REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –
Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –
Dott. PIRARI Valeria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 9203/2015 R.G. proposto da:
Immobiliare La Vigna Srl, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Roberto Mussano e Antonio Petillo, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma Piazza della Libertà n. 10, giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte n. 1100/24/14, depositata il 2 ottobre 2014.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio della pubblica udienza del 30 novembre 2021 dal Cons. Giuseppe Fuochi Tinarelli.
Viste le conclusioni formulate dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Pepe Alessandro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
La società Immobiliare La Vigna Srl impugnava due cartelle di pagamento, emesse e notificate da Equitalia Nord Spa per Iva, Ires e Irap, nonchè in relazione ad atto di irrogazione di sanzioni, per l’anno 2006, lamentando la mancata notificazione degli atti presupposti.
La CTP, in relazione all’avvenuto deposito degli avvisi di ricevimento da parte dell’Agenzia delle entrate, rigettava il ricorso.
La sentenza era confermata dalla CTR, che riteneva non dovuta la comunicazione di avvenuta notifica, di cui era stata eccepita l’omissione, poichè l’atto, notificato a mezzo del servizio postale, era stato consegnato a persona addetta al ritiro degli atti che si trovava presso la sede societaria, soggetto previsto dall’art. 145 c.p.c..
Immobiliare La Vigna Srl propone ricorso per cassazione con un articolato motivo; resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso.
Motivi della decisione
1. L’unico, complesso, motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione di:
“D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett. b-bis), come modificato dal D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, e L. 20 novembre 1982, art. 7, n. 890 in relazione alla nullità della notifica effettuata dall’agente postale per mancanza della raccomandata informativa”;
“D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 per nullità delle notifiche degli atti presupposti: illogicità ed infondatezza della sentenza; violazione della L. n. 212 del 2000, art. 6”;
“art. 145 c.p.c., comma 1, e L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 7 in relazione all’invio della raccomandata informativa” con riguardo alle persone giuridiche;
“D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett. b-bis), e L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 7, in relazione alla considerata specialità della normativa di cui alla L. n. 600 del 1973 rispetto alla L. n. 890 del 1982”.
1.1. Il ricorrente lamenta, in particolare, che la CTR ha ritenuto valida la notifica degli atti presupposti ancorchè l’atto non fosse stato consegnato direttamente al legale rappresentante della società ma ad altro soggetto e, quindi, dovesse essere inviata la raccomandata informativa, invece omessa.
Censura, inoltre, l’idoneità del soggetto al quale l’atto è stato consegnato, mero “portinaio”, non autorizzato dalla società al ritiro dei plichi e solo erroneamente indicato come persona incaricata a ricevere la notifica e custode da parte dell’agente postale, che non avrebbe compiuto alcuna delle necessarie verifiche sulla presenza del destinatario e sulle qualità della persona cui consegnava l’atto, risultando viziato, conseguentemente, il ragionamento della CTR che ha valutato come sufficiente l’attestazione nell’avviso.
Deduce, infine, l’irrilevanza della distinzione operata dalla CTR tra notifica effettuata a mezzo di ufficiale giudiziario e, come nella specie, direttamente mediante ricorso al servizio postale ordinario, dovendosi ritenere in ogni caso necessario l’invio della raccomandata informativa, a pena di incostituzionalità della norma.
2. Il ricorso è infondato e ai limiti dell’inammissibile.
3. Va premesso, infatti, che, con l’unico globale motivo di impugnazione, la ricorrente, pur deducendo vizi di violazione di legge, ha, in realtà, denunciato – contemporaneamente e sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e combinati in un unico inestricabile continuo – sia errori nell’applicazione della legge sia vizi di motivazione, dolendosi, in sostanza, dell’esito della controversia e dell’errata valutazione delle risultanze di prova in giudizio, neppure essendo agevolmente possibile scindere, ad un concreto esame della formulazione del motivo stesso, il contenuto cassatorio di ciascuna censura.
Tale modalità di articolazione della censura, invero, non è rispettosa del sistema processuale vigente, in relazione alla formula prevista per il ricorso per cassazione, così come disciplinata dall’art. 360 c.p.c., ponendosi in contrasto con il consolidato principio giurisprudenziale secondo cui “Il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito. Ne consegue che il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c., sicchè è inammissibile la critica generica della sentenza impugnata, formulata con un unico motivo sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati, non collegabili ad alcuna delle fattispecie di vizio enucleata dal codice di rito” (v. tra le molte Cass. n. 19959 del 22/09/2014; Cass. n. 25332 del 28/11/2014; Cass. n. 18202 del 03/07/2008; Cass. n. 10420 del 18/05/2005; Cass. n. 16763 del 27/11/2002; v anche recentemente Cass. n. 14041 del 21/05/2021; Cass. n. 26790 del 23/10/2018; Cass. n. 7009 del 17/03/2017).
4. Pure a voler considerare, quale fondamento primario della censura, la lamentata errata valutazione da parte della CTR sulla doverosità o meno della comunicazione di avvenuta notifica (CAN), attesa l’inammissibilità delle censure per vizio di motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 ratione temporis applicabile (venendo in rilievo decisione pubblicata in data 2 ottobre 2014), il motivo è comunque infondato.
4.1. La CTR, infatti, da un lato ha accertato che l’atto è stato ricevuto da persona addetta al ritiro degli atti, evidenziando che ogni doglianza su tale qualità era stata abbandonata con l’atto d’appello (“L’appello nulla dice sulla identità e funzioni del consegnatario rinunciando quindi a sostenere, come fatto in primo grado, che si trattasse del portinaio dello stabile, opera quindi la presunzione che si trattasse effettivamente di persona addetta al ritiro degli atti, come attestato dall’agente postale”).
Su tale profilo, dunque, la censura della società è inammissibile, non potendo riproporre una questione che la CTR dichiara esser stata abbandonata in appello, finendo quindi per contestare la valutazione di merito delle risultanze processuali da parte del giudice d’appello.
Dall’altro, la CTR ha fondato la sua decisione su una duplice ratio, ossia che:
a) l’invio della CAN non fosse previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 che riguarda i casi in cui la consegna avviene a persone diverse da quelle previste dalle norme di procedura, mentre per l’art. 145 c.p.c. la consegna alla persona incaricata presso la sede societaria costituisce un destinatario tipico;
b) “nel caso di specie la notificazione è intervenuta direttamente dall’Ufficio, a mezzo del servizio postale, pertanto trovano applicazione le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle della L. n. 890 del 1982”.
5. Entrambe le rationes, in realtà, sono corrette in diritto.
6. Quanto alla prima, va rilevato che l’art. 145 c.p.c., nel prevedere che “la notificazione alle persone giuridiche si esegue nella loro sede, mediante consegna di copia dell’atto al rappresentante o alla persona incaricata di ricevere le notificazioni o, in mancanza, ad altra persona addetta alla sede stessa”, individua una pluralità di soggetti tutti identificati come “destinatario”, sicchè, in caso di consegna ad uno di essi (come nella specie), non era necessaria la spedizione della raccomandata informativa (v. da ultimo Cass. n. 9878 del 26/05/2020).
7. Quanto alla seconda, di cui è contestata solo genericamente la validità, va rilevato che la L. n. 146 del 1998, art. 20 modificando la L. n. 890 del 1982, art. 14 ha aggiunto, per quanto qui interessa, la previsione che la notificazione degli avvisi e degli atti che per legge devono essere notificati al contribuente “può eseguirsi a mezzo della posta direttamente dagli uffici finanziari”, fermo rimanendo, “ove ciò risulti impossibile”, che la notifica può essere effettuata, come già previsto, a cura degli ufficiali giudiziali, dei messi comunali o dei messi speciali autorizzati dall’Amministrazione finanziaria secondo le modalità previste dalla medesima L. n. 890 del 1982.
A decorrere, pertanto, dal 15 maggio 1998 (data di entrata in vigore della citata L. n. 146 del 1998), è stata concessa agli uffici finanziari la facoltà di provvedere “direttamente” alla notifica degli atti al contribuente mediante spedizione a mezzo del servizio postale (Cass. n. 15284 del 10/06/2008; Cass. n. 34007 del 19/12/2019).
Ciò significa che il notificante è abilitato alla notificazione dell’atto senza l’intermediazione dell’ufficiale giudiziario (ferma restando quella dell’ufficiale postale), e, quindi, a modalità di notificazione semplificata, alla quale, quindi, non si applicano le disposizioni della L. n. 890 del 1982, concernenti le sole notificazioni effettuate a mezzo posta tramite gli ufficiali giudiziali (o, eventualmente, i messi comunali e i messi speciali autorizzati), bensì le norme concernenti il servizio postale “ordinario”.
7.1. Orbene, in questa evenienza, ossia anche quando la consegna dell’atto avvenga a persona diversa dal destinatario (che la ricorrente individua esclusivamente con il legale rappresentante in caso di persona giuridica), va escluso che debba essere inviata la comunicazione di avvenuta notifica (CAN) (v. Cass. n. 10131 del 28/05/2020, sia pure con riguardo all’ipotesi del mancato recapito per temporanea assenza del destinatario).
7.2. Invero, la Corte costituzionale, con sentenza 23 settembre 1998, n. 346, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della L. n. 890 del 1982, art. 8 nella parte in cui non prevede che, in caso di rifiuto di ricevere il piego o di firmare il registro di consegna da parte delle persone abilitate alla ricezione, ovvero in caso di mancato recapito per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneità o assenza delle persone sopra menzionate, del compimento delle formalità descritte e del deposito del piego sia data notizia al destinatario medesimo con raccomandata con avviso di ricevimento.
Ma questa sentenza della Corte costituzionale riguarda la diversa modalità di notificazione a mezzo posta curata dall’Ufficiale Giudiziario, alla quale si applica la disciplina di cui alla L. n. 890 del 1982, compreso la norma in oggetto, mentre, con riguardo alla diversa ipotesi qui in giudizio, il differente iter notificatorio si spiega con la diversità delle fattispecie poste a confronto, comportando la notifica diretta a mezzo del servizio postale un procedimento più agile e semplificato, a tutela delle ragioni del fisco di preminente interesse pubblico.
Il profilo, del resto, è stato recentemente oggetto di un nuovo specifico intervento della Corte costituzionale, che, con la sentenza n. 175 del 2018 con riguardo all’omologa previsione di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, ha ritenuto la conformità della disposizione al dettato costituzionale.
La Corte, infatti, ha rilevato che “la semplificazione insita nella notificazione diretta”, consistente “nella mancanza della relazione di notificazione di cui all’art. 148 c.p.c. e L. n. 890 del 1982, art. 3” “anche se (…) comporta, in quanto eseguita nel rispetto del citato codice postale, uno scostamento rispetto all’ordinario procedimento notificatorio a mezzo del servizio postale ai sensi della L. n. 890 del 1982, non di meno (…) è comunque garantita al destinatario un’effettiva possibilità di conoscenza della cartella di pagamento notificatagli ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1” poichè “c’è il completamento dell’avviso di ricevimento da parte dell’operatore postale che, in forma sintetica, fornisce la prova dell’avvenuta consegna del plico al destinatario o al consegnatario legittimato a riceverlo”.
Ne ha derivato, quindi, che, nonostante la mancata previsione della comunicazione di avvenuta notifica – CAN – e l’inapplicabilità della L. n. 890 del 1982, art. 7 è ragionevole il bilanciamento degli interessi pubblici e privati, che è comunque garantito dal fatto che colui, che assuma in concreto la mancanza di conoscenza effettiva dell’atto per causa a lui non imputabile, può chiedere la rimessione in termini, ex art. 153 c.p.c., ove comprovi, anche sulla base di idonei elementi presuntivi, la sussistenza di detta situazione (nel caso di specie neanche dedotta dalla ricorrente, nè in sede di merito, nè in questa sede).
8. Il ricorso va pertanto rigettato. Le spese, regolate per soccombenza, sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna Immobiliare La Vigna Srl al pagamento delle spese di legittimità, che liquida in complessive Euro 5.600,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 30 novembre 2021
Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2022