deve avvenire al momento del rilascio ma può anche essere rateizzato e, limitatamente alla quota corrispondente al costo di costruzione, può intervenire in corso d’opera.
Nel caso di specie, il permesso rilasciato alla società I. in data 27 aprile 2004 era munito di tutti i requisiti essenziali non dovendosi ritenere tale l’antecedente pagamento del contributo di costruzione intervenuto nel periodo intercorrente fra il rilascio del titolo e la sua comunicazione (il 6 maggio 2004) da parte del responsabile del servizio tecnico nella qualità di messo comunale. Cadono così le ulteriori argomentazioni difensive sviluppate dalla difesa del Comune di Pianezze.
7.2. Miglior sorte non tocca al secondo motivo.
7.2.1 Ai sensi dell’art. 41, r.d. n. 642 del 1907 cit., la domanda di prefissione di un termine per la proposizione della querela di falso può trovare accoglimento solo allorché si riconosca che la pretesa falsità di documenti si presenta influente e rilevante ai fini del giudizio, non potendo la controversia essere decisa indipendentemente dai documenti in questione.
In ogni caso:
– l’istanza deve essere corredata da adeguati indizi e congruamente motivata ex art. 221 c.p.c. (cfr. Cons. Stato 3 maggio 2000, n. 2622);
– la sospensione del processo può essere concessa se non emergono elementi tali da far escludere con certezza che le circostanze addotte possano essere fondate (cfr. Cons. Stato, sez. V, 24 marzo 2001, n. 1707; 27 marzo 2000, n. 1751).
7.2.2. Nel caso di specie non ricorrono le condizioni dianzi evidenziate.
Il termine richiesto per la querela di falso al T.a.r. concerneva un atto irrilevante ai fini del presente giudizio (la determinazione del contributo di costruzione), giacché l’accoglimento dell’originario ricorso si fonda correttamente sulla presenza di un formale permesso di costruire antecedente all’adozione della variante.
In secondo luogo, è dirimente la circostanza che il responsabile del servizio tecnico, indagato per i reati di abuso d’ufficio e falsità ideologica per aver retrodatato il permesso di costruire in questione, sia stato prosciolto allo stato da ogni addebito su richiesta del P.M. (del 21 gennaio 1006), con decreto di archiviazione del G.I.P. del Tribunale di Bassano del Grappa (del 1 marzo 2006), stante l’inidoneità degli elementi acquisiti nel corso dell’indagine a sostenere l’accusa in giudizio.
Infine, è appena il caso di notare che il comune potrà autonomamente proporre querela di falso in un separato giudizio.
Coerentemente con quanto fin qui esposto, deve essere respinta la richiesta di sospensione del presente giudizio formulata nelle conclusioni dell’atto di appello e ribadita in memoria conclusionale.
Cadono così le ulteriori argomentazioni difensive sviluppate dalla difesa del comune di Pianezze nell’atto di appello e nella memoria conclusionale.
7.3. Quanto al terzo motivo la sezione ne rileva la palese inammissibilità per carenza di interesse all’appello non essendosi verificata soccombenza relativamente alla domanda di annullamento dell’atto di adozione della variante.
Esattamente il primo giudice, infatti, si è limitato ad annullare il solo provvedimento di autotutela ritenendo tale statuizione integralmente satisfattiva del bene della vita cui aspirava il privato.
8. Può scendersi all’esame della domanda di risarcimento del danno contenuta nell’appello incidentale.
La domanda è sia inammissibile che infondata e và respinta nella sua globalità.
La domanda risarcitoria è inammissibile perché è stata effettivamente proposta per la prima volta solo in grado di appello in violazione del divieto sancito dall’art. 345, comma 1, c.p.c.
Dall’esame analitico del ricorso di primo grado emerge che la quantificazione dei danni operata in quella sede e pari ad euro 1.210.030 (pagine da 16 a 18) aveva come finalità esclusiva quella di sostenere la domanda cautelare.
Nelle sole richieste conclusive (pagina 18) la società instava per la condanna del comune al risarcimento del danno; ma questa formula deve intendersi come richiesta alternativa alla concessione della misura cautelare.
Esattamente il T.a.r., avendo definito l’incidente cautelare con sentenza in forma semplificata a meno di due mesi dalla notificazione del ricorso di primo grado, non ha preso in considerazione la domanda risarcitoria proposta in via alternativa dalla società Ittierre.
In ogni caso la domanda di risarcimento è infondata anche nel merito, mancando la prova della sussistenza dei lamentati danni.
In particolare:
a) come evidenziato in precedenza, fra la data di emanazione del provvedimento di autotutela oggetto del presente giudizio e quella di annullamento giurisdizionale sono trascorsi solo tre mesi;
b) l’interevento costruttivo è stato iniziato e concluso nel pieno rispetto dei termini indicati dal permesso di costruire;
c) la società lamenta la minaccia di risoluzione di alcuni contratti ma non fornisce la prova dell’avvenuta risoluzione;
d) difetta la prova che il mancato inizio dei lavori, nel periodo immediatamente successivo alla pubblicazione dell’impugnata sentenza, sia attribuibile a condizionamenti negativi discendenti dal provvedimento annullato anziché a scelte imprenditoriali; lo stesso è a dire per la stipula di un nuovo contratto di appalto a condizioni asseritamene deteriori rispetto a quello concluso antecedentemente (in data 11 maggio 2004), specie alla luce delle clausole contenute in quest’ultimo contratto (in particolare artt. 6 e 15) che sancivano il pagamento dell’acconto e dell’ulteriore corrispettivo solo dopo l’inizio dei lavori ed in base allo stato di avanzamento;
e) manca la prova del nesso causale fra la riduzione del fido concesso dalle banche e l’adozione del provvedimento di autotutela nonché fra quest’ultimo ed il ricorso all’autofinanziamento da parte dei soci.
8.1. Parimenti infondata è la domanda di risarcimento del danno per lite temeraria non ravvisando il collegio, nel contegno preprocessuale e processuale del comune, vagliato alla luce delle particolarità evidenziate in precedenza, gli estremi della malafede e della colpa grave, presupposti indispensabili della fattispecie illecita delineata dall’art. 96 c.p.c.
9. Sulla scorta delle rassegnate conclusioni devono essere rigettati sia l’appello principale che quello incidentale.
Nella reciproca soccombenza delle parti il collegio ravvisa giusti motivi per compensare integralmente fra le stesse le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso meglio specificato in epigrafe:
– respinge l’appello principale proposto dal comune di Pianezze e quello incidentale proposto dalla I.H. s.r.l. e per l’effetto conferma la sentenza impugnata;
– dichiara integralmente compensate fra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 17 aprile 2007, con la partecipazione di:
Paolo Salvatore – Presidente
Luigi Maruotti – Consigliere
Pierluigi Lodi – Consigliere
Antonino Anastasi – Consigliere
Vito Poli Rel. Estensore – Consigliere