REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Presidente –
Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –
Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – rel. Consigliere –
Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –
Dott. LEUZZI Salvatore – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 15023 del ruolo generale dell’anno 2015, proposto da:
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
La Bussola s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa, giusta procura speciale a margine del controricorso, dall’Avv.to Alessandra Stasi e dall’Avv.to Luigi Marsico, elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo difensore, in Roma, Viale Regina Margherita n. 262;
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione staccata di Foggia, n. 2579/26/2014, depositata il 15 dicembre 2014;
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 26 novembre 2021 dal Relatore Cons. Maria Giulia Putaturo Donati Viscido di Nocera.
Svolgimento del processo
che:
– con sentenza n. 2579/26/2014, depositata il 15 dicembre 2014, la Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione staccata di Foggia, accoglieva l’appello principale proposto (limitatamente alla disposta compensazione delle spese di lite) dalla società La Bussola s.r.l. nei confronti dell’Agenzia delle entrate, in persona del legale rappresentante pro tempore (con assorbimento di quello incidentale dell’Ufficio) avverso la sentenza n. 317/05/2014 della Commissione tributaria provinciale di Foggia che aveva accolto il ricorso proposto dalla società avverso la cartella di pagamento n. (OMISSIS) recante l’iscrizione a ruolo per la somma di Euro 90.841,73;
– in punto di diritto, per quanto di interesse, la CTR ha osservato che: 1) andava confermata la legittimazione passiva dell’Agenzia delle entrate nel giudizio di impugnazione della cartella per denunciata omessa/nullità notificazione della stessa trattandosi di un “vizio procedurale” che ridondava sulla stessa sussistenza della pretesa tributaria; 2) l’impugnazione era stata correttamente proposta avverso la cartella di pagamento, atto impugnabile ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, e non già avverso un atto denominato “estratto di ruolo”, senza che vi fosse alcun obbligo di deposito della cartella unitamente al ricorso (prevedendo il medesimo decreto, art. 22, soltanto la “facoltà” per il ricorrente di depositare l’atto impugnato nel caso in cui lo stesso risulti notificato); 3) premesso che era onere dell’Agenzia che aveva eccepito la tardività del ricorso provare il dies a quo di decorrenza del termine decadenziale (il 15 febbraio 2010, quale data di asserita notifica della cartella), la medesima aveva depositato con l’atto di appello la fotocopia di una relata di notifica inutilizzabile ai fini probatori, avendo la contribuente eccepito la mancata conformità della stessa all’originale e non essendo stato depositato in giudizio l’originale; 4) essendo, comunque, risultato dall’esame della relata la notificazione a mani di un soggetto qualificato dall’agente postale come “dipendente” di altra società proprietaria dei locali dove la contribuente aveva semplicemente la sua sede legale, era mancata la spedizione della “raccomandata informativa” necessaria ai fini del perfezionamento della notifica a mani di soggetto diverso dal destinatario ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 lett. b-bis;
– avverso la sentenza della CTR, l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a sette motivi, cui resiste la società contribuente, con controricorso;
– la società contribuente ha depositato istanza di sospensione del processo, avendo aderito alla definizione agevolata delle liti pendenti di cui al D.L. n. 119 del 2018, art. 6, convertito dalla L. n. 136 del 2018, nonchè relativa documentazione (copia della domanda di definizione agevolata e modello F24 del versamento della prima rata);
– l’Agenzia delle entrate ha depositato il 14.12.2020 istanza di fissazione di udienza a seguito di diniego di condono (D.L. n. 50 del 2017, ex art. 11: rectius del D.L. n. 119 del 2018, art. 6), con atto prot. (OMISSIS) asseritamente notificato al contribuente il 28/4/2020 per la definizione della lite presentata del D.L. n. 119 del 2018, ex art. 6;
– la contribuente ha depositato memoria, ai sensi dell’art. 380-bis 1 c.p.c., chiedendo l’estinzione del processo ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, comma 13, avendo presentato regolare istanza per la definizione della controversia, provvedendo a pagare la prima rata di quanto dovuto, e non avendo l’Agenzia delle entrate mai notificato alla società alcun diniego della definizione entro il 31 luglio 2020 nè successivamente nè avendo alcuna delle parti presentato entro il 31 dicembre 2020 istanza di trattazione della sospesa controversia;
– il ricorso è stato fissato in Camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2, e dell’art. 380-bis.1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.
Motivi della decisione
che:
– va preliminarmente va disattesa l’istanza di estinzione del giudizio formulata dalla contribuente nella memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c., in quanto il diniego di condono D.L. n. 119 del 2018, ex art. 6, (prot. (OMISSIS)) è stato notificato – come da documentazione prodotta in giudizio – il 28/4/2020 alla società all’indirizzo di posta elettronica “(OMISSIS)”, nel termine del 31 dicembre 2020 e nel rispetto delle modalità previste per la notificazione degli atti processuali di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 16, 16-bis e 17, (sul punto, v. anche Circolare dell’Agenzia delle entrate del 1 aprile 2019 n. 6/E) e non è stato da quest’ultima impugnato. Invero, ai sensi dell’art. 6 cit., del comma 12, “L’eventuale diniego della definizione va notificato entro il 31 luglio 2020 con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali. Il diniego è impugnabile entro sessanta giorni dinanzi all’organo giurisdizionale presso il quale pende la controversia”. Non essendo stato il diniego di condono – tempestivamente notificato alla contribuente – impugnato da quest’ultima, sussistendo l’interesse dell’Agenzia, occorre procedere, pertanto, al vaglio dei motivi di censura formulati nel presente procedimento;
– con il primo motivo, si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c., e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, e art. 21, per avere la CTR avere ritenuto il ricorso introduttivo legittimamente proposto avverso la cartella di pagamento asseritamente non notificata, ancorchè, nella specie, il ricorso fosse stato sostanzialmente proposto avverso l’estratto di ruolo non notificato, quale atto non autonomamente impugnabile e, comunque, anche a volerlo considerare proposto avverso la cartella di pagamento che si assumeva non notificata (della quale la contribuente sarebbe venuta a conoscenza a seguito di “ispezione presso l’agente della riscossione”), l’impugnazione dell’atto asseritamente non notificato fosse consentita esclusivamente – nei termini di cui all’art. 21 cit., – attraverso l’impugnazione dell’atto immediatamente successivo (nella specie, l’atto di intimazione di pagamento), qualificato come atto impugnabile e notificato alla contribuente;
– con il secondo motivo, si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 10, per avere la CTR ritenuto l’Agenzia delle entrate (ente impositore) legittimata passiva nel giudizio di impugnazione della cartella per omessa notifica della stessa, ancorchè si trattasse di vizi, attinenti alla formazione della cartella, ascrivibili ad altro soggetto (Agente della riscossione);
– con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, per avere la CTR ritenuto irrilevante ai fini dell’ammissibilità del ricorso la mancata allegazione al fascicolo processuale della copia dell’atto impositivo ancorchè tale adempimento fosse funzionale alla verifica giudiziale non solo della natura e portata della pretesa erariale ma anche della tempestività del ricorso medesimo;
– con il quarto motivo, si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 25 e 26, e artt. 2712, 2714 c.c., per avere la CTR ritenuto che l’Ufficio non avesse dimostrato l’avvenuta notifica della cartella in data 15 febbraio 2010 – con conseguente tempestività del ricorso – in quanto la prodotta copia fotostatica della relata era inutilizzabile ancorchè incombesse sulla controparte l’onere di contestarne specificamente la conformità all’originale, con obbligo, in tal caso, del giudice di disporre la produzione in giudizio del documento;
– con il quinto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, per avere la CTR ritenuto non perfezionatasi la notifica della cartella essendo stata fatta ad un soggetto diverso dal legale rappresentante della società contribuente senza trasmissione della successiva raccomandata, ancorchè, nella specie, la notifica della cartella risultasse avvenuta presso la sede di quest’ultima a mani di persona qualificatasi “addetta al ritiro” e, pertanto, salvo prova contraria – nella specie non assolta – presumibilmente addetta alla ricezione degli atti diretti alla persona giuridica;
– con il sesto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, per avere la CTR ritenuto applicabile l’art. 60 cit., ancorchè il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, richiamasse tale disposizione, ai fini del corretto svolgimento delle attività di notifica, soltanto nei casi previsti dall’art. 140 c.p.c., (irreperibilità relativa), mentre, nella specie, la notifica era stata effettuata ai sensi dell’art. 145 c.p.c., (trattandosi di persona giuridica) senza necessità di indicazione della persona fisica-legale rappresentante dell’ente;
– con il settimo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 546 del 1992, art. 21, per avere la CTR ritenuto tempestivo il ricorso (proposto in data 6.4.11) ancorchè fosse decorso il termine per l’impugnativa stante la rituale notifica della cartella in data 15 febbraio 2010 presso la sede legale della società contribuente;
– assume carattere pregiudiziale l’esame del secondo motivo investendo la contestata legittimazione passiva dell’Agenzia delle entrate in giudizio – che è infondato;
– è oramai consolidato l’orientamento, inaugurato dalla pronuncia delle Sezioni Unite n. 16412 del 25/07/2007, secondo il quale il contribuente che impugni una cartella esattoriale emessa dal concessionario della riscossione per motivi che attengono alla mancata notificazione, ovvero anche alla invalidità degli atti impositivi presupposti, può agire indifferentemente nei confronti tanto dell’ente impositore quanto del concessionario, senza che sia tra i due soggetti configurabile alcun litisconsorzio necessario. In entrambi i casi, la legittimazione passiva spetta all’ente titolare del credito tributario e non già al concessionario, il quale, in presenza di contestazioni involgenti il merito della pretesa impositiva, ha l’onere di chiamare in giudizio il predetto ente, D.Lgs. n. 112 del 1999, ex art. 39, se non vuole rispondere dell’esito della lite, non essendo il giudice tenuto a disporre d’ufficio l’integrazione del contraddittorio, in quanto non è configurabile un litisconsorzio necessario (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 9762 del 07/05/2014, Rv. 63063301; Sez. 5, Sentenza n. 8370 del 24/04/2015, Rv. 635173- 01; Sez. 5, Ordinanza n. 10528 del 28/04/2017, Rv. 644101-01; Sez. 5, Sentenza n. 8295 del 04/05/2018). Il concessionario, dunque, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 10, è parte quando oggetto della controversia è l’impugnazione di atti viziati da errori ad esso direttamente imputabili, nel caso – cioè – di vizi propri della cartella di pagamento e dell’avviso di mora. In tale ipotesi l’atto va impugnato chiamando in causa esclusivamente il concessionario, al quale è direttamente ascrivibile il vizio dell’atto, non essendo configurabile un litisconsorzio necessario con l’ente impositore (cfr. sez. 5, n. 5832 del 2011 richiamata anche da Sez. 5, Sentenza n. 22729 del 09/11/2016);
– è stato soggiunto che la tardività della notificazione della cartella non costituisce vizio proprio di questa, tale da legittimare in via esclusiva il concessionario a contraddire nel relativo giudizio, sicchè la legittimazione passiva spetta all’ente titolare del credito tributario; nell’ipotesi in cui il concessionario fosse stato fatto destinatario dell’impugnazione, sarebbe stato onere di quest’ultimo chiamare in giudizio l’ente titolare del credito, laddove non volesse rispondere all’esito della lite, non essendo il giudice tenuto a disporre d’ufficio l’integrazione del contraddittorio, in quanto non è configurabile nella specie un litisconsorzio necessario (ex plurimis, da sez. 5, Ord. n. 2480 del 2020; Sez. 5, Sentenza n. 22939 del 30/10/2007; Sez. 5, Sentenza n. 14032 del 27/06/2011);
– nella sentenza impugnata, la CTR ha ritenuto, in ossequio ai suddetti principi, legittimamente proposto dalla contribuente il ricorso nei confronti della Agenzia delle entrate, non configurandosi nell’ipotesi di impugnativa di una cartella esattoriale per motivi che attengono alla mancata notificazione alcun litisconsorzio necessario con l’Agente della riscossione;
– il primo motivo è infondato;
– in materia di riscossione delle imposte, atteso che la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza procedimentale di determinati atti, con le relative notificazioni, allo scopo di rendere possibile un efficace esercizio del diritto di difesa del destinatario, l’omissione della notifica di un atto presupposto costituisce un vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato. Poichè tale nullità può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta, consentita dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, di impugnare solo l’atto consequenziale notificatogli (avviso di mora, cartella di pagamento, avviso di liquidazione), facendo valere il vizio derivante dall’omessa notifica dell’atto presupposto, o di impugnare cumulativamente anche quello presupposto (nell’ordine, cartella di pagamento, avviso di accertamento o avviso di liquidazione) non notificato, facendo valere i vizi che inficiano quest’ultimo, per contestare radicalmente la pretesa tributaria spetterà al giudice di merito, interpretando la domanda, verificare la scelta compiuta dal contribuente, con la conseguenza che, nel primo caso, dovrà verificare solo la sussistenza o meno del difetto di notifica al fine di pronunciarsi sulla nullità dell’atto consequenziale (con eventuale estinzione della pretesa tributaria a seconda se i termini di decadenza siano o meno decorsi), nel secondo la pronuncia dovrà riguardare l’esistenza, o no, di tale pretesa (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 1144 del 18/01/2018; Cass. S.U. n. 5791/2008, ripresa da ultimo, da Cass. SU n. 10012/21);
– l’estratto di ruolo è atto interno all’Amministrazione da impugnare unitamente all’atto impositivo, notificato di regola con la cartella di pagamento, perchè solo da quel momento sorge l’interesse ad instaurare la lite ex art. 100 c.p.c., salvo il caso in cui il ruolo e la cartella non siano stati notificati: ipotesi in cui, non potendo essere compresso o ritardato l’esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale, è invece ammissibile, nel rispetto del termine generale previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, l’autonoma impugnativa dell’estratto, non ostandovi il disposto del D.Lgs. n. 546 cit., art. 19, comma 3, che, secondo una lettura costituzionalmente orientata, impone di ritenere che l’impugnabilità dell’atto precedente non notificato unitamente all’atto successivo notificato non costituisce l’unica possibilità di far valere la mancanza di una valida notifica dell’atto precedente del quale il contribuente sia comunque venuto a conoscenza (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 22507 del 09/09/2019). Ovviamente l’impugnazione dell’estratto di ruolo è soggetta al rispetto del termine generale previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, essendo ininfluente la facoltatività dell’impugnazione dell’estratto, per la permanenza, in capo al contribuente, del diritto di impugnare anche il primo atto impositivo tipico successivamente notificatogli (cfr., in motivazione, Cass., Sez. 5, Sentenza n. 27799 del 31/10/2018);
– peraltro, si è anche aggiunto che, in tema di contenzioso tributario, solo la piena conoscenza dell’atto da parte del contribuente consente il consapevole esercizio del diritto di impugnativa, e la ratio della previsione secondo cui al contribuente non va – di regola – notificato l’estratto di ruolo, bensì la cartella di pagamento nella quale il ruolo viene trasfuso, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 25 e 26, risiede proprio nell’esigenza di rendere ostensibili al medesimo le ragioni ed i presupposti che hanno dato origine alla pretesa fiscale azionata dall’amministrazione finanziaria (Cass., Sez. 5, 17 aprile 2015, n. 7874) con la conseguenza che l’acquisizione da parte del contribuente di una copia dell’estratto di ruolo riportante l’indicazione di avvenuta iscrizione a ruolo di quanto poi trasfuso nella relativa cartella di pagamento, avente il valore di una mera informazione di un fatto verificatosi, non può assurgere a prova della piena conoscenza dell’atto impositivo impugnabile, ai fini della decorrenza del termine di cui al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21, potendo legittimare al più l’impugnazione, peraltro facoltativa, del solo estratto di ruolo (Cass., Sez. 6, 9 settembre 2019, n. 909; Cass., sez. 5, n. 26093 del 2020);
– in relazione al caso di specie, va, dunque, ribadito e confermato che, per quanto l’estratto di ruolo non sia autonomamente impugnabile, in quanto atto interno all’amministrazione ed improduttivo di effetti nella sfera del destinatario, il quale ha l’onere di impugnare la cartella cui esso di riferisce, con le forme e nei termini di legge, tale principio non si pone in contrasto con quello secondo cui il contribuente può far valere immediatamente le sue ragioni avverso la cartella esattoriale non notificata o invalidamente notificata, della cui esistenza sia venuto a conoscenza solo attraverso un estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta, trattandosi – in quest’ultimo caso – di tutela anticipatoria giustificata dall’esigenza di recuperare gli strumenti di impugnazione avverso la cartella esattoriale non utilmente attivabili in precedenza a causa della assenza o invalidità della notifica (Cass., Sez. Un., 2 ottobre 2015, n. 19704; Cass., Sez. 5, 19 gennaio 2018, n. 1302; Cass., Sez. 6, 25 febbraio 2019, n. 5443; Cass., Sez. 6, 9 settembre 2019, n. 22507; Cass., Sez. Lav., 12 novembre 2019, n. 29294; Cass., sez. 6-Lav. 25 febbraio 2019 n. 5443, Cass. n. 26093 del 2020); in particolare, si è affermato che “è ammissibile l’impugnazione della cartella (e/o del ruolo) che non sia stata (validamente) notificata e della quale il contribuente sia venuto a conoscenza attraverso l’estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario, senza che a ciò sia di ostacolo il disposto dell’ultima parte del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, posto che una lettura costituzionalmente orientata di tale norma impone di ritenere che la ivi prevista impugnabilità dell’atto precedente non notificato unitamente all’atto successivo notificato non costituisca l’unica possibilità di far valere l’invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque legittimamente venuto a conoscenza e pertanto non escluda la possibilità di far valere tale invalidità anche prima, nel doveroso rispetto del diritto del contribuente a non vedere senza motivo compresso, ritardato, reso più difficile ovvero più gravoso il proprio accesso alla tutela giurisdizionale quando ciò non sia imposto dalla stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione” (Cass. SU n. 19704 del 2015);
– nella specie, in cui viene in rilievo la questione della ammissibilità della impugnazione della cartella invalidamente notificata (e conosciuta attraverso l’estratto di ruolo), la CTR si è attenuta ai suddetti principi avendo ritenuto ammissibile il ricorso proposto (non unitamente alla impugnazione dell’atto successivo notificato) “esclusivamente contro la cartella di pagamento” per vizio di omessa/nullità della relativa notifica, essendone venuta la contribuente a conoscenza a “seguito di un controllo routinario presso l’Agente della riscossione”;
– il terzo motivo è altresì infondato;
– in tema di processo tributario, anche con riferimento agli atti notificati dopo l’entrata in vigore della L. 27 luglio 2000, n. 212, va confermato il principio secondo cui dal mancato deposito del processo verbale non deriva l’inammissibilità del ricorso, che è prevista dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 22, comma 1, per i soli atti ivi indicati, tra cui non compaiono l’originale o la fotocopia dell’atto impugnato (comprensivi anche del p.v.c. richiamato nell’avviso di accertamento), ai quali si riferisce, invece, l’art. 22 citato, comma 4, e che possono, quindi, essere prodotti anche in un momento successivo, ovvero su impulso del giudice tributario (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 21509 del 20/10/2010); nel processo tributario, nonostante non sia prevista alcuna sanzione, a norma del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, comma 4, quale conseguenza dell’omesso deposito dell’atto impugnato, con la relativa notificazione, il contribuente è pur sempre tenuto a provvedervi allorquando sia eccepita la tardività del ricorso, essendo dalla notifica dell’atto ricavabile la prova della tempestiva introduzione del giudizio, il cui onere grava sul predetto (Cass. Sez. 5, Ord. n. 25107 del 10/11/2020);
– nella sentenza impugnata, la CTR si è attenuta al suddetto principio avendo ritenuto che il mancato deposito della cartella unitamente all’atto introduttivo non fosse sanzionato con la inammissibilità del ricorso; peraltro, il deposito della cartella non poteva, nella specie, rilevare ai fini della prova della tempestività della proposizione del ricorso, avendo la contribuente contestato proprio la mancanza/nullità della notifica dell’atto impositivo;
– il quarto motivo – con il quale si aggredisce la prima delle due rationes decidendi sottesa al rigetto della eccezione di tardività del ricorso originario sollevata dall’Agenzia (per decorso del termine decadenziale dalla assunta notifica della cartella in data 15.2.2010) – è fondato per le ragioni di seguito indicate;
– in tema di notifica della cartella esattoriale, laddove l’agente della riscossione produca in giudizio copia fotostatica della relata di notifica o dell’avviso di ricevimento (recanti il numero identificativo della cartella) e l’obbligato contesti la conformità delle copie prodotte agli originali, ai sensi dell’art. 2719 c.c., il giudice che escluda l’esistenza di una rituale certificazione di conformità agli originali, non può limitarsi a negare ogni efficacia probatoria alle copie prodotte, ma deve valutare le specifiche difformità contestate alla luce degli elementi istruttori disponibili, compresi quelli di natura presuntiva, attribuendo il giusto rilievo anche all’eventuale attestazione, da parte dell’agente della riscossione, della conformità delle copie prodotte alle riproduzioni informatiche degli originali in suo possesso (Cass., Sez. 5, Ord. n. 23426 del 26/10/2020; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 23902 del 11/10/2017);
-questa Corte ha, altresì, precisato come la questione relativa alle modalità con cui si contesti la conformità delle copie prodotte agli originali, ai sensi dell’art. 2719 c.c., va risolta valutando se e come siano state contestate le specifiche difformità ed esige la trascrizione delle eccezioni di disconoscimento dedotte dal contribuente, al fine di consentire al giudice di legittimità di verificare la sussistenza della violazione di legge dedotta e, dunque, la correttezza delle argomentazioni del decidente (Cass. sent. n. 16557 del 20/06/2019; Cass. n. 23426 del 2020); l’art. 2719 c.c., esige, difatti, l’espresso disconoscimento della conformità con l’originale delle copie fotografiche o fotostatiche: conseguentemente, la copia fotostatica non autenticata si ha per riconosciuta, tanto nella sua conformità all’originale quanto nella scrittura e sottoscrizione, se la parte comparsa non la disconosce, in modo specifico ed inequivoco (Cass. n. 882/2018; n. 4053/2018);
– nella specie, la CTR non si è attenuta ai suddetti principi, limitandosi ad affermare apoditticamente di non potere utilizzare ai fini probatori – in assenza di produzione dell’originale – la fotocopia della “relata di notifica” oggetto di contestazione da parte della contribuente all’atto del suo deposito in appello in quanto ritenuta non conforme all’originale; è quindi chiaro che, nella fattispecie, la contribuente non ha operato alcun disconoscimento della conformità della copia all’originale, lamentandosi sostanzialmente di non poter esercitare i diritti di cui all’art. 2719 c.c., in assenza della produzione degli originali; peraltro, pur a voler ammettere implicitamente formulato dal contribuente il disconoscimento della conformità delle copie degli atti agli originali, non va trascurato che è privo di efficacia il generico disconoscimento della conformità tra l’originale e la copia fotostatica prodotta in giudizio. Perchè possa aversi, infatti, disconoscimento idoneo è necessario che la parte, nei modi e termini di legge, renda una dichiarazione che – pur nel silenzio della norma predetta, che non richiede forme particolari – evidenzi in modo chiaro ed inequivoco gli elementi differenziali del documento prodotto rispetto all’originale di cui si assume sia copia, senza che possano considerarsi sufficienti, ai fini del ridimensionamento dell’efficacia probatoria, contestazioni generiche o onnicomprensive (cfr. in tal senso Cass. n. 28096 del 30/12/2009 in tema di applicazione dell’art. 2719 c.c.). Il disconoscimento deve quindi ad es. contenere l’indicazione delle parti in cui la copia sia materialmente contraffatta rispetto all’originale; oppure le parti mancanti e il loro contenuto; oppure, in alternativa, le parti aggiunte; a seconda dei casi, poi, la parte che disconosce deve anche offrire elementi, almeno indiziari, sul diverso contenuto che il documento presenta nella versione originale; pertanto, nella specie, essendosi il contribuente limitato ad eccepire, ex artt. 2712-2719 c.c., “la mancanza di conformità all’originale della relata di notifica della cartella depositata dall’Agenzia”(v. pag. 27 del controricorso), è evidente che la CTR ha erroneamente escluso la utilizzabilità, ai fini probatori, della copia fotostatica della “relata di notifica” essendo, in ogni caso, privo di efficacia il generico disconoscimento della conformità tra l’originale e la copia fotostatica prodotta in giudizio;
– i motivi dal quinto al settimo – che aggrediscono la seconda ratio decidendi sottesa al rigetto dell’eccezione di tardività del ricorso originario concretantesi nell’asserito mancato perfezionamento della notifica della cartella – sono fondati;
– in tema di riscossione delle imposte, la notifica della cartella esattoriale può avvenire anche mediante invio diretto, da parte del concessionario, di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, in quanto la seconda parte del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 26, comma 1, prevede una modalità di notifica, integralmente affidata al concessionario stesso ed all’ufficiale postale, alternativa rispetto a quella della prima parte della medesima disposizione e di competenza esclusiva dei soggetti ivi indicati. In tal caso, la notifica si perfeziona con la ricezione del destinatario, alla data risultante dall’avviso di ricevimento, senza necessità di un’apposita relata, visto che è l’ufficiale postale a garantirne, nel menzionato avviso, l’esecuzione effettuata su istanza del soggetto legittimato e l’effettiva coincidenza tra destinatario e consegnatario della cartella, come confermato implicitamente dal citato art. 26, comma penultimo, secondo cui il concessionario è obbligato a conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o con l’avviso di ricevimento, in ragione della forma di notificazione prescelta, al fine di esibirla su richiesta del contribuente o dell’amministrazione” (cfr., tra le molte, Cass. sez. 5, 19 marzo 2014, n. 6395; Cass. sez. 6-5, ord. 24 luglio 2014, n. 16949; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 4567 del 06/03/2015; Cass. sez. 6-5, ord. 13 giugno 2016, n. 12083; Cass. sez. 5, 18 novembre 2016, n. 23511; v. Cass. n. 8086 del 2018, con riguardo alla notifica di preavviso di fermo amministrativo); in particolare, “Qualora la notifica della cartella di pagamento nei confronti di una società sia eseguita direttamente dal concessionario mediante raccomandata con avviso di ricevimento, D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 26, comma 1, seconda parte, per il relativo perfezionamento è sufficiente che la spedizione postale sia avvenuta con consegna del plico al domicilio del destinatario, senz’altro adempimento ad opera dell’ufficiale postale, se non di curare che la persona da lui individuata come legittimata alla ricezione apponga la propria firma sul registro di consegna della corrispondenza, oltre che sull’avviso di ricevimento da restituire al mittente, dovendosi escludere, stante l’alternatività di tale disciplina speciale rispetto a quella dettata dalla L. n. 890 del 1982, e dal codice di rito, l’applicabilità delle disposizioni in tema di notifica degli atti giudiziari e, in specie, dell’art. 145 c.p.c.,” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 23511 del 18/11/2016); inoltre, in tema di notifica della cartella esattoriale D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 26, comma 1, seconda parte, la prova del perfezionamento del procedimento di notificazione e della relativa data è assolta mediante la produzione dell’avviso di ricevimento, non essendo necessario che l’agente della riscossione produca la copia della cartella di pagamento, la quale, una volta pervenuta all’indirizzo del destinatario, deve ritenersi ritualmente consegnata a quest’ultimo, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c., superabile solo se il medesimo provi di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilità di prenderne cognizione (Cass. n. 15795/2016; 12083/2016; n. 23213/2014; n. 16949/2014; 4895/2014; n. 9111/2012; n. 270/2012); si è osservato anche che se manchino nell’avviso di ricevimento le generalità della persona cui l’atto è stato consegnato, adempimento non previsto da alcuna norma, e la relativa sottoscrizione sia addotta come inintelligibile, l’atto è pur sempre valido, poichè la relazione tra la persona cui esso è destinato e quella cui è stato consegnato costituisce oggetto di un preliminare accertamento di competenza dell’ufficiale postale, assistito dall’efficacia probatoria di cui all’art. 2700 c.c., ed eventualmente solo in tal modo impugnabile, stante la natura di atto pubblico dell’avviso di ricevimento della raccomandata (Cass. n. 22488/2014; n. 2008/2008); al riguardo, questa Corte ha precisato che “qualora la notifica della cartella di pagamento sia eseguita, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, seconda parte, mediante invio diretto, da parte del concessionario, di raccomandata con avviso di ricevimento, trovano applicazione le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle della L. n. 890 del 1982, potendosi far valere solo a mezzo querela di falso le questioni circa la riferibilità della firma al destinatario della notifica” (Cass. n. 29022 del 2017);
– l’orientamento di questa Corte è nel senso di ritenere (Cass. Sez. 6 5, Ordinanza n. 10037 del 10/04/2019) che in tema di riscossione delle imposte, qualora la notifica della cartella di pagamento sia eseguita, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, mediante invio diretto della raccomandata con avviso di ricevimento da parte del concessionario, non è necessario l’invio di una successiva raccomandata informativa in quanto trovano applicazione le norme concernenti il servizio postale ordinario, peraltro con esclusione della L. n. 145 del 2018, art. 1, comma 883, in quanto privo di efficacia retroattiva, e non quelle della L. n. 890 del 1982;
– in tema di notifica della cartella di pagamento, (soltanto) nei casi di “irreperibilità cd. relativa” del destinatario, all’esito della sentenza della Corte Cost. n. 258 del 22 novembre 2012 relativa al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 3, (ora comma 4), va applicato l’art. 140 c.p.c., in virtù del combinato disposto del citato art. 26, u.c., e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, alinea, sicchè è necessario, ai fini del suo perfezionamento, che siano effettuati tutti gli adempimenti ivi prescritti, incluso l’inoltro al destinatario e l’effettiva ricezione della raccomandata informativa del deposito dell’atto presso la casa comunale, non essendone sufficiente la sola spedizione (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 25079 del 26/11/2014; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 9782 del 19/04/2018);
– nella sentenza impugnata, la CTR non si attenuta ai suddetti principi, in quanto, a fronte della notifica della cartella eseguita dal concessionario a mezzo servizio postale “a mani di soggetto… qualificato dall’Agente postale dipendente (fatto non contestato dall’Agenzia) di altra società proprietaria dei locali dove la Bussola s.r.l. ha semplicemente la sua sede legale”, ha ritenuto la stessa non perfezionata in mancanza, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, lett. b-bis, di una successiva “raccomandata informativa” trattandosi, a suo avviso, di notifica nelle mani di soggetto diverso dal destinatario; con ciò facendo erroneamente applicazione dell’art. 60 cit., che è richiamato dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 4, soltanto nei casi previsti dall’art. 140 c.p.c.; invero, nella specie, non trattandosi di c.d. irreperibilità relativa – e costituendo l’asserita omissione dell’adempimento della spedizione della raccomandata informativa l’unica ragione del ritenuto mancato perfezionamento della notifica della cartella – stante l’efficacia probatoria di cui all’art. 2700 c.c., in mancanza di querela di falso, dell’accertamento preliminare dell’agente postale circa la relazione tra la persona cui esso è destinato e quella cui è stato consegnato, la notifica della cartella deve ritenersi perfezionata alla data del 15.2.2010 con conseguente intempestività del ricorso originario (la cui tardività non risulta contestata in sè dalla società, v. pag. 28 del controricorso “la impugnazione tardiva è dovuta esclusivamente alla circostanza che la cartella non è stata consegnata”);
– in conclusione, vanno accolti i motivi dal quarto al settimo, respinti i restanti; con cassazione della sentenza impugnata, e, decidendo nel merito, con declaratoria di inammissibilità per tardività dell’originario ricorso del contribuente avverso la cartella di pagamento;
– sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese dei gradi merito mentre quelle del giudizio di legittimità seguono il principio della soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie i motivi dal quarto al settimo, respinti i restanti; cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito dichiara inammissibile il ricorso originario del contribuente avverso la cartella di pagamento; compensa le spese dei gradi di merito; condanna la controricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.000,00, oltre spese prenotate a debito.
Conclusione
Così deciso in Roma, a seguito di riconvocazione, il 3 marzo 2022.
Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2022